La Festa dell'Arrivo

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    Cherish

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    Istvàn è la città più grande che sorge nelle verdi praterie di Chediya, e, se il paragone fosse concesso, il fiore più azzeccato a cui corrisponderebbe sarebbe senz’altro una rosa, sbocciata in una corolla di innumerevoli petali.

    Sviluppatasi e allargatasi in un centro a pianta concentrica, racchiuso da alte e candide mura, ciò che subito colpisce la vista del visitatore di passaggio lungo i suoi cancelli sono le torri svettanti e slanciate, di altezze differenti, che si innalzano al cielo limpido a partire da diversi quartieri della città; il motivo di questa architettura è presto detto: come tutte le costruzioni della valle, anche e soprattutto la Capitale ripropone dei modelli di struttura che si prestino ad ottimizzare la fonazione del vento; senza la musica che esso produce, le cose all’interno di questo settore non sarebbero pacifiche quanto invece lo sono da decenni a questa parte.

    Questa metropoli, difatti, realizza una vera e propria utopia: grazie agli influssi benefici degli effetti sonori delle correnti eoliche, e al buon governo della reggente -basato su una politica di integrazione e collaborazione- è possibile ammirar vivere in perfetta coesione un gran numero di razze, anche molto lontane tra loro; elfi, orchi, umani e meticci ricevono sempre un trattamento equo e giusto, la qual cosa è divenuta ormai una elementare e naturale consuetudine talmente ben radicata dal lungo tempo della convivenza, da far risultare una bizzarria unica l’affermare qualcosa di diverso da questo principio.

    Una simile società è stata resa edificabile principalmente per mezzo dello sviluppo che –specie nei primi anni di vita del centro urbano- la Dama Azzurra ha impresso alla creazione di un posto che raccogliesse, ospitasse e provvedesse a tutti i bambini e i giovani del territorio –anche orfani, o disagiati- come una casa, allo scopo di istruirli alla cultura, alle arti e al reciproco rispetto, aiutandoli a coltivare i propri interessi, le proprie inclinazioni e i propri talenti, indirizzandoli a trovare la vera forma di sé stessi nell’avvenire.

    Volendo fornire una descrizione generica della struttura cittadina, in base ai poli fondamentali della sua vita quotidiana, è facile individuare sei zone principali.
    La prima indispensabile tappa per il transito in città è l’Innerlyn, la Regia Dogana, dislocata in quattro uffici, ognuno dei quali è collocato presso i portoni di accesso, posti a loro volta ai punti cardinali e i cui battenti sono sempre aperti a viaggiatori, avventurieri, visitatori e mercanti.

    Gli sportelli sono molteplici, e così l’afflusso è regolato in maniera veloce e scorrevole: non viene richiesto alla gente in entrata niente altro che il loro nome, il motivo della loro presenza a Istvàn e la durata indicativa della permanenza... ed è proprio qui che la vostra visita ha inizio.




    CITAZIONE

    Istruzioni del QM
    Benvenuti ad Istvàn.
    La presente è una Quest introduttiva in cui conoscerete la città, i suoi luoghi, i suoi personaggi, la sua struttura e le sue dinamiche.


    Un nuovo radioso giorno sorge sulla verdeggiante valle dell'Est, un giorno molto per gli abitanti della città di Istvàn e per quanti la visitano.
    Come spesso in questo presidio, il cielo è limpido e sereno, incoronato da un sole dorato e vigoroso che spende gioioso di una nuova primavera, ma sebbene i caldi raggi piovano con un entusiasmo quasi invadente, grazie alla brezza profumata che spira ovunque per la valle non patite il caldo.

    La fila agli sportelli, solitamente così fluida a smaltirsi, quest'oggi sembra interminabile; c'è gente che aspetta di poter oltrepassare le mura dalla notte precedente, eppure -forse per merito dell'effetto terapeutico del Canto del Vento- nessuno si lamenta.
    Al contrario, tutti -le persone che vi precedono e quelle giunte dopo di voi- sembrano intimamente eccitati e in attesa di qualcosa.

    Dal chiacchiericcio degli altri viandanti sentite che si vocifera di un particolare evento...
    Una Festa per la quale, solo una volta in tutto l'anno, i portoni delle Quattro Dogane vengono chiusi in tempo di pace, sbarrando l'accesso alla città dalle 3 di notte alle 10 del mattino.
    Ciò vuol dire che gli ingressi verranno aperti a momenti...

    Per cominciare a giocare, postate qui di seguito la vostra presentazione alle mura.
    Chi c'è, c'è; chi non c'è... può sempre aggiungersi! ;*


     
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    The guru in the darkness...

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    Istvàn
    Mattina



    L'Eden sulla Terra.
    Quello era il nome dato da quei pochi e fortunati umani che avevano avuto la concessione di entrare alla bianca residenza dei Galanodel. Ed in effetti, quella sublime quanto luminosa opera d'arte era stata appositamene creata per tale scopo; sebbene formata di sole pietre e tessuti, avrebbe dovuto ospitare i figli di quella gloriosa stirpe che, millenni orsono, era scesa dal cielo per combattere le forze del male.
    Quarion la ricordava molto bene, quasi come se da quella "casa" se ne fosse andato da pochi giorni. Stanze enormi e luminose dalle vetrate lavorate e dipinte alle cornici, come anche i muri ricoperti da affreschi. E dunque portici, giardini, colonne... e torri.
    Ah, quanto gli piaceva da bambino mirare le torri del suo piccolo regno, tre in tutto, che si levavano al centro del complesso come simbolo della loro potenza e del loro legame con quel cielo che li sovrastava e li proteggeva. Quelle torri sarebbero dovute diventare sue, un giorno...

    Eppure non sempre le cose vanno a buon fine. Lui, l'erede di tutto quello, si era trovato ramingo in un universo che non gli apparteneva, e tutto per aver sfiorato il Suo volto, assaggiato le Sue labbra rosse, tentato di possederLa. Lei, l'unica che non avrebbe mai abbandonato i suoi pensieri.

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    Crudele, ecco come era il destino, un sadico che rideva di lui.

    Con passo lento e sguardo solenne, Quarion Galanodel fece la sua comparsa alle porte di quella città che così tanto somigliava alla reggia in cui aveva vissuto durante la sua infanzia.
    Ad ogni suo passo, la luce dell'astro appena sorto sembrava accarezzagli le chiome del colore dei lapislazzuli, riflettendosi su di essi come se fossero di vetro, catturando l'attenzione di molti dei presenti. Forse erano rimasti folgorati dalla sua incredibile bellezza, così travolgente da essere in grado di accattivarsi le simpatie sia degli uomini che delle belle donzelle. Una bellezza senza distinzione di sesso...lui si che sembrava un vero Angelo.

    Gli astuti occhi del giovane sondarono quel luogo, sorpresi nel notare che tutti coloro che attendevano in fila di poter varcare le porte di quella città avevano sul volto disegnata una espressione serena. Forse era quella dolce musica, o forse quel clima paradisiaco.

    Le labbra morbide si curvarono in un sorriso dolce, le le ita coperte da guanti neri si insinuarono tra le ciocche di capelli, intrecciandole giocosamente, mentre si compiaceva di chissà quali pensieri insinuatisi nella sua mente perversa.
    Eppure nessuno l'avrebbe capito, solo contemplato un bellissimo giovane sorridente.

    Ma quell'ambiente era troppo sereno per fare il prezioso; non gli conveniva. Dunque la mano che prima era impegnata a giocare con quei fili di vetro si sollevò in un delicato gesto di saluto.

    -Salve...
     
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    ...L'Arcobaleno d'Argento...

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    Il fuoco arda più forte, la terra produca i suoi frutti, le acque risplendano come cristalli, i venti intonino melodie regali, tutte le creature si inchinino, perché raro è il passaggio di Erelamarth Celebliant, rare sono le sue apparizioni, rare le sue parole; colui che il Destino ha scelto come vascello per il proprio potere aveva vagato per secoli, esplorando ogni rudere, ogni paese, ogni dimensione, dal giorno in cui quello stesso Destino decise di mandarlo su Endlos. Ora, però, bisognava trovare la giusta dimora per il più grande e possente dei Quattro Guardiani, l'Essenza numero Zero e mai decisione fu così rapida e certa, nella mente di questi: all'est del cosmo era il suo tempio, all'est di Endlos avrebbe vissuto. Trovare il cuore del Presidio Est, Istvàn, non gli richiese un eccessivo sforzo, tuttavia entrarvi quel giorno appariva più complesso e stancante del previsto: le dogane, che come laurea corona circondavano il muro esterno della capitale, erano grandemente ricolme di creature che attendevano pazientemente il loro turno. Come era possibile che tutta quella massa informe di miseri esseri legati alla morte non patisse la lunga attesa? Chiunque avrebbe espresso il proprio disappunto, anche il più calmo dei saggi, ché l'attendere logora più di qualunque ferita..Eppure quella turba ne traeva quasi beneficio! Quale incanto era stato gettato sulle loro deboli menti? Allora, come lo Zero aveva sentito dire, il vento che spirava nella valle aveva davvero capacità innaturali! Era l'unica cosa che si muovesse in quel momento, tutto era fermo alle dogane, tranne il libero vento, che danzava e cantava e che, a quanto sembrasse, leniva le sofferenze..Anche il calore del sole, che tutto osservava dal suo regno celeste veniva moderato dalla presenza dell'alito del mondo..

    *Avverto la loro serenità...Com'è possibile che nessuno abbia fretta o noia? Sono solo...felici...E parlano tra loro di una festa...Un festa che chiude i portoni delle dogane...Li chiude dalle 3 di notte alle 10 della mattina..Non manca molto alla loro riapertura...*

    Per un incanto più antico della storia stessa, tutto il madreperlaceo corpo del Guardiano, da sempre solcato dalla danza di tutti i colori visibili che si alternavano armoniosi sugli argentei capelli, sugli occhi e sulla veste, veniva così tramutato in un grande diamante: solo la purezza del bianco brillava su Amarth, solo il bianco della serenità da lui percepita lo accompagnava..Non splenda di ogni colore, soltanto di quello che seppe scacciare gli altri, perché specchio di ciò che il mondo provava in quel momento..Non si trovava fantasia sulle sue vesti, né sull'arma che sempre stringeva nel pugno, perché solo di bianco sapevano risplendere ora; e così pure i capelli e le iridi degli occhi non mostravano altro colore se non quello stesso bianco serenità. Oh, Amarthrind, Cerchio del Destino, fedele compagna del tuo signore, affilata arma che nelle sua mano giaci, non abbandonarlo mai, perché tu gli appartieni, lo completi, lo rispecchi...

    Ma nei pensieri di Amarth alcune parole e frasi erano risuonate, parole e frasi che il volgo aveva pronunciato e che lui aveva colto: parlavano di festa, orari e chiusura...Doveva essere quello l'unico motivo per il quale la fila alle dogane non scorreva, il motivo per il quale nessuno si lamentava, il motivo per il quale ognuno, prima e dopo di lui, era così eccitato...

    Così, sotto quel cielo terso, sotto quel sole luminoso, ai piedi di quella radiante capitale di nome Istvàn, dalle molte lance svettanti e dai grandi cerchi di mura, il Guardiano numero Zero dell'Ordine dei Guardiani, Erelamarth Celebliant, attendeva di entrare nella città, membro di una lunga fila alla dogana attendeva...Latore di verità antiche e nascoste attendeva...Attendeva..



    SPOILER (click to view)

    Synchro



    "Destinato a non godere di una particolare sfumatura di carattere, il Destino ha fatto sì che Amarth potesse provarle tutte, senza però poterne conservare alcuna: questa è l'origine di ciò che spesso egli chiama "Synchro"..."

    Per spiegarlo in termini poco ortodossi, rispetto a quelli che userebbe il Guardiano in persona, questa capacità non è altro che la possibilità di rendere Amarth un canalizzatore tra le emozioni provate dagli altri. Esse vengono attirate verso il Guardiano il quale, una volta assorbite, le direziona verso le altre persone presenti, inducendole a provare quelle stesse sensazioni. Può però decidere di interrompere il flusso di queste emozioni e, così facendo, espellerle dal proprio corpo sotto forma di attacchi. A prescindere dall'uso che ne possa fare, è proprio il Synchro a far spostare il riflesso del ragazzo su di un colore particolare, che uniformerà gli altri riflessi di Amarthrind, della veste, dei capelli e degli occhi.

    CITAZIONE
    Nota1: se non c'è nessun altro le cui emozioni possono essere canalizzate, Synchro utilizza quelle provate, da Amarth stesso.

    CITAZIONE
    Nota 2: Poiché Synchro è sempre in funzione, quando Amarth non la rivolge verso nessuno, l'abilità fa cambiare il colore di se stesso basandosi sulle emozioni da lui provate in quel momento

    CITAZIONE
    Nota 3: E' implicito dire che Amarth può fungere da rivelatore di persone: se, rivolgendo Synchro verso l'ambiente, cambia colore, significa che c'è qualcuno nel raggio d'influenza di Synchro



    Analisi dell'abilità:



    Raggio d'azione: 5 metri
    Sensazioni: utilizzabili una per volta, sebbene tutte accumulabili; ciò porta Amarth in uno stato di forte stress nel qual caso assorbisse più di quattro sensazioni contemporaneamente.
    Cambiamento cromatico: Tranquillità --> Azzurro
    Pace, Serenità --> Bianco
    Dubbio, Sospetto, Incertezza --> Giallo
    Invidia --> Verde
    Gelosia --> Arancione
    Amore, Affetto --> Rosa
    Rabbia --> Rosso
    Furia cieca --> Nero
    Odio --> Indaco
    Paura --> Grigio
    Sofferenza, Dolore ---> Marrone
    Tristezza --> Blu scuro


     
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  4. Le Chevalier
     
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    Endloss, Brughiera Fantasma
    1500 anni prima

    In un altro tempo - quando si fregiava del titolo di Cavaliere di Roccabruna - stava cavalcando insieme ad una splendida donna arruolatasi nel suo esercito. Una donna che era Sua, che aveva amato con tutta l'intensità che il suo immoto cuore poteva provare, sempre aveva cercato di tenerla fuori dai pericoli che una vita sul filo di una lama comportava, nonostante la sua testardaggine ma non quel giorno, quel giorno inebriato dal profumo dei suoi capelli non aveva prestato attenzione al luogo ne all'esercito che li seguiva e che aspettava ordini dal proprio comandante. Furono sorpresi sulle rive di un fiume che scorreva in un avvallamento del terreno, Fortunata, quello era il suo nome, fu la prima a cadere sulla punta di una picca, mentre ancora la stava accarezzando. Mai come in quell'occasione si meritò il nome di mostro.

    [...]


    Endloss, Istvan
    Piana di Chediya, Oggi

    Solitario avanzava l'unico superstite di una razza scomparsa nelle pieghe di un'altra realtà, nient'altro che un puntino ammantato di nero nell'immensità di quel rigoglioso posto che quasi lo faceva sentire fuori posto, il sole spandeva nell'aria i suoi caldi raggi illuminando il creato con la sua benevolenza e il vento da amico fedele leniva l'arsura che poteva portare.
    I lunghi capelli neri vennero smossi dal vento sventagliando come una soffice nuvola nera, riscuotendolo dai suoi tormentosi ricordi come un salvagente che riporti a galla un disperso nelle profondità degli abissi, con movimenti pacati li rimise in ordine mentre il risuonare dei lunghi stivali da cavallerizzo cadenzavano il suo incedere, strizzò gli occhi guardando in lontananza per osservare meglio il paesaggio e quello che scorse lo lasciò di stucco nonostante ben sapesse che era lì che la capitale dell'Est si trovava e vi ci stesse andando di propria sponte. La città aveva pianta circolare e numerosi grattacieli si slanciavano in alto nel cielo come torri di babele lanciando la propria sfida alla gravità, accarezzati dal vento parevano oscillare per effetto della lontananza, alte mura cingevano la città, mura che con un colpo d'occhio valutò anche da quella distanza, sarebbe stato difficile espugnarle ma ci sarebbe riuscito, per loro fortuna erano almeno dieci anni che non comandava più un esercito e si trovava lì solo in qualità di ramingo, curioso di scoprire i misteri di quella capitale. All'improvviso il suono dei passi cessò Draka girò su se stesso perdendo lo sguardo in lontananza, nella direzione opposta a quella della città poi si cacciò due dita in bocca e fischiò, un fischio acuto. Lo stallone baio era distante dal padrone e pascolava sull'erba verdissima. Nell'udire quel fischio tuttavia, alzò la testa, e la fronte brillò al sole come pura ossidiana. Inarcando il collo e dilatando le froghe larghe, fissò il padrone con i suoi occhi luminosi. Cominciò a correre, passando in poche, rapide falcate dall'immobilità al galoppo. Per essere un animale così grande, si muoveva con la grazia di un unicorno. A Draka bastò guardarlo per sentir svanire come nebbia al sole il malumore che fino a poco prima aveva coltivato. Il manto dell'animale scintillava come mogano lustro e la criniera gli scendeva sul collo come un stendardo di guerra. Gli zoccoli sollevavano zolle dal terreno verde col rumore tonante di una batteria di cannoni e proprio per questo il suo nome era Drumfire, "Fuoco Tambureggiante". Correva diritto contro il proprio padrone come a volerlo travolgere, all'ultimo momento deviò, passandogli così vicino da scompigliargli di nuovo i capelli col vento della sua corsa. Poi si fermò di colpo, puntando le zampe a terra, abbassò la testa e lanciò un nitrito selvaggio.

    - Esibizionista -

    Al suono della voce del cavaliere il cavallo volse la testa docile come un gattino e si lasciò accarezzare il garrese scintillante prima che Draka gli balzasse leggero in sella, sfiorandolo appena con i talloni diede inizio a quella corsa prodigiosa che era la sua dote più caratteristica, e il vento dissipò i ricordi relegandoli in un angolo della mente in cui per il momento non potevano fare male. Si diresse verso l'accesso a nord della città proprio astante a lui con i portoni immensi in ferro battuto dai quali si snodava una lunga fila di persone tutte ansiose di entrare, tutte a piedi potè così squadrarle dall'alto della sua posizione privilegiata e coglierne stralci di conversazione: erano eccitati per un qualche tipo di baccanale che da lì a poco avrebbe avuto luogo all'interno della città, tuttavia non riuscì a saperne di più. Quando fissava qualcuno per carpirne maggiori informazioni esso taceva, perdendo quell'aria di tranquillità che sembrava dipanarsi dalla città stessa attraverso un canto melodioso e arcano che toccava le corde più profonde degli animi, forse perchè messo in imbarazzo da quegli occhi neri come la notte e penetranti come la lama che portava al fianco sinistro, oppure perchè i suoi abiti così elegantemente ricamati e palesemente costosi uniti ad una siluette piacevole ma leggermente austera, incorniciata da una carnagione pallida percorsa da muscoli guizzanti ed affilati lasciavano ben intendere come appartenesse ad una classe privilegiata di guerrieri. La gente si affrettava a dargli il passo come se da un momento all'altro temesse di esser sfidata a singolar tenzone, oppure che potesse incitare il cavallo e lanciarlo a folle corsa contro di loro. Non lo avrebbe mai fatto, Drumfire avrebbe corso il rischio di farsi seriamente male e quello era l'unico amico che - in quel secolo - gli rimaneva, non aveva intenzione di metterlo in pericolo così scioccamente. Attese alcuni minuti durante i quali l'attenzione per la città, le sue bianche mura e i mormorii della gente gli impedì di ritornare a pensare al passato e così quando si trovò di fronte ai cancelli anche lui si era decisamente rasserenato.
     
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  5. White Raven
     
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    È una forma interessante, la spirale. Gira su sè stessa, cercando di tornare al punto di partenza; eppure una qualche strana forza continua ad allontanarla da ogni sua successiva destinazione, con decisa e crudele precisione.
    Qualcuno ci vedrebbe una metafora della vita umana, forse; altri, della futile scienza, che apre più domande di quante ne chiuda. Ma alla fine, a voler vedere in fondo ai fatti, oltre le illusioni e le idee di rara follia che di tanto in tanto sembrano voler sopraffarre le altre, essa rimane null'altro che r=a+bx, dove r è una funzione continua monotona dell'angolo x, e questa chiude il discorso ed ogni tipo di speculazione.

    Una spirale, invece, che era e sembrava a molti degna di ricerca era il Vortice dimensionale F-223, scoperta da un qualche anonimo scienziato di un centro di ricerca a Pareis; perchè di passaggi, con lo scorrere del tempo, se n'erano conosciuti molti, ma mai di tali dimensioni, e con una tale, colossale quantità di vie da seguire.
    Insomma, da qualunque punto lo si guardasse, il Maelstrom (perchè così, ho scoperto in seguito, è chiamato da chi meglio lo conosce) era il crocevia dell'Universo.
    Scoperte, dunque, che sollevarono una certa sensazione, a Pareis, Medlano, Marselle, Geneva, in ogni angolo di Hestìa insomma; ed ovviamente l'esercito si pose in prima fila tra coloro interessati nello studio del fenomeno.

    La lettera di convocazione immediata, tuttavia, arrivò inaspettata, perchè di essere chiamato per una missione simile non me lo sarei aspettato: recarsi in uno dei Nuovi Mondi, oltre il Vortice, e di studiarlo, riportando ogni informazione disponibile.
    Obbedii senza esitazione, come dovuto, ed impacchettati i miei averi mi avviai verso la mia destinazione.
    Il viaggio è top secret. I comandanti mi hanno tappato la bocca su quest'unico punto, e io devo obbedire, mio malgrado; tuttavia, sono ottimista, e se tutto andrà bene, al mio ritorno potrebbero rilasciare queste informazioni...potrebbero.

    Da dove posso ricominciare...diciamo dall'arrivo in una vasta piana erbosa. Il cielo era sereno, il tempo stupendo, e tutti i canoni vitali (pressione, ossigeno, temperatura) erano al loro posto, come previsto; una brezza leggera era sufficiente ad evitare il caldo che mi avrebbe preso altrimenti, e trasportava un certo odore, d'erba, di fiori...primavera.
    Come mondo era molto, molto simile a Gaya, ed in particolare il clima ricordava quello che si sarebbe potuto trovare da qualche parte in Evropea, come in nord Hitalya o in Allemania; fattore insolito, perchè sembrava...beh, impossibile un luogo differente, eppure identico.
    Oh, sì, un sacco di scienziati si sarebbero strappati i capelli.

    Ma non è questo che importa o interessa, adesso: ero poco distante dalla mia destinazione, una città. E che città! C'entrava molto poco con Pareis, i palazzi che circondavano l'antichissima Torre, o anche con i grattacieli di Heste: alti pinnacoli si innalzavano, e da essi proveniva una qualche sorta di strana musica, che per qualche motivo risultava...rilassante. Lascerò ad altri, più esperti di me, lo studio del perchè, io mi limito a constatare ciò che avveniva. Non so, ma il posto mi piacque a prima vista...tant'è che, dalla prospettiva di una missione strettamente nomadica, passai a quella di stabilirmi lì come base d'operazioni. E perchè no?
    Una lunga coda si diramava dalla porta principale, quella che sembrava una sorta di dogana; mi diressi in quella direzione, contento di poter legare con gli abitanti del luogo, come auspicato dai comandanti, fischiettando.
    Le gambe e le braccia erano oliate decentemente, e non facevano molto rumore; solo, le ginocchia cigolavano molto debolmente...abbastanza da passare inosservato, sperai.
    Raggiunsi la lunga fila: c'era nell'aria una certa eccitazione, discussioni su una festa, su avvenimenti importanti...ed una certa aura di serenità, che avvolgeva il tutto.

    Comunque, nella folla, vi erano qua e là individui che non si mescolavano bene con il resto; e principalmente uno brillava, tra di essi, bianco come una perla.
    Mi ci avvicinai, assente: sembrava incarnare quella stessa tranquillità che lo avvolgeva, ed assieme diffonderla, e...
    Non saprei spiegarlo, nemmeno ora: tutto ciò che so è che, salutandolo portandomi le dita alla fronte, dissi tranquillo:

    Salute. Il mio nome è Xilen. Qual'è il vostro?
     
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    Keyblade-Master


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    "Ma perché sono qui, in nome della Luce?" sbuffò Sasha, togliendosi un ciuffo particolarmente ribelle dalla fronte.
    Davvero, non lo capiva. Tanto per iniziare, Istvàn era una città dunque rumorosa, affollata e pressante. Addirittura, in questa città l'accumulo assolutamente ingiustificato di persone iniziava da fuori!
    E poi, era alta, addirittura svettante.

    Fece una smorfia e si concentrò sullo schiamazzio di un paio di ragazzini davanti a lui. Pessima idea, sentiva il mal di testa crescergli inesorabilmente: distolse lo sguardo alla svelta, saettando sui singoli componenti di quell'ammasso serpentiforme chiamato "folla". Si era imposto di non pensarci, anche se a dir il vero quei buffi cosetti di traverso alle cime delle torri di Istvàn erano quasi identici alle decorazioni del...
    Alt: argomento off-limits, non doveva pensare al castello di Xemna... acci!
    Non pensare a qualcosa era maledettamente difficile!

    Scosse la testa, sforzandosi ancora. "E' facile", si disse, "basta che trovi qualcosa o qualcuno che ti distragga. C'è un casino di gente, qui, puoi attaccare bottone, no?"
    Eeeeh... facile a dirsi: schizzare da una parte all'altra del multiuniverso per distruggere le creature delle Tenebre non aiuta certo nelle relazioni sociali! In realtà, se non fosse che dopo l'ultimo gruppetto fatto fuori si sentiva uno straccio, se ne sarebbe andato subito da Endlos.
    "Però ho pur sempre sedici anni!" disse. "Insomma, sarebbe da vergognarsi se non riesco a chiaccherare un pochi..."
    Sgranò gli occhi, fulminato.
    Aveva visto un Luminoso!

    Fece un passo indietro, boccheggiando, incapace di credere ai suoi occhi. Era impossibile, lo sapeva, i Luminosi si erano dispersi con la distruzione del suo mondo e le possibilità di incontrarne uno in giro per l'universo erano semplicemente nulle... ma non poteva sbagliarsi: uno degli uomini davanti a lui indossava un abito talare di un bianco immacolato e perfetto, e la sua pelle era tinta con i pigmenti sacri che distinguevano i sacerdoti dagli adepti!
    Era più probabile che avesse incontrato un non-Luminoso che rispettava alla perfezione il codice sociale di un mondo oramai distrutto, o che avesse incontrato per puro caso un esule del suo stesso mondo?

    Uscì di corsa dalla coda, lasciandosi alle spalle le ingiurie di chi urtava per caso, risalì l'immane flusso di persone fino a raggiungere il Luminoso e lì si fermò, incerto e titubante, spostando il peso da una gamba all'altra, divorando con gli occhi la bianca figura del sacerdote.
    E adesso?



    SPOILER (click to view)
    Prima Sasha ondeggiava dall'incertezza al dolore, a seconda di quanto riusciva a distrarsi dai ricordi, ora è completamente dubbioso.
    P.s.: Adesso Sasha non ha l'abito nero dell'Organizzazione, è in vesti contadine.
     
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  7. Arcangelo Gabriel
     
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    Passo dopo passo il ragazzo attraversava la verde prateria in cerca di una città dove non lo incarcerassero più...chissà per quale ragione poi l'avevano messo in prigione, o almeno così gli era stato detto.
    In fondo non aveva fatto nulla. Gli abitanti di quella città però gli avevano detto che andare in giro nudi non era concesso e per tale motivo era stato confinato per diversi giorni.
    Dei tizi in camice bianco l'avevano analizzato facendogli strane domande finchè avevano concluso che egli altro non era che un povero pazzo che soffriva di infantilità permanente.
    Chissà cosa poteva significare...sembrava divertente.
    L'avevano rilasciato dandogli dei vestiti e facendolo uscire dalla cittadina dicendogli di dirigersi vero la capitale del regno, Istvàn.

    Si era messo in cammino e finalmente la vedeva, era a poche centinaia di metri da quella splendida città e già ne assaporava la dolce musicalità.
    Il suo passo leggero ed elegante solcava il soffice prato che verdeggiava ovunque. Il suo spirito era ancora affascinato dalla bellezza della natura e tutto ciò che lo circondava era semplicemente perfetto. Poi, incontrati gli esseri viventi razionali, si era reso conto che molti di loro erano una malattia per quel pianeta, che molti di loro non meritavano quanto li circondava.

    Il biondo giovane raggiunse in poco tempo la folla che pacatamente attendeva la possibilità di entrare in città. Tutti erano felicI e lui stesso non poteva che sentirsi così, una melodia sottile e velata colmava l'etere...
    Si era messo in coda come tutti gli altri, un vociare felice lo faceva sorridere, tutti sembravano essere pervasi da quella gioia di vivere e convivere che aleggiava inebriante...

    Alzò lo sguardo verso il cielo turchino dove svettavano alte e possenti le torri della città...ma perchè era circondata da quelle mura? A giudicare dal loro aspetto sembravno fatte per respingere qualcuno o qualcosa...ma chi poteva desiderare il male in quel luogo?
    Kall neppure sapeva il significato di bene e male, eppure avvertiva quell'eterna diatriba innata in se. Il suo aspetto poteva tradire lo spirito che conteneva.

    Chiuse gli occhi per un istante, avvertì la brezza fresca attenuare i cocenti raggi del sole che inondavano con la loro calda luce tutta la valle. Sembrava udire una voce che lo chiamava...era dolce...familiare...eppure non pronunciava il suo nome...era strano, non riusciva ad udirlo bene...dischiuse gli occhi per tornare alla realtà...

    I due zaffiri profondi e perfetti con la curiosità di un bambino scrutavano tutto ciò che li circondava...avvertì delle creature particolari...alcune lo disgustavano...altre lo rendevano felice come un tizio luminoso che era avanti a lui. Sorrise.

    Eppure nessuno probabilmente si sarebbe accorto di lui, perchè in quel pianeta tutti sembravano dare più spazio all'apparenza che all'essenza...nessuno avrebbe visto l'infinita luce che celava quel biondo ragazzo dall'aria trasandata.
    Una camicia sbottonata e una maglietta nera che lasciava intravedere almeno in parte il suo fisico praticamente intoccato.

    image


    Chissà se quella città e i suoi abitanti l'avrebbero accolto per ciò che era...in fondo neppure lui sapeva chi fosse e per quale motivo fosse giunto li...chissà se un giorno sarebbe stato capace di rispondere a quella voce che altri non chiamava se non lui...Barachiael, uno dei 4 Principi del cielo...

    Avrebbe atteso li in coda, senza protestare...senza neppure desiderarlo...era felice di essere li e avrebbe atteso quanto necessario...anche dovesse essere stato l'ultimo della fila...in fondo qualcuno molto tempo prima aveva detto gli ultimi sarebbero stati premiati...ma questo lui non lo sapeva...
     
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    Alcuni dicono dal cimitero, altri dal cielo notturno... Decidete voi da dove vengo.

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    Era finita. Ormai era veramente finita. Non c'era altro da aggiungere, nient'altro da tentare, niente da utilizzare. Ormai il mondo che aveva protetto per settant'anni non esisteva più. Tutto era ridotto a distese di polvere scosse da qualche spasmo della terra, segno della decadenza oltre la redenzione. Il tradimento di Irial aveva impedito a tutti di capire per tempo cosa stava succedendo e di poter riparare ciò che era stato fatto. Quando ormai lui era tra i primi ad aver capito la verità, era ormai troppo tardi per tornare indietro. Aveva tentato in tutti i modi di prevenire l'apocalisse e fare qualcosa per salvare l'esercito e i civili sotto la sua responsabilità, ma purtroppo gli alleati erano scomparsi, troppo preoccupati a badare a se stessi e ad espandere la loro influenza, i loro capi erano morti come il suo Maestro e l'armata demoniaca si avvicinava sempre di più. Lo scontro era stato terribile, ma il peggio sarebbe venuto solo dopo: quando ancora non aveva vestito la tuta Ninja, lui era uno dei pochi suerstiti all'Onda di Luce Siderale...
    Il flusso dei suoi ricordi fu interrotto all'improvviso: le correnti dimensionali che lo stavano portando alla deriva da un tempo incalcolabile ed apparentemente eterno erano mutate. Si trattava di una resistenza, la stessa resistenza che si incontrava quando si approssimava all'ingresso di un nuovo mondo. Pensava che abbandonarsi alle correnti dimensionale fosse una soluzione dopo quel disastro. Ma in quel momento si risvegliò... per qualche motivo, sentiva che il destino avesse deciso di imbarcarlo su un'altra nave. A che pro dargli una seconda opportunità, si chiese. Non c'era nient'altro da fare che andare a scorpirlo di persona.

    Sembrava l'alba di un nuovo giorno in una vallata montana. Il passaggio dimensionale si era aperto poco dietro una fila di persone di varia razza e provenienza. Molti sembravano lì da molto tempo, ma nessuno portava su di sé segni evidenti di nervosismo.
    *Questo è strano* osservò il Ninja. *Chissà cosa sta succedendo?*
    Mentre si avvicinava, poteva sentire su di sé una strana fresca brezza che sembrava avere effetti quasi ristoratori e lenitivi sul suo corpo stanco e anchilosato dopo una lunga e caleidoscopica deriva interdimensionale. Forse era quello il motivo per cui nessuno era così impaziente di entrare attraverso un cancello chiuso. Ma non appena salì la strada, rimase abbacinato alla vista del sole: erano anni che non vedeva più i raggi del sole.
    Incredibile,. Non avrebbe mai pensato che lui, l'ultimo paladino, l'ormai ex Scudo Rosso, il difensore della luce, sarebbe rimasto un giorno colpito dai raggi del sole come una creatura delle ombre! E in fondo i Ninja erano individui che sfruttavano l'ombra... ma non fino a quel punto.
    Rimase quindi con gli occhi chiusi per qualche tempo, poi, quando si sentì pronto, parecchi minuti dopo, li socchiuse e poi arrivò ad aprirli del tutto, di nuovo abile a vedere tutto alla luce del giorno. Maledetta penombra! Aveva vissuto così a lungo avvolto in una cappa di polveri grigie che aveva ormai perso l'abitudine alla vera luce.
    *Cri'xa!* imprecò mentalmente in celtico prima di sospirare. *Non sarà facile riappropriarmi di una vita normale...*
    Forse quello era però il momento di provare: con il Semper Fidelis sempre al suo fianco, Masahiro fece quello che molti del suo genere facevano: rimase in disparte in ascolto e venne quindi a sapere di un evento particolare, qualcosa di talmente raro e grande da attirare fino alla città di Istvàr, Presidio dell'Est, una qualche festa dalle proporzioni tali da indurre a sbarrare le porte della città stessa in un determinato orario della notte. Nulla di apparentemente impossibile per un Ninja, né in entrata né in uscita, ma al momento non era il caso di farsi coinvolgere in azioni spiniostiche.
    Per quanto strano e inconsueto per lui, decise di stare ad aspettare e vedere. Naturalmente sarebbe rimasto il più possibile in disparte a osservare e solo quando si fosse sentito pronto avrebbe fatto la sua eventuale comparsa: la mondanità non lo aveva mai attratto e la confusione di strada neppure. Tuttavia qualcosa lo incuriosiva e lo attirava.
    Sperava solo che nessuno gli chiedesse di togliersi la maschera mentre si metteva in fila...
     
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  9. -Sir Drake-
     
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    SPOILER (click to view)
    §Pensato§
    -Parlato-


    -ROMANCE DAWN-





    Un respiro, se possibile, anche quando nei polmoni non entra che il Nulla: annaspare nel Caos del Cosmo, mentre le correnti portano alla deriva. E' una forza primordiale: opporsi non crea che dolore, come ben sapeva, ormai. E' il grido muto di un'anima allungata a forza, che lotta per rimanere attaccata alle sue spoglie mortali...Sottili come uno strato di marmellata su un biscotto troppo grande.

    In ogni luogo, in nessun luogo. Tutto e Niente, Vita e Morte, ma è solo nell'Accettazione che si può trovare la via.
    E' un'oblio che dura un istante o un'eternità, poichè il viaggio stesso trascende il tempo: un vorticare di mondi, e poi il dolore della rinascita.

    Il mondo gli piombò addosso con la violenza di un fortunale; l'importante era cavalcare la tempesta, ed il viandante lo sapeva bene. Quante primavere erano trascorse dal suo primo viaggio? Tante, forse troppe...Eppure non erano abbastanza, di ciò ne era convinto.
    Ma perchè contarle?
    Perchè inaridire ciò che aveva vissuto con meri numeri? Meglio parlare, allora, cantare. Giocare con le parole, dipingere con la voce...Come aveva sempre fatto, come sempre avrebbe fatto.

    Eoni erano trascorsi dall'incontro con la Dea, da quando viveva ancora una semplice vita da nobile di campagna, in un mondo lontano. Aveva conosciuto l'amore divino, quel fuoco così bruciante da scottare. E' per lei che si era messo in viaggio, per cantarne le lodi, per cantarle odi e sonetti. Di mondo in mondo aveva viaggiato, cavalcando la curiosità, per puro spirito d'esplorazione. Grazie a Lei, Per Lei, per volere di Lei...Scegliete ciò che preferite.

    Era un Amante, un Viandante, un Fanciullo, un Vecchio Saggio...Tutti questi eppure nessuno, perchè un artista non vive di limiti, egli è Artista.

    Punto.

    Ora un nuovo mondoo si stagliava dinanzi a lui: forse avrebbe trovato nuove canzoni da declamare, conosciuto nuovi luoghi, nuove persone. Ogni viaggio, un mondo...Ogni mondo, una sorpresa.

    Questa è la vita di un Bardo Ramingo.



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    § Quale mondo mi attende stavolta...Oh mia Dea? §




    ____________________________________________



    Il portale si aprì a diversi metri dal suolo: Percival non ebbe nemmeno il tempo di rendersene conto, che già era riverso al suolo. Accolse il dolore senza remora, poichè testimone della sua vita ancora integra. Rialzandosi dalla soffice erba, ripulì i vestiti eleganti dallo sporco, massaggiandosi fintamente i lividi.


    - Dea! Mai un atterraggio tranquillo! Vien da pensare che tu ti diverta, a vedermi caracollare al suolo ogni volta! -


    Poi rise, gli occhi al cielo. Era l'inizio di un nuovo capitolo.

    Il cielo era terso, una piacevole brezza gli accarezzava i capelli aurei. Anche il timido vento sembrava avere una sua fragranza, inneggiava quasi alla primavera.


    § Davvero un luogo ameno...Endlos, eh? Pare un'ottima destinazione, Dea. Grazie! §


    Poco lontano, le guglie di una città, un bocciolo nella prateria; avvicinandosi, il Bardo giunse a vederne i cancelli, godendosi una placida passeggiata. Era di umore allegro, giocoso come il sole che risplendeva tutt'intorno.
    Dinanzi alle mura, i cui cancelli erano serrati, stazionava una moltitudine: evidentemente erano in attesa dell'apertura delle Porte, ma non fu questo a colpire Percival. La fila era ordinata, e non c'era sentore d'insofferenza alcuna; le persone in essa erano eterogenee, originali molte, strane alcune, interessanti tutte.

    Ricordandosi della caduta, tastò le tasche degli indumenti, forse un po' troppo eleganti, ma adatte alla sua natura di nobile. Il Piffero Magico era ancora al suo posto, fortunatamente...Bene, quel pezzo di legno era tutto ciò che gli serviva.

    Valeva la pena di iniziare la sua esplorazione di Endlos da quel luogo, quindi prese ordinatamente posto nella fila. Aveva un'aria sorridente...Non avrebbe attaccato bottone con nessuno, ma di certo avrebbe dato un'impressione amichevole...Anche conoscere persone nuove, era parte del viaggio.

    Come ogni bardo che si rispetti, cogliere le voci era una sua capacità intrinseca: sentì chiaramente parlare di una festa particolare, e che presto i cancelli sarebbero stati aperti ai viandanti. Osservava con interesse i presenti, cercando tuttavia di non risultare molesto o invadente...Non per scopi strategici, ma per puro interesse cognoscitivo.

    Non restava che attendere.
     
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    Cherish

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    Finalmente l'attesa giunge al termine:
    le porte dei 4 ingressi si schiudono simultaneamente nei diversi settori della città, ruotando silenziosamente sui cardini e aprendo la via ai pellegrini; gli uffici -e il personale al loro interno- si mettono all'opera immediatamente, e la folla defluisce rapida, svanendo ordinatamente oltre le mura e riversandosi nelle vie di Istvàn.

    Prima di quanto non riusciate ad immaginare, giunge anche il vostro turno,
    e i vostri occhi non possono far a meno di meravigliarsi -una volta superate le bianche mura- per le bellissime decorazioni interamente floreali che, come festoni naturali, tingono ogni muro, lampione, angolo e insegna delle strade di mille colori vivaci e delicati, riempiendo l'aria di un pourpurrie di fragranze dolci, intense e inebrianti.
    Nell’aria, la musica è più vivace e vibrante che mai.

    Eppure...
    Eppure sembrate gli unici smarriti; la maggior parte della gente ha già sgomberato lo spiazzale antistante l’ingresso per dirigersi alle proprie destinazioni, così restate le uniche presenze nel cortile.
    Voi, e l'uomo in vesti da giullare che vedete in piedi su una piattaforma al centro della piazza.

    Notate vicino a lui un alto palo di legno, recante diversi cartelli che puntano differenti direzioni, e non vi è difficile trarre la giusta conclusione: sicuramente il saltimbanco sarà in grado di fornirvi informazioni.


    Portale Nord

    Percìval

    Ti ritrovi nel cortile da solo;
    tutti gli altri viandanti si sono già dileguati diretti ai propri interessi mentre non stavi guardando; davanti a te -una decina di metri più avanti- vedi un Guitto vestito di un ricco ed elegante abito oro e cremisi, con una maschera decorata a celargli la parte superiore del viso, e calato sulla testa un copricapo biforcuto, terminante in tintinnanti campanelli dorati.
    Stà in piedi sulla piattaforma al centro del cortile, intento a far ruotare con maestria 5 palline rosse; dietro di lui, i palazzi sono disposti a formare tre archi:
    uno porta dritto davanti a te, gli altri due rispettivamente a destra e a sinistra.
    Dove mai porteranno?



    Portale Est

    Quarion & Masahiro

    Ciascuno di voi finisce col notare l'altro; del resto, siete gli unici che -entrando- si attardano nel cortile:
    tutti gli altri sembrano sapere esattamente dove dirigersi.
    Vi prendete il tempo che vi serve per ammirare l'armonia cromatica che i fiori rampicanti creano sulle pareti e i tetti che rivestono, ma presto sopraggiunge anche un certo timido disagio nel restare lì impalati a far niente.
    Davanti a voi, un giullare vestito di un elegante frac -di un luccicante verde smeraldo e decorato da rifiniture d'argento- è in piedi sulla piattaforma al centro della piazza; sul capo indossa un cilindro, equamente suddiviso in strisce dei sopracitati colori, e metà del suo viso -quella destra- è coperta da una raffinata maschera di porcellana.
    Vi fissa, quasi in attesa, stando appoggiato al suo bastone da passeggio, mentre alle sue spalle tre archi si addentrano nelle pietra magicamente fiorita, offrendo un triplice bivio: destra, centro o sinistra?



    Portale Sud
    Amarth
    CITAZIONE (White Raven @ 17/4/2009, 20:36)

    Salute. Il mio nome è Xilen. Qual'è il vostro?


    A quanto pare attiri l'attenzione: sei ancora in fila per entrare che già ti chiedono di fare conoscenza; potresti -e dovresti- fermarti a rispondere, ma intanto la fila avanza...
    Ad ogni modo non ci saranno problemi, nessuno sembra mostrare segni di insofferenza.

    Xilen
    Hai teso metaforicamente la mano verso il tuo interlocutore; intorno a voi la folla si muove, avvicinandosi al casello, ma la cosa non è un problema: al momento aspetti solo di ricevere una risposta dall'uomo dai cangianti riflessi iridescenti.

    Sasha
    L'uomo scintillante che hai adocchiato prima, quello in bianche vesti, è stato richiamato da un altro individuo; non sei però riuscito a capire il suo nome per via degli schiamazzi dei due ragazzini davanti a te.
    Vorresti attardarti, magari, per carpire qualcosa dei loro discorsi ed eventualmente unirti a loro, ma la fiumana in attesa ti trascina via fino ai portoni ed oltre.
    Ben presto -però- si disperdono, lasciandoti un pò disorientato all'interno del cortile; davanti a te vedi in piedi su di una piattaforma un guitto con un'elegante casacca viola e oro, con il capo sormontato da un cappello pieno di punte -terminanti ciascuna in un campanello d'oro- e col viso in parte nascosto da una maschera che, dalle gote in giù riproduce uno smisurato ghigno dipinto sulla porcellana.
    E' intento a ricreare buffi animali e altri oggetti per i passanti, e i due ragazzini che erano in fila davanti a te hanno già preso posto in attesa di vedere i loro capricci accontentati.
    Anche alle sue spalle si stendono tre archi nelle tre direzioni -destra, sinistra e frontale.

    Barachiel
    Le porte si aprono, la folla avanza, e ben presto ti ritrovi all'interno delle mura, in un arioso cortile che Madre Natura in persona sembra avere vestito a festa con fiori colorati e profumati.
    Davanti ai tuoi occhi cerulei noti la figura di un saltimbanco in viola e oro, intento a creare sculture con palloncini altrettanto vivaci, lucidi e bellissimi...
    Noti distrattamente anche tre archi e conducono alle solite direzioni, ma al momento la tua attenzione è tutta catturata dai giullare: chissà se può fare anche per te uno di quei cosi...!?


    Portale Ovest

    Draka

    Ti unisci alla folla che si mette in moto quando i portali si aprono, e in men che non si dica ti ritrovi all'interno delle bianche mura della Cittadella della Luce; lo spettacolo che ti si offre è idilliaco, e la musica che senti risuonare nell'aria, intrecciata al profumo dei fiori, mette decisamente di buon'umore.
    Non sai dove portino i tre archi che vedi dall'altra parte del cortile -uno a destra, uno frontale e uno a sinistra-, dato che non sei mai stato qui, ma deduci che il giullare vestito in eleganti abiti di velluto blu, bordato d'argento, con un cilindro bicolore e una mezza maschera a coprirgli il lato sinistro del volto, potrà fugare ogni tuo dubbio.
    Oppure, puoi scegliere una via a caso e vedere dove ti portano i piedi...!

     
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  11. -Sir Drake-
     
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    -GATE OF WONDERS-






    Ed infine giunse l'attimo agognato: seppur la folla attendesse senza fretta alcuna, accolse l'apertura dei Cancelli come si attende il miracolo della Primavera. I possenti battenti, che facevano da sentinella alle mura della città, sgombrarono la via ai pellegrini, ruotando silenti sui loro enormi cardini.
    Uno dopo l'altro, fluendo come un placido ruscello, i viandanti varcano la Dogana; fecero ordinatamente il loro ingresso nella città dalle bianche mura...Più sereni e giocosi che mai.

    Per il giovane Bardo il tempo d'attesa fu inaspettatamente breve, tanto che a malapena si rese conto che il suo turno era giunto. Nessun problema all'ingresso, e forse da questo si poteva intuire una certa liberalità nella gestione della città. Una città decisamente interessante, e Percy ne aveva viste molte durante i suoi viaggi: aveva il fascino di un fiore, delicato ma tuttavia privo di caducità. Ben strutturata, armoniosa, o almeno così pareva dall'esterno...Qualche passo e finalmente avrebbe dissetato il suo spirito esplorativo.

    Già...

    Il Bardo era sicuramente un artista, e come ogni artista amava il Bello. Non il bello fine a sè stesso, ma ciò che più attiene all'animo, ciò che suscita emozione ed accende il fuoco dei sensi. Il bello è armonia, a volte di contrari, a volte di simile. Aveva visitato molti mondi, e sperimentato diversi canoni di bellezza, diversi modi di intenderla.

    Ma...

    Quella città era affascinante...Colma di stimoli, per il Corpo e per il Cuore: i muri degli edifici erano un mosaico di colori floreali, le cui diverse fragranze inebriavano l'aria; non c'era lampione, insegna o simile, che non esibesse quel Festival di odori e colori. Ma ciò che più colpiva era la sensazione d'insieme: tutto sembrava un'inno all'equilibrio; seppur ricche, le decorazioni non sfociavano mai nell'opulenza o nell'esagerazione.

    Fu l'udito a scuotere Percy dallo stato contemplativo in cui era caduto: musica, la sua amata musica! La stessa melodia che già aveva sentito all'esterno, ma che ora si faceva più intensa, più viva, più vibrante. Chissà qual era la sua origine? Di quale delicato animo era figlia, quella musica? Decisamente (e lui se ne intendeva) erano poche al mondo, le melodie in grado di toccare così un Cuore.

    Fu quando si svegliò del tutto, che se ne accorse.

    Il vuoto attorno a sè, coloro che avevano varcato i cancelli con lui si erano già defilati, tuffandosi nelle strade brulicanti di vita. Nulla di strano, in fondo un attimo di smarrimento è normale...Specialmente se si è giunti in un mondo solo da poche ore.


    § O Dea!...E adesso che potrei fare? Esplorare la città, certo...Ma girovagare a caso mi parrebbe uno spreco, in una simile meraviglia. §



    In casi simili, concluse fra sè il Bardo, la soluzione migliore è domandare informazioni: il modo migliore per avere informazioni su un luogo, ma magari anche su chi lo abita, su modi di vivere e tradizioni; non restava che individuare qualche passante dall'aria non troppo occupata.

    Aguzzando la vista, Percy notò al centro della piazza una struttura a lui ignota, che ne solleticò la curiosità: avvicinandosi comprese che si trattava di una piattaforma lignea, forse usata come supporto per rappresentazioni teatrali o spettacoli. Su di essa un giullare, o almeno tale pareva della foggia delle vesti...Infine, accanto a questa figura si ergeva un palo, recante numerose e diverse direzioni, tutte ignote al Bardo.

    L'occhio di Percival si posò sul saltimbanco, vivamente interessato da quella figura semplice ed enigmatica, come solo un Giullare riesce ad essere; il volto gli era parzialmente coperto da una maschera, finemente decorata; essa gli nascondeva la parte superiore del viso, che era incorniciata da un curioso cappello: biforcuto, e tintinnante alle estremità per via di alcuni campanelli. I suoi abiti ardevano di colori caldi, il cremisi del Sangue, l'oro del Sole.
    Un arguto abbinamento, convenne il Bardo, prima di decidersi a parlare; il giullare infatti era intento a far ruotare alcune palle, in un numero di giocoleria che a Percy era ben noto.

    Ma notò anche, in quel momento, tre archi alle sue spalle.

    Destra, sinistra, centro.

    Incamminarsi in una delle direzioni, o intrattenersi con il saltimbanco? Domanda superflua, che non occupò la sua mente per più di un istante. La bellezza di un viaggio, sta nel viverlo con pienezza...Preferire le persone ai luoghi, cosa che spesso regala interessanti sorprese!
    Attese qualche istante, poi esordì, applaudendo con sincera ammirazione il saltimbanco.


    -I miei complimenti, Messere! Anzi, forse dovrei dire collega, in un certo senso!-



    Tra i suoi vari trascorsi, infatti, c'era anche quello.
    Bardo e Saltimbanco, già.
    Ma anche Cantastorie, Burattinaio, Attore di Strada...
    Un inchino (forse fin troppo teatrale), poi...


    - Vi domando scusa se interrompo la vostra esibizione, so quanto può esser fastidioso.
    Percival Van Larhalt, per servivrVi.
    Sono un Bardo di una terra lontana, e volevo visitare la città...Mi chiedevo se foste in grado di indicarmi dei luoghi interessanti...Che meritino di essere celebrati sopra gli altri!-




     
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    Poteva essere un'abitudine locale o forse una piccola grazia della sorte, ma ad ogni modo poco dopo il suo arrivo, le porte orientali si aprirono in una maniera innaturalmente silenziosa per battenti di tale grandezza e la folla si riversò senza generare grandi attese. Se così non fosse stato, le proporzioni della coda che si stava già formando dietro di lui si sarebbero potute allungare a dismisura, in un modo piuttosto preoccupante per il Ninja: anche se c'era una donna che aveva attirato la sua attenzione per qualche secondo, per gente come lui non avere alcuna mobilità era un evento tragico, di solito preludio a qualcosa di ben peggiore...
    Masahiro camminò rapidamente per non farsi sospingere passivamente all'interno, ma una volta varcati i battenti, si fece subito da parte in un angolo dietro le mura, lasciando che la fiumana di gente defluisse per conto proprio: non aveva idea di dove fosse e di dove andare e farsi portare chissà dove da chissà chi, o cosa, non era sua abitudine e non gli passava neanche per l'anticamera del cervello.
    Nel frattempo, rivolse lo sguardo verso l'alto e poté notare come non vi fosse edificio, lampione, insegna o comunque dettaglio che non fosse agghindato con un fiore, una corona o un altro elemento vegetale che testimoniasse una rinascita primaverile.
    Quell'ordine così meticoloso nelle decorazioni gli fece tornare alla memoria la stessa metodica con cui erano stati un tempo curati i giardini esterni del Santuario di Lothwan, il Santuario di sua sorella e di sua nipote quando erano ancora vive e Profetesse delle Acque. Ben presto però la memoria corse ad un altro evento, occorso un'ottantina di anni prima: l'Opening Flower Ball, la Festa della Primavera, inagurata per festeggiare la nascita di una Repubblica vicina. Per l'occasione gli organizzatori avevano pensato di decorare l'ambiente del ballo con decine e decine di boccioli fioriti o di prossima fioritura, a simbolo della duplice nascita della natura della Repubblica. All'epoca, Masahiro non aveva ancora quel nome ed era solo un Cadetto di quella struttura che poi avrebbe retto per molti decenni, ma già allora era capace di subodorare trappole e inganni e solo la sua previdenza aveva impedito che un evento festivo si trasformasse in una strage. Quante ne aveva passate da allora? Fin troppe, a giudicare dal semplice fatto di essere lì solo e ramingo, probabilmente unico superstite di un mondo ormai in polverosa rovina.

    Finalmente la gente defluì e allora Masahiro notò che in quello spiazzo erano rimaste due figure: la prima era quella della donna che aveva già notato in fila dietro di lui; la seconda era quella di giullare, in piedi su un improprio palco e vestito con un vistoso frac verde smeraldo bordato d'argento e con la faccia coperta solo per metà da una maschera di porcellana. Se voleva attirare l'attenzione di qualcuno, riuscì pienamente nel suo intento, anche se Masahiro non volle minimamente avvicinarsi, ma avrebbe lasciato andare qualcun altro a interrogare quella figura: non aveva infatti molta simpatia per gente del genere, da quando aveva avuto uno spiacevole incontro con uno di tal risma che aveva tirato fuori da un cilindro, di normali dimensioni, un coniglio gigante rabbioso capace di sventrare un drago! La cosa in sé poteva anche apparire ridicola, ma il Ninja avrebbe potuto testimoniarne l'assoluta serietà, avendo assistito impotente alla cruenta e grottesca scena che si era consumata davanti ai suoi occhi... pleonastico dire che da allora il Ninja aveva sempre evitato di andare al circo.
    Il nuovo tenebroso arrivato fu quindi ben contento di restare indietro ad ascoltare e ad osservare. Dietro il giullare poi si aprivano tre archi di pietra, che costituivano le vie principali cui poteva accedere dalla sua posizione. Avrebbe preferito avere una visione della città un pò più aerea, ma arrampicarsi sugli edifici, oltre che pericoloso per via di decorazioni non propriamente fissate alle pareti, avrebbe sicuramente attirato troppi occhi curiosi, alcuni dei quali avrebbero poi portato lì delle guardie armate... e cominciare la giornata con un incidente pubblico o peggio ancora con uno scontro non era proprio tra i suoi piani. Si dovette quindi accontentare di dedurre qualcosa sulla base della forma della città che aveva visto da fuori e da ciò che poteva contingentemente vedere. In tal modo arrivò a ritenere che probabilmente le vie laterali avrebbero condotto ad altre zone di periferia costeggiando le mura e anche se una visita turistica sarebbe stata utile, preferì rimandarla ad un secondo momento: la curiosità esplorativa non era sufficientemente forte, al contrario di quella arcana e fu proprio tale curiosità a spingerlo a ritenere migliore la via di mezzo, via che aveva sempre metaforicamente cercato di seguire nella vita. Indi per cui avrebbe imboccato in ogni caso il sentiero centrale, ma prima avrebbe aspettato di avere delle indirette indicazioni dal giullare.

    Tuttavia passò del tempo e ancora nessuno si era accostato a quel giullare, che guarda caso non aveva niente di meglio da fare che stare lì imbambolato a fissarlo come un avvoltoio! Masahiro cominciò a trovare il silenzio decisamente imbarazzante e restare da qualsiasi parte a far niente in presenza di altri occhi non era mai stato il suo forte, a differenza dei tanti indisciplinati con cui aveva avuto a che fare in passato.
    Stava per andarsene per conto proprio quando notò che anche la donna sembrava sperduta quanto lui in mezzo a tante indicazioni sconosciute e che potevano benissimo avere tutti i significati di quel mondo come potevano anche non averne affatto. A guardarla meglio, il Ninja poté dedurre che non si trattava di un'abitante di qualche ricca casa dei sobborghi o delle campagne, bensì di una viaggiatrice nel vero senso del termine, quello più professionale. Per un attimo Masahiro pensò di tagliare la corda, anche perché non era ancora passato del tutto il disagio derivato dal bagno di folla appena passato, ma poi si risolse a fare il contrario... in fondo era da molto tempo che non parlava più con nessuno, tanto che qualcun altro avrebbe già perso la ragione. Forse lui non l'aveva persa perché in fondo, salvo che in battaglia, una ragione vera e propria non l'aveva mai avuta.
    Quindi si avvicinò e con un tono un pò coperto dalla maschera disse, sperando di non essere interrotti dall'avvoltoio verde poco più in là: "Salve, signorina. Mi pare di capire che anche voi siate spaesata come me, ma forse potrete siete un pò più pratica di me e potrete dirmi in quale posto siamo capitati." Lasciò trascorrere qualche istante poi aggiunse con quello che sarebbe apparso come un mezzo sorriso: "Oh, perdonate le mie maniere. Il mio nome è Masahiro Echtele, un tempo noto come il Gufo Reale" e non aggiunse di proposito le altre decine di titoli con cui era stato identificato in passato. "Posso sapere chi siete voi?"

    Edited by Warwizard - 30/4/2009, 13:42
     
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  13. Arcangelo Gabriel
     
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    Istvàn, Portale sud





    Gioiose e liberatorie furono le grida della gente che aspettando il momento del loro ingresso avevano constatato lo schiudersi tanto atteso del portone il quale Kall stava pazientemente aspettando di varcare.
    La fila rapida e silenziosa avanzò fino a che lo stesso ragazzo in men che non si dica si ritrovò all'interno della città stessa.
    I suoi occhi furono affascinati dalla straordinaria bellezza e delicatezza che tutto permeava come la sublime melodia che come miele addolciva ogni suo pensiero. Non aveva mai visto nulla del genere, per lo meno da quando era sceso su quel pianeta.
    Le persone poco a poco si dispersero nelle vie che dietro un palco si diramavano. Ancora camminando con la testa tra le nuvole ad ammirar quelle straordinarie opere artistico-architettoniche Kall non si era reso conto di essere rimasto quasi da solo in mezzo alla piazza.
    Non aveva più alcun dubbio, quella città era fatta per lui...e anche non sapendo il perchè della felicità del suo animo, sentiva di essere in piena sintonia con ciò che lo circondava.
    I passi lenti lo conducevano senza che l'occhio lo guidasse verso il palco. Ancora smarrito nel curiosare in giro la sua mente fu richiamata da voci d'infanti che curiosi e vogliosi di giocare si erano precipitati di fronte al palco dove uno strano essere sembrava voler dare spettacolo.

    Kall rimase per un attimo stupido, per quale motivo quel tizio indossava una maschera e un copricapo così buffo e sgargiante? Per non parlare poi del suo abbigliamento senza alcun dubbio originale...
    Gli occhi dell'Arcangelo come quelli di un bambino che, curioso di conoscere il mondo lo esplora e ne osserva anche i più irrilevanti particolari, fissavano il giullare estasiati notando le magie che era capace di compiere. Utilizzava dei palloncini o talloncini, non ne ricordava il nome di preciso ma ne aveva sentito parlare da qualche parte prima di giungere a Istvan...quello strano individuo sembrava padroneggiare i talloncini alla perfezione, doveva essere un mago o qualcosa di simile...anche i due bambini di fronte a lui sembravano apprezzare le prodezze del mago.
    Kall si avvicinò fino a che non fu proprio dietro i due ragazzini che lo precedevano e fissando estasiato il giullare lo ammirò e lo studiò in ogni movimento...era proprio bravo non si poteva obiettargli nulla.
    Una cosa però era strana, non percepiva alcun uso di forme di energia da parte di quell'uomo...dunque come poteva compiere quei prodigi? Mille domande e interrogativi annebbiavano la mente dell'ingenuo ragazzo che sarebbe stato scambiato per uno stupido quasi sicuramente. Ma del resto non avendo mai visto nulla di tutto ciò per lui non poteva che essere un'attrazione più che affascinante.

    Quando il giullare terminava di compiere una "scultura" Barachiel applaudiva rapito da quell'esibizione...si era dimenticato del perchè fosse entrato in quel posto.
    Alle richieste dei due bambini che chiedevano il bis e ancora una volta il bis al giullare si aggiungeva la voce gioiosa e scattante del giovane


    "Si ti prego fai un'altra magia dai! Sei bravissimo con quel talloncini!"

    <i>Che l'avessero scambiato per un demente o un pazzo per lui non faceva differenza e non aveva aclun peso...e poi cosa voleva dire pazzo? Se lo era chiesto tante volte e nessuno glie lo aveva mai spiegato...aveva sentito parlare di piazza, quella in cui si trovava in quel momento, o pezzo, ma pazzo proprio non lo capiva e, regolarmente, ogni qual volta chiedesse cosa volesse dire pazzo a colui che lo aveva appellato così questo scuoteva la testa e lo congedava andandosene via rabbiosamente...doveva essere proprio importante per non saperlo e questo un pò lo preoccupava. Se gli fosse servito sapere cosa significasse la parola pazzo? Come avrebbe fatto?

    Tutti questi pensieri se li poneva di tanto in tanto ma ora no...quello straordinario perstigiatore aveva la sua massima attenzione e le tre vie che si diramavano alle spalle di quel tizio non erano che un'insignificante particolare...
     
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    ...L'Arcobaleno d'Argento...

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    E poi tutto cominciò a vivere. I portoni lentamente si aprirono a quella massa mortale ed incantata, tutto iniziò a defluire, una processione frenetica, inquieta...Eppure ancora una volta il dolce vento smorzò la foga che avrebbe dovuto attanagliare quella gente, addolcendo tutti quanti, calmando l'impazienza e la noia. Fu così che, come destato da un sogno durato secoli, l'iridescente Guardiano venne a scoprire di una voce ed una presenza che gli si era rivolta, in maniera pacifica, amichevole quasi..Come si era permessa? Non sapeva che un tono più elevato avrebbe dovuto accompagnare quelle intenzioni così benevole? Poteva mai essere che su questo mondo un'Essenza fosse ritenuta un volgare mortale a cui rivolgersi con noncuranza?? Figlio stolto di un'epoca cieca e sorda, ignorante dei fasti degli antichi esseri, che pende dalle labbra di stupidi paladini e demoni consunti dalla loro stessa fama! Allora, ecco che la pietà cominciò a stuzzicare le Fatali vene del Celebliant, giacché l'idea di non essere noto tra quel volgo anonimo poteva spiegare il comportamento così sciatto del ragazzo, che dichiarava Xilen essere il nome suo. Così lo Zero si voltò verso quella voce, parlando senza espressione di rabbia o di gioia, né segno di noia, puntando quelle iridi bianche su colui che aveva osato rivolgergli la parola:

    -Più decoroso saluto esige uno spirito come il mio, Xilen. Mai ne hai visto uno simile, mai ne vedrai altri oltre me, ché essi sono lontani, fuori dal braccio del Destino e dal mio cuore. Capisco, però, quanto io sia anonimo tra voi di Endlos..Allora ti basti sapere che sono Amarth, altro non è lecito io dica..-

    Appariva freddo, insensibile quasi, troppo superbo per potersi relazionare con la moltitudine, e lo sapeva...Non riusciva a cambiare, né si sentiva di farlo, perché sempre rimaneva legato a quella mutevolezza che evitava un'emozione definita, riducendole a vaghi fantasmi in un abisso di Nulla. Non poteva essere letto il Male nell'anima di Amarth, né il bene poteva germinare..Solo il Destino, così fiero e solitario, osava dimorarvici..Ma l'Ordine era sciolto e le regole mutate ed indebolite...Allora cosa era giusto fare? Provare a scendere dal trono? Preservare il naturale aspetto? Come, come poteva lui abbassarsi al livello di immortale? Eppure sembrava quella l'unica scelta più adeguata a qual mondo..Forse neanche lo Zero stesso sapeva bene come gestire il suo spirito...Così ricordò l'espressione di Yang, il Primo Guardiano, vista nello stralcio che il Destino gli aveva mostrato, quello stesso stralcio che narrava di come il suo corpo precedente avesse perso la vita e si fosse reincarnato in lui..Yang sorrideva..Era questo il termine? Sì, forse..Decise di imitarlo, sebbene era palese non fosse abituato..:

    -Se anche tu sei ignaro di cosa celi Istvàn, unisciti a me nella sua esplorazione, sempre che questo non turbi il tuo animo giovane..-

    Accadde allora qualcosa che non aveva previsto, qualcosa che, come ogni volta che capitava, lasciava come ipnotizzato Erelamarth: c'era una nuova sensazione nell'aere, qualcuno provava dolore? No, forse era incerto...No! Soffriva! Invece dubitava, oppure si struggeva? Chi mai poteva provare emozioni così altalenanti? Il Guardiano le subiva tutte, quelle conseguenze...Il suo corpo cambiava di colore e, ciò che era sempre stato bianco come perla, ora diveniva color dell'oro, ora color dell'albero, ora giallo come il sole, ora marrone come castagna...Poi, finalmente, la folle danza di dubbio e dolore ebbe termine, lasciando che il primo soverchiasse il secondo, lasciando tutto il corpo dello Zero, pelle e peli esclusi, tingersi del sole caldo dell'estate...Chissà Xilen come avrebbe reagito nell'osservare quei mutevoli colori che lottavano tra loro? Stessa sorte era riservata ad Amarthrind, la sublime arma il Guardiano sempre stringeva nel pugno, il pregevole cerchio dotato di lama fine e tagliente, duro più del diamante ed affilato più di mille spade o velenose parole.



    SPOILER (click to view)
    CITAZIONE

    Synchro



    "Destinato a non godere di una particolare sfumatura di carattere, il Destino ha fatto sì che Amarth potesse provarle tutte, senza però poterne conservare alcuna: questa è l'origine di ciò che spesso egli chiama "Synchro"..."

    Per spiegarlo in termini poco ortodossi, rispetto a quelli che userebbe il Guardiano in persona, questa capacità non è altro che la possibilità di rendere Amarth un canalizzatore tra le emozioni provate dagli altri. Esse vengono attirate verso il Guardiano il quale, una volta assorbite, le direziona verso le altre persone presenti, inducendole a provare quelle stesse sensazioni. Può però decidere di interrompere il flusso di queste emozioni e, così facendo, espellerle dal proprio corpo sotto forma di attacchi. A prescindere dall'uso che ne possa fare, è proprio il Synchro a far spostare il riflesso del ragazzo su di un colore particolare, che uniformerà gli altri riflessi di Amarthrind, della veste, dei capelli e degli occhi.

    CITAZIONE
    Nota1: se non c'è nessun altro le cui emozioni possono essere canalizzate, Synchro utilizza quelle provate, da Amarth stesso.

    CITAZIONE
    Nota 2: Poiché Synchro è sempre in funzione, quando Amarth non la rivolge verso nessuno, l'abilità fa cambiare il colore di se stesso basandosi sulle emozioni da lui provate in quel momento

    CITAZIONE
    Nota 3: E' implicito dire che Amarth può fungere da rivelatore di persone: se, rivolgendo Synchro verso l'ambiente, cambia colore, significa che c'è qualcuno nel raggio d'influenza di Synchro



    Analisi dell'abilità:



    Raggio d'azione: 5 metri
    Sensazioni: utilizzabili una per volta, sebbene tutte accumulabili; ciò porta Amarth in uno stato di forte stress nel qual caso assorbisse più di quattro sensazioni contemporaneamente.
    Cambiamento cromatico: Tranquillità --> Azzurro
    Pace, Serenità --> Bianco
    Dubbio, Sospetto, Incertezza --> Giallo
    Invidia --> Verde
    Gelosia --> Arancione
    Amore, Affetto --> Rosa
    Rabbia --> Rosso
    Furia cieca --> Nero
    Odio --> Indaco
    Paura --> Grigio
    Sofferenza, Dolore ---> Marrone
    Tristezza --> Blu scuro


     
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    Istvàn
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    Il tempo trascorse e le porte si riaprirono. La gente iniziò a scorrere lenta, unita e dinamica come l'acqua di un fiume, e Quarion con loro, incuriosito da quel comportamento così tranquillo. Lui aveva avuto modo di studiare gli umani, ed era a conoscenza del fatto che pochi apprezzassero attendere con pazienza, soprattutto in file come quelle. Eppure tutto era insolitamente tranquillo, ed il clima sereno...

    Attraversò le porte che guardavano ad Est della città, riempito e contemplante innanzi a tale meraviglia quale era la famosa Istwàn. Qualcosa di incredibile, da lasciare il fiato sospeso; fu quasi sicuro che nel mondo da dove proveniva non poteva esistere tale superba e raffinata architettura. Ma la cosa che sembrò incuriosirlo maggiormente fu la presenza floreale anche in luoghi solitamente poco adatti ad accogliere forme di vita vegetale; un esempio alcune piante rampicanti o fiori che sembravano in alcuni punti spuntare dalla nuda pietra. Una speranza di vita a dispetto della morte?

    Trascorse del tempo a guardarsi incontro, ed intanto la folla che lo circondava si disperse come nebbia, abbandonandolo ai i suoi pensieri, unici compagni di viaggio. In realtà, non era esattamente solo; innanzi a lui un saltimbanco in abito verde ed argento lo fissava silente, mentre un giovane mascherato si stava avvicinando.
    CITAZIONE
    "Salve, signorina. Mi pare di capire che anche voi siate spaesata come me, ma forse potrete siete un pò più pratica di me e potrete dirmi in quale posto siamo capitati."

    Inarcò il sopracciglio ben disegnato, mentre un sorrisino apparentemente ingenuo si disegnava sulle belle labbra. Un'altra persona, forse, si sarebbe arrabbiata... ma a Quarion divertivano quelle situazioni. Rispose con voce delicata e soave.

    image


    -Salve a lei, messere. Ebbene, credo che sia entrato nella città di Istwàn, del Predisidio dell'Est. Anche io son giunta qui per caso, dunque temo che non possa dirle altro...tuttavia suppongo che quel grazioso uomo in abito verde possa darci spiegazioni.

    La mano candida indicò l'uomo che sostava innanzi a loro.
    CITAZIONE
    "Oh, perdonate le mie maniere. Il mio nome è Masahiro Echtele, un tempo noto come il Gufo Reale"
    "Posso sapere chi siete voi?"

    Gli occhi, così belli e quasi innaturali si fermarono sui suoi, verdi di smeraldo. Una tonalità magnifica, piena di ricordi...

    -Drusilia. Drusilia Galanodel. Lieta di fare la sua conoscenza.
     
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