La Legge del Tempo

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    [continua da qui.]

    Con suo disappunto, non poter scegliere il proprio percorso è la triste condizione dell'uomo.
    Gli è solo dato di scegliere come atteggiarsi quando il destino chiamerà, sperando non gli manchi il coraggio di rispondere
    .



    PoV~†~ Generale

    Silenzio.
    Solo il silenzio regnava, dopo le accuse mosse dalla Sala del Tribunale; né un suono, né una parola, nulla era percepibile, eccetto il flebile ed irregolare respiro dei presenti: lì, sul banco degli imputati, giaceva sconvolto Gabriev Disith, distrutto nell’anima e nella mente, sotto un peso grande come la realtà; al suo fianco, invece, vi era il suo Garante di Onestà e Giustizia, Leon Belmont, il quale non aveva proferito opposizione alcuna, rimanendo in uno stato a sua volta catatonico.
    Era Deluso.
    Era strano a dirsi, dato che finalmente era riuscito a mettere alle strette l’Anomalia ed il pericolo che essa rappresentava, affinché potesse pagare per tutti i crimini commessi, eppure…
    Eppure Lord Aeon non riusciva a reputarsi soddisfatto; né felice, se per questo.
    Per un singolo istante lasciò scorrere le sue iridi grigie tra la figura di Belmont e quella del Disith, poi chiuse sommessamente le palpebre, e si accinse a risistemare la montatura argentea delle sue lunette, con quel gesto meccanico che ormai lo contraddistingueva nella sua consuetudine.
    Non c’era tempo per rimorsi o ripensamenti; lui era nel giusto e quella era la massima espressione di tutto ciò per cui aveva combattuto sino a quell’momento; nonostante tutto questo, al Signore del Tempo risultò impossibile non chiedersi per un attimo fugace se stesse facendo la bene.
    Perché in cuor suo era così triste? Cosa si aspettava?
    Facendo appello alla rigida volontà che contraddistingueva il Lord della Chiave, Aeon relegò ogni dubbio e sentimento in un angolo della sua assiomatica mente, affinché portasse a termine ciò che andava fatto: con una singola movenza, il Signore del Tempo si alzò dal suo scranno, portandosi al limitare estremo della balconata, senza mai distogliere lo sguardo dal banco degli imputati e da coloro che vi stazionavano.
    A guardarlo ora, pareva un algido Gigante dal piglio severo: il Signore del Tempo; un titanico giudice il cui sguardo, era velato appena da una contrizione insperata ed incurabile, troppo debole per fermare la sua mano, troppo forte per non provocare un disagio inspiegabile al suo animo. Poi, la sua voce tuonò inflessibile tra gli androni della sala.
    Gabriev Disith
    Esordì il Lord in tutta la sua autorevole presenza.
    Dato che vi rifiutate di rispondere alle accuse, non mi resta che sottoporvi alla vostra pena, lasciando che sia essa a parlare per voi.
    Alzò la mancina, ed una fulgida spada vi prese forma: era di un metallo niveo, privo di qualunque imperfezione,
    scolpita in una geometria modesta e priva di qualunque simbolo, eccezion fatta per una sottile riga incomprensibile, situata all’altezza del forte dell’arma. La lama attese silente sul palmo del suo signore, al pari di un sicario in attesa di conoscere il nome della sua vittima, poi, con un singolo gesto secco della mano, Lord Aeon scagliò la reliquia verso il Cavaliere Rosso, come una messaggera di verità ed esecutrice di una sentenza che avrebbe presto consegnato tutte le risposte al suo detentore.
    Gli occhi del Signore di Rivenore, si incatenarono a quelli del Falco dei Disith un’ultima volta.

    E non vuoi capire che la tua coscienza significa appunto "gli altri dentro di te".


    PoV~†~ Moloch

    Ormai la vita sta per lasciarti, e tu sei troppo stanco anche soltanto per opporti e trattenerla nella tua stretta.
    Steso su quell’infinita distesa rossa, abbandonato al tuo destino di anonima morte.
    Una solitudine infinita.
    “Io non…”
    “No, Moloch.”
    Una voce atona, remota come un eco fantasma, pare farsi strada in quel mondo colmo di dolore e desolazione;
    ti sembra una voce familiare, ma nonostante i tuoi flebili sforzi non riesci a ricordare dove l’hai già sentita.
    “Non Morirai.”
    D’improvviso, il mondo circostante pare esplodere in una raggiera cromatica, colorandosi di rosso,viola,
    vaniglia e tormalina scura, per poi risolversi in un telo di quarzo bianco, che -morbidamente- avvolge tutto ciò che ti circonda, al pari di un eterea crisalide di cristallo, sconfinata e bellissima.
    “Non oggi.”

    Le Stelle

    Di colpo, vieni avvolto da invisibili fili che ti guidano in alto, verso un moto d’ascesa che ti trascina nell’immenso cielo di quel mondo, ora costellato dai frammenti di colore neonati, al pari di centinai di migliaia di astri composti di pure e vivide emozioni.

    Quando tu guarderai il Cielo, la notte…

    Mentre fluttui disincarnato in quella atipica volta celeste, delle parole prendono a risuonare nella tua mente;
    sei certo che non si tratti di un ricordo che ti appartenga, eppure è in grado di rassicurarti, avvolgendoti al pari di un panno morbido e delicato.

    …visto che io abiterò in una di esse…

    Circondato dagli strali colorati, cominci a ricordare: hai già vissuto qualcosa di simile, già una volta hai provato questa sensazione, ma non riesci a ricordare dove, ne tantomeno chi…

    …visto che io riderò in una di esse…

    Una dopo l’altra, al pari di tante piccole falene, gli astri arrivano a te, depositandosi nella tua persona, e ricostruendo quello che un tempo era il tuo spirito: senti le energie vitali tornare ad abitare il tuo animo, ridonandogli forme e colori, sensazioni e…

    …allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero.
    Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere.

    …ricordi.

    Le Stelle

    Ricordi un uomo vestito di rosso, un Dio straniero, un Assassino; ma ricordi anche un castello, degli alleati, volti amici…

    Sono illuminate perché ognuno possa ritrovare la sua.

    …ricordi una mano che -benevola- ti portò lontano dal pericolo, verso una terra promessa. Ricordi lo stupore, ricordi un Mondo...

    Guarda il mio pianeta.
    E’ Proprio sopra di noi.

    Dinnanzi a te, ti sembra di scorgere il mondo dei tuoi ricordi: un’isola fluttuante, avvolta in algidi nembi invernali, sospesa in un cielo terso ed incontaminato. Su di esso, scorgi persone, case ed un castello.
    Il tuo.
    E lì, nel punto più alto, il tuo sanctum... ti senti irrimediabilmente attratto al suo interno,
    verso qualcosa che senti appartenerti intimamente.
    Istintivamente, ruoti il capo un attimo prima d’abbandonare quel luogo fatto di astri a te estranei e nel contempo familiari, puntando il tuo sguardo verso il suolo, ove -ormai poco più di un puntino lontano- scorgi una figura che prima non c’era; un entità che percepisci come amica, e a cui ti sembra di aver donato fiducia in passato.

    Ed improvvisamente ricordi.

    Ma come è Lontano*.

    *Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery.
    E’ Così paradossale essere salvati con le parole di una fiaba.


    PoV~†~ Leon


    Ripercorri la strada a ritroso, se possibile con ancor maggior fretta:
    ogni tuo passo sembra infatti scandire la trasformazione di un anello della catena da oro a grigio argento.
    Senti il cuore in gola mentre, gradino dopo gradino, i muscoli si contraggono in una vera e propria corsa contro il tempo; nel tuo animo vi è posto per una sola certezza: se tu non dovessi essere presente quando il tempo tornerà a scorrere nel medesimo modo per tutti, le conseguenze non sarebbero delle più felici.
    E non solo perché Aeon avrebbe capito di essere stato ingannato: la furia del Signore della Chiave, rispetto alle conseguenze che un paradosso temporale provocherebbero, sarebbe una semplice scaramuccia da risolvere;
    una sorta di qui pro quo, da sbrogliare davanti ad una delle tazze da the tanto amate dal Cappellaio.
    Rimbalzi tra gli androni e schizzi tra i cunicoli, complice la tua fidata arma e la catena, che per l’occasione,
    sembra ti stia suggerendo ogni possibile deviazione.
    Quando ormai sei a pochi passi dall’ingresso della sala della giustizia, noti come dietro di te tutte le cose stiano riacquistando colore, sintomo -te lo suggerisce una qualche voce nella tua mente-
    che il tempo sta tornando a scorrere normalmente.
    Fai appello ad una riserva di forze segreta persino a te stesso, una risoluta forza di volontà che ti da la capacità di un ultimo singolo scatto, prima che gli ultimi tre anelli divengano argentei.
    Sei alla porta.
    …Tre…
    Sei dentro.
    …Due...
    Hai quasi raggiunto il tuo corpo…
    …Uno...
    Ce l’hai Fatta!
    Il tempo torna a scorrere normalmente: sei riuscito nel compito affidatoti dalle due egide, qualunque esito esso avrebbe dovuto portare. Trionfante, alzi per un attimo gli occhi cerulei verso quelli grigi del Signore del tempo e, solo allora, con tuo sommo sgomento, noti l’algida lama macinare fulminea i metri che la separano dal cuore del Disith e dalla sentenza di morte che porta con essa.
    E ora?



    Edited by Black 13 - 26/5/2010, 16:07
     
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    .†.Godwrath.†.

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    Ripercorrendo la strada a ritroso verso la Sala della Giustizia continuava a possederlo un vago senso di ansia e incertezza. Diversamente da quando aveva percorso il tragitto all’andata, ora il Paladino non aveva modo di tenere sottocontrollo il tempo che gli era rimasto; risalendo la catena d’argento in senso opposto al virare del suo colore, non poteva sapere quanto lo separasse dal successo e quanto dal fallimento: poteva solo continuare a correre, ignorando le prime fitte al suo fianco dolente
    e sperando con tutto il cuore che tutto andasse per il meglio.
    A regalargli un mezzo sorriso ironico ma amaro c’era la questione che non ricordava di aver più dovuto correre tanto e tanto in fretta dai tempi della sua infausta visita dalla Foresta EternalNight.

    Quando giunse in vista delle doppie porte intarsiate del Tribunale, Leon si affrettò a riavvolgere la fidata frusta alchemica e ad appenderla alla cintura, dove aveva sempre riposato per tutta la durata del processo; alle sue spalle, i colori vividi della realtà stavano pian piano destandosi come germogli in primavera, e questo non faceva che accrescere l’urgenza: si catapultò all’interno dell’androne, e pur sperimentando la buffa sensazione di vedere se stesso dall’esterno, scosse il capo coronato di oro, rimandando ad un secondo momento le sue considerazioni in merito e gettandosi a capofitto nelle ultime falcate
    che lo separavano dal suo corpo.

    Inchiodò una franta sulle suole degli stivali di cuoio, sovrapponendosi alla propria immagine, e il tempo riprese a scorrere: un altro piccolo sforzo -trascinarsi e trascinare il Disith fuori da lì- e avrebbe potuto fermarsi e tirare il fiato...

    Macché.

    CITAZIONE (Endlos @ 26/5/2010, 15:06)

    Gabriev Disith! Dato che vi rifiutate di rispondere alle accuse, non mi resta che sottoporvi alla vostra pena, lasciando che sia essa a parlare per voi.


    Fece appena in tempo a sollevare lo sguardo di limpido cielo verso la figura dell’Inquisitore solo per vederlo scagliare dall’alto del suo seggio un’algida lama scintillante fatta di pura energia; sbarrando gli occhi azzurri, il Cacciatore ebbe poco -pochissimo- tempo per pensare ad una reazione.
    Fortunatamente, ricordava fin troppo bene gli addestramenti e l’esperienza fatta in guerra,
    così poté totalmente affidarsi ai riflessi e all’istinto.

    Scattò in avanti, scartando lateralmente per frapporsi tra il colpo del boia e il cuore dell’imputato, e sollevò il guanto d’arme, che già tenuemente luccicava d’argento; l’impatto fu accompagnato da un lampo e da un suono cristallino e metallico insieme, poi la spada evocata dal Signore del Tempo fu deflessa verso l’esterno.


    « Obiezione. »
    scandì, abbassando il braccio e levando il fiero sguardo
    « Ma chi eccepisce non sono io. »


    CITAZIONE
    Provvidenza: La forza magica insita nell’oggetto è capace di contrastare e annullare con successo un attacco magico che viene rivolto contro il suo possessore; funziona solo una volta a combattimento e si attiva in automatico unicamente quando Leon sta per subire un attacco alto o critico, salvandolo –appunto- con un intervento provvidenziale.

     
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    In un certo senso, la volontà di lasciarsi morire fu quasi una catarsi.
    Riepilogando punto per punto quella fuga prolungata contro natura che era stata la sua storia, l'alfiere del Nord si rese conto di non aver mai lottato realmente, né di aver mai lottato per nulla: l'uomo in Rosso, sua madre - il cui volto e nome non ricordava - e persino il Lich avevano sempre provvisto dove lui non aveva voluto; dove lui, colto da questa improvvisa epifania, realizzò di non aver potuto. Arrendersi per un'ultima, ennesima volta, realizzò, rappresentava una fine su misura del suo essere comprimario. Spirando un ultimo singulto esausto, quasi grato per essersi liberato di questo ultimo grave, Moloch di casa Aldeym si abbandonò a quella giusta morte che il padre gli aveva negato per troppo tempo. Questo, solo prima di realizzare sbalordito di essere rientrato nei confini della propria identità, purgando il proprio ego dalla confusione indotta da quello di Gabriev. Sorprendentemente, non gli importava: sentiva la fine come troppo allettante e troppo vicina, quasi la potesse vedere nella fisicità di
    una spada puntata contro il petto.

    "Non morirai."
    sentenziò una eco disincarnata, asciutta.
    "Non oggi."

    Non si lasciò persuadere: pur non avendo voce in corpo per rimbeccare lo sconosciuto - eppur familiare - invisibile, manifestò una silente protesta scuotendo il capo con vigore mentre bianchi tralicci lo trascinavano in una ascensione indesiderata. Nel frattempo, il mondo attorno a lui cambiava - ancora una volta. Il rosso si torse come si torce un drappo di velluto bagnato, e gocciolò colore fino a diventare un bozzolo di bianco eterogeneo ed indefinito, indefinitamente capiente. Le pareti della nuova dimensione vennero bucate a mano a mano da piccole stelle, che in grandezza e consistenza erano come tizzoni ardenti. Ciascuna di queste esalava i fumi di un'immagine imprigionata nel carbone: in una vide lo Straniero, in una il Lich, in una l'assassino. In un'altra perfino il lord Goblin dell'isola volante, il cui sorriso sghembo presto svanì in un refolo grigio; nell'ultima vide la propria isola volante, Najaza, e le cinque torri del suo castello. Tese la mano verso la proiezione, ed i filamenti si slacciarono dolcemente dal suo avambraccio. Poteva quasi toccare la finestra della Campana-Cuore, e così fece: affondando le mani nel vetro istoriato, si trattenne
    quanto bastava per mormorare qualcosa
    ( "grazie" )
    alla dimensione vuota, mentre le ali di Aenemos si srotolavano dalle sue scapole per spiegarsi in tutta la propria terribile magnificenza. Il passaggio entro la finestra fu breve almeno quanto lo fu quello dal corpo di Gabriev al proprio. Si fermò, ancora in forma di puro spirito, ad esaminare quella lastra di vetro colorato che aveva fatto da spartiacque della scelta; e mentre i raggi della prima alba attraversavano il pannello ed il suo stesso avatar luminoso in un autentico abbraccio di colore soffuso - un abbraccio che sapeva di casa - il lord realizzò di aver scelto, e di aver scelto bene.



    Aveva scelto, finalmente, di cominciare
    a combattere.

     
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    PoV~†~ Generale


    La voce di Sir Belmont riecheggiò per la volta della Sala della Giustizia e, le sue parole, vibrarono al pari di un frusta che schiocchi per zittire le fiere, ottenendo la medesima capacità di dipanare il silenzio.
    Interdetto per la sorpresa legittimamente derivata da quell’inaspettato atto di deliberata insurrezione, Lord Aeon tacque per un lungo istante, meditando sul come e il quando imputare una punizione esemplare al dissidente quando, una nuova voce - a lungo taciuta- anticipò ogni suo possibile intervento, fendendo i suoi pensieri con la stessa affilatezza con cui una lama si aprirebbe una strada tra le carni.

    Io ho da dire qualcosa lord Aeon

    Gli occhi bigi del Signore della Chiave conversero sulla fonte di quelle parole:
    a parlare era stato proprio l’accusato, il traditore…

    Il volto eternamente giovane e bello del Disith sorse lentamente, lasciando che la bionda cascata d’oro dietro la quale era rimasto celato sino ad allora, ricadesse mestamente sulle spalle, ridonando giusta luce ai suoi occhi azzurri e limpidi come pure gemme di zaffiro: non vi erano più ombre -ora- nel suo sguardo, né l’angoscia, né la disperazione capace di spezzare lo spirito e distruggere un uomo sotto il suo peso.
    Non vi era più niente di simile nel Cavaliere Rosso, solo forza, virtuosa e indomabile,
    emblema di una determinazione incrollabile.

    Io ho qualcosa da dire.

    Le iridi blu del Falco si incatenarono a quelle grigio perla dell’Inquisitore, e la sua voce si ripeté forte e chiara nell’aria immota e densa di tensione; in quell’attimo dilatato al di fuori del tempo, le labbra di Gabriev scolpirono il muto verbo di una sillaba senza suono, poi, come in risposta a tale gesto, il plesso solare del biondo parve brillare di luce propria, la stessa che -nel medesimo istante- illuminò il petto del Signore del Tempo, in corrispondenza del cuore e dei due zeri intrecciati che la stoffa recava ivi cuciti.

    In quell’attimo, lo sguardo di Aeon si sgranò in una maschera di sorpresa: il volto del Padrone della Chiave fu teatro di svariate emozioni contrastanti e consecutive, che parvero scavare un solco meditabondo nelle fattezze del Lord.
    Per un istante, fu possibile leggere un misto di rancore, pietà, odio, sofferenza e dovere;
    un’alchimia in grado d’incutere Timore in chiunque vi avesse posato lo sguardo.
    La tensione che ne seguì si fece quasi palpabile: un silenzio innaturale era calato sulla sala e gli occhi grigi dardeggiavano in quelli del Disith, incerti se uccidere sul posto quell’anomalia o…

    Poi, un’atavica e recondita consapevolezza sopraggiunse, spazzando dal volto del Lord qualunque emozione;
    il Signore del Tempo sospirò e chiuse gli occhi, distogliendoli da quelli del Cavaliere Rosso.

    Capisco.

    E il Time Keeper non aggiunse altro: si voltò, i candidi abiti fruscianti che sfioravano il pavimento, prendendo poi a calcare con passo fermo e cadenzato verso la via d’uscita posta sulla sua balconata, lasciandosi così alle spalle i due occupanti; prima d’abbandonare quel luogo però, le sue labbra imposero con voce laconica le condizioni di quella resa al destino.

    Va da se che, da questo momento innanzi, ti ritengo a mia completa disposizione Disith.
    E, ovviamente, non ti sarà data possibilità di abbandonare questo piano senza il mio preciso consenso.


    Le doppie porte si schiusero al suo cospetto, scivolando obbedienti sulle loro argentee cerniere per lasciare libero il passo, ma il Signore di Rivenore indugiò sulla soglia per un istante ancora; le sue ultime parole furono rivolte al Cavaliere dell’Est.

    Sir Belmont, la prosciolgo dagli obblighi formali che la trattengono in questo luogo, dica a Lady Kalia che la ringrazio per la disponibilità dimostrata.

    Un sottile lucore brillò nei bigi occhi del Padrone della Chiave, ma -dando loro le spalle- nessuno se ne avvide.

    E che non sono pentito della scelta.

    Un ultimo sussurro, troppo debole per essere udito -forse rivolto a se stesso, forse a nessuno-, poi,
    i battenti si chiusero ruotando silenziosamente sui cardini, lasciando Gabriev con la sua ritrovata libertà e Leon con i propri interrogativi; appena il tempo di tirare il fiato, e poi il Disith si volse verso il suo garante.

    Immagino che tu abbia molte domande da pormi Sir Belmont.
    Ed hai pieno diritto alle risposte ma prima... lascia che ti dica grazie.

    Il Cavaliere Rosso sollevò la mancina e le forti dita presero a danzare sinuose nell’aria, tracciando innanzi a lui le linee mistiche e sottili di una runa; un sonoro “click” ticchettò nello spazio, aprendo nel tessuto stesso della realtà una sorta di cassaforte, una dimensione indipendente ripiegata su se stessa, all’interno della quale giacevano reliquie di un antico futuro.

    Dall’anfrastto di nulla, emerse fluttuando un monile di rara bellezza, che si arrestò al cospetto del Cacciatore:
    si trattava di un ciondolo a guisa di occhio, la cui pupilla era un cristallo di rocca finemente lavorato, coronata da un iride realizzata nello zaffiro più intenso che si fosse mai visto.

    Il Suo nome è Occhio del Cuore
    Sentenziò il Disith
    Se mai ti trovassi in difficoltà, esso ti saprà aiutare: dinnanzi a lui le menzogne svaniscono, e le illusioni crollano come carta …e, se mai necessitassi del mio aiuto, ti basterà pronunciare il mio nome ed io saprò raggiungerti.
    Gli occhi del Falco dei Disith, limpidi come laghi di montagna, incontrarono quelli del Cacciatore.
    E’ ben poca cosa per ciò che hai fatto Cavaliere, ma ti prego di accettarlo.


     
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    Per un lungo istante, il Paladino sostenne lo sguardo indispettito di Lord Aeon: avrebbe potuto giurare che il Signore della Chiave stesse pensando a quale castigo imputargli per quel gesto insolente, ma la cosa -purtroppo- non riusciva a preoccuparlo; sapeva perfettamente di aver commesso un atto di insurrezione e disubbidienza, e sapeva i problemi che questo avrebbe potuto portare a Kalia, ma lui era stato fermamente convinto di quello che aveva fatto, e non sarebbe tornato indietro.

    CITAZIONE (Endlos @ 19/6/2010, 20:27)

    Io ho da dire qualcosa Lord Aeon. Io ho qualcosa da dire.


    Inaspettatamente, silenzio fu rotto dalla voce del Cavaliere Rosso, e gli occhi cerulei di Leon -al pari di quelli bigi dell’Inquisitore- corsero istintivamente a cercarne l’origine, scoprendo il volto di Gabriev Disith emergere dal riparo dei capelli dorati, pacato e inamovibile nello spirito, esattamente come lo aveva incontrato alle porte di Kisnoth per l’arresto: di nuovo se stesso, dedusse.
    Assistette poi in silenzio -e con una generosa dose di perplessità- al muto scambio tra i due, registrando una certa tensione palpabile diffondersi tutt’intorno, nell’aria della Sala di Giustizia, prima che -d’un tratto- il Signore del Tempo decidesse di girare i tacchi e andarsene, prendendo ufficialmente congedo.


    CITAZIONE (Endlos @ 19/6/2010, 20:27)

    Capisco. Va da se che, da questo momento innanzi, ti ritengo a mia completa disposizione Disith.
    E, ovviamente, non ti sarà data possibilità di abbandonare questo piano senza il mio preciso consenso.
    Sir Belmont, la prosciolgo dagli obblighi formali che la trattengono in questo luogo, dica a Lady Kalia che la ringrazio per la disponibilità dimostrata.


    « Sarà fatto... »

    Il Custode della Chiave lasciò la stanza, e il biondo si concesse di assaporare a fondo quel ritrovato momento di quiete; il tempo di trarre un profondo respiro,
    poi arrivò il momento del confronto e delle spiegazioni.


    CITAZIONE (Endlos @ 19/6/2010, 20:27)

    Immagino che tu abbia molte domande da pormi Sir Belmont.
    Ed hai pieno diritto alle risposte ma prima... lascia che ti dica grazie.


    Sotto i suoi occhi, una sezione dello spazio parve aprirsi sotto la runa che le dita di Gabriev avevano tracciato nell’aria, come fosse stato null’altro che una porticina incastrata nel tessuto stesso della realtà, e -non senza una certa curiosità-, il Paladino ne vide uscire quello che aveva tutta l’aria di essere un pendente: a forma di occhio, esso era realizzato con ialino cristallo di rocca
    e uno zaffiro di un blu profondo e stupefacente.

    CITAZIONE (Endlos @ 19/6/2010, 20:27)

    <i>Il Suo nome è Occhio del Cuore.
    Se mai ti trovassi in difficoltà, esso ti saprà aiutare: dinnanzi a lui le menzogne svaniscono, e le illusioni crollano come carta …e, se mai necessitassi del mio aiuto, ti basterà pronunciare il mio nome ed io saprò raggiungerti.
    E’ ben poca cosa per ciò che hai fatto Cavaliere, ma ti prego di accettarlo.


    « Sembra uno splendido regalo,
    e ve ne ringrazierei se la coscienza mi permettesse di accettarlo... »

    esordì Leon, incatenando lo sguardo ceruleo a quello del Falco
    « ...perché la questione mi lascia alcuni dubbi: cos’è che avrei fatto, esattamente? »
     
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  6. Gabriev Disith
     
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    Gabriev sostenne fermamente lo sguardo del Cacciatore, per poi sorridergli di un sorriso segreto;
    Sir Belmont gli aveva salvato la vita proprio nell'attimo in cui lui – in preda al dolore ed alla disperazione-
    stava per gettarla via.
    Per anni il Cavaliere Rosso aveva vissuto pensando alle parole con cui la realtà e lo stesso Aeon l'avevano definito: Anomalia Temporale... un termine freddo, ma dannatamente oggettivo, perché in fondo, questo era: niente più di un errore, un pericoloso secondo sballato, in grado di distruggere il delicato e perfetto meccanismo della realtà stessa.
    Quindi a quale scopo continuare a rischiare? Perché non farla finita?
    Ma il Disith non si faceva illusioni: c'era un tempo in cui forse altri avrebbero avuto il potere di ucciderlo,
    ma ormai non era più così; soltanto lui stesso poteva essere il suo boia.
    Solo ora si rendeva conto di quanto vacue erano quelle parole.
    Egli non stava andando incontro ad una morte giusta, stava solo fuggendo dal campo di battaglia – ultimo sopravvissuto del suo schieramento-, preferendo l'oblio alla lotta.

    Esattamente, direi che mi hai salvato la vita Cavaliere...
    Esordì il Falco dei Disith, mentre una ciocca ribelle ricadeva sui profondi laghi che aveva per occhi.
    …Ricordandomi quali sono i miei doveri.

    Sospirò leggermente, lasciando che passassero alcuni istanti prima di proseguire il discorso; istintivamente, il suo sguardo vagò fino a posarsi sulla balconata ove poco prima vi era il Signore della Chiave.
    Aeon... ti prego di non fraintenderlo Sir, egli è un uomo giusto e compito:
    Il Signore del Tempo è la persona più ligia al dovere che io conosca.
    Lui... lui in cuor suo soffre, ma colui che guida ha l'onere di non dover mostrar cedimenti,
    o verrà distrutto per un attimo di debolezza.
    Un tempo era solito dire...

    Per un istante, Gabriev parve sul punto di voler aggiungere qualcosa;
    ma poi -con un singolo e lieve movimento del capo- sembrò stabilire che non era il caso.
    Non ha importanza.
    Non era necessario rivelare a sir Belmont la vera radice del Cuore di Aeon. Non ora.
    Ciò che conta è che mi hai riportato sulla giusta via, Cavaliere, e di questo non ti sarò mai grato abbastanza.
    Ed allo stesso modo, sarò eternamente in debito con colui che ha preso il mio posto,
    conscio dei rischi che avrebbe corso, ma ignaro del fatto che mi ha concesso
    l'opportunità di mondare i miei peccati con il mio stesso sangue.

    Il Disith prese a camminare a lente falcate verso il centro della sala, trovandosi per un breve istante con le spalle rivolte verso il Cacciatore.
    Ma tutti voi... mi avete ricordato che le battaglie più importanti, sono quelle contro noi stessi.
    Il volto di Gabriev ruotò leggermente, andando a rincontrare quello del Cavaliere dell'Est.
    E che il dovere di chi sopravvive non è gettare con incuria la propria vita,
    ma vivere ogni istante in memoria di coloro che non vi sono più.

    Poi, sorrise nuovamente.
    Ma questa volta fu un sorriso malinconico, velato di un impenetrabile tristezza...

     
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    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 28/6/2010, 23:58)

    Esattamente, direi che mi hai salvato la vita Cavaliere... ricordandomi quali sono i miei doveri.


    Prima che Gabriev prendesse la parola per formulare quella risposta, i suoi occhi e quelli del Paladino erano rimasti in contatto, stabilendo un invisibile ponte di inconsistenti riflessi blu zaffiro, un punto di connessione tra due spiriti luminosi e profondamente umani, ma -ognuno a modo suo- remoti come corpi celesti nello spazio siderale... Ora, però, lo sguardo del Cavaliere Rosso si volse alla balconata da cui Lord Aeon aveva presieduto il processo, e un sospiro mesto evase dalle sue labbra.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 28/6/2010, 23:58)

    Aeon... ti prego di non fraintenderlo Sir, egli è un uomo giusto e compito: il Signore del Tempo è la persona più ligia al dovere che io conosca. Lui... lui in cuor suo soffre, ma colui che guida ha l'onere di non dover mostrar cedimenti, o verrà distrutto per un attimo di debolezza. Un tempo era solito dire... Non ha importanza.


    Con poca convinzione, il Cacciatore annuì con cortesia; non c’era da fraintenderlo, però: Leon non provava alcun rancore verso Aeon; semplicemente, non aveva apprezzato la scoperta di vedere fino a che punto l’ossessione per il controllo del Lord della Chiave era capace di spingerlo a commettere scorrettezze, tutte quelle necessarie a raggiungere il suo scopo...
    Beh, questo non era nelle corde di Leon: per quanto alto e nobile potesse essere il fine, niente può o deve mai giustificare il giocare così con le persone, con la verità e con la giustizi; si trattava di
    limiti che ciascuno dovrebbe tenere in conto per non sconfinare in strade sbagliate...

    Aeon aveva commesso un errore: aveva avuto solo una sbandata momentanea, e fortunatamente era stato fermato e riportato indietro prima che rendesse il suo errore irreparabile; questo il Paladino lo capiva, e non provava biasimo né sentiva necessità di accusarlo per ciò: era una semplice ombra di delusione, la sua, solo una crepa nella colonna della sua fiducia.

    Ma errare è umano, e può succedere a tutti... anche al Signore del Tempo.

    « Non sono nessuno per giudicare le sue azioni,
    e non dubito che abbia agito con la convinzione di fare il meglio... »

    replicò, spostando a sua volta lo sguardo verso il pulpito
    « ...solo, non ne ho condiviso i mezzi e le modalità in questo consesso.
    Non ce l’ho con lui; soltanto, credo non sia questo il modo di dimostrare forza. »


    Non si sbilanciò in uscite fuori luogo -di cui poi sarebbe stato il primo a pentirsi-, e non indagò oltre su quello che Gabriev aveva deciso di tacergli: le parole di Kalia -quando aveva definito il Reggente di Rivenore soltanto “una persona sola e incompresa”- gli tornarono in mente come un deterrente ai sentimenti negativi, e l’affetto quasi fraterno che sentiva nel biondo fu un incentivo sufficiente al perdono, perché quella comprensione e compassione che vedeva nel Cavaliere Rosso gli ricordava un po’ quella fraterna della Risonanza, che lui stesso provava e che spesso gli impediva di condannare senza misericordia alcuni exploit dei suoi Confratelli più scellerati.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 28/6/2010, 23:58)

    Ciò che conta è che mi hai riportato sulla giusta via, Cavaliere, e di questo non ti sarò mai grato abbastanza. Ed allo stesso modo, sarò eternamente in debito con colui che ha preso il mio posto, conscio dei rischi che avrebbe corso, ma ignaro del fatto che mi ha concesso l'opportunità di mondare i miei peccati con il mio stesso sangue.


    Già. Anche lo spettro della donna bionda -colei che lo aveva gettato all’improvviso in una gara di velocità contro il tempo- aveva accennato a qualcosa di simile... solo che il Paladino non aveva ancora avuto occasione di comprendere tutti i retroscena di quella situazione.
    Prima che potesse fare domande, Gabriev riprese a parlare.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 28/6/2010, 23:58)

    Ma tutti voi... mi avete ricordato che le battaglie più importanti, sono quelle contro noi stessi. E che il dovere di chi sopravvive non è gettare con incuria la propria vita, ma vivere ogni istante in memoria di coloro che non vi sono più.


    Con calma, Leon riportò il tiro degli occhi cerulei sul suo interlocutore, e di nuovo annuì, ma stavolta con una partecipazione molto più solenne e sentita per le parole che il Cavaliere Rosso aveva pronunciato; pensò a qualcosa da poter dire, ma -dopo un attimo di assorto silenzio- si rese conto che non c’era altro da aggiungere a quell’insegnamento illuminato che la vita offre.

    « Beh, se è così... sono lieto di essere stato d’aiuto. Solo... »
    assentì, soppesando nella mano guantata il monile che gli era stato donato
    « A proposito... chi era lui, quello che ha preso il vostro posto? »
     
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  8. Gabriev Disith
     
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    Il Cavaliere Rosso attese che l'interlocutore terminasse di parlare, lasciando che le sue ultime parole, riecheggiassero negli androni della sala della giustizia in cerca di una risposta che – da lì a poco – non avrebbe tardato ad arrivare, con tutte le conseguenze che avrebbe comportato.
    Le pareti hanno occhi ed orecchie Sir, in particolar modo in questi luoghi.
    Disse il biondo ravvivando una bionda ciocca ribelle con la manca, mostrando per un istante tre piccole goccie nere situate poco sopra l'arcata sopraccigliare destra; era come se, quelle tre singole lacrime nere, fossero in grado di vedere molto più in profondità di qualunque sguardo.
    Ma voglio ugualmente rispondere alla tua domanda: Il suo nome è Moloch di Casa Aldeym, ultimo del suo nome e Alfiere del Nord.
    Attese che il significato di quelle parole attecchisse nella mente del Cacciatore, esaminandone le reazioni con silente attenzione; sentiva -sapeva- che il giovane non sarebbe stato pienamente soddisfatto delle sue spiegazioni, così il Falco dei Disith proseguì, conscio di cosa ciò avrebbe significato.
    Il Mio nome invece, è Gabriev Disith, ultimo del mio nome, Erede al Trono del Pentauron e... Anomalia.
    Si voltò mestamente, riportando i brillanti zaffiri che gli illuminavano il volto, sugli affreschi che li sovrastavano dall'alto della volta. Lì, in alto, oltre quell'illusione, giaceva l'occhio del Dio Giusto, uno degli strumenti più antichi, in grado di rivelare la vera natura di un cuore a chi se ne serviva. Il Disith lo conosceva bene; una volta fu lo stesso Aeon a mostrarglielo. Ma questo era molto tempo fa, in un altro luogo, in un altro mondo, in un altro tempo...
    Significa, Sir, che la mia sola esistenza è bastevole a cancellare tutto ciò che ti circonda, compreso ciò che ti è più caro. Passato, presente, futuro, ogni cosa verrebbe spazzata via, al pari di un granello di polvere.
    Sospirò; in cuor suo si stupì di quanta fatica gli costava ancora ammettere tutto ciò a se stesso. Ormai avrebbe dovuto abituarsi. Questo, indipendentemente dalla mia volontà Cavaliere, poiché il flusso del Tempo non mi riconosce come parte di se: cerca di cancellarmi, di distruggermi e, poiché non vi riesce, altera tutto ciò che sta attorno a me, sovrascrivendo la realtà e le vite che la compongono.
    un sospiro.
    Ma non qui, non su Endlos.
    In questo non piano,i miei poteri non sono che un ombra di ciò che in realtà erano.
    E questo riduce drasticamente il rischio di una riscrittura.

    Un silenzio che pareva eterno, per la verità più scomoda.
    Per Ora.
    Il Disith prese a camminare con falcate lente e cadenzate, verso la figura del cacciatore, continuando a parlare.
    Non ti mentirò Leon, non so quando il mio fisico si abituerà a queste nuove condizioni: tra un ora, un giorno, un mese, un anno o forse un secolo; fatto sta che, prima o poi accadrà, ed in quel momento il pericolo sarà più che concreto, poiché la mia stessa essenza è come un enorme Faro, e più è luminosa, più è facile che venga riconosciuta la mia anomalia.
    Sorrise di un sorriso amaro, pieno di fiele e di dolore, una sottile linea di sofferenza che gli adornava le rosse labbra, come una ferita.
    Io e Aeon... un tempo, noi facevamo parte di un gruppo, persone il cui scopo era preservare il reale. Siamo rimasti solo io e lui.Come si può difendere qualcosa da se stessi? come posso proteggere la realtà se sono la causa principale delle sue ferite?
    Infine, si trovò a meno di un passo da Leon: Il Falco era poco più alto del Cacciatore, ed il suo biondo era più simile all'oro che al platino del Cavaliere, ma negli occhi blu cielo di entrambi, vi era compassione, dovere e purezza di cuore. Ma vi sarebbe stata anche comprensione? Di questo, Gabriev, non poté sserne certo.
    L'unica cosa che poteva fare era attendere.



    Edited by Gabriev Disith - 3/7/2010, 17:08
     
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    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 3/7/2010, 16:49)

    Le pareti hanno occhi ed orecchie Sir, in particolar modo in questi luoghi... Ma voglio ugualmente rispondere alla tua domanda: il suo nome è Moloch di Casa Aldeym, ultimo del suo nome e Alfiere del Nord.


    Al suono della rivelazione che si contorceva sul fondo di quelle parole, il Sole inarcò appena un sopracciglio, aggrottando la fronte e assumendo un’aria pensierosa: era pur vero che era stato lontano da quei luoghi per molto tempo -che comunque non gli appartenevano più di tanto, avendo lui semplicemente seguito la Cittadella di Istvàn e gli ordini del Card Master-, ma pur intuendo quanto fosse stata grossa la faccenda in ballo, non riusciva ad abbracciare appieno la comprensione di cosa volesse dire trovare nientemeno che uno dei Quattro Alfieri schierato contro Aeon -a sua insaputa, deduceva- e coinvolto in quella situazione.
    Di per certo, sapeva solo che avrebbe ricordato quel nome -Moloch di Casa Aldeym, Alfiere del Nord- e che ne avrebbe riconosciuto con gratitudine l’apporto alla causa come quello di un misterioso alleato.


    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 3/7/2010, 16:49)

    Il Mio nome invece, è Gabriev Disith, ultimo del mio nome, Erede al Trono del Pentauron e... Anomalia.


    Il Paladino scosse un poco il capo, abbandonando all’istante gli altri suoi pensieri, e lo sguardo ceruleo dei suoi limpidi occhi di cielo si appuntò sulla figura del Cavaliere Rosso, appena voltatosi per lasciar naufragare lo zaffiro delle sue iridi sull’intrico argenteo degli arazzi che impreziosivano la volta della Sala della Giustizia; il disegno della decorazione nel suo complesso ricordava la forma di un grande occhio.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 3/7/2010, 16:49)

    Significa, Sir, che la mia sola esistenza è bastevole a cancellare tutto ciò che ti circonda, compreso ciò che ti è più caro. Passato, presente, futuro, ogni cosa verrebbe spazzata via, al pari di un granello di polvere.
    Questo, indipendentemente dalla mia volontà Cavaliere, poiché il flusso del Tempo non mi riconosce come parte di sé: cerca di cancellarmi, di distruggermi e, poiché non vi riesce, altera tutto ciò che sta attorno a me, sovrascrivendo la realtà e le vite che la compongono...


    Leon ascoltò la spiegazione in silenzio, prestando la massima attenzione al suono e ai significati che ciascun verbo manifestava e celava al contempo, e il suo cuore sobbalzò, trafitto crudelmente da un cordoglio improvviso non appena il Cacciatore provò ad immaginare cosa potesse voler dire dover sopportare un tale destino sulla propria pelle: come si fa a convivere anche solo tollerando la consapevolezza di essere un tale pericolo per il creato e per quanti ti circondano? Come accettare l’idea di mettere costantemente a rischio le persone che ami semplicemente esistendo da qualche parte?

    Gli si riaffacciò prepotente alla memoria il ricordo della sontuosa sala delle Rose Avvizzite, illuminata da calde luci e profumata dagli effluvi delle rose, e ricordò il tepore dolce della bianca mano della Dama Rossa, e il rossore dolce delle sue gote pallide... e in attimo immaginò quanto atroce sarebbe stato sapere di poterla -o di
    doverla- perdere per il semplice fatto di essere lì con lei. E lo trovò atroce. E d’un tratto comprese.
    Comprese il motivo dietro a tanta tristezza nei recessi degli occhi del Disith, e riconobbe chiamandola per nome l’ombra di una disperazione costante che mesceva alla mitezza di quel carattere una rassegnazione stanca ed esausta di un fato che rifiuta la sua esistenza come una madre mostruosa
    che rinneghi il frutto del proprio seno.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 3/7/2010, 16:49)

    Ma non qui, non su Endlos.
    In questo non piano, i miei poteri non sono che un ombra di ciò che in realtà erano. E questo riduce drasticamente il rischio di una riscrittura. Per Ora.


    Una buona notizia, pensò Leon sulle prime, ma non poté permettersi di tirare il fiato o di sperare il meglio per Gabriev, perché la verità che la seguiva mentre il Falco gli si avvicinava, anticipando la sua tetra sinfonia nell’incertezza di quel “per ora” raccontava ben altro.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 3/7/2010, 16:49)

    Non ti mentirò Leon, non so quando il mio fisico si abituerà a queste nuove condizioni: tra un ora, un giorno, un mese, un anno o forse un secolo; fatto sta che, prima o poi accadrà, ed in quel momento il pericolo sarà più che concreto, poiché la mia stessa essenza è come un enorme Faro, e più è luminosa, più è facile che venga riconosciuta la mia anomalia.
    Io e Aeon... un tempo, noi facevamo parte di un gruppo, persone il cui scopo era preservare il reale. Siamo rimasti solo io e lui. Come si può difendere qualcosa da se stessi? Come posso proteggere la realtà se sono la causa principale delle sue ferite?


    Quando ebbe finito di parlare, Gabriev si ritrovò a contemplare negli occhi azzurri di Leon lo sguardo fermo e risoluto di chi ha preso una decisione inamovibile.

    « Un modo deve esserci; di questo sono certo come del fatto che tu sia sopravvissuto fino ad oggi.
    Non so se credi nel Destino come ho imparato a intenderlo io, però confido che le cose accadano per una ragione: le circostanze sono difficili, è vero, ma sono sicuro che esista una strada per superarle.

    Su molte delle cose che accadono non abbiamo controllo,
    ma possiamo sempre decidere cosa farci. »
     
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  10. Gabriev Disith
     
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    Gabriev Disith credeva nel Destino? No.
    O meglio, sapeva il Fato esistere -e come dubitarne caro Padre?- Ma per lui il Destino ed il Fato erano cose ben differenti: il primo, si occupava di crearti un punto di partenza e di piazzarti qualche “muro” lungo la via, giusto perché la vita di suo non era abbastanza difficile, mentre, il secondo, pretendeva di governare la tua esistenza in ogni suo aspetto, privandoti di qualunque potere decisionale. Ed era questi- insieme a quell'odioso libro nero- che il Disith aveva trapassato ed inchiodato nelle pareti di Palazzo delle Ninfee, assicurandosi che fosse bloccato su questa e qualunque altra dimensione, putacaso gli fosse venuta la voglia di andare a spasso senza avvertirlo.
    Ma il Cavaliere Rosso sapeva che il Cacciatore non parlava del Libro Ricorsivo, ma di qualcosa più simile ad un essere previdente ed equo; peccato che il Disith non conoscesse molti individui di tal guisa.
    Sorrise.
    Su molte delle cose che accadono non abbiamo controllo,
    ma possiamo sempre decidere cosa farci.
    Un sorriso semplice, gentile e caloroso, un sorriso umano e vivo,
    in grado di trasmettere gratitudine tramite il semplice palesarsi.
    Molto giusto, molto vero.
    Sei un uomo saggio Belmont, ed io un pessimo ospite.

    L'anima del Disith parve protendersi indefinitamente oltre ogni limite per un istante, mentre il suo petto brillava esattamente della medesima luce di cui si era ammantato poc'anzi con il Signore della Chiave.
    Sento chiaramente che il tuo cuore tende verso Est amico mio, perciò, consentimi di aiutarlo.
    Allungò mesto la mancina, afferrando un lembo di realtà, per poi ripiegarlo con leggiadria fra le pieghe della sua mano, scostando così il sipario del reale, fino a congiungerlo con un luogo lontano, ma familiare.
    La Foresta di Fanedell.
    Per un ultima volta, i suoi occhi blu cielo s'incatenarono in quelli di lui, ricolmi di gratitudine, di cose non dette e di cose che non era necessario dire, ma che i due, nel loro intimo, sapevano benissimo.
    Ti ringrazio ancora per tutto ciò che hai fatto per me Cavaliere, porgi i miei omaggi a Lady Kalia e...
    Un attimo d'esitazione solcò il volto del Disith, per poi essere svanire subito dopo.
    abbiate cura di Mordred da parte mia.
    So che in te avrà un buon esempio da seguire.

     
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    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 9/7/2010, 18:19)

    Molto giusto, molto vero. Sei un uomo saggio Belmont, ed io un pessimo ospite.


    Il sorriso del Disith irradiava luce e calore come quello di un vecchio amico rincuorato, e la gratitudine che vi lesse fu per il Cacciatore una ricompensa ben più preziosa di qualsiasi monile: aveva contribuito -insieme all’Alfiere del Nord- a salvare la vita di un uomo giusto e mite da una morte prematura ed iniqua; ora poteva fare ritorno immediato al suo posto per tenere fede alle promesse che -nella concitazione e nell’urgenza del momento- aveva dovuto mettere da parte.

    Ora poteva tornare a Fanedell per prestare il suo aiuto ai Ranger e a Sylvanas.
    Ora poteva ricongiungersi al Dreamer che aveva lasciato al sicuro presso di Kalia...

    Ora poteva rimettersi alla ricerca di quella parte di cuore che aveva smarrito
    dentro ai begli occhi verdi come lo smeraldo della Principessa Rossa -la dolce Amelie-,
    incontrata e perduta nel giro di danze della Sala delle Rose Avvizzite.

    « Non siate così severo con voi stesso:
    siete solamente molto provato, e dovreste riposare in tranquillità al più presto. »


    Leon sorrise di rimando, e con lo stesso calore; si trattava di una sensazione istintiva, che raccontava un cameratismo estraneo al tempo, eppure completamente spontaneo e sincero.
    Poi il petto del Falco prese a rilucere per i contorni abbacinanti di un segno mistico.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 9/7/2010, 18:19)

    Sento chiaramente che il tuo cuore tende verso Est amico mio, perciò, consentimi di aiutarlo.


    Gabriev sollevò la mano sinistra, e -sotto la carezza delle sue dita- il tessuto della realtà parve schiudersi e sollevarsi come il lembo di una tenda, e il paesaggio verde e rigoglioso che vi fece la sua comparsa al di là -luccicante di gocce iridescenti come dopo una violenta acquazzone- era davvero ben familiare.
    La Foresta di Fanedell.

    CITAZIONE (Gabriev Disith @ 9/7/2010, 18:19)

    Ti ringrazio ancora per tutto ciò che hai fatto per me Cavaliere,
    porgi i miei omaggi a Lady Kalia e... abbiate cura di Mordred da parte mia.
    So che in te avrà un buon esempio da seguire.


    Riportando l’attenzione sul volto del Cavaliere Rosso, Leon ne sostenne lo sguardo blu, e un cenno del capo -accompagnato da un sorriso benevolo e accomodante- ne suggellò la comprensione dopo un istante appena di lieve sorpresa, che gli arcuò le sopracciglia bionde.

    « Beh... non dovete ringraziare: credo che al mio posto avreste fatto lo stesso, e anche di più.
    Non vedo Mordred da un po’: le mie mansioni mi hanno tenuto lontano da Endlos...
    ma sarò lieto di recuperare non appena sarò tornato a casa; è un ragazzo sveglio. »


    Il biondo sorrise rassicurante, dando un assenso col capo che rendesse noto al suo interlocutore il fatto che aveva capito perfettamente, e che non aveva di che preoccuparsi.

    « Porgerò i saluti vostri e di Aeon a Kalia e... »
    reclinando la testa da un lato, il suo sorriso assunse una sfumatura più divertita
    « ...abbiamo bellissime locande ad Istvàn: la prossima volta vediamoci per cose più felici. »

    Gli strizzò l’occhio con fare di intesa,
    poi gli volse le spalle e con un passo deciso si proiettò oltre la soglia.
     
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