Heaven Lies Ahead {II}

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  1. Moloch
     
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    (prosegue da qui.)
    ~

    Endlos; Esterno dell'Arena

    Consumato dalla luce. Prima che il fenomeno divorasse anche il percettibile della sua vera vista -cosa che, probabilmente, era nelle migliori intenzioni di chi lo aveva avviato- riuscì a scorgere quanto bastava per intuire la vera forma della luce stessa. Tutta la sterminata fulgore che lo circondava apparteneva all'aura di un solo, straordinario individuo.
    Il lich al suo interno sibilò d'assenso, producendo una inequivocabile risonanza col moto compiuto da quella stessa aura, incoraggiandolo col suo beneplacito; poteva sentirlo dibattersi nella sua cassa toracica come una bestia forsennata, smaniosa di riconciliarsi con il proprio padrone. Premeva tanto, il parassita, da schiacciargli le costole contro la carne.
    La tortura venne interrotta dal sapore metallico e bilioso dei denti rotti, di cui apprese non appena venne scaraventato in malo modo sull'acciottolato di una via sconosciuta; si portò una mano alla guancia, sputando il sangue nero e denso che fiottava dalle gengive. Il rifiuto categorico e bambinesco di alzare lo sguardo, si costrinse ad ammettere,
    non avrebbe cancellato il fatto che lui era lì.
    Tu.
    Lo bisbigliò come una bestemmia, sputandolo con il sibilo
    velenoso delle maledizioni.
    Tu.
    Ripeté, quasi volesse convincersi del contrario. Lui, il Lich. Incognito di casa Aldeym,
    capostipite della stirpe -il monstrum. Suo padre.
    Il ragazzo cercò i suoi occhi, trovandoli dopo una cerca scrupolosa; dietro la delicata sfumatura verde della cornea del lich, si dissimulava un viola brillante come e quanto quello del figlio; sbatté le palpebre, rivelandolo al mondo con un sorriso; in un certo qual senso, era contento che Moloch lo riconoscesse -e lo insultasse. Entrambe le cose
    alleviavano il cappio di un centenario senso di colpa.
    E' stata una fuga rocambolesca, ma ho fatto del mio meglio. Lascia che ti guarisca.
    E si chinò per esaminarne il volto gonfio, la cui guancia andava lentamente assumendo i colori dell'ematoma.
    L'alfiere ne scostò la mano, secco. Si alzò con un gemito, indietreggiando per il disgusto.
    Mi hai già rovinato la vita ben oltre le tue più rosee aspettative; stammi lontano.
    Mol...
    Vattene.
    Il lich gli scoccò un ultimo sguardo con i suoi grandi occhi da bambino antico, e scomparve. Alle spalle di Moloch di casa Aldeym, eco di passi concitati che lo raggiungevano in una corsa agile.
    Non si voltò. Aveva già avvertito la sua presenza; si limitò a dare un cenno d'assenso col capo quando
    la mano del suo siniscalco gli strinse la spalla in gesto di conforto.
    Non avevo intenzione di preoccuparti. Perdonami.
    E fece per avviarsi. La stretta della donna, però, era tanto salda da impedirgli di muovere un passo.
    Livane...?
    L'attendente era paralizzata in un'espressione di sorpresa ebete, gli occhi spalancati ad inchiodare il punto dove il lich era appena scomparso. La eco del suo nome, tuttavia, sembrò scuoterla da quel
    sinistro torpore come uno schiaffo.
    “Non ne abbia cruccio, mio lord.”
    Sorrise.
    “Torniamo a casa.”

     
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