Il Ghiaccio del Nord

- scena seconda

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    Guardia di Porta.


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    Dei brutti, brutti tre quarti d'ora.

    Era stato così davvero, per i due messi di Laputa. Perchè certo non è così comune, per persone normali, stare a penna di una fenice; per loro erano più familiari le navi volanti che facevano la spola tra il Catello Volante e al terra ferma.
    Certo, anche cavalcare magnifici volatili doveva avere un qualche suo fascino... eppure...

    Il primo a toccare terra fu il giovane mercante, verde in volto, a cui, a giudicare dalla scena, era rimasta solamente la forza di gettarsi carponi al suolo, scosso da leggeri conati di vomito.
    Il volo, o magari l'intruglio lattiginoso che il custode dell'obelisco aveva servito loro come cordiale.
    Difficile dirlo...

    Benchè il viso del più navigato armigero a cui avevano assegnato l'incombenza di essere guida fosse al contrario assolutamente composto, così come la sua postura, dai suoi occhi era piuttosto chiaro che anche Dorn Igel non disprezzava affatto l'idea di mettersi anche lui carponi per dare un poco di stomaco.
    Dopo tutto, meglio farlo in quel momento, mentre ancora non c'era nessuno in giro, piuttosto che cimentarsi in un pessimo spettacolo davanti a qualche incaricato dell'Alfiere.
    O, peggio, l'Alfiere stesso.

    Il militare, però, decise di sollevare lo sguardo, chiudere per un istante gli occhi e respirare a fondo, per allontanare la nausea.

    Quando riaprì il suo sguardo alla capitale del ghiacciato nord, il suo primo pensiero fu quello di cercare qualcuno a cui chiedere informazioni su dove si sarebbe dovuto recare con il suo compagno di viaggio, per ottemperare ai loro doveri.

     
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  2. Raphael'
     
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    Non ne abbia a male, sir.
    Chiocciò una voce poco sopra la spalla del mercante carponi, fra il mellifluo e il divertito.
    Non c'è un visitatore che non ci sia passato, la prima volta.
    Dirimpetto al duo comparve, come improvvisamente partorito da quella folla rumorosa e multicolore che si affaccendava attorno alle bestie di rientro con le missive dei paesi di sotto e le derrate alimentari, un giovanissimo in calzoni stirati, panciotto e livrea. Biondo sotto il berretto da caccia in velluto con una piuma appuntata sul fianco, porse la mano al messo indisposto per trascinarlo in piedi -pur non senza garbo- con una forza e un'energia sorprendente -quasi sospetta. Il visetto efebo e sottile si stirò in un sorriso circostanziale, producendo una piccola piega delle sopracciglia sui grandi, profondi occhi ametista. Un bambino. Non avrà avuto più di otto anni.
    Lasciate che vi conduca.
    E la calca si divise ad un sol gesto, mossa -probabilmente- da quella stessa, indefinibile inquietudine che impedì agli araldi del presidio errante di ridergli in faccia, o di accarezzarlo sulla testolina bionda per raccomandargli con fare saccente di non allontanarsi troppo dalla madre. Qualcosa -ma non era ancora lecito sapere cosa- di quel piccolo cicerone ispirava un senso di forza e di solidità al quale era difficile sottrarsi. Il borgo, che ormai virava verso le ore del tramonto, era in subbuglio per il festival del fuoco: un rituale ciclico di cadenza settimanale nel quale il Karura più anziano della capitale, Goblas, planava giù dalla campana-cuore per accendere l'enorme rogo al centro della piazza principale, che avrebbe continuato ad ardere per tutta la settimana successiva dando calore agli abitanti in festa. Una piccola ricorrenza, alla quale nessuno si era mai sottratto. Durante il tragitto, il bimbo si premurò di descrivere con incredibile puntiglio tanto la genesi quanto lo svolgersi dell'evento, arrivando addirittura a indicare la sagoma della fenice che, avendo già terminato il proprio ufficio, volava di gran lena verso la torre più alta del palazzo nero.
    E fu proprio lì che, appena pochi minuti dopo, il biondino condusse la coppia a passo sostenuto: oltrepassati i due edifici gemelli dei baraccamenti che si ergevano come sentinelle ai lati del cancello centrale, non ebbe bisogno di sprecare un solo cenno perché questo si alzasse in un monumentale stridere di ingranaggi e di denti metallici. Oltrepassato il piccolo pontile decorato che conduceva alla torre centrale, avente basamento nell'edificio principe del complesso -l'unico di libero accesso al pubblico- adagiò il palmo della mano sulla colossale anta di noce per aprirla, ancora, in una dimostrazione di forza insospettata. Alle sue spalle, il salone era divorato dalla penombra.
    Signori.” esordì, dopo un lungo silenzio
    Il palazzo del lord alfiere del Nord,
    Banebriar's Place.

    SPOILER (click to view)
    Il PnG non dispone di alcuna passiva di sudditanza psicologica, o simili. Semplicemente, i messi sono in grado di avvertire "a pelle" che in lui ci sia qualcosa di profondamente sbagliato. Un tassello fuori posto; una nota stonata. Rivolgigli pure tutte le domande del caso, e, più in generale, interagisci come meglio ritieni opportuno.
     
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    La sera era calata lenta sul nord, come una cappa pesante, e, riavutisi dagli strapazzi del viaggio a dorso di fenice, i messi di Laputa non potevano che dirsi oltremodo colpiti da quello che andava accadendogli attorno.
    Il Festival del Fuoco prendeva via, e quello che fu ai due uomini indicato dalla giovane guida come Goblas era decisamente la primadonna di quello show tanto inusuale.
    Le grande pira scoppiettava, allegra, e l'aria fredda si profumava piano piano di essenza di legno bruciato e fumo in egual misura, rendendo la vista del borgo che si stendeva ai piedi del maniero del Signore del Nord così simile ad una paesaggio da fiaba per piccoli.

    Il duo camminava nel più profondo silenzio : l'espressione del mercante era guardinga, timorosa, mentre stringeva quasi convulsamente la scatola già violata dal custode dell'obelisco al petto.
    Più volte si era ritrovato a strizzare gli occhi, sbirciando all'indirizzo di quel bambino così particolare che, senza nemmeno presentare credenziali ufficiali, si era autonominato loro condottiero.
    Sebbene simile lo sguardo, diverso era l'animo dell'armigero. Più che sulla mancanza di titoli, il suo istinto si era concentrato maggiormente su quella che a tutti gli effetti era un alone di comando.
    Le parole di quel piccolo pargolo biondo dagli occhi così stranamente enormi non sembravano poter essere messe in discussione, quasi fossero sentenze di giudice.
    Davvero inusuale, per un fanciullo.
    Ma, come molte cose sulla faccia di Endlos, anche quel ragazzetto poteva esser molto diverso da come invece appariva sulla superficie.

    Signori.
    Il palazzo del lord alfiere del Nord,
    Banebriar's Place.


    Solo allora, sollevando lo sguardo ad osservare la magione dell'Alfiere del Nord, che Dorn, il viso contratto in una sorta di sorriso di circostanza, diede voce al suo dubbio.

    Sei stato ben gentile ad accompagnarci fino qui, ragazzo.
    Abbiamo mancato però di presentarci.

    Veniamo dall'Ovest, in ambasceria presso l'Alfiere.
    Faccio parte della famiglia Igel, e il mio compagno è un mercante del Sodalizio di Laputa.

    Chi sei, tu?

    Si diede un attimo, poi, per trovare il modo migliore per formulare la sua domanda successiva.
    Purtroppo, non ne trovò alcuno

    E come sapevi del nostro arrivo?

    Solo paranoie da uomo d'arme, con tutta probabilità, quelle.
    Così pensava il soldato del suo stesso atteggiamento, e così pareva confermare anche lo sguardo che, sottecchi, anche il suo compagno di viaggio gli aveva rivolto.

     
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  4. Raphael'
     
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    Chi sei tu? E come sapevi del nostro arrivo?
    La domanda era stata posta in modo brusco, diretto. Naturalmente, non si aspettava di meno dal membro della milizia di uno dei maggiorenti di Endlos: per resistere così tenacemente all'influenza esercitata dalla sua aura, pensò il lich, quell'uomo doveva essere abituato a subire le angherie di un lord più terribile di quanto gli fosse lecito immaginare. Un lord al quale, di certo, non avrebbe permesso di avvicinare Moloch più di quanto non fosse inutllmente necessario. Ricompose la propria neutra espressione di accoglienza in educato stupore, liquidando gli uomini con un sorriso affettato prima di avviarsi a piccoli, agili passi verso la porta in fondo
    alla sala che conduceva alla camera delle udienze.
    Andiamo, sir. Sarei certo un impiegato ben scarso, se non sapessi annunciare simili trivialità. Il palazzo ha completo controllo su ciascuno dei Karura inviati sulla superficie, siano questi adetti al trasporto merci o a quello dei visitatori.
    e concluse l'arringa estraendo trionfante un grosso mazzo di chiavi dalla tasca del gilet, armeggiandovi per trovare quella corrispondente alla serratura della stanza lui dirimpetto.
    Ma gliene do credito, ho dimenticato di presentarmi.” aggiunse distratto, continuando a sfilare la serie di chiavistelli rugginosi fra le dita bianche “Il mio nome è Khalphytrus, e sono il...
    Uno spirare di vento gelido, seguito da un suono vischioso ed altrimenti indefinibile. La luce dei candelabri si fece impercettibilmente più tenue, mentre la sala veniva attraversata da ombre solide che correvano sui muri, da un'oscurità ovattata e vivace che, dopo alcune rapidissime estroflessioni, prese la forma di una donna dal volto severo e i capelli biondo cenere assicurati in una lunga treccia. La nuova venuta chinò il capo in segno di saluto, afferrando il ragazzino per la spalla.
    Khalphytrus si limitò a rimanere immobile.
    Tremava, ma non di paura.



    “...siniscalco di questo castello.”
    completò la donna in tono lezioso, sorridendo.
    “Da questo punto in poi, signorino, lasci che sia io ad occuparmene.”
    TU!” gridò il bambino, colmo di una severa indignazione che non si sarebbe creduta possibile.
    Cosa credi di fare?! Io non...!
    E venne interrotto da una seconda, ancor più rapida manifestazione di quelle ombre prive di forma che gravitavano attorno alla camera, che gli si avvilupparono alle braccia ed al collo per trascinarlo in una piccola voragine scura apertasi nel pavimento. Pochi secondi di lotta, ed il ragazzino scomparve.
    “Precisamente: tu non.”
    commentò la donna, con agghiacciante indifferenza. Parve accorgersi dei due
    visitatori solo dopo qualche istante.
    “Non abbiate a cruccio ciò che è appena successo, signori miei. Ho semplicemente confinato il ragazzo nelle sue stanze.
    Un pupillo vivace, va detto. Talvolta persino troppo.”
    E portò la destra contro il petto nella mimica di un secondo, più profondo inchino.
    “Livane, siniscalco del palazzo delle Stelle Estinte. Per servirvi.”
    Ricompostasi, indugiò con lo sguardo sul mazzo di chiavi abbandonato in terra, per poi chinarsi a raccoglierlo ed osservarlo con muta contrizione.
    “Purtroppo, mi duole informarvi che il mio Lord ha sospeso le udienze personali da diversi mesi.
    Dovrete consegnarmi il vostro presente.”
    E tese la mano, aspettando.

     
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    Il rumore prodotto dal giovane Seed che deglutiva venne amplificato dal silenzio di quel luogo, decuplicato e mantenuto vivo così a lungo che si sarebbe potuto dire che il palazzo delle Stelle Estinte provasse, senza successo, da ingoiare un boccone troppo grosso - o troppo amaro, forse - per lui.

    Gli occhi del mercante si piantarono sulla donna, sul suo viso, sulla mano che ella gli tendeva; un gesto, quello, che evidentemente non ammetteva alcuna replica che non fosse accondiscendere all'istruzione ricevuta.

    Così come il portatore del pacco inviato da Laputa, anche la sua guida armata era rimasta senza parole dal rapido cambio di corso che avevano preso gli eventi.

    S..signora, vi prego.
    Promettete che recapiterete alle mani del Lord Alfiere questo dono, e solamente alle sue.


    Nonostante l'esitazione iniziale, però, il dono era passato di mano senza alcun incidente rilevante.
    Un piccolo presente che, dalle mani di un Alfiere, finiva in quelle di un altro.
    Niente di più, e niente di meno.

    Le istruzioni dell'Autocrate sono state molto precise, quando ha dato ordine riguardo alla consegna.

    Aggiunse il giovane, quasi a titolo di scusa per il suo zelo fuor di misura.

     
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  6. Raphael'
     
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    Livane accolse la scatola di legno laccato con dolcezza, reggendola sul palmo della sinistra e percorrendone la superficie con l'indice della destra. Nel mezzo di quella piccola indagine, sembrava essere diventata impermeabile ai commenti balbettati dal mercante.

    “Naturalmente, sir: sarà mia premura trattarla con il massimo riguardo possibile.
    Dubita forse della mia parola?”
    Non si aspettava risposta.
    “No. Sono certa che non mi farebbe mai una simile scortesia.”
    Ed afferrò una chiave dal mazzo, infilandola nel chiavistello del portone per farle eseguire un mezzo giro, subito interrotto da un crack metallico e rugginoso. Chiave sbagliata.
    “Farò pervenire al vostro Lord una lettera di ringraziamento.” flautò, sorridendo ancora e voltandosi per congedare gli uomini con un secondo, più breve inchino. “Adesso, tuttavia, vi pregherei di prendere congedo. Il vostro Karura è già pronto all'attracco per il ritorno.”
    E continuò a sfogliare l'ampia selezione di chiavi, sino ad arrendersi con uno sbuffo.
    “Dovrò rassegnarmi a prendere la via più breve.”
    E si immerse -letteralmente- nella grande anta di noce, attraversandola in una lieve distorsione
    della superficie dipanatasi in concentriche onde ovoidali.

    SPOILER (click to view)
    Grazie della giocata, Dae: mi è piaciuta molto. Spero di non aver fatto un'impressione così irrimediabile sui tuoi poveri messi. X°D
    Nel caso volessi apporre un post conclusivo come suggello, libero di farlo -ed anzi. Sarà mio piacere leggerlo.
     
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    Sicuramente doveva essere perchè non erano abituati - nessuno di loro due - a trovarsi da avere a che fare con accadimenti del genere. E, sicuramente, centrava anche il fatto che se fosse stato per loro, avrebbero giurato che consegnare della merce, fossanche mercanzia rara come quella che avevano appena lasciato, non poteva cacciarli in situazioni difficilmente gestibili.
    Quello che avevano appena visto, però, aveva accarezzato le loro paure più di quanto volessero ammettere.
    La manifestazione di potere di quella donna. Le ombre che prendevano vita, ed infine, il vederla svanire attraverso il legno di una porta senza sforzo alcuno, come se mai nemmeno fosse stata lì, dopo averli congedati in modo tanto glaciale quanto il clima delle lande in cui si trovavano ad essere.

    L'unica consolazione che scaldava i loro cuori era che presto avrebbero potuto tornare a casa, lasciandosi dietro l'inferno bianco per climi decisamente più miti ed apprezzabili, ed essere assegnati poi ad incarichi meno delicati.

    _____

    Frattanto, il pacco mandato dall'Autocrate di Laputa, al sicuro tra le mani di colei che si era presentata come Livane, siniscalco del palazzo delle Stelle Estinte, ma che i due messi avrebbero ricordato per la vita solo come la Signora delle Ombre, avanzava per la sua strada verso lord Moloch.
    Nella scatola, al riparo, riposavano anello e pergamena.
    In attesa del tocco dell'Alfiere della landa candida di Etlerth.

    _____


    I miei rispetti più profondi per voi, Lord Moloc, Alfiere del Nord.

    Spero possiate gradire questo piccolo dono che ho inviato, assolutamente senza pretesa alcuna, perchè sia, se così vi piacerà ritenerlo, un offerta di amicizia sincera.
    Ho riflettuto a lungo, dopo il fugace incontro in cui ho avuto modo di conoscere tutti voi, di cui ora posso fregiarmi d'essere compagno.

    Mi sono permesso l'ardire di presumere che, notando mentre eravamo radunati quanto mancasse un sigillo che vi identificasse secondo il vostro grado, sarebbe stata cosa buona ovviare a questo problema.
    Il sigillo d'ametista che ora tenete tra le mani è fratello, insieme ad altri cinque, della mia fucina.
    Per ognuno mi sono concesso la licenza di apporre una pietra dura differente.

    C'è un unico punto su cui debbo avanzare formali rimostranze, invero.
    Per quanto fortemente volessi chiedere un colloquio privato con voi, non ho avuto modo alcuno per poterlo fare, visto il vostro repentino allontanamento - quasi fosse stata una fuga - dalla mia città.
    Mi trovo a sperare quindi che, prima o poi, ci sia modo per noi di avere una conversazione, magari a seguito di una visita al vostro presidio.
    Ho appreso infatti con molta gioia che anche la vostra capitale sorge su un'isola che fluttua nel cielo.
    Spero comprendiate quindi che devo poterla vedere, almeno una volta.

    Rinnovandovi ancora una volta i miei più sinceri omaggi,
    In fede.

    R.





     
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6 replies since 23/3/2010, 20:42   173 views
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