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Driadi, Satiri, Pferdagen

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    Driadi: Esistono esseri che vivono in simbiosi l'uno con l'altro. Per gli alberi, quando si parla di simbionti, si parla di Driadi: spiriti elementali che costituiscono, se vogliamo, parte dell'anima della pianta da cui hanno origine. Ogni driade nasce insieme ad un albero e vive al riparo delle sue fronde, spesso nascondendosi dentro alla corteccia. Se necessario, inoltre, difende accanitamente il suo compagno e gemello vegetale: ad una driade sarebbe infatti impossibile sopravvivere se esso andasse perduto, poichè una volta spezzata una delle due parti in cui è divisa l'anima della pianta, anche l'altra deve soccombere.
    Ai mortali, le driadi si mostrano come creature dall'aspetto femminile e dalla pelle di colore uguale a quella del loro albero. I capelli hanno in genere di una tonalità diversa a seconda della stagione, come le foglie: verdi in primavera, dorati, ramati o castani in autunno e bianchi d'inverno. Le lunghe chiome setose, spesso adorne di fiori e bacche, incorniciano i loro visi affilati, dal sorriso gentile oltre che dai grandi occhi scuri e maliziosi.
    Quando si trovano fuori dall'albero genitore, molte di queste splendide creature si dilettano di poesia, di canto e di danza, e non è raro udire da lontano le loro risate argentine quando ci si avventura nei meandri della foresta: se si tenta di avvicinarsi troppo, tuttavia, le driadi fuggono immergendosi nuovamente nella corteccia dalla quale sorgono, lasciando le radure vuote e silenziose come se le voci di poco prima fossero state solo un miraggio.
    Durante il loro riposo, o se vogliono nascondersi alla vista dei mortali, questi spiriti della natura possono infatti tuffarsi nel legno degli alberi come fosse acqua, fondendosi con esso; le escursioni all'aperto si fanno sporadiche soprattutto nel periodo invernale.
    Le driadi non possiedono una vera struttura sociale, ma ogni bosco ha una sua gerarchia: l'albero più antico della foresta in genere ospita la driade più anziana e saggia. Ogni nuovo arbusto riconosce come madre la driade di quello che l'ha generato, arrivando così a formare vere e proprie famiglie al cui vertice si trovano, per l'appunto, le Antiche, driadi così anziane -eppure perennemente giovani e belle- da poter distruggere o creare un'intera foresta con i loro poteri.

     
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    Satiri: Spiriti protettori della natura selvaggia, i satiri rappresentano un'altra delle infinite manifestazioni elementali che popolano le foreste di Fanedell. Somigliano agli uomini solo dal torso in su, salvo per il naso prepotentemente schiacciato, gli occhi dalla tipica pupilla trasversale e le corna piccole e tortili, poste a lato della fronte. Possono avere orecchie leggermente appuntite. Dalla vita in giù, però, la loro somiglianza con il genere umano termina drasticamente a causa delle gambe da capretto, ricoperte da uno spesso vello di colore nocciola, nero o, più raramente, rossiccio e provviste di zoccoli che danno a queste creature la possibilità di spostarsi nella foresta più intricata senza sforzo né rumore. Anche grandi branchi di satiri in caccia potrebbero essere silenziosi come solo il vento sottile sa essere; sempre che riescano a tenere a freno la propria indole anarchica, caotica e indomabile, dato che la confusione ed il riso sono per loro imperativi biologici.
    I satiri si radunano in comunità tribali a totalità maschile, dove esiste sempre un maschio dominante, di solito il più forte, che viene coadiuvato nel comando da un consiglio di maschi anziani, sopravvissuti per più cicli stagionali. La perpetuazione della specie viene affidata allo stupro sistematico e al rapimento: ogni primavera i satiri scendono in caccia, trascinando nei loro villaggi -di solito in posizioni sicure: gole isolate, valli poco accessibili, grotte nascoste in cui essi costruiscono complesse architetture in legno, corda e pietra- ogni creatura di sesso femminile su cui mettano le mani. Le preferite sono le driadi, ma nemmeno le donne vengono risparmiante. Il concepimento del feto avviene sempre in temi brevissimpi, tanto che le gravidanze vengono portate a termine nel giro di tre o quattro mesi. I nuovi nati vengono al mondo alla prima luna d'estate: sono tutti maschi, e tutti satiri, ovviamente.
    La madri in genere vengono poi lasciate libere di andare al termine del parto, cariche di doni (gemme e gioielli; non usando il metallo, i satiri si affidano alla loro abilità nella lavorazione dell'osso, del legno e della pietra per creare strabilianti capolavori di artigianato). I satiri sanno essere ottimi musicisti, ballerini, narratori ed erboristi. Si racconta anche che la birra distillata da loro sia la migliore di tutti i mondi esistenti, persino del celebre liquore chiamato spirito dei nani; e non di rado, nel corso dei banchetti a cui fanno seguito le prime orge della stagione degli amori, questo prodotto scorre a fiumi nelle radure prescelte per le cerimonie.

     
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    Pferdagen: Le foreste di Fanadell sono state per secoli la culla di una crescita inarrestabile di piccoli mammiferi, roditori e volatili, tutti attirati dalla lussureggiante vegetazione e dalla tranquillità offerta dalla protezione degli spiriti silvani. Tuttavia, con il declino della situazione climatica all'esterno della cerchia di alberi che delimitano la foresta, alcune forme di vita più brutali hanno preso il sopravvento, devastando completamente l'equilibrio alimentare instauratosi nel corso delle ere. La più vorace e distruttiva di loro è senza dubbio la razza degli Pferdagen, i Cavallilama, esseri dalle sembianze equine che hanno scalato in pochi decenni l'intera gerarchia animale del luogo.
    Dotate di zampe rapide e muscolose, terminanti con delle appendici ossee molto affilate, queste belve possono raggiungere con irrisoria fatica velocità impensabili. Affiancata alla percezione delle vibrazioni -possibile tramite una cavità di risonanza posta nel cranio-, essa li rende capaci di ripulire una zona di cento metri quadrati in pochi secondi.
    Non si spostano mai in branco, ma al massimo in gruppi di tre. Il capo dell'animale presenta una maschera formata da calcio e ferro, della consistenza pari a quella del metallo, che si sovrapponne al cranio: fra queste due sezioni si trova un'intercapedine che cattura i movimenti sussultori dell'aria o del terreno, permettendo quindi una perfetta individuazione della preda. L'elemento caratterizzante dei maschi è la coda, composta di filamenti molto leggeri intrecciati fra di loro, che levita a mezz'aria per avvertire che l'esemplare è in fase di caccia; se adagiata lungo il fondoschiena, sottintende invece una situazione di riposo o di stanchezza. Le femmine sono prive di coda, ma possiedono estroflessioni ossee simili a corna molto più lunghe e pericolose di quelle maschili.
    Le modalità di caccia variano dal semplice agguato alla più complessa operazione di accerchiamento e cattura della vittima; le ferite da perforazione provocate dalle zampe degli Pferdagen non si rimarginano mai completamente, per via della violenza con cui penetrano nella carne e nelle ossa. L'unico difetto di questi temibili predatori è la pigmentazione, che li rende facilmente riconoscibili ad occhio nudo qualora non si trovino in corsa: una peculiarità che ha indotto gli studiosi a supporre che gli Pferdagen siano originari dell'altopiano di Garwec.

     
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    Samael: "Samael" non è propriamente il nome di una creatura, bensì quello di un insieme di spiriti. Sotto tale denominazione sono infatti raggruppati i demoni conosciuti come "i battaglieri", spettri ricolmi d'ira e collera, ciechi alle virtù e alle ragioni umane. Diavoli senza freno, il cui unico fine è corrompere e guastare ogni cosa intorno a sé, attentando alla vita in ogni sua forma.
    Fanedell, casa degli spiriti silvani, è anche la loro dimora. Essi, nella fattispecie, si manifestano come l'indignazione della terra stessa nei confronti di chi ha mancato lei di rispetto - nulla più che un mero capriccio delle selve, che richiamano Samael con la semplice volontà di castigare gli irriguardosi, lasciando che per un breve palpito i demoni posseggano la terra su cui piantano le proprie radici, venendo a formare un gigantesco costrutto di roccia, ceppi e corteccia. Quando non si concretizza in tale modo, Samael è semplicemente un insieme di presenze invisibili ed intangibili che - da chi può percepirlo - viene spesso avvicinato alla volontà delle selve.
    Nel concreto, Samael - richiamato dall'indignazione del Fanedell - soggioga e possiede una piccola porzione di terreno dove prima non v'era nulla, spaccandola e trasformandola in un essere dalle fattezze draconiche: una creatura mostruosa e gigantesca, spesso superante la decina di metri, composta di legno, roccia e terra scura. Collo lungo, fauci affilate, artigli letali e aspetto rettiliforme - un essere demoniaco che esisterà solo ed unicamente per condannare i trasgressori; avventurieri che si sono spinti troppo oltre nella loro esplorazione o che non hanno mostrato il giusto rispetto verso le aree boschive entro le quali campeggiavano.
    Persino i guerrieri più potenti si sono dovuti arrendere alla furia cieca di Samael, trovatoselo innanzi completamente risvegliato: la sua mole incredibile, la sua pelle dura come la roccia, la sua forza bruta e la sua incredibile ferocia lo rendono una delle creature più pericolose di tutto Endlos, benché in effetti propriamente creatura non sia.
    La curiosa caratteristica è che Samael è totalmente manovrato dalla volontà del Fanedell: non a caso sono molti i racconti di sventurati viaggiatori che, incontratolo, sono sopravvissuti semplicemente espiando le proprie colpe o chiedendo perdono alla selva stessa. A seguito della loro ammenda - sostengono - Samael si è semplicemente deteriorato e infranto, tornando alla terra che l'aveva visto formarsi - come se la foresta avesse solamente voluto avvertirli e ammonirli, ma mai realmente abbatterli.
    Samael è semplicemente la manifestazione dell'ira del Fanedell. Lo sdegno della foresta.
    Un'aberrazione furibonda e priva di ragione, attenta solo alle preghiere di perdono.

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    Crodh Mara: Nonostante si creda – e a ragion veduta – che il mondo di Arcadia sia popolato da creature pericolose e terribili, comprese le stesse Fate, ci si può sorprendere come, dai racconti popolari, emergano storie di creature fatate più o meno benevole, prive – almeno in parte – di quel temperamento aggressivo che contraddistingue questo mondo.

    Il Crodh Mara, detto anche Gwartheg y Ilyn, altro non è che il bestiame fatato, e delle Fate condivide le stranezze. La caratteristica predominante degli animali fatati, infatti, è quella di rompere le leggi naturali: le mucche respirano sott’acqua, i maiali appaiono e scompaiono secondo la loro volontà, trote e salmoni parlano con gli umani, e molto altro. L'armento fatato è il più importante: di colore bruno grigiastro, può essere anche nero o pezzato di rosso, senza corna, e il suo latte è il più pregiato esistente. Porta molta fortuna, e la più nota tra tutte, la Glasgavelen, bianca e pezzata di verde, spilla latte a volontà.

    Con un’altezza pari a 200cm al garrese e un peso che si aggira intorno ai 2000kg, il loro aspetto richiama molto quello di un grosso bovino. Zampe corte e tozze, muso schiacciato e orecchie a punta, ma soprattutto una pelliccia di morbido manto erboso sono le sue caratteristiche peculiari – o quelle che saltano immediatamente all’occhio, sempre che si sia in grado di vederli: lo strato di verde, ricco e florido, cambia colore in accordo con le stagioni, permettendo loro di fondersi con la verzura in una perfetta mimesi con la Natura.

    Creature erranti e semistanziali, paiono aver trovato in Fanedell – oltre che nelle rocce fluttuanti che gravitano nei pressi del monte Shea – il loro habitat naturale; non solo perché la Foresta è la casa di numerosi Spiriti Silvani, loro consimili, ma anche perché la relativa vicinanza del bosco ai centri abitati della valle consente loro di percorrere le zone limitrofe della capitale, foraggiandosi occasionalmente di cereali e unendosi al bestiame mortale. In genere gli animali nati da queste unioni avevano fama di portare grande fortuna a chi le possedeva, oltre che abbondanti raccolti.

    Essendo di indole schiva e riservata, tendono a non mostrarsi a chi calca i sentieri della Foresta, preferendo brucare placidamente il sottobosco con loro passo lento e lievemente caracollante; tuttavia, una carica dei loro musi tarchiati, o anche solo un’artigliata delle loro zampe, basterebbe a mettere fuori uso un Nano e tutta la sua armatura.

    Nonostante ciò, non sono pochi coloro che si cimentano in un approccio; le erbe medicamentose che crescono sui loro dorsi sono bottini ghiotti per erboristi e mercanti, sebbene possano trasformarsi in armi letali in pochi secondi, emettendo spore venefiche che stenderebbero una balena… non si tratta però di un rischio comune, poiché è una tattica difensiva adottata solo in casi di reale e seria minaccia. Del resto, le impalcature sul loro capo – veri e propri rami dalla densità e consistenza insolitamente robusta, che alcuni credono essere gli stessi viticci delle Spine – mettono in fuga la maggior parte dei seccatori.

    Il numero delle femmine – mucche bianche che producono burro, panna e latte di altissima qualità, considerate sacre –, in questa specie è insolitamente basso e sono molto difficili persino da avvistare; la stagione degli amori corrisponde circa all’Estate, in cui i maschi, impegnati in furiosi combattimenti per il possesso delle femmine, mutano la loro indole tranquilla in un carattere violento ed estremamente aggressivo: è bene evitare quindi ogni approccio, se non si desidera una fine piuttosto spiacevole…

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