Sulle tracce del Vento

- giocata introduttiva privata -

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  1. S h e
     
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    La luna era sorta e calata parecchie volte da quando aveva lasciato le terre di sua madre.
    La fame, la sete e la solitudine : quelle erano state le sue uniche compagne.
    Aveva viaggiato molto, camminato attraverso foreste e pianure. Senza una meta. Spinta solo dal bisogno di sopravvivere.
    Un passo dopo l'altro, inseguendo ogni possibile preda su cui il suo naso o i suoi occhi riuscivano a posarsi.
    Niente altro contava.
    Per molto tempo non era davvero contato nient'altro.
    Solo camminare. Solo non lasciarsi morire senza scopo al suolo.
    L'istinto di conservazione è una delle cose più potenti del mondo. Di ogni mondo possibile.

    Ed era arrivata così al fiume.
    Ed ora, beveva.
    Avidamente, poche centinaia di metri nel punto in cui fiume e mare diventavano un tutt'uno.

     
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  2. Ronin_
     
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    Lo scout si aggiusta la benda che gli protegge il naso e che continua sino a lambirgli i lobi, sotto le orecchie. Alza il mento e odora l'aria, acquattato dietro un'altura. La destra – libera da ogni impedimento – è a contatto con la terra ferma, ruvida ma morbida, tipica delle zone vicino al mare. E infatti, poco lontano, l'acuto senso dell'uomo gli comunica che l'oceano è prossimo, così come Undarm, il porto di Sequerus.
    Alza una mano fasciata di cuoio scuro e poi si rizza in piedi, massaggiandosi un polso e muovendo il collo a destra e a sinistra per rilassarlo.
    Il comandante della squadra avanza nel caratteristico rumore di armatura e spada – benché lui porti una lancia corta dietro la schiena – seguito, a poca distanza, dal resto della truppa.
    Pochi umani lasciano il riparo di quelle larghe fronde e avanzano nella salita del pendio, ritrovando così nel loro spazio visivo la parte più orientale di Undarm che confina, a sette miglia e mezzo, con l'inizio della prima e unica foresta di tutto il presidio dell'ovest. Più in là, deserto di rocce.
    Lo scout indica con un cenno sgraziato la città e la foresta, poi si ritira nelle retrovie. Senza badare molto all'etichetta dell'uomo, il comandante annuisce muovendo i baffi che gli arrivano sino al mento un paio di volte. Si asciuga col polso il sudore della fronte, maledicendo l'afa che spira da sud, dal mare.
    «Andiamo, ragazzi.»
    La sua voce è paterna, di chi probabilmente ha viaggiato con quella ciurma per diverso tempo, diverse volte. Prende un sorso d'acqua dalla sua borraccia.
    Sono tutti Asruan di quinta generazione: discendenti di discendenti dei primi abitatori di Sequerus. Eccetto un paio che, ovviamente, si trova lì per una serie di coincidenze tutte particolari. Fra di loro, un uomo coperto interamente di fasciature rossastre, dello stesso colore della terra di Sequerus. Questi è vestito di una giubba di cuoio borchiato, tappezzata qua e là di scaglie di grandezza notevole usate come pezze di rinforzo. Ha dread sul capo, lunghi e robusti. È proprio lui che, fattosi avanti al fianco dell'ufficiale più anziano, dopo un colpetto sul gomito indica a nord-ovest.
    «Ikh amassil nokotera, jumil.»
    «Sì, Sicario Rosso, ora lo vedo» gli risponde il comandante.
    Colui che è stato chiamato Sicario annuisce e torna indietro. Un altro soldato sbuffa pesantemente per scostare dal viso una ciocca di capelli castani. «Andiamo a controllare, allora, signore?» sussurra a bassa voce all'indirizzo del superiore.
    Questi annuisce e il plotone si muove.

    Passano pochi minuti. Dietro i margini della foresta, l'ufficiale di più alto grado abbassa un'enorme foglia generata da un arbusto delle stesse dimensioni e aguzza lo sguardo. Aggiusta la tesa del cappello che ha sulla testa. Ginocchio a terra, tutti stanno osservando quella bestia che alla luce del sole sta bevendo dal fiume.
    Il paesaggio – solo grazie alla vicinanza del mare e alla presenza del corso d'acqua – è coperto di verde, con solo qualche spruzzatina delle rocce rosse tipiche di questa terra. A sud, seguendo il corso del torrente, si trova il mare; a nord, distante, l'inizio del deserto di rocce che degrada ad sud-ovest sulla foresta. L'est è specchio dell'occidente.
    L'aria è mite, sebbene l'afa non si dimentichi di solleticare le creature viventi ogni tanto.
    Così, il comandante deterge il sudore sulla fronte. Poi fa un segno al Sicario Rosso e avanza. Dall'uomo dalla pelle color cioccolato ha capito che l'animale può essere pericoloso. Questa squadra di esploratori conosce tutte le forme di vita di Undarm, ma questa non l'ha mai vista: vale, allora, la pena di studiarla.
    Il comandante imbraccia una balestra pesante allungata da un militare. La carica mettendo il piede sull'asola che si trova sul muso dell'arma e poi la mette sulla spalla, vicina alla punta dell'arma in asta.
    Il Sicario Rosso, invece, muove il capo coperto di dread senza alcun'arma visibile verso il quadrupede.
    I due vi si avvicinano soli da direzioni diverse, circondando lentamente la bestia. Mantengono una distanza ragguardevole. Il resto della squadra resta indietro, pronta ad attaccare.
    L'uomo baffuto si carezza i peli biondi che ha ai lati della bocca e punta il dardo verso il capo dell'animale.
    Poi il Sicario si china sulla terra poggiandovi le mani e punta gli occhi sulla preda, cercando di instillarvi una sensazione di tranquillità e torpore, inibendo i recettori del pericolo. Le pietruzze ai lati delle sue mani tremano e si muovono, in una manifestazione discreta di manipolazione magica.


    SPOILER (click to view)
    Il Sicario Rosso un Domatore/Sciamano. Utilizza il Legame con la Vita per percepire She – come abilità passiva – e il Bacio dell'etere per tentare di calmarne le emozioni – come tecnica a consumo basso, per il momento.

     
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  3. S h e
     
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    La puzza è la prima cosa che sente di loro. Odore di metallo. Ma è lontano.
    La lingua ancora mezza fuori dalla bocca lascia ricadere nel fiume l'ultimo carico di acqua. Gocce di saliva rotolano via lente, indolenti, mentre la bestia si guarda attorno, ancora senza muoversi.
    L'unica indicazione di attenzione era data dalla coda, che si agitava senza posa, frustando l'aria con ostinazione.
    Destra, sinistra, ancora a destra, di nuovo a sinistra.
    Un balletto infinito.
    Un brivido nelle scaglie, e il loro colore era cambiato di un tono, arrossendosi impercettibilmente, come fosse intenzione della creatura confondersi con il rosso delle rocce ma ancora dovesse decidere se ne valeva la pena o meno.

    Solo poi si accorge di loro.
    Solo quando la vegetazione viene smossa, e il sommesso fruscio delle fronde è il suo campanello d'allarme.
    Ma qualcosa non succede come dovrebbe, e, invece di darsi alla fuga, l'animale rimane.
    Immobile, osserva nella direzione da cui il pericolo potrebbe arrivare.
    L'istinto urla, si dibatte, ma lei rimane. Torreggia, voltandosi verso la macchia di vegetazione con il muso abbassato. Iridi fisse, dritte avanti.

    Anche quando alcuni esseri che non ha mai visto si muovono, e camminano su due gambe... anche allora rimane, pervertendo la sua natura.
    Vuole rimanere.

    Non sa perchè, ma qualcosa le dice di fermarsi. Di restare.
    Qualcosa che le prende dentro, con sottili dita di nulla, carezzandole il cuore.
    Guardinga, si. Ma non così arrabbiata come avrebbe dovuto. Come il suo essere le dice sarebbe giusto essere.

    Ma non importa.
    Uno a due gambe, senza pelo se non sul capo si avvicina, a passi lenti.
    Mette le zampe a terra, mettendosi nella corretta posizione che tutti, nel mondo, dovrebbero assumere.

    Ed è in quel momento che la fissa, e i loro occhi si incontrano, abbracciandosi con lo sguardo.
    Ed è in quel momento che lei si muove, grattando lenta il suolo sabbioso con gli artigli grandi quanto un gancio da macellaio.
    E lo fa nello stesso modo in cui l'animale dalla pelle nera fa muovere le sue zampe.

    Snuda i denti, mentre la bava cola ancora.
    Si passa la lingua sul naso che ora luccica, nero, come una meravigliosa gemma di ossidiana.

    Sommessamente prende a brontolare.
    Anche se per ora ha deciso di restare, di non mangiare, questo non vuole dire che è disposta a lasciare che accada qualcosa che non le va a genio.

    - Chi sei ?
    Cosa vuoi ?
    -

    Sa che l'altro capirà.
    E deve risponderle. Per il suo bene...

     
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  4. Ronin_
     
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    Il Sicario Rosso alza lo sguardo sugli occhi della belva senza sfidarla. Se ci si chiedesse come sia possibile guardare un animale senza sfidarlo – giacché nella loro lingua gli occhi sono l'anima – lo sciamano dalla pelle d'ebano risponderebbe senza dire nulla, esattamente come sta facendo adesso.
    Lascia invece che sia il suo corpo a muoversi, spinto in avanti dalla sua forza vitale che, una volta espansa, si concentra da solo sull'obiettivo della sua mente. È così che si mette seduto comodamente, lasciando sempre una mano – la sinistra, in questo caso – aderente al terreno mentre l'altra si poggia sulle ginocchia.
    Non c'è brezza che ne carezzi i dread, ma soltanto silenzio.

    Dall'altro lato della visuale, il capitano della squadra scout abbassa l'arma. Certo, forse un dardo in pieno cervello potrebbe far cadere l'enorme quadrupede, ma l'atteggiamento del Sicario lo induce a lasciarlo fare: lui conosce gli animali.
    Allora Sansago – questo il nome dell'ufficiale – fa qualche passo indietro, alzando le dita verso gli altri nascosti nei cespugli: Attendente e non fate stupidaggini significano.

    Questo è territorio di Sequerus.
    Noi scout conosciamo tutti le specie viventi che esistono in questo territorio.
    Noi scout non conosciamo te.
    Sei sola? Dov'è il tuo branco?

    Lo sguardo dell'uomo che comunica attraverso la terra è intenso ma quasi vitreo. Respira ritmicamente facendo muovere le fasce di garza rossastra che gli coprono il busto. È chiaro perché sia lui a condurre questa trattativa. Il Sicario Rosso non è come un uomo qualsiasi. È una creatura vivente che ha lasciato parte della sua umanità alla terra e ha preso da questo parte dell'essenza delle cose. In altri luoghi, in altre epoche (in altri mondi), sarebbe stato chiamato “stregone”.
    Socchiude gli occhi, sospira: in lontananza altri animali si muovono sulla terra. Lui ne scaccia il pensiero senza mezzi termini e torna ad attendere la risposta della femmina che ha di fronte.

    In alto, poche nuvole scure incombono nel cielo.


     
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  5. S h e
     
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    Prima di tutto si siede.
    Ha sentito cose che le hanno fatto piacere. Trova che l'atteggiamento di quella creatura-uomo sia educato. Ed è altrettanto giusto rendere la cortesia.

    Le scaglie della bestia perdono piano piano il tono di rosso che avevano appena conquistato, cedendo il passo al più profondo blu oltremare. E il sole caldo luccica su quelle squame.

    - Non conosco Sequerus. Volevo bere, e il fiume scorreva qui... -
    gli occhi dell'animale abbandonano il contatto di sguardi per un momento, spaziando sul fiume, sulle sue acque incessantemente in movimento, per poi tornare lesti a fissare la faccia dell'uomo che le siede davanti

    - Io non ho branco. Sono stata scacciata. E ho migrato. -

    Aprire il cuore ai ricordi è doloroso, anche se in ballo ci sono i sentimenti di una bestia.
    Rivivere il passato è doloroso, lo è quasi sempre quando significare ricordare i morti.
    La legge della natura impone però che il ricordo si faccia presto labile. Stagione dopo stagione, giorno dopo giorno.
    Esiste soltanto l'oggi per le bestie. Il momento presente.

    - Anche tu sei solo, scout? -

    Fiuta l'odore della creatura-uomo mentre comunica con lui, e quello che sente non le dispiace.

     
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  6. Ronin_
     
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    No.
    Il tono della voce – sebbene questa si muova attraverso la mente e non la bocca – è deciso.
    Io non sono solo.
    Ho il mio branco appostato qui dietro. Non siamo della stessa razza, ma sono come fratelli per me.

    Abbassa lo sguardo, più annuendo a sé stesso che alla bestia, e con estrema lentezza si alza, abbandonando il contatto con la terra. Solo per il tempo di pronunciare:
    «Ijuoma hissaki nakha chomistubi, Capitano»
    L'ufficiale Santago alza un braccio verso i suoi uomini, ordinando loro di continuare a restare immobili. Tuttavia, un udito fine potrebbe cogliere qualche tlack sospetto, oltre gli arbusti. Forse solo un piede che spezza un rametto per terra.
    Poi il Sicario mette un ginocchio per terra, così come una mano. Si aggiusta le bende che ha sul viso mentre i dread ricadono scomposti sulle spalle.
    Il signore di queste terre vuole conoscere tutto quello che esiste in queste terre.
    Da questo momento, tu esisti su Sequerus, quindi è giusto che ti portiamo presso il mio signore.
    Dopo, sarà lui che deciderà cosa fare di te, femmina senza branco.

    Forse colpa dei suoi modi educati, del suo fare garbato e del suo aspetto senz'armi, l'uomo dalla pelle d'ebano non ha suscitato sentore di intenzioni ostili. Tuttavia, adesso, il tono duro e deciso della sua voce mentale è inequivocabile: la bestia non ha più una scelta da quando ha messo piede sul territorio di Sequerus.
    Forse il rumore celato dalle fronde non era solo di rametti spezzati...

     
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  7. S h e
     
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    Continua a fissarlo, senza muovere un muscolo.
    Solo la lingua saettava dentro e fuori le labbra, oltre i denti.
    L'essere uomo aveva parlato. E lo aveva fatto senza esitazioni. Degno di un cacciatore.
    Aveva anche comunicato con il suo branco, in strani cinguettii indegni, in realtà, di un predatore. Ma aveva detto che non erano della stessa razza, lui e il suo branco.
    Possibile che potesse esistere qualcosa di simile? Essere diversi e stare riuniti insieme?

    Lo scatto che venne in risposta alla voce dell'animale uomo dai cespugli dietro di lui non le fece muovere che un orecchio, alla ricerca del punto preciso in cui il branco dell'uomo, con cui aveva parlato, stava nascosto.

    - Presentarsi dall'Alfa di questa Sequerus...

    ...portamici.
    -

    Continuava a non capire perchè lo faceva. Perchè assecondava così i desideri di quell'essere a due gambe che sapeva di metallo e vento.
    Eppure non poteva negargli quello che lui chiedeva.

    La coda saettò un'ultima volta, mentre si leccava di nuovo naso e muso.
    Era pronta per andare.

     
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  8. Ronin_
     
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    Il capitano Santago accoglie il mutamento di comportamento della bestia con un sorriso modesto e un'alzata di spalle.
    Senza aspettare che il Sicario Rosso parli, prende a muoversi, lentamente, verso i cespugli alla propria sinistra e con un fischio richiama i suoi uomini.
    Questi, in un unico sincronizzato movimento, s'alzano in piedi rivelandosi in tutta la loro presenza: tutti, nessuno escluso, imbracciano un'arma. Chi una spada, chi una balestra, chi una canna d'argento, chi una coppia di pugnali e così via. Sono tutti vestiti con la mimetica d'ordinanza, un abito dalla foggia comoda e colorato delle sfumature di quella natura tropicale, a tratti arida (color sabbia e verde palude).
    Scoccano un'occhiata appena dubbiosa all'animale, ma abbassano gli strumenti di morte e li rinfoderano – chi può, per lo meno...
    «Soldati» inizia il capitano, lisciandosi i baffi che seguono il contorno della bocca sino ad arrivare al mento «il Sicario l'ha calmato: non...»
    «Jikua otorrangah» lo interrompe lo sciamano di colore.
    «Ah. È una femmina» si corregge il capitano. Poi riprende: «In ogni caso, non fatela innervosire. Dobbiamo portarla dall'Esecutore, però prima dobbiamo terminare il nostro giro di ricognizione. Sapete che l'ultima tappa sono i confini esterni di Undarm...» L'uomo si volta verso sud, dove il mare sembra abbastanza lontano, ma dove chiazze nere e grigie rivelano un insediamento abbastanza grande.
    «Bene, figlioli, muoviamoci. Jikkha, in avanscoperta.»
    L'esploratore con la benda a coprire il naso annuisce e, senza troppo entusiasmo, si volta verso la collinetta alla base della quale si trova il gruppo e salta via, senza molto rumore.
    Il Rosso rivolge un ultimo avviso a She, tramite il contatto con la terra.
    Fa' attenzione, femmina, perché queste terre sono infide e insicure.
    Santago non sprecherà la vita dei suoi uomini per proteggerti.
    Devi fare da sola.
    Adesso seguimi.

    E il gruppo riparte.

    È da pochi minuti che Santago sta conducendo il gruppo verso la Città Portuale, quando Jikkha torna indietro a grandi balzi privi di frastuono per ricadere accucciato accanto al capitano. Lo sguardo è dilatato e il respiro pesante.
    «Sentinelle, capitano.»
    L'affanno dell'avanguardia si diffonde rapidamente quando gli altri uomini, avendo sentito del pericoloso, imbracciano le armi.
    Il Sicario rosso stringe la mano sinistra.
    «Formazione da battaglia, ragazzi. Due arcieri sulla collina. Gli altri si nascondano. Sicario, pensa all'animale.»
    Sul lato destra della squadra, s'alza ancora un piccolo monte di terra coperta da vegetazione – postazione subito occupata da due soldati. A sinistra, invece, s'estende la foresta che delimita Undarm. Fra i due territori, uno stretto sentiero di terra battuta che conduce, sempre dritto, al mare, situato al confine con un avvallamento della prateria.
    Il cielo si copre di nuvole e l'aria comincia a farsi più cupa. A breve pioverà.
    In lontananza, intanto, uno strano zakin zakin preannuncia la venuta della Sentinella. Dopo qualche istanti, infatti, da dietro una serie di bassi arbusti, striscia fuori un costrutto metallico simile a un alto ragno che, con grande cautela, muove le sue zampe scintillanti – sembrano lame – sul territorio sconnesso.
    Poi si ferma, alza i recettori che ha al posto degli occhi e inizia a scandagliare la zona.



     
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  9. S h e
     
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    Il non-branco dell'essere uomo si rivela, dopo che lei ha accettato di essere condotta.
    Strano, però: si comportano come se fossero un branco senza esserlo davvero. L'alfa degli uomini fischia, come un uccello predatore, e i suoi fanno quello che lui fischia.

    Le orecchie della bestia si muovo rapide, abbracciando il rumore degli uomini che si rivelano, armati, dai cespugli.
    L'aria, smossa dai loro movimenti, sa di tensione. Sudore e paura.

    Fa' attenzione, femmina, perché queste terre sono infide e insicure.

    Non può trattenere l'ilarità. Attenzione. Davvero quell'essere a due gambe sta preoccupandosi per lei?
    La lingua le cade fuori le fauci, oltre le zanne, libera, mentre gli occhi si illuminano per un istante di una luce divertita.
    Sta ridendo, si.

    - Temi davvero per la mia vita, essere a due gambe? -

    Lascia solo allora il suo posto, e si avvicina alle gambe dell'uomo, raschiando il terreno con gli artigli per un istante. Annusa a fondo l'odore della persona, stampandoselo bene in mente.
    Ha deciso di seguirlo. E lo farà.
    Ed è per quel motivo che non si scosta mai, mentre gli uomini si avviano a terminare il loro giro di ricognizione. Segue passo passo lo shamano, silenziosa come una nube di fumo.

    Avverte l'odore della cosa che batte quella zona da lontano : non ha lo stesso odore metallico dell'uomo che le cammina a fianco, lui sa di carne, anche.
    La cosa che si avvicina lenta, invece, odora diversamente. Non sa di vivo.
    Così, quando il grande ragno fa la sua apparizione sulla scena, rivelando la sua presenza alla vista sorpassando la macchia di cespugli, lei si abbassa, ventre a terra, immobile.

    Nella lotta per la sopravvivenza, cacciare ed essere cacciati è solo una questione di prospettiva.

    - Mordete alle articolazioni... -

    Non ha mai conosciuto esseri come quello che le sta di fronte. Eppure l'istinto sa cosa fare. Mettersi cauti, aspettare il momento giusto, e colpire per uccidere.
    La bestia a forma di ragno ha gambe sottili e luccicanti, si muove troppo lentamente e troppo delicatamente per quel terreno pieno di asperità.
    Impossibilitato a camminare, la sua morte arriverà rapida.

    Le scaglie di Lei vanno facendosi cremisi.

     
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  10. Ronin_
     
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    Il Sicario annuisce alla bestia, comprendendo quanto inutili siano state le sue raccomandazioni: se lei è arrivata presso Undarm illesa, allora è in grado di difendersi da una mera sentinella.
    Santago abbaia i suoi ordini mentre lui stesso afferra la lancia corta e si sposta sul lato del sentiero, dietro un albero.
    Al centro della strada battuta restano tre uomini, armati di armi bianche dalle grosse dimensioni. Il ragno, infatti, è in grado di percepire la presenza di esseri viventi; il capitano spera che la macchina riconduca le sue percezioni a quei tre uomini soli, senza avvedersi degli altri.
    Lo sciamano esorta l'animale a seguirlo fuori dalla strada principale.

    Le zampette metalliche toccano il terreno sconnesso. Poi il ragno scivola per mezzo metro dalla collinetta sino a raggiungere la terra piana, alzando polvere e detriti. Non sembra eccessivamente pesante e il fatto di avere più zampe – sei, quest'esemplare – lo aiuta nel non perdere l'equilibrio.
    Dopo l'attimo di smarrimento, la sentinella prende a muoversi con sicurezza verso il gruppo di uomini.
    Sino a quando ne spunta un'altra dal lato opposto della strada.
    Segue lo stesso percorso della sorella, finendo, infine, sul sentiero al suo fianco.
    Gli uomini stringono le loro armi tesi. Santago annuisce e fa segno loro di tenere la concentrazione.
    Quando i due robot sono a meno di tre metri, il primo salta il gruppo ricadendo – in uno stridio di metallo – oltre i tre uomini per voltarsi a destra e a sinistra per cercare le altre forme di vite. Il secondo, invece, scatta in avanti, si alza su quattro zampe e falcia con le due lame anteriori in avanti.
    «ORA!»
    L'urlo di Santago echeggia per la piccola vallata. Al segnale convenuto, gli arcieri scoccano o sparano verso i meccanismi che stanno attentando sui loro compagni.
    Salta un braccio della Sentinella, mentre l'altro viene fermato dall'ascia e dalla spada di due militari. Il terzo, quello dinanzi al moncherino, salta in alto per far calare un fendente sul capo del costrutto.
    La sentinella sorella non sembra dar segno d'accorgersi di quanto sta avvenendo. Con movimenti stilizzati e meccanici, si volta verso She. Lentamente, le si muove vicino. Poi l'attacca con un fendente orizzontale da destra a sinistra.



     
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  11. S h e
     
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    Da quando il loro sentiero è diventato un campo di battaglia, tutto è cambiato.
    Non esiste più nessun motivo per attendere.
    Due sono le bestie di metallo che si fanno avanti, contro gli esseri uomo, e contro di lei.

    - GRRRrrrrrrrrrrr -

    Ringhia. Ringhia profondamente, e snuda le zanne senza ritegno, mentre le scaglie, controllate da un istinto affinato da milioni di vite, da milioni di anni, si rizzano senza bisogno di alcun comando, diventando rosse, brillanti, come una colata di lava incandescente.

    Ed è quando la seconda sentinella smette di considerare quegli animali che camminano su due gambe e si dirige strisciando rapida con le sue zampette di metallo verso di lei che i suoi muscoli scattano, mentre un profondo ruggito, un urlo di guerra, invade l'aria cancellando ogni altro rumore.

    - GRROARR ! -

    Morte. Quello era un canto di morte.

    Non c'è molta distanza tra la sentinella meccanica e lei, ma macina quella poca con un balzo.
    Il momento che sceglie è quello in cui una delle zampe della creatura di metallo scatta in avanti, vorace, fendendo l'aria alla ricerca della sua carne.
    Conosce gli istinti, ma non capisce quelli di quei mostri : non hanno bocca, non sanno di vivo. Perchè uccidere? Non ha senso.
    Uccidere per il gusto di farlo è indegno.

    Lei uccide per sopravvivere. E quel mostro di latta deve morire.

    - GWWrROARr ! -

    Spalanca le fauci, snuda gli artigli, e ruggisce ancora mentre si getta di peso verso la parte posteriore del mostro. Qualcosa luccica, lì. E sembrano occhi.
    Lì morderà. Gli azzannerà la testa.
    E lo ucciderà.

     
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  12. Ronin_
     
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    Le Sentinelle sono costrutti di livello basso: sanno solo caricare a testa bassa ed elaborare poche informazioni al secondo.
    Gli essere viventi, invece, sebbene a diversi livelli, sono in genere più capaci di cooperare e formulare strategie diverse.
    Il capitano Santago afferra la lancia corta, attendendo di vedere il risultato della manovra dei suoi uomini.
    Uno di loro, approfittando della mossa dei suoi due commilitoni che hanno – insieme – bloccato un braccio armato del costrutto, è saltato sopra il capo di questi per colpirlo con lo spadone, imprimendo nel colpo tutta la propria forza.
    La spada impatta contro il muso della Sentinella senza provocare molto danno. Una falce già levata in aria, invece, colpisce provocandone parecchio... sangue e carne schizzano in aria e per terra, insozzando tutti gli Asruan vicini.
    «No!» grida il capitano non riconoscendo più nella forma che pende dall'arto meccanico il corpo di un uomo, perché diviso a metà.
    Gli altri due commilitoni non si perdono d'animo e, mentre uno si accanisce contro il braccio bloccato, l'altro muove la sua ascia per spazzare più zampe d'acciaio che può nel tentativo di rendere meno pericoloso l'Artiglio.
    Tutti gli altri si muovono, bersagliando dalla distanza il criminale.
    Il Sicario Rosso si volge verso She, vedendola – sola – alle prese con un avversario.
    Sale velocemente di qualche passo sulla collinetta posta alla destra del gruppo, poi, ginocchio a terra, abbatte le mani sul terreno. Scosse udibili soltanto da essere sin troppo vicini alla natura si muovono da quel punto per convergere tutte sull'Artiglio morso dalla bestia.
    Questa ne ha intaccato parte della calotta che gli protegge il core, ma il nucleo è ancora vitale.
    Il robot muove due sue zampe a falciare gli arti dell'animale in movimenti circolare e bassi.
    Subito dopo, da sotto la pancia del costrutto, emergono speroni di roccia che ne fracassano il primo strato di protezione metallica impalandolo dove si trova.
    Sembra, tuttavia, che quel coso sia ancora attivo.

    Dal sentiero che il gruppo ha appena abbandonato, nuovo rumore di passi metallici.
    Sembrano in molti.

     
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  13. S h e
     
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    Troppo poco profondo.
    Il suo morso non è arrivato alla testa del mostro di metallo, che continua a muoversi. Ed è un male. Avrebbe dovuto abbatterlo, subito, senza dargli modo di reagire.

    Non aveva calcolato la pelle così dura della cosa ragno. E questo non è bene.
    Non conosceva la preda, non quella, che è così diversa dal suo cibo e dai suoi nemici abituali. Non fino a quel momento.

    Ora ha sentito il suo gusto. Conosce l'odore del sangue di quello.

    E non sbaglierà una seconda volta.

    L'improvviso smottamento della terra la coglie di sorpresa. Non si aspettava potesse succedere qualcosa di simile : in quella strana terra non sono solo le bestie ad essere differenti. Anche il suolo fiorisce di rocce aguzze.

    Ma questo le da il tempo di accorgersi che il mostro ragno ha fatto scattare due delle sue gambe verso di lei, in uno stridio come da cicala, cercando di colpirla.

    Illuso.

    Lei lascia la presa, allargando le fauci. Si da una breve spinta, indietro, quel tanto che basta perchè le zampe affilate della bestia di metallo riescano a graffiare solo l'aria.
    Brontola, mentre guarda la sua preda.

    Brontola e ruggisce, le zanne ancora snudate, grondanti saliva. Le orecchie abbassate all'indietro, le scaglie ritte, brillanti come la brace. La coda che saetta come impazzita.

    Aspetta un istante, quel tanto che basta perchè la zampe alzate della cosa ragno portino a termine il loro movimento, e poi scatta di nuovo.
    Spicca un balzo, elegante, gli artigli delle zampe completamente snudati.
    Ruggisce, ingoiando nel suo urlo di guerra tutti gli altri rumori di quella piccola parte di mondo, e si lascia cadere, con decisione, di peso contro la corazza della bestia di metallo.

    Non sa quanto possa essere forte, ma sa che le sue gambette fini non potranno sostenere il peso dei loro due corpi uno sull'altro per molto.
    Ma non si limiterà a quello.
    Ha intenzione di scavare, lei. Colpire di nuovo la testa della cosa ragno, oramai priva della difesa offerta dalla dura scorza, e strapparne fuori quanto più può.

    Privo di cervello e bloccato al suolo quell'insetto deve morire.



    CITAZIONE

    # Silenziosa Parola

    Ovviamente le Bestie non parlano. Nemmeno la nostra lo fa. Il suo linguaggio di base rimane quello degli animali. Tuttavia, la gatta pare possedere anche abilità ESP, come quella di rilevare presenze promananti pensiero attorno a lei (che le si rivelano come una sorta di alone luminescente all'interno di una camera buia, sovrapponibile a quello che vede con gli occhi, di colore variabile lungo la scala cromatica in rapporto alle loro intenzioni/sensazioni) fino ad una distanza di un centinaio di metri, e quella di proiettare il suo pensiero nella mente di quelli che sa essere attorno a lei.
    [Passivo.]

    # Dono della Forza

    Le armi della bestia sono i suoi denti e i suoi artigli. Con quelli attacca. Con quelli si difende. Non ha altro. Niente di diverso da quello che la natura le ha concesso in sorte. Per questo quando li usa, la bestia è letale tanto quanto lo sarebbe un guerriero armato.
    Analizzando la meccanica di gioco, ogni azione compiuta in combattimento dal Segugio è considerata tecnica di livello basso. Per poter usufruire di questo, il segugio rinuncia ai suoi slot tecnica.
    Inoltre alla bestia è possibile spendere un consumo basso di mana. Facendolo ogni suo attacco guadagna un bonus di esecuzione del 25%
    [Passivo./ Potenziamento a spesa variabile.]

    # Grazia della Bestia
    Come ogni predatore, anche questo nostro grosso animalone punta sulla sua agilità per sopravvivere. Meglio rapido e preciso che potente. La natura, facendo suo questo principio nel progettare la fiera, ha dotato la bestia di notevoli capacità aerobiche.
    Quindi il Segugio si considera dotato permanentemente di un bonus di agilità pari a +50%
    [Passivo.]

     
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  14. Ronin_
     
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    Inutile stare a precisare come il peso e le zanne di lei abbiano fatto breccia nella sottile corazza della Sentinella: il frastuono di metallo spaccato ne è testimone.
    L'altro costrutto di acciaio viene sbriciolato in breve da tutta la squadra di esploratori.
    Santago si appoggia alla lancia corta conficcandola nel terreno e si deterge il sudore dalla fronte.
    «Povero Lijji» mormora scuotendo il capo. Sta per dire qualcosa, quando il Sicario gli si avvicina e parla di nuovo, nella sua voce pacata, nella sua lingua sconosciuta.
    Sussurra, questa volta, salvando tutti dallo sforzo di comprendere. Il capitano sbarra gli occhi e boccheggia per qualche istante, ma lui è un uomo di guerra e riprende velocemente il controllo di sé.
    Quindi si volta verso i suoi uomini. Alza un piede dotato di un grosso scarpone su una roccia e vi distende l'avambraccio.
    «Signori, il Sicario mi ha appena informato che una mandria di Sentinelle sta per raggiungerci. È vero che...»
    Ma le sue parole sono ingurgitate dall'espressioni intimorite dei soldati, alcuni dei quali sono ancora nei pressi delle due metà di Lijji, cercando di rimetterlo in sesto.
    «Ragazzi, fate silenzio.» Il capitano riprende il comando con la sua voce baritonale. Si mette il cappello, prima legato alla cintura, ma solo dopo essersi sistemato la bandana bene sul capo. Si liscia i baffi che seguono il contorno delle sue labbra e poi riprende a parlare.
    «Undarm è nelle vicinanze. Ci muoveremo verso la città e chiederemo loro di mandare un plotonoe di rinforzo per ripulire la zona. In fondo, Klemvor non è poi così distante...
    Prendete il corpo di Lijji e avvolgetelo in spesse coperto: lo portiamo con noi.
    »
    Sospira e stacca la lancia dal terreno.
    «Avanti. Formazione serrata. Due esploratori nella retrovia – mi raccomando, ragazzi – mentre ne voglio uno in avanguardia. Jikkha, vai tu.
    Sicario, la bestia come sta?
    »
    Solo ora Santago si volta verso She, avvicinandosi di qualche passo. In tutto il marasma, nessuno le ha dato poi così tanta retta e, quindi, nessuno s'è accorto di quello che è stata in grado di fare.
    Avvicinandosi con fare circospetto, l'uomo si ferma a pochi metri dai resti della Sentinella e si china per terra, piegando le ginocchia ma senza far loro toccare il terreno.
    «Sei una bestia forte» dice, sperando che lei capisca senza l'intervento dello sciamano.
    «Sicario, falla restare nella retroguardia: li si sarà utile. Appena arriveremo alla Città Portuale, avrai un premio, femmina.»
    Poi si alza e il gruppo si mette in marcia.

    Viaggiano a una certa velocità per tre quarti di giro di clessidra, sino a quando un odore di uomini, diversi, tocca con forza le narici di She.
    Si trovano a poca distanza dalla Città: giù, a fondo valle, si vede già l'agglomerato. Il gruppo, infatti, s'è spostato a est e, da qui, ha preso a scendere lungo il fianco di una collina piuttosto alta ma con un pendio dolce. Ai loro lati, ancora i residui piuttosto fiorenti della foresta in cui sono entrati. Il deserto di sterpaglie è ormai abbastanza lontano.
    Alberi dalle foglie numerose e sottili schermano il gruppo da un sole carezzato ancora da nuvole grigie e soffici. La pista sembra battuta regolarmente ed è, inoltre, abbastanza larga.
    Il profumo di uomo diventa via via più intenso, mano a mano che la squadra proceda in direzione.
    Col Sicario Rosso accanto, She fa il suo primo incontro con la civiltà: davanti a lei, a una certa distanza dalle mura, alla fine della collina, si estendono campi coltivati a perdita d'occhio.
    Su di essi, uomini che vi faticano dalla mattina. Accanto ad essi, gruppi armati di soldati, pattuglie.
    Santago annuisce soddisfatto e si ferma solo un istante.
    «Bene, siamo quasi arrivati.»


     
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  15. S h e
     
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    Tutto si compie, come deve essere. Il ciclo naturale delle cose.
    Chi è più forte vince, chi è più adatto alla vita, più preparato, più scaltro. Più adattabile.

    Tutto il resto muore, nella polvere.
    Tra i denti le cola ancora il sangue putrido della cosa ragno, quando l'uomo alfa di quel branco strano le si fa vicino, per inginocchiarsi davanti a lei, mentre le sue scaglie tornano ad abbassarsi, lasciando il rosso acceso per tingersi di un profondo lavanda.
    Sa di sudore, eccitazione e sangue. Sangue di uomo, e sangue di bestia ragno.

    Anche loro hanno combattuto, lo sente. E anche nel branco che si è messa a seguire qualcuno è morto.
    Ma il branco è stato forte ed ha vinto.
    Ma non è ancora finito.

    Si avvicina altro pericolo. Lo ha sentito. Il puzzo di quegli esseri dalle gambe affilate e dalla pelle rigida oramai le è familiare, così come il loro rumore, quando si muovono. Ma sono ancora moderatamente distanti.

    L'Alfa dei due gambe cinguetta, mostrando poco i denti.
    Vuole che stia in fondo al loro gruppo, chiudendo la fila. Lo sente. Pensa che sia meglio così, e pensa anche che arrivati alla tana grande degli esseri uomo potrebbe darle qualcosa.

    Per quanto la voce dell'uomo sia così ridicola, non può che annuire. Ha le doti del capo, e parlare nel mondo giusto con una come lei non è facile.
    Per nulla.

    Si legga il muso dal sangue della bestia ragno, si pulisce il naso.
    E procede, seguendo il gruppo, a passo leggero.

    E' solo in vista della Tana grande che tutti si fermano.
    Gli esseri uomo erano così strani. Non sapevano adattarsi al mondo : cambiavano il mondo per adattarlo a loro.
    Le tane del suo branco erano lì, e lì sarebbero sempre state, nella roccia. Le cose che facevano i due gambe erano fragili. La Terra che si scrolla le avrebbe distrutte tutte, prima o poi.

    Si sentiva però vagamente eccitata.
    Erano arrivati alla Tana. Avrebbe avuto il suo premio. Così aveva detto l'uomo alfa.

    - Cosa farete, ora, uomo rosso? ! -

     
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36 replies since 16/1/2009, 22:18   608 views
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