Giorno 5

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    Il ritmato pigolio metallico dell'allarme della sveglia del telefono penetrò gli strati più profondi del sonno con la sua meccanica insistenza, aprendo una breccia nel suo stato di incoscienza e lasciandolo progressivamente riemergere nel mondo della veglia: probabilmente, l'aggeggio suonava ormai da un po', ma evidentemente provato -più mentalmente che fisicamente- dagli eventi della sera prima, Leorio non doveva essersene accorto.

    Con un grugnito, l'uomo fece per rigirarsi verso il basso tavolino da cui proveniva la fastidiosa melodia -e dove aveva quindi abbandonato il suo apparecchio la sera precedente-, ma il fardello che avvertì sul petto e le gambe, che gli impacciava i movimenti e lo bloccava sul divano lo spinse a riconsiderare i movimenti troppo bruschi: non che si trattasse di un peso tale da impedirgli
    realmente di spostarsi, se così avesse voluto o gli fosse stato necessario, ma Alhandra dormiva ancora e non voleva svegliarla a quel modo.

    Non erano passate molte ore da quando -dopo la sua fuga dalla custodia dell'Hunter- la Punk si era recata alla nuova casa della propria famiglia solo per scoprire che i suoi stessi genitori avevano completamente dimenticato la sua esistenza (per quanto sarebbe stato più esatto e atroce dire che l'avevano per qualche ragione
    rifiutata), e anche se durante il tragitto fatto in macchina -dividendo pericolosamente la propria attenzione tra la strada e il suo passeggero- il Dottore aveva tentato di spiegarle... di rassicurarla... non era affatto certo che lei lo avesse realmente sentito.

    Le aveva assicurato più di una volta che suo padre e sua madre fossero stati una presenza fissa al suo capezzale per i lunghi mesi del suo coma, e che anche suo fratello -pur avendo meno occasione dei genitori di frequentare l'ospedale- si recava spesso a visitarla portandole dei fiori; le aveva parlato del fatto che suo padre avesse intrapreso non meglio precisate indagini su quanto accaduto quella notte fatale in casa Galanodel, e ancora più strane ricerche di un modo per risvegliare sua figlia... e di come poi, con un tempismo assolutamente sospetto, la famiglia avesse preso a negare Alhandra proprio quando aveva portato loro la notizia della sua misteriosa
    scomparsa dal letto di ospedale.

    Col probabile desiderio di far ammenda per il silenzio dei giorni precedenti, Leorio aveva cercato di azzardare l'ipotesi che la i Liadon fossero finiti vittima di qualche ignoto utilizzatore di Nen... ma dopo il breve sfogo che si era concessa piangendo in strada, la ragazza si era come spenta, chiudendosi in una quiete distante che aveva preoccupato non poco il Dottore, ed era rimasta sepolta in un meditabondo silenzio, con gli occhi blu fissi fuori dal finestrino, sulle luci della metropoli che scorrevano rapide oltre l'abitacolo.

    Al loro ritorno all'appartamento, l'Hunter non si era né tolto la giacca del completo né cambiato la camicia sporca del rossetto, del trucco e delle lacrime della Strega: la moretta era crollata sul divano, addormentandosi, e lui era rimasto con lei, forse per l'istinto protettivo da fratello maggiore che gli suscitavano le persone sbandate, forse per semplice empatia, o magari per deformazione professionale: dopo uno shock del genere, temeva che avrebbe potuto commettere qualche sciocchezza, restando sola e abbandonata a sé stessa.

    Fatto stava che ora, non sapeva bene come, si ritrovava sdraiato sul divano con la ragazza sopra, a farle da materassino umano... ma, se non altro, allungando lentamente la destra verso l'esterno e verso il tavolino, riuscì per lo meno a raggiungere il telefono e disattivare finalmente la sveglia... e una volta compiuta quella silenziosa fatica, un sospiro provato gli uscì di bocca, ristagnando nel silenzio e nella luce di un sole già alto, che filtrava tra le spesse tende del salotto del suo attico.


    jpg
    « Uff... »

    Doveva essere ormai già tarda mattina... E lui non sapeva cosa avrebbe potuto o dovuto fare per essere in qualche modo d'aiuto. Perché non aveva assolutamente idea della piega che gli eventi avrebbero preso quel giorno.

     
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    “Mi trascino fuori dai miei incubi ogni mattina
    e scopro che non c’è alcun sollievo nello svegliarsi.”


    (Suzanne Collins)
    ___

    Appartamento di Leorio, Mirach.

    Per quanto le fosse capitato di ascoltare -solitamente dalla bocca di qualche amante occasionale- quanto poco capisse davvero di sé stessa rispetto a perfetti sconosciuti, di quanto avesse bisogno di qualcuno che la conducesse su una strada più dignitosa -come se la dignità fosse un'unità di misura decisa da loro-, la verità era che Alhandra Liadon aveva deliberatamente scelto di chiudere occhi ed orecchie da molto tempo, di procedere a testa bassa senza mai fermarsi. Sapeva bene cosa provava, cosa avrebbe voluto e come era il mondo. Sapeva che fermarsi a riflettere dopo aver sollevato il capo l'avrebbe portata a rimanere così per sempre, a non ripartire mai più.

    Scoprire la realtà ebbe esattamente l'effetto che temeva.
    Dopo un primo sfogo, anche la sua mente aveva iniziato a rifiutare quanto accaduto, quasi un riflesso involontario di ciò che aveva subito. Nonostante le membra non avessero apparentemente accusato alcunché, sentiva che qualcosa dentro di sé era cambiato. Qualcuno avrebbe azzardato una "rottura", ma il termine che Alhandra avrebbe trovato più adatto sarebbe stato quello di "paralisi".
    Non sentiva più nulla a parte una profonda pressione al petto, un muro di carne e sangue che si chiudeva attorno a tutte le emozioni scalpitanti che aveva deciso di relegare per sempre nell'angolo più remoto della propria anima, ammesso che ne avesse ancora una integra e funzionante.
    Perfino l'invito più dolce della notte aveva chiuso le sue palpebre con semplicità disarmante, donandole un oblio discreto e privo di sogni, finché -giunti i primi raggi di sole- un rumore metallico finì per imporsi a tutta quella pace.

    « Uff... »
    Una voce maschile giunse non appena il rumore smise di tormentarla, ed Alhandra ebbe la terribile impressione di essere ancora su Endlos e di trovare l'ennesimo sconosciuto nel proprio letto, del tutto dimentica di quel lungo viaggio.
    Socchiuse gli occhi, dopo aver sentito l'altro corpo sotto al proprio, quasi le avesse fatto da materasso. In quella posizione, sentiva il cuore nel suo petto ed un respiro regolare, ma poco rilassato. Si trattava forse di un altro sfigato come lei, che si sbronzava in taverna per poi ritrovarsi la mattina nelle situazioni -e nei posti- più impensati? Cercò di riprendere coscienza, di farsi forza, perché dopotutto non era saggio mostrare debolezza agli estranei. Fece quindi per sollevarsi e fissarlo dritto negli occhi, così da dire di alzare i tacchi e sparire da casa sua... ma il volto che si trovò a fissare ebbe l'effetto di un ceffone in pieno volto. Una consapevolezza così immediata e brutale da destabilizzarla, spaventarla a morte.

    Scattò all'indietro, ruzzolando per terra, in una reazione tanto esagerata quanto comica. Urtando il tavolino di fianco a lei, finì per farsi cadere anche qualcosa in testa, accompagnando il tutto con un sonoro "AHIA, MA CHE CAZZO".
    Cercò di levarsi dalla testa qualunque cosa l'avesse colpita. Poi, con movimenti frenetici e decisamente poco atletici, fece per sollevarsi in una posizione seduta, indietreggiando un po', mostrando occhi sbarrati e l'espressione di chi avesse visto un fantasma.
    Avrebbe potuto smorzare quella tensione dissimulando, esclamando quanto quello sfigato fosse brutto di prima mattina... ma non ne ebbe completamente la forza. Si era appena resa conto di cosa aveva dimenticato. Di cosa sarebbe per sempre tornato da lei, ogni santissima mattina, la verità che l'avrebbe perseguitata per il resto dei suoi giorni.

    No, non lo accettava.
    Non accettava di essere una vittima. Di dover esser protetta, di voler piangere. Fanculo tutti: era una dannatissima ladra, una delinquente che aveva fatto fortuna, una Strega. Non aveva bisogno di nessuno, lei. Men che meno di genitori del genere, persone che aveva già bellamente dimenticato e con cui, non capiva ancora perché, si era trovata a doversi confrontare.
    Come se le importasse davvero qualcosa.
    -Che... che ore sono?
     
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    Nonostante ci avesse messo tutta l'attenzione e concentrazione di cui era capace , il Dottore constatò di aver inavvertitamente svegliato la sua ospite nel momento in cui questa cominciò a smuoversi sopra di lui: quando la Punk sollevò la testolina corvina dal petto incamiciato che aveva usato come cuscino, e i suoi occhi blu incrociarono quelli dell'altro, l'uomo si ritrovò a trattenere il fiato, stirando le labbra in una piega tesa e nervosa, folgorato dal pensiero di come avrebbe potuto spiegare la posa in cui erano finiti.

    Non che lui avesse la più pallida idea di come fosse successo,
    e nemmeno aveva mai avuto l'intenzione di farlo, ma... in effetti, era strano, e...


    "AHIA, MA CHE CAZZO"

    Dopo un momento di iniziale sorpresa -chiaramente espresso da quelle iridi blu, spalancate nello sgomento- Alhandra aveva letteralmente fatto un salto, scostandosi da lui in fretta e furia, ma -così facendo- precipitando nel dislivello tra il divano e pavimento, e finendo la sua manovra evasiva con un ruzzolone sul parquet, una collisione col basso tavolino del salottino, e -causa inclinazione e gravità- il successivo impatto tra il posacenere e il telefono che vi erano posati sopra e la sua testa.

    Poi, con gli occhi sbarrati e l'espressione sconvolta, la Strega si tirò a sedere incespicando per la fretta e -forse- l'imbarazzo, e pensò bene di trascinarsi indietro un altro po', scalciando... così, neanche avesse visto un clown il suo peggiore incubo.


    « ... »

    Intanto, sollevandosi per mettersi tranquillamente a sedere, ora che era libero dal peso che lo teneva orizzontale sui cuscini del sofà, Leorio si sollevò e contemplò la bizzarra scena con una calma che non era dettata dall'autocontrollo, ma da una paralizzante indecisione tra lo scoppiare a ridere per quell'involontario siparietto comico e il comportarsi da medico (oltre che da persona matura dotata di tatto), ricordandosi che aveva davanti una ragazza traumatizzata, e chiederle piuttosto come si sentisse, o se si fosse fatta mal-

    « ...ppfffttt... AHAHAHAHAHAH!
    Che provolona! »


    Nah! Ovviamente, le rise in faccia, puntandole contro l'indice ed assumendo un tono canzonatorio:
    in quel momento non era in clinica né in servizio!

    E poi, coi modi da camionista e gli atteggiamenti da adolescente che la ragazza aveva mostrato da che la conosceva, probabilmente lei stessa si sarebbe sentita più a suo agio a quel modo; del resto, lo sapeva anche lui cosa volesse dire nascondere i dolori dietro la facciata del menefreghismo, ostentando cinismo e concentrandosi sul materialismo delle cose, pur restando -nel complesso, tutto sommato, all'incirca, quasi-
    una brava persona.

    -Che... che ore sono?

    Intanto che l'ilarità del padrone di casa scemava, Alhandra pose quella domanda quanto mai neutra, e fu riacquistando un certo tono che Leorio -restando seduto sul divano- si chinò in avanti per raccogliere da terra il proprio telefono cellulare, dette un input al display per farlo illuminare, e ne espose il quadrante all'altra. 11:43

    « Quasi ora di pranzo, direi, visto che abbiamo saltato la colazione. »
    replicò, stiracchiandosi e riponendo poi l'apparecchio in una tasca della giacca
    « Potremmo ordinare qualcosa, o andare a mangiare da qualche parte...
    sempre se hai appetito. »


    Un modo piuttosto indiretto, blando e delicato per chiederle se -visto la piega che le cose avevano assunto per lei- avesse altri programmi per la giornata o per quel mondo.

     
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    “Mi trascino fuori dai miei incubi ogni mattina
    e scopro che non c’è alcun sollievo nello svegliarsi.”


    (Suzanne Collins)
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    Appartamento di Leorio, Mirach.

    « Quasi ora di pranzo, direi, visto che abbiamo saltato la colazione. »
    Ignorando un "cazzo ti ridi" della sua interlocutrice, accompagnato da un cuscino volante, prontamente schivato (non che Alhandra avesse chissà che mira, appena sveglia), Leorio le fece notare quanto ormai l'ora della colazione fosse passata da tempo.
    « Potremmo ordinare qualcosa, o andare a mangiare da qualche parte...
    sempre se hai appetito. »


    -Per chi mi hai presa?
    Domandò a quel punto la donna, fissandolo con lo stesso astioso sospetto di un mendicante che non vuole la pietà dei passanti.
    -Certo che ho fame: non metto nulla sotto i denti da ieri. Non fosse illegale, mangerei pure te.
    Lanciata quella piccola perla di saggezza, che solitamente riservava ai vegani, Alhandra si stropicciò la faccia, sbadigliando sonoramente. Facendo leva sulle gambe ossute, cercò di sollevarsi completamente, così da avere per prima il libero accesso al bagno. Si sarebbe fatta una doccia e truccata a dovere -perché non poteva certo andarsene in giro, col suo colorito cadaverico.

    Non che avesse voglia di andare a rimorchiare gente: con quel medico rompipalle alle calcagna si sarebbe potuta divertire ben poco. Semplicemente... sentiva il bisogno di tornare in sé. Trovava già abbastanza frustrante la sua reazione del giorno prima davanti ad un semisconosciuto e le metteva una certa agitazione la sola idea che Leorio la immaginasse come una ragazzina debole e frignona. Lei non era così: era sempre vissuta da sola, anche prima dello sterminio. Era stata abbastanza forte da sfidare il potere e l'influenza dei Galanodel assieme a Drusilia, sopravvivere ad un demone incazzato ed alla successiva sequenza si sfighe cosmiche che l'aveva portata fino a quel punto.
    E poi... l'idea che qualcuno desiderasse proteggerla la metteva a disagio.
    Non sapeva nemmeno spiegarsi il motivo, ma era così.

    -Ora possiamo andare- avrebbe decretato infine, uscita dal bagno, finalmente agghindata come suo solito, con calze a rete e trucco nero come la notte, salvo per un rossetto borgogna a dir poco evidente -Per favore, niente sciccherie e ristorantini da coppiette frustrate. Oggi ho voglia di sfondarmi di porcate.
     
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    -Per chi mi hai presa? Certo che ho fame: non metto nulla sotto i denti da ieri.
    Non fosse illegale, mangerei pure te.


    Nel constatare quanto la Punk si mostrò disinvolta ed energica nel rispondere al suo cordiale, premuroso e magnanimo invito a pranzo con quello che pareva nonostante tutto un assenso entusiasta, il Dottore pensò che sarebbe stato facile poter credere che la ragazza avesse -semplicemente- "preso bene" il rifiuto della sua famiglia, e sarebbe stato bello dirsene tranquillizzato e rincuorato...

    Ma gli anni di studio in ambito medico, le statistiche, e l'esperienza lo rendevano consapevole che sarebbe stato fuorviante e stupido crederlo: quel modo di far finta di nulla, poteva essere un chiaro tentativo di
    rimozione; consapevolmente o no, Alhandra stava chiaramente cercando di reagire, che era un intento ammirevole, ma... lo preoccupava l'assenza dei sintomi dell'elaborazione del lutto, che ogni manuale prevede in caso di traumi come quello.

    Sarebbe stato assurdo pretendere qualcosa di troppo diverso da lei: già colpita da quell'esperienza destabilizzante, non era strano registrare una mancanza di voglia per ragionare su cause ed effetti, o di forza per insistere a scoprire cosa (o forse chi e perché) avesse provocato la dimenticanza dei suoi genitori; Leorio era stato il primo ad attivarsi in quel senso, davanti alla stranissima reazione dei Liadon alla notizia della scomparsa della figlia dal suo letto d'ospedale, ma con la ragazza svanita senza lasciare tracce, era stato Kurapika a dissuaderlo dal continuare a tormentare quei civili.

    Dopotutto, che senso aveva lottare con una famiglia che non sembrava neppure consapevole di avere mai avuto una figlia, solo per infliggere loro il dolore e la preoccupazione per il fatto che si fosse volatilizzata nel nulla? Il Dottore aveva dovuto ammettere la validità del punto di vista del suo amico, e così aveva fatto un passo indietro e aveva desistito.
    Ma ora Alhandra era lì: la ragazza era ricomparsa, lui era ritornato alla carica... ma dopo gli eventi della sera prima non era più sicuro sul da farsi.

    « . . . »

    Per quanto lo stesso Hunter non riuscisse al momento a vedere una possibile soluzione alla situazione in cui la giovane si era ritrovata, era certo che questa non si sarebbe risolta da sola guardando da un'altra parte, né trovava sano o ragionevole risolversi a volerla ignorare del tutto; in ogni caso, avrebbe provato a tastare il terreno più tardi: magari una volta che fossero stati entrambi con la pancia piena.

    Ma prima, era il caso di darsi una ripulita, e la ragazzina lo bruciò sul tempo, chiudendosi nel suo bagno e monopolizzandolo finché non fu vestita, calzata e truccata di tutto punto; nel lungo lasso di tempo che questo richiese, con quelli e altri pensieri per la testa, il Dottore si era rassegnato a darsi una veloce rinfrescata nel lavandino della cucina -una dissacrazione che la sua fidanzata avrebbe punito in modi che non voleva neppure immaginare-, e ad indossare una camicia pulita e un altro completo fresco di bucato.


    -Ora possiamo andare.-
    annunciò la Punk, emergendo finalmente dalla porta della toilette
    -Per favore, niente sciccherie e ristorantini da coppiette frustrate.
    Oggi ho voglia di sfondarmi di porcate.


    « Tranquilla, signorina scaricatrice di porto...! »
    commentò il Medico, stringendo il nodo alla cravatta e recuperando le chiavi dell'auto
    « Non ci pensavo proprio a portarti in qualche posto anche solo remotamente elegante. »

    png

    ...di quello, Leorio ne era pienamente convinto. Per questo, il roadhouse rosticceria "all-you-can-eat" di Bora -detta "la Bisunta"- sarebbe andato più che bene; così, nel giro di un'ora abbondante, erano giunti a destinazione: il locale era ampio, mediamente affollato, e loro erano riusciti ad accaparrarsi un bel tavolo equidistante dall'area buffet per gli antipasti e dalla cucina a vista con il wok, dove potevi consegnare ad un cuoco carni e verdure crude ed ammirare la preparazione sulla piastra.

    « Ti consiglio di provare la peperonata di Bora....! »
    consigliò l'Hunter, infilandosi in bocca qualche patatina fritta
    « Dicono tutti che sia una bomba! »

     
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    “Mi trascino fuori dai miei incubi ogni mattina
    e scopro che non c’è alcun sollievo nello svegliarsi.”


    (Suzanne Collins)
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    Appartamento di Leorio, Mirach.

    « Ti consiglio di provare la peperonata di Bora....! Dicono tutti che sia una bomba! »
    Per la gioia di Alhandra -a cui sarebbe bastato un semplice kebab- finirono da una certa "Bora la Bisunta", locale che personalmente la Strega non aveva mai provato, ma che -già ad una prima occhiata- ritenne essere l'equivalente della sua personalissima idea di paradiso.
    -Ok, questo è cibo vero: sapevo che qualcosa di buono l'avresti fatto, prima o poi!
    Degnando Leorio di uno dei suoi rarissimi complimenti(?), Alhandra si diresse immediatamente al buffet, apprezzando -e seguendo- il consiglio dell'Hunter riguardo la peperonata. Non che fossero improvvisamente diventati amichetti del cuore, ma... quella pietanza aveva davvero un bell'aspetto. Avrebbe perfino fatto il bis, più tardi.

    -Comunque, dobbiamo fare due chiacchiere, io e te- affermò ad un certo punto, raggiunto il loro tavolo ed accomodandosi davanti a tutto quello che era riuscita a portarsi dietro -Riguardo la faccenda di ieri. Capisco che sei un dottore, che vuoi aiutare gli altri e che è la tua vocazione e blabla-bla. Però, ecco, sto bene. Non c'è bisogno che mi fissi in quel modo strano.
    Si era accorta degli sguardi titubanti di Leorio dal momento in cui aveva aperto gli occhi, quella stessa mattina. Riusciva perfino a capirlo, in un certo senso: doveva essersi spaventato per la sua reazione del giorno prima, probabilmente tormentato da qualche senso di colpa.
    -Senti ciccio, sei stato gentile con me, quindi sarò franca con te: ho superato davvero una marea di casini, molti più di quanto tu riesca anche solo ad immaginare- non lo diceva per vantarsene, ma perché riteneva che un umano del suo mondo natio non fosse affatto pronto alla teoria dei multiversi -Però, alla fine, sono comunque andata avanti. Dopo essermi arricchita con qualche brutto affare ed aver ritrovato la mia amica, ho mollato tutto ciò che ritenevo pericoloso e mi sono rifatta una vita: ho trovato una casa ad un prezzo accettabile in un bel quartiere, ho aperto un negozio e vivo felicemente sola, senza che nessuno rompa il cazzo.

    Prese il primo boccone di peperonata... e dovette ammettere di non averne mai mangiata una così buona.
    -Non ho mai avuto davvero bisogno dei miei, manco prima che ci fosse il casino di quei polli spennati dei Galanodel: vivevo da sola, studiavo da sola. Se son tornata qui era solo perché avevo bisogno di fare il punto della situazione.
    Per qualche attimo, si fermò a riflettere, con lo sguardo vuoto rivolto al proprio piatto.
    Ne aveva viste davvero tante, ma forse non abbastanza, rispetto a Drusilia e Virginia. Loro -come Alhandra- erano andate avanti, ma... si erano anche evolute. Erano diventate forti, a modo loro, soprattutto Drusilia; sovrapporre l'immagine di una regina in armatura, fieramente posta a capo di un esercito, alla principessina insicura e frignona che l'aveva accompagnata durante la sua adolescenza era quasi risultato traumatico, ad esser sinceri. Le era stato necessario un po' di tempo, prima di digerire quella novità inaspettata.
    Cosa era riuscita ad ottenere Alhandra, invece? La sopravvivenza -sempre bene accetta- e una vita tranquilla in città. Un lieto fine? Forse... peccato che, con una vita come la sua, non ci si sentiva mai realmente al sicuro; non un giorno era infatti trascorso senza che la Strega si fosse domandata quanto ancora sarebbe durato.

    -Ho capito che i miei non ricordano un cazzo e che forse è colpa di qualche stronzo... ma forse è meglio così- Sbuffò, mimando un perfetto controllo delle proprie emozioni, infilandosi un altro boccone di peperonata in bocca -Per donne come me... come noi... starci lontani è una scelta saggia. Dovresti farlo pure tu... e pure il tuo amico biondo. Scavare non porterà a nulla di buono, anche perché non si può comunque fare nulla per chi è crepato o per cosa ci è successo.
    Non si trattava di uno slancio nichilista, ma dell'aver accettato che non tutto si poteva riparare. E poi, in un modo tutto suo, il Tempo riusciva sempre ad acquietare le acque, a dare un un senso al quadro d'insieme.
    -La verità è un'idea sopravvalutata. A volte bisogna lasciare andare le cose come vanno, e si aggiusteranno da sole.
    Un ultimo boccone, e la peperonata scomparve dal suo piatto.
    -Guarda me: sto già meglio, voglio andare avanti, ed oggi sarà di sicuro una bellissima giornata!
     
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    -Ok, questo è cibo vero: sapevo che qualcosa di buono l'avresti fatto, prima o poi!

    Nel suo solito modo strafottente di esprimersi, con quel fare canzonatorio e goliardico tipico di quei ragazzini che hanno la tendenza a mascherare da critica anche i complimenti -per timidezza, conformismo, difesa o incapacità-, Alhandra sembrò chiaramente di apprezzare la scelta del locale... e mentre la ragazza si era fatta una bella passeggiata tra i carrelli degli antipasti, il suo accompagnatore era andato dritto dritto alla "grigliata su commissione" per farsi preparare una porzione extra-large di carni e verdure miste.

    Dopo quella fase di "procacciamento cibo", i due avevano infine preso posto al tavolo per consumare il primo round del pranzo, e mentre mangiava a quattro palmenti a sua volta, Leorio -che continuava a monitorare le condizioni dell'altra con l'occhio critico del proprio mestiere- constatò una volta di più che la ragazza sembrava essere pienamente tornata in sé.

    Possibile che fosse realmente così disinvolta? Probabilmente stava impegnandosi attivamente a non pensar più alla propria famiglia, agli eventi della notte prima, e ai suoi risvolti per far finta di nulla... ma per quanto riconoscesse quello sforzo, e potesse affacciarsi nella sua mente il pensiero che forse era meglio lasciarla stare, un'altra parte di lui sapeva di non poter prescindere da un confronto.

    La Punk aveva evidentemente l'indole della solitaria, di quelle persone che vogliono essere autosufficienti, che odiano aprirsi agli altri, e che vogliono fare tutto da sole... e in quell'ottica, la faccenda dei suoi genitori doveva di certo apparirle un nodo irrisolvibile. Ma il punto era che non era esattamente da sola, in quella situazione, e se restituire ai Liadon la loro memoria intatta poteva essere di suo interesse, il Medico si sarebbe impegnato ancora più cocciutamente di prima!

    Ora che erano a tavola, tanto valeva prendere un respiro profondo e affrontare l'argoment-

    -Comunque, dobbiamo fare due chiacchiere, io e te-
    Neanche il tempo di formulare le proprie elucubrazioni, che la giovane lo bruciò sul tempo.

    -Riguardo la faccenda di ieri. Capisco che sei un dottore, che vuoi aiutare gli altri e che è la tua vocazione e blabla-bla. Però, ecco, sto bene. Non c'è bisogno che mi fissi in quel modo strano.

    Nonostante l'esordio di quel discorso ricordasse fin troppo il cliché della fidanzata psicopatica, e nonostante il Dottore sarebbe stato pronto a ribattere che non la stesse fissando in nessun modo clinico strano, l'uomo preferì rimanere ad ascoltare l'interlocutrice senza interromperla, sbocconcellando di tanto in tanto -con fare distratto- le sue salsicce grigliate... e sforzandosi di analizzare quei discorsi con oggettività, mettendo il più possibile da parte il filtro della preoccupazione che gli atteggiamenti da adolescente allo sbando della mora suscitavano in lui, di riflesso ad un puro istinto da fratello maggiore.

    -Non ho mai avuto davvero bisogno dei miei, manco prima che ci fosse il casino di quei polli spennati dei Galanodel: vivevo da sola, studiavo da sola. Se son tornata qui era solo perché avevo bisogno di fare il punto della situazione. Ho capito che i miei non ricordano un cazzo e che forse è colpa di qualche stronzo... ma forse è meglio così.-

    Quello che le usciva di bocca suonava certamente ragionevole e perfettamente nel suo contesto, e il fatto che avesse sollevato lei stessa la questione era assolutamente un buon segno... eppure, per lui, che aveva ancora negli occhi l'immagine della giovane in lacrime in mezzo ad una strada desolata, dopo una fuga (e un furto) operati solo per l'impulso di ricongiungersi alla sua famiglia, qualcosa continuava a stridere come una stonatura in sottofondo.

    -Per donne come me... come noi... starci lontani è una scelta saggia. Dovresti farlo pure tu... e pure il tuo amico biondo. Scavare non porterà a nulla di buono anche perché non si può comunque fare nulla per chi è crepato o per cosa ci è successo.
    proseguì intanto la Strega, atteggiandosi a donna vissuta sebbene i luoghi comuni da gioventù bruciata
    -La verità è un'idea sopravvalutata. A volte bisogna lasciare andare le cose come vanno, e si aggiusteranno da sole. Guarda me: sto già meglio, voglio andare avanti, ed oggi sarà di sicuro una bellissima giornata!

    Con un effetto catartico, la ragazza terminò il monologo e la porzione di peperonata nello stesso momento, lasciando l'Hunter intimamente combattuto sulla reazione che sarebbe stata meglio manifestare: prendere atto dei suoi racconti ed arrendersi alla sua volontà di lasciare le cose come stavano? Impuntarsi e prometterle che le avrebbe restituito la sua famiglia? Scostare da una parte tutte le belle frasi "cool", impostate e ad effetto come quelle del protagonista di qualche romanzo nero e chiederle semplicemente se fosse sicura di voler rinunciare alla sua famiglia?

    Sebbene l'ultima fosse l'unica opzione a premergli davvero, l'Hunter schiuse le labbra per dar voce a quel pensiero... ma fu in quell'esatto momento che il suo telefono cellulare -posato sul tavolo, accanto al bicchiere di birra- cominciò a suonare: sul display lampeggiava il nome di Kurapika.


    « ...devo rispondere: potrebbe essere importante. »

    Scoccando un'occhiata alla commensale e annunciando le sue intenzioni, il Dottore raccolse l'apparecchio, se lo portò all'orecchio, e aprì la chiamata saltando i convenevoli e salutando l'amico con un esortante "Dimmi tutto".

    La voce pacata dall'altra parte rievocò subito nella mente di Alhandra l'immagine del biondino bacchettone che aveva già visto la mattina prima, nel maxischermo dello studio del suo ospite, ma -con in sottofondo il rumore degli altri avventori di Bora- non riuscì a comprendere chiaramente le sue parole; in compenso, a giudicare dall'espressione grave e un po' sorpresa, da stoccafisso un po' turbato, di Leorio sembrava trattarsi di qualcosa di effettivamente serio.

    Quando riagganciò, quell'espressione si concentrò sugli occhi blu della ragazza,
    sfumandosi appena di una chiara incertezza.

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    « Kurapika ha trovato l'origine delle discrepanze tra la tua versione e i report di quella notte alla Reggia Galanodel... e un uomo, uno dei nostri, è in stato di fermo alla Sede Centrale dell'Associazione, »
    le spiegò brevemente il suo cicerone, re-infilandosi la giacca e cacciandosi il telefono in tasca
    « So che hai appena detto che il passato è passato, ma... credo che la tua presenza durante l'interrogatorio potrebbe essere importante per l'avanzamento delle indagini. Te lo chiedo come favore: non è che te la sentiresti? »

    E, mortalmente serio, lo sguardo del Presidente dell'Associazione Hunter si posò su di lei.

     
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    e scopro che non c’è alcun sollievo nello svegliarsi.”


    (Suzanne Collins)
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    Appartamento di Leorio, Mirach.

    « ...devo rispondere: potrebbe essere importante. »
    Con un sospiro seccato, Alhandra chiuse gli occhi e lo lasciò fare. Non che Leorio l'avesse realmente infastidita; semplicemente, provava un'antipatia naturale verso gli uomini e le donne in carriera, quelli che non staccavano mai da lavoro. Sorrise fra sé, ignorando l'argomento della conversazione altrui, riflettendo che -in qualche modo- aveva portato la sua famiglia per tutto quel tempo con sé, celata alla base delle sue innumerevoli stranezze.
    « Kurapika ha trovato l'origine delle discrepanze tra la tua versione e i report di quella notte alla Reggia Galanodel... e un uomo, uno dei nostri, è in stato di fermo alla Sede Centrale dell'Associazione, » disse infine il Dottore, dopo aver chiuso la chiamata. Alhandra non seppe sulle prime che farsene di quell'affermazione, quindi si limitò a fare spallucce « So che hai appena detto che il passato è passato, ma... credo che la tua presenza durante l'interrogatorio potrebbe essere importante per l'avanzamento delle indagini. Te lo chiedo come favore: non è che te la sentiresti? »

    -Certo che siete proprio masochisti: vi piace infilarvi nel marcio.
    Il commento schietto di Alhandra giunse sprezzante come al solito. Considerando tuttavia il contesto e tutto il monologo che si era cimentata ad argomentare poco prima, non ci sarebbe voluto molto per capire quanta preoccupazione avesse mascherato da disprezzo.
    "Per donne come me... come noi... starci lontani è una scelta saggia".
    -Immagino che andrete avanti a prescindere da quanto vi aiuterò.
    Sospirò, prendendo un sorso d'acqua e buttando giù un altro boccone.
    -E sia, ma solo perché prendere un granchio a volte crea ancora più casini.

    Alla fine, visto che i suoi si erano autodichiarati estranei a tutto ciò che la riguardasse, la sua ricerca era in un certo senso conclusa e non aveva moltissimo da fare, nel pomeriggio. Inoltre, se c'era un posto in cui poteva definirsi davvero sicuro, almeno fino al suo ritorno su Endlos, era proprio la Sede Centrale degli Hunters. Almeno -pensò- non avrebbe rischiato di essere scippata per strada, o che qualcuno la importunasse.
    -Non ho mai visto la Sede Centrale dall'interno: di solito la tv ed i giornali fotografano solo gli esterni- osservò, ricordando i suoi hobby e le memorie di quando era una ragazzina -Se mi fai fare un giro, collaborerò senza problemi.
    Dopotutto, il peggio era passato. Si trattava solo di una visita di cortesia, ed un giretto turistico gratis.


    Edited by Drusilia Galanodel - 19/7/2021, 03:08
     
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