Y u e VS Hisagi Shuhei

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    Viaggiatore dei Mondi

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    Un mugolio agonizzante fece eco alla pedata inferta all'altezza dei reni dal suo stivale corazzato; un'azione che aveva dello spettacolare nel suo coordinare in un connubio perfetto una forza brutale e sovrumana con un colpo secco e preciso, a tradimento, sferrato alle spalle e con mostruosa leggerezza...

    Una
    "leggerezza" tutta relativa, a dire il vero, dal momento che quel povero stronzone si ritrovò catapultato una decina di metri più avanti, al pari di un fuscello colpito dalla zampata di un orso, probabilmente ferito e con le vertebre dissestate, atterrando come un macigno con braccia e gambe, tremante, balbettante e imbrattato di rosso.

    "Io te l'avevo anche chiesto di farmi passare."

    Con passo imponente e baldanzoso, un uomo dai capelli rossi emerse dalle ombre delle gradinate, abbandonando i corridoi interni per calcare -ora indisturbato- la pietra degli spalti; rivolse al ferito un'occhiata divertita, e le sue labbra ben disegnate si schiusero in un sorriso sadico e poco rassicurante che snudò la dentatura ferina.
    Non erano certo delle scuse, le sue, né una giustificazione -certe cose sono per i senza-palle!-, e difatti non prestò ulteriori attenzioni a nessuno nei paraggi prima di decidersi a proseguire con un'alzata di spalle.

    Adesso, muoversi per le tribune gremite s'era fatto immensamente più comodo:
    si respira sempre un'aria migliore quando la gente ha paura tanto da cercare di starti il più lontano possibile, e non ammorba più il tuo respiro col suo fiato fetido.
    Eccessivo, dite? Forse, ma incredibilmente efficace.
    Sì, perché certe fottute teste di noce non arrivano a capire che fanno bene a tenere le distanze solo perché hai una spada succhia-anime affamata in spalla; no, no...
    Devi per forza dargli una piccola dimostrazione che glielo faccia capire.

    Non ebbe problemi neppure a trovare un posto a sedere; gli bastò adocchiarlo per farselo cedere, e poiché iniziava a sentire un certo brontolio nelle budella, si concesse anche di afferrare per il bavero lo spettatore più vicino e temerario per intimargli di andare
    gentilmente a procacciagli del cibo da spiluccare durante lo spettacolo.

    "Cazzo."

    Brontolò mettendo il broncio come un bambino e sferrando un calcio rabbioso al parapetto davanti a lui; il metallo si deformò con un lamento.

    "Guarda come si divertono quei due..."

    I suoi occhi seguivano con una sorta di invidia la figura del Confratello Hisagi e della Vestale Yue, in piedi sul ring e pronti a darsele, e -per quanto non li conoscesse troppo bene- lo allettava non poco l’idea di scendere quei gradoni di pietra, scavalcare la balaustra e unirsi a quel gioco di metallo e sangue.

    "Chissà se posso scendere anche io a giocare con loro."

    Sospirò -quasi affranto-, con non troppa convinzione,
    sentendosi come il bambino escluso dai compagni;
    sarebbe rimasto al suo posto ad osservare l’idillio, ripromettendosi –magari- di partecipare anche lui, la prossima volta...
    sarebbe rimasto al suo posto perché percepiva
    presenze in zona.
    E venire ripreso da altri Arcani per la sua condotta non gli era mai andato particolarmente a genio.

     
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  2. Gaou Rikiya
     
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    Ovunque si voltasse, cibo.
    Le forme degli uomini si accavallavano ordinate le une sopra le altre, seduti sugli spalti. In file, ferme e regolari, parevano delle trote al banco del pesce.
    Ogni tanto qualcuna accennava movimenti di poco conto, applaudendo o alzandosi per sgranchirsi le gambe, attirando inesorabilmente il suo sguardo.
    Spaventati, finivano con l'allontanarsi inesorabilmente dalla sua figura, procedendo in direzione opposta alla sua.
    Non era da tutti i giorni trovarsi innanzi un colosso come lui. Più di tre metri d'altezza per due di larghezza delle spalle.
    Avrebbe potuto sollevare e scagliare come un pupazzo chiunque, fra i presenti. Avrebbe potuto spezzare le ossa di alcuni con una sola mano, neanche fossero stuzzicadenti.
    Ma non era per mangiare che si trovava lì.


    « Immagino che questo andrebbe contro le regole del torneo, confratello. »

    Senza che nessuno glielo preannunciasse, prese posto accanto allo stanco Gain, occupando molte più sedie di quante ne sono riservate ad un singolo spettatore.
    Non conosceva molto di lui, se non qualche voce di corridoio. Sussurri che finirono inevitabilmente con lo spostare il suo sguardo dalla figura felina del viso a quella affillata della spada che portava con sé. Una spada che, se ciò che aveva sentito era vero, sarebbe stata in grado di cibarsi di... anime.
    Tentò di distrarsi, osservando lo scontro sotto di loro, benché dagli spalti non riuscisse a goderselo appieno.


    « Le vie di Janshin sono misteriose, oltre che perverse. »

    Ebbe un singulto divertito, prima di continuare.

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    « Mai mi sarei aspettato di assistere a questo scontro prima della finale. »
     
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    CITAZIONE (Gaou Rikiya @ 19/4/2009, 11:49)

    « Immagino che questo andrebbe contro le regole del torneo, confratello. »


    E quello chi cazzo era?
    Fu questo il primo pensiero che attraversò il cervello di Gain alla vista di quel bizzarro colosso che gli aveva rivolto la parola, sedendosi accanto a lui e trascinandosi appresso un lezzo incredibile.

    Lo fissò per un istante di sottecchi, cercando -contro tutte le sue abitudini- di fare mente locale per identificare così il nuovo arrivato: l’aveva chiamato confratello… che cazzo aveva a spartire con quello?
    Di sicuro non era un Arcano della Curtis, quindi...

    Chi se ne frega, c’avrebbe fatto a botte:
    a giudicare dalle dimensioni, al minimo due o tre affondi avrebbe dovuto reggerli, e lui almeno non avrebbe continuato a rosicare per esser stato messo in disparte dalla troia e lo sfregiato…

    Lo sfregiato… la troia…
    Ma certo!

    Era un altro membro della confraternita di Janshin… Gaou-qualcosa.
    Per quanto ricordava il Campione della Malevolenza, era un ciccione mangiacazzi, che metteva in bocca tutto quello che gli passava in mano... ma non aveva mai avuto il piacere di tirargli quattro o cinque pugni nei coglioni.


    CITAZIONE (Gaou Rikiya @ 19/4/2009, 11:49)

    « Le vie di Janshin sono misteriose, oltre che perverse.
    Mai mi sarei aspettato di assistere a questo scontro prima della finale.
    »


    E, per quanto desiderasse farlo in quello stesso istante, sapeva che non avrebbe potuto; percepiva come per una sorta di risonanza la presenza di altri Emissari, e l’ultima cosa che voleva era subire una lavata di capo del Card Master.

    Sospirò sconsolato, accarezzando la Soul Eater.

    ‘Fanculo.

    "Si, Janshin è veramente uno stronzo, concordo.
    Tu piuttosto, che ci fai da queste parti? Non ho sentito di nessuna sagra del maiale urlante."
     
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  4. Agon Kongo
     
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    Spazzatura.
    Era ovunque, intorno a lui: riversa sulle gradinate di quel fottuto stadio, accasciata sui seggiolini sporchi di sangue. C'erano pezzi di carne persino sulla balaustra che si sporgeva sull'arena. E la spazzatura continuava a macellare, a far casino.
    Non lo sopportava.
    Fece un passo avanti, scavalcando il cadavere di una donna orribilmente mutilato. La cagna ancora aveva gli occhi aperti, sgranati come se l'avessero appena presa da dietro con un trapano. Se ne disinteressò presto, superando altre frattaglie, altre cervella, altro sangue. Le mani in tasca, lo sguardo fisso sul quadrato bianco, sembrava completamente estraneo al massacro che prendeva piede lì attorno: i devoti di quel fottuto dio della morte stavano dando spettacolo a discapito degli spettatori paganti.
    Cazzi loro.
    Il lettore mp3 gli stava sparando nelle orecchie un vecchio pezzo di Eminem, Cleaning out my closet. E sì che quel posto avrebbe avuto bisogno di una ripulita.
    Poi accadde qualcosa che sarebbe stato meglio evitare; per i Jiashinisti, ovviamente.
    Gli si gettarono addosso in due. Un coglione armato di spada e un frocio che reggeva un'ascia. Con un movimento apparentemente lento, le sue iridi ruotarono nella direzione degli esaltati suicidi.
    Non sorrise.

    ♪ I'm sorry mama
    I never meant to hurt you
    I never meant to make you cry
    but tonight I'm
    cleanin' out my closet ♪


    I cadaveri dei due pezzi di spazzatura volarono lontani, in più pezzi, e ancora lui teneva le mani nelle tasche dell'ampia felpa con cappuccio -che gli copriva i dreadlocks solo parzialmente- bianca. Scese qualche altro gradino, senza spegnere l'mp3, con cui coprì le grida strazianti delle vittime del massacro. Non aveva voglia di fare voyeurismo creativo, quel giorno. Era lì per un altro motivo.
    Dietro gli occhiali dalle lenti colorate, Agon Kongo fissava lo scontro con una bramosia inumana.
    Con lo sguardo di una bestia in gabbia, desiderosa di spezzare le sbarre
    e sbranare i suoi carcerieri.
    Sedette sulle prime file, senza che nessun altro dei pezzenti idioti lì attorno osasse muovere un muscolo nella sua direzione. Quel che successe dopo fu strano: qualcosa attirò la sua attenzione come accadeva di rado, molto di rado. Due uomini di grossa stazza se ne stavano esattamente come lui, comodamente sprofondati nelle poltroncine, ad osservare lo scontro e solo quello. Li guardò per un attimo, accennando ad un mezzo sorriso. Erano dall'altra parte dell'arena, così non avrebbero potuto sentire il suo commento sprezzante:



    « Tsk...Spazzatura. »

     
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  5. Gaou Rikiya
     
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    Il suo sguardo si soffermò sull'altro solo per un istante; non di più.
    Gain teneva fede alla sua fama; o almeno alle voci con le quali gli era stato presentato: Il perfetto stereotipo dello Janshinita. Stronzo, strafottente e anche discretamente ottuso.
    ...Noioso, avrebbe detto lui.
    Per quieto vivere, tuttavia, non si lasciò sfuggire la minima goccia di disprezzo mentre trangugiava tutto d'un fiato l'amaro calice della delusione.
    Se Gain era così prevedibile, non gli restava che concentrarsi sul duello che stava prendendo piede nell'arena innanzi a loro.


    « Non sono così stupido da lasciarmi provocare in pubblico, Gain. »

    Gli sorrise con sincerità. La stessa sincerità che si potrebbe ottenere costringendo a sorridere un tirannosauro.

    « ...Né abbastanza umile da risolvere le faide in privato. »

    Indicò lo scontro, terminando la sua arringa.
    Yue e Hisagi si scambiavano colpi più violenti di quanto si sarebbe mai aspettato, attirando inevitabilmente il suo sguardo che, rapito, pareva non riuscire a distogliersi mai del tutto dagli schizzi di sangue che ormai coloravano l'arena; nemmeno per discutere con il suo interlocutore.


    « Oggi sono venuto unicamente per assistere a questo combattimento. »

    Il suo voltò mutò in una smorfia di pura ferocia.

    « ...Che incredibilmente, si sta rivelando meno noioso di quanto avevo previsto. »
     
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  6. Agon Kongo
     
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    Là sotto se le davano di santa ragione.
    Come al solito quell'idiota di Hisagi si stava facendo malmenare senza opporre la benché minima difesa; aveva quasi dimenticato quanto fosse divertente vederlo combattere. Era dai tempi dell'accademia che non incrociava quello sguardo omicida, quelle cicatrici, quella spada di merda.
    L'unico che avesse osato guardare lui, Agon Kongo, dall'alto in basso. Il solo che si fosse permesso di non considerarlo il dio che era: un fottutissimo esaltato con il sessantanove tatuato sulla guancia. Da troppo aspettava di potergli fare la pelle, e di certo non avrebbe permesso a nessuno di fottergli la preda.
    La più ambita.
    Sorrise in risposta a quel 'Vaffanculo, Agon' che lesse sulle labbra del suo rivale. Ghginò con un'esaltazione, una follia non sue; gli occhi fissi sulla figura inginocchiata e mutilata che si ergeva al centro dell'arena.



    « Non azzardarti a crepare, brutto stronzo. »

    Che sentisse o meno, non era un suo problema.
    L'unica cosa importante era vedere Hisagi sopravvivere a quello scontro inutile,
    per poterlo ammazzare con le sue stesse mani.

     
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