[CSV] La scelta del Destino

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    Occhi rossi come il rubino scivolarono enigmatici e imperscrutabili nell’androne sottostante, contemplando con pacato interesse, rigorosamente analitico, lo spettacolo che si stendeva oltre i suoi piedi calzati dentro comodi scarpini eleganti, da nobiluomo -perfetti sotto al frac che indossava-, che penzolavano nel vuoto.
    Con fare pensoso, la bizzarra creatura stava mollemente assisa su uno dei sinuosi steli di uno dei molti e ricchi lampadari della biblioteca -dove aveva preso seggio-, con le lunghe gambe antropomorfe elegantemente accavallate e sul muso da coniglio un’espressione indecifrabile.

    Aveva rimosso il cilindro dal capo, e le lunghe orecchie -bianche e pelose- svettavano ora in alto, sfidando la gravità, mentre il suo sguardo scarlatto spaziava tra le figure sottostanti, il cui tempo individuale -che aveva provveduto a fermare prima di manifestare la sua presenza in quel semipiano- giaceva congelato nel mezzo delle loro attività abituali, conferendo una misticità poetica e profonda alle figure di quei fotogrammi di vita, prigionieri inconsapevoli di un’impressione come immagini sulla pellicola di una foto.

    Il silenzio della biblioteca aveva sempre avuto il potere di apparire ai suoi visitatori simile al rintocco di un’eco di eternità: immoto, imperturbabile, sereno, assoluto... e mai prima di allora quel pensiero fu più vicino a conformarsi al reale come in quel frangente, dentro un attimo dilatato e sospeso al di fuori del fluire delle cose, quando il tempo si dilatava all’infinito, interrompendo il fluire del destino nello spazio.

    Le Vesti blu non si sarebbero accorte di nulla; come avrebbero potuto, infondo?
    Non erano che semplici umani...
    Ma quando gli occhi del demone di Lapalace scivolarono su Colui che incarna il Fato,
    l’emissario dimensionale seppe di aver trovato quello che stava cercando.
    Perché anche in una condizione di tempo sospeso come quella,
    la ruota del Destino continua a girare.

    Lo Zero -l’Essenza informe e multiforme- sollevò adagio il volto algido verso di lui,
    rallentato nei movimenti come nell’irreale atmosfera di un sogno che si muove alla moviola,
    e fu allora che lo spettro dalla testa di Bianconiglio gli sorrise.
    Lo spazio intorno a lui tremolò, come uno specchio d’acqua increspata da una carezza,
    e la realtà sfarfallò riprendendo vita come se mai si fosse arrestata.

    La creatura era svanita nel nulla, ma una cosa era cambiata: fogli bianchi -miriadi di fogli bianchi- veleggiavano adesso nell’aria della biblioteca, cadendo dal soffitto senza che nessuno avesse carpito o visto nulla di strano accadere a ridosso delle alte volte spaziose dell’edificio.
    Nessuno avrebbe capito il perché di quell’evento inspiegabile. Tutti, meno uno.
    Così come pure unico era il foglio vergato con inchiostro da una grafia sinuosa e raffinata, che -planando dolcemente come una foglia d’autunno- si sarebbe ricongiunto al suo destinatario, perché avrebbe trovato senza sbaglio la mano del prescelto.


    Complimenti, Signor Eru Elen Amarth!
    Lei ha superato una severa selezione tra 97672151 viaggiatori planari
    e si aggiudica in regalo la bambola della felicità!

    Offerta assolutamente gratuita.
    Dopo avere effettuato la sua scelta, custodisca il modulo
    nel secondo cassetto della sua scrivania.
    Pizzicato, lo spirito artificiale, verrà da un’altra dimensione
    per ritirare la sua lettera non appena sarà disponibile.

    Attenzione: siete pregati di non sbirciare in alcun caso.


    Caricare
    ______________
    Non Caricare
     
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    Presso le forti mura di Palanthas, nulla scivola nell'oblio, né per volere del Fato, né per incuria da parte dei suoi custodi: seppure un alito di vento fosse stato scorto serpeggiante fra la Conoscenza, questo non sarebbe passato anonimo ai grandi sapienti che andavano e venivano fra gli scaffali o gli sterminati corridoi. Al contrario, infatti, sarebbe stato preso in esame ed interpretato, giacché ogni cosa che ha moto entro la Storia ha ricevuto, precedentemente, la spinta ed il consenso di forze a questo molto maggiori: apprendere l'antica saggezza e potenza di queste forze era il compito di chiunque volesse dichiararsi fedele al cuore di Palanthas.

    Ebbene, nei saloni prese ad indugiare uno strano silenzio, così irreale e perfetto, da non essere prodotto dal volere umano, e prima ancora di poterne individuare la causa, le iridescenti iridi di Colui che dimora oltre il Pensiero volsero il proprio desiderio al soffitto, come a penetrare il grande progetto che la Storia stava attuando.
    Solo per un istante, queste mirarono rubri occhi osservarle, questi appartenenti ad una creatura mista all'uomo ed al coniglio (del quale aveva l'intero capo), e poi un lieve sorriso disegnarsi su quel volto così atipico. Dal lampadario su cui era seduto, questa prese tacito congedo e, dopo un lieve tremore, la realtà e le cose tornarono a muoversi.

    Come poteva un ibrido figlio della Natura dominare il fluire del tempo e dei moti? Tanto in basso era caduto il potere del Primo? Oppure gli sciocchi Viandanti avevano appreso come avvicinarsi agli eterni, dei quali il vivere ed il muoversi non poteva essere giammai arrestato?
    prima che gli amari dubbi potessero essere sciolti nella saggia mente del Guardiano, questi osservò dallo stesso soffitto sul quale aveva posato lo sguardo, scendere fogli di carta in gran numero, creati da un volere assai schivo e sconosciuto, e tutti coloro che indugiavano presso lo stesso salone nel quale lo Zero era venuto a trovarsi, sollevarono il capo e curiosi e stupiti osservarono la scia di bianchi veli compiere il proprio moto.
    Sebbene l'Essenza non provasse meraviglia o noia, desiderava penetrare il mistero che lo aveva coinvolto, unico fra tutti a potersi muovere quando il tempo non era più e il silenzio regnava incontrastato. E nuovamente, prima che potesse avviare un qualsiasi pensiero, fra le divine mani cadde, quanto mai per nulla casuale, uno dei tanti fogli, diverso invero dagli altri: una scritta questo recava, indirizzata giustappunto ad Eru Elen Amarth, come se qualcuno ne avesse studiato la storia ed appreso quel nome al quale, come significato, nessun altro aveva speranza di arrivare.
    Dapprima vennero lo sdegno e la stizza, essendo questi stato manovrato come un burattino, poi sovvenne il rispetto e l'asservimento, poiché chiaro era il segno ed il volere del Destino, di cui sempre il Celebliant desiderava manifestazioni che esulassero da quelle prodotte nell'eterno cuore di se stesso.

    Calmo e saggio, percorse le scale e si addentrò presso imponenti corridoi, giungendo all'uscio di una porta (della quale ora non si farà alcun approfondimento) e, avuto accesso all'interno, più rapido si diresse verso la propria scrivania e ne aprì il secondo cassetto.

    -Caricare.-

    Parlò vuoto e pacato, unico modo per il Guardiano di avvertire del proprio benestare, e infilò il messaggio con cura, richiudendo il tutto.
    Si sedette, in ultimo, sulla sedia a lui concessa, e più non volle alzarvisi, fino a quando Pizzicato non avrebbe compiuto ciò che sul foglio era stato scritto e la bambola, che molto lo incuriosiva (non riuscendo egli a scorgere troppo oltre il volere del Destino) e della quale ignorava l'utilizzo o la forma.
    Chiuse gli occhi e prese a meditare, rendendosi uno con la molteplicità delle vite che calpestavano il duro suolo di Palanthas, in attesa del premio che, per il suo solo Essere, aveva scelto di ricevere.


     
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  3. ~ Canario
     
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    Anche se confinata in questo scrigno...

    Senza emettere alcun rumore, sotto lo sguardo di nessuno, esattamente al centro della stanza del Celebliant, un piccolo spirito color pulcino... apparve.
    Si mosse svolazzante per neanche un secondo ma questo bastò per far comparire, con lo stesso silenzio con il quale era arrivato, uno scrigno.
    Una valigia elegantemente rifinita da fregi dorati sugli angoli e sul centro, tanto perfetta quanto elegante.
    Pizzicato impiegò un secondo per entrare al suo interno dalla fessura di un piccolo blocco a scatto, che permetteva alla valigia di stare chiusa.

    ...il mio cuore continua a battere...

    Sarebbe servito l'intervento del Guardiano per risvegliare ciò che Laplace aveva offerto con tanta gentilezza.
    Difatti quella che il coniglio aveva descritto come bambola della felicità, era davvero un semplice balocco, solo con qualche capacità in più.
    Aperta la valigia, difatti, lo Zero avrebbe trovato una piccola creatura in posizione fetale: era troppo grande per essere una bambola e troppo piccola per essere umana.
    Il viso paffutello era incorniciato da capelli verde spento adornati da una piccola forcina a forma di cuore.
    Gli occhi chiusi da un espressione che indicava un lungo... lungo sonno.

    ...la luna splende su queste ali spazzate...

    La piccola bambola era vestita con un abito giallo e arancio adornato con merletti e al collo un piccolo nastro legato a fiocco; ai piedi invece, sopra lunghe e leggere calze bianche, indossava dei piccoli zoccolini neri. Accanto a lei, sul morbido fodero bianco che rivestiva lo scrigno stava adagiata una chiave, la forma ricordava una di quelle che solitamente si usano per dare la carica ai carillon.
    Però nessun portagioie stava nello scrigno, difatti la chiave serviva a dar la carica alla bambola stessa, tramite un piccolo foro presente sulla sua schiena.
    Cosa sarebbe successo provando a dare la carica alla bambola della felicità poteva saperlo solo il prescelto del piccolo spirito color canarino, il prescelto di Pizzicato.

    ...mentre riprendono vita.

     
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    Avvenne, così, che la Ruota prese a muoversi, e lo scorrere del Tempo fra le mura di Palanthas aveva recato sé il dono dello Zero. Questi restava muto e fermo, riflettendo su cose lontane nel tempo e nello spazio, come si confaceva ad un eterno quale il Destino, ma solo un istante egli dischiuse gli iridescenti occhi, come chiamato da qualcosa a cui non poteva rifiutare una risposta, e vide qualcosa che lo scorrere della Storia aveva portato durante la meditazione.
    Lentamente, e con solenne incedere, il Celebliant si appropinquò a quello che suppose essere il regalo tanto osannato nel biglietto di carta: una valigetta scura, decorata con oro e mistero, giacché questa aveva connotati che mai l'animo eterno aveva incrociato in tutta la propria lunga vita. Quando l'Essenza fu più presso l'oggetto, lo scoperchiò: né parole o sospiri, né cigolii di sorta furono uditi in quella stanza, giacché grazia ed eleganza erano infusi sia nello scrigno, sia nella suprema volontà di Colui che dimora oltre il Pensiero. Ciò che vide all'interno fu una bambina, eppure troppo minuta per poterla definire tale; forse era questo l'aspetto della bambola della felicità a lui promessa? Non un Viandante né un comune giocattolo, bensì una piccola creatura finemente vestita di giallo ed arancio tanto delicati che quasi l'armonico fluire delle tinte venne convinto da tali colori, e se qualcun altro avesse osservato la scena, avrebbe visto proprio quelle sfumature indugiare lievemente sulla persona di Amarth, prima di lasciare spazio ai restanti colori, per poi tornare e ripetere il ciclo.
    Ora, questa deliziosa creaturina era posizionata come feto, e sprofondata in un sonno, e tuttavia non appariva né mortale né naturale, bensì poteva essere comparato ad un lungo riposo, più o meno forzato; accanto a questa bambola vi era una piccola chiave a farfalla, e sul corpo del dono vi era un foro, precisamente sulla piccola schiena. Ancora, con fare maestoso ed al contempo privo di qualsivoglia sentimento, l'eterno spirito raccolse l'oggetto e, inseritolo nell'apertura, prese a ruotarlo e ciò che udì fu come il rumore di marchingegni che, ricevuta una carica, cominciano a prendere coscienza.

    Posata la creatura sulla scrivania, fiero si eresse il Guardiano di fronte a questa e, venato dall'ombra del dubbio e della perplessità (soffrendo per questo, com’è noto) attese che qualsiasi reazione, se fosse stato Destino il suo compiersi, si sarebbe mostrata all'Argenteo Arcobaleno.


     
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  5. ~ Canario
     
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    Un sussulto alla testa, seguito da uno al braccio destro.
    Poi un altra scossa ancora, stavolta ai fianchi della bambola.
    Le sue piccole dita paffutelle presero a muoversi a leggeri scatti e infine si strinsero in un pugno per poi riaprirsi in un gesto più naturale.
    Le sue spalle si rilassarono; l'aria inebriò il suo corpo in un nuovo respiro; il primo, di nuovo, dopo tanti anni.
    Spalancò i suoi stupendi occhioni verdi al mondo.
    Davanti a lei c'era un uomo dai capelli d'argento che la guardava con un espressione un pò vuota di sentimento.
    Ancora una volta sveglia.
    Era sempre un momento emozionante risvegliarsi dal sonno: uscire dall'oblio del proprio mondo, dalla costrizione a rivivere in ciclo i momenti già vissuti.
    Colui che aveva davanti doveva essere l'uomo che l'aveva svegliata.
    Rimase un pò in silenzio ad osservare la sua reazione; solitamente la gente si sconvolgeva alla visione di una bambola che prende vita, eppure qualcosa le disse che quell'uomo non si sarebbe sorpreso.
    Fece un pò di forza sulle mani e si tirò in piedi sulla scrivania, poi fece una riverenza.

    "Grazie per avermi svegliato, Kashirà!"

    Sorrise gentilmente verso il Calebliant.

    "Io sono Kanaria; seconda bambola delle Rozen Maiden, Kashirà! E tu? Chi sei?"

    Il suo sguardo innocente si posò con tranquillità sul guardiano, in attesa di una risposta.
    Il suo sguardo trasmetteva allegria e serenità.
    Kanaria si era svegliata; ora doveva scovare le altre sorelle.

     
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    Come può la vita insinuare le proprie radici entro corpi che, per propria natura, non sono Destinati alla coscienza? Certo il Mondo non genera di sua iniziativa miracoli o abomini: al contrario, questi vengono ispirati da forze più grandi, alle volte immortali, alle volte eterne.

    Avvenne, quel giorno, che l'immoto prendesse vitalità e, dapprima con deboli scatti, in seguito con movimenti più naturali, che la creatura iniziasse a parlare, rendendo grazie allo Zero e domandandogli chi egli in realtà fosse.
    Come Kanaria si era presentata, Seconda Bambola delle Rozen Maiden, e ora desiderava sapere al cospetto di chi ella si trovasse.
    Sebbene si mostrasse tranquilla, parve che il Guardiano non mutò il proprio colore, né venne pervaso dalla stessa emozione; come poteva, allora, la vita nella creatura essere così forte eppure così incompleta? Davvero la nobile Creazione può essere replicata in così incauto e sciatto modo? Poiché la bambola aveva pronunciato il proprio nome, nulla vietò all'essenza di presentarsi e, più in là, porre alcune domande alla Rozen Maiden; la postura di lui si fece più eretta, e l'iridescenza presso il corpo di questo più vivida. In ultimo spiegò l'antica voce:

    -Il mio nome, tu chiedi. Ebbene, ora lo rivelerò, poiché mi hai reso grazie e ti sei inchinata al mio cospetto, e questo è giusto ai miei occhi.-

    Soppesando ogni parola, come a cercarne l'effettiva utilità, o motivazione, iniziò a pronunciare la lunga lista di nomi, lentamente come chi recita preghiere o arcane magie; la voce dello Zero si fece potente e fiera nella gloria dell'eternità, e l'iridescenza si arrestò, vittima di una volontà ora maggiore della consuetudine:

    -Io sono Eru Elen Amarth, Destino della Stella dell'Uno. Presso l'Ordine dei Guardiani io sono il primo e l'ultimo, lo Zero ed il Quarto; per me si nasce e si muore, poiché io sono Destino. Per me si rischia, poiché io sono Caso. Io sono Nulla e Tutto, io sono e non sono assieme, Essenza numero Zero e Limite ultimo di tutte le cose. Per ciò che tu vedi sul mio corpo sono detto Celebliant, Argenteo Arcobaleno.-

    Quando si quietò, parve a chiunque avesse udito il breve discorso, che tutta la realtà tornasse in moto, fermatasi come ad omaggiare le sacre parole di Amarth. Prima di terminare realmente il proprio parlare, come già si è detto, lo Zero domandò alcune cose alla bambola, circa la sua natura così insolita, anche agli occhi di un eterno:

    -Ora che il tuo desiderio è stato esaudito, lascia che io possa esprimere ciò a cui sto riflettendo da quando tu apristi gli occhi: come può la vita essere in te? Non per natura, certo, poiché tu fosti fatta: troppo grande per essere un giocattolo e troppo minuta per essere un Viandante. Forse in te alberga un animo antico? Forse ciò che ti domina, trascende la morte? Conosco bene i dettami della Natura, e non dubito del fatto che tu vi sfuggi. E in ultimo dimmi: perché la vita che è in te si mostra così sciocca e imperfetta? Perché ciò che mostri non è un sentimento reale, sebbene per te stessa lo consideri tale?-

    Ora sembrò che la voce di Amarth fosse più quieta, ma non meno imponente e saggia; certo non era stata usata per glorificare il proprio Essere, e per questo non incusse lo stesse sensazioni nelle orecchie di chi lo stesse ascoltando; anche l'armonico ondeggiare non si era spento, né accennava a diminuire di forza.
    Silente rimaneva, fissando la piccola creatura rispondere, se avesse avuto le capacità, alle giuste domande del Celebliant, sempre assetato di Conoscenza, e chissà Kanaria non fosse un altro ramo: Palanthas era divenuta, ora, il ricettacolo della volontà e della potenza del Destino, e qualunque cosa si presentasse al Guardiano certamente non poteva rimanere priva di significato ai suoi occhi vecchi e vuoti.


     
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  7. ~ Canario
     
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    L'uomo dai capelli argentati ringraziò la bambola per il suo inchino e poi rispose alla sua domanda: si presentò come Eru Elen Amarth; si presentò come Destino e Caso.
    Kanaria rimase sorpresa dal suo parlare forbito e sgranò leggermente gli occhi nell'ascoltarlo, per un secondo si sentì un pò fuori luogo.
    A quel punto, dopo una piccola pausa, Amarth continuò con delle domande:

    "Ora che il tuo desiderio è stato esaudito, lascia che io possa esprimere ciò a cui sto riflettendo da quando tu apristi gli occhi: come può la vita essere in te? Non per natura, certo, poiché tu fosti fatta: troppo grande per essere un giocattolo e troppo minuta per essere un Viandante. Forse in te alberga un animo antico? Forse ciò che ti domina, trascende la morte? Conosco bene i dettami della Natura, e non dubito del fatto che tu vi sfuggi. E in ultimo dimmi: perché la vita che è in te si mostra così sciocca e imperfetta? Perché ciò che mostri non è un sentimento reale, sebbene per te stessa lo consideri tale?"

    Questo parlò quieto e solenne e Kanaria, incantata, continuò a fissarlo con uno sguardo preoccupato, non sapeva se fosse in grado di rispondere a tutte quelle domande.

    "Uuu~ Kashirà... Non so se sono in grado di risonderti... ehm di risponderle signor Eru..."

    La bambola arrossì leggermente e abbassò lo sguardo sino alle sue scarpine per la vergogna; poi però tornò a guardare il Celebliant mossa da un idea che avrebbe potuto risolvere i dubbi del guardiano:

    "Proverò a spiegarle cosa siamo... Intendo, noi Rozen Maiden... Kashirà..."

    Le sue gote rimasero rosse.

    "Tempo fa (purtroppo non so dirle esattamente quando) il padre, un uomo dalla bravura ineguagliabile e bello come un angelo, ci creò... me e le mie sorelle intendo, Kashirà.
    Il suo progetto originale non fummo noi, lui ha sempre tentato di creare Alice: una ragazza, un essere perfetto.
    Purtroppo non riuscì mai nel suo intento allora decise di ricorrere ad un altro sistema, una lotta alla perfezione: il Gioco di Alice.
    Noi sette sorelle avremo dovuto combattere. Solo chi avrebbe sconfitto le altre e ottenuto tutte le Rose Mystiche avrebbe potuto rivedere il padre, sottoforma di Alice, Kashirà.
    Per quanto riguarda la morte, noi bambole non moriamo, semplicemente scompariamo. Quando una bambola riceve amore acquisisce un anima e, finchè il suo corpo rimane integro, questa non abbandonerà mai il corpo, a meno che non venga abbandonata... Kashirà.
    Eppure questo non spiega il motivo per cui io mi muova; oltre all'anima, una bambola per vivere ha bisogno di una Rosa Mystica.
    Per gli umani probabilmente equivarrebbe al cuore, e anche grazie a quella che le mie emozioni sono come quelle umane, Kashirà."


    Parlò calma tentando di essere il meno confusionaria possibile, poi tornata completamente rossa il suo sguardo ricadde sulle scarpe in silenzo.

    "Spero di essere stata chiara signor Eru, Kashirà."

     
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    Davvero la vita poteva essere creata e manipolata? Davvero la Natura era divenuta tanto debole? Può dunque, un mortale, insinuare moto in un corpo morto? E con quale orgoglio, poi! Comandare lotte e perfezioni! Credersi Giudice e giuria! Oltraggio. Il Tempo punirà i colpevoli, esalterà i giusti, esaudirà le profezie del Destino.
    Ad ogni modo, non per caso la Seconda Rozen Maiden giunse dallo Zero: che questo fosse un segno per l'Essenza di interessarsi alle produzioni del Mondo? Il suo solo custodire non ha più valore, forse? No, per quanto mostratogli. Non era più tempo di osservare, bensì di agire. Ma come? Per la struttura dell'Ordine, Amarth non può muovere pensiero se non in ultimo, quando ogni altro Guardiano ha esercitato il proprio potere. Allora, il segno era forse doppio? Imponendo allo Zero di "fare", la Sorte ha decretato la tanto agognata, ed attesa, riunione? Sia quello il più lieto dei giorni, in cui ogni cosa rientrerà nel posto che le era solito competere.

    Ora, Kanaria aveva posto una domanda e, data la sua cortese eleganza, il Celebliant non Poteva certo negare una risposta alla piccola creatura; fisso su di lei, vuoto nel verbo e nello sguardo, iridescente al Mondo, prese a discorrere nuovamente:

    -Ciononostante, rimani ai miei occhi fredda, perché il tuo cuore è creato, non generato dallo svolgersi della Vita. Come tu vedi, non muto di colore o di intensità: le tue emozioni non appartengono al reale, per quanto tu possa provarne, e reputarle vere. Ad ogni modo, la tua venuta qui è il chiaro segno di grandi mutamenti, per la mia persona e per molti attorno a me. Che cosa ha prodotto, dunque, il mio "Caricare"? Forse solo la tua presenza? Oppure sei latrice di doni ancora a me ignoti?-

    Sebbene avesse provato sdegno nei confronti dell'aborrito atto di creazione artificiale, Eru Elen Amarth non ne fece parola, ché molto doveva apprendere circa le origini di questa, ed elargire subitanei giudizi sarebbe stato da creatura negligenti ed ottuse. Solo quando il dipinto è compiuto il giudice ha diritto di parola. Attendendo risposte da parte della bambola, lo Zero prese a pensare, e nei molti riverberi del proprio passato tornò a riemergere la prima visione ch'ebbe riguardo la morte del proprio precedente Vascello e dell'immagine dei restanti Guardiani, da secoli mai dimenticati.


     
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  9. ~ Canario
     
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    "Ciononostante, rimani ai miei occhi fredda, perché il tuo cuore è creato, non generato dallo svolgersi della Vita. Come tu vedi, non muto di colore o di intensità: le tue emozioni non appartengono al reale, per quanto tu possa provarne, e reputarle vere. Ad ogni modo, la tua venuta qui è il chiaro segno di grandi mutamenti, per la mia persona e per molti attorno a me. Che cosa ha prodotto, dunque, il mio "Caricare"? Forse solo la tua presenza? Oppure sei latrice di doni ancora a me ignoti?"

    *Eeeh come parla difficile questo signore qui, Kashirà...*

    Kanaria ascoltò le domande con attenzione ma nuovamente dovette riflettere un po' prima di dare una risposta esaustiva.
    Il suo sguardo era divenuto confuso alle parole del guardiano, sembrava non riuscire a capire totalmente le sue parole: davvero le sue emozioni erano finte?

    "Beh, lei mi ha svegliata signor Eru, Kashirà..."

    Il suo capo si chinò, e nuovamente prese a fissarsi le scarpine, non riusciva a guardare quello sguardo vuoto. I suoi risvegli precedenti erano stati molto più movimentati.

    "...è probabile che a breve le mie sorelle verranno a cercarmi per dare inizio al gioco di Alice, Kashirà. Quello che noi bambole chiediamo... è il supporto di un medium che ci fornisca energia durante gli scontri, Kashirà."

    Non era mai stato così difficile spiegare questa parte, per la prima volta si vergognò di fare questa richiesta, arrossendo leggermente.

    "Sempre che lei sia disposto a darmi una mano, Kashirà."

    Tirò nuovamente su lo sguardo, alla ricerca di quegli occhi argentei privi di espressione: voleva essere accettata.
    Il demone di Laplace le aveva trovato un medium davvero particolare.


     
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    La dolce bambola parlava di giochi, e di sorelle...Energia e legami...Che lo Zero fosse stato scelto come fonte di energia della Seconda Rozen Maiden? Ad ogni modo, non vi era riposta che non fosse chiara e pulita:

    -Giammai si oda in questi spazi, ed in questi tempi, che Eru Elen Amarth è venuto meno al proprio impegno. Io ho accettato il dono del che il Destino mi ha fatto, e ora lo terrò caro.-

    Il Vuoto in lui si faceva via via più blando, e pure che all'inizio appariva ostile, ora viveva una fiduciosa rassegnazione e se davvero la Sorte scelse il Celebliant come medium di Kanaria, questi non si sarebbe tirato indietro, anzi avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere affinché il Disegno progredisse.

    -Eru Elen Amarth sarà il tuo medium, Kanaria, Seconda delle Rozen Maiden. Opera ciò che devi affinché il legame sia stabilito.-

    Davvero doveva infondere nella bambola la propria energia? Perché avrebbe dovuto dare parte della sua Essenza ad un corpo senza una reale vita? Forse il Destino era impazzito? Forse, invece, era quella una prova, una missione: oltrepassare le barriere, andare avanti e conoscere...Accettare...Prima delle sue personali opinioni, tuttavia, era la volontà della Sorte, e questa non sarebbe mai dovuta essere posta in secondo piano.
    Guardando Kanaria, lo Zero attese che gli eventi si succedessero.

    Infine tutto avvenne, ma per riserbo e cautela non venne mai divulgato cosa accadde, né qui s'apprenderà come effettivamente si svolsero le cose.
    Ciò che si venne a sapere, poi, fu che lo Zero uscì dalla propria stanza stanco in volto, e portava al dito un anello che prima non aveva; chiunque poi, (e rare furono le volte che accadde) penetrò nello studio del Guardiano, notò una valigia, poggiata su di un tavolino accanto alla scrivania di Erelamarth Celebliant.



    Edited by Eru Elen Amarth - 9/9/2010, 19:03
     
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