Stream of Consciousness ~

PriNceSs * ~ Mana Cerace

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  1. PriNceSs *
     
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    Respirò lieve. Un soffio di fiato, un passo cadenzato.

    Le affusolate dita si mossero esperte fra i fili della pregiata lira che teneva in mano, producendo una sublime melodia d'altri tempi.
    Note strazianti e profonde si espansero intorno, in un posto volutamente silente e vuoto, privo di qualsiasi vita che potesse udire i segreti del suo animo manifestati in melodia.
    Era musica incantevole, ammaliante, terribilmente penetrante. Era impossibile non rimanerne attratti, ma per lei che la creava con le sue stesse dita, era ancora di più. Era la sua personalità che emergeva sfrontata, senza timore d'osare, nè di errare.
    Le palpebre erano socchiuse, la mente persa e concentrata in quel privato spettacolo che produceva arte pura, solo per sè stessa.
    Eppure, per quanto elevata fosse quella magia, non poteva avanzare senza osservare e le palpebre, scontente, vennero sollevate rivelando due occhi cristallini, azzurri, chiari, vibranti di vita e intensi, magnetici, estremamente belli. Si incastonavano perfettamente sul volto chiaro e niveo, dai tratti armoniosi, dolci e delicati, con delle labbra carnose e rosse che stonavano piacevolmente nell'insieme.
    I lunghi capelli biondi catturavano di tanto in tanto i riflessi dei flebili raggi solari, rimanando riflessi dorati e caldi come il miele nelle loro lievi curve lungo la schiena. L'abito scuro, nero, fasciava il corpo con eleganza innata e ne manteneva costante il calore della pelle, con la sua lieve stoffa.
    Furono molti i passi ed altrettante le melodie, ma infine l'animo della ragazza trovò pace e ristoro sul terreno dal manto erboso di un posto sconosciuto. Forse la mossa fu azzardata, i sensi rilassati in terra mai calpestata prima, eppure il tormento dell'animo appena stabilizzatosi reclamava ora silenzio e buio, oblio.
    Fu così che poggiato il corpo snello e sinuoso, dalle curve morbidi e gli arti affusolati, le palpebre si chiusero. La lira stretta ancora con una mano, la schiena sfiorata dall'erba ed il capo reclinato appena lateralmente, mentre il sonno lento ed invasivo, prendeva ora possesso di lei.

     
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  2. Mana Cerace
     
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    Reclamava ora silenzio e buio, oblio.
    Cominciò così. Come un alito di vento in una grotta: un sibilo inafferrabile. Un movimento ibrido, appena percettibile, come il battito d'ali di una farfalla. Poi un tonfo, sordo, e l'oscurità che lo copriva si dilaniò, sfibrandosi, aprendo squarci in più punti. E vennero fuori due braccia, poi il busto e le gambe. Parvero stiracchiarsi, i muscoli guizzanti ancora in tensione. Infine fu un suono roboante, il ruggito di un leone con la potenza di un drago, tremendamente simile ad uno sbadiglio.
    Il signore del buio era di nuovo sveglio.
    Era apparso non nella valle delle camelie, a confortarsi del canto della ninfa Egeria, ma lì, direttamente dentro il sogno. Perché in fondo, lo sapevano tutti, i sogni (gli incubi) erano il suo pane e il suo vino, tutto quello di cui aveva bisogno per nutrirsi. Camminava cupo, aspettando che si palesasse la figura che lo aveva evocato con il suo desiderio di riposo, di oblio. Oblio. Quanto amasse quella parola nessuno poteva saperlo, e tanto era profondo il suo amore per essa che ogni volta si sorprendava nell'accorgersi di quanto spesso si fermasse a pensarla solo come parola e non come concetto. Le parole erano il veleno perfetto, capace di ferire senza lasciare traccia. E l'agonia era sempre lunga, a volte infinita. Si fermò di colpo, guardando torvolo intorno a se.
    «Uno, due, due e mezzo e tre: Mana Cerace è qui per te.»
    Praticamente aveva dato il permesso a qualcuno di comparire nel suo sogno. Illusi, tutti loro. Non sapevano che i sogni, tutti i sogni, erano sua proprietà esclusiva.
    «Mio il silenzio, mio il buio, mio l'oblio.»

     
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  3. PriNceSs *
     
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    Aveva sempre tentato di realizzare il momento in cui si passava dalla veglia al sonno.
    Quando il periodo di dormiveglia era lungo ed il sonno leggerissimo, le era quasi possibile separare i due mondi, ma il più delle volte doveva arrendersi all'assenza di ragione che li tenesse collegati, e separati.
    Spesso, si confondevano persino fra loro. Un sogno reale, con sensazioni ed emozioni vere, così come una realtà inafferrabile quanto la finzione.
    Un tormento, sul tormento, nel tormento.

    Non poteva giurare di essersi già addormentata, sentiva il suo corpo, ma non sapeva riconoscerne la reale concretezza.
    Adesso i suoi occhi le sembravano aperti, curiosa sbirciava intorno, ma di certo era abbastanza lucida da maledire l'aver lanciato un ultimo pensiero al posto sconosciuto, dando via libera ad assurdità per nulla positive.

    «Uno, due, due e mezzo e tre: Mana Cerace è qui per te.»

    « E adesso cosa c'entra Freddy Kruger qua... »

     
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2 replies since 1/2/2009, 01:16   117 views
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