L'Inizio del Carnevale

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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    Sono ormai trascorsi un paio di giorni dalla vostra sistemazione alla pensioncina del Giglio Rosso, e sarebbe davvero eccessivo dire che tu e il tuo Precettore vi siate ormai "abituati" a quei ritmi come ad una routine, ma se c'è una cosa che avete afferrato rapidamente, è che le giornate in quella parte di Shea cominciano sempre molto presto, e sempre nello stesso modo.

    Ad avere il sonno leggero, ci si accorgerebbe che -già molto prima dell'alba- nelle strade qualcosa si muove: oltre a qualche sparuto ciondolone -che va errando per le strade ancora mezzo ubriaco dalla sera prima-, i fornai aprono i propri laboratori per cominciare a lavorare gli impasti, gli scaricatori raggiungono il porto per accogliere i primi vascelli mercantili e iniziare lo smistamento delle merci traghettate attraverso la Laguna, e i pescatori iniziano a rincasare dopo la chiusura del mercato notturno, dove le massaie più agguerrite e i cuochi più volenterosi si sono già accaparrati i prodotti più freschi e più pregiati.

    Bisogna però aspettare qualche ora ancora, quando il vicino campanile della via maestra batte sei rintocchi, perché la giornata riceva il suo segnale di inizio: si comincia con lo scalpiccio di due paia di piedi che scendono le scale del piano superiore, e mentre una delle due presenze prosegue verso il pianterreno -con incedere lieve e silenzioso-, l'altra imbocca il corridoio che conduce alla stanza dei due visitatori del Nord, senza troppa premura di celare la sua presenza o fare piano; dopotutto, è lì per svegliarli.

    Un paio di secchi colpi al battente di legno sono l'unico suono che si intervalla sull'intero pianerottolo fino a che uno dei due inquilini non raggiunge l'uscio per dare segni di vita: a seconda di chi reagisca per primo, senza differenza che apra la porta o vi parli attraverso, dall'altra parte c'è sempre Rajulma, vestita di tutto punto -in abiti maschili, che trova evidentemente più comodi- e già pronta a cominciare la giornata.

    Come nei giorni precedenti, la Biondina vi augura un buon risveglio e vi da un'ora di tempo per lavarvi, vestirvi e scendere di sotto per uno spuntino veloce... giusto qualcosa di caldo, preparatovi da Meti perché vi dia un po' di calore ed energie per affrontare il primo dei vostri lavoretti.

    La prima tappa è un grosso forno che rifornisce tutta la città, rinomato per il suo laboratorio di pasticceria; vostro compito -con la dotazione di un carretto e una mappa- consiste nella consegna degli ordini a diversi alberghi, botteghe e locali del rione... un impiego che, oltre a fruttarvi qualche soldino, vi ripaga con la possibilità di ammirare le strade di Selowen al primo mattino, quando ancora nessun assembramento ne ostruisce il transito. E con una guantiera di leccornie.

    Certo, bisogna sorvolare sul fatto che si tratta idealmente di pezzi di "scarto", esclusi dalle consegne perché non del tutto conformi al maniacale perfezionismo del Maestro, ma ad un profano restano comunque dei gioielli -sia all'occhio che al palato-, e fanno decisamente il loro figurone quando -un paio d'ore più tardi, finito il turno- fate ritorno al Giglio Rosso per riposarvi e consumare la colazione vera e propria: thè, latte, caffè, marmellate, confetture, pane, uova e altre pietanze messe a disposizione... con la compagnia delle due ragazze vostre amiche o di qualche altro ospite dalla casa, a vostra discrezione.

    « Buongiorno, cari! Oggi comincia la Parata di Maschere: siete carichi?
    Sarà sicuramente una giornata di fuoco!
    »

    La voce che si rivolge ai due viaggiatori del Nord è quella arrochita dal tempo di Monna Vinca: un tempo una splendida primadonna del teatro, ora una vecchina sull'ottantina, dall'aspetto fragile e dalla statura ridottasi di diversi centimetri sotto il peso degli anni, avvizzita come un fiore ma ancora straordinariamente lucida, bassa e minuta, dagli occhi cerulei e dai capelli ingrigiti ma ancora lunghi e fluenti, ordinatamente acconciati in un'elegante crocchia sulla nuca.

    L'avete conosciuta nella tarda mattinata del giorno del vostro arrivo, e non ha mostrato alcuna riserva per la risoluzione che avete pattuito con Meti e Rajulma; anzi, con la serenità che è propria di molte persone ormai anziane, è stata subito molto ospitale nei vostri riguardi, dimostrandosi una conversatrice colta e affabile in grado di tener testa con interesse persino agli sproloqui di Göstaff.

    Tuttavia, per qualche motivo nostalgico, sembra aver preso particolarmente a benvolere il giovane Kyrill, a cui non manca mai di rivolgere piccole semplici richieste (aprire i barattoli, accompagnarla su per le scale, portarle qualcosa in un'altra stanza), che ricompensa riempiendolo di caramelle. Proprio quel che si direbbe una nonnina adorabile.

    « La Dama Azzurra in persona terrà il discorso di apertura e non vedo l'ora di ascoltarla:
    voi pensate di andare ad assistere?
    »
    cinguetta, piena di entusiasmo e gioia di vivere, come se avesse sessant'anni di meno
    « Parla così bene...! È una cosa che mi ha incantato fin dalla prima volta che la vidi, quando ero bambina! Mi chiedo se darà una benedizione alla nostra città: di questi tempi incerti può sempre servire! »

    Ah, gli anziani...! Sanno sempre come dare colore alle cose.


    Info-Box

    Benvenuto a questa nuova scenetta masterata! :yuppi:
    Per il momento non c'è niente da dichiarare: a te la penna per descrivere come il PG di sta ambientando nel suo soggiorno. :flwr:

     
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    uongiorno Sir Brioche! Lo avete affilato bene lo spadone stamattina? Che mi dovete far buona guardia al carretto. »
    Kiryll rispose con un sorriso impacciato. Gli pareva che avrebbe dovuto trascorrere anni a Selowen, prima di imparare a tener testa al ruvido e insolente genere di umorismo che, a quanto sembrava, era proprio delle genti del posto…
    Per l’ennesima volta, si pentì in cuor suo di essersi ingenuamente intestardito a restare fedele agli insegnamenti dell’Accademia… Era stato proprio un ragazzino. Mentre insonnoliti si preparavano per il primo giorno di consegne, Göstaff gli aveva fatto notare che poteva anche lasciare a casa la spada; ma lui aveva ribattuto, citando il codice del cavalierato, che “ un Cavaliere non deve mai mostrarsi in uno spazio pubblico senza la spada, suo primo attributo ”. Non era per vanità, ma per principio, aveva aggiunto, e probabilmente non aveva neppure del tutto mentito.
    …Per fortuna, almeno, era stato abbastanza saggio da capire che se avesse provato a giustificarsi con il fornaio non avrebbe fatto altro che risultare ancora più ridicolo. Non gli restava che abbassare la testa e sopportare la quotidiana doccia di ironia.
    « E come sta il fedele scudiero, svegliato bene? – chiese l’uomo, allontanandosi un attimo dal forno per appoggiare una mano infarinata sulla spalla di Göstaff – Sta’ attento al Boborosso, che vi fa l’imboscata per mangiarsi i miei cornetti! »
    Rincuorava il ragazzo il fatto che nemmeno il suo precettore sembrasse a suo agio con quel modo di scherzare. Il nobiluomo era, naturalmente, grande cultore del genere di battute di spirito in voga nei salotti di Najaza: allusioni scherzose e sempre interpretabili, che potevano certo celare i più orrendi affronti, ma sempre sotto un velo di cortesia. L’irrispettoso umorismo del panettiere lo colpiva in un modo diretto a cui non era abituato, e a volte Kiryll poteva spiare il viso del precettore gonfiarsi per trattenere un singhiozzo oltraggiato.
    In verità, il ragazzo si era reso conto fin dal primo giorno che non era il caso di offendersi, e che quello era semplicemente il modo comune della gente di Selowen di prendersi in giro a vicenda. Non era sicuro però che anche il suo accompagnatore fosse giunto allo stesso grado di comprensione.
    « Guarda papà che il Boborosso mangia solo pane d’ossa, mica i tuoi cornetti! »
    A quanto pareva l’intera famiglia del fornaio si alzava nel cuore della notte per collaborare all’attività del capofamiglia: la figlia stava impastando vigorosamente su un tavolaccio, mentre la moglie riempiva delle ceste e le copriva con tovaglioli bianchi.
    « Eh Lucìa, fagli assaggiar uno dei miei cornetti tu, e vedi se continua a mangiare pane d’ossa quello! »
    Rispose l’uomo con un brillìo negli occhi, mentre sbatteva rumorosamente la pala sul fondo del forno così che il camino risucchiasse via la cenere. Ragazzo e precettore stavano fermi appena oltre l’uscio, con le mani in mano, un po’ impacciati, senza intervenire nello scambio di battute.
    « Bon, siamo pronti? Moglie, è pronto il carretto per i nostri eroi? »
    Si rivolse direttamente ai due facchini: « Sapete, ho sentito che anche la concorrenza si sta attrezzando per far le consegne con la scorta armata! » E ammiccò a Kiryll.
    Il ragazzo prese in consegna il solito biròccio stracolmo dalle ruote di legno che la moglie del panettiere gli spinse vicino, quindi rinculò fuori con il suo precettore che gli teneva aperta la porta.

    Fuori il cielo si stava appena rischiarando, la città percorsa solo da lontani brusii. L’umidità che era strisciata sù dai canali durante la notte ancora ben lungi dall’iniziare a ritirarsi.
    Ai due viaggiatori del Nord era parso, valicati i Picchi di Shea, di essere finiti in una diversa stagione (ed effettivamente così era), ma in verità il periodo dell’anno più freddo dell’eterna primavera orientale non aveva ancora ceduto del tutto il passo ai mesi del pieno rigoglio, e il sole si prendeva ancora il suo tempo per sorgere, al mattino.
    Nella calle cominciò ad echeggiare l’ormai familiare rumore delle dure ruote del carretto sull’acciottolato sconnesso.
    L’intera strada era invasa dal fragrante profumo che si spandeva fuori dalla porta del retrobottega del panificio. Ogni volta che i due forestieri, provenendo dalla locanda ancora intontiti dal sonno, imboccavano quella via, a Kiryll pareva che il suo cuore fosse comunicante direttamente con le sue narici, tanto lo sentiva espandersi.
    Se gliene avessero domandato, onestamente non avrebbe saputo descrivere l’emozione che gli procurava quell’aroma… ma gli sembrava che sarebbe stata una buona cosa se ogni persona lo avesse potuto annusare al mattino.
    Una campana proprio sopra le loro teste batté un solo rintocco leggero, imitata nello stesso momento da molte altre in tutte le direzioni.
    « Miracolo, siamo in anticipo stamattina! » Esclamò Göstaff fermandosi.
    Al ragazzo sembrava di aver intuito che il suo precettore facesse un punto d’onore del non commentare le insolenze del fornaio, perciò a sua volta non vi accennava mai. Condividevano quell’innocua umiliazione in silenzio.
    L’uomo attirò l’attenzione del suo pupillo verso l’alto con un gesto della mano.
    « Guardate che meraviglia, signorino. Opere d’arte simili si trovano in ben pochi palazzi a Najaza, e qui li mettono addirittura per strada! »
    C’era, incorporato nel muro poco sopra la linea dei loro sguardi, un bassorilievo di lucente ceramica dipinta e invetriata. Su un fondo blu cobalto era rappresentata una figura femminile di candore immacolato, bianca la veste e bianco l’incarnato, con solo delle sottili pennellate nere a delinearne i dettagli, circondata di gigli dallo stelo verde chiaro. I capelli erano di un azzurro appena più chiaro dello sfondo, e scendevano in morbide ciocche fino alla vita. Il viso dai lineamenti prodigiosamente umani era rivolto verso il basso, come se la donna posasse su chiunque camminasse nel vicolo, nobile o facchino, uno sguardo di dolce comprensione.
    L’artista aveva usato, nel complesso, non più di quattro colori, ma l’effetto che ne derivava non era di incompiutezza, bensì di meravigliosa armonia e semplicità.
    « La Dama Azzurra… »
    « Piuttosto inconfondibile » confermò il precettore, mentre si accarezzava i baffi in contemplazione.
    Un grosso ratto sbucato dal nulla sfrecciò lungo la base del muro per andare a tuffarsi con un plop nell'acqua del canale in fondo alla via.
    « La ceramica di Selowen è famosa in tutti i Presidi – prese a spiegare il nobiluomo – commerciata fuori dai confini dell’Est a carissimo prezzo. Si ricava da un’argilla molto rara, che le sirene recuperano sul fondo della laguna e consegnano agli artigiani di un isolotto poco distante dalla città, gli unici a custodirne il segreto della cottura. »
    Il ragazzo si immaginò una di quelle creature acquatiche che emergeva da un ammasso di alghe, la chioma mescolata alle onde, e tendeva un fagotto gocciolante ad un vecchietto barbuto accovacciato sul bordo di un molo.
    « Credi che sia possibile visitare quell’isola? »
    « Ma certamente! Più tardi potremo chiedere alle nostre amiche se conoscono un barcaiolo di fiducia che ci faccia un prezzo onesto. »
    Per un giorno intero Göstaff aveva continuato a rivolgersi a Rajulma come ad un ragazzo, finché finalmente Kiryll, prima di andare a letto, gli aveva chiesto con tono distratto se anche lui si fosse accorto che si trattava, in effetti, di una ragazza. L’uomo era rimasto in silenzio solo per una frazione di secondo. “ Mio caro Kiryll, certamente che me ne sono accorto. Il tuo precettore non è nato ieri, e nei miei viaggi in gioventù ho visto questo ed altro. ” E detto ciò si era girato su un fianco nella sua vestaglia da notte con un teatrale sbadiglio.
    Entrambi rimasero ancora per qualche minuto in silenziosa ammirazione del bassorilievo, con il carretto che spandeva nell’aria la fragranza del suo carico, poi Kiryll riprese a spingere il cigolante biròccio. La via terminava con un ponticello arcuato sopra ad un canale: Göstaff dovette precedere il suo pupillo e aiutarlo a superare gli scivolosi scalini di pietra.


    Kiryll depose il paniere con i dolci di seconda scelta offerti dal fornaio sulla tavola già imbandita di marmellate e bricchi fumanti. Avendoli sentiti rientrare, Monna Vinca li raggiunse nella sala con i suoi passettini fruscianti.
    « Buongiorno, cari! Oggi comincia la Parata di Maschere: siete carichi? Sarà sicuramente una giornata di fuoco! »
    « Buongiorno! » ricambiò Kiryll con un sorriso.
    Fin da subito aveva provato una grande simpatia per quella nonnina.
    Le anziane matrone di Najaza che talvolta facevano visita a sua madre avevano formato in lui un’opinione molto diversa della vecchiaia: gli erano sembrate persone intristite dagli anni, in cui lo scorrere del tempo aveva eroso e consumato i pregi, e incancrenito i difetti, rendendole ciniche, spudorate e volgari. Si imbellettavano come avessero trent’anni e si ricoprivano di pesanti gioielli, e sembrava che non fossero riuscite ad accumulare davvero nient’altro nel corso della loro lunga vita.
    Si sorprendeva a volte a pensare con paura al momento in cui lui stesso si sarebbe fatto vecchio e, credeva, si sarebbe trasformato in un’ancor più grigia versione di se stesso. Era un pensiero che poteva riempirlo di sconforto.
    Monna Vinca pareva essere invecchiata in un modo completamente diverso, un modo che sembrava compiere la sua vita, non avvilirla. Kiryll non faticava ad immaginarla da giovane come gli avevano raccontato che fosse stata, una bellezza spasimata da molti, eppure al tempo stesso non poteva immaginare niente di più lontano dalla sfera sensuale di quella semplice e fragile vecchina. Era come se tutta la sua magnificenza si fosse ritirata dal corpo un tempo florido negli occhi azzurri, lasciando dietro di sé, come certi insetti quando cambiano forma, una minuta spoglia di pergamena.
    Al ragazzo piaceva averla intorno, con il profumo di lavanda del suo grembiule e la sua voce roca.
    « Si nota che oggi inizia la Parata: già al mattino presto le vie erano più affollate del solito, siamo partiti in anticipo ma arriviamo in ritardo. Ci dispiace di non aver aiutato ad apparecchiare. »
    E come per compensare inconsciamente al lavoro non svolto, Kiryll si mise senza accorgersene a raddrizzare le sedie attorno al tavolo, mentre aspettavano che Rajulma e Meti li raggiungessero.
    « La Dama Azzurra in persona terrà il discorso di apertura e non vedo l'ora di ascoltarla: voi pensate di andare ad assistere? »
    Immediatamente il pensiero del ragazzo tornò all’immagine di ceramica nella via, quella mattina. Chissà quanto fedele era alle reali sembianze della Dama... Che impressione doveva fare, a vederla dal vivo? Sembrava una donna in carne ed ossa come le altre? Oppure no, e ci si sentiva al cospetto di una dea? Da quando giorni fa aveva saputo che presto avrebbe potuto vederla, la mente di Kiryll era tornata insistentemente all’Alfiere dell’Est, e spesso la curiosità e il fascino per quella figura sfumata fra realtà e mito lo aveva fatto faticare ad addormentarsi la sera.
    « Devo ammettere che sono emozionato all’idea di vederla dal vivo. Se penso che esiste da secoli… È una cosa che la mia mente non riesce a immaginare. »
    « Parla così bene...! È una cosa che mi ha incantato fin dalla prima volta che la vidi, quando ero bambina! Mi chiedo se darà una benedizione alla nostra città: di questi tempi incerti può sempre servire! »
    Ecco, Kiryll non riusciva proprio a immaginare che parlasse... E cosa poteva dire? Con quale voce? Quando parlava, tradiva sentimenti umani, o era del tutto ieratica, come lo sarebbe stata quell’effige di ceramica se avesse preso vita? Quali cose poteva avere da dire, quali pensieri erano generati dalla mente di un essere proveniente da un altro mondo, e che aveva vissuto oltre il limite della vita di ogni mortale? Cosa ispirava in chi la ascoltava?
    « Quando terrò il suo discorso? E quanto vicini le si può arrivare? »
     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    « Buongiorno! Si nota che oggi inizia la Parata: già al mattino presto le vie erano più affollate del solito, siamo partiti in anticipo ma arriviamo in ritardo. »

    « Oh, ma addirittura?! Mi era parso che fosse arrivata più gente quest'anno... ma devono averne di energie per andarsene in giro già di primo mattino! »

    Mentre si affaccenda intorno al tavolo di legno della sala per riaccostarvi seggiole e panche -forse per scusarsi di non aver contribuito al servizio, forse per la semplice frenesia che rende pieni di energia inespressa a starsene con le mani in mano- Kyrill ricambia con entusiasmo il saluto di Monna Vinca e rilancia la conversazione con qualche testimonianza di prima mano sulle prime avvisaglie del coloratissimo evento che quest'oggi animerà l'intera laguna di Selowen.

    « Ci dispiace di non aver aiutato ad apparecchiare. »

    « Non ti devi preoccupare, caro: sei un collaboratore, ma sei anche un ospite... »
    lo rassicura la Vecchina, infilando una mano in tasca e porgendogli un grazioso bon-bon rosso
    « Stai sereno e prendi una caramella! »

    Certo è che con le vie affollate già per il vostro orario di consegna, bisognerà aspettarsi di vedere vie, ponti e canali ben più che congestionati per l'ora di punta! E subito i pensieri corrono alla mistica figura della Dama Azzurra, l'Alfiere dell'Est, che è probabilmente uno dei motivi dietro l'affluenza di turisti sopra la solita media stagionale.

    « Devo ammettere che sono emozionato all’idea di vederla dal vivo.
    Se penso che esiste da secoli… È una cosa che la mia mente non riesce a immaginare.
    »
    prendendo posto su una seggiola, la Nonnina annuisce con un sorriso bonario alle parole di Kyrill
    « Quando terrà il suo discorso? E quanto vicini le si può arrivare? »

    « Oh, la Regina dovrebbe tenere il discorso alla Piazza della Ninfea a mezzogiorno. »

    Monna Vinca l'aveva chiamata "piazza", ma come denominazione sarebbe forse apparsa un po' impropria a dei visitatori: tecnicamente, si trattava del lago artificiale posto al centro esatto della città, da cui si dipartivano perpendicolarmente i quattro canali maestri, che dividevano idealmente Selowen in quattro settori... e al centro di quel crocevia acquatico, su un'isola collegata al resto della città mediante un sistema di ponti, sorgeva la residenza del Governatore di Shea, Mathias DuLac, la cui famiglia prestava vassallaggio alla Dama Azzurra da generazioni.

    « Non so se sarà possibile avvicinarlesi troppo: dopo i brutti eventi dell'anno scorso, la sorveglianza è molto alta... forse i vincitori del concorso di Maschere e Carri potrebbero avere occasione...! »

    I "brutti eventi" di cui l'anziana signora parla devono senz'altro essere quelli legati al gruppo di Demoni-Terroristi-Extraplanari che hanno occupato la capitale del Pentauron per una notte, sparendo poi all'alba e lasciando dietro di loro una città-fantasma... Un crimine aberrante, del quale molti aspetti risultano ancora oggi avvolti nel mistero.

    Per quel che se ne sa, Lady Kalia -tra gli altri valorosi andati in soccorso della città- era presente a quella notte di orrore, alla testa delle truppe dell'Est... un gesto coraggioso, ma anche avventato, che da allora le ha richiesto maggior cautela per amor di ragion di Stato; dopotutto, sono molti tra i suoi sostenitori a temere per la pace del Presidio Est, se colei che ne il fulcro dovesse venire meno.

    « Ehilà! Buongiorno! Com'è andata la consegna? »

    Il sopraggiungere di Rajulma -con una bella porzione di uova fritte e pancetta croccante per la vostra tavolata- interrompe quelle riflessioni, troppo serie e profonde per un giorno di festa; ovviamente, al suo fianco c'è Meti, che ha appena concluso il proprio turno di servizio ai fornelli.

    « Spero che non siate già stanchi, perché la giornata è appena iniziata! »
    esclama la Biondina, decisamente carica
    « ...e visto di che grande giornata si tratta, potrebbero saltar fuori molte occasioni dell'ultimo minuto, per dei tuttofare volenterosi! »

    « Buongiorno! Avete fatto programmi per dopo colazione? »
    con grazia, la Sirena si accomoda difronte al Precettore con un sorriso cordiale
    « Magari potremmo fare un giro per i mercatini tutti insieme...? »


    Info-Box

    Altro turno di tranquilla interazione -con Monna Vinca, Meti, e Rajulma- con qualche piccolo approfondimento sulla lore di Endlos ;D Se Kyrill ha altre domande da fare, questo è il momento! :flwr:

     
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    a vecchina trasse di tasca un dolcetto e lo porse al ragazzo, poi piegò le ginocchia un tempo agili e si sedette al tavolo della colazione.
    « Oh, la Regina dovrebbe tenere il discorso alla Piazza della Ninfea a mezzogiorno. »
    Ora che la padrona di casa aveva preso posto, anche Kiryll e Göstaff fecero altrettanto, assecondando finalmente i loro stomaci tanto a lungo stimolati dagli aromi del loro carretto.
    Ragazzo e precettore avevano visitato quella che gli abitanti chiamavano “Piazza della Ninfea” il pomeriggio precedente. Se gli infiniti canali che percorrevano la Città dell’Acqua potevano dirsene le vene, quello era dunque il cuore liquido di Selowen, un vasto specchio d’acqua a forma d’anello posto al centro dell’insediamento. Nel corso delle generazioni, le famiglie più ricche e influenti della città avevano costruito le loro dimore tutto attorno alla “Piazza”, gareggiando nel commissionare facciate sempre più eleganti e magnifiche. Si poteva riconoscere in quel grande anello di palazzi uno stile peculiare di Selowen, interrotto qua e là da eccezioni vistose ma non stonate, opera evidentemente di maestranze provenienti dal Maelstrom: architetti strappati da altre dimensioni, o “naufraghi” che avevano scarabocchiato i confusi ricordi delle loro città a beneficio dei costruttori locali.
    E al centro, collegata alla corona di dimore patrizie da un reticolo di ponti, sorgeva più elegante di tutte la dimora del Governatore della regione, eretta con blocchi di marmo cavati dai picchi delle Cascate Celesti.
    Kiryll provò ad immaginare dove, esattamente, la Dama si sarebbe mostrata all’interno di quel grande spazio d’acqua. Probabilmente da uno dei balconi di Palazzo DuLac, mentre la folla si sarebbe assiepata tutto attorno alla “piazza”, troppo lontano per vederla bene come il ragazzo avrebbe voluto. Alcuni magari le si sarebbero potuti avvicinare a bordo di imbarcazioni, ma Kiryll dubitava che lui e il precettore si potessero permettere quel lusso.
    « Non so se sarà possibile avvicinarlesi troppo: dopo i brutti eventi dell'anno scorso, la sorveglianza è molto alta... »
    Monna Vinca confermò subito i pensieri del giovane, che rivolse al suo precettore uno sguardo incuriosito, immaginando che l’uomo sapesse a quali eventi la locandiera facesse riferimento.
    « Forse i vincitori del concorso di Maschere e Carri potrebbero avere occasione...! »
    « Sentito, signorino? Non ci resta che partecipare e vincere la competizione »
    Commentò Göstaff, mentre con un coltello da burro riempiva un cornetto di marmellata, compiaciuto di quell’assurda facezia. Ma la luce entusiasta che si accese sul volto del suo pupillo gli cancellò il sorriso da sotto i baffi.
    « Naturalmente stavo celiando, non credo che al concorso siano ammessi i forestieri, dico bene Madame Vinca? »

    In quella, profumo di pancetta e uova fritte annunciò l’arrivo di Rajulma e di Meti.
    « Ehilà! Buongiorno! Com'è andata la consegna? »
    « Buongiorno! Tutto bene, come sempre. In alcuni punti è stato difficile passare con il carretto, le strade erano piene di operai che montavano gli stand per la giornata. »
    « Spero che non siate già stanchi, perché la giornata è appena iniziata! E visto di che grande giornata si tratta, potrebbero saltar fuori molte occasioni dell'ultimo minuto, per dei tuttofare volenterosi »
    A quelle parole Kiryll non riuscì a dissimulare un’espressione scontenta. Sull’onda dell’entusiasmo della giornata si era già dimenticato che il loro primo dovere, al momento, era rendersi utili. Si addensò in lui la nube di un piccolo conflitto interiore, fra una parte che gli soffiava nelle orecchie: “ è per giornate come questa che sono venuto qui, potevo anche restare a casa se me la devo guastare lavorando! ” e un’altra che lo mortificava, dicendogli che erano pensieri da bambino viziato, e che dopo tre giorni tutto il suo zelo nel ricambiare la generosità di quelle sconosciute era già sfumato.
    Dall’uomo che voleva essere dette ragione a quest’ultima, ma l’alito cupo della prima gli rimase a mezza gola, facendolo incupire, forse impercettibilmente.
    « Avete fatto programmi per dopo colazione? Magari potremmo fare un giro per i mercatini tutti insieme? »
    Per la prima volta, il tono sempre dolce di Meti gli dette quasi fastidio. Bella consolazione, un giro per i mercatini, se poi si sarebbe dovuto perdere il discorso della Dama Azzurra per aiutare qualche plebeo a drizzare un tendone o chissà che altro...
    Aveva la sgradevole sensazione che qualcosa dentro di lui, come una massa calda e scura raggomitolata in fondo al suo stomaco, si muovesse, e sbocconcellasse parti di lui.
    Si rendeva conto che non avrebbe dovuto assecondare quei pensieri, che erano ingiusti, che lo avrebbero drenato, rovinandogli l’umore e la giornata, ma per qualche ragione non riusciva proprio a interromperli.
    Gli tornò alla mente un ricordo di quando era bambino: una volta, per il suo compleanno, la vedova Gyllenstierna aveva invitato nel loro palazzo uno dei rari artisti vaganti che capitavano a Najaza. L’uomo, di cui Kiryll non ricordava affatto l’aspetto, lo aveva invitato ad avvicinarsi, e gli aveva chiesto di estrarre, per favore, il fazzoletto che spuntava dalla sua manica. Appena il bambino aveva tirato il lembo di stoffa, questo era sprizzato fuori, tirandosi dietro una catena di altri, tutti annodati, che zampillava dalla manica del saltimbanco con un’energia prodigiosa. Questi rideva, e rideva, fingendo di provare a fermare la magia, ma il serpentone di tessuto colorato continuava a scivolare fuori apparentemente inesauribile, ammonticchiandosi sul freddo pavimento di marmo.
    Ora a Kiryll i suoi pensieri sembravano quella catena di fazzoletti, solo che non erano colorati, ma tutti neri.
    E poi, successe.

    Göstaff fu pronto ad intervenire: in un attimo fu su di lui, allontanandolo dal tavolo in modo che non lo rovesciasse, e gli infilò un fazzoletto in bocca così che non si potesse staccare la lingua a morsi. Subito, il bianco tessuto della pezza fu intriso di quella schiuma violacea che gli saliva alla bocca quando aveva un attacco.
    Gli occhi rovesciati indietro, le membra rigide che singultavano a scatti, il ragazzo non era più cosciente.
    « Perdonate, perdonate! Non fateci caso, è una cosa di un attimo. Il signorino soffre di queste crisi fin da bambino. Tornerà in sé in un attimo. Vi domando la cortesia di non mostrargli compassione, non la sopporta! »
    Il nobiluomo rivolgeva dal pavimento su cui era inginocchiato i sorrisi più tranquillizzanti di cui era capace alle tre spettatrici.
    Non mentiva: nel giro di qualche istante, meno di un minuto, le convulsioni si calmarono fino a fermarsi, le pupille di Kiryll ricomparvero da dietro le orbite, e la mascella si rilassò.
    Il precettore si scostò, mentre il cadetto si estraeva da solo il fazzoletto appallottolato dalla bocca.
    Dovette attendere come al solito che il sangue smettesse di martellargli le orecchie, e che la sensazione di avere un chiodo piantato in mezzo alla fronte si dileguasse.
    Inspirò, ed espirò. Per un brevissimo, fugace attimo gli venne da pensare che sarebbe stato naturale, quasi legittimo, sfruttare la crisi per risparmiarsi ogni altro lavoro nella giornata. Ma fu solo un lampo. Il ragazzo si alzò, deglutì il sapore orribilmente amaro che aveva in bocca, e disse, con un sorriso abbastanza genuino:
    « Che fortuna che sia successo ora! Non mi è mai capitato di avere due attacchi nello stesso giorno, così adesso posso stare tranquillo per tutta la Parata. »
    Si passò una mano sulla fronte. Riprese il suo posto, nascose il fazzoletto imbrattato nel borsello, e dette un morso alla cosa più dolce che gli capitò sottomano.
    « Di cosa stavamo parlando? Si, i mercatini! Ci piacerebbe molto, da soli probabilmente ci perderemmo nella calca. »
    Rivolgendo alle presenti un muto sguardo che voleva ricordare la sua richiesta di poco prima, anche Göstaff si rimise al suo posto, e riprese a farcire con mano lievemente tremante la sua brioche.





    CITAZIONE
    Scusami per aver rovinato la colazione alle signore :geez: ma è troppo comodo inserire in scheda una malattia debilitante e poi non farla mai apparire se non quando dà meno disturbo XD
     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    « Buongiorno! Tutto bene, come sempre. In alcuni punti è stato difficile passare con il carretto,
    le strade erano piene di operai che montavano gli stand per la giornata.
    »

    Ridendo e scherzando sulla possibilità di prendere parte al concorso per la Parata di Maschere (e vincere!) pur di guadagnarsi una buona occasione di vedere da vicino la Dama Azzurra, Rampollo e Precettore prendono finalmente posto al tavolo di legno della locanda insieme a Monna Vinca, e non appena Meti e Rajulma li raggiungono, la colazione può finalmente avere inizio.

    ...almeno finché la paventata eventualità di dover rinunciare ai lazzi della festa tanto attesa per rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro non mette in subbuglio i pensieri di Kyrill, accompagnando (o scatenando?) l'esplosione di una delle sue crisi.

    Fortunatamente, mentre la Sirena e la Vecchina restano raggelate sul posto, e la Biondina scatta in piedi -desiderosa di rendersi utile, ma senza sapere come- Göstaff interviene tempestivamente; dopotutto, lui è il solo a sapere cosa fare in questi casi, e c'è difatti una certa sicurezza nei gesti con cui allontana il suo protetto privo di conoscenza dalla seggiola, e nel modo in cui gli infila un fazzoletto in bocca per evitare che si morda la lingua.

    « Perdonate, perdonate! Non fateci caso, è una cosa di un attimo. »
    rassicura il baffuto Istruttore di Najaza, mostrandosi più calmo di quanto non sia
    « Il signorino soffre di queste crisi fin da bambino. Tornerà in sé in un attimo.
    Vi domando la cortesia di non mostrargli compassione, non la sopporta!
    »

    Una richiesta lecita, quella del Tutore, ma non così facile da mettere in pratica così su due piedi, e mentre la Nonnina mormora tra sé e sé preghiere alla Dama Azzurra -segnandosi il petto con il gesto rituale di un qualche vecchio culto-, Rajulma posa una mano sulla spalla della sua compagna, i cui occhi verdi si son fatti lucidi per la preoccupazione.

    Tuttavia, quando qualche istante più tardi la crisi passa e il giovanotto si rimette in piedi sorridendo, Monna Vinca -da attrice consumata quale è- si è già calata nella parte dell'ignara signora pronta a fare colazione in una normalissima, bella e tranquilla mattinata, mentre Meti si china a cercare sul pavimento il tovagliolo che le è casualmente e maldestramente caduto di mano.

    « Che fortuna che sia successo ora! Non mi è mai capitato di avere due attacchi nello stesso giorno, così adesso posso stare tranquillo per tutta la Parata. »
    esclama Kyrill, rimettendosi al proprio posto e cominciando a mangiare
    « Di cosa stavamo parlando? Si, i mercatini! Ci piacerebbe molto, da soli probabilmente ci perderemmo nella calca. »

    « È... Fantastico! »
    commenta la Biondina, abbozzando un sorriso
    « Allora direi di sbrigarci...! »

    Prima che il Maschiaccio si rimetta seduta a sua volta, un bussare concitato -quasi forsennato- la trattiene: pare provenire dalla porta che si affaccia sul retro, ed è scambiando un'occhiata con la padrona di casa, che Rajulma aggira il tavolo, sparendo in cucina per andare a controllare... e deve ringraziare i suoi riflessi felini, se riesce ad evitare il pugno destinato al legno quando apre il battente.

    Dalla stanza accanto arrivano solo le voci farfuglianti, incalzanti, agitate e spaventate di altre due persone: sono un uomo e una donna, ma non si riesce a capire niente altro di quello che stanno dicendo; con qualche parola asciutta e pragmatica, la Biondina sembra riuscire a calmarli -o per lo meno ad indurli al silenzio-, e dopo qualche altro scambio in tono più sommesso sentite i visitatori congedarsi e la porta richiudersi.
    Qualche momento dopo, Rajulma ricompare nel vano della porta.

    « Qualcosa non va? »

    « I fratelli Rinelli. Qualcuno si è introdotto nella loro officina stanotte e ha vandalizzato il carro allegorico. »
    spiega alla compagna, scura in volto
    « Vorrebbero il tuo aiuto per le riparazioni di emergenza, o rischiano di dover abbandonare la gara. »

    Nel poco tempo che avete trascorso al Giglio Rosso avevate già appreso del profondo e sfaccettato talento di Meti nell'arte e nella manualità: l'insegna ridipinta di fresco che avete visto al vostro arrivo è opera sua, così come lo sono anche molti dei piatti e delle ceramiche collocate in giro nella taverna, ma la sapete anche in grado di disegnare, ricamare e dipingere...

    Nei giorni scorsi, proprio queste sue capacità -e gli agganci che ne scaturiscono in un'occasione particolare come la Parata annuale di Maschere- vi sono tornate utili per procurarvi qualche lavoretto come corrieri, fattorini, portapacchi, revisori di dialoghi o monologhi da recitare durante le esibizioni, o modelli per le rifiniture di sartoria...

    Perciò quella richiesta non vi pare strana: se c'è qualcosa di artistico in ballo, Meti è una scelta saggia; e neppure la situazione vi sconvolge troppo: purtroppo, in certi ambienti, la competizione è davvero alta, e alcuni sono disposti a giocare sporco pur di vincere.

    « L'allestimento è messo molto male? »
    « Da come lo hanno descritto temo di sì. »
    « Quanto tempo c'è? »
    « Fino all'inizio della gara. »
    « Mh... Temo di non poter venire ai mercatini insieme a voi, allora. »
    « Non devi mica aiutarli per forza. »
    « Si, ma voglio farlo. »
    « Allora vengo con te, così finiamo prima. »
    « Perché non andate tutti? Finireste quattro volte prima... »

    E alla proposta di Monna Vinca, che si inserisce nel dibattito con disinvoltura,
    tre paia di occhi si posano sui due Nordici.


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    Nulla da aggiungere a quanto è già scritto nel narrato: a te la penna :flwr:

     
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    embrava che la colazione non fosse destinata a svolgersi nella normale tranquillità, quel giorno. Mentre le tre donne si apprestavano, dissimulando come potevano il proprio turbamento, a riprendere il desinare, un martellare di colpi alla porta sul retro interruppe di nuovo bruscamente la quiete che provava a ristabilirsi.
    « Allora direi di sbrigarci… »
    Le parole si arrestarono sulle labbra atteggiate a sorriso di Rajulma, i cuoi occhi nocciola scivolarono via dai due ospiti per andare a scambiare uno sguardo con quelli cerulei di Monna Vinca.
    Göstaff, i cui nervi già normalmente sensibili quel giorno erano già arrivati a fior di pelle, sobbalzò facendo scempio del panetto di burro da cui stava facendo riccioli. Kiryll continuò a bere il suo latte con miele (per cercare di pulirsi la bocca dall’amaro che la invadeva) mentre con lo sguardo seguiva la biondina che faceva il giro del tavolo e passava in cucina.
    « Ho avuto uno scatto nervoso… Mi scuso… il burro… »
    Dall’altra stanza si sentì il suono del chiavistello che veniva aperto, e subito dopo il fiorire del brusio concitato delle voci di un uomo e una donna. Per quanto animate, non sembravano minacciose, e Kiryll che per un attimo si era chiesto se non fosse il caso di seguire la ragazza poté rilassarsi sulla sedia. Lesse lo stesso pensiero sul volto di Meti.
    Dopo qualche altro istante di vociare confuso, Rajulma dovette riuscire a calmare gli sconosciuti, che proseguirono in tono meno agitato, prima di tacere del tutto. La porta si richiuse, e i passi ovattati della ragazza precedettero il suo ritorno in sala.
    « Qualcosa non va? », domandò subito la sua fidanzata, dando voce all’interrogativo generale. Rajulma aveva un’espressione seria.
    « I fratelli Rinelli. Qualcuno si è introdotto nella loro officina stanotte e ha vandalizzato il carro allegorico. Vorrebbero il tuo aiuto per le riparazioni di emergenza, o rischiano di dover abbandonare la gara. »
    Un diverso tipo di aria preoccupata sostituì il precedente sul viso della ragazza dai capelli verdemarini. I colpi alla porta non portavano guai che li riguardassero direttamente, e questo la sollevava, ma di guai di qualcuno comunque si trattava, e la sua natura empatica la face sentire subito partecipe della loro sfortuna.
    O, almeno, così parve a Kiryll, che sempre dietro alla sua tazza osservava il dialogo fra le due fidanzate, una che interrogava e l’altra che riportava i fatti appena appresi.
    « L'allestimento è messo molto male? » « Da come lo hanno descritto temo di sì. » « Quanto tempo c'è? »
    « Fino all'inizio della gara. » Meti corrugò la fronte e ponderò la situazione per un attimo… « Mh... Temo di non poter venire ai mercatini insieme a voi, allora. » « Non devi mica aiutarli per forza. », le ricordò Rajulma, interpretando il suo ruolo in una probabile dinamica frequente nella coppia, « Si, ma voglio farlo. », rispose semplicemente l’altra. « Allora vengo con te, così finiamo prima. », replicò quella con la camicia bianca, sempre rapida a prendere atto e ad adeguarsi alle cose.
    A quel punto intervenne Monna Vinca, chiamando in causa i due ospiti: « Perché non andate tutti? Finireste quattro volte prima... »
    Kiryll stava formulando fra sé più o meno lo stesso pensiero, mentre ascoltava le altre due. Era ansioso di allontanarsi dai pensieri che poco prima lo avevano condotto alla crisi, e per questo qualunque cosa andava bene, che fosse una passeggiata per i mercatini o la riparazione di un carro. E, a pensarci bene, i loro borselli vuoti non rendevano la prospettiva delle bancarelle poi così entusiasmante.
    Annuì alle tre donne che aspettavano la sua risposta. « Molto volentieri! Scommetto che molti visitatori stranieri pagherebbero per uno sguardo dall’interno alla preparazione di un carro per la Parata. »
    « Non possiamo garantire sulle nostre doti manuali, ma sotto la direzione di mademoiselle Meti anche un orso potrebbe cucire un merletto. » aggiunse Göstaff, sempre galante.
    « Siamo pronti anche subito », dichiarò Kiryll, masticando l’ultimo morso del suo uovo in padella.
     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    « Ho avuto uno scatto nervoso… Mi scuso… il burro… »

    Davanti all'improvviso spasmo di nervi del povero Precettore, la buona Vecchina dagli occhi azzurri è lesta ad intervenire per pacificare la situazione; in che modo? Ma naturalmente accendendo il proprio riflettore personale, tornando a vestire i panni dell'attrice che fino a qualche decennio fa faceva sapeva intrattenere l'attenzione e lo sguardo di un vasto pubblico, e attirando le attenzioni della tavolata su di sé... deviandole incidentalmente dall'imbarazzato ospite, che non manca di rabbonire gentilmente, battendogli qualche delicata pacca sul braccio e passandogli un tovagliolo con cui ripulirsi la mano.

    « Oh, quando ero giovane e facevo l'attrice, avevo un'amica che faceva la ballerina, e anche lei soffriva di nervi! Quando stava male voleva sempre un assaggio di questo dolce a base di burro e zucchero... Ma doveva essere burro di Chrod Mara, le vacche muschiate del Popolo Fatato! »

    Perfettamente calata nel ruolo di arzilla Nonnina, Monna Vinca è ben lieta di snocciolare qualche curioso e frivolo aneddoto della sua colorata gioventù per intrattenere i commensali durante la conversazione tra Rajulma e i visitatori, ma quando la biondina è di ritorno al desco con le novità, da brava padrona di casa sa farsi da parte per lasciar spazio alle questioni importanti.

    Il carro allegorico dei Fratelli Rinelli è stato vandalizzato, e questi hanno richiesto l'aiuto di Meti per delle riparazioni di emergenza: un imprevisto oneroso da fronteggiare, ma a cui la Sirena non ha cuore di sottrarsi... e se è solamente naturale che la sua fidanzata non la lasci sola in quest'ora buia, cosa faranno i due Nobiluomini del Nord?

    « Molto volentieri! Scommetto che molti visitatori stranieri pagherebbero per uno sguardo dall’interno alla preparazione di un carro per la Parata. »
    « Non possiamo garantire sulle nostre doti manuali, ma sotto la direzione di mademoiselle Meti anche un orso potrebbe cucire un merletto. »
    « Siamo pronti anche subito »

    « Ma... siete sicuri? »

    Gli occhi verde mare della Sirena rimbalzano incerti -e anche un po' colpevoli- sui volti dei due uomini del Nord, ma a porre fine a quella discussione -e quegli inutili scrupoli- è come sempre il pragmatismo della Biondina, che con fare gioviale torna a sedersi a tavola, afferra un panino fresco e fragrante dal paniere, lo apre in due con un coltello da burro, e lo farcisce con un uovo fritto e qualche striscia di pancetta, prima di cominciare a mangiarlo di gusto.

    « Allora è deciso! Finiamo di mangiare, e si va a salvare la giornata ai Rinelli! »
    commenta, mostrandosi carica e desiderosa di condividere la sua motivazione con un occhiolino
    « ...e, naturalmente, guadagneremo tutti un bel gruzzolo per il disturbo! »

    png

    Terminata la colazione e salutata Monna Vinca, che ha garantito di poter rigovernare la cucina da sola -senza bisogno di portarvi via il tempo di rassettare la cucina- e riempito le tasche di Kyrill di caramelle dall'incarto colorato, il quartetto si mette in movimento per le strade di Selowen, che iniziano già ad affollarsi di capannelli di turisti entusiasti alla loro prima visita e appassionati frequentatori di vecchia data, che commentano ogni differenza con le edizioni precedenti con arie da veri intenditori con la verità in tasca.

    Farvi strada fino alla destinazione non è agevole come lo è stato consegnare croissant al mattino presto -considerando che avevate pure il carretto al traino-, ma se non altro il rallentamento dovuto agli assembramenti umani (e non) vi ha comunque permesso di buttare l'occhio qui e là per bancarelle e banchetti dei mercatini, nel caso vi rimanga tempo per gli acquisti, nel pomeriggio.

    Alla fine, per palese insofferenza di Rajulma davanti alla lentezza di quell'andatura, scendete sotto al livello di strade e pontili per raggiungere quello dei canali, e con un piccolo "aiuto" da parte di un gondoliere -che si lascia convincere ad abbassare il prezzo della traversata dalle spiccate doti di contrattazione della biondina e dalla soave grazia della Sirena-, vi dirigete all'officina dei Rinelli via acqua su una tratta panoramica, attraversando gli ampi e bellissimi canali principali che le ragazze volevano mostrarvi dalla loro angolazione più suggestiva: scivolando sul pelo dell'acqua -lucida come uno specchio d'argento- mentre gli alti palazzi dalle architetture elaborate si stagliano contro il cielo azzurro.

    Nel giro di poco più di un'ora, siete a destinazione, in mezzo ad una bolgia palpitante di persone in faccende affaccendate, e la fretta e l'agitazione sono palpabili nell'aria, con i capo-mastri che urlano ordini alle loro squadre e rumori di attrezzi da artigiano che lavorano ad un ritmo forsennato presso la banchina interna alla rimessa, dove vedete ormeggiata una barca che -a giudicare dai colori vivaci e dalle installazioni- doveva essere il "battello allegorico" ...prima che qualche ignobile gaglioffo fracassasse uno degli alberi maestri, facendolo facendolo abbattere sulla prua, dove dei carpentieri si stanno affrettando a sostituire le tavole del rivestimento.

    Mentre Meti si allontana con i fratelli Rinelli (le stesse voci che avete udito durate la colazione) -o, per meglio dire, viene rapita- per fare il punto della situazione, il baffuto Precettore e il suo giovane Pupillo hanno il tempo di studiare il carro galleggiante e di scambiarsi le loro teorie ed interpretazioni sul suo significato... o di chiedere a Rajulma, che dovrebbe esserne a conoscenza.

    A partire da poppa -in coda all'imbarcazione-, su cui svetta ammainata una bandiera cremisi, tutta una serie di costrutti tridimensionali e sagome di compensato -distribuiti su più livelli, per dare profondità- rievocano quella che sembra una bianca città in rovina, velata da drappi di varie tonalità di grigio, come pennacchi di fumo... un paesaggio urbano che si fa venato verso la parte centrale di cavi modellati a ricordare viticci di un vivido verde per poi degradare nella parte anteriore in una distesa punteggiata da un tripudio fiori freschi -profumati e coloratissimi- che dovevano essere la cornice per la scena principale, probabilmente il fulcro di tutta la composizione, criminosamente distrutta.

    Intanto che la Sirena si organizza con i proprietari dell'officina per farsi avere quel che le occorre per ricreare la composizione nella maniera più rapida possibile, ai due Nordici e alla Biondina è stato già dato un incarico con cui mettersi al lavoro: con indosso il grembiule da armatore e i guanti da lavoro in solido cuoio che vi sono stati dati in dotazione, cominciate a rovistare tra il cumulo che è stato fatto delle macerie raccolte dal ponte della nave per recuperare quanti più materiali vi è possibile, così da poterli riutilizzare...

    A giudicare dal tipo di cose che riuscite a rinvenire dai detriti, ce n'è abbastanza per capire che la rappresentazione ruotava attorno a due figure femminili, ma... tra schegge e polvere di gesso, frammenti di mani e volti, iridescenti gocce di vetro scheggiate, manciate di piume grandi quanto un braccio, file di perle, riccioli di parrucche e drappi di tessuto pregiato ma impolverato, qualcosa vi risulta fuori posto. Un guanto nero, e l'angolo di una Maschera di porcellana, nello stile tipico di Selowen. che vi pare di avere già visto da qualche altra parte...


    Info-Box

    Ed eccoci finalmente a muovere il primo passettino nella trama di questa scena :pft: A te la penna :hugpile:

     
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    iryll osservava affascinato gli esperti movimenti del barcaiolo: gambe e busto tesi per mantenere l’equilibrio, le braccia abbronzate che manovravano la lunga pertica per spingere avanti la gondola. La prua arcuata dell’imbarcazione tagliava i riflessi tremolanti dei palazzi e dei visitatori assiepati sui marciapiedi, lasciando dietro di sé una scia che lambiva debolmente nere colonie di cozze d’acqua dolce.
    A intervalli regolari, l’umido ventre di pietra di un ponte passava sopra alle loro teste, e dai parapetti più di qualcuno seguiva invidioso il procedere dell’imbarcazione.
    Il giovane nobile del Nord non poté fare a meno di vergognarsi per i neri pensieri a cui si era lasciato andare per un attimo a colazione: gli sembrava di aver trattato da ingrato la sua buona stella, che invece continuava generosa ad allestirgli momenti come quello. Si ripromise di avere più fiducia, d’ora in avanti.
    Immerse le dita nell’acqua chiara del canale, assaporandone la vigorosa carezza sui polpastrelli. Era la seconda volta nella sua vita che sedeva su una barca, e di nuovo si stupì di quanto l’acqua fosse vicina, ci era letteralmente seduto dentro. Gli ricordava vagamente di quando da bambino si spingeva giù per le strade ghiacciate di Najaza su uno slittino di legno.
    « Guardate là, signorino! »
    Göstaff gli aveva appoggiato una mano sul braccio, e gli faceva cenno verso una delle basi del ponte sotto al quale stavano per passare. Guardando nella penombra, Kiryll scorse con sorpresa delle persone sedute sull’argine sotto all’arcata. A prima vista pareva stessero con le gambe immerse nell’acqua, ma mentre si avvicinavano vide che la metà inferiore dei loro corpi era un unico fascio di muscoli coperto da una pelle umida e lucente, come la coda di un serpente, o di un’anguilla. Quelli si zittirono, come se aspettassero che la gondola si allontanasse per proseguire una loro conversazione, e ricambiarono con espressione impenetrabile lo sguardo stupefatto di Kiryll. Avevano chiome corvine, volti abbronzati dai tratti inconsueti, e neri occhi a mandorla.
    Il ragazzo si mise a frugare nei ricordi delle sue lezioni di storia in cerca del nome di quella razza di uomini serpente, la terza stirpe della Laguna…
    « I Naga »
    « Già – confermò il suo precettore con tono discreto – noi stranieri tendiamo a dimenticare che nei bei canali di Selowen non nuotano soltanto le Sirene. Sono certamente meno pittoreschi, ma godono della protezione della Dama Azzurra esattamente tanto quanto Umani e Sirene. Ma è meglio se non li fissate, signorino... »
    Kiryll si rese conto che quelli che stava così spudoratamente osservando non erano una qualche sorta di bestia esotica, ma esseri intelligenti, persone. Mortificato, allontanò lo sguardo. Tuttavia, un brivido sulla nuca gli disse che quelli non erano stati altrettanto cortesi, e percepì distintamente i loro sguardi addosso mentre l’imbarcazione scivolava via.

    Per un’altra ventina di minuti la gondola con a bordo i quattro pensionanti del Giglio Rosso procedette lungo i canali di Selowen. Lo sguardo di Kiryll aveva finito per perdersi nel moto dell’acqua, e la sua mente si era allontanata dal presente assieme alla schiuma. Fu riscosso dall’ombra che calò sull’imbarcazione e dall’improvviso vociare da cui si sentì circondato. Alzò lo sguardo, e vide di trovarsi all’interno di un ampio capannone, affollato di gente presa dal proprio lavoro. Rajulma stava già saltando sulla banchina, mentre l’uomo che aveva dato loro un passaggio teneva ferma la gondola.
    « Grazie mille » gli sorrise Kiryll, mentre con la goffaggine dell’uomo di terra tornava al suo elemento (se così si poteva dire trovandosi in una città che poggiava interamente su palafitte). Un uomo e una donna accorsero verso di loro e si impadronirono di Meti, così che il ragazzo poté dare dei volti alle due voci sentite provenire dalla cucina poco prima.

    In un primo momento nessuno badò a lui e al suo precettore. Qualcuno degli operai alle prese con sgorbie e secchi di colla alzò un rapido sguardo su di loro, ma nulla più. La gente di Selowen (il ragazzo aveva avuto modo di accorgersene durante quei primi giorni di consegne) scherzava continuamente, tanto da un lato all’altro della finestra di un’osteria quanto mentre scaricava balle di merci da una zattera. Che quel cantiere non risuonasse di battute, ma solo di secche istruzioni sul lavoro, era il segno di quanto il clima fosse teso.
    L’ultima cosa che Kiryll voleva era pestare i piedi a qualcuno o anche solo dare l’impressione di poterlo fare, quindi cercò di assumere un’aria di impassibile attesa, e mosse alcuni passi misurati verso l’oggetto di tutta quell’attività: la barca per la sfilata.
    Si era, per qualche ragione, immaginato qualche tema legato al mare, una chiatta decorata con conchiglie giganti di cartapesta o qualcosa del genere… Invece, innanzitutto lo stupì quanto più elaborato delle sue aspettative fosse in realtà il carro, e in secondo luogo la scelta del soggetto, che del resto gli sfuggiva.
    Per quanto poteva vedere, era rappresentata a mezzo di sagome di legno disposte secondo un gioco prospettico, una città. Lenzuoli grigi sembravano rappresentare del fumo, o della nebbia, mentre corde verdi assieme a veri fiori freschi potevano suggerire che gli edifici, abbandonati, fossero stati riconquistati dalla vegetazione. Kiryll immaginò che alla maggior parte degli spettatori della sfilata avrebbe dovuto essere chiaro il riferimento di quell’allestimento, ma per lui restava del tutto oscuro. Interrogò il suo precettore, ma questi dovette ammettere che ne sapeva quanto lui. Entrambi si rivolsero, allora, a Rajulma, che stava aspettando assieme a loro che Meti terminasse di discutere con i due Rinelli.
    « Mi pare di capire che si tratti di una specie di città fantasma, è così? Ma cos’ha a che vedere con Selowen e la sua sfilata? »
    Non aveva terminato la sua domanda, che finalmente uno degli uomini al lavoro sull’imbarcazione danneggiata li chiamò a sé per farli rendere utili. Sbrigativamente distribuì guanti e grembiuli di cuoio di misure tutte sbagliate, e li istruì sul da farsi: c’era da vedere se parte del materiale danneggiato potesse essere ancora utilizzabile, perciò andava tutto passato in rassegna, buttato ciò che era irrecuperabile e messo da parte ciò che non lo era.
    Il ragazzo cercò di annuire con la sua massima serietà, come annuiva in silenzio alle istruzioni dei suoi maestri di scherma all'Accademia. Ma l'operaio non perse molto tempo ad assicurarsi che avessero capito, e tornò velocemente al suo lavoro. I tre si misero all'opera.
    I materiali erano i più disparati, a Kiryll si stringeva il cuore mentre sempre più si rendeva conto di quanta cura, e probabilmente quanto impiego di denaro, erano stati necessari per allestire tutto quello stucco, vetro colorato, piume… E amaramente vedeva il mucchio della spazzatura crescere mentre ben pochi pezzi potevano essere salvati.
    « Questo è come nuovo – esclamò Göstaff, sollevando per una delle dita un bel guanto di velluto nero – ma non mi pare di vedere il suo gemello… »
    « Già… ed è anche da uomo. Mi sembrava che tutti gli altri pezzi fossero appartenuti a figure di donne. Guarda, Rajulma. Non ti sembra che questo non facesse parte dell’allestimento? »
    La sensazione, del resto non ben giustificabile, di aver appena rinvenuto un indizio di quanto accaduto durante la notte dette un brivido al ragazzo. E realizzò, anche, solo in quel momento di come nessuno avesse mostrato, almeno apertamente, alcuna curiosità o apprensione riguardo alla violenza di per sé. Sembrava che tutto ciò che interessasse a Meti, e a Rajulma, e a tutta quella gente, fosse di rimediare in fretta al danno e di essere pronti per la processione. Lui stesso non aveva pensato ad altro.
    Ma quel brivido, ora, gli ricordò che qualcuno doveva per essere stato, con tutti gli interrogativi che questo fatto implicava.
     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    Con l'intenzione di cogliere ogni occasione che gli si para davanti lungo quel viaggio sempre pieno di sorprese, il giovane si gode il tragitto in gondola e la sua atmosfera magica, ammirando i giochi di luce sull'acqua, gli effetti ottici dei riflessi, e anche gli avventori -umani e non- che la festività pare aver richiamato in città.

    Giunti a destinazione, i due Nobiluomini del Nord osservano con curiosità quel che resta del battello allegorico, chiedendosi quale sia la chiave di lettura e il suo significato.

    « Mi pare di capire che si tratti di una specie di città fantasma, è così?
    Ma cos’ha a che vedere con Selowen e la sua sfilata?
    »

    « Si, esatto: si tratta della Città di Kisnoth... »

    Quando la domanda viene rigirata a Rajulma, quella sorride e comincia a rispondere, ma dal momento che venite richiamati all'ordine dai manovali per cominciare a darvi da fare, la spiegazione deve aspettare un secondo momento.

    « Come vi stavo dicendo, l'allestimento commemora l'attentato che Kisnoth ha subito più di un anno fa: l'attacco di quei demoni l'ha trasformata, per l'appunto, in una città fantasma... »
    racconta mestamente la Biondina, setacciando i detriti
    « I Fratelli Rinelli hanno anche perso il padre in quell'occasione, visto che si trovava nella Capitale per affari al momento dell'attacco... quindi è un tema molto sentito per tutta l'officina. »

    La ragazza non scende in ulteriori particolari sulla vicenda; dopotutto, anche se il Nord resta un Presidio molto chiuso e isolato dalle novità del mondo esterno, gli eventi della Notte di Kisnoth dovrebbero essere noti ormai a tutti sul Semipiano, anche solo a grandi linee o per sentito dire: è quasi impossibile non aver mai sentito parlare della più grande e tragica invasione che sia mai stata condotta su Endlos da parte di esterni al vostro mondo.

    « All'indomani della tragedia, Lady Galanodel -allora Alfiere Errante- e Lady Kalia -Alfiere Orientale come già sapete-, hanno preso l'impegno di fare giustizia per quanto accaduto, e hanno piantato il seme della speranza in quello stesso luogo di sventura, fondando un ordine di sentinelle volontarie - questo è rappresentato dai viticci e dai fiori che rinascono dalla città. »

    Intanto che il maschiaccio illustra le parti dell'opera e il loro significato, indicando il verde che germoglia dalle rovine, il lavoro prosegue...

    « Questo è come nuovo, ma non mi pare di vedere il suo gemello… »

    « Già… ed è anche da uomo. Mi sembrava che tutti gli altri pezzi fossero appartenuti a figure di donne. »
    sottolinea Kyrill, studiando il guanto trovato dal Precettore
    « Guarda, Rajulma. Non ti sembra che questo non facesse parte dell’allestimento? »

    Incuriosita dal ritrovamento, il maschiaccio si avvicina per recuperare il reperto ed ispezionarlo da vicino con aria piuttosto concentrata... e dubbiosa.

    « In effetti, l'ultima parte dell'allestimento -quella che è andata distrutta- consisteva in due figure femminili che si tendevano la mano: un angelo che planava dall'alto ad ali spiegate, e una sirena che sorgeva da uno stagno coperto di ninfee; erano modellate sui due Alfieri, perciò avevano vari livelli di lettura... »

    In chiave politica, potevano rappresentare un'ulteriore e più stretta collaborazione tra il Presidio Est e l'Isola di Laputa; in forma più poetica e astratta potevano simboleggiare il cielo e il mare, forze della natura in grado di sopravvivere a qualunque bruttura del mondo e fare rinascere la terra... A livello più particolare, c'era anche probabilmente qualche richiamo all'indole delle due Dame, ma questo solo in pochi avrebbero potuto discernerlo.

    « ...ma nessuna delle due figure aveva guanti. »

    Nonostante l'espressione della biondina si faccia accigliata e preoccupata per quella che è chiaramente una prova della scena del crimine, non sembra intenzionata a gettarsi nelle indagini... confermando l'impressione che il giovane Rampollo del Nord ha già recepito dall'atmosfera laboriosa del cantiere.

    Ora come ora, non c'è tempo per cercare un colpevole: ci sarà modo di allertare le autorità e dare la caccia ai responsabili dopo la sfilata, ma ora non c'è cosa più importante che riparare il battello allegorico... perché non ci sarebbe danno più grande e irreparabile che perdere l'occasione di partecipare alla competizione.

    In ogni caso, tra dubbi taciuti e chiacchiere riempitive, il lavoro prosegue: in un paio di intense ore di attività, mentre voi "scavatori" portavate a termine l'esame dei resti delle statue, i carpentieri hanno quasi finito di riparare la struttura vera e propria dell'imbarcazione, e una squadra sotto il diretto controllo dittatoriale di Meti è riuscito a ricreare il giusto impeccabile intreccio di viticci e fiori; dopo aver ciondolato da un gruppo all'altro per dare istruzioni a tutti sul da farsi, la Sirena torna finalmente da voi.

    « Come andiamo da questa parte? »

    Con un gesto piuttosto eloquente, Rajulma indica prima l'alta pila degli scarti e lo scatolone a compartimenti in cui avete suddiviso il salvabile tra i vari materiali che componevano l'allestimento, e l'artista si prende qualche istante per riflettere, contemplando la cosa... e probabilmente soppesando le possibilità che restano a quel punto per raggiungere un qualche risultato.

    « Qual'è la situazione? C'è alto che possiamo fare? »

    « Naturalmente, non c'è tempo per creare da zero due nuove statue... »
    mormora la fanciulla dai capelli verde mare, rendendovi partecipi dei suoi pensieri
    « ...ma potremmo chiedere alla boutique di Madame Trussardi di prestarci due manichini. »

    La Biondina rotea gli occhi e fa un mezzo sbuffo esasperato, ma non sapete dire se l'insofferenza sia dovuta alla boutique o all'eventuale proprietaria summenzionata; in ogni caso, l'altra la ignora e prosegue.

    « Per i vestiti, c'è sicuramente qualcosa che possiamo usare tra i vecchi costumi di scena di Monna Vinca. »

    « Ricevuto: vado a prenderli io! »

    Mentre Rajulma si libera dei guantoni e salta fuori dal grembiule da lavoro, Meti porta avanti in quella che è a tutti gli effetti una suddivisione dei compiti posando gli occhi verdi sul Mentore baffuto.

    « Poi, ci sono dei materiali da reperire in alcune mercerie di fiducia: ho pronta una lista e due ragazzi per fare da facchini... potrebbe occuparsene lei, signor Göstaff? »
    poi lo sguardo della Sirena si posa sul Rampollo e le sue labbra si schiudono in un sorriso
    « Kyrill, mi accompagneresti alla boutique? Mi servirebbe una mano con i manichini... »


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    Con tante scuse per il ritardo, a te la penna| :flwr:

     
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    l nome di Kisnoth, il viso di Göstaff si illuminò finalmente di comprensione per ciò che stava vedendo, e annuì gravemente alle parole che Rajulma rivolgeva loro mentre lavoravano. Per Kiryll invece la storia giunse nuova, o echeggiando al massimo qualche vaga notizia filtrata all’interno delle spesse mura dell’Accademia dove aveva trascorso gli ultimi anni. L’avvenimento suonava incredibile alle orecchie del ragazzo: che un’intera città subisse l’attacco di un’orda di demoni al punto da rimanere, nell’arco di una notte, deserta… Bastò un distratto esercizio di immedesimazione perché un brivido gli irrigidisse la spina dorsale. Provò a immaginare il terrore degli abitanti, e seppe che l’immagine che poteva evocare non doveva avvicinarsi nemmeno lontanamente all’atroce, terrificante realtà di istanti come quelli. Era troppo inverosimile, troppo lontano dalla quotidianità… Non avrebbe mai definito Najaza un luogo accogliente, ma se non altro vi si era sentito sempre del tutto al sicuro, finché vi era vissuto mai lo aveva sfiorato il pensiero che la sua vita potesse essere minacciata.
    Era stato lo stesso per gli abitanti di Kisnoth?

    Rajulma dedicò una veloce analisi al guanto trovato da Göstaff. Il ragazzo poté cogliere nel suo sguardo la conferma della propria stessa intuizione: quell’oggetto apparteneva a colui, chiunque fosse, che durante la notte si era introdotto nel cantiere e aveva devastato il Carro. Ma con un attaccamento alle priorità materiali così inflessibile da meravigliare il ragazzo, la bionda accantonò il discorso assieme al guanto, rimettendosi al lavoro. Kiryll sentì che se lei, ben più inserita di lui nell'ambiente della sfilata, si comportava in quel modo, sarebbe stato sciocco non fare altrettanto, e a sua volta non fece ulteriori commenti.

    In tutto ci vollero un paio d’ore perché la loro opera fosse compiuta. Durante quel tempo che lui, il suo precettore, e la ragazza del Giglio Rosso passarono gomito a gomito accovacciati attorno al mucchio di rottami, le gambe e le schiene sempre più indolenzite, Kiryll si chiese se non fosse il momento giusto per approfondire la conoscenza di Rajulma. Tutto ciò che sapevano di lei, in fondo, era che fosse originaria di Laputa, e che si fosse trasferita in città assieme a Meti non molto tempo prima. Ma quali ragioni, quali speranze, avevano condotto lì le due fidanzate? E come si erano conosciute? Era stata accettata facilmente la loro relazione dalle rispettive famiglie? L’abitudine nordica alla riservatezza non aveva fatto provare, al ragazzo, fino a quel momento una particolare curiosità per quei fatti privati delle due semi-sconosciute… ora però che aveva tempo di pensarci, sentì che doveva essere interessante poter conoscere la storia personale di qualcun’altro, con un passato probabilmente molto diverso dal suo.
    Tuttavia non voleva che l’altra, apparentemente così intenta nel loro compito, pensasse che lui si mettesse a fare conversazione per mascherare la stanchezza o per provare a indurre una pausa. E così, assecondando del resto in parte la propria indole, non le fece nessuna di quelle domande. Anzi rimase in silenzio, concentrato nel suo lavoro, e altrettanto fece Göstaff, che tuttavia da un certo punto in poi prese a dare drammatici sbuffi e a massaggiarsi la schiena.
    Meti li raggiunse che loro avevano appena finito di passare in rassegna tutti i pezzi.
    « Come andiamo da questa parte? », interrogò, ma non ci fu bisogno di risposta, perché lei stava già osservando con aria critica l’esiguo numero di ciò che avevano giudicato recuperabile. Rajulma le lasciò un attimo per riflettere, poi le domandò: « Qual'è la situazione? C'è altro che possiamo fare? »
    Naturalmente, c’era. Con la sicurezza propria di chi si sta muovendo nel proprio elemento, e con la ferma gentilezza di chi non è a disagio nell’assegnare compiti, Meti trovò per ognuno di loro tre una diversa maniera in cui si sarebbero potuti rendere utili, ora che i compiti di più bassa manovalanza erano stati svolti. Rajulma, spedita al Giglio Rosso per recuperare qualche abito di Monna Vinca, volò fuori dal cantiere.
    A Göstaff fu assegnata una coppia di facchini ed una lista di materiali da andare a ricomprare. L’uomo si gonfiò come se fosse appena stato nominato maresciallo e messo alla testa di un esercito di ventimila uomini.
    « Vado con piacere. Ho scoperto con soddisfazione che ricordo ancora la mappa di Selowen come se ci fossi stato appena il mese scorso. Ah… – mormorò poi fra sé – vingt ans ont volé… » E si diresse a fare la conoscenza dei due uomini di fatica. Ma fatti due passi fu evidentemente colto dal pensiero delle sue responsabilità, e voltatosi verso Kiryll: « Beh... suppongo che vostra madre non si aspetti che io vi tenga sempre attaccato alle mie sottane... Mi raccomando, non fate nulla che io non farei » e con una birbonesca strizzata d'occhio il nobiluomo si voltò definitivamente e si allontanò.
    Infine, la fanciulla dall’insolito colore di capelli si rivolse sorridendo al ragazzo: « Kyrill, mi accompagneresti alla boutique? Mi servirebbe una mano con i manichini... »
    Era una domanda retorica, naturalmente, e altrettanto naturalmente Kiryll era ben felice di prestarsi. Ricambiò il sorriso.
    « Ci andiamo a piedi o in barca? »



     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    Ricambiando il sorriso della ragazza, ben lieto di prestarsi ad un compito in fondo leggero e di poter al contempo tuffarsi ancora una volta nella città in festa, Kyrill ha una sola domanda da porre.

    « Ci andiamo a piedi o in barca? »

    « La boutique non è molto lontana, perciò direi che possiamo andare tranquillamente a piedi! »
    replica la Sirena, facendo strada verso una delle uscite
    « Conosco una scorciatoia per cui basta attraversare un paio di pontili... »

    Vi defilate dall'Officina da una parte diversa rispetto a quella da cui siete arrivati: oltrepassate delle doppie porte scorrevoli -"per carri, carretti, e carrozze", spiega Meti-, e vi ritrovate su un ponticello di legno che si immette su una strada abbastanza larga da permettere un fitto transito di turisti.

    ...ma proprio in fondo al pontile, fuori dal flusso della fiumana, il Rampollo del Nord avrebbe certamente notato un uomo grande e grosso, col volto coperto da una semplice maschera nera -un guscio ovale e senza lineamenti, con solo i buchi per gli occhi-, rivolto proprio verso la rimessa, come in attesa.

    Qualche operaio di un gruppo rivale? O magari un carpentiere forestiero, desideroso di apprendere l'arte degli artigiani cittadini? Non è dato saperlo, ma non appena l'uomo vi vede spuntare dall'ingresso dell'edificio lo vedete voltarsi e mescolarsi alla folla. Sospetto...

    In ogni caso, la fanciulla dai capelli verdemare non sembra averci badato; piuttosto, mentre ti guida fino alle banchine -quasi a livello dell'acqua lacustre- tramite alcune scalette defilate in una strada secondaria, sembra molto più interessata a chiacchierare: ti spiega un po' il progetto che intende ricostruire per la sfilata, ma soprattutto ti fa domande sul Presidio Nord, da cui provieni.

    Non è mai stata lì, e quel che ha letto di quella terra l'ha sempre affascinata; in fondo, ti è sempre parsa molto attenta ai numerosi aneddoti di Göstaff nei giorni passati, curiosa di conoscere qualcosa sui paesaggi selvaggi ed innevati, sugli usi e le tradizioni, su come vivete lassù... ma sentirlo dal tuo punto di vista -il punto di vista di un giovane- deve sicuramente aggiungere un quid diverso al tutto.

    « Madame Trussardi è una persona un po' stravagante... e molto dedita al proprio lavoro. »
    spiega Meti, quando siete in dirittura d'arrivo e ormai scorgete l'insegna del negozio
    « Il fatto è che ha un debole per i bei ragazzi, e quando ne vede uno si fa prendere dall'estro creativo, quindi non ti agitare se dovesse dire qualcosa di strano o comportarsi in modo un po' invadente. »
    ridacchiando tra sé e sé al ricordo, condivide con te un aneddoto
    « Dato il suo aspetto, fa così anche con Rajulma... e infatti lei la mal sopporta e cerca di averci a che fare il meno possibile: la prima volta che l'ha vista, ha cercato di vestirla da principe delle fiabe. »

    Con la scoperta di queste nuove e poco edificanti informazioni -che la Sirena ti ha scaltramente taciuto fino all'ultimo-, aspetti l'inevitabile incontro preparandoti al peggio e iniziando a preoccuparti un po', ma... quando varchi la soglia del negozio tallonando la tua amica, la persona dietro al bancone, che si alza e vi si fa incontro per accogliervi non è la signora estrosa che ti eri figurato nella tua mente, bensì un ragazzo alto e longilineo, dai capelli di una curiosa tonalità lilla -sormontati da alcune ciocche più scure-, con un ciuffo che gli copre un occhio.

    « Buongiorno, Signori! Come posso aiutarvi? »
    « Oh, buongiorno! Siamo qui per conto dell'Officina Rinelli, e cercavamo Madame Trussardi... »
    « Sono veramente spiacente, ma Madame non c'è: ha il grande onore di vestire la Dama Azzurra quest'oggi, quindi sarà via tutto il giorno... »

    ...e così, mentre la sua datrice di lavoro assiste all'inaugurazione del Carnevale da dietro le quinte -una posizione privilegiata-, quello che deve essere il suo apprendista è confinato in negozio; si capisce dal suo tono un po' mesto che -comprensibilmente- avrebbe voluto avere anche lui una simile occasione d'oro, ma per il Rampollo del Nord è forse meglio così: forse, la sua buona stella ha deciso di risparmiargli un brutto quarto d'ora. Intanto, il giovanotto è tornato dietro al bancone e sta sfogliando un voluminoso registro, alla ricerca di qualcosa... ma evidentemente senza trovarlo.

    « Avevate qualche ordinazione da ritirare? Forse sotto un nome diverso da "Rinelli"? »
    « No, nessun ordine: volevamo chiedere un favore a Madame; ci servirebbero dei manichini. »
    « Oh... Dei manichini...? »
    « Sì, per la sfilata! Potreste prestarceli? Ce ne servono solo uno e mezzo... »
    « ...m-mezzo? »
    « Sì, un busto. »
    « Ah... ecco... non saprei... »
    « Oh, per favore! La prego! È un'emergenza! »

    Le mani giunte di Meti, lo sguardo supplichevole e il tono accorato della sua richiesta sono certamente qualcosa in grado di sciogliere un ghiacciaio, e se Kyrill si sarebbe potuto sentire in difficoltà già solo ad assistere alla scena, figurarsi ad esserne il destinatario! Infatti, il povero apprendista annaspa in evidente difficoltà: si vede che deve essere un tipo dal cuore tenero, ma si tratta pur sempre di disporre di qualcosa che non è suo... però la ragazza sembra davvero disperata... e poi ha parlato di un prestito... e poi l'Officina dei Rinelli è rinomata, e non certo per aver fama di truffatori... e poi si tratta solo di due manichini: Madame potrebbe non accorgersene neppure...

    « ...f-forse ce n'è qualche v-vecchio modello inutilizzato... nel... nel magazzino... sul retro...
    Possiamo provare a darci un'occhiata, ecco... m-ma non posso garantire niente!
    »

    Puntando un indice verso la porta del retrobottega, il giovanotto cede alla violenza all'opera di persuasione, ma ribadisce quell'ultima frase a mo' di protesta, come se volesse declinare ogni responsabilità nel caso in cui le aspettative delle ragazza dovessero finire disilluse; tuttavia, la gioia con cui la fanciulla esulta e il sincero sollievo con cui si spertica in ringraziamenti lasciano intendere che è più che soddisfatta così.

    Dal momento che il povero apprendista non può chiudere arbitrariamente il negozio né lasciarlo incustodito, per evitargli eventuali guai,a Kyrill viene chiesto di restare a fare da piantone mentre lui accompagna Meti nel famoso magazzino; dopotutto, il ragazzo coi capelli viola ha parlato del retro: quanto può essere lontano? Non dovrebbero metterci molto...

    I due varcano la soglia del retrobottega, chiudendo il battente dietro di loro, e nel silenzio che cala nel negozio -interrotto solo dal vociare distante della folla per le vie, e dallo sciabordare lontano dell'acqua nei canali-, il Rampollo del Nord può passare il tempo ciondolando tra i modelli in esposizione, sia maschili che femminili, magari pensando a qualche futuro acquisto.

    Un bel completo per ringraziare Göstaff della sua presenza e guida in quel viaggio avventuroso... Un bel vestito sontuoso alla moda Orientale, da portare a sua madre il giorno in cui farà ritorno da lei a Najaza che sarebbe l'invidia di tante matrone... Qualche farsetto nuovo con cui spiccare tra i tuoi ex-compagni dell'Accademia Militare... Un paio di guanti ricamati da offrire in dono a quella donzella che ti piaceva...

    « AAAAHHH! AIUTOOOH! QUALCUNO CI AIUTII!!! »

    Quando quel grido di allarme squarcia il silenzio, oltre a trasalire per la sorpresa, al Nobiluomo del Nord non resta che catapultarsi oltre la porta del retrobottega trovandosi davanti il laboratorio dell'atelier: si tratta di un camerone pieno di divisori, macchine per cucire, manichini abbigliati con modelli in lavorazione, mobili con scomparti pieni di nastri, rocchetti di filo, ganci e bottoni, e rotoli di stoffe colorate a ricoprire un'intera parete; tuttavia, non c'è nessuno in vista.

    « AAAAHHH! »

    Un nuovo grido gli indica la via, e così Kyrill prosegue verso la porta dell'uscita posteriore, ancora spalancata, da cui sente provenire rumore di passi che si allontanano di corsa; al suo arrivo, però, trova solo il giovane Sarto seduto a terra insieme ai due manichini, con le gambe lunghe e tremanti e nel mezzo -conficcato nella coda del soprabito e nella pavimentazione- un pugnale da lancio che deve essergli stato lanciato contro a mo' di monito dall'aggressore.

    Visibilmente scosso e pallido in viso, l'Apprendista si volta verso il nuovo arrivato e tende l'indice verso uno dei vicoli che si defilano dalla stradina... verso quella che hai ormai imparato essere la direzione del porto.

    « T-tre tizi... Tre tizi grossi e con delle maschere nere ci hanno attaccato e... e hanno preso la ragazza! »
    senza riuscire a controllare il tremito delle ginocchia, il ragazzo cerca di rigirarsi per rimettersi in piedi
    « Oh, mamma... devo... devo chiamare le guardie...! »

    ...che è certamente un'ottima idea, ma tu non puoi rischiare di perdere le tracce dei rapitori di Meti: con tutto il via-vai che c'è in città nel primo giorno di festa, sei piuttosto sicuro che fino all'intervento delle autorità i malviventi potrebbero già essersi dileguati... magari potrebbero persino riuscire a lasciare la città. Non puoi permetterti di attendere. Devi correre!


    Info-Box

    Plot!Twist :geezy: Meti è stata rapita! E hai una direzione da seguire: ora si passa all'azione! :X3:
    Dovrebbe essere tutto abbastanza chiaro, ma se ci sono domande di sorta, scrivimi pure in privato :grab:

     
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    na doccia di ghiaccio sulla testa, le budella attorcigliate e fredde, i polmoni paralizzati, come se non respirare significasse rifiutarsi di riconoscere quel drastico cambiamento nella giornata, fino a un minuto prima piacevole. Conosceva quella sensazione, la provava da bambino ogni volta che combinava un guaio davvero grosso. Un battito di ciglia, e se ne rendeva conto: realizzava che la freccia aveva lasciato l’arco, che non si poteva tornare indietro. Ecco, quella era la cosa peggiore. Le cose erano precipitate, ma chiudere e riaprire gli occhi per tre volte non lo avrebbe riportato indietro. Era successo qualcosa di brutto, qualcosa che probabilmente non si poteva risolvere, e basta.
    Non che fosse colpa sua, questa volta. Anche se, con il senno di poi…

    Con il senno di poi, quell’individuo mascherato appoggiato a braccia conserte al parapetto del ponticello di legno avrebbe dovuto metterlo in allarme. Con il senno di poi, avrebbe dovuto dare ascolto al presentimento che, mentre tutta la città quel giorno indossava maschere per divertimento, quell’uomo lo faceva per un motivo diverso. Lo aveva letto nel linguaggio dei movimenti con cui, al loro apparire, si era dato una lieve spinta con la larga schiena muscolosa, si era voltato, ed era sparito fra la folla.
    Con il senno di poi, chiunque avrebbe messo in relazione la presenza di quel tizio con ciò che era accaduto nella notte proprio in quel luogo, e ne avrebbe ricevuto una sensazione fin troppo inquietante.
    Eppure, Kiryll non aveva avuto il coraggio di mostrarsi preoccupato. Il disinteresse con cui poco prima Rajulma aveva liquidato la scoperta del guanto gli aveva fatto pensare che nessuno, in quel momento, fosse dell’umore di assecondare le sue suggestioni.
    Ma era davvero quella la sola ragione per cui aveva accantonato il pensiero del pericolo?
    Proprio in quel momento Meti gli stava facendo una domanda sul Presidio Nord… una domanda per la quale lui aveva già sulla punta della lingua una risposta divertente e interessante, gli venivano proprio le parole giuste per descrivere quel particolare costume settentrionale, un costume del resto davvero peculiare, che di certo avrebbe affascinato la sua accompagnatrice. Davvero doveva interromperla per indicarle un punto fra la folla dove neppure si vedeva più nessuno? E dirle cosa? Che dall’altra parte del ponte aveva visto un tizio mascherato? Ma se erano tutti in maschera! Sarebbe risultato semplicemente ridicolo, in quel momento ne aveva avuta l’assoluta certezza.
    Aveva pensato questo: che per il momento avrebbe lasciato che Meti finisse la sua domanda, le avrebbe risposo, avrebbe continuato a camminare con lei. E poi, in seguito, quando l’argomento si fosse naturalmente concluso, avrebbe fatto cenno a quell’individuo, col tono di un’osservazione casuale, ma al tempo stesso pronto a prendere la cosa sul serio se lei avesse reagito con preoccupazione. Era quello il modo migliore di comportarsi.
    Ma poi la sua risposta era stata così ben formulata, e l’interesse di Meti così catturato, che la ragazza aveva iniziato a fare alte domande, e lui a sentirsi sempre più a suo agio. Non aveva mai sostenuto una conversazione così brillante con un suo coetaneo, da solo. E poi in un contesto come quello! Stava camminando per le vie di Selowen, la Città d’Acqua, una delle Sette Sorelle dell’Est, in compagnia di una piacevole fanciulla, la sua bella spada al fianco, e le parole gli salivano alle labbra con straordinaria naturalezza. Era felice! Era quasi in fibrillazione! Si sentiva un adulto, un viaggiatore. Naturalmente, l’ultima cosa al mondo che avrebbe fatto in quel momento sarebbe stata di far cenno a quell’inconsistente presentimento. E poi, non sarebbe sembrato stupido da parte sua tirarlo fuori così in ritardo? Ormai aveva taciuto nel momento in cui lo aveva visto, e non poteva far altro che lasciar perdere.

    Stupido. Stupido. Che bambino, che fatuo!
    La sua mente razionale annaspava, mentre dalle profondità del suo animo iniziava a salire come una marea l’accusa verso sé stesso.
    Il commesso della sartoria era seduto a terra, pallidissimo. Probabilmente il viso di Kiryll non doveva essere molto più colorito. Il giovanotto gli stava indicando con un dito tremante la direzione verso cui Meti doveva essere stata portata via, un vicolo stretto, orientato verso il porto.
    Perché tutto non poteva continuare ad andare bene? Gli venne voglia davvero di chiudere gli occhi per provare a tornare all’istante, poco prima, in cui stava ciondolando fra i modelli del negozio, la testa leggera, fantasticando sulla gratitudine che avrebbe potuto conquistarsi in questo o in quella facendo loro dei regali… L’impressione di quel momento, il momento prima dell’urlo, gli sembrava ancora così presente!
    « T-tre tizi... Tre tizi grossi e con delle maschere nere ci hanno attaccato e... e hanno preso la ragazza! Oh, mamma... devo... devo chiamare le guardie...! »
    La voce del commesso in qualche modo lo riscosse. Era successo qualcosa di brutto, e basta. NON si poteva tornare indietro. Però poteva reagire, doveva reagire. Le cose forse si potevano recuperare.
    L’adrenalina sfondò la diga ed entrò in circolo, ricacciando la scura marea dello sconforto. I suoi sensi si acuirono, la mente si svuotò, il sangue affluì a braccia e gambe, era pronto all’azione.
    « Si, chiamate le guardie. Io li inseguo »
    Un’informazione probabilmente superflua, dal momento che il ragazzo del Nord si era già lanciato nel vicolo.
    Dannate calli di Selowen! Non aveva fatto dieci passi di corsa che la viuzza svoltava ad angolo retto, sbucava su un minuscolo cortile, e proseguiva oltre un sottoportico strettissimo. Per fortuna almeno non si vedeva anima viva che gli potesse tagliare la strada, in quel quartiere defilato: tutti si erano ammassati lungo i canali principali, in attesa della sfilata. Tuttavia, come ne sarebbe stato rallentato lui, così sarebbe stato per i rapitori, che tra l’altro stavano anche trascinando una ragazza. No, non era una fortuna che il quartiere fosse deserto.
    Quanto tempo poteva aver perso? Pochissimo, ne aveva la confortante sensazione. C’era stato il primo urlo dell’apprendista, poi il secondo, lui era corso nel retrobottega vuoto, lo aveva attraversato senza esitare, mentre probabilmente nel frattempo i tre avevano ghermito la ragazza senza difficoltà. Quando era uscito dal retro e aveva visto il giovanotto a terra, aveva sentito il rumore dei loro passi di corsa. Tutta la distanza che c’era fra di loro e lui erano i secondi che aveva perso a contemplare inorridito l’evidenza… Ma si trattava solo del tempo che ci aveva messo il commesso a ritrovare la voce, non poteva essere molto! Se correva davvero velocemente…
    Sbilanciò tutto il peso del corpo in avanti, se ora qualcuno o qualcosa gli fosse finito in mezzo ai piedi sarebbe di certo caduto, e si sarebbe probabilmente fatto male. Ma era l’unico modo per recuperare la distanza. E infatti superata un’altra svolta fu sicuro di sentire un rumore di passi in corsa! Non li aveva persi.
    Se ne avesse avuto la lucidità, avrebbe ringraziato mentalmente l’allenamento all’Accademia, l’ora di corsa che ogni mattina i loro istruttori gli facevano fare nel cortile, spesso sotto la neve, con l’aria gelida che gli bruciava i polmoni. Almeno adesso si sentiva di avere fiato da vendere.
    Per un attimo si chiese se non fosse il caso di chiamare aiuto. Ma chi poteva accorrere? Piuttosto forse poteva sperare di cogliere di sorpresa i rapitori, se avesse evitato di mettersi a urlare.
    La strada continuava a snodarsi fra mille curve e strettoie, a volte doveva puntellarsi a palmi aperti sui muri di mattoni che gli si paravano all’improvviso davanti, e la sensazione della loro porosità per un attimo gli riempiva i sensi. Continuava a sentire i passi dei rapitori sempre appena oltre la svolta successiva... Ma l’importante era non farsi seminare.
    Avrebbero pur dovuto fermarsi, prima o poi!
     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    « Si, chiamate le guardie. Io li inseguo »

    Nelle parole che affiorano alle labbra del giovane Rampollo del Nord c'è tanta risolutezza quanta è la spaurita perplessità che appare sul volto pallido del povero Sarto: a giudicare dalla sua aria tremebonda, è piuttosto evidente quanto riluttante sia al solo pensiero di esporsi in prima persona al pericolo e alla violenza di uno scontro...

    ...e tuttavia, ben lungi dallo scoraggiare l'eroismo del suo coetaneo -che con naturalezza esibisce una spada al proprio fianco e sembra prontissimo ad usarla se necessario-, il giovanotto dai capelli violacei si limita a rivolgergli un'occhiata preoccupata, e una sincera raccomandazione.

    « B-beh... Ok, m-ma fate attenzione...! »

    Mentre l'apprendista di atelier urla quelle parole di supporto, subito prima di scomparire all'interno del laboratorio per cercare aiuto nei viali principali, Kyrill si è già lanciato all'inseguimento dei malviventi: oltre l'imboccatura del vicolo, la viuzza svolta seccamente in una curva a gomito dopo appena pochi metri, cosa che non gli permette di cogliere una chiara visuale dei rapitori in fuga.

    In ogni caso, non c'è da essere disfattisti: in quelle stradine anguste, il percorso sembra essere quasi obbligato; il fatto che non ci siano testimoni in giro significa che nessuno può aiutarti o indirizzarti verso la tua meta... ma questo vuol dire anche meno ostacoli sul tuo cammino, una cosa che -a fronte del tuo rigoroso addestramento militare- è certamente vantaggiosa per recuperare il distacco.

    Naturalmente, la quiete che regna nelle case -rimaste vuote in risposta al richiamo della sfilata- amplifica i rumori prodotti dai tuoi bersagli, permettendoti di orientarti meglio... e la tua scelta di tacere per aumentare le chance di prenderli di sorpresa sembra ripagarti quando, raggiungendo la fine di una claustrofobica strettoia, giungi finalmente in vista dell'obiettivo.

    I tre rapitori -tra cui non sai distinguere quello che hai visto all'uscita dall'Officina Rinelli- hanno raggiunto il bordo di un canale, dove vedi essere in arrivo un'agile e snella gondola, guidata da un quarto omone con la medesima "divisa" degli altri: ognuno ha il volto coperto da una semplice maschera nera, corredata da una mantella beige tanto anonima quanto lisa, che non permette di distinguere troppi dettagli del loro vestiario.

    Il più vicino è ad appena una dozzina di metri da te, e potresti certamente riuscire ad essergli addosso in un lampo; il problema è che, mentre quello più lontano è indaffarato e scambiar esortazioni in una lingua che non conosci con il barcaiolo -probabilmente incitandolo ad avvicinarsi e a far presto-, e quello nel centro cerca di immobilizzare insieme con un pezzo di fune le caviglie della ragazza che si è buttato rudemente in spalla -e che, già imbavagliata e con i polsi legati, continua a dimenarsi e scalciare per protesta-, quello delegato alla retroguardia si accorge di te non appena sbuchi allo scoperto.

    « Abbiamo visite. » gli senti dire, mentre sguaina dal fodero alla cintola una spada corta, pronto a riceverti.
    Il primo si volta a scoccare un'occhiata, e anche se non capisci l'idioma con cui borbotta qualche parola aspra, riconosci un certo sollievo in quello che pronuncia poco dopo in lingua comune « È da solo. » -che, in effetti, dal loro punto di vista è un buon motivo per sentirsi sollevati- « Liberatene alla svelta: il Capo ha detto di non lasciare la città il più in fretta possibile. »

    Naturalmente, non hai idea di chi sia il loro "Capo" -anche se non fatichi a visualizzare nella tua mente l'immagine dell'uomo Mascherato nel vicolo, il giorno del tuo arrivo a Selowen-, ma non hai il tempo di preoccupartene... perché l'energumeno in retroguardia si getta verso di te, pronto ad ingaggiare battaglia.


    Info-Box

    Dopo una rilassata introduzione all'ambientazione di Selowen, ho pensato di includere nell'ingresso del tuo PG un breve tutorial di combattimento :woot: Se non ricordo male, dovresti avere già un'infarinatura del sistema di gioco da esperienze precedenti, quindi mi scuso se questa introduzione potrà suonare ripetitiva - ma dare una rinfrescata non fa mai male :flwr:

    Il nemico è davanti a Kyrill, e ciò vuol dire che stai entrando in una situazione di combattimento.
    Perciò, esiste una serie di elementi da tenere a mente e in ordine, a cominciare dal tuo prossimo post. :win:

    Nei contesti di Duello (Player VS Player) il Regolamento è applicato con maggior rigore, e ci sono alcuni elementi in più a cui prestare attenzione, mentre negli Scontri (Player VS PNG) le cose sono più semplici.
    Quindi, iniziamo per gradi.


    Spoiler: Alla fine di ogni post di combattimento, va inserito uno specchietto riportante tutti i Dati Tecnici in Off-Game, per riassumere lo status psicologico e fisico del personaggio, e le azioni da esso intraprese: le ferite subite, il suo stato d’animo, ma soprattutto le energie rimastegli, le passive di cui tenere conto, l’equipaggiamento in uso, e le tecniche effettuate in quel round.

    Slot Attivi: Ciascun giocatore può effettuare un massimo di 2 Tecniche nel corso di un singolo turno, sia che queste derivino dai poteri del personaggio, da pezzi del suo equipaggiamento o da eventuali Companion; naturalmente, tutto va fedelmente riportato nello Specchietto/Spoiler di cui sopra.
    Toccando a te il primo turno, ti viene concesso quello che è universalmente ritenuto un vantaggio strategico, perché nei turni a seguire -quando inizierà il ping-pong con gli avversari- dovrai ripartire i due slot-tecnica tra attacco e difesa, mentre aprendo tu le ostilità hai la rara opportunità di combinare due tecniche per rendere l'offensiva più incisiva. :sisi: Tocca a te, dunque: prova ad attaccare! :flwr:
     
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    L’
    ennesima strettissima calle terminava bruscamente sul marciapiede a bordo di un canale che tagliava la strada ad angolo retto, tanto bruscamente che Kiryll rischiò di cadere di slancio nell’acqua torbida. Quel continuo fermarsi e ripartire lo stava sfiancando, inspirò una boccata d’aria cercando di mantenere regolare la respirazione e contemporaneamente cercò di capire se rimettersi a correre verso destra o verso sinistra.
    E invece, con sorpresa, si rese conto che non era necessario: l'inseguimento era finito; loro erano lì.
    Tre figure massicce, alte, muscolose: se non si trattava degli stessi dell’altra mattina, appartenevano allo stesso genere di gente, uomini robusti e violenti. Uno di loro, se non altro, doveva essere lo stesso che era stato in attesa fuori dalla rimessa navale: il ragazzo riconobbe lo stesso anonimo manto beige, e la stessa semplice maschera nera, che celava i lineamenti di tutti e tre.
    In ogni caso, in quel momento per il giovane non c’era alcun dubbio che lo sconosciuto nel vicolo, gli sgherri che minacciavano Rajulma, il sabotaggio, la spia, il rapimento… fossero tutti risvolti di una stessa vicenda. Una vicenda, certo, che a lui era completamente oscura, ma che non c’era comunque il tempo di chiarire.
    C’era, la vide subito, anche Meti: la ragazza si divincolava e lanciava mugolii soffocati da un bavaglio, gettata come un carico qualunque di traverso la spalla di uno dei suoi rapitori, il quale riusciva facilmente a tenerla ferma e allo stesso tempo a cercare di legarle le caviglie.
    E ce n’era un quarto, che si stava avvicinando: vestito allo stesso modo, spingeva avanti lungo il canale un’imbarcazione verso il punto dove gli altri si erano fermati ad aspettarlo. Evidentemente i quattro si erano dati appuntamento lì, e progettavano poi di allontanarsi via acqua. Ma verso dove?
    Per un secondo Kiryll si illuse di poter agire come se non fosse stato visto, di piombar magari loro addosso di sorpresa, o comunque di avere qualche istante di tempo per decidere come sfruttare il proprio vantaggio. Poteva davvero sperare di sopraffarre quattro uomini come quelli da solo? E non c’era il rischio che Meti restasse ferita nella colluttazione? Non era forse meglio provare a seguire le mosse della gondola di nascosto, una volta che si fossero imbarcati, e provare magari ad affrontarli una volta che fossero passati attraverso una zona meno deserta? Non era mica possibile che lasciassero Selowen come fantasmi!
    Ma era letteralmente impossibile che non lo vedessero, sbucato com’era all’improvviso dall’angolo della calle, su quello stretto marciapiede che correva dritto e deserto lungo la retta del canale. E infatti lo videro tutti.
    L'ultimo, il più vicino, commentò: « Abbiamo visite », e come logica conseguenza di quell’affermazione in un attimo aveva già fatto balenare in mano una spada corta.
    L’adrenalina prese a pompare ancora più forte, il cuore gli dette un sussulto, ma lui portò l’attenzione sul respiro per mantenere la calma.
    Per quanto ingenuo potesse essere, il giovane nobile del settentrione non si illuse neanche per un istante che quella situazione potesse essere risolta a parole. I quattro si sentivano, ed erano, padroni della situazione, erano a un passo dal riuscire nel rapimento; lui era da solo, e non aveva modo di minacciarli o convincerli. Non dedicò neppure una minima parte della sua concentrazione al pensiero di qualcosa da dire: serio, silenzioso, portò a sua volta la mano alla spada, e la estrasse dal fodero con il movimento pulito che con infinite ripetizioni aveva perfezionato all’Accademia. La lunga lama nordica, oliata con cura ogni sera perché non facesse ruggine e non perdesse il filo, mandò un bagliore nella luce di quello che doveva essere ormai quasi mezzogiorno.
    « Liberatene alla svelta: il Capo ha detto di non lasciare la città il più in fretta possibile. »
    A Kiryll parve che a parlare fosse stato il più lontano da lui, ma non poteva esserne sicuro, perché tutta la sua attenzione era concentrata su ogni più piccolo movimento di quello che lo stava affrontando arma in pugno.
    E così, gli altri non si degnavano di interrompere la loro attività solo perché quel ragazzo li aveva raggiunti. Aveva un solo avversario, per il momento.

    Aveva un avversario. Un avversario. Un nemico. Quell’uomo davanti a lui, di cui non conosceva neanche il nome, con cui non aveva, e non avrebbe, nemmeno scambiato una parola, gli sarebbe fra qualche istante venuto incontro, e avrebbe provato, con la spada che stringeva in pugno, a ferirlo, forse anche a ucciderlo. E lui… avrebbe fatto lo stesso. “Proprio come durante l’addestramento”, avrebbe potuto dirsi, non fosse stato che per quel dettaglio di ferire e uccidere. Kiryll sapeva che, nonappena avesse fatto la prima mossa per ingaggiare il combattimento, sarebbero entrati in gioco gli automatismi che i suoi istruttori gli avevano inculcato a suon di quotidiane ripetizioni. Allora il suo braccio avrebbe preso come vita propria, avrebbe cercato di andare a segno, indifferente al fatto di reggere stavolta una lama mortalmente affilata invece che una da allenamento.
    Non gli si gettò subito addosso, e in un angolo della sua mente, per il resto tutta assorbita dal controllare le movenze dell’avversario, riuscì a riflettere ancora un istante su cosa convenisse fare. Il suo scopo era, naturalmente, liberare Meti, metterla in salvo. Ma come? Affrontandoli tutti a uno a uno e mettendoli fuori combattimento? Ammesso che ci fosse riuscito col primo, e ammesso che ce l’avesse fatta in tempo prima che gli altri tre si dileguassero, a quel punto i rimanenti avrebbero smesso di sottovalutarlo e avrebbero di certo deciso di sopraffarlo tutti assieme.
    Era successo, qualche volta, che il maestro d’armi gli avesse mandato contro tre cadetti meno esperti di lui per fare una dimostrazione di combattimento in disparità numerica… e un paio di volte era anche uscito vincitore. Ma stavolta la posta in gioco non erano i complimenti dell’istruttore, e quelli non erano cadetti meno esperti di lui.
    Piuttosto, forse, tentare il tutto per tutto era la sua unica vera possibilità…
    Ripensò all’episodio di qualche giorno prima, quando lui e Göstaff erano arrivati per la prima volta al Giglio Rosso, a come Rajulma era riuscita facilmente a disarmare e a sfuggire all’accerchiamento di quegli sgherri. Allora il ragazzo aveva avuto l’impressione che si trattasse, più che di veri guerrieri, di bravacci grandi e grossi, sì, ma privi di un vero addestramento. E se… E se fossero stati davvero, tutto sommato, dei “cadetti meno esperti di lui”?
    Naturalmente non soppesò tutto questo come avrebbe fatto a mente fretta in una situazione di calma, ma l’intero ragionamento attraversò la sua mente in un unico lampo.
    Il tempo a sua disposizione era terminato, se lo sentiva: se voleva essere lui a fare la prima mossa non poteva indugiare oltre. Lanciò un’ultima occhiata alla scena: l’uomo che aveva sfoderato la spada gli sbarrava la strada, non c’era modo di aggirarlo su quello stretto passaggio. Subito dietro di lui, gli altri due aspettavano l’arrivo della gondola, che però non li aveva ancora raggiunti. Da lì non poteva vedere se ci fossero altre calli che sbucavano sul canale, per quanto ne sapeva la via che aveva percorso era l’unico accesso nei paraggi.
    Non poteva, decise, perdere tempo a duellare con l’avversario. O se ne sbarazzava in pochi istanti, o era tutto inutile. Lo avrebbe travolto, e non c’era da farsi scrupoli: più gravemente lo feriva, più quello avrebbe smesso di essere una minaccia. Meglio di tutto se fosse anche caduto in acqua, sgombrando la strada. E poi doveva essere addosso agli altri prima che avessero il tempo di capire cos'era successo.

    Quando scattò, il suo movimento fu fulmineo: si avvicinò in pochi rapidi passi, portando anche l’altra mano all’impugnatura della spada, e tenendo la lama bassa, di fianco, per non far prevedere da dove sarebbe arrivato il colpo. La sua arma era lunga almeno il doppio di quella dell’avversario, poteva brandire l’attacco senza entrare all’interno della sua portata. Gli si fece incontro con violenza, voleva essere come la scure che spaccava in un solo colpo i ciocchi di legno.
    Che cosa vedeva, l’altro? Vedeva solo un ragazzino ben vestito che per combinazione si era ritrovato una spada al fianco e che ora provava a fare l’eroe? Oppure vedeva un guerriero perfettamente addestrato che stava per replicare su di lui i gesti di un esercizio durato sette anni? Oppure… ancora qualcos’altro?
    Kiryll sapeva che poteva farlo. Che poteva terrorizzare il proprio avversario. Ci aveva messo un po’ a rendersene conto, ad accettarlo, a padroneggiarlo. Mai a capirlo. Però era così, e anche quella volta ci provò. Era la prima volta che davvero avrebbe potuto fare la differenza, questa volta era importante. Contava che l’uomo venisse paralizzato per un attimo dal panico, appena prima che il colpo piovesse su di lui, cogliendolo impreparato, abbattendolo nel suo terrore.
    All’ultimo, tese i muscoli e caricò il colpo da destra, in modo che il muro delle case alla sua sinistra non lo intralciasse: la spada compì un arco in diagonale dall’alto verso il basso, diretta al collo dell’uomo mascherato. Quello poteva fare solo due cose: indietreggiare, o parare. Ma Kiryll aveva messo in quel colpo tutte le sue forze, tutte le energie del suo corpo che sentiva di padroneggiare in quel momento, e una comune parata non sarebbe bastata per arrestarlo. Quanto a scansarsi, l'avversario avrebbe dovuto dimostrare una grande prontezza di riflessi, visto che gli si stava facendo incontro a sua volta, probabilmente senza prevedere un attacco così violento e fulmineo. E, in ogni caso, il ragazzo sperava che quello cadesse vittima del misterioso spavento che sapeva instillare, e non reagisse affatto.
    Era azzardato, investire così tanto nelle prime battute di uno scontro, soprattutto quando sarebbero poi restati altri tre nemici da affrontare. Ma quello era il più importante, quello che si frapponeva fra lui e Meti. Se fosse riuscito a liberarla subito, poi avrebbe sempre potuto mettersi sulla difensiva e risparmiare le forze, lo spazio stretto lo avrebbe favorito.
    Ma il tempo dei ragionamenti era finito. Presto sarebbe schizzato del sangue, lo sapeva, e le cose avrebbero iniziato a succedere molto velocemente.



    CITAZIONE

    Stato fisico di Kiryll: Illeso
    Stato mentale di Kiryll: Concentrato
    Energia: 50% [100% -10% -40%]

    Equipaggiamento in uso:
    • Spada bastarda – arma a una mano e mezza

    Poteri passivi:
    • Aura misterica – passiva di Malia
    A prima vista Kiryll è un ragazzo assolutamente normale, per niente impressionante. Un viso che non si è ancora lasciato del tutto alle spalle i tratti infantili dell'adolescenza, occhi calmi, barba rasata. Atteggiamento calmo, più incline al silenzio che alla spacconeria. Fisico robusto da spadaccino, ma non un colosso.
    Eppure, la maggior parte delle persone che entrano in contatto con lui non possono fare a meno di sentirsi a disagio. C'è qualcosa in questo ragazzo che ha fatto rizzare i peli a più di un guerriero stagionato del Nord. Niente di spiegabile, niente a che vedere con un'ipotetica "calma inquietante" o "sguardo che mette a disagio". E' più una sensazione animale, come se l'istinto mettesse in guardia da qualcosa di invisibile. Più di una volta il ragazzo ha scoperto con sua stessa sorpresa di poter intimidire qualcuno per convincerlo ad assecondare la sua volontà, anche se non se lo sarebbe mai aspettato. In combattimento i suoi avversari sono sempre sulle spine, nervosi, come se dovesse succedere qualcosa di spiacevole da un momento all'altro. E questo non aiuta a concentrarsi su quello che effettivamente sta accadendo.


    Azioni
    SLOT 1: • Spavento e terrore – consumo medio (-10%), paralizza il nemico nel terrore.
    Con la pratica, Kiryll ha imparato che gli è possibile, per qualche ragione, instillare nel suo avversario un subitaneo sgomento semplicemente volendolo. I suoi compagni di allenamento all’Accademia lo descrivono come un irrazionale moto di orrore paralizzante che si impadroniva di loro, rendendo quasi impossibile reagire agli attacchi. I più sensibili affermavano di intravedere sovrapposta al suo volto come una maschera fumosa, dai tratti terrificanti...

    SLOT 2: • Cuore, mente, braccio, spada – consumo critico (-40%), attacco fisico.
    In oltre dieci anni di addestramento marziale Kiryll ha imparato, durante il combattimento, ad aprire un canale diretto tra le sue energie interiori sepolte e la sua arma, che diventa così non solo un prolungamento del suo corpo, ma un ricettacolo di poteri distruttivi e micidiali. Ad ogni attacco può decidere di consumare un importo variabile di energia per rendere il suo fendente più letale del normale.


    Recap:
    Kiryll carica frontalmente l'avversario; appena prima del colpo usa la tecnica a consumo medio "Spavento e terrore" per provare a paralizzarlo per la paura e impedirgli di difendersi; come attacco vero e proprio usa la tecnica fisica a consumo variabile "Cuore, mente, braccio, spada", investendo un quantitativo critico di energia.


    Edited by T h e B a r d - 31/8/2020, 21:51
     
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    ...perché la vita è come un Carnevale,
    e non si può mai sapere quale scherzo ti riserverà.


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    Sebbene la giornata si sia evoluta in una maniera che sarebbe stata impensabile solo poche ore prima, mentre sedeva spensieratamente attorno al tavolo della colazione in compagnia del suo Precettore, della buona Padrona di Casa e delle sue due amiche, il giovane Kyrill ha ormai un'idea piuttosto chiara di dove lo porterà di lì a poco quella situazione... perché non c'è verso che il confronto possa venire sanato a parole.

    Così, con serietà e in silenzio, il Rampollo estrae la spada dal fodero con un gesto fluido ed elegante -reso connaturato dall'allenamento-, e concentra la sua attenzione sull'unico furfante che sarebbe stato suo avversario, almeno per il momento; un momento prezioso, che non può lasciarsi sfuggire...

    Perché se non sarà vittorioso, il Tempo -da sempre il più crudele dei tiranni- potrebbe facilmente ribaltare le carte in tavola. Perché se non si sbarazzerà prontamente dell'opponente, rischia da un istante all'altro di trovarsi in inferiorità numerica, o -peggio- di vedere la barca attraccare e ripartire, dovendo assistere impotente mentre Meti viene portata via: "deve travolgerlo" conclude - e così farà!

    Tenendo la lama bassa -immobile e imprevedibile fino al momento di colpire-, il Nordico scatta in avanti, divorando la distanza dall'opponente in rapide falcate sicure: memore dell'incontro con Rajulma, ha un'idea del livello degli avversari; è consapevole delle proprie abilità e della propria lunga e rodata esperienza di addestramento, ma -sopratutto- sa di fare un certo effetto alle persone per quanto ne ignori il motivo... e proprio quel misterioso ascendente si rivela il punto forte della sua strategia.

    Se l'omone con la maschera nera e la daga mostra già un impercettibile nervosismo nello staccarsi dai compagni per approcciarsi a quel ragazzetto dall'aria troppo seria e troppo sicura, quando quello parte alla carica non può che rinsaldare la presa sull'elsa della propria arma e gettarsi in avanti a sua volta; dopotutto, cosa può avere da temere da un damerino alto e largo la metà di lui?

    Potrebbe sbalzarlo via con un manrovescio.
    Potrebbe andargli addosso con una spallata e schiacciarlo contro un muro.
    Potrebbe... Dovrebbe... Eppure...

    Eppure non si accorge che le mani gli tremano e e che le gambe restano inchiodate al suolo, e non ne ha il tempo, perché il giovane è d'un tratto troppo vicino; il bravaccio solleva la lama per puntargliela contro e colpire -un gesto istintivo e senza particolare tecnica-, ma la visione di un'ombra grottesca, sovrapposta ai lineamenti di quel viso imberbe, lo coglie di sorpresa, lo atterrisce e lo paralizza, e... il diritto sgualembrato taglia l'aria in diagonale, con una velocità ed una forza inaudita, piovendo dall'alto come una sentenza divina: una condanna a morte eseguita con una brutalità che dipana un irreale senso di gelo in quanti si ritrovano ad assistere alla scena.

    Perché quando il metallo temprato affonda nel corpo indifeso del nemico, i poveri abiti e il logoro pastrano offrono poca o nulla resistenza al suo avanzare, e tutta l'assurda potenza impiegata in quel singolo attacco è sufficiente a tranciare di netto le carni e fendere le ossa... tagliando l'uomo in due parti irregolari all'altezza del petto, sollevando un grottesco tripudio di schizzi di sangue, e generando un tonfo ovattato quando le due metà piombano sul lastricato, e uno sciabordio viscido quando alcuni organi e il loro contenuto si sparge per terra.

    Di fronte ad un simile esito -probabilmente inatteso persino per lo stesso giovane Kyrill-, un silenzio raggelato cala sulla scena, ma quell'immobilità dura solo un attimo: allo shock subentra ben presto la paura, e mentre imprecazioni in quell'aspra lingua sconosciuta si levano dalle gole dei rapitori, è facile percepire a quale reazione li spingerà questo sentimento e il prepotente istinto di autodifesa che lo accompagna.

    Mentre il barcaiolo si lascia distrarre dalla scena terrificante a cui ha appena assistito, agli altri due scagnozzi sulla terraferma -davanti a quello che hai fatto al loro compagno- diventa subito chiaro non è più il caso né di sottovalutarti, né di lasciarti avvicinare: così, quello che tiene Meti buttata su una spalla si volta nella tua direzione, porta la mano libera alla cintura per prelevarne una piccola sfera di vetro -grande quanto un occhio- dentro cui vedi splendere una sorta di fumo verdognolo e luminescente, che lancia nella direzione del giovanotto... mandandola ad infrangersi per terra.

    Subito, un'acre cortina fumogena si leva dal suolo per circondare il giovane Kyrill e privarlo della visibilità, ma non abbastanza in fretta da impedirgli di scorgere l'altro criminale sfoderare una decina di pugnali da lancio dalle pieghe della cappa e scagliarli come proiettili nella sua direzione.

    « Crepa, mostro! »

    Il "THUD" del guscio ligneo dell'imbarcazione che impatta contro la pietra dell'attracco ti rende noto che il loro mezzo di fuga è pronto ad imbarcare il suo carico... e questo vuol dire che devi far presto a liberare Meti dalle loro grinfie. E che, prima di farlo, devi riuscire a difenderti.


    Info-Box

    Premetto -per ulteriore chiarifica- che il presente Tutorial non è un giudizio, quanto più una sorta di “lezione” sulle meccaniche in Combattimento, perciò ti suggerisco di prendere gli appunti che farò come suggerimenti per prendere confidenza con il sistema di gioco di Endlos. :grab:


    Dosare le forze: Come avrai evinto dalla narrazione del post vero e proprio, la strategia adottata si è rivelata perfettamente efficace ed è andata pienamente a segno; tuttavia, come ho cercato di suggerire nella descrizione, a decretare un risultato un tantino overkill non è però stato solo l'ottimo tempismo con cui la malia-diversivo si è incastrata con l'attacco, ma il Consumo della tecnica e la tipologia di avversario (un umano senza particolari talenti o caratteristiche). :win:
    Sfruttando l'occasione creatasi, ne approfitto per condividere quella che è considerata una "consuetudine" nelle meccaniche di gioco: fermo restando che non è un errore tecnico, quanto più una finezza strategica, si tende ad evitare l'utilizzo di un Critico nel primissimo turno di battaglia, semplicemente perché -non potendo presumibilmente immaginare il modo in cui potrebbe evolvere lo scontro, e quanti turni esso potrebbe protrarsi- è più prudente puntare al "Risparmio Energetico" :flwr: Il ragionamento è comunque maggiormente valido nei contesti di Quest, più che in quelli di Duello. :sisi:

    Turno Avversario: Piuttosto shockati dall'esito della tua azione sul loro compagno, i due Rapitori sulla terraferma hanno ora ancora più fretta di andarsene e anche una certa paura a lasciarti avvicinare.
    Il primo, quello con in spalla Meti e relativamente più vicino (diciamo sui 5 metri di distanza) getta ai tuoi piedi un'ampollina di vetro che si frantuma e rilascia una nube di gas, che conta come una tecnica a consumo Alto: la cortina fumogena ha il doppio effetto di toglierti la visibilità, e provocarti tosse/lacrimazione per 1 turno.
    Il secondo ti lancia simultaneamente contro -attraverso il banco di nebbiolina- 10 pugnali da lancio, indirizzati a diverse parti del tuo corpo; anche questa conta come una tecnica a consumo Alto, di natura Fisica.

    Rispondere al Combattimento: Le possibilità, a questo punto, possono essere molteplici (per quanto ridotte dalla ristrettezza del parco-tecniche), e sono rimesse a te.
    Abbiamo già accennato che in un combattimento su Endlos si impiegano solamente 2 Slot-Tecnica; il primo è solitamente impiegato per la Difesa, e segue diverse casistiche: per proteggersi in toto senza riportare danni, vige la regola per cui ad un tecnica è sempre necessario opporre un'altra tecnica (di consumo pari); in alternativa, è possibile difendersi parzialmente con una difesa di livello inferiore rispetto all'attacco dell'aggressore, o anche incassare e subire danni – che andranno descritti e interpretati dal PG in base alla specifica casistica.
    Il secondo Slot-Tecnica, invece è impiegato per contrattaccare, scagliando una nuova offensiva contro il nemico; aggiungendo queste nuove istruzioni a quanto abbiamo detto prima, decidi cosa fare.
     
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