Stella cadente? (II)

Ospite nella Rocca

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    Ti benedico, ospite mio,
    mio invitato poiché il tuo nome
    è colui che cammina.
    L'ospitalità è crocevia dei cammini.
    L’uomo, senza saperlo,
    di fatto ha vissuto la Presenza infinita di Dio
    nell’infinita assenza delle cose.
    Non siamo fatti per pensare gli inizi.
    Sono gli inizi che, successivamente, ci pensano.

    Edmond Jabès.


    Una candida luce illuminò un ampio spazio limitato da tre pareti, di cui una -quella frontale- ornata da un grande arazzo rosso purpureo ed oro e strette finestre con vetri colorati come quelle delle chiese gotiche della sua dimensione. Drusilia Galanodel era finalmente giunta alle stanze della Rocca, accompagnata dal sergente Kaal ed un altro soldato, rimasti innanzi alla porta anche dopo che fu chiusa, e tutto ciò solo per proteggere il nuovo ospite.

    O forse non farla uscire.

    Pensò la Dama, guardandosi prima a destra e poi a sinistra, sincerandosi che non ci fossero altre vie d'uscita. Sospirò... la sua esplorazione andava rimandata a dopo la registrazione a Laputa. In quel momento non poteva fare altro che dormire anche se, conoscendo il suo genere di "sogni", la volontà di chiudere gli occhi in un comodo letto era di parecchio smorzata. Rimaneva che non poteva trascorrere la propria esistenza sveglia, dunque doveva farlo, anche controvoglia. Iniziò così a posare le delicate mani appena sotto la vita in modo da sollevare la bianca veste che indossava, per poi sostituirla con una lunga camicia femminile del medesimo colore trovata nell'armadio di fronte al letto a baldacchino. E dopo aver riposto gli abiti da giorno su una seggiola lì vicno, le dita innocenti scivolarono sulla pelle liscia e luminosa, abbottonando con calma quella veste immacolata. E così, a piedi scalzi, si avvicinò al morbido giaciglio, per poi stendervisi sopra, sotto le coperte.

    Il tepore del sonno l'avvolse immediatamente, e gli occhi smeraldini pian piano si chiusero, fino a scomparire nella fitta trama delle lunghe ciglia corvine.



    SPOILER (click to view)
    Edit: modificato l'immagine


    Edited by Drusilia Galanodel - 4/1/2010, 16:34
     
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    Il multiverso è un posto strano.
    In tanti si sono presi la briga di provare a spiegarne le leggi, o quanto meno, a capirlo; in genere quelle sono persone che sono state in grado di ipotizzare, prima di tutto, l'esistenza di più realtà - che sapessero, oppure solo sognassero che ciò fosse, non fa molta differenza -; gli altri, semplicemente, non se ne sono curati. Che, con il senno di poi, forse è la scelta migliore per vivere una vita felice, ma, più di tutto il resto, serena.

    Esistono quindi, secondo le ipotesi, infinite, differenti realtà, regolate ciascuna da sue proprie leggi, e tra loro interconnesse.
    Forse, il nostro caso non è altro che una prova a sostegno di questa teoria.

    Su un semipiano oltre le realtà, crogiolo di differenti brandelli di universi, tenuti insieme solo dalla convinzione dei loro abitanti di esistere, stava un castello.
    Volante.
    Dentro al castello, in una delle torri, stava una camera. Con un grosso letto. E dentro al letto, una fanciulla addormentata.




    Altrove, dove i desideri dei sognatori prendono forma, guadagnano potere, e diventano reali, un uomo, uno tra gli inviati di Madonna Morte, veniva ucciso dai suoi stessi fratelli.
    Trapassato, al cuore.
    Siamo ad Ulthar.

    Poco distante, un grosso gatto nero, vecchio come pochi altri possono dire di aver avuto la fortuna di diventare, miagola ad un cielo nero come la pece.
    E' un richiamo.




    Qualcosa di caldo, di delicato - lo senti quasi fosse a contatto diretto con la pelle delle mani, ti raggiunge, giovane Galanodel, svegliandoti dolcemente.
    E una scintilla di luce argentea, piccina.
    Sembra quasi sia sul punto di spegnersi.

    Lo senti, quel piccolo lumicino deve aver viaggiato molto, davvero, davvero molto.

    Attorno non ti sembra più di sentire il tocco caldo delle coperte nelle quali ti eri addormentata. L'aria è fresca, umida.
    Sa di muschio, e mare.

    Solo quanto ti rendi conto di questo nuovo ambiente, attorno, la piccola lucciola si stacca da te, per volare via.
    La sua fioca luminosità ti sta davanti, più o meno alla stessa altezza degli occhi.
    Già, perchè sei in piedi.
    Si muove, ritmica, prima a destra, un pochetto, poi, di nuovo, a sinistra.
    Da ultimo, si sposta avanti, più lontano da te, di un pizzico.

    Che voglia invitarti a seguirla?

     
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    Il tepore delle coperte si era tramutato pian piano fino a diventare fresco alito di vento. E poi a lei giunse qualcosa di caldo ed accogliente come fuoco acceso d'un camino in una baita di montagna. E poi un odore di muschio e di mare fece capolino nei suoi sensi, inebriandoli e confondendoli. Perchè lei sapeva che non doveva essere li...

    Ed allora, perchè?
    Perchè quel calore, quegli odori e poi... si, quella piccola luce nel buio.
    Una lucciola?
    Un semplice riflesso?

    Una piccola stella dalla luce pallida e leggera, quasi stesse per scomparire inghiottita dalle tenebre. Esattamente come lei. Drusilia Galanodel rimase lì ad osservarla per qualche secondo prima che essa si separasse dalla sua dolce figura ed iniziasse ad andare prima a destra, poi a sinistra, poi in avanti come per indicarle il cammino. Per un attimo ricordò il piccione di Boomer -maestro dell'accademia degli Hunters- che l'aveva condotta dal padrone attraverso il medesimo comportamento. Che la stella le stesse indicando qualcuno o qualcosa, a lei non era dato sapere, a meno che, passo dopo passo, non sarebbe giunta alla sua meta. In casi normali la Dama avrebbe diffidato, tuttavia iniziò a seguirla quasi incantata, incurante del pericolo, perchè una strana sensazione aveva pervaso il suo cuore.

    Cosa succede, Drusilia?
    Il cuore, mi fa male il cuore...

     
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    La luce balla piano, davanti agli occhi della donna, e, un passo alla volta, piano piano, la guida attraverso l'immane caverna in cui entrambi sono.
    Goccioline d'acqua penetrano dal soffitto di pietra, ticchettando poi a terra.
    Un dolce concerto, nota dopo nota. Eco dopo eco.
    L'ambiente è enorme, titanico; l'arco di luce proiettato dalla piccola lucciola divora le tenebre passo dopo passo. Eppure, nemmeno così è possibile scorgere i limiti della grande grotta.
    Solo, ogni tanto, qualche grossa colonna sorge all'improvviso dal pavimento lucido d'umidità.
    Non esiste nient'altro.




    All'improvviso, l'eco dei passi si scontra con qualcosa di grosso.
    Solido.
    Un muro, e una apertura.
    Una soglia dall'architrave a sesto acuto, con i brodi istoriati da una mano che, decisamente, non sembra essere quella di un vero artista.
    Sembrano piccole mattonelle graffiate, riempite di onde, simboli intricati, punti : larghe una spanna, tutte attorno alla porta.
    E dietro, baciata dalla luce della piccola guida fluttuante, un androne, semisferico, e, al centro, una scala a chiocciola che si apre, verso il basso.

    La lucciola pare voglia procedere, e ti aspetta, fremendo, sul primo gradino.

     
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    Una grotta, ecco dove si trovava. E considerando l'odore di muschio e mare, doveva trattarsi di una rientranza da una qualche scogliera. In effetti c'era da domandarsi sul "come" fosse arrivata fin lì, tuttavia non potè non supporre che si trattasse proprio di quella piccola luce, che a lei tanto ricordava le minuscole fatine di cui spesso aveva sentito parlare nel libro delle fiabe. Non che le dispiacesse, ovvio... infondo, per quanto si reputasse "adulta", dentro di lei c'era ancora lo spirito di una bambina innocente. Iniziò dunque a seguirla lungo un tragitto che pareva non terminare mai, fino a giungere ad un architrave con strani simboli alla porta. Rimase a contemplarlo per qualche secondo, sfiorando le incisioni con le dita pallide, prima di raggiungere la fatina luminosa per continuare il suo viaggio.

    Per quanto sembrasse strano... le piaceva quel luogo, tanto.
    I suoi passi sembravano spingerla sempre più avanti, come guidati da un istinto naturale.
    E dentro di lei una sola paura, indecifrabile.
    Un sentimento che le attanagliava il cuore.

     
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    Ci sono settanta scalini, prima.
    Scalini ampi che scendono così lentamente, nelle spire della grande scala che pare ricavata nella roccia da mano esperta, quasi senza nemmeno lasciare traccia degli attrezzi utilizzati, da far perdere il senso dell'orientamento.
    Entro poco parevano esistevano solo la luce flebile di quel piccolo, fragile globo, e la discesa.
    Non c'erano invece più ne il sopra, ne il sotto, se la destra, ne la sinistra.
    Solo la discesa, che pareva mettere addosso, ad ogni passo fatto in più, un dolce senso di calore, di piacevole rilassatezza, così differente da quel gelo umido che la caverna tratteneva in se.

    Era un vento tiepido, come un respiro, in grado di dare la stessa sensazione sulla pelle di quella donata dalla piccola luce.
    Era come se fossero parti simili di una stessa cosa.

    Dopo la prima, la seconda serie di gradini era arrivata improvvisa, quasi narcotica. Uno dopo l'altro, tutti e settecento.
    Ed è terminata quella nuova discesa che la camera dei giudici si apre davanti agli occhi della giovane donna, dispersa, inconsapevole, nei suoi stessi sogni, guidata dal flebile bagliore di un ricordo che, ostinato, non vuole abbandonarla.

    E' lì, in quel piccolo ambiente la cui oscurità diviene dolce, baciata dal chiarore del suo piccolo Virgilio, che lady Galanodel incontra i due guardiani.
    I due giudici, custodi del mondo a cui lei dovrà accedere. Forse?

    Mormorano all'unisono, Nasht e Kaman-Tha, quando si rivolgono a lei, e la loro voce è come il suono di un enorme cuore lontano, mastodontico e lento.


    Benvenuta alla nostra presenza, Drusilia Galanodel.

    Noi ti stavamo aspettando.
    Sei stata cercata...


    Sono due visi, enormi, a parlare.
    Le loro pelle è di pietra.
    Lineamenti squadrati, capelli e barba lunga, incolta, che si fondono con la parete di fondo di quella nuova stanza squadrata.
    Non sembrano però intagliati, o scolpiti. Sembrano piuttosto parte viva della roccia, vitale.
    I loro occhi, socchiusi, sembrano costantemente sul punto di aprirsi, così come le loro bocche, a cui le parole rotolano fuori senza che essi muovano le labbra.

     
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    “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
    e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

    Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
    Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
    le coincidenze, le prenotazioni,
    le trappole, gli scorni di chi crede
    che la realtà sia quella che si vede.

    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
    non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
    erano le tue. ”


    (Eugenio Montale)


    Passo dopo passo la Dama Bianca procedeva, pallida come la neve, luminosa come un delicato raggio di luna in una notte senza stelle. O meglio, una stella c'era, ed era proprio quella piccola luce che continuava ad invitarla oltre le scale di pietra, come unica rassicurazione a quella oscurità che altrimenti l'avrebbe oppressa, lei che era Regina dei Venti e Signora delle Correnti... E più i passi la guidavano in quel luogo a lei ignoto, più avvertiva il dolce sapore assaggiato quando la piccola fata l'aveva sfiorata, lo stesso tepore, lo stesso sentimento. Se non fosse stata così concentrata su quella piccola stella, Drusilia avrebbe comunque seguito quella direzione, spinta dall'istinto verso qualcosa che le provocava un così dolce piacere.

    E poi delle voci, voci antiche e sagge.

    Quel suono sembrò distrarla dal suo fino ad allora unico oggetto di interesse e deviare l'attenzione della Dama a delle figure in pietra che, in un modo o nell'altro, le stavano parlando. Dissero che era stata cercata. Cosa volevano dire?

    -Salute a voi, ed infinite grazie per l'ospitalità.

    Le mani innocenti della ragazza si spostarono sui lembi della veste di seta da lei indossata, allargandola ai fianchi in modo da esibirsi in un educato e posato inchino. Poi tornò eretta, e con la sua solita calma, iniiò a parlar loro.

    -Perdonate la scortesia, ma chi, esattamente, mi ha cercata? E dove posso incontrare costui?

     
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    La sala, piccola, se rapportata alla grande caverna che, oramai abbandonata, era stata il primo luogo conosciuto di quello strano mondo, il principio del viaggio, era come una cassa di risonanza armonica.
    Ogni sussurro, ogni rumore, trovava nuova vita, nuova ampiezza e colore, come crescendo, nutrito da quel piccolo ventre di pietra.

    Anche le voci dei Guardiani non facevano eccezione.
    Il loro respiro era profondo, quasi palpabile, come quando d'inverno ci si ferma ad ascoltare il mare, e la marea che monta.
    Momento dopo momento cresce, rinforzando.
    Diventando maestosa, caricandosi di profondità sempre nuova.
    Oscura, affascinante. Forse, anche un po terrificante.

    Con gli occhi ancora semiaperti, i volti di pietra viva fissavano la dama bianca.

    Gli ultimi pensieri di un amico sono arrivati fino a te.

    Il Mondo del Sogno è stato per lui culla, nel suo ultimo istante. Prima però che il suo io si spegnesse, ti ha raggiunta.
    Ti ha portata a lui.


    Pausa. Una lunga pausa.
    Silenzio rotto solo dal respiro profondo dei due colossi, come fossero rimasti senza fiato, ed ora si prendessero il loro tempo per ricominciare ad esporre i fatti.

    La strada ti sarà indicata. Non temere.

    Procedi pure.


    E tra loro, una lama di luce fende la roccia.
    I due volti si scostano, uno a destra, ed uno a sinistra, rivelando una porta.
    La luce inonda la camera, ed è così abbagliante, così pura, che il piccolo frammento luccicante di stella per poco non ne viene travolto, fondendosi con essa.
    Ma resiste, tremolante.
    Ed è ancora lì, ad indicare che è ora di avanzare.

    Sembra essere impaziente.

     
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    La Dama del Vento rimase ad ascoltare in educato ed accorto silenzio le parole delle creature che l'avevano accolta, mentre i capelli del color del legno danzavano leggeri come scossi da un vento impalpabile, giocando ed intrecciandosi con invisibili correnti mentre gli occhi smeraldini restavano immobili, spalancati all'arrivo del fausto annuncio. Parlavano di un amico... un amico che aveva celato il suo ultimo respiro...

    Tum-tum.

    Si, lo sentì, ancora. Il cuore, il cuore le faceva male, ed imperterrito continuava a battere, scaplitare nel suo petto come un folle come in agonia. Che fosse in grado di vedere più degli occhi stessi della Dama? Lei non poteva saperlo, solo ascoltarlo mentre sembrava volerla fare impazzire. Perchè? Perchè doveva accadere? E chi era lo sfortunato? Si trattava forse di Yang? Abel? Il Gufo o chi altro?
    No, non era in grado di trattenersi, ed il cuore le faceva troppo male. Così, senza rendersene conto, una lacrima scivolò lenta sul suo volto segnato dallo stupore sia della notizia che della reazione del tutto istintiva.

    -Andrò fino in fondo.

    Furono le uniche parole che pronunciò, prima di procedere sempre più convinta, e con passo sempre più spedito. Chiunque fosse lo avrebbe trovato...
     
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    Oltre il buio della soglia un sole caldo, dorato, illuminava un mondo verde, rigoglioso e profumato, del tutto diverso da quell'anticamera di oscurità umida e tiepida che Dama Galanodel aveva appena abbandonato.
    Era una foresta, pullulante di vita, quella che la giovane donna si trovava a fronteggiare.
    Sebbene fitta, il sole, incredibilmente, illuminava il terreno anche attraverso le fronde.
    La luce sembrava densa, colorata di riflessi smeraldini : il sottobosco carico di vita, con arbusti pieni di frutti.
    Dovevano essere deliziosi, a giudicare dall'aspetto.

    Il cinguettio di milioni di uccelli riempiva l'aria, così come i richiami lievi di ogni altra creatura di quel mondo verde.
    Lievi squitti, mugolii e schiocchi : ogni piccola vita, in quell'abbraccio di vegetazione, non aveva occhi che per la nuova venuta.
    E lei poteva sentirli addosso, anche se non era facile identificare da dove questi venissero, dove fossero nascosti i loro proprietari.

    Un sentiero partiva dal nulla.
    Alle spalle della giovane dama, nel punto in cui avrebbe dovuto trovarsi la soglia appena attraversata, non c'era altro che aria. Vuoto. Ed altra foresta. Altri alberi, altri arbusti.

    La via era tracciata nello sterrato, con ciuffi di erba verdissima a fargli da limite. Scendeva in una lieve pendenza verso la base della piccola collina su cui la ragazza era approdata, congiungendosi ad una pista più larga, di cui era visibile un buon tratto.
    E dritto nel mezzo, un grosso gatto stava immobile, con gli occhi gialli e verdi, profondissimi, fissi in quelli dell'ultima visitatrice del Mondo del Sogno.
    Sembrava quasi essere in attesa.

     
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    Si ritrovò in qualcosa che pensò avere a che fare con quel Paradiso Terrestre di cui aveva sempre sentito parlare dai racconti dei vecchi Galanodel. Tuttavia sapeva che quello non lo era.
    Il Paradiso è quel luogo dove ogni desiderio è reale, ed ogni dolore smette di esistere... e lei, invece, lo avvertiva ben chiaro, forte, avvolgere il suo cuore e straziarlo tra le verdi fronde arboree ed i frutti così invitanti che avrebbe assaggiato se non fosse stata tormentata da quell'odiosa sensazione. Perciò ignorò ogni dettaglio ed ogni segno di gioia parve scivolarle addosso, perchè ormai nella sua mente era fisso un solo pensiero.

    Percorse dunque la strada che sembrava volerla condurre alla fonte dei suoi timori, con passo sempre più rapido, incessante, fino ad intravedere la sagoma di un gatto.

    -...

    Si fermò, e lo iniziò ad osservare silente, mentre dalla sensuale bocca semiaperta, entrava ed usciva aria a ritmo frenetico, seguendo il movimento del suo petto affaticato.
     
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    Benvenuta.
    Ti stavo aspettando.


    Gli occhi del gatto sembrano sempre di più ipnotiche pozze di colore, profonde. Sono immobili : le pupille danno l'impressione di essere grossi solchi di pugnale inferti ad un dipinto dai vividi colori, oscuri e gelidi.
    La coda della bestia si muove lentamente, mentre questa parla.

    L'Anziano della mia Stirpe mi ha mandato da te.
    Ti aspetta alla nostra tana, nella casa degli uomini che chiamano Ulthar.


    Una breve pausa.
    Il gatto si lecca il pelo di una delle zampe, meticoloso e concentratissimo, dando quasi l'impressione di essersi appena dimenticato il perchè della sua presenza il quel luogo.
    Perde persino di vista la viaggiatrice, concentrandosi proprio su quel nuovo impegno improvviso.
    Come è cominciata, però, quella strana tolettatura finisce.

    Seguimi.
    Ti deve parlare.


     
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    La bella Dama del Vento rimase a fissare quel micio con aria sgomenta, come se il felino si fosse messo d'un tratto a parlare...
    ...beh, in effetti ...
    ...era esattamente quello il motivo del suo stato!

    Insomma, prima era precipitata dal cielo davanti ad un castello, poi aveva rischiato l'arresto, poi la grotta, le facce parlanti, la foresta ed ora il gatto parlante! E la cosa peggiore è che, infondo a lei, sapeva che quel delirio di immagini e creature senza senso non sarebbe finito di lì a breve. Rimase ancora a fissare il micio, prima di iniziare a capire cosa le stesse esattamente dicendo. A quanto pareva era stata chiamata lì dal suo capo che, essendo della sua Stirpe, quasi sicuramente era anche lui una palla di pelo.
    In ogni caso non ricevette altre informazioni oltre il luogo dove sembrava essere la loro "tana", forse un nascondiglio od un quartier generale. A quel punto che fare? Non aveva molta scelta...

    -Ti seguo.

     
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    Per un po, i rumori della foresta avevano divorato ogni altra cosa, lasciando che la scena che si stava svolgendo sotto alle fronde di quel bosco incantato sembrasse sempre di più il soggetto di un dipinto.

    Nel centro del sentiero, il gatto fissava con grandi occhi screziati la donna. La bestiola sembrava decisamente intenta a sogghignare sotto ai baffi, sornione, con la coda che tagliava l'aria odorosa di quel luogo riparato ora a destra, ora a sinistra.
    Di rimando, la giovane se ne stava immobile, alta, nobile nella sua figura.
    Delicata, e decisa, l'inflessione che aveva nella voce era stata abbastanza perchè non fosse difficile capire che, sebbene avrebbe fatto ogni cosa con la dovuta gentilezza, non si sarebbe mai allontanata dal sentiero che aveva deciso di percorrere, dalla missione che ella stessa si era imposta.

    Trovare colui che era perduto, che con il suo ultimo pensiero l'aveva cercata.
    E che lei non intendeva abbandonare.
    Molto bene.
    Vieni.

    Disse il gatto, leccandosi il naso mentre si rimetteva in piedi e cominciava a passo svelto a lasciarsi dietro il sentiero, metro dopo metro.
    Ci sarà da camminare un po.
    Spero non ti stancherai facilmente, amica.

    Nella voce del felino scintillava, allegro, un filo di sarcasmo.
    _____

    Al centro della città di Ulthar stava il grande terreno che i cittadini avevano lasciato con gioia ai gatti dopo gli avvenimenti che, molto tempo prima, avevano portato alla promulgazione della legge che rendeva quel posto famoso in tutta la terra, attraverso i racconti dei commercianti di Hatheg ed i resoconti dei viaggiatori di Nir : nella città di Ulthar è vietato uccidere i gatti

    Attorno alla grande pietra che, eretta, segnava il centro perfetto della radura in cui i gatti erano radunati, centinaia di baffi e decine di occhi - molte, davvero molte decine - osservavano l'arrivo del loro compagno, e della donna.

    Accoccolato sulla cima della roccia stava, sonnecchiando, un esemplare ben pasciuto e, a guardarlo, assolutamente vecchissimo di gatto soriano, nero.
    Subito accanto, un abissino dal pelo rosso fissava dall'alto la scena con occhi verdissimi, enormi ed ipnotici.

    Eccoci, siamo arrivati.

    La guida sussurra poche, ultime parole alla giovane dama Galanodel, prima di farsi da parte mescolandosi alle schiere di suoi fratelli che si stavano stringendo attorno, creando un compatto muro di occhi, code e baffi, curiosi.

    L'abissino, facendosi avanti d'un passo sul menhir, prende la parola, imponendo il silenzio su un indistinto brusio con un solo, deciso e breve miagolio.
    Si lecca poi il musino affilato, prima di rivolgersi alla donna, socchiudendo gli occhi per un breve attimo, come stesse raccogliendo i pensieri prima di procedere.

    image

    Benvenuta tra noi.
    Questo è il Consiglio dei Gatti di Ulthar, il più grande del mondo.
    Sappiamo che sei arrivata a noi seguendo la voce che ha parlato al tuo cuore.

    Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo tuo lungo viaggio?


    Il silenzio regna sovrano sulla radura, spezzato solo dal quasi impercettibile ronfare del grosso gatto nero che è ancora acciambellato sulla pietra più alta del giardino.
    Tutti i mici attendono.

     
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    Si, non stava sognando... o almeno così credette. Non era un miraggio quel gatto parlante, altrimenti sarebbe stato solo un dubbio fugace il suo, rapido come il lampo nella tempesta. Ogni perplessità si sarebbe dissipata allo schioccar delle delicate dita. Tuttavia...
    CITAZIONE

    Molto bene.Vieni.
    Ci sarà da camminare un po.
    Spero non ti stancherai facilmente, amica.


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    La giovane rimase in silenzio, e così seguì il compagno animale, curiosa di dove la stesse conducendo. Una trappola? Forse. Ma infondo l'aveva chiamata "amica", e poi il sospetto che nutriva verso gli umani era ben diverso da quello rivolto a creature come quella che, in quel preciso istante, la precedeva nel sentiero. In ogni caso non si era mai verificato che la Dama dei Venti abbassasse la guardia in un luogo selvaggio e sconosciuto, e quella non sarebbe certo stata la prima volta.

    _________

    Gatti, tanti gatti. E parlanti. Di certo era una situazione inquietante.

    CITAZIONE

    Benvenuta tra noi.
    Questo è il Consiglio dei Gatti di Ulthar, il più grande del mondo.
    Sappiamo che sei arrivata a noi seguendo la voce che ha parlato al tuo cuore.
    Cosa ti ha spinto ad intraprendere questo tuo lungo viaggio?


    Rimase a fissarli per qualche secondo, quasi incantata dalle loro code ed i miagolii, per poi rispondere alla domanda... se la domanda avesse avuto senso. O meglio, il senso ce l'aveva, tuttavia lei evidentemente ne sapeva molto meno di loro. Una voce? Una voce che parla al suo cuore? Insomma! Lei si era solo addormentata! E da quando in qua addormentarsi e ritrovarsi circondatada gatti parlanti era sintomo di una misteriosa voce?

    Sempre peggio.
    No, era troppo, non aveva tempo per le voci parlanti.
    Non sapeva nulla di quella situazione e decise di esser più chiara possibile nell'esporsi.


    -Non ho la più pallida idea del perchè son qui, nè come ci sono arrivata dalla torre dove mi sono addormentata, tuttavia ho saputo che qui c'è un mio amico, dunque ho intenzione di riprendermelo, prima di tornare a casa. Non so chi siete, nè cosa volete da me, ma se possedete informazioni o qualunque cosa che possa aiutarmi a trovarlo e riportarlo a casa, allora vi prego, non indugiate ancora.

    Dritta al dunque.
    Come sempre.

     
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