The Root of All Evil

[Campagna] - "Called from Above", retroscena

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  1. Moloch
     
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    SPOILER (click to view)
    Importante: questa scena ha un carattere retrospettivo, e si colloca in maniera cronologicamente -ed immediatamente- successiva a "Take me to my Promised Land"

    Najaza - Banebriar's Place

    Fatelo entrare.
    La voce del filatterio attraversò la sala come l'istante infinitamente ritardato dell'espulsione di un proiettile, dilatando lo spazio in un fischio prolungato e sordo. Rumore di cardini e listelli di metallo, e la porta della Campana-Cuore si spalancò su una sagoma sconosciuta, la cui ombra si ripartiva nella proiezione di infinite appendici filamentose abbarbicate fino a metà della parete adiacente. Lo straniero compì alcuni passi, portandosi al centro della sala d'udienza, e fece per sedersi a mezz'aria. Sotto di lui, dal nulla, si disegnò una poltrona in broccato non troppo diversa da quella accostata all'angolo lettura poco distante. Aveva capelli biondi.
    Poco prima che il movimento raggiungesse il proprio culmine, l'alfiere ne compì uno speculare e rapidissimo, con cui mandò lo scranno ad infrangersi contro la parete.
    Non ti ho invitato ad accomodarti.
    Sbottò, aspro. L'uomo -rimasto miracolosamente in equilibrio e galleggiante a qualche centimetro dal lungo tappeto damascato- si limitò a liquidare la questione con un'alzata di spalle ed un sorriso appena accennato sul volto aguzzo.
    Naturalmente. Non concederti di giocare secondo le tue regole
    sarebbe una vera mancanza di galanteria.

    Le suole degli stivali aderirono al pavimento senza clamore. I filamenti si agitavano inquieti, intrappolando la superficie della stanza in un reticolato di tenebra.
    Mostro.” aggiunse, in tono tanto casuale da sconfinare nel disarmante. “Lo sono tutti quelli della tua specie, Moloch. Una specifica doverosa ma inutile, mi suggerisce lo sgradito ospite che ti si dibatte fra lo stomaco e il fegato.
    Il sorriso si allargò; Moloch di casa Aldeym strabuzzò gli occhi, scavando solchi nei braccioli del trono.
    Tu... puoi vederlo?
    Immagino che papà ti abbia detto che sarebbe stato il vostro piccolo segreto, ma no.
    Io posso vederlo.” concluse.
    Il siniscalco, finora rimasto assolutamente immobile, portò la destra a stringersi attorno ad un oggetto appeso al collo. Il sorriso di Antares si spense.
    Più che un potere, tuttavia, è un dovere. Un dovere spiacevolissimo da portare a termine. Un dovere che -e quella creatura ne è testimone- mi ha portato a vedere cose che non avrei mai voluto.
    Compì alcuni passi in avanti. I filamenti lo imitarono, dipanandosi fino alle pareti ancora intonse. Chinò il capo sulla spalla, scrutando l'alfiere con garbata, indefinibile crudeltà.
    Conosci il nome della tua razza d'origine, Moloch?
    Moloch di casa Aldeym scosse il capo, perplesso.
    a-e-n-e-m-o-s” sillabò lo straniero, assaporando il sacrilegio di ciascuna sillaba. “Non è un nome antico, né un lemma estrapolato da una lingua dimenticata dagli eoni -nulla di così figo, azzardo, direbbe una
    nostra conoscenza comune.

    Il sorriso tornò a fare capolino, per lasciare subito spazio ad un'espressione di spregio.
    Niente.” sentenziò. “Non vuol dire nulla. Un nonsenso. Come voi.
    La fiamma d'argento schioccò nel dibattersi di una sola lingua, consumandolo completamente. L'istante dopo inchiodava l'alfiere al trono, schiacciandone i polsi contro i braccioli. Il Dio straniero era talmente vicino che l'intenzione omicida trascendeva sé stessa assumendo una propria fisicità -una fisicità di odori e suoni. Una fisicità persino tattile, constatò, quando avvertì la pressione di un cuneo invisibile sullo sterno.
    Il lord alfiere non oppose resistenza, portando il capo leggermente in avanti;
    fra loro non c'erano che pochi, letali millimetri di sicurezza.
    Vuoi uccidermi?” domandò, esibendo la stessa durezza con
    cui quello aveva formulato l'accusa. “Allora fallo. Non ho intenzione di impedirtelo.
    Livane si lasciò sfuggire un singulto.
    Hmpf.” il dio straniero sciolse la presa, scostandosi dal filatterio. “Lo farei, se solo non ti fossi fatto trascinare in questo luogo orribile. Déi...
    Oh.” lo rimbeccò, sarcastico “Giocare alle mie regole non era poi tanto una questione di galanteria, alla fin fine.
    Avete lo stesso, becero senso dell'umorismo.” sospirò. “E la stessa, incredibile leggerezza. Qui potrò anche non avere poteri, te lo concedo: per ogni medaglia, tuttavia, c'è un rovescio.
    Sono affascinato. Ti prego, continua.” lo incalzò l'alfiere, venefico.
    IDIOTA! HAI IDEA DI SOTTO QUALE SOTTANA TI SEI ANDATO A NASCONDERE? HAI ANCHE SOLO UNA REMOTA IDEA DI CHI SIA GABRIEV DISITH?
    Di certo, qualcuno che si da pena di giustificarsi prima di turbare la quiete pubblica in casa altrui. Chi sei? Cosa vuoi -ma soprattutto, perché non puoi lasciarmi in pace?
    Ricadde sullo scranno, esausto. Lo Straniero si acquietò, ma non si lasciò intenerire.
    Avrei potuto. Avrei potuto farti vivere la tua vita. Avrei potuto ignorarti.
    E allora perché...?
    Perché?” rise di una risata roca, tremendamente simile a quella dell'Odio. “Vogliamo chiederlo a papà?
    Moloch di casa Aldeym si chiuse in
    un cupo silenzio.

     
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