[CSV] Night Smoke

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    Miséricorde, Istvàn.
    Presidio Orientale, Endlos.

    Si perde ad ascoltare il canto dei grilli con gli occhi al cielo e la schiena appoggiata al muro, maledicendone nel frattempo il frastuono. Anche volendo, non riuscirebbe a fare altro: è una di quelle sere dove una sensazione simile ad un cerchio che gli stringe la testa gli impedisce il sonno, e gli rende insopportabile perfino restare chiuso nella sua stanza. Così si è messo una giacca e dei pantaloni sopra il pigiama, ed è uscito a fare quattro passi nell'aria tersa di Istvàn. Approfitterebbe di questo momento per allenare il suo Ki, ma non ce la fa ad ignorare il rumore di quei dannatissimi insetti. È assurdo, perché a Blood Runner ci riusciva benissimo anche quando aveva delle sparatorie praticamente sotto casa.

    Afferra un sasso a portata di mano, e lo soppesa un po', prima di rivolgere la propria attenzione ad un albero poco lontano. Avvolge quindi il ciottolo con la propria energia -ci ha messo un po' di tempo ad imparare questo trucchetto-, prende la mira, carica il lancio e...
    ...lo lascia cadere con un tonfo sordo sul terreno argilloso, arrivando quasi a sfiorare i suoi vestiti.
    I bambini di Misericorde stanno dormendo, e non vuole rischiare di svegliarli spezzando i rami di un albero nel cuore della notte. Anche quando si tratta di un allenamento, ma la verità è che vuole solo sfogarsi un po'. Forse fare dell'esercizio fisico lo aiuterà a ritrovare un minimo di pace dei sensi; chissà, quando avrà finito potrebbe essere abbastanza stanco da dimenticarsi di essere in un altro mondo, lontano da casa e con una taglia enorme sulla testa che lo addita come assassino.

    Così, si mette a fare ginnastica, partendo da una serie di piegamenti su una mano sola. Si sente abbastanza stupido a farlo in un posto e momento simili, ma si consola con la consapevolezza che non c'è nessuno attorno a vederlo.

     
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    Avvolto da un velo di ombre e da un qualcosa di ancora più sottile e mistico, dondolò i piedini nel vuoto che si apriva sotto di lui, fissando con insistenza l'intruso che aveva varcato senza alcuna chiara ragione manifesta i confini del suo territorio, rimanendo quieto ad una breve distanza di sicurezza, e tenendo occultata la sua presenza a tutti i livelli di percezione che gli riusciva.

    Di solito, gli unici adulti che visitavano Miséricorde erano per lo più i genitori dei suoi amichetti, un paio di Bibliotecari e alcune Vesti Blu che -da Palanthas- si recavano lì per far da insegnanti e mentori ai piccoli ospiti della struttura, e qualche Cavaliere nobile e paziente che -tre giorni alla settimana- superava i cancelli della confinante Taldor per trasmettere i rudimenti delle armi e del combattimento a tanti ragazzini e ragazzine che trovavano fosse un gioco meraviglioso cimentarsi nel tiro con l'arco o agitare giocattoli di legno e gommapiuma... e quell'uomo non gli pareva appartenere a nessuna delle categorie.

    Non sembrava certamente pericoloso né ostile, e forse era nuovo di Istvàn (altrimenti sarebbe andato ad allenarsi alla vicina Caserma), e fu infondo proprio questo ad incuriosirlo, ma...
    raramente si rivelava ai grandi, così decise di studiarlo un po' prima di decidere se era uno di quelli con cui poteva valere la pena di parlare.

    jpgSempre ammantato nella propria invisibilità, si lasciò cadere dal tronco d'albero che giusto un istante prima lo sconosciuto aveva minacciato di distruzione, atterrò con grazia felina e senza un suono, e con l'incedere curioso e silenzioso dei gatti, cominciò a stringere in lenti passi un cerchio attorno all'inquieto umano che stava ora eseguendo piegamenti su una mano sola nel cortile del Nido degli Angeli... e producendo appena una risatina sottile,
    si sedette sulla sua schiena.

    « ...ihihih... »

    Il suo movimento non avrebbe dovuto spezzare il ritmo dell'esercizio di quel signore...
    ...ma -probabilmente-
    sentire d'un tratto del peso aggiuntivo, sì.

     
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    Ode un fruscio provenire dall'albero, come se qualcuno o qualcosa si fosse appena mosso. Quasi sicuramente un gatto, oppure un gufo, o chissà quale altro animale notturno si possa trovare qui a Chediya. A volte non ci fa neppure caso, a quanto sia strano vedere sovente quasi le stesse specie del suo mondo d'origine, oltre a quelle a lui nuove. Cani e draghi, ramarri e grifoni, uomini, elfi, nani e demoni.
    Non sentendo più alcun rumore, il giornalista riprende i suoi esercizi da dove li ha lasciati.

    « ...ihihih... »
    Wha-
    Qualcuno ha appena riso, il suono della sua voce che spezza la monotonia del frinire degli insetti. Prima ancora che possa alzare il capo per vedere chi sia, sente qualcosa premere improvvisamente sulla sua schiena, qualcosa di pesante abbastanza da costringerlo a poggiare entrambe le mani al suolo per non collassare del tutto. Denver si piega quasi del tutto, e si volta così dietro di sé.
    Si tratta di un bambino.

    « What- I mean, che stai facendo?! » gli domanda, quasi bisbigliando, per non rischiare di svegliare tutto il circondario. « Cosa stai facendo in giro da solo a notte fonda?! »
    Al buio non riesce a distinguerne molto bene i lineamenti, ma tutt'al più dovrebbe avere sui dodici o tredici anni, se non perfino meno. Già grandicello, sembrerebbe, ma di certo non ancora l'età in cui si permetterebbe a qualcuno di girare ad una simile ora; diavolo, sarebbe anomalo anche per un adulto. Il tono di voce si fa ora più adirato.
    « Ma soprattutto, perché diavolo ti sei seduto sulla mia schiena?! »

    Già i suoi problemi di insonnia non lo stanno rendendo di buon umore. A questo si aggiunga il fracasso dei grilli, che gli impedisce di trovare la giusta concentrazione per provare nuove applicazioni dei suoi poteri. Cosa ha fatto per meritarsi anche un piccolo mascalzone che gli si siede sopra dal nulla?
    « Togliti. Subito. » intima Denver, severo, anche se cerca ancora di mantenere l'autocontrollo, giacché egli non è, purtroppo, figlio suo.

     
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    Poggiando entrambe le mani per terra, l'adulto riuscì a sopportare il suo peso senza eccessiva difficoltà, eppure sembrava oltremodo contrariato quando ruotò la testa per gettagli un'occhiata da sopra una spalla.

    « What- I mean, che stai facendo?! »

    Nel momento di pausa tra quella domanda sussurrata e la successiva, il bimbetto ricambiò l'occhiata dell'altro fissandolo di rimando con le iridi grigie e sbattendo le palpebre un paio di volte, con perplessità: aveva inteso di rimanere invisibile nell'avvicinare quel signore -giusto il tempo di studiarlo un poco da vicino-, ma... per qualche ragione, la cortina illusoria non aveva funzionato a dovere, e quindi eccoli là.

    « Cosa stai facendo in giro da solo a notte fonda?! »

    Sentire quello sconosciuto inquisirlo a quel modo (brontolando indignato come se gli importasse) gli fece un effetto curioso, così gli occhi color ardesia si chiusero in una linea un poco arcuata quando gli altri muscoli facciali si mossero in sinergia, trasfigurando il suo accesso di pacata sorpresa in un ampio sorrisone infantile: innocente, allegro e spensierato.

    « Ma soprattutto, perché diavolo ti sei seduto sulla mia schiena?!
    Togliti. Subito.
    »

    jpg
    « Perchè? Sono troppo pesante per la tua vecchia schiena, Fratellone? »
    a dispetto dei termini usati, sul faccino imberbe c'era solo un bambinesco candore
    « Volevo solamente aiutarti con gli allenamenti... non vuoi? »

    Quell'ultima domanda arrivò arrotondata da un tono di voce teneramente dispiaciuto, nonché accompagnata da uno sguardo carico di aspettativa, e... inutile dire che lo smilzo ragazzino castano non accennò minimamente a spostarsi dalla sua posizione: la schiena ampia di quel signore iniziava a piacergli.

     
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    « Perchè? Sono troppo pesante per la tua vecchia schiena, Fratellone? »
    Vecchia schiena? Fratellone?
    Si trattiene dallo sbraitargli addosso solo perché è notte. Anche se non gli è sembrato di sentire toni di irriverenza nella voce del ragazzino, ciò non può giustificare una risposta del genere. Anche gli orfanelli di Miséricorde devono avere qualcuno che si prende cura di loro, perfino i più vivaci fra essi, quelli che sentono di potersi permettere di uscire liberamente a notte fonda da soli.
    « Volevo solamente aiutarti con gli allenamenti... non vuoi? »

    « Figliolo... » risponde Denver, mentre dalla sua gola sale un ringhio gutturale, di irritazione soffocata. « ...non ti hanno mai insegnato che è molto poco rispettoso salire sulle schiene altrui senza permesso? »
    Denver è già stato un padre; non è certo la prima volta che si ritrova a somministrare i più surreali dei rimproveri. Stavolta si tratta di un ragazzino grande abbastanza da dover avere già appreso certi concetti già diversi anni fa, ma il concetto di fondo non cambia più di tanto. Ciò che lascia basito il giornalista è invece il fatto che il moccioso è ancora seduto sul suo dorso.
    « Anche chiamare un perfetto estraneo "fratellone", o definire la sua schiena "vecchia". » sospira, ma poi riprende a parlare, anticipando la replica che Denver sa già perfettamente arriverà. « Sì, anche se dovesse essere vero. »
    Che gli piaccia o no, sa già che sarà difficile convincere un bambino di dieci, undici anni che un uomo grande abbastanza da essere suo padre (se non perfino di dieci anni più anziano) possa avere ragione a non ritenersi "vecchio".

    « Come ti ho detto, però, levati. La schiena sta già cominciando a farmi male. » mente, ma a questo punto vuole almeno vedere se un simile incentivo funzionerà a farlo obbedire. « Poi, se non ti dispiace, mi dirai chi sei e perché sei in giro a quest'ora. »

     
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    « Figliolo... non ti hanno mai insegnato che è molto poco rispettoso
    salire sulle schiene altrui senza permesso?
    »

    Quando lo sconosciuto gli rivolse quella domanda forse retorica, il ragazzino dagli occhi bigi si limitò a reclinare la testolina castana da una parte, d'un tratto sovrappensiero: piuttosto che badare al ringhio già esasperato che aveva risalito la gola dell'uomo, o preoccuparsi di cogliere l'antifona e mobilitarsi per togliere il disturbo, il bimbetto parve scandagliare la propria memoria alla ricerca della soluzione a quel quesito.

    Ricordava numerosi “non si sta in piedi sul tavolo!”, i tanti “non si gioca a palla in casa!”, svariati “non si salta nelle pozzanghere!”, e alcuni “non ci si appende al lampadario!”, ma...
    quello, no: nessun “non si sale sulle schiene altrui senza permesso!”; così, piuttosto sicuro della risposta alla richiesta di quell'adulto, Bess gli rivolse un sorrisone luminoso e scosse il capo con convinzione.

    « Mai. »

    « Anche chiamare un perfetto estraneo "fratellone", o definire la sua schiena "vecchia".
    Sì, anche se dovesse essere vero.
    »
    rincarò Denver, cambiando un poco registro e sospirando quasi stancamente
    « Come ti ho detto, però, levati. La schiena sta già cominciando a farmi male.
    Poi, se non ti dispiace, mi dirai chi sei e perché sei in giro a quest'ora.
    »

    jpgUn poco perplesso -ma fondamentalmente incuriosito- dal modo esperto che quel signore aveva di fare le ramanzine, il fanciullo reclinò la testolina da una parte e arricciò le labbra pallide e sottili in una piccola smorfia pensierosa e un pochino preoccupata: per quanto gli sembrasse un po' esagerato che qualcuno soffrisse del suo peso, piccolo e smilzo com'era, non voleva certo far del male a quello strano visitatore. Ne andava della sua reputazione di bravo bambino.

    « Oh, mi dispiace Fratellone: non volevo farti male! »

    Quello gliel'assicurò, sgranando le iridi grigie per mostrarsi costernato; poi, stese le gambette gracili verso l'esterno e si spinse giù dal suo trespolo con un deciso colpo di reni, atterrando con un balzello leggero e voltandosi a fronteggiare l'adulto, aspettando che quello si rimettesse in piedi prima di catturargli una mano nelle proprie.

    « Devi sederti! ♪ Ti faccio un massaggio! ♥ »

    E senza aspettare una replica o anche solo un assenso, Bess prese a tirarlo verso la panchina di legno sotto le fronde dell'albero da cui era sceso; l'eventualità di un rifiuto da parte di Denver non gli balenò nella testa
    neppure per un solo istante.


     
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    « Mai. »
    Ancora non riesce a vederlo bene, perché quel ragazzino non ha ascoltato una sola parola ed è tutt'ora seduto sulla sua schiena, ma il giornalista potrebbe giurare di aver scorto un sorriso, insieme allo scuotere la testa in segno di diniego. Quell'esserino ci ha pure pensato sopra, causando al suo interlocutore di domandarsi dove finisca la genuina ingenuità (ma a quell'età si può già chiamare tranquillamente stupidità) e dove inizi la presa in giro.

    Però, mentre continua a sgridarlo, gli pare di capire che il ragazzino ha colto qualcosa, per quanto "selettivo" gli sia apparso fino ad ora, e continua ad apparire, in merito all'ascoltare il proprio prossimo.

    « Oh, mi dispiace Fratellone: non volevo farti male! »
    Come volevasi dimostrare. Denver sospira; il tono di voce gli pare sincero abbastanza da fargli decidere di non aggiungere altro. Del resto quel ragazzino gli sembra solo un po' troppo vivace e piuttosto disubbidiente, tanto da essere uscito da solo nel cuore della notte, ma non di certo cattivo. Impressione che gli viene confermata quando questo scende, finalmente, preoccupato meno delle regole e più di come si senta il suo prossimo. Il che sarebbe anche lodevole, se solo non fosse spinto così tanto agli estremi.

    Si rialza, ma non appena lo fa, il ragazzino lo prende per la mano e fa per trascinarlo verso una panchina vicino all'albero.
    « Devi sederti! ♪ Ti faccio un massaggio! ♥ »
    Un momento, cos'ha detto che fa ora?
    « Aspetta, cosa? » dice, con gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Riconoscendo poi che, di fatto, non sta per fare nulla di intrinsecamente sbagliato, aggiunge, mormorando fra sé e sé: « Oh, al diavolo. »

    « Spero tu capisca, però, che a quest'ora potrebbero girare dei malintenzionati. Ti è andata bene che hai trovato me. » commenta, una volta seduto. « Comunque, ricominciamo. Io mi chiamo Denver, e sono un saggio di Palanthas. Tu, invece, come ti chiami? »
    Una domanda alla volta, spera di cavargli fuori qualche risposta, prima o poi.

     
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    « Aspetta, cosa? »

    In qualche oscuro modo che sfuggiva alla sua comprensione di bambino immortale sospeso al di fuori del tempo, lo strano Visitatore sembrava tormentato da qualche misterioso cruccio; già prima, Denver aveva sospirato stancamente, e ora che si era rimesso in piedi -svettando in altezza su di lui-, la semplice proposta che Bess gli aveva mosso -a dimostrazione della sua buona volontà di rimediare al male che gli aveva fatto- era bastata a fargli spalancare gli occhi in maniera buffa. Che nessuno gli avesse mai massaggiato la schiena?

    « Oh, al diavolo. »

    Trascinatolo Accompagnatolo qualche metro più in là, e dopo averlo fatto accomodare sulla panchina del cortile, il bimbetto dagli occhi bigi si posizionò in piedi dietro la schiena del Saggio; poi, ridacchiando in maniera soffusa, avvolse quelle spalle larghe nella stretta delle manine e cominciò a fare delicatamente pressione con le dita. Forse non era granché professionale, ma per alleviare i dolori che affliggevano la nonna Robin, quel metodo aveva sempre funzionato.

    « Spero tu capisca, però, che a quest'ora potrebbero girare dei malintenzionati.
    Ti è andata bene che hai trovato me. Comunque, ricominciamo.
    Io mi chiamo Denver, e sono un saggio di Palanthas. Tu, invece, come ti chiami?
    »

    jpg
    « Sembra proprio quello che direbbe un malintenzionato...! ♪ »
    cinguettò distrattamente l'altro, ridacchiando allegro e spensierato
    « Comunque, il mio nome è Balthazar Malcom Aloysium Arkham,
    ma puoi chiamarmi Bess! ♥ Lo fanno tutti...! »


    Mentre dal suo sorrisone innocente risaliva una nuova risatina, e gli occhi grigi restavano fissi sulla chioma di Denver, le mani del piccolo cambiarono assetto, cominciando a sferrare tanti lievi colpetti col taglio della mano lungo tutta la curva delle spalle.

    « Come mai un Saggio di Palanthas entra di notte nel cortile di Misércorde? Non riuscivi a dormire per la polvere dei libri? Avevi fame e pensavi di sgattaiolare a mensa? O dovevi fare pipì e non sai dove sono i bagni? »
    ed eccolo con le domande a raffica: straparlare, era un po' il suo marchio di fabbrica
    « A Palanthas è difficile trovare le cose: ci sono tuuuutti quei corridoi, con tuuuutti quegli scaffali... io e i miei amici ci andavamo per giocare a “Caccia al Tesoro nel Labirinto”...! ...ma era prima che il Bibliotecario li sgridasse, dicendo che dovevano giocare fuori. »
    blaterare era una cosa che gli veniva facile – e lo rendeva discretamente contento
    « Ci vado ancora a cercare fiabe da leggere! E' molto divertente, sai? E' come un'avventura! I libri sono così taaaanti e gli scaffali sono così aaaalti, ci impiego un saaaacco di tempo...! A volte mi addormento sotto i tavoli o sopra le librerie... A te piacciono le fiabe? »

     
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    « Sembra proprio quello che direbbe un malintenzionato...! ♪ »
    La risposta del ragazzino lo spiazza del tutto. Superato l'attimo di smarrimento, il giornalista si ritrova suo malgrado a soffocare una risata. Del resto, se fosse stato un ragazzino egli stesso avrebbe faticato a prendere sul serio un uomo di quasi quarant'anni fare piegamenti da solo, nel cuore della notte, nel bel mezzo di una strada all'aperto.
    « Comunque, il mio nome è Balthazar Malcom Aloysium Arkham,
    ma puoi chiamarmi Bess! ♥ Lo fanno tutti...! »

    Infatti, Denver non fatica a capirne il perché.

    « Piacere di conoscerti, Bess. »
    Replica, ma per una volta non porge la mano. Lo lascia continuare in quello slancio di innocente altruismo con gli occhi chiusi e la sua "armatura" abbassata. A suo modo, Bess ci sa fare.

    « Come mai un Saggio di Palanthas entra di notte nel cortile di Misércorde? Non riuscivi a dormire per la polvere dei libri? Avevi fame e pensavi di sgattaiolare a mensa? O dovevi fare pipì e non sai dove sono i bagni? »
    Aspetta, cosa sta succedendo ora?
    « A Palanthas è difficile trovare le cose: ci sono tuuuutti quei corridoi, con tuuuutti quegli scaffali... io e i miei amici ci andavamo per giocare a “Caccia al Tesoro nel Labirinto”...! ...ma era prima che il Bibliotecario li sgridasse, dicendo che dovevano giocare fuori. »
    Continua ad ascoltare, cercando di tenere testa a quella serie di domande e discorsi in fila senza preavviso. Fortunatamente, si tratta di parte del suo stesso lavoro.
    « Ci vado ancora a cercare fiabe da leggere! E' molto divertente, sai? E' come un'avventura! I libri sono così taaaanti e gli scaffali sono così aaaalti, ci impiego un saaaacco di tempo...! A volte mi addormento sotto i tavoli o sopra le librerie... A te piacciono le fiabe? »

    « No, no, non dormo nella biblioteca, per carità. Non avevo sonno e sono uscito per una passeggiata, tutto qui. »
    Risponde sorridendo. Nel frattempo estrae un sigaro dal taschino della giacca.
    « Certo che mi piacciono le fiabe, ne leggevo un sacco da... da bambino. Sono pure nel mio ramo e... Beh, addormentarsi sulle librerie mi pare un po' pericoloso. Se cadi poi rischi di farti male. Ti dispiace se fumo? Comunque, c'è qualche fiaba che ti piace in particolare? »

     
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    « No, no, non dormo nella biblioteca, per carità.
    Non avevo sonno e sono uscito per una passeggiata, tutto qui.
    »

    La replica del Fratellone Denver lo colpì a tradimento come un schiaffo sul coppino, e -per un istante- lo smilzo ragazzino dalla zazzera castana perse il ritmo del suo massaggio, rimanendo con le manine sospese a mezz'aria, la boccuccia dischiusa in una smorfia interdetta, e spalancando gli occhi grigi in un accesso di shock.

    “Non aveva sonno, ed era uscito per una passeggiata”, aveva detto, “Tutto lì”.

    Che desolante banalità: lui che si era immaginato scenari divertenti, interessanti e avvincenti... e quel visitatore nemmeno si impegnava per calarsi un pochettino negli standard delle sue fantasticherie!

    « Certo che mi piacciono le fiabe, ne leggevo un sacco da... da bambino.
    Sono pure nel mio ramo e...
    »

    ...e allora perché non si applicava per essere più creativo? Il bimbetto lo guardò inarcando un sopracciglio con disapprovazione; poi, sbuffando un mezzo sospiro paziente, e riprendendo il massaggio sferrando piccoli innocui pugnetti alla schiena dell'adulto, scosse un poco il capo e decise che -nella sua versione della storia- il Saggio era arrivato a Miséricorde per radunare i bambini prescelti per qualche fantastica missione avventurosa.

    Non sapeva ancora quale, ma... annuendo soddisfatto,
    si disse che c'era tutto il tempo per rifletterci sopra l'indomani.


    « Beh, addormentarsi sulle librerie mi pare un po' pericoloso.
    Se cadi poi rischi di farti male.
    »

    « Oh, non io: quando dormo sono... fermo come un cadavere! ♪ »

    A quell'osservazione, un risatina argentina risalì in un gorgheggio allegro la gola del piccolo, senza poter capire se fosse perché trovasse assurda la probabilità paventata dal Saggio, o se il motivo fosse da ricercarsi nella sua convinzione di aver appena fatto una battuta assai arguta.

    « Ti dispiace se fumo? Comunque, c'è qualche fiaba che ti piace in particolare? »

    Nel porgergli quelle domande, Denver estrasse il sigaro dalla giacca, come se l'assenso del suo interlocutore dovesse essere automatico, ma... naturalmente che gli dispiaceva, e dal momento che -standogli alle spalle- l'uomo rischiava di non notarlo, Bess interruppe la sua attività, aggirò la panchina sgambettando e saltellando, e gli si piazzò davanti, puntellando con decisione le mani sui fianchi e fissandolo negli occhi con aria severa e ammonitrice.

    « Fratellone...! Fumare fa malissimo: per cominciare, puzza, impregna i vestiti, appesta l'alito, diminuisce gusto e olfatto, ingiallisce i denti, rovina la pelle, annerisce i polmoni, ti raschia la gola, e ostruisce le arterie; inoltre, la nicotina aumenta la pressione sanguigna e i battiti cardiaci: potrebbe venirti un infarto... e tu hai già una certa età. Dovresti proprio riguardarti...! »

    Sciorinò quella lista di effetti nefasti tutto d'un fiato, annuendo con convinzione quando ebbe finito; poi, cambiò del tutto registro -e argomento-, dimettendo l'espressione rigida in favore del suo solito sorrisone raggiante, e sciogliendo la posa plastica con un balzello sul posto.

    « Oh, io adoro tutte le Fiabe! Mi piace sempre cercarne e crearne di nuove, così non le ricordo bene tutte, anche se mi piacciono molto... Quindi... Vediamo.. »
    mimando un'assorta contemplazione, degna di un filosofo pensieroso, si carezzò il mento
    « Direi che mi piacciono molto “la Leggenda di Pirkaf”, “la Maledizione dello Yuzrab”, “il Parlamento dei Corvi”, “il Nascondino ”, “la Storia del Nascondino” e tutti i racconti con una Principessa Bianca - perché mi ricordano la mia Sorellona. »
    concluse, intrecciando le mani dietro la schiena e ciondolando come un pendolo di orologio
    « E tu, invece? Quali sono le tue Fiabe preferite? »

     
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    Bess interrompe il suo massaggio, aggirando la panchina e piazzandosi davanti a lui con le mani sui fianchi e un'espressione di rimprovero sul viso immaturo, gli occhi grigi di lui piantati in quelli castani del giornalista.

    « Fratellone...! Fumare fa malissimo: per cominciare, puzza, impregna i vestiti, appesta l'alito, diminuisce gusto e olfatto, ingiallisce i denti, rovina la pelle, annerisce i polmoni, ti raschia la gola, e ostruisce le arterie; inoltre, la nicotina aumenta la pressione sanguigna e i battiti cardiaci: potrebbe venirti un infarto... e tu hai già una certa età. Dovresti proprio riguardarti...! »

    Denver lo fissa a bocca aperta. Quella lista di danni collaterali sembrerebbe stata creata ad hoc per scoraggiare i bambini dal cominciare o anche solo dal provare. Ciò che è sorprendente è piuttosto la precisione con cui il ragazzino elenca tutti quegli spauracchi, unita all'assoluta convinzione con cui li enuncia. La sferzata finale sulla sua età non è che il colpo di grazia.

    « Come più preferisci. »
    Risponde, rimettendo il sigaro via a malincuore. In America, non avrebbe neppure chiesto prima di accendere; poteva farlo e basta. Si è abituato a farlo regolarmente solo poco tempo dopo essere arrivato su Endlos, quando ha scoperto che la gente è meno abituata all'odore del tabacco, e che in meno ne apprezzano o addirittura tollerano l'aroma.

    « Oh, io adoro tutte le Fiabe! Mi piace sempre cercarne e crearne di nuove, così non le ricordo bene tutte, anche se mi piacciono molto... Quindi... Vediamo.. Direi che mi piacciono molto “la Leggenda di Pirkaf”, “la Maledizione dello Yuzrab”, “il Parlamento dei Corvi”, “il Nascondino ”, “la Storia del Nascondino” e tutti i racconti con una Principessa Bianca - perché mi ricordano la mia Sorellona. E tu, invece? Quali sono le tue Fiabe preferite? »

    « Ammetto di non ricordare però quali fiabe preferissi da bambino, a parte una che mia madre mi raccontava spesso e che si intitolava "Rumpelstilzchen". » e Dio sa quale nome abbia poi assunto in inglese. Sua madre, quella fiaba, gliela raccontava in tedesco. « In compenso, la mia favorita in assoluto adesso è quella di Peter Pan e Capitan Uncino. Non conosco la principessa bianca, invece. Hai una sorella? »

     
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    « Come più preferisci. »

    La ramanzina aveva sortito il suo effetto: di questo, Bess fu convinto e soddisfatto nel momento in cui vide il nuovo Fratellone metter via quella cosa puzzolente e nociva per la sua salute, e rimanendo umile nel suo trionfo, si limitò a sancire quella vittoria con un marziale e condiscendente cenno del capo. Era stato severo con Denver, ma l'aveva fatto per il suo bene!

    « Ammetto di non ricordare però quali fiabe preferissi da bambino, a parte una che mia madre mi raccontava spesso e che si intitolava "Rumpelstilzchen". »
    « Oh! Lo conosco: è Tremotino! »
    « In compenso, la mia favorita in assoluto adesso è quella di Peter Pan e Capitan Uncino. »

    Quando entrarono in argomento di fiabe, la chiacchierata si fece di nuovo interessante e piacevole, rimanendo soprattutto distesa in una maniera che rallegrò e rincuorò il bimbetto dagli occhi grigi, perché era il segno che il Fratellone non era arrabbiato con lui per la sgridata di prima. Molto maturo, da parte sua!

    « Non conosco la principessa bianca, invece. Hai una sorella? »

    jpgA quel punto della conversazione, il ragazzino era così concentrato a muovere compiaciuti cenni di assenso -a commento di quelle preferenze- che la domanda del Saggio lo colpi in maniera un po' inaspettata; sulle prime, Bess spalancò gli occhi color ardesia, smise di colpo di annuire, e le palpebre sbatterono un paio di volte, con perplessità... ma poi, il suo visetto imberbe tornò ad illuminarsi del solito raggiante e candido sorriso.

    « Oh, sì! C'è anche lei, stasera! Le facevo compagnia, prima... »

    Saltellando sul posto con fare impaziente -come se poter parlare di lei lo riempisse di una gioia e un'entusiasmo incontenibili, lo smilzo ragazzino dai capelli castani cominciò a guardarsi in giro, proiettandosi su un fianco e rivolgendo il profilo al Custode di Sophia, prima di trovare la direzione giusta e tendere il ditino...

    « Eccola lì! Guarda! Non è belissimissima?! ♥ »

    ...verso l'orlo delle mura che delimitavano il Nido degli Angeli,
    indicando la luna d'argento, adagiata nel manto scuro del cielo stellato.

    Ochéi.

     
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    « Oh, sì! C'è anche lei, stasera! Le facevo compagnia, prima... »

    Bess si guarda attorno con fare impaziente, come a cercare quella sorella che solo poco fa lasciato da sola nel cuore della notte per andare a importunare uno sconosciuto. A questo punto Denver non può che domandarsi perché la ragazza -o la donna- non sia ancora venuta a cercare il suo fratellino. Sempre ovviamente che si trovi nei paraggi; ma in tal caso quanto lo avrebbe lasciato incustodito affinché questo sia riuscito ad allontanarsi tanto?
    Bess riesce tuttavia a trovarla, finalmente, e la indica al giornalista tendendo l'indice.

    « Eccola lì! Guarda! Non è belissimissima?! ♥ »

    Suo malgrado, Denver si scopre alzare il naso verso il cielo, portando lo sguardo oltre le mura di Misericorde e oltre le rade nubi che scorrono nel cielo notturno. Hadar, la cosiddetta Luna d'Argento, splende su di loro; e allora il giornalista capisce. O, almeno, crede di capire.

    « Ah, c'è in effetti una certa... a-hem, somiglianza. »

    Quel ragazzino, adesso ne è più che sicuro, non ha tutte le rotelle a posto. Si chiede se ci sia stata davvero una sorella, tempo fa, e questo non è altro che un modo per lui di far fronte al dolore della sua perdita; con un orfano, non si tratterebbe nemmeno di una storia tanto incredibile. O forse non c'è una vera e propria ragione comprensibile per una simile follia, e il giornalista vi sta attribuendo delle cause probabilmente false solo per giustificarne a sé stesso l'esistenza stessa.
    O, forse, si tratta sul serio solo di un gioco.

    « Comunque, è davvero molto bella, ma- » sbadiglia all'improvviso, portando appena in tempo una mano alla bocca. « dovresti tornare a casa, prima che qualcuno si prenda uno spavento, intesi? Io pure credo tornerò alla mia, che mi sta venendo sonno. »

    Gli sorride, poggiando una mano callosa sulla sua spalla. Si rivedranno, forse anche abbastanza presto. A Palanthas, con Bess addormentato sotto una scrivania, oppure in una delle passeggiate notturne di Denver.

    « Buonanotte, Bess. »

    Si alza dalla panchina con calma, e aspetta che il ragazzo faccia lo stesso, prima di voltare la schiena, e incamminarsi verso casa sua. Si ferma tuttavia solo dopo pochi passi, e alza un'ultima volta gli occhi verso la luna.

    « E buonanotte anche a te. » sussurra, mentre il filo di fumo del sigaro che ha appena acceso si leva nell'aria.

     
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    Seguendo con lo sguardo la direzione indicatagli dal ditino del ciarliero abitante di Miséricorde -alla ricerca di una più o meno giovane donna-, il Saggio si ritrovò fissare col naso per aria l'argenteo volto della luna, circonfuso da una fatua aureola di fredda luce e stagliato come un candido miraggio contro la volta nera come inchiostro di un tenebroso cielo notturno... e fu allora che cominciò forse a sospettare ci fosse qualcosa di più di una immaginazione molto fervida nella testolina castana del bimbetto.

    « Ah, c'è in effetti una certa... a-hem, somiglianza. »

    In risposta al primo e perplesso commento di Denver, l'altro ridacchiò con la solita allegria, ma con una nota vagamente compiaciuta nella voce: certo, non era chiaro se l'adulto l'avesse detto con l'intento bonario di assecondare le fantasticherie di un ragazzino, o come semplice esternazione di sarcarsmo per l'esasperazione che poteva suscitare in un uomo assonnato il doversi attardare in un cortile e in piena notte ad assecondare le piccole follie di un piccolo sconosciuto, ma... il ragazzino ne fu molto contento a prescindere.

    « Aww, tu dici...?! Sono contento su lo abbia notato! ♥ »

    « Comunque, è davvero molto bella, ma- »
    portandosi una mano alla bocca, il Cronista contenne uno sbadiglio
    « ...dovresti tornare a casa, prima che qualcuno si prenda uno spavento, intesi?
    Io pure credo tornerò alla mia, che mi sta venendo sonno.
    »

    Separandosi dalla panca per alzarsi lentamente in piedi, il Visitatore pose con gentilezza una mano sulla spalla del ragazzino -in un gesto amichevole- e gli rivolse persino un sorriso prima di congedarsi dal Nido degli Angeli e salutare il suo insospettabile guardiano.

    « Buonanotte, Bess. »
    disse, sollevando poi al cielo gli occhi, un mormorio, e un filo di fumo dal suo sigaro
    « E buonanotte anche a te. »

    Naturalmente, timida com'era, la Luna non rispose; solamente qualcosa nella sua luce tremolò in ciò che gli occhi bigi dell'Appeso interpretarono come una specie di sorriso, e quella visione lo riempì di una nuova esuperante dose di energia: saltellando invece allegramente sul posto, prese ad agitare le braccia per ricambiare l'augurio del nuovo (per conoscenza) vecchio (in termini di età) amico.

    jpg
    « Buonanotte, Fratellone! ♪ Arrivederciiih! ♫ »

    Portando la mano di taglio alla fronte, Bess gli rivolse un saluto militare; dopodiché, piroettando gioiosamente su sé stesso, tornò ad ammantarsi di ombre, e -invisibile e scoppiettante di energie- si diresse all'ingresso del Palazzo per fare ritorno al suo rifugio, con ogni movimento come un passo di danza.

     
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