Preludi e Notturni

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    Cherish

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    Camminava per un corridoio che non ricordava di aver mai attraversato prima; gli arazzi delicati che tappezzavano le pareti le erano parimenti sconosciuti, e il riecheggiare solitario dei suoi passi per le alte volte a botte dell’andito dava un tocco misterioso all’atmosfera che la circondava.

    Ben presto, mentre gli occhi blu scivolano all’interno della stanza circolare, che si apriva davanti a lei -appena qualche metro più in là- alla fine del corridoio, la Dama Azzurra si rese conto di stare sognando.

    Sapeva -lo avvertiva nel suo essere- di trovarsi nelle lande sicure e protette della Corte, ma la consapevolezza di non riconoscere in quel luogo un settore a lei familiare le suscitò una qual certa perplessità: che si trattasse di una zona soffice da poco formatasi?
    O era finita in uno degli “appartamenti” privati del Card Master?

    No -si disse, scuotendo leggermente il capo- in quel genere di ambienti non ci si
    finisce:
    ci si viene convocati, però, e questo portò naturalmente ad un interrogativo più che legittimo.
    Convocata...
    perché?

    Indugiò sulla soglia, trasse un profondo respiro, e allontanò la tensione con uno sbuffo;
    poi, si spinse all’interno.
    Gettando lo sguardo in giro non vide nessuno, così le iridi color zaffiro perlustrarono la stanza: era a pianta rotonda, anch’essa dalle pareti ricoperte da arazzi damascati,
    e le colonne di marmo che ne scandivano regolarmente il perimetro
    incasellavano in ciascun intervallo quella che doveva essere la cornice d'una grande tela.

    Difficile a dirsi con certezza, visto che distingueva appena le sagome al di là dei drappi di stoffa.

    Solo alcuni canvas erano lasciati parzialmente scoperti, per metà o per un angolo: in uno intravide scampoli di un prato verde e rigoglioso, coperto di fiori di varia natura, in un altro, catturò i colori di gemme e cristalli, incantevoli gioielli di un portagioie, in un altro ancora scorse il musetto buffo e dolce di un pupazzo di pezza e le tende di un sipario.
    Non le riuscì di contare il numero dei ritratti presenti sulle pareti della stanza,
    -quelli coperti del tutto- ma ce n’erano molti altri.

    ...e improvvisamente, mentre avanzava verso il centro della sala, il velo cadde dal quadro che le stava direttamente di fronte, rivelando una campitura nera, facendola trasalire per la sorpresa nervosa di chi vede la quiete turbata senza preavviso: pur nella sua monocromia assoluta, il dipinto sembrava dotato di una profondità tale da far immaginare celasse al suo interno un intero mondo
    e, con esso, chissà quali segreti.

    La fanciulla rimase a contemplarlo in silenzio per un tempo indefinito, assorta...
    Per questo, quando catturò il movimento di un’ombra in quel nero, -angosciosa sensazione di qualcosa di vivo che ti osserva nel buio- lo spavento le mozzò il fiato in gola e la spinse ad indietreggiare istintivamente: incespicò nella lunga gonna dell’abito di foggia antica, e cadde seduta sul pavimento; gli occhi blu, sbarrati per lo sconcerto e fissi sullo spazio racchiuso nella cornice.

    Ci volle un po’ prima che si accorgesse della presenza ora in piedi accanto a lei, ma alla vista del saio nero -che risaliva dai piedi fino alle profondità tenebrose dell’ampio cappuccio- Kalia parve tranquillizzarsi immediatamente; non accennò a rialzarsi, ma spostò in silenzio lo sguardo blu, passandolo un paio di volte dal nero vivo e pulsante del quadro a quello vuoto e serafico di quel viso imperscrutabile.


    « Che... che posto è questo, Card-Master? »
    chiese, con voce lieve, dedicando ogni attenzione al suo interlocutore

    “Il Gateway che ho creato per gli Oniromanti”

    Quella risposta non fugò gli interrogativi della ragazza, ma -come prevedibile- parve invece moltiplicarli; dopotutto non sapeva chi fossero questi “Oniromanti” di cui il demiurgo stesse parlando...
    ...poi, una specie di rintocco provenne dalle profondità del quadro nero, calamitandovi gli occhi azzurri della Dama e quelli disincarnati dell’Incappucciato.


    “Sembra che ci sia un po’ di trambusto nella Mente Legione...”

    « Che... che vuol dire? »

    “Che stai per ricevere una visita...”
    tagliò corto il figuro, voltandosi e incamminandosi verso il corridoio, a passo lento

    « ...eh? ... Cosa...? »
    spaesata, quello fu tutto ciò che la fanciulla ebbe prontezza di boccheggiare
    « Non... non capisco: cosa dovrei fare io? »

    “Credo dovresti svegliarti.”

    Fine del Sogno.




    Chediya- Anni prima...


    image
    Istintivamente si volse, per cercare di inseguire con lo sguardo la figura del demiurgo che si allontanava lungo il corridoio, ma tutto ciò che gli occhi incontrarono, furono i disegni arabescati della spalliera in ferro battuto, neri e netti sulla parte bianca anche nella penombra notturna che trapelava dalle tende alle finestre e da quelle del baldacchino.

    La pinacoteca della Corte era sparita,
    lasciata nel mondo onirico che l’aveva appena restituita alla realtà di Endlos, e si ritrovò seduta nel suo letto, con i capelli azzurri sciolti e un po’ arruffati; schiarendosi la voce per trovare conforto nel silenzio assoluto, Kalia ristette in attesa, nel buio, cercando di ordinare le idee.

    ...poi un leggero bussare alla sua porta la fece trasalire:
    forse non avrebbe dovuto aspettare poi troppo per scoprire il senso delle parole del Card Master.

    Scostò con un gesto rapido le lenzuola da una parte, e scivolò giù dal materasso: il pavimento di pietra era freddo per i suoi piedi nudi, anche al di là del soffice tappeto, ma ugualmente si spinse con cautela fino alla porta della sua camera; non fece domande al misterioso visitatore, così come non se ne fece lei stessa.

    ...se il Destino l’aveva interpellata, non aveva ragione d’esitare:
    c’era solo una cosa che doveva fare...

    Aprì la porta.
     
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    Foresta di Fanedell-Chediya



    Gabriev ♪
    Una voce pura e cristallina ruppe l'innaturale silenzio della foresta di Fanedell, riecheggiando tra le folte chiome brunite in un modo tipicamente infantile che -a giudicare da come strascicava le vocali- ne venava l’intonazione di una lamentosità canzonatoria .
    Gabrieeev ♪
    Il lieve scalpiccio prodotto dai piedini sul suolo cosparso di foglie autunnali multicolori si accompagnò a un risolino divertito, gettando ulteriore luce sulla natura della voce, finché non fu la stessa luna - una sottile falce nel cielo notturno- a dirimere ogni questione,
    illuminando con i suoi raggi quella creatura.
    Era un bimbo minuto e dal volto leggermente tondo, abbigliato come se stesse andando a una festa: indossava un completo elegante nero su camicia bianco perla, dalla quale penzolava un adorabile cravattina in coordinato. Sulla testolina, spiccava un adorabile zazzera di sottili capelli neri, accompagnati da due occhi
    in cui pareva dipinto il suo sorriso.
    Dove Sei Fratellino?
    Il piccolo avanzava trotterellando nel rigoglioso sottobosco, quasi si trovasse nel pieno d'un escursione boschiva; ma il silenzio innaturale che lo anticipava - e lo seguiva- narrava tutt'altra verità: quello, era un mostro in caccia.
    E la sua preda non era distante.

    Esci fuori fratellino.
    Il Cavaliere Rosso giaceva ansimante contro il corpo nodoso di una betulla: la quasi totalità della sua persona era ricoperta da vistose ferite sanguinanti e vasti ematomi violacei, ma era il suo braccio destro a suscitar maggior preoccupazione; quasi sconnesso dalla spalla, esso mostrava chiari segni di una cancrena in stato avanzato,
    oltre a rivelare in alcuni punti l'osso snudato e fratturato.
    Con il volto madido di sudore ed il fiato corto, il Falco dei Disith ricordò ancora una volta la ragione per cui si trovava in quella situazione, trovandola con gli occhi proprio lì, stretta nella presa del suo braccio sano: un bimbo addormentato in un sonno profondo e privo di sogno alcuno; una folta chioma di capelli corvini sormontava il volto più innocente che si potesse immaginare.
    Sono stufo di giocare a Nascondino.
    Gli occhi del cacciatore colsero un movimento al di là di uno degli alberi più esterni e, sul suo volto, si dipinse un sorriso mostruoso. Un guizzo nero scattò in direzione della betulla, troncandone miseramente la vita e sparpagliando frammenti di stoffa nell'aria circostante.
    Subito dopo, il fusto cadde sonoramente nel sottobosco, schiantandosi su qualunque cosa si trovasse sul suo cammino,
    e il Mostro si sporse al di là del tronco mozzato.
    Cambiamo gioco ♥
    Ma la creatura dovette ricredersi: dove aveva creduto di trovare la sua preda,
    vi era solo il suo cappotto divelto dal colpo appena ricevuto, senza nessuno al suo interno.
    Una smorfia di disappunto - e una nota di fastidio- andò a dipingersi sul volto dell'ignoto cacciatore, i cui occhi picei seguirono la traccia di sangue
    che il braccato si era lasciato alle spalle.
    Portava fuori dalla foresta, in direzione del Castello della Dama Azzurra,
    un membro della Curtis Arcana... ed il Padre non gli aveva dato alcun permesso di infrangere il patto.
    Gabriev si era mostrato subdolo a coinvolgere gli Arcani in quell'affare, e lui non poteva certo demolire pezzo per pezzo la rocca dell'alfiere per snidarlo - per quanto gli sarebbe risultata alquanto divertente come idea.
    Un sorriso divertito si dipanò tra le pieghe del volto del Cacciatore.



    Esistono molti modi, per punire un bambino cattivo.

    ~◊~

    La porta della Dama Azzurra si aprì su uno spettacolo agghiacciante.
    Lì, proprio sul corridoio antistante la sua porta, vi era un uomo molto provato, sia nel corpo che nello spirito: i suoi capelli - solitamente biondi come il grano- erano ora sporchi ed incrostati da grumi sanguinolenti, che ne falsavano i toni in un più scuro color rame, mentre il corpo -dilaniato in più punti- rivelava un braccio destro completamente massacrato e quasi del tutto privo della membrana cutanea, lasciando in bella vista tendini ed ossa.
    C'era da chiedersi come potesse essere vivo con quelle ferite, figurarsi immaginare come riuscisse a starsene in piedi ancora cosciente.
    Adagiato al suo braccio sano, stava un bambino. Dormiva.
    Perdonate l'intrusione Milady, ma ho bisogno di voi.
    I due cristalli cerulei di lui, s'incatenarono in quelli di Lady Kalia per un singolo istante.
    Ed il Tempo, non è dalla mia parte.
    Percepì dentro di se lo scalpiccio del Cacciatore ed un brivido gli pervase l'anima.
    No, decisamente non lo era.

     
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    Non appena il blu zaffiro degli occhi della Dama Azzurra incontrò il rubino del sangue che imbrattava i lembi un cappotto rosso già logoro, una maschera di atterrito raccapriccio ridisegnò i lineamenti del volto dolce della donna: attraverso gli strappi, il tessuto sul braccio lasciava intravedere la carne viva -scavata e ridotta in poltiglia- e il bianco delle ossa spezzate.

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    Istintivamente arretrò di un passo, e sollevò il volto, portando lo sguardo sul viso devastato dell’uomo dai capelli biondi -sporchi di carminio-; per un momento le loro iridi si incatenarono, e qualcosa nel suo cuore qualcosa risuonò... ma era una melodia diversa da quella degli altri suoi Fratelli. E proveniva da entrambi: dal giovane che le stava davanti e dal bimbo addormentato che il ferito portava con sé.

    Perdonate l'intrusione Milady, ma ho bisogno di voi. Ed il Tempo, non è dalla mia parte.

    Prima ancora di razionalizzare le sue azioni, la fanciulla avanzò di nuovo e tese le braccia verso il piccolo, così da alleggerire il Cavaliere da quel fardello; poi si fece da parte per liberare il passo e lasciare entrare nelle sue stanze quello sconosciuto.

    « Entrate. Immediatamente. »

    La voce della Papessa non ammetteva repliche o rifiuti.
     
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    « Entrate. Immediatamente. »


    In cuor suo, il cavaliere rosso sapeva quanto fosse sbagliato accettare quell'invito: dare tempo al cacciatore,
    equivaleva ad aumentare i rischi derivanti dalla sua presenza in quei luoghi, e quello non poteva permetterlo.
    Ma Lady Kalia necessitava una spiegazione, e lui di riprendere un attimo fiato.

    Lasciato il fagotto nelle mani della Dama Azzurra, Gabriev si puntellò sul braccio buono,
    trascinandosi all'interno della stanza, per poi quasi caracollare bruscamente sul pavimento.
    Poi, cercando con gli occhi la figura dell'Alfiere dell'Est, il Cavaliere Rosso prese a parlare.

    Vi prego Milady, ascoltatemi attentamente: Il Bambino che stringete in braccio è in pericolo.
    Lui...

    un colpo di tosse imperlò di rubini il pavimento, latore d'un messaggio d'urgenza e di dolore.
    Lui... è destinato a fare grandi cose... ma ha la scelta.
    La scelta.

    Lentamente il Falco dei Disith, cercò di ergersi in tutta la sua statura,
    concentrandosi come poteva per far fronte al dolore.
    Vi prego, proteggetelo ed allevatelo secondo i dettami del vostro buon cuore.
    Poi tese delicatemente la mano verso il volto del bimbo, ritraendola mestamente all'ultimo istante.
    Il suo nome è Mordred, Lady Kalia.
    sorrise d'un riso segreto e di speranze.
    Vi prego, abbiatene cura.

     
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    La Dama Ricevette il bambino dormiente dalle braccia del ferito, tenendolo contro il petto con quella sapiente familiarità e quella disinvolta perizia che solo una madre potrebbe avere, e chiuse la porta alle spalle del Cavaliere Rosso non appena questi fu penetrato -e crollato- all’interno della stanza; non c’era da stupirsene: il braccio era conciato malissimo, e doveva aver perso molto sangue.

    Vi prego Milady, ascoltatemi attentamente: Il Bambino che stringete in braccio è in pericolo.
    Lui... Lui... è destinato a fare grandi cose... ma ha la scelta. La scelta.


    Ascoltarlo con attenzione non le impedì di accoccolarsi al suo fianco, adagiandosi il bambino in grembo, al fine di liberare le mani e poter così prestare soccorso all’uomo biondo; un accesso di tosse gli fece sputar sangue, e quando fece per alzarsi Kalia lo trascinò di nuovo giù tirandolo per una manica: parola sua, non lo avrebbe lasciato andar via in quelle condizioni.

    Vi prego, proteggetelo e allevatelo secondo i dettami del vostro buon cuore.
    Il suo nome è Mordred, Lady Kalia. Vi prego, abbiatene cura.


    « Avrò cura del bambino, lo prometto. »
    garantì, fissando gli occhi di zaffiro in quelli altrettanto blu del suo interlocutore
    « Ma adesso permettetemi di aver cura anche di voi. »

    Senza dargli il tempo di ribattere, la Dama Azzurra chiuse gli occhi e si concentrò sulle energie che fluivano in lei: quando l’accumulo ebbe raggiunto il suo punto critico, la forza del miracolo di guarigione si sprigionò in tutta la sua magnificenza; svuotata di buona parte delle sue energie, la fanciulla schiuse nuovamente gli occhi blu. Il respiro appesantito da un leggero affanno.

    « Il suo nome è Mordred... ma qual è il vostro? »

    SPOILER (click to view)
    Mano d’Argento Bianco della Guarigione: Questo incanto è in assoluto il più efficace e potente del repertorio della fanciulla, poiché la rende capace di restituire gli arti perduti anche a distanza di tempo alle vittime di mutilazioni; dapprima, la Dama Azzurra intona una preghiera (“Signore Misericordioso, divinità guaritrice, ponete su di Lui il vostro sacro palmo…! Che il sangue torni al sangue, la carne alla carne e le ossa alle ossa! Silven Mountier – Mano d’Argento Bianco della Guarigione!”) in risposta alla quale l’arto comparirà nuovamente al suo posto in veste spettrale ed eterea, ancora intangibile ed incorporeo, ma inequivocabilmente visibile; al contatto con la mano tesa di Kalia –ora rivestita di un luccicante alone d’argento-, tuttavia, questo riprenderà consistenza e permarrà senza limitazione di tempo. [GDR-only o previo consenso di QM e/o giocatore coinvolto]
    Consumo: Critico
     
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    L'energia guaritrice fluì dalla Dama Azzurra fin nel corpo del Cavaliere Rosso, ricostruendo meticolosamente la struttura ossea dell'arto, per poi ricoprirla con il rosso dei muscoli, seguiti dai tendini che, lesti, si riallacciavano tra loro, ridonando mobilità e forza all'arto altrimenti condannato.
    Gabriev sentiva lentamente le energie tornare, ma sapeva anche che la spossatezza che grava su di lui non si sarebbe estinta facilmente; piegò la mano destra come a ritestarne le funzionalità motorie: probabilmente era vero che la fatica non sarebbe svanita, ma di certo un arto sano in più non avrebbe guastato.

    CITAZIONE

    « Il suo nome è Mordred... ma qual è il vostro? »


    Per un istante il Falco dei Disith esaminò con più attenzione il volto dell'Arcano della Curtis:
    l'incarnato pallido e diafano era impreziosito dalle morbide chiome del medesimo colore degli occhi, grandi e profondi come due laghi di montagna.
    Dalla sua figura traspariva saggezza e comprensione, oltre ad una dose marcata di compassione; si, avrebbe saputo crescere nel modo giusto Mordred, ne era certo.

    Ma sarebbe stato giusto metterla in pericolo rivelandole il suo nome?
    Il Cavaliere Rosso parve soppesare quella scelta, come se da essa dipendesse qualcosa di più grande e complesso.
    Poi, scuotendo mestamente il capo, scacciò quei pensieri.
    Almeno quello glielo doveva.
    Il Mio nome è Gabriev, mia signora.
    Un istante di silenzio.
    Gabriev Disith.


     
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    La Dama Azzurra sostenne con fermezza lo sguardo indagatore del biondo Cavaliere, e lo vide farsi pensieroso prima e perplesso poi, salvo scuotere infine il capo, come ad accantonare dei cattivi pensieri.

    Il Mio nome è Gabriev, mia signora. Gabriev Disith

    « Anche se le circostanze sono un po’ strane, è un piacere conoscervi, Sir Gabriev... »
    annuì paziente e grave la Signora dell’Est, fissando lui, poi la ferita e infine il bimbo
    « Ma... cos’è che vi ha ridotto così, e perché? Ha a che fare con Mordred...? »
     
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    « Ma... cos’è che vi ha ridotto così, e perché? Ha a che fare con Mordred...? »

    Le labbra del Cavaliere parvero dischiudersi, come per proferir parola, congelandosi nel gesto, in preda all'angoscioso stupore: per un istante soltanto, era stato in grado di vedere attraverso gli occhi del cacciatore – probabilmente tramite suo esplicito consenso – assistendo così inerme alla sua crudeltà.
    Non c'era più tempo da perdere.
    Non ora.
    Io..Lady Kalia perdonatemi, ma i vostri sudditi sono in pericolo questa notte a causa della mia presenza.
    Devo assolutamente andare, ma tornerò.
    Ve lo prometto.

    Il Cavaliere Rosso si erse in tutta la sua statura, lasciando che la cascata d'oro -incrostata di sangue raggrumato- gli ricadesse sulle spalle.

    Perdonatemi se vi impongo un fardello di cui non conoscete la portata.
    io...

    Avrebbe voluto parlargli di se, di Mordred, del Cacciatore e dello stesso Aeon persino.
    Avrebbe voluto svelarle il perchè di tutto questo.
    Avrebbe voluto molte cose il falco dei Disith, ma i suoi desideri non sono mai stati di facile realizzo.
    E questa volta, non faceva eccezione.

    Chiuse gli occhi,scuotendo nuovamente il capo, poi, con delicatezza, eseguì un mezzo inchino all'indirizzo dell'Alfiere dell'Est.
    Infine, con il cuore in gola all'idea del prezzo che avrebbe dovuto pagare per la sua insolenza, Gabriev Disith si diresse alla finestra e, con un semplice gesto, la fece spalancare.
    Vi ringrazio di tutto. Tornerò, non dubitate.
    Dopodichè, si lasciò cadere dalla balconata, sparendo come un sogno.

     
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    Il Cavaliere Rosso schiuse le labbra, come se fosse sul punto di dire qualcosa, ma prima che potesse proferire anche una sola sillaba, gli occhi di zaffiro della Dama Azzurra lo videro trasalire, d’un tratto sconvolto da qualcosa che doveva averlo colpito come un lampo di consapevolezza.

    Io.. Lady Kalia perdonatemi, ma i vostri sudditi sono in pericolo questa notte a causa della mia presenza. Devo assolutamente andare, ma tornerò. Ve lo prometto.
    Perdonatemi se vi impongo un fardello di cui non conoscete la portata. Io...


    Così dicendo, Gabriev si alzò in piedi, torreggiando sulla donna ancora raccolta sul tappeto della sua stanza, e sul bimbo che le dormiva accoccolato in grembo; un’ansia allarmata aveva contratto i lineamenti di quel volto eburneo nell’apprendere che la sua gente era minacciata da chissà quale sinistra sventura, ma prima che Kalia potesse chiedere qualsiasi dettaglio più preciso su quell’oscuro presagio, l’uomo biondo le rivolse un inchino e si diresse alla finestra, spalancandola con un gesto imperioso.

    Vi ringrazio di tutto. Tornerò, non dubitate.

    Il Falco dei Disith percorse la balconata fino al parapetto, e lasciò quell’ultima promessa dietro di sé, dopodiché si gettò nelle ombre della notte, lasciandola sola e senza parole, con il rintocco sordo del suo cuore e con il refolo lieve e dolce del respiro di Mordred.
     
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    Si lasciò cadere rapido lungo le mura del maniero, quasi scivolando sulla levigata superficie marmorea del palazzo, per poi fermarsi di colpo in posizione raccolta quasi a metà della caduta; i piedi, premuti contro la nuda pietra: un singolo, fugace tremito, si liberò come un'increspatura, un onda concentrica attorno al Cavaliere Rosso; poi, i muscoli guizzarono e di colpo spiccò il volo.
    La spinta lo condusse in un’ascesa quasi verticale, e i suoi occhi attraversarono l'Ethlerth; lo sguardo si posò sulla splendida stella di Najaza, casta e luminosa nel cielo notturno... ma ogni cosa che si innalza ha destino di ricadere prima o poi, e la gravità lo trasse ben presto di nuovo a sé, e la traiettoria del suo corpo deviò in una rotta più inclinata verso il suolo; attorno al Falco, grosse macchie sfuocate di colore -ciò che sarebbe potuto essere uno splendido paesaggio boschivo- sfilavano accanto a lui a velocità folle alterate dalla sua percezione della realtà e dal suo disinteresse: ogni suo pensiero era focalizzato su un aura a lui nota, ancora distante, che sembrava volutamente indulgere nel richiamare la sua attenzione, per richiamarlo a sé.
    Non aveva tempo da perdere.

    ~◊~

    Quando giunse a destinazione, il Cavaliere Rosso si trovò dinnanzi ad una scena rivoltante:
    decine e decine di corpi giacevano al suolo, completamente svuotati di ogni loro contenuto;
    niente era stato risparmiato, e a nessuno era stata mostrata pietà: donne, vecchi, bambini.
    Tutti in egual modo completamente rivoltati come sacchi di iuta.
    Ai..Aiu...to...
    Un vecchio rantolò al suo indirizzo una richiesta di soccorso, serrandosi una mano attorno alla gola mentre si trascinava verso di lui, impotente... ma prima che Gabriev potesse fare qualsiasi cosa, la sua carotide parve gonfiarsi a dismisura, posseduta da qualcosa di completamente estraneo, un male che parve espandersi con raccapricciante rapidità, facendosi strada fin tra le mandibole solo per spalancarle in una maniera visibilmente innaturale.
    Una viscosa matassa del colore del nulla ne sorse virulenta, svuotando lo sventurato di ogni cosa; il vecchio ricadde al suolo come un logoro e dimesso abito usato, e l'ombra riprese l'aspetto del Cacciatore.
    Era ora che tornassi fratellone. Mi stavo annoiando con i miei nuovi compagni di gioco, sai?
    Sorrise malevolo all'indirizzo del Cavaliere Rosso.
    Si rompevano subito.
    Animato da una furia senza uguali, il Falco dei Disith si scagliò contro l'abominio ma, con suo sommo sgomento,
    si accorse troppo tardi della trappola che questi gli aveva abilmente teso: un ombra arcuata si estendeva dai piedi del Cacciatore, ruotando sinuosamente attorno ai due, per poi congiungersi con quella del Disith.
    image
    L'aveva catturato.
    L'ombra, fattasi predatore, prese a salire lungo il corpo del Cavaliere Rosso ormai paralizzato, stritolandone ogni centimetro con una potenza inusitata.
    Lo Sai? Sei stato davvero un bambino cattivo.
    Il Volto di Gabriev si deformò in una maschera di dolore e pura sofferenza mentre, decine di tentacoli terminanti in arti,
    lo avvolsero, sollevandolo al pari di una vittima sacrificale: in quell'istante, l'ombra del Cacciatore si staccò completamente dal suolo, guadagnando tridimensionalità e, con essa, un paio di ampie fauci acuminate che, forti della loro superiorità calavano lentamente sulla preda, colme di desiderio e di aspettativa.
    Un pensiero del Disith volò alla sua ultima promessa, mentre la bocca del mostro si richiudeva si di lui:
    forse, non sarebbe riuscito a tornare troppo presto.
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    Ti meriti proprio una bella punizione.
    E poi, calò il nulla.

     
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