La strada di casa

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    Trattenne difficilmente una grassa e grossa risata nell'udire il termine "appartato": al Violinista, fin troppo ricordava le volte in cui lui aveva messo in atto tale azione, e ciò aveva significato omicidi oppure violenze carnali.
    Ed entrambe, per
    le sfortunate vittime, non erano di certo alternative migliori di una strada caotica.

    ¤

    L'aria del bar cantava di fiori da cambiare ed infusi aromatizzati; trasportava anche piccole vibrazioni, tracce appartenenti ad una donna sedutasi dove ora Hamelin stava per accomodarsi, e a giudicare dal calore del legno ella pareva essersi alzata da poco tempo.
    Sistemò il lungo soprabito affinchè non venisse stropicciato dalla sua posizione, e si premurò di fermare un cameriere per poter ordinare qualcosa.


    «Buongiorno, buonuomo.
    E' possibile fumare in questo locale?»


    In attesa di una risposta, lasciò che il suo interlocutore esprimesse le proprie preferenze riguardo la bevanda da chiedere al giovanotto che, seppure l'appellativo usato dal musico facesse intendere altro, non dimostrava più di ventidue-ventitre anni.

     
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    Si sedette con calma, mentre lo sguardo spento percorreva tutti i tavolini a loro circostanti, posandosi ora su una coppia di innamorati, ora su viandanti di passaggio, ora su distinti signori probabilmente in pausa dal loro lavoro.

    Ripensò alle parole di Hamelin sull'importanza della vita, dandogli virtualmente ragione.
    In un certo senso anche lui avrebbe desiderato essere ancora vivo.

    Le mani pallide afferrarono con delicatezza il menù affinchè potesse decidere la bevanda da prendere.
    Non che facesse la differenza.
    Per i vampiri il cibo non aveva lo stesso sapore che in vita, era quasi nullo ed inconsistente rispetto a caldo e denso sangue...

    -Per me un caffè corto, grazie.

    Con pacata compostezza attese che anche il giovane tenebroso facesse la sua ordinazione.

     
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    «Per me una tazza di latte freddo, la ringrazio.
    Mi raccomando, freddo


    Congedò il cameriere con un sorriso, mentre quest'ultimo raccoglieva dal tavolino i due menù; il Violinista non potè fare a meno di ispezionare le mani del ragazzo, usurate dal lavoro forse eccessivo, ma ciò nonostante ben definite e mascoline.
    Per un musicista, scrutare le appendici altrui è una
    deformazione professionale profondamente radicata.

    «Mi sembra attento e concentrato,
    la sua dentatura è perfetta e non mostra quel pallore giallastro
    di chi è solito bere caffè per gusto o necessità;
    Non trovo motivi ragionevoli per ordinare un caffè...
    ...eppure, con un menù così variegato, lei lo ha fatto.
    Mi nasconde qualcosa, Arthur


    Sorrise, più curioso della reazione piuttosto che della risposta.

     
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    Per la prima volta il volto di Arthur si deformò in una espressione.
    Era un sorriso malizioso il suo.
    Ed era rivolto all'essere che gli stava davanti, dannatamente perspicace.
    Ebbene si, lui che voleva interrogarlo si era ritrovato ad esserlo, in un divertente quanto bizzarro ribaltamento della situazione.
    Tuttavia era divertente, in un certo senso.

    -Beh, diciamo che qualunque bevanda io avessi scelto, avrebbe avuto più o meno lo stesso sapore... tranne una.

    Il sorriso divenne più evidente, e fu a quel punto che apparve per pochi istanti la sua reale dentatura, con canini affilati tipici della sua razza.
    Poi tutto sarebbe scomparso di nuovo; non voleva certo spaventare la gente che gli era intorno.

    -Piuttosto noto con molto interesse che son di fronte ad un attento osservatore. Una dote invidiabile se posso permettermi.

    Il volto si era disteso nuovamente, tornando nella sua statica inespressività gradualmente.

    -Tuttavia, sebbene possa sembrare invadente, fremo dal desiderio di conoscere la sua identità, sire. No, non il suo nome, piuttosto cosa è.

     
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    «A quanto pare, la perspicacia è un dono piuttosto comune...
    ...se consideriamo la sua curiosità nel voler sapere
    "cosa" sono.»


    Il Violinista appoggiò i gomiti al tavolino, sporgendosi in direzione di Arthur, quasi volesse sussurargli un segreto d'importanza mondiale; il flusso di capelli corvini seguì il movimento dell'Emissario, andando a scivolare sulle spalle e poi in avanti, a fianco delle braccia.


    «Vede, Arthur, io non ho un esempio
    lampante come il suo...dovrà credermi sulla parola.»


    Alzò leggermente la mano destra, puntando le dita verso il soffitto del bar: fra le dità dell'uomo, comparve una sorta di piccolo diario, dalla copertina nera e lucida, priva di alcuna scritta. Hamelin lo appoggiò sul ripiano di legno, aprendolo ad una determinata pagina incastrata fra le altre, più o meno a metà dell'intera risma.


    «Questi nomi, queste persone...»
    -fece scorrere il dito lungo una colonna di nominativi scritti in bella grafia,
    a fianco dei quali in alcuni casi si trovava un piccolo simbolo, simile ad una croce-

    «...sono tutte morte.
    O, per sfortuna loro, stanno per esserlo.»


    Ridacchiò, lasciandosi sfuggire un sorriso davvero inappropriato per la situazione; richiuse immediatamente il piccolo libricino, facendolo poi scomparire in una nube argentea simile alle capriole di fumo di un vecchio sigaro.

     
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    Lo osservò, e come in un attimo comprese tutto, associando ogni dettaglio che aveva immagazzinato tra i suoi dati.
    E ricordò anche di aver sentito parlare di esseri simili.
    Infondo l'immensa biblioteca dei Galanodel per lui non aveva segreti.

    -In più di duemila anni non ne ho mai visto uno.

    Lo scrutò intensamente, come se desiderasse catturare quell'essere con i soli occhi grigi.
    In ogni caso uno splendido esemplare.

    -E' un onore incommensurabile discorrere con lei, sire Hamelin. Tuttavia ora mi sorge un dubbio. E' per caso giunta la mia ora?

    Lo disse con tono pacato e monotono, come se la cosa non gli interessasse più di tanto, come se fosse irrilevante.

    -Perchè vede, ho un affare da concludere e mi dispiacerebbe lasciarlo in sospeso, capisce?

     
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    «Oh, mio caro Arthur, può stare tranquillo.
    Io non ho competenza sul trapasso di voi
    succhiasangue

    -tossì-
    «Senza offesa, ovviamente

    Il cameriere tornò col vassoio in mano, portando una tazzina di porcellana giallastra contenente caffè nero ed un grosso bicchiere di vetro, riempito fino all'orlo di freschissimo latte.
    Il Violinista prese la sua bevanda, ringraziando il ragazzetto con un sorriso
    malizioso, e poi alzò il bicchiere per imitare il gesto di un brindisi.

    «Sono qui perchè io e lei abbiamo una conoscenza in comune.
    E...diciamo che è mio interesse constatare di persona
    che tale 'conoscenza' sia debitamente protetta.
    Non so se mi capisce, Arthur.»


    Sorseggiò il nettare lattiginoso, pulendosi le labbra prima ancora di sporcarsele; per l'Emissario, oramai, bere e mangiare erano diventate solo una questione di piacere.

     
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    Il sopracciglio destro si inarcò leggermente, al termine "succhiasangue".
    Tuttavia non lo trovò realmente offensivo.
    Infondo lo ora davvero.
    Forse l'aveva incuriosito quel termine un pò grottesco e popolare di definirlo.

    Bisognava però dire che più passava il tempo con quell'essere più diventava curioso.
    Quando giunse la sua bevanda non ebbe neanche la premura di addolcirla con dello zucchero, piuttosto ascoltò le parole dell'Emissario.
    Chi era la conoscenza di cui parlava?
    Lo fissò con sguardo pensoso per un minuto abbondante, poi prese la tazzina e sorseggiò caffè fino a svuotarla, senza mai staccare gli occhi grigi dal volto eburneo di Hamelin.
    Indine porò la tazzina sul piattino di porcellana che le faceva da base senza produrre alcun suono.

    -La prego, si spieghi meglio, messere.

     
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    «Drusilia.»

    Fissò, con occhi intensi e profondi, il suo interlocutore, quasi volesse trafiggerlo da capo a piedi, perforarne ogni minuscola oncia del corpo sanguinolento che si trascinava dietro da chissà quanti secoli.

    «Purtroppo, il lavoro mi uccide.
    Ce n'è troppo e, come immaginerà, non è possibile...
    ...prendersi una pausa.»

     
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    Non seppe se fu colpa dello sguardo del tenebroso Hamelin o del nome che fu pronunciato da quelle sottili labbra.
    Troppo, troppo tardi si rese conto di aver fatto cadere la tazzina sul tavolo, versando così ciò che restava della sua bevanda.

    Drusilia, la persona che cercava da circa tre anni, la sua unica padrona rimasta in vita.
    Come faceva a conoscere Hamelin, un Emissario della Nera Signora?
    Era forse... no, non era possibile.
    Lui aveva detto che doveva essere protetta, dunque aveva una vita da salvaguardare.
    E da cosa?
    Si trattava ancora di Aisiling o di altro?
    E allora... perchè?

    -Lei...

    Voleva dire qualcosa, ma non sapeva da dove iniziare.

    -Lei... la sto cercando da tre anni ininterrottamente. E dalle sue parole immagno che conosca ciò che mi lega a lei e alla sua famiglia.

    Respirò profondamente, per riprendere il controllo totale di sè e delle proprie azioni.

    -C'è qualche cosa che devo sapere, Sire Hamelin?

    Lo osservò in silenzio.
    Pendeva letteralmente dalle labbra dell'uomo in nero.
    Infondo era quella la "faccenda in sospeso" poco prima da lui stesso accennata.

     
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    «Arthur, arthur...tranquillo.
    Purtroppo, mi ha dato sapere solo ciò che la Nera Signora
    decide di far sapere a noi Emissari.
    Tuttavia, dopo tutti questi anni di 'attività', ho imparato
    a cavarmela da solo, a scrutare a fondo i segreti
    della morte stessa.»


    Richiamò con un gesto secco il cameriere, agganciandolo con uno sguardo al limite dell'erotico; il fascino di Hamelin aveva del sovrannaturale, era uno
    charme che andava oltre la mera attrazione fisica, oltre la materialità dei rapporti umani.

    «Quando una persona è in pericolo
    ella si avvicina al Cancello Nero,
    cioè il filo del rasoio sul quale...
    ...non suggerirei mai di camminare.
    Oltre di esso, c'è l'Oblio.
    A volte, capita di sporgersi per poco,
    altre volte ci si cammina sopra
    perchè una minaccia è dietro le spalle.»


    Attese che il ragazzotto pulisse il tavolo dal caffè, dopodichè continuò con la sua spiegazione, ma non senza aver prima sorseggiato il latte fresco.

    «Qualcuno sta mettendo in pericolo
    la vita di miss Drusilia.
    Quando una persona è nei pressi del Cancello Nero
    il suo Filo Vitale si tende e tira a sè tutti gli altri con cui
    il possessore ha avuto a che fare nella propria vita.
    Ed è così che ho notato il suo Filo, Arthur.»


    Abbassò lo sguardo, tamburellando con le dita sul legno umido di quel tavolo del bar.

    «Lei è legato a miss Drusilia.
    Questo è tutto quello che sò.
    I vostri destini, i vostri Fili, sono intrecciati.»

     
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    Osservò il giovanotto giunto a pulire il tavolo e tacque finchè non se ne fu andato.
    La faccenda era fin troppo delicata, soprattutto se voleva raggiungere il suo scopo, dunque non era saggio mettersi a giocare con quell'uomo.

    -Comprendo.

    Sorrise alla notizia, e non perchè fosse felice.
    Rideva per il destino beffardo, e per aver ricevuto una informazione che infondo già sapeva.

    -Lei è in pericolo di vita esattamente da quando è nata. Deve sapere, ma forse già ne è a conoscenza considerando che suppongo sia più "vecchio" di quanto non lo dimostri, che i Galanodel nel corso della storia si son trovati numerosi nemici. E questo fondamentalmente per il loro potere e per il loro stretto legame con le forze del bene. Tuttavia l'ultima generazione ha portato non pochi problemi. Prima il fratello di Drusilia, allontanato per il bene della bambina, poi chi le era più vicino.

    Accavallò le gambe con fare pacato, rimanendo in posizione rigida e composta.

    -Nonostante fosse già piena di nemici a causa del nome che portava, ha avuto la sfortuna di legarsi a persone che probabilmente non la apprezzavano. E lei, nella sua innocenza è rimasta accecata tanto da non vedere ciò che le stava realmente accadendo attorno. Perchè infondo è stato questo il suo errore, sa? Mi raccontò di essersi innamorata di un mortale e che questo pareva ricambiarla. Tuttavia l'Amore di un galanodel non è assolutamente paragonabile al concetto di Amore di un mortale. Ed infatti lui l'abbandonò nel momento del bisogno, scomparendo nel nulla.

    Mentre parlava gli occhi grigi si fermarono su quelli neri di Hamelin. Non erano pungenti e forti come quelli dell'Emissario, piùttosto innaturalmente calmi.

    -E come se non bastasse la sua migliore amica di quei tempi, un'altra mortale vendette alcuni segreti del casato dei Galanodel di cui era a conoscenza, per motivi ancora a me ignoti, ad una setta del Male che con la famiglia aveva non pochi attriti. La coneguenza può immaginarla: fu un bagno di sangue.

    Abbassò lo sguardo, fissando un punto imprecisato sul tavolino di legno.

    -Tutti coloro che erano presenti in quel palazzo furono massacrati come bestie. Le donne furono violentate, gli uomini torturati fino alla follia prima di essere uccisi. I genitori videro i figli cadere in modo indegno, e viceversa. E non si salvò nessuno... tranne due. Si, uno era il fratello mandato in esilio dalla famiglia, l'altra fu proprio lei, Drusilia. Quel giorno, forse per volere di qualche Dio benigno, era fuggita da casa per una lite con i genitori. E sempre per Provvidenza, le giunse da un'amica fedele la notizia del massacro dei Galanodel e l'invito a fuggire lontano. Ma la Traditrice, una certa Aisiling, non so come da umana era mutata in demone ed era riuscita a rintracciarle tutte. Uccise tutti coloro che le stavano intorno, ferendoli a morte con i suoi poteri. Lei riuscì a fuggire. Ma questa non è un "vissero felici e contenti". Fuggendo ha rimandato ciò che arriverà irrimediabilmente se non si ferma questo mostro.

    Sollevò nuovamente lo sguardo, sorridendo beffardo.

    -Ebbene si, sire Hamelin il suo istinto non l'ha tradita. Il mio destino è fortemente legato alla Signorina Galanodel. Più precisamente fui Maggiordomo dei Galanodel, suo Maestro ed Educatore fino a circa tre anni orsono. Ero presente al massacro dei Galanodel, tuttavia non potei far nulla perchè anche io fui sconfitto. Però, essendo un non morto, è alquanto difficile annullarmi definitivamente.

    E con ciò si sporse verso di lui con aria afflitta, poggiando i gomiti sul tavolo ormai asciutto.

    -Vuole la verità? Ormai non so più cosa fare, nè dove andare. Mi sento inerme a qualcosa di incredibilmente grande e spaventoso. E Drusilia, per quanto scappi ed abbia paura, perchè sono certo che sia immersa nel terrore, non ha ancora la minima idea di cosa le sta realmente dando la caccia. Non trova che la vita sia bizzarra, sire?



    Edited by *+..._Lucifer_...+* - 14/8/2009, 00:42
     
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    «Immagino l'abbia cercata ininterrottamente per tre anni.»

    Fu un'affermazione retorica, piuttosto che una domanda vera e propria; di fianco al loro tavolino, intanto, passò una donna dai vestiti sgargianti, un misto di rosa e lillà che scorrevano lungo tutto l'abito salendo fino al collo e alla capigliatura rosso fuoco.
    Pareva una signora facoltosa, di ceto sociale non indifferente, entrata nel bar probabilmente con l'unico scopo di voler umiliare i presenti facendoli sentire dei poveracci.
    Il Violinista si alzò, le rivolse un inchino e poi allungò il braccio destro per farle il baciamano: la donna, inevitabilmente rapita dal fascino di Hamelin, non potè che sentirsi ancora di più sopra le nuvole tanto da sbattere ripetutamente le palpebre e fare gli occhioni da gattina.
    Il musico sorrise, lasciando che ella potesse andare ad accomodarsi ad un tavolo: non appena l'elegante femmina raggiunse la sedia, ebbe un malore e crollò a terra, accompagnata dal rumore metallico dei suoi gioielli che graffiavano le assi del pavimento.


    «Purtroppo, mio caro Arthur, il mio lavoro è terminato...per oggi.
    Devo rientrare alla base, altrimenti qualcuno avrà da ridire del mio operato.»


    Mentre i presenti tentavano
    -inutilmente- di soccorrere la donna, l'Emissario s'alzò dalla propria sedia, esibendosi in un leggero inchino: s'incamminò verso la porta e, passando a fianco dell'uomo ancora seduto, gli poggiò una mano sulla spalla.

    «Cercherò di trovare qualche informazione su Drusilia.
    Non appena saprò qualcosa, la contatterò.
    Buona giornata, messer Arthur

     
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    Lo lasciò andare salutandolo con un lieve cenno della mano.
    Che strano tipo era quello.
    Lo osservò durante il suo operato ed anche quando se ne fu andato rimase a contemplare la scia di profumo che nulla aveva più di umano da lui lasciata.

    Purtroppo per lui, solo quando Hamelin se ne fu andato, gli venne in mente una domanda che gli avrebbe fatto se fosse rimasto a discorrere ancora un pò.
    Perchè voleva accertarsi che Drusilia fosse opportunamente protetta?
    Sbuffò, allontanandosi da quel tavolino, incurante della folla che era corsa inutilmente in soccorso alla donna.
    E poi sparì con discrezione, come in genere era solito fare.

     
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