VII - La grande madre

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  1. Andre_03
     
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    «Cuordiferro! Divoratrice!»

    Nelle tenebre, tra pareti di pietra umida e fiaccole timide, incerte.
    Gli fecero eco altre voci, in una nenia indistinta e ripetuta all'unisono più volte. Nascoste nell'infinito labirinto sotterraneo che prendeva il nome di Merovish, striscianti come timorose d'esser scoperte. Erano una decina, o poco più. Tutti celati nell'ombra, invisibili gli uni agli altri se non per quei pochi istanti in cui le fiammelle delle torce si piegavano nella loro direzione, disegnando sui volti di ciascuno sempre nuove e macabre espressioni.

    «Sia aperto il sentiero!»

    A parlare fu l'uomo al centro del semicerchio disegnato dal resto dei cultisti.
    Vestiva una tunica violacea, lunga e ricamata -pur non rinunciando alla semplicità- di pochi orpelli dorati. Alle mani non un anello, sul collo nessuna catenina. Il volto, reso nitido dalle vicine fiaccole, mostrava un'età matura ed una cura certosina della persona. Capelli neri, barba rasata di fresco. I più vicini potevano chiaramente percepire l'aroma di biancospino con cui si era delicatamente profumato.
    Nel proferire i suoi comandi, non aveva usato toni forti, imperiosi.
    Il suo era un invito, che i suoi confratelli colsero senza fiatare; solerti eppure celeri con le braccia. In due dovettero farsi avanti per spostare le solide assi di legno che rendevano la porta invalicabile. Quando furono sollevate le travi, uno di essi armeggiò per qualche istante con delle serrature. Chiavistello dopo chiavistello, anche le catene si sciolsero ed infine poté essere spalancato l'ingresso.
    Mentre i due battenti si aprirono verso l'interno cigolando, l'aria investì i presenti con un lezzo morboso che non lasciava dubbi sulla propria origine: era l'odore chiaro della putrefazione. Assieme a quello, un umore di stantio ed ammuffito colse con calore le nari di ogni adepto. Nessuno espresse disgusto, né rinunciarono ad inspirare quella fetida folata.

    «Fratello» solo allora si voltò dall'altro uomo che, assieme a lui, stava in mezzo agli altri. Questi era nudo, spogliato d'ogni cosa e costretto in ginocchio, seppur senza catene. Non era un prigioniero, ma un volontario. «sei pronto a ricevere l'abbraccio della Grande Madre?»
    «Se Ella vorrà, io sarò pronto.»
    una risposta meccanica, pronunciata senza nemmeno sollevare il capo.
    «Dunque alzati senza vergogna, e percorri la via che da Lei ti condurrà.» gli impose una mano sul capo, socchiudendo gli occhi come ad invocare una silenziosa preghiera «Che la Madre ti accolga nel suo seno.»
    «Che la madre mi accolga nel suo seno.»

    Così dicendo si alzò, guardando con occhi lucidi di gioia il proprio confratello cerimoniere.
    Un cenno d'intesa e lo superò con passi lenti, incerti. La nuda roccia era un supplizio per dei piedi scalzi, ancor più che il sentiero oltre la porta conduceva ripido verso il basso, nelle tenebre ancor più fitte.
    L'uomo avanzò, passando oltre le torce ed immergendosi nella calda apertura buia. Esitò inizialmente, cercando appigli per discendere senza ruzzolare e, fatti pochi passi, si volse indietro come a calcolare la distanza percorsa -o forse, con un briciolo di ripensamento. Ma la sua fede non vacillò e si fece coraggio, proseguendo nel cammino.
    Dietro di lui, i battenti cigolarono una volta ancora e si chiusero con un tonfo.
    Oltre il clangore delle catene, oltre il battere delle travi imposte sul portone, poté sentire il coro dei suoi fratelli;
    e ripeté sussurrando quelle parole, per darsi forza.

    «Cuordiferro! Divoratrice!»
     
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  2. Bracktanus
     
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    To kill a Demon »»

    Arena Nera, Merovish, Endlos
    33a Età della Rivendicazione
    Era passato del tempo, ma ancora stentava ad abituarsi alla presenza di tanti umani attorno a sé.
    All'inizio ne aveva anche squartati un paio. Ben presto però si era reso conto che sarebbe stato stupido cercare di sterminarli tutti; d'altronde oramai viveva in una delle loro roccaforti, in quel mondo che pareva insieme arretrato e all'avanguardia, tuttavia ancora lontano dagli standard dei Covenant. Agi e comodità avevano infatti lasciato spazio ad un tuffo nel passato, per Bracktanus, in cui ogni cosa era lasciata alle sue sole mani. Laggiù non esistevano terminali cui accedere, né pareva che la gente conoscesse il significato del termine "interfaccia" o di "astronave". Paradossalmente, si accorse di sapere più cose lui sugli umani di quante loro stessi non immaginassero. Stava vivendo in un incubo bizzarro, una sorta di punizione divina per qualche suo peccato.
    Ma era un Jiarlhanae. Un maschio alfa, per di più. E i Jiralhanae sapevano adattarsi a qualsiasi situazione.
    Così eccolo lì, a sorseggiare un liquore che gli umani chiamavano "birra" da un rudimentale boccale di legno, circondato da tavoli e tavoli di infime creature. Una taverna, poco distante dall'Arena Nera cui si stava rapidamente affezionando. Gli piaceva combattere come un animale. Lo faceva sentire vivo.
    «Non pensavo di trovarti qui.»
    Si voltò, rivolgendo un ghigno di saluto al suo nuovo padrone. Anche se preferiva definirlo socio in affari, non dimenticava quello che gli era stato fatto. L'altro non rispose, ma scivolò lì di fianco fino a sedersi sulla panca di fronte alla sua. Era silenzioso, abbigliato in maniera leggermente diversa dal solito; forse non voleva dare nell'occhio.
    «Tra il rancio dell'Arena e questo» accennò col muso sporco all'ambiente circostante «preferisco questo. Il cibo non è male...e nemmeno le bevande fanno schifo.» come a rimarcare quell'affermazione scolò in un solo sorso quel che restava del boccale -pinta, la chiamavano- e lo sbatté ridendo sul tavolaccio. Quindi, mentre con il dorso della mano sinistra si ripuliva il mento dagli avanzi del pranzo, grugnì al suo divertito interlocutore, esortandolo a parlare. In fretta.
    «Sono contento che ti stia ambientando.» non era vero, ma nessuno dei due fece nulla per sottolinearlo «Dicono che in questa locanda cucinino una carne di Tuskgor al vapore che è una delizia. L'hai assaggiata?»
    Al Capitano non piacevano troppo i convenevoli, eppure ci aveva fatto il callo. Ricevere udienza presso un Ministro dell'Alleanza era sempre una rogna, per un comandante Jiralhanae. Per fare carriera era necessaria anche una buona dose di pazienza, e lui lo sapeva bene.
    «Troppo tenera.» brontolò, ancora contrariato per l'assenza totale della Malaspina -suo ingrediente preferito- nel mondo chiamato Endlos «Certe carni vanno mangiate crude.»
    L'umano annuì convinto, con accondiscendenza non troppo mascherata. Poi, improvvisamente, cambiò argomento.
    «Ho un lavoro per te.» esitò «Lontano dall'Arena.»
    «Di cosa si tratta?»
    «Una battuta di caccia...» sorrise, sotto al cappello «...caccia grossa. Sono sicuro che ti piacerà.»
    «Sembrerebbe una proposta interessante, umano. Dimmi di più.»
    «Con calma, Capitano. Parleremo dei dettagli più tardi,» si guardò attorno «lontano da occhi e orecchie indiscreti. C'è un'ultima cosa che dovresti sapere...»
    (deja-vù)
    «...non sarai solo.»


    Quelle parole lo tormentavano.
    Si sentiva nervoso come mai ricordava di essere stato. A braccia conserte, immerso nella semioscurità dell'ampia stanza in cui l'uomo misterioso gli aveva chiesto di aspettarlo, osservava dritto dinnanzi a sé. Immobile. Una statua alla fierezza dei Jiarlhanae, avvalorata dalla presenza di un'armatura rossa. Quella destinata ai Capitani.
    Alle sue spalle si intravedeva il Martello Gravitazionale, agganciato con un particolare magnete al dorso della corazza. Il manico spuntava oltre la spalla destra, pronto ad essere afferrato in caso di necessità.
    Da una porta fece capolino il padrone dell'Arena, palesemente più a proprio agio ora che si trovavano fra le mura di casa sua. Gli si fece incontro, seguito soltanto dagli occhi rossastri del Brute, che aveva evidentemente rinunciato a muovere qualsiasi altra parte del suo corpo finché non fosse stato messo di fronte alla sua squadra -così l'aveva definita l'altro.
    «Sono arrivati.» annunciò, porgendogli una coppia di sfere metalliche dall'aspetto simile a quello delle granate comunemente in uso durante la guerra «Un piccolo regalo, spero che lo apprezzerai quando verrà il momento.»
    Il Comandante allungò una mano pelosa e afferrò i due oggetti gemelli. Avevano un peso considerevole, nonostante le dimensioni ridotte. Si chiese a cosa servissero, ma prima che potesse esprimere quella curiosità l'uomo col cappello aveva già battuto le mani una, due volte.
    «Fateli entrare.» secco, deciso eppure divertito.
    Bracktanus agganciò gli strumenti misteriosi al gambale sinistro dell'armatura -sempre tramite un meccanismo magnetico- e si ricompose: incrociò le braccia sul petto e rimase in attesa.
    Curioso di vedere che genere di squadra gli avessero procurato.



    SPOILER (click to view)
    QM point
    Ok, ci siamo.
    Benvenuti alla prima sessione "in esterna" dell'Arena Nera, innanzitutto. Saltiamo il resto dei convenevoli per arrivare al dunque:
    che siate stati reclutati come mercenari o vi siate recati di vostra spontanea volontà all'Arena, ha poca importanza. Vi lascio la libertà di decidere come il vostro personaggio si sia interessato a questa competizione, sempre che sappia a cosa stia partecipando. Insomma, siete liberi di dare una motivazione consona alla psicologia dei vostri PG, per l'inizio di quest'avventura.
    Tutto ciò che dovete sapere è che, una volta giunti all'Arena, siete stati dirottati in una piccola sala -ciascuno di voi è solo in una stanza diversa- con poca luce e una sola porta davanti. Esattamente come se doveste scendere nell'ovale di combattimento, ma invece che quello vi si apre davanti un salone buio, illuminato da qualche cristallo chiaro che sembra emanare luce propria. Qui dentro troverete un uomo vestito con un lungo pastrano color sabbia, col volto coperto dalla tesa di un grande cappello; al suo fianco un bestione di quasi tre metri, simile a un gorilla incazzato e dotato di armatura.
    Fatti cinque passi al massimo verso di loro, sentirete l'irresistibile (ed inconscio) bisogno di fermarvi.
    Prego, a voi la parola e buon divertimento! 8D

    Turnazione Libera. Un post ciascuno.
    Limiti di tempo Una settimana.

    Per domande o dubbi vi rimando al topic in bacheca.
     
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  3. noi.
     
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    Strappato dal suo mondo per non esser un pericolo per se stesso e gli amici, così giustificarono la sua cacciata, ma sembrava un ricordo lontano, come un sogno che si tenta d’afferrare al risveglio. Più lo si richiama alla memoria, si cerca di recuperarlo e ripercorrerlo nel suo nebuloso svolgimento, tanto più velocemente ci sfugge sfibrandosi, perdendo di consistenza e peso.

    […]

    Quella bestia quasi simbiotica continuava a mordere la mia mente, incessante il suo appetito la spingeva a dilaniare la mia psiche, sfaldandola, se ne nutriva con morbosa golosità a grandi bocconi e con essa, apparentemente, la mia memoria. Era ormai tutto così irreale il mio passato che divenne un sogno fumoso, impalpabile, ed ora che ero sveglio lo stavo perdendo dimenticando il perché fossi giunto lì, in quella distesa di sabbia così simile al mare, nelle forme, eppure diametralmente opposto nella sostanza. Il deserto.
    Il pensare mi consumava ancora più del groviglio di bende che mi stringeva le membra, con quell’abbraccio vellutato, tanto amorevole da parer il gesto di un’amante. Agitava le sue propaggini in prossimità del mio volto, carezzandolo con certosina cura, massaggiandomi in sede alle tempie nel tentativo di arginare la portentosa emicrania che mi spaccava le cervella in un evidente riflesso inconscio del mio stesso pensiero. Comparve così, nel torbido turbinare di mille immagini senza forma, un faro invisibile che non proiettava luce o suono alcuni, attirandomi con forza crescente tanto più i miei passi m’approssimavano alla sua posizione.
    Era dannatamente vero, il motivo che stava dietro la mia presenza in quel mondo alieno, seppur non rimembravo più cose simili, la mia nuova coscienza era proprio come descritta dai miei vecchi alleati. La corruzione che scorreva nelle vene di Merovish mi richiamava, facendo vibrare la mia anima.

    […]

    Non capivo bene il motivo, ma sentivo che era il posto in cui il mio cuore aveva deciso di portarmi, o forse fu semplicemente frutto di un singolare desiderio del Feticcio, non avevo altresì interesse di curarmi della cosa poiché la curiosità, viva e pulsante in ogni fibra del mio essere svuotato di ogni esperienza passata, m’impediva di concentrarmi su altro che non fosse quello strano luogo.
    Accolto con un caloroso -quanto fasullo- benvenuto, fui cosciente di esser giunto all’Arena Nera solo nell’attimo in cui mi venne presentato il suo nome, preceduto nella frase dalle parole Ben ed Arrivato, attribuendo per semplice deduzione uno scopo a quella struttura. Mi ritrovai così a calcare il pavimento levigato d’un corridoio, introdotto infine in una piccola stanza in cui rimasi solo, io ed un uscio ancora sigillato che mi fissava silente. Le numerose domande che s’affacciarono dirottavano all’unisono in un limbo, trovando meno interesse del semplice quesito che bussava tenace alle porte della ragione.
    Cosa ci faccio in questo posto?
    Ero convinto che le due persone (?) che mi ritrovai di fronte, fatto un passo oltre il varco che si aprì, avessero una risposta che tuttavia non reclamai subito. Le iridi vermiglie le osservarono, prima il più imponente dei due figuri, poi lo smilzo, mentre i nastri che mi avvolgevano si mossero sinuosi, come rettili, per coprirmi gran parte del volto quasi un’infantile timidezza avesse fatto richiesta di nascondermi alla vista altrui. Le mie mani, quelle di carne ed ossa, all'unisono si strinsero in un abbraccio che cingeva le spalle scarne, ancor più ingobbite del solito. Il grigiore della pelle sotto quella debole luce appariva più malsano ed inquietante del solito, ma non mi curai di nascondere la bruttura del mio aspetto con l'impegno necessario, lasciando bella mostra delle curve spigolose delle ossa sotto la cute tirata. Rimasi immobile, scrutando con vivo coinvolgimento gli stravaganti compagni in attesa senza ottenere alcuna idea di quale fosse la ragione di tale incontro.

    « Chi siete? »

    Fu la domanda che mi usci in un fil di voce, mentre le labbra, fini e dal colorito smunto, s’increspavano in un sorriso nervoso.




    Ne approfitto per augurare una buona giocata a tutti ^^.
    SPOILER (click to view)
    Riepilogo# Feticcio della Follia
    [...] Si presenta ora come una serie di bende simili per consistenza alla seta, seppur molto più resistente, che s'avvolgono più e più volte al corpo del ragazzo. Data la natura magica, la stoffa pur potendo essere strappata e bruciata, continuerà a dilungarsi in maniera interminabile fintanto che rimarrà a contatto con M, o che questi non muoia, cingendo con le sue spire il corpo del suo ospite. {Passivo.}
    I Vettori di M: un Diclonius è un essere dotato di straordinarie capacità ESP, concretizzate fisicamente in propaggini composte di pura energia psichica, capaci d'interagire con la materia al pari di arti reali. M ha però perso tale dono nel momento in cui si è unito al Feticcio, a causa dello smodato appetito con cui il tessuto si nutre delle sue energie psichiche. Questi però, metabolizzando il potere assimilato, è andato a sostituire tali estensioni mentali con quattro strisce di stoffa che rispondono ai comandi del ragazzo, originate dall'amalgama di bende che avvolgono il busto o le braccia, decorate nella parte terminale a guisa di mani.
    I quattro prolungamenti quindi ripropongono le peculiarità dei Vettori, con un'estensione massima di due metri l'uno, agiscono al pari di veri arti potendo quindi manipolare oggetti come fossero le mani di M. {Passivo.}

    # Obnubilazione
    Permanere in presenza di un Diclonius non è mai un'esperienza troppo felice, i loro poteri sono sì ridotti a circoscritti e ben delineati raggi d'azione, ma all'interno di essi producono effetti debilitanti per qualsiasi essere incapace di proteggersi in maniera efficace. Nel caso di M, in un'area che l'attornia per una decina di metri di raggio, l'attività celebrale sovra sviluppata induce le terminazioni nervose altrui ad elaborare con minor rapidità ed efficacia gli stimoli esterni, di fatto risultando un aggressione di potenza media ai danni dei riflessi. In sostanza, le capacità di reazione calano drasticamente, ma non per quanto riguarda la semplice velocità di movimento: un centometrista correrebbe alla stessa identica andatura passandogli accanto, ma se l'influenza avvenisse sulla linea di partenza verrebbe a modificarsi il tempo di risposta allo sparo dello start. {Passivo.}

    # Inviolabile
    I poteri di M producono un coacervo di flussi composti d'energia psionica allo stato puro, tanto densa da costringere il corpo stesso a rigettarla all'esterno formando un velo che l'avvolge invisibile e d'ingombro nullo.
    Questo costrutto genera così una naturale resilienza psichica verso tutte le aggressioni di carattere mentale, rendendo di fatto nulla la pericolosità di tecniche di livello medio, ridimensionando invece la potenzialità di quelle superiori. {Passivo.}


     
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    Epureremo il mondo dai demoni, dai Tau'ri e poi dagli scarafaggi.

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    Dalla tomba di stasi di fianco a casa tua <_<

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    Un giovane mago correva a perdifiato nella vegetazione sempre più fitta e intricata. La sua veste un tempo ricamata e ornata da decorazioni auree e turchesi a forma spiraleggiante, ora era lacera in molti punti ove i rami crudeli avevano toccato i vestiti. Da alcune lacerazioni fuoriuscivano rivoli di sangue, ma l'umano non se ne curava, la paura era troppo grande e dal suo ansimare pareva correre da molto. In lontananza si udiva un ritmico rumore di legno tranciato di netto; udendo ciò il fuggitivo dava nuovo impulso alle sue povere gambe che ormai erano sul punto di cedere.

    Fu questione di momenti l'attenzione posta al misterioso inseguitore e non al percorso fece si che egli inciampasse nella prima radice sporgente. Cadde in modo goffo e violento. Cercò disperatamente di rialzarsi ma la gamba impigliata era con probabilità rotta o slogata visto il dolore che gli procurava. Il suono inquietante, ora accompagnato dal rieccheggiare di passi, aumentava di intensità insieme alla disperazione del mago che ormai al limite della spossatezza stava per mettersi a piangere. Delle fronde vennero tranciate con un colpo secco e si udì una voce provenire dall'oscurità.


    -Non puoi sfuggire al tuo destino.-

    Il mago arrancava tentando di allontanarsi dal suo aguzzino, piantando le dita nel terreno e facendo forza con le braccia, guadagnando qualche elusivo centimetro. Un urlo di dolore squarciò il silenzio della foresta quando una spada venuta dall'alto si piantò nel braccio destro del mago che lo stava usando per muoversi. La lama passò da parte a parte l'arto andandosi a conficcare nel terreno sottostante.

    La figura in penombra si mosse mostrandosi. Avanzava con passo leggero ma deciso e ineluttabile come la morte stessa.
    Ta'Khailosh, così veniva chiamato dai mortali osservava la sua preda piangere mentre essa cadeva nello sconforto più nero sapendo la propria fine vicina. Sorrise.


    -Tu sai cosa ti era stato chiesto vero? Sapevi a cosa andavi incontro stringendo patti con poteri ancestrali? Io sono venuto a prendere il tributo che ti era stato posto alla stretta di tale patto.-

    Esordì con voce inamovibile. Le sue vesti nere e bianche erano coperte da piccoli dettagli runici mentre i suoi capelli nero corvino venivano scossi da una leggera brezza fredda. Il mago tremante dal dolore e dalla paura balbettava richieste di clemenza e pietà.

    Il demone si portò la destra aperta sulla fronte come irritato dalle grida dell'umano. Sospirò ed alzò la mancina a palmo aperto verso il cielo. Contemporaneamente una seconda spada apparve dalla selva oscura dietro l'Araldo e si portò sopra al condannato con la lama lucente rivolta verso il cielo.

    Ta'Khailosh girò il palmo della mano alzata e con esso la lama. Sorrise mestamente mentre abbassava di scatto il braccio sinistro. Un ultimo acuto grido di terrore squarciò l'aria della foresta, poi fu silenzio.

    Il demone si genuflesse ed abbassò la testa iniziando a pregare disturbato solo dai rumori di fondo del luogo.


    -Oh Grande Stregone ho fatto ciò che avevi ordinato, un altro debitore ha saldato il suo onere nei Vostri confronti. Spero che la mia caccia Vi abbia dilettato. Quali altri compiti avete per la Vostra misera pedina mio Signore?-

    Il demone non ottenne alcuna risposta materiale, ma un gesto lieve di assenso con la testa faceva capire che una qualche comunicazione fra Dio e servo vi era stata. Egli richiamò le sue spade sporche di sangue a se, le pulì nelle vesti del cadavere e le rinfoderò. E prese il suo cammino verso la nuova meta.

    Era a Merovish, così la chiamavano i mortali. Una specie di arena dall'inutilità incompleta. Non sapeva come mai il Sire del Mutamento l'aveva inviato lì, ma i suoi piani sono imperscrutabili ed inalienabili ergo egli gli avrebbe eseguiti senza esitazione alcuna. Pareva essere atteso dato il benvenuto che gli venne posto. L'Araldo si fece scortare senza fare domande.

    Lo lasciarono in una stanza oscura e malamente oscurata.
    Incrociò le gambe e si mise a meditare. Era una vecchia rimanenza della sua vita da elfo veggente, ma faceva sempre comodo per far passare il tempo e sopratutto per ricaricare le energie. Non sapeva bene quanto rimase in stato meditativo forse dieci minuti o forse qualche ora, non lo sapeva. Quando aprì gli occhi vide che si erano spalancate delle porte che davano ad un luogo ancora più oscuro di quello dove era lui. C'era qualche torcia che dava un'illuminazione scarsa. Al centro della sala v'erano due soggetti: uno apparentemente umano mentre l'altro appariva come un colossale primate in armatura. Si alzò con calma, dando qualche colpo alla veste runica per eliminare le pieghe formatesi stando seduto.

    Senza timore l'Araldo si addentrò nel salone, fermandosi pochi metri più in la bloccato da una forza a lui sconosciuta che gli imponeva di fermarsi. Non sentendosi di contrastare tale istinto si arrestò. Fece un inchino reverente ai due davanti a lui, squadrandoli coi suoi freddi occhi neri, ed attese nel completo silenzio che gli fossero date risposte sul motivo della sua presenza; ignorando gli altri che stavano entrando contemporaneamente a lui.





     
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    Death is only the beginning.

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    Le sabbie del tempo.

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    Amava quel posto, Endlos era assai meglio della tua terra natia, certo gli mancavano il potere di vita e morte sui propri sudditi come gli mancava la biblioteca dei Sommi Sacerdoti, letta solo per nove decimi nel corso dei millenni, ma Endlos aveva qualcosa di speciale, un piccolo frammento di spazio coerente nel bel mezzo del Crocevia dei Sogni e delle Anime -chiamato Maelstrom dai nativi- in cui finiva, chi per un motivo e chi per l'altro, gente e popolazione da ogni singolo luogo di ogni universo del multiverso, prima o poi.
    Amava Endlos per la sua miniera di persone di ogni provenienza, recanti conoscenze di ogni tipo, poteva farsele raccontare o costringerli a dirle ma di una cosa era sicuro, prima o poi tutte quelle conoscenze sarebbero diventate sue, una per una.

    Si trovava a Merovish in una bettola da due soldi, riposando dalla lunga camminata per giungere fino a quell orrendo buco pieno di ladri, mercenari e tagliagole a pagamento, sarebbe ripartito l'indomani per la ricerca di un arcano libro di incantesimi proveniente da un mondo chiamato Estesia, strapieno di incantesimi dal potere incalcolabile, erano giorni che lo stava cercando, voci di corridoio affermavano fosse a Yuzrab, nel bel mezzo del deserto e per arrivare fino là doveva per forza passare da Merovish, una noia incredibile, odiava sostare nelle bettole.

    All'improvviso però qualcosa attirò la sua attenzione, un gruppo di ubriaconi stava blaterando qualcosa riguardo una spedizione organizzata del Grande Capoccia dell'Arena -o così lo chiamavano schernendolo- per non si capiva bene cosa.

    Ti dico che stanno organizzando una spedizione per uccidere un mostro gigantesco!!!
    Franz ma sei scemo?! É ovvio che non sia un mostro, hai mai visto un cazzo di mostro qui in giro?! Te lo dico io è una strega malvagia, dicono che incanti i cuori degli uomini e poi ne divori le viscere la notte e poi usi le anime per fare biscotti stregati!
    Ma che dite? É un culto super segreto di trafficanti di anime, non capite una fava voi due, fareste meglio a farvi massacrare nell'arena!

    Il solito alterco tra ubriachi, che ovviamente dopo l'ultima battuta degenerò in una rissa, il Sommo Sacerdote si defilò piano dalla bettola che si stava, neanche tanto lentamente, trasformando in un ring da combattimento e venendo rapidamente demolita a un ammasso informe di assi scheggiate e bottiglie rotte.

    Tutta via l'alterco l'aveva assai interessato, una spedizione da parte dell'Arena di Merovish, l'unica cosa su cui i tre concordavano, doveva avere alla propria base una certa quantità di verità, non restava che andare a controllare di persona.
    Il mistico libro di Estesia avrebbe aspettato, infondo cosa voleva dire essere Immortali se non fare sempre quello che andava di fare senza il timore di non avere tempo per fare il resto?

    Arrivò fino all'entrata dell'Arena, senza che dicesse o facesse nulla le guardie lo scortarono fino a una stanza non molto grande e non molto illuminata con un unica porta, quel luogo non gli piaceva per nulla, lo lasciarono lì ad attendere e come ogni volta che non aveva nulla da fare si mise a pensare a un interrogativo che da sempre gli lambiccava nel cervello...

    Umm ricominciamo daccapo, io sono vivo o un nonmorto? Tecnicamente è solo la magia a tenermi in questo mondo -quindi sarei un nonmorto- ma è anche vero che, sempre tecnicamente, io non sono mai stato veramente morto in quanto la magia mi sostiene da prima che morissi e mi ha permesso di continuare a vivere seppur senza fermare il processo di invecchiamento...a questo punto dovrei definire cosa è un non-morto e attenermi alla defizione per definire me stesso...però cosa usare come definizione? Un non morto è un essere morto che torna in "vita" o un essere che si sostiene unicamente con la magia? nel secondo caso anche le evocazioni sarebb...

    L'apertura dell'unica porticina interruppe il filo dei suoi pensieri, pocomale aveva tutta l'eternità per trovare una soluzione soddisfacente al suo grande dilemma.
    Si mosse lentamente, come si conviene alle persone della sua età, anche se aveva la possibilità teorica di muoversi rapidamente come un giovincello, grazie alla magia che sosteneva le sua membra rinsecchite, la cosa lo stancava e seccava moltissimo, preferiva muoversi a velocità normale, ovvero abbastanza piano per i canoni della gente comune, daltronde lui non aveva nessuna fretta.

    La stanza che gli si presentò davanti era un grande salone scarsamente illuminato -questa gente odiava proprio la luce- con alcuni cristalli chiari che parevano emanare luce propria, non si vedeva il sole neanche a pagarlo, un vero peccato, gli piaceva sentire sulla vecchia pelle rinsecchita il calore della potenza dei raggi solari.
    Nella stanza erano presenti due personaggi, un umano dal pastrano color sabbia e il viso coperto dal cappello e un enorme gorilla in armatura dall'aria non troppo amichevole, assieme a lui notò che stavano entrando anche altre due persone, che fossero tutti lì per la stessa ragione o per motivi differenti non aveva molta importanza, erano lì ed era molto curioso di sapere come sarebbe andata a finire.
     
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  6. Bracktanus
     
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    Arena Nera, Merovish, Endlos
    33a Età della Rivendicazione
    Venne colto da una sensazione insolita.
    Si sentì sollevato, nel vedere che fra loro non si trovavano veri e propri umani, né Shangheili. Ma al tempo stesso fu deluso dalla somiglianza con gli infedeli estremamente sottile che quelle tre creature ostentavano. Una aveva le sembianze di un uomo rinsecchito, magro ed era avvolta in bizzarri bendaggi. Titubava ad ogni passo, segno che non sarebbe stato uno strumento utile in battaglia, per i canoni rigidi e crudeli dei Jiralhanae. Quello di mezzo sembrava già morto, eppure si muoveva nel mondo dei vivi; per quel poco che Bracktanus sapeva del mondo nuovo in cui si trovava, anche l'ipotesi più assurda sulle origini del mostro che osservava avrebbe potuto dirsi veritiera. L'ultimo su cui posò lo sguardo era quello che, ai suoi occhi ferini, rassomigliava più ad un essere umano. Era soltanto più alto di quelli coi quali il Capitano aveva avuto a che fare.
    « Chi siete? »
    Chiese il primo, l'omuncolo bendato, con una voce incerta. Quasi tremava, dinnanzi a loro.
    Il ciarlatano al suo fianco mise una mano sulla spalla del Brute, mentre svaniva lentamente in una nube di polvere sottile.
    "Vi lascio soli, così che possiate fare amicizia." c'era una vena di ironia palpabile, in quelle parole che lui -ormai sapeva- soltanto poté udire "Trattali bene, mi raccomando. Sono materiale prezioso."
    In risposta arricciò il naso e mostrò i denti, allontanando quelle parole con un cenno del muso animale ed un grugnito sommesso.
    Attese dunque che l'uomo fosse evaporato del tutto, per prendere la parola. Era consapevole che la presenza dell'altro non era che resa invisibile, nascosta; eppure agli occhi dei tre soldati che avrebbe dovuto arringare sarebbe stato lui l'unico e il solo a fronteggiarli. Un bene, per le sue abitudini: preferiva di gran lunga essere al centro dell'attenzione dei suoi sottoposti, quando doveva rivolgersi loro.
    «Il mio nome è Bracktanus.» esordì, con fermezza esemplare e permettendo a ciascuna parola di arrivare ben chiara alle orecchie dei tre umanoidi «Sarò il vostro guardiano» comandante «per tutto il corso di questa missione.»
    Non si mosse nemmeno di un millimetro. Imponente e inamovibile, la sua figura si ergeva alta al centro della stanza. Tra le pareti, rimbombava ancora quella voce cupa, profonda e roca. Da predatore.
    «Vi valuterò» secco, senza fronzoli «come se foste impegnati in un combattimento qui, nell'Arena. Ma non sarà questo il luogo in cui metterete alla prova le vostre abilità.»
    Esitò un istante, come per saggiare le reazioni di quel manipolo di soldati di ventura.
    «Nel territorio circostante questo stadio sono state rilevate attività sospette.» non rivelò loro più dello stretto necessario «Noi quattro andremo a investigare, e cacceremo questi invasori.»
    Il tono non lasciava adito a dubbi, esitazioni. Pronunciò quella frase come se la sconfitta -ed il fallimento della missione- non fossero affatto soluzioni contemplate. Avrebbero vinto, qualsiasi cosa fosse successa. Perché, ovviamente, era lui a guidarli.
    E non si sarebbe concesso una seconda volta di fallire.
    «Prima di partire però, voglio sapere i vostri nomi. E se avete delle domande...» si lasciò scappare un mezzo sorriso, digrignando mostruosamente i denti giallastri «...questo è il momento di farle.»



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    Non penso ci sia troppo da aggiungere, se non che da questo momento in poi proverete -inconsciamente, quindi i vostri PG non se ne renderanno conto- un forte senso di fiducia nei confronti di Bracktanus, che vi porterà ad accettarlo come capo della spedizione. Questa non è da considerarsi un'influenza psicologica, ma una vera e propria infusione di carisma che non potrete evitare con nessun espediente.
    Vi chiederei soltanto di organizzarvi fra voi per l'ordine di post, che io lascio libero nella speranza di non vedere post sovrapposti e contraddittori l'uno con l'altro.

    Turnazione Libera. Un post ciascuno.
    Limiti di tempo Una settimana.

    Per domande o dubbi vi rimando al topic in bacheca.
     
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    Chi siete?

    Fu l'essere alla destra del Sommo Sacerdote a prendere la parola per primo, ora che lo guardava con attenzione poteva facilmente notare che non era un umano qualsiasi, probabilmente poiché nessun umano qualsiasi sarebbe andato in giro vestito solo di bende e con un corpo magro e smunto da parer sul punto di crollare a terra al primo alito di vento, ovviamente anche il suo corpo era così ma lui era sostenuto da una fonte di energia dal potere incomparabile, l'esserino al suo fianco sembrava invece aggrapparsi alla vita con le sue sole forze.
    Non sapeva con certezza se sarebbe stato utile ma pensava che se era arrivato fino lì voleva dire che più debole di tanto non poteva essere, sicuramente la sua potenza non era nella forza bruta, che invece pareva essere la punta di diamante dell'enorme scimmione che aveva davanti.

    Vi lascio soli, così che possiate fare amicizia.

    Fu l'uomo con il pastrano color sabbia a parlare, disse tali parole mente svaniva in una piccola nube di polvere sottile, probabilmente si era teletrasportato via o comunque si era trasformato in polvere per andare a fare qualcos'altro da qualche altra parte, incantesimi come quello erano comuni a Nehekhara quindi il Lich non si scompose più di tanto, anzi gli faceva piacere che ne se fosse andato, non gli era mai piaciuto chi si copriva il viso, gli faceva pensare a persone che hanno qualcosa da nascondere.
    L'enorme gorilla in armatura allora parlò, e lo fece con voce roca, cupa e profonda come se avesse una caverna al posto del petto, a Khatep ricordò vagamente il verso di un predatore del deserto e la cosa non gli piacque affatto.

    Il mio nome è Bracktanus. Sarò il vostro guardiano per tutto il corso di questa missione. Vi valuterò come se foste impegnati in un combattimento qui, nell'Arena. Ma non sarà questo il luogo in cui metterete alla prova le vostre abilità. Nel territorio circostante questo stadio sono state rilevate attività sospette. Noi quattro andremo a investigare, e cacceremo questi invasori. Prima di partire però, voglio sapere i vostri nomi. E se avete delle domande...questo è il momento di farle.

    Un esaminatore quindi, quella bestia imponente non solo era capace di parlare e pensare ma era anche abbastanza forte e intelligente da poter essere messo a capo di una spedizione, perché sarebbe stato essenzialmente questo, sebbene non l'avesse detto esplicitamente era chiaro che l'alternativa era molto semplice: ubbidire o andarsene e per ora intendeva ubbidire, se non altro per sapere come sarebbe continuata quella strana storia che aveva avuto inizio grazie a tre stupidi ubriachi in una bettola da due soldi.
    In ogni caso Bracktanus aveva fatto una domanda e gli sembrava scortese non rispondere, anche solo per il fatto che se non gli fosse andato a genio probabilmente l'avrebbe spedito via a pedate...inoltre sembrava in grado di frantumargli il cranio e tutte le ossa a mani nude, non che avesse paura della morte, dato che non poteva morire, ma il dolore gli dava sempre un notevole fastidio.

    Mastro Bracktanus, il mio nome è Khatep, Sommo Sacerdote Lich della città di Khemri, più imponente città del maestoso regno di Nehekhara

    Sì, come presentazione poteva andare, era stato breve e conciso e aveva risparmiato tutti i titoli onorifici, una sequela di parole che annoiava perfino lui, figurarsi gli altri.

    E avrei una domanda in effetti, cosa intende per "attività sospette"? Potrebbe essere qualsiasi cosa e mi piacerebbe sapere cosa dovremo affrontare, inoltre mi piacerebbe conoscere le abilità particolari dei membri della nostra spedizione, per poter meglio elaborare eventuali tattiche di battaglia. Io ad esempio conosco l'Arte dell'Evocazione di costrutti che combattono al mio ordine e posso manipolare la luce perché mi protegga e distrugga i miei avversari.

    Doveva assolutamente chiedere cosa sapevano fare gli altri, quei figuri erano troppo interessanti per non essere studiati meglio, lo stesso "guardiano" era particolare, quell'avventura gli sarebbe proprio piaciuta, ne era più che certo...se non altro avrebbe appreso qualcosa di nuovo.
     
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  8. noi.
     
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    Cosa ci faccio in questo posto?
    Avevo l'impressione che la spiegazione non fosse sufficiente, nonostante ero ancora certo che la risposta quei tizi la conoscevano. Rimasi però in silenzio, avendo trovato appagamento nella mia prima richiesta poteva risultare irrispettoso monopolizzare la scena soltanto con le mie parole, ristetti immobile nella posizione assunta, nessun cambiamento visibile sul corpo, tranne per i bendaggi che quieti andarono a posarsi con lentezza misurata sulle spalle. Gli occhi scarlatti continuavano incessanti a muoversi, da una figura all'altra, come in cerca d'un qualcosa che non erano capaci di cogliere.
    Quelle persone attiravano la mia attenzione più di quanto io stesso potessi dire, inconsciamente partecipe di un magnetismo assoluto verso il nero delle loro anime.
    Il mio stesso abbraccio si serrò ancora quando il bestione in armatura parlò, quella voce possente riecheggiò nella sala con vigore, facendomi vibrare le ossa, ma non vi fu terrore nonostante le mie movenze potessero suggerirlo. Troppe domande, troppo vuoto nella piccola testolina che cercava di sprofondare tra le spalle curve, ingobbite, l'unica certezza per il momento era che quella cosa rispondeva al nome di Bracktanus e sarebbe stato il capo della strampalata comitiva, su questo non avevo nulla da ridire.
    La fortuna volle che la mia prospettiva, rispetto a tutti i presenti, consentisse di osservarli puntando il viso in sole due direzioni, altrimenti a questo punto avrei rischiato di perdere la testa, svitandomela letteralmente dal collo. Quasi isteriche, le nere pupille saettavano a destra e sinistra, incapaci di fermarsi per un solo istante a guardare in faccia i propri compagni di viaggio, nemmeno quando uno di questi si destò dall'iniziale mutismo per fare le proprie presentazioni. A questo punto mi sarei chiesto per quanto tempo il Feticcio mi avrebbe concesso di ricordare quei due nomi, se non mi fossi accorto che io, stranamente, non sembravo possederne uno. Due sagome nere nella nebbia parvero volermi dire qualcosa d'inesplicabile. Mi stavano chiamando? Ma cosa dicevano? Le labbra, non riuscivo a leggere le labbra... M... e poi?!
    Svanì tutto nel giro di pochi istanti, mentre il Groviglio masticava l'ennesimo, succulento, boccone.
    Il Vecchio espresse forse uno o due altri concetti che non colsi ed appena il silenzio riprese possesso del luogo ebbi l'irrefrenabile bisogno di battezzarmi, forse per la seconda volta nella mia vita.

    « M, mi chiamo M »

    Il sorriso tirato divenne quasi giocondo, accompagnato da un impercettibile ritiro delle braccia, ora più rilassate, come se per un attimo il bisogno di nascondermi o proteggermi fosse venuto meno.
    Era quindi quello il mio nome, M.



    Scusate la poca partecipazione sociale di M, ma sto sfruttando la giocata anche come mio ingresso. Quindi ha ancora qualche problemino con la sua nuova condizione, povero figliuolo xD
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    Riepilogo# Feticcio della Follia 4 braccia aggiuntive fatte di stoffa. {Passivo.}
    # Obnubilazione Riduzione dei riflessi altrui, causa aggressione psionica, di entità media. {Passivo.}
    # Inviolabile Resistenza di livello medio alle aggressioni psioniche. {Passivo.}
     
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    Epureremo il mondo dai demoni, dai Tau'ri e poi dagli scarafaggi.

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    Lanciava occhiate penetranti e funeste a tutti i presenti meno il primate davanti a lui. Doveva cogliere ogni piccolo dettaglio maniacale anche nella penombra di quell'orrida sala.
    Notò subito che oltre ai due tizi centrali vi erano altri tipi dall'aspetto ancora più bislacco. Uno rassomigliava ad una mezza mummia, ma il corpo nonostante fosse scarno e di sgradevolissimo aspetto emaciato, pareva ancora "vivo".
    Voltò rapidamente il capo per osservare l'altro suo nuovo compagno: era una specie di saltimbanco imbalsamato e imbacuccato con assurde decorazioni raffiguranti scarabei e altre paccotiglie che solo un materialista mortale poteva volere. La cosa più strana era che quello al contrario del precedente era davvero morto, visto che la pelle raggrinzita non mostrava al di sotto nulla di realmente vivo e soprattutto puzzava di marcio.

    Contrasse involontariamente i muscoli facciali in una smorfia di irritazione; bel gruppo: uno mezzo nella fossa ed un vecchio bacucco che dalla fossa c'era risalito. Non era davvero un bell'inizio, anzi.

    All'Araldo venne quasi d'istinto domandarsi se il suo sire oggi era in vena di scherzi o burlonate varie; ma non ci provò nemmeno, essere centrati da un fulmine multicolore in mezzo ad una sala era molto improbabile; ma per il Signore del Destino era più che possibile, e il Signore del Mutamento è MOLTO irascibile.


    Quando la voce del primate tuonò nella sala la sua emicrania aumentò vertiginosamente. Sentiva le parole dell'essere rimbombarli come una palla chiodata nella testa. Con un gesto delicato portò le dita della mancina sulla tempia sinistra e iniziò a massaggiare in modo lento e regolare , chiudendo gli occhi per un breve momento e tentando di lenire il dolore isolandosi per un momento.

    Lo scimmione si era presentato come Bracktanus o una cosa del genere. Per galateo e poi per l'espressa richiesta di Bracktanus. Gli altri parlarono prima di lui, e tutti ovviamente lo attaccarono subdolamente attraverso il suo odioso mal di testa. Iniziava ad odiargli..ma a pensarci bene li odiava tutti (tranne lo scimmione) fin dall'inizio.

    Dopo che gli altri ebbero finito di sbiascicare inutili parole dalle loro inconsunte bocche Ta'Khailosh si presentò formalmente.



    -Mio Signore io sono Ta'Khailosh Lerala'Yldo Sator, Araldo del Grande Sire del Mutamento Tzeentch. Sono stato inviato su questa terra dal mio Signore e Padrone, e per motivi solo a lui noti sono qui per servirvi.-


    Cercò di parlare con un tono di voce il più basso possibile per evitarsi ulteriori emicranie.

    Si complimentò da solo mentalmente per la sua presentazione, a lui piaceva presentarsi in modo pomposo, infondo era pur sempre un Araldo di un potente Dio Ancestrale.


    -Mio Signore io non ho domande, il mio scopo ultimo è ubbidire ai comandi che mi vengono impartiti dal mio Dio; e in questa, come l'avete presentata, missione da voi medesimo. Ogni cosa che chiederete sarà fatta.-

    Disse in modo pacato e mellifluo. Stette poi in silenzio, in attesa dei famosi ordini che tanto bramava.
     
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  10. Bracktanus
     
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    Arena Nera, Merovish, Endlos
    33a Età della Rivendicazione
    Oltre a registrare meccanicamente i nomi dei tre umanoidi -Khatep, "M", Ta'Khailosh- dovette ingoiare l'amaro boccone della blasfemia. Altrui, ovviamente.
    Ben due di quei sottoposti cui si sarebbe trovato ad abbaiare ordini nelle profondità della terra, si dichiararono -oltre che perfettamente idioti- adepti di religioni a dir poco scandalose. Il primo, Khatep, non professò nome di deità pagana alcuna, ma si autodefinì sommo sacerdote; tanto bastò per irritare il suscettibile Bracktanus, la cui fede non vacillava dinnanzi a niente e nessuno. Nemmeno quel mondo l'aveva reso cieco al volere degli déi. In altre situazioni avrebbe estirpato quegli infedeli con la forza, strappandogli via il desiderio di professarsi eretici con tanta limpida sincerità. Ma dovette sopportare anche le insolenze di Ta'Khailosh...per poco, almeno.
    -Mio Signore io non ho domande, il mio scopo ultimo è ubbidire ai comandi che mi vengono impartiti dal mio Dio; e in questa, come l'avete presentata, missione da voi medesimo. Ogni cosa che chiederete sarà fatta.-
    Non gli lasciò nemmeno il tempo di finire la frase. Fu un fulmine, rosso e ferino nell'oscurità; il Jiralhanae afferrò per il bavero quell'omuncolo, portando il suo misero volto dinnanzi ai denti. Gli fece esalare respiri di minaccioso alito pesante, quello tipico di una bestia pronta ad azzannare ancora e ancora le sue prede, sbranandole crude.
    «Non una parola di più.» ringhiò «Non tollererò eresie, nella mia squadra. Che sia ben chiaro» rivolse uno sguardo al Lich «per tutti.»
    Con uno strattone lasciò andare il colletto dell'Araldo, facendolo cadere col culo per terra. Li guardò uno ad uno, valutando seriamente la possibilità di massacrarli e chiedere al padrone dell'Arena di procurargli altra carne fresca, magari più adatta alle circostanze. Sono preziosi, gli ricordò una voce familiare nella testa, trattali bene.
    Sbuffando come un toro infuriato, parlò dunque a tutto il gruppo.
    «La prossima bestemmia sarà punita con la morte, intesi?»
    Poi prese un profondo respiro e, prima di snocciolare le dovute informazioni alla squadra, sollevò una mano possente ad indicare Khatep.
    «Specialmente tu, umano» tale era per lui la razza dell'altro «dovrai tenere a freno la lingua. Quali che siano le tue capacità, non è saggio renderle note a degli sconosciuti. Mai.»
    Rimarcò bene quell'ultimo vocabolo, terminando la frase con una secca interruzione che ricondusse la sala al silenzio. Sentiva, già dal principio, quel manipolo di inetti gli avrebbe dato grattacapi notevoli. Li avrebbe dovuti trattare come i cuccioli che, a discapito delle apparenze, erano.
    «Una setta di» cercò il termine adatto, per esprimere il concetto nella lingua comune, ma non ne trovò uno migliore di «...eretici sta svolgendo funzioni religiose a breve distanza da quest'Arena. Ci recheremo nell'ultimo luogo che essi hanno profanato con la loro blasfemia.
    E li troveremo, uno dopo l'altro.»

    Cosa sarebbe successo poi, era inutile specificarlo.

    XVI Portale, Merovish, Endlos
    33a Età della Rivendicazione
    Un odore forte lo guidava.
    Bracktanus, in testa al gruppo, avanzava lasciandosi indicare la strada dal proprio olfatto sopraffino. Da cacciatore vero, nato e cresciuto tra predatori suoi pari, riuscì ad orientarsi senza errori nel dedalo di cunicoli che componevano Merovish. Appena tre cicli dopo la partenza dall'Arena Nera, lui e il suo gruppo mal assortito procedevano lungo una strada buia, viscida e umida. La roccia sotto ai loro piedi era levigata, come fosse stata calpestata per secoli; l'unica luce era quella dei Cristalli che -disseminati un po' casualmente lungo il percorso- indicavano la via a coloro che si affidavano agli occhi per trovarla. Un Jiralhanae sapeva farne a meno.
    «Sento il loro odore.»
    Annunciò senza voltarsi. Lo seguivano, nell'ordine: il Lich, l'omuncolo il cui nome era composto da una singola lettera e -in retroguardia- l'Araldo. Ed era vero, in effetti. Sentiva chiaramente il profumo amarognolo di un qualche olio da bagno; era sempre meno remoto, man mano che procedevano nella direzione indicatagli dall'uomo dell'Arena. Quella implicita conferma delle buone intenzioni del cerimoniere misterioso gli diede ulteriore forza. Se aveva mantenuto la parola data, allora forse lo avrebbe fatto di nuovo...per fornirgli le informazioni che cercava.
    Il suo incedere accelerò impercettibilmente. D'un tratto, il lezzo tipico dei luoghi da lungo tempo chiusi gli invase le narici. Arrestò il passo e sollevò la mano destra, aperta. Un chiaro segno di stop, là dove per fortuna i cristalli illuminavano la via, rendendolo ben visibile ai compagni.
    Un respiro di più, gli confermò i sospetti: entrambi gli odori provenivano dalla stessa direzione -e non solo. Erano proprio dietro l'angolo.
    Non potendo estrarre il possente martello in quel luogo angusto, né avendo con sé una qualsiasi arma da fuoco, il Capitano Brute avanzò spavaldo oltre la curva che il loro tunnel imboccava sulla destra. Ma si trovò dinnanzi a un piccolo atrio cavernoso vuoto, in cui lasciò che i suoi 'uomini' si inoltrassero dopo di lui.
    Di forma semicircolare, era timidamente schiarito da una manciata di cristalli; al centro si ergevano due pali recanti torce gemelle spente. Poco oltre, due metri circa, la parete di roccia. In mezzo a quella, l'origine del fetore mortifero: una porta di legno dai battenti in ferro, solidamente ancorata alla pietra e sprangata. Spesse catene un poco arrugginite si intrecciavano per bloccarne l'apertura e sui portoni un simbolo: XVI
    «Fermiamoci. Ta'Khailosh: con me; Khatep: tieni d'occhio il tunnel da cui siamo arrivati; M: ispeziona la sala.» abbaiò, con il tono di chi è abituato a dare ordini. Poi si avvicinò alla porta, per analizzare le catene.
    C'era qualcosa di strano, in quel luogo. Se lo sentiva.



    SPOILER (click to view)
    QM point
    Vi consiglio di leggere attentamente i post, e soprattutto quelli del QM, prima di postare a vostra volta.
    -Settra, ad esempio, hai commesso un errore nel considerare 'udibile' il discorso fatto dal Cerimoniere dell'Arena a Bracktanus. Era, come specificato nel testo, un semplice messaggio telepatico. Riguardo il gioco in sé, comunque, ti consiglio vivamente di non essere troppo ansioso di spiattellare i poteri del tuo PG ai quattro venti. Per quel che ne sa Khatep -e per quel che ne sai tu- non è mica detto che finiate l'uno contro l'altro; in questa o in una prossima giocata. Mi sembra quanto meno improbabile che un vetusto ed esperto Lich sopravvissuto a chissà quali secoli di guerre si lasci scappare un'ingenuità del genere.
    -Heru-hur, invece, devi sopportare le angherie di Bracktanus. E' un fervente religioso, non tollera le eresie -sotto qualsiasi forma esse vengano espresse- e credo che portare la discussione sul piano prettamente della fede sia poco conveniente per entrambi. Soprattutto per te, dato che io ho le redini del gioco -in questo caso. XD Ovviamente non ti chiedo di snaturare il pg, ma solo di placarne (come ho fatto io, parzialmente) gli impeti da credente. Questo vale tanto per te quanto per Settra e noi.
    Ah, dimenticavo: sarebbe troppo chiederti di ridurre un pochino la firma? Mi sfasa tutta la pagina, indipendentemente dal browser. =ç=

    EDIT: Dimenticavo2 - la vendetta. Bracktanus ha una passiva di "fiuto potenziato", ragion per cui gli odori che lui sente ben chiari per voi sono nient'altro che lontani e indistinti. Se avete abilità o passive che fanno al caso della situazione, ovviamente, non esitate a sfruttarne le potenzialità.

    Turnazione Heru-hur, Settra. (in turnazione libera); noi. (solo dopo mia successiva indicazione - piccolo intervento da QM).
    Limiti di tempo Una settimana per Heru-hur e Settra.

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    Mio Signore io sono Ta'Khailosh Lerala'Yldo Sator, Araldo del Grande Sire del Mutamento Tzeentch. Sono stato inviato su questa terra dal mio Signore e Padrone, e per motivi solo a lui noti sono qui per servirvi.

    Anche se non lo diede a vedere per nulla le parole dell'Araldo lo avevano profondamente sconvolto, il signore del mutamento aveva inviato un suo demone, anche se minore, nella dimensione di Endlos, perché?
    Molti pensieri gli affollavano la mente.

    Perché è qui? Come mai Tzeentch dovrebbe aver mandato uno dei suoi araldi fino in questa dimensione sperduta? Forse è un caso, si dice che ami mandare demoni in giro per il multiverso a caso per vedere cosa succede ma questo è troppo improbabile, un araldo che viene mandato su Endlos e che casualmente mi incontra, no non è possibile sicuramente è qui per prendere la mia vita, anche se è impossibile potrebbe darmi non pochi problemi...per ora fingerò di non aver ascoltato le sue parole non voglio che capisca che ho capito, vedremo poi che mosse tenterà di fare...devo tenerlo d'occhio

    Quando si riebbe dalla sua selva di pensieri notò che intanto l'Araldo aveva finito di parlare e che il loro capo spedizione lo stava percuotendo per il bavero.

    Non tollererò eresie, nella mia squadra. Che sia ben chiaro... E poi rivolto al Sommo Sacerdote ...per tutti

    Fantastico, il loro capo spedizione aveva dato prova di un intelligenza fuori del comune, si era rivelato per ciò che effettivamente era un violento e bigotto guerriero di Phophet sa quale razza sperduta nel multiverso, cominciava a trovare quel'enorme bestione assai irritante anche se avrebbe dovuto ubbidire ai suoi ordini, poi successe qualcosa che gli diede da pensare.
    La bestia, Bracktanus, si rivolse a lui indicandolo con una mano pesante.

    Specialmente tu, umano, dovrai tenere a freno la lingua. Quali che siano le tue capacità, non è saggio renderle note a degli sconosciuti. Mai.

    Odiava essere ripreso da bestie sconosciute ma dovette ammettere di essere stato imprudente, cosa gli era successo alla sua entrata in quel mondo? In genere era sempre attento e circospetto, anche in quello che diceva e ora andava a spiattellare informazioni ai quattro orizzonti, una cosa inaccettabile, quando era nella sua terra non un sacerdote avrebbe cavato da lui più informazioni di quante lui stesso ne volesse dare e ora le dava via gratuitamente, assolutamente inaccettabile.
    L'entrata in quel mondo l'aveva rammollito, era stato così contento di essere capitato in un mondo così vario, così pieno di cose nuove da imparare e genti provenienti da così tante realtà diverse che si era trovato come un bambino che davanti a una stanza piena di giocattoli nuovi e meravigliosi, ci si butta a capofitto senza stare attendo a dove mette i piedi e inciampando sulla prima biglia che trova.
    Ora l'incantesimo si era rotto, Bracktanus gli aveva ricordato che anche in quel luogo c'erano persone che potevano fargli del male e che non era il paese dei balocchi ma una realtà con tante cose da apprendere ma non certo priva di pericoli, d'ora in avanti sarebbe stato assai più attento.
    Ma Bracktanus non smise di parlare e rispose alle sue precedenti domande.

    Una setta di eretici sta svolgendo funzioni religiose a breve distanza da quest'Arena. Ci recheremo nell'ultimo luogo che essi hanno profanato con la loro blasfemia.
    E li troveremo, uno dopo l'altro


    Fantastico, degli eretici, sapendo quando era bigotto il loro comandante avrebbero potuto essere solo un gruppo di mugnai che venerano una spiga di grano divina...l'ironia era sempre una dolce compagna ma nei fatti era improbabile che fosse così, se avevano radunato un gruppo come il loro, che per quanto sgangherato era pur sempre composto da -sperava- validi elementi.
    La cosa tuttavia lo intrigava, chissà che divinità adoravano e in che modo, sicuramente non era niente di tranquillo e pacifico ma era sicuro che ne avrebbe saputo di più a tempo debito.

    - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

    Stava seriamente cominciando a odiare Merovish, i suoi cunicoli, le sue grotte, le sue dannatissime grotte, niente era alla luce del sole, l'astro luminoso da la sotto non si poteva nemmeno scorgere essendo che a separarli da esso vi era molte decine di metri -per non dire centinaia- di solida terra.
    Stavano seguendo il loro comandante da ormai tre cicli -quelli che pensava fossero giorni-, Bracktanus andava in giro per i cunicoli della città annusando l'aria come fosse un cane per poi proseguire in una direzione o svoltare rapidamente o fare altre diavolerie da gente che ha l'olfatto fine, lui non sentiva assolutamente niente, un dannatissimo bel niente, l'unica cosa che sentiva era di essere via via sempre più irritabile a causa della mancanza del suo amato Sole.
    A un tratto la loro piccola colonna si arrestò dietro al colosso, il quale disse di aver sentito il loro odore, la colonna che percorreva il tunnel illuminato dai cristalli fluorescenti era composta -nell'ordine- da Bracktanus, lui, l'emaciato M e infine dall'araldo di Tzeentch, non gli piaceva averlo dietro ma non poteva farci nulla, era tuttavia convinto che fino a quando fosse rimasto con M e il gorilla non avrebbe tentato di prendere la sua vita, probabilmente avrebbe atteso il momento più opportuno, quando fossero stati soli e il Sommo Sacerdote aveva tutta l'intenzione di fare in modo di questo non avvenisse mai.
    Il loro "guardiano" avanzo spavaldo oltre la curva nel tunnel seguito, dopo breve tempo, dal resto della comitiva.
    Ciò che apparve ai loro occhi non aveva quasi nulla di insolito, un caverna di forma semicircolare con nel mezzo due pali recanti due torce e a un paio di metri, sulla parete, una porta bloccata con grosse catene e solidamente ancorata alla roccia da battenti di ferro, sui portoni in legno era inciso un simbolo che il Sommo Sacerdote non riconosceva: XVI

    Fermiamoci. Ta'Khailosh: con me; Khatep: tieni d'occhio il tunnel da cui siamo arrivati; M: ispeziona la sala.

    L'ordine arrivò secco dalla bocca del loro caposquadra, sentiva che aveva la situazione in pugno e stranamente si fidava delle sue capacità di giudizio, anche se inconsciamente quel bestione l'aveva fatto uscire dallo stato di "bambino con giocattoli nuovi" e di questo lo ringraziava, se non altro aveva avuto un risveglio poco traumatico, riusciva a immagine molti scenari assai peggiori.
    In ogni caso era anche contento che Bracktanus prendesse con se Ta'Khailosh, così era sotto controllo di uno che probabilmente avrebbe potuto spaccargli quel suo cranio demoniaco, se solo avesse tentato qualcosa.
    Si accinse subito a ubbidire all'ordine ricevuto, si mosse rapidamente -per com'era possibile fare a una persona della sua età senza stancarsi- verso l'ingresso e si pose in modo da formare con i bordi del tunnel di entrata un triangolo isoscele, distanziato dal foro un paio di metri abbondanti, dato che si entrava nella stanza tramite una curva non avrebbe potuto vedere in anticipo eventuali assalitori quindi pensò che sarebbe stato meglio prendersi la distanza necessaria all'interno della caverna.
    Lui non era un guerriero, aveva i suoi non morti che combattevano per lui, per questo preferiva porre quanta più distanza possibile tra se e un eventuale nemico.
    Ora non restava che attendere.
     
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    Epureremo il mondo dai demoni, dai Tau'ri e poi dagli scarafaggi.

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    Dalla tomba di stasi di fianco a casa tua <_<

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    E' vero, non si aspettava una reazione tanto violenta, infondo però doveva abbonargliela, era solo uno scimmione antropomorfo dalla buffa armatura e con una voce davvero tonante e dolorosa.

    Se lo ritrovò davanti in men che non si dica, era veloce la massa pelosa, molto più veloce di lui. Gli occhi neri dell'araldo incrociarono quelli del suo superiore nuovo; non vi era ne rabbia ne paura nei confronti di Bracktanus. Certo, non gli sarebbe piaciuto morire ancora, non è un'esperienza molto gradevole e preferiva utilizzare meno vite possibile in quel mondo.

    Bracktanus Sembrava arrabbiato con l'Araldo per le lodi lanciate poc'anzi al suo vero padrone Tzeentch. Se gli davano tanto fastidio egli non ne avrebbe più pronunciate, la sua intelligenza gli suggeriva che nonostante il gorilla fosse ignorante e gretto come un blocco di granito; i canini acuminati e l'alitosi: un misto fra l'odore della vecchia ciabatta evocatrice, l'odore di pesce marcio e il piscio di un Grande Immondo di Nurgle; fecero si che il nostro caro Araldo stesse chieto, tenendosi i propri pensieri giustamente eretici nella sua testolina elfoide.

    Nel mentre gongolava fra questi pensieri da Araldo, fissando nel frattempo in modo totalmente neutro il suo aggressore, Ta'Khailosh venne sbattuto in modo molto cortese per terra. Il colpo di natica che prese si udì per la sala e il dolore conseguente fu un "utilissimo" surrogato al suo atroce mal di testa. Stava iniziando ad amare davvero quel botolone peloso.

    Si alzò come se niente fosse successo, ricomponendosi il vestito con gesti eleganti e misurati. Nonostante tutto per niente scosso dai fatti appena successi, infondo era abituato alle angherie dei più potenti e si limitò a "ringraziare il proprio severo comandante con uno sbattere di stivali e un leggero inchino di reverenza.

    Si era accordo secondariamente che Bracktanus aveva richiamato anche il vecchio cencio dall'altra parte della sala per il comportamento sconsiderato con cui l'evocatore sproloquiava i suoi poteri. Avrebbe voluto esplodere in una fragorosa e corretta risata denigratoria, ma le ripercusioni probabilmente letali di tale atto lo dissuasero a continuare la sua scena muta. Si limitò a crucciarsi del fatto che mentre a lui era toccato solo una sculata sulla pietra levigata e fredda, il mucchio d'ossa se l'era cavata con una lavata di capo. Ma così vuole il Grande Dio del Mutamento. Alzò lo sguardo al soffitto e li per un momento si perse nei suoi pensieri.
    §Sempre sia Lodato il Vostro operato mio grande Imperatore del Tempo! Aiutate me a superare la missione; e se è nei tuoi piani, permettete a me, Vostro umile servo di Staccare le gonadi e poi la testa a quell'orrida progenie malata della natura di nome Brackbatus!§ Ovviamente non ricevette risposta dalla propria preghiera mentale; fece spallucce, essere servi di un Dio del Caos come Tzeentch comportava questo svantaggio: non essere ascoltato nella quasi totalità delle volte.

    Finiti i suoi pensieri di vendetta nei confronti del mostruoso gorilla si riprese ed ascoltò con attenzione degna del più affamato degli astanti le parole che gutturali uscivano dalla gola ferina del caposquadra. Dovevano quindi distruggere una setta di eretici. Una semplice ricerca e distruggi in piena regola, come quelle che faceva lui al tempo delle guerre Eldar. Massaggiò le tempie e attese gli ordini.
    _______________________________________________

    Località ignota

    Camminavano ormai da tempo seguendo Bracktanus nei labirintici tunnel che parevano non finire mai. Gli occhi dell'Araldo si erano ormai abituati un po' alla scarsa luce presente nei corridoi. Ogni tanto appoggiava la mano inguantata sulle pietre che formavano le pareti: erano irregolari e sconnesse oltre che umide. C'era il classico olezzo di stantio delle muffe che crescono delle grotte umide.

    Era stato messo in retroguardia dallo scimpanzè in calore. Probabilmente lo odiava per quelle cose dette qualche tempo prima nel salone. Stava ben attento a non inciampare sul terreno che nonostante fosse in buona parte levigato dall'incedere secolare, vi si poteva ancora fare buoni capitomboli.

    Bracka-coso continuava mugugnare che eravano vicini e che sentiva odori che solo lui percepiva; lui captava solo il puzzo stantio e soffocante di quegli interni naturali. Ma dovette ricredersi dato che il grosso gorillone portò la compagine a quello che doveva essere il punto zero, la loro meta.

    L'area era piuttosto piccola e sufficientemente illuminata da permettere una più chiara visione. Era una specie di anfiteatro naturale; la luce proveniva da alcuni bizzarri cristalli blu sparsi alla rinfusa apparentemente. Al centro della parete opposta al gruppo vi era un portone di legno con catene soggette alle inedie del tempo e del luogo. Aveva impresso sulla superficie corrosa qualche strana parola in un alfabeto per lui intellegibile. La stanza era vuota. Gli balzò alla mente un "troppo facile, qui c'è puzza di trappola", ma era troppo banale; stette comunque ben attento a eventuali movimenti sospetti, in specie ai movimenti della vecchia ciabatta di Kathep.

    Il gorilla allora dette indicazioni all'intero gruppo sul da farsi, a Ta'Khailosh l'arduo compito di seguire Brackatanus per chissà quali motivi. Lui comunque non si chiese nulla, a lui gli ordini e per ora il Brute era il suo nuovo padrone. Si portò avanti agli altri due; sorridendo mestamente ai suoi commilitoni; i suoi occhi non tradivano alcuna emozione visibile, anche perchè in quel momento era piatto in quanto sensazioni. Si avvicinò a Bracktanus e iniziò a seguirlo, attendendo eventuali nuovi ordini con velato zelo.








    Edited by Heru-Hur - 11/3/2010, 17:38
     
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  13. Bracktanus
     
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    XVI Portale, Merovish, Endlos
    33a Età della Rivendicazione
    Aveva smesso di preoccuparsi dei suoi compagni di ventura, ora che la missione era cominciata.
    Non avrebbe ignorato la loro eresia, ma si era ripromesso di tollerarla momentaneamente. E che gli dèi lo perdonassero, per quella complicità temporanea. Aveva bisogno di risposte, e per ottenerle non c'era altro modo che aiutare l'uomo misterioso coi suoi affari. Senza contare, poi, che andare a caccia di umani -e non solo- gli faceva venire l'acquolina in bocca.
    «Sembrano solide, nonostante la ruggine.» fu il suo commento sommesso, mentre con una zampa stringeva forte gli anelli delle catene incrociate, provando a strattonarle.
    «Stai indietro, umano» disse, a Ta'Khailosh. Poi fece scivolare la mano al martello, in silenzio.
    Avrebbe aperto quella porta con o senza il permesso del padrone di casa.



    Sussultò.
    Si accorse, tutt'a un tratto, di essersi assopito. Riverso sulla scrivania di legno consunto, aveva stropicciato tutti gli incartamenti su cui, invece, avrebbe dovuto lavorare. Diplomazia del presidio Sud: una rogna per pochi burocrati eletti, che dovevano costantemente barcamenarsi tra lotte intestine della città e forti influenze esterne.
    Da quando Merovish era caduta in mano allo Spaventapasseri, però, le cose si erano fatte meno complicate.
    Così aveva potuto dedicarsi anima e corpo a lei.

    «Cuordiferro! Divoratrice!»

    Sussurrò, portando la dritta sul cuore.
    D'improvviso, una forte emicrania gli colpì la tempia sinistra. Emise un gemito di dolore e, come per magia, quella sofferenza cessò rapidamente com'era iniziata. E ancora riprese, pulsante. A intervalli regolari, accompagnata da bisbigli indistinti.
    Confuso e spaventato, l'uomo si precipitò con le mani a cercare il cassetto inferiore del suo tavolo da scribacchino. Aveva già estratto la chiave dalle tasche della tunica e, infilandola maldestramente nella toppa, aveva fatto scattare la serratura.
    Frugò in preda ormai al panico -perché sì, aveva capito qualcosa- ed infine trovò ciò che cercava:
    una pergamena arrotolata e sporca, consumata dalla violenza del tempo.
    La aprì d'urgenza sopra al tavolo, sbiancando di terrore quando vide confermate le sue ansie.

    «Per la Madre!»

    Dei sedici numeri romani scritti sul papiro, uno era svanito.
    L'incanto posto su di esso era stato violato e -con tutte le probabilità- il portale stesso che rappresentava era stato aperto.
    Qualcuno stava ficcando il naso là dove non avrebbe dovuto.



    SPOILER (click to view)
    QM point
    Scusate il ritardo, ragazzi. Mi sono trovato incasinato un po' con l'uni, in questi giorni.
    -noi.: la stanza è, come detto, una grotta semicircolare che presenta diversi ingressi (di cui uno solo effettivamente praticabile: quello da cui siamo arrivati). Sulla parte più 'alta' della curva è presente la porta cui si sono avvicinati Bracktanus e Ta'Khailosh; esattamente lì di fronte, a circa 10 metri di distanza, c'è il cunicolo che abbiamo percorso -con Khatep di guardia. Al centro, due torce inutilizzabili fissate su pali fanno da 'segnalino' per una zona in cui la roccia rossastra è stata levigata artificialmente, sembra. Lì nei pressi, comunque, troverai delle torce ed una corda seminascosti dietro una protuberanza nella pietra.
    Infine, sentirai un potente boato provenire dalla porta sprangata -e anche una sorta di piccola scossa tellurica.

    Turnazione noi., poi di nuovo io.
    Limiti di tempo 3 giorni.

    Per domande o dubbi vi rimando al topic in bacheca.
     
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  14. Bracktanus
     
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    Profondità della terra, Merovish, Endlos
    33a Età della Rivendicazione
    Aveva messo mano al martello gravitazionale. E i risultati furono subito lì, davanti agli occhi di tutti.
    Era stato sufficiente un singolo colpo ben assestato per spezzare le catene e sfondare le travi che chiudevano il portone. Ciò che restava del legno, del ferro e della roccia era sparso tutt'intorno a Bracktanus, sotto forma di macerie. Il Capitano non fece una piega, grugnendo appena per apprezzare il risultato dei suoi pochi sforzi. Riponendo l'arma al suo posto, quindi, si voltò e vide che l'umano di nome M gli porgeva delle torce. Non vi furono scambi di battute, tra loro; il Jiralhanae prese quegli oggetti -meno uno- e la corda che l'altro gli aveva consegnato dopo alcuni secondi di esitazione. Diffidenti, ancora. I suoi "uomini" non potevano dirsi una squadra affiatata, ma a giudicare dal lezzo orripilante che quel buco emanava...lo sarebbero dovuti diventare presto.
    Dal varco che si erano aperti con la forza, esalava difatti una puzza disgustosa che mise a dura prova l'autocontrollo di Bracktanus stesso. Era forte, profonda; una mistura di morte, salmastro e lercio. Stando alle indicazioni che aveva ricevuto, doveva essere la pista giusta. Ma in ogni caso non gli piaceva. Per niente.
    «Prendetene una ciascuno» disse, consegnando le torce al Sacerdote e all'Araldo «e cercate di starmi dietro.»
    Il tono non ammetteva repliche, ma per la prima volta aveva una sfumatura accondiscendente. Severo, ma consapevole che là sotto sarebbero stati soli contro chissà quali pericoli, il Capitano si fece avanti per primo. L'apertura nella roccia -là dove poc'anzi si stagliava il portale- era una finestra su un pozzo colmo di foschia ed immerso nel silenzio. Un sentiero si inoltrava per quell'abisso, scendendo ripido verso le profondità della terra. Sbuffando per cacciare fuori il cattivo odore dalle narici, l'enorme bestione mosse un passo avanti. Reggeva la torcia alta di fronte a sé: sarebbe stato necessario affidarsi al senso della vista, laggiù. Non poteva certo contare sull'olfatto in condizioni così proibitive.
    Cercò di fare attenzione alle tracce sul suolo, ma oltre al muschio e alla roccia non riuscì a distinguere granché; quella nebbiolina era troppo fitta per poter seguire una pista. Ad ogni metro il sentiero poi si faceva sempre più ripido, e solo quando furono a mezzo ciclo di cammino dalla stanza del portone, prese un'inclinazione più accettabile. Poterono così avanzare in maniera meno precaria, ma circondati da un silenzio surreale e da un'ancora più tetra foschia. La quiete era violata soltanto dallo scricchiolio viscido dei loro passi sul terreno umido, insieme al ticchettio saltuario e irregolare di una goccia d'acqua che batteva ripetutamente sulla pietra in lontananza.
    Avanzavano in un'ampia e cavernosa via scavata dal tempo nel sottosuolo, a chissà quanti metri di profondità. Pian piano la nebbia si diradò, o loro vi si immersero a tal punto da farci l'abitudine; in ogni caso Bracktanus fu lieto di potersi affidare al meglio ai propri occhi. Nonostante le tenebre poté notare la presenza di vecchie ragnatele e strani segni sulle pareti di pietra. Più di una volta avrebbe giurato di vedere dei movimenti davanti a loro, ma non disse nulla e proseguì guardingo.
    Solo quando, a due cicli di cammino, un rumore strisciante prese ad avvicinarsi con lentezza nella loro direzione -ed esattamente là dove erano diretti- fece cenno agli altri di fermarsi.
    «Avete sentito?» sussurrò, quasi. Puntò la torcia, consumatasi ormai della metà, in avanti. E fece scivolare la mano destra sull'impugnatura del Martello. «Non siamo soli.»



    SPOILER (click to view)
    QM point
    Perdonate il doppio post (e il ritardissimo!), ma vista la defezione di noi., per questo giro M sarà PnGizzato. Dal prossimo valuterò come comportarmi.
    Allora, l'arma di Bracktanus -e la tecnica utilizzata per sfondare il portone- è questa:

    CITAZIONE
    «« Martello Gravitazionale
    « Spaccagli il cranio! »

    L'Arma Energetica di Tipo-2, meglio conosciuta come Martello Gravitazionale, è la più potente ed efficace arma da corpo a corpo dei Jiralhanae, solitamente impugnata con entrambe le mani. Si tratta di un grosso martello che sfrutta una letale combinazione fra peso tremendo ed enorme forza dei suoi creatori ed utilizzatori. Può anche manipolare la gravità, permettendogli di respingere oggetti e nemici lontani dal suo possessore.

    Solitamente è ad uso esclusivo dei Capibranco o Maschi Alfa, per i quali rappresenta una sorta di scettro di potere. Dotato di caratteri dunque socio-politici non indifferenti, il Martello Gravitazionale è un sinonimo di grandezza, fra i Jiralhanae. Brandirlo significa comandare il branco e guidarlo alla guerra.

    Il Martello che Bracktanus porta con sé ha una foggia particolarmente grezza, simile in qualche modo al Pugno di Rukt, il più potente Martello Gravitazionale mai creato dai Jiralhanae. Lungo circa due metri e molto pesante, è facilmente maneggiabile dal Capitano Brute per via della sua estrema prestanza fisica, mentre a chiunque altro risulterà impossibile anche solo sollevarlo. Ha una sorta di baionetta sul retro del maglio, e la sua solidità è paragonabile a quella dell'acciaio, sebbene sia forgiato con minerali di origine vulcanica non presenti sulla Terra.

    Antigravità ««
    La particolarità dei Martelli Gravitazionali, come si può dedurre dalla loro denominazione, è il controllo -parziale- sulla gravità. Nello specifico, essi possono generare potenti onde d'urto capaci di spingere via oggetti di medio-grandi dimensioni, metri e metri più lontano dal punto d'impatto. L'avanzata tecnologia Jiralhanae ha inoltre migliorato questa funzione, implementando uno stabilizzatore nel manico dell'arma. Grazie a quest'innovazione il portatore sarà sempre immune allo spostamento gravitazionale generato dal Martello stesso, restando coi piedi -zampe- ben piantati al suolo.
    L'attacco consuma comunque un Alto quantitativo delle energie del Capitano, generando un'onda d'urto sferica del diametro di due metri.

    Nel momento dell'impatto venite leggermente spostati indietro (Heru, tu subisci l'effetto da più vicino, quindi a meno che il tuo pg non abbia una passiva di Bonus all'agilità o alla resistenza fisica, rischi di cadere a terra). Il resto è pura descrizione che vi lascio fare, sperando che l'atmosfera vi sia di ispirazione. Stiamo entrando nel vivo della quest, anche se con molto ridardo (e di nuovo chiedo scusa XD).
    Un "ciclo", nella suddivisione cronologica attuata da Bracktanus, corrisponde a un'ora e dieci minuti. Più o meno. :sisi:

    Turnazione Libera. Un post ciascuno.
    Limiti di tempo Una settimana.

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    Death is only the beginning.

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    Le sabbie del tempo.

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    Stava osservando guardingo il punto d'entrata come se in ogni momento dovesse spuntare da oltre la curva un intero manipolo di demoni assetati del loro sangue, cosa non del tutto impossibile dato che presumibilmente il culto che "eretici" che dovevano stanare adorava qualcosa di simile, altrimenti non avrebbe dovuto essere considerato pericoloso...o forse no? Poteva essere che adorassero qualcosa di addirittura peggiore dei demoni?
    Non c'era tempo per queste elucubrazioni che tendevano a distrarlo, quando si metteva a pensare troppo in genere perdeva il contatto con la realtà, non avrebbe visto un lento elefante passargli davanti, figurarsi un gruppo di scattanti nemici venirgli addosso per farlo a pezzi e si risolse quindi di pensarci dopo, quando avrebbe avuto più dati a sua disposizione ma il filo dei suoi pensieri fu sconvolto da qualcosa che proveniva da dietro di lui.
    Sentì il metallo cozzare contro il metallo, sentì le pesanti catene che chiudevano la porta e, cosa che non si aspettava, sentì un onda gravitazionale che quasi spinse a terra le sue vecchie ossa, meno male che aveva con se il bastone a sorreggerlo; si voltò di scatto per vedere cosa fosse successo, forse dei nemici stavano entrando nella stanza dalla porta chiusa dalle catene e avevano usato un incantesimo per farla saltare, quello che non si aspettò di vedere era la porta distrutta e Bracktanus con il suo martello in mano grugnente di soddisfazione, quell'arma doveva avere qualche potere particolare.

    Intanto M senza dire assolutamente nulla porse al loro comandante alcune torce e una corda, era ancora un po' esitante, probabilmente il suo carattere non era il più indicato per una missione del genere, timido e introverso avrebbe potuto scappare al primo segno di pericolo, avrebbero potuto usarlo come scudo umano.
    Un odore nauseabondo arrivò in quel momento alle narici del Sommo, era uno strano misto di morte, salmastro e lercio, Khatep odiava il lercio e lo sporco, lo infastidiva non poco che il sudicio si impadronisse delle sue belle ma consunte vesti cerimoniali, non avrebbe potuto farci comunque nulla, il capo era Bracktanus purtroppo.
    Egli infatti non si fece attendere e diede al Ta'Khailosh e al sacerdote della luce una torcia ciascuno, raccomandandosi di stargli dietro, voleva infilarsi in quel buco schifoso; almeno, pensò, avrebbe finalmente scoperto cosa si celava dietro tutto quel culto e bizzarrie stranezze.

    Bracktanus entrò e Khatep attese che Ta'Khailosh fece lo stesso per addentrarsi a sua volta, non avrebbe mai permesso a quell'essere di essere dietro di lui, lo temeva e non conoscendone i piani preferiva di gran lunga tenerlo d'occhio, piuttosto si sarebbe rifiutato di entrare nella caverna.
    Una volta dentro comunque si trovò immerso in una oscurità rischiarata unicamente dalla luce delle loro torce, il luogo era orrendo, umido e avvolto completamente da una strana nebbiolina che impediva la vista, il tutto ovviamente appestato da quell'odore nauseabondo di lerciume.
    Il terreno si faceva via via sempre più ripido e solo grazie al suo prezioso bastone riuscì a mantenere il passo senza stancarsi in modo indescrivibile, era anziano e nessuno ne teneva conto; dannati, che le loro anime se le prendesse il sadico dio dell'oltretomba, magari a lavoro finito, non aveva nessuna voglia di rimanere il quel luogo da solo e i suoi compagni, per quando bigotti o pericolosi erano meglio di niente.

    Il cunicolo si era ormai allargato fino a diventare un ampia via scavata nella roccia, così lontano dal sole continuava a non sentirsi a suo agio, sentiva che stava diventando di nuovo irritabile, il sottosuolo gli faceva sempre questo effetto e meno luce c'era e più lui diventava suscettibile, voleva il suo Sole, il suo amato Sole; comunque fosse il sole non c'era, al suo posto c'era la fioca luce di torce ormai consumate fino a metà dopo quasi due ore e mezza di cammino nel cavernoso passaggio lercio, fu allora che Bracktanus parlò per la prima volta da quando erano entrati in quel luogo dimenticato, forse non abbastanza dimenticato.

    Avete sentito? Non siamo soli.

    Dicendo questo mise mano al martello e puntò in avanti la propria torcia, Khatep non aveva sentito nulla ma si fidava abbastanza dei sensi del loro capo, probabilmente immerso com'era nei suoi pensieri sulla natura di ciò avevano davanti gli era sfuggito il particolare di un rumore che proveniva proprio da dove si stavano dirigendo.
    Provò ad ascoltare meglio e in effetti sentì, un rumore strisciante si stava lentamente dirigendo verso di loro, che fare adesso? Lui non lo sapeva, il capo era Bracktanus che tirasse fuori un idea, non esternò però i suoi pensieri per paura di innescare chissà quale paranoica reazione da parte della grotta.
    La natura umana a volte fa brutti scherzi, anche se si è vissuti per più di duemila anni.
     
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19 replies since 4/3/2010, 23:22   728 views
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