Tribute to the Neverborn Heroes

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  1. Gabriev Disith
     
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    Il dovere dei sopravvissuti in guerra è quello di vivere anche per i caduti,
    serbando per sempre nel cuore il loro ricordo.


    E’ l’alba di uno dei tanti giorni di mezz’inverno, a Kisnoth.
    In un luogo non raggiungibile da alcuno,
    una figura avvolta in un bianco mantello,
    avanzava a passi lenti e misurati su di un terreno niveo.
    Decine di lame, dalle fogge più disparate, strane ed esotiche, semplici o elaborate
    giacevano conficcate nel morbido, gelido tappeto che lo circondava,
    dove potevano essere scorte a perdita d’occhio.
    La logica suggeriva che non potesse esistere un luogo così vasto,
    racchiuso all’’interno delle mura della città della Grande Dama,
    ma come spesso la vita c’insegna,
    non sempre la logica è sufficiente a dettare
    condizioni e limiti alla realtà.

    E così era per quel luogo.

    Avanzò sotto il plumbeo cielo invernale, senza che il suo passaggio lasciasse impronta alcuna su quella delicata superficie,
    quasi fosse un pallido spettro errante privo di peso;
    ogni lama che superava portava inciso un nome su di sé, in centinaia di lingue diverse,
    alcune arcane, perdute e dimenticate...
    A vederlo da lontano, quel figuro ammantato di bianco, nella neve, pareva quasi un personaggio delle fiabe,
    una di quelle icone talmente belle e distanti nei loro pensieri,
    da apparire semplicemente irreali…



    Il misterioso viandante si fermò sulla cima di una piccola altura, un dolce rilievo dove svettavano quattro spade;
    la prima,dai toni cerulei e dalla lama a guisa ondulata, portava impresso su di sé un nome, bianco come un cristallo di neve…
    Yuza Giadawan.
    La seconda, che per lavorazione non aveva nulla da invidiare la precedente, era una fine lama color dell’ebano,
    su cui giaceva un nome scarlatto come il sangue fresco e appena versato….
    Erion Blackwings.
    La terza, una lama lunga e priva di un qualsiasi fronzolo, non era per questo meno splendente delle altre;
    portava un nome squadrato in ogni singolo carattere, a ricordo di ciò che era…
    Leudast Magnulf.
    L’ultima, era una lama dalla curvatura accentuata e sinuosa, sal coprimano che pareva
    costituito dall'intreccio intarsiato delle foglie d'autunno. Su di essa, era inciso un nome dolce e musicale…
    Goccia.
    Capelli biondi vennero rapiti per un istante dal vento, danzando -e sferzando- il volto del loro etereo padrone;
    questi si chinò per un istante, e parve posare un simbolo ai piedi di ciascuna delle quattro spade:
    una runa formata da un cerchio, una spirale, un rombo, un triangolo ed una linea.
    Un disegno geometrico...? Un motivo decorativo...?
    Probabilmente l'unico a sapere cosa quel simbolo fosse e significasse era Lui…


    Un tributo agli eroi che avevano salvato ogni cosa e che nessuno avrebbe mai conosciuto.
    Un tributo agli eroi che non nacquero mai.




     
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