Il Grido del Consacrato al Dio degli Omicidi

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    La tua coscienza rifluisce lentamente, ed altrettanto lentamente ti svegli come da un lungo sonno. I tuoi ricordi sono confusi, non hai memoria di quando e come sei andato a letto, né riesci a capire dove ti trovi. In un istante di panico ti rendi conto che tutti i tuoi sensi sono ovattati, ti senti come se tu fossi immerso nelle profondità del mare, sospeso in un liquido oscuro e privo di luce.
    Infine, superato quel primo attimo di terrore, lentamente ti accorgi che puoi aprire gli occhi e risvegliarti.

    « ... Sì: è questo ciò che abbiamo scelto per te. »
    Ti scopri seduto su di una sedia, il tuo capo è inclinato verso la tua spalla ed i tuoi sensi sono ancora ovattati. Hai di fronte un uomo vestito di bianco, un camice da scienziato. Alle tue narici giungono odori che ti rievocano ricordi ancestrali. Sei circondato da macchinari e provette, in una stanza illuminata da un freddo neon che non hai mai visto ma che ugualmente riconosci.
    « La tua natura. E il tuo scopo. Siamo stati noi a sceglierle. Non devi far altro che seguire il solco che è stato tracciato. Fare ciò per cui ti abbiamo creato. »
    La testa ti duole. Una forte emicrania ti sale alla nuca, e le parole prive di senso dello scienziato che hai davanti ti provocano improvvisamente un misto di sentimenti. Istintivamente porti la mano alla testa, ma quando tocchi la tua nuca senti il tocco di un freddo metallo. Un pugnale. Il tuo pugnale...

    Non riesci a capire. E' un sogno o un'illusione? Oppure... un ricordo?
    No. Non può esserlo. Forse è altro ancora.

    « E' la tua natura. E tu sai qual'è la tua natura, vero? »
    L'uomo sorride beffardo. Nelle sue mani stringe una cartella clinica, e nei suoi occhi leggi un profondo disprezzo. Ma le sue parole, al contempo, si marchiano a fuoco nella tua mente.

    La tua natura.
    La tua natura.
    La tua natura...

    Qual'è la tua natura?
    Rispondi a questa domanda, Daligar.

     
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  2. Daligar
     
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    All'inizio il nulla. L'oscurità avvolgeva la sua mente, esattamente come la prima volta che era venuto al mondo, quando aveva aperto gli occhi e si era ritrovato nel laboratorio. Lentamente riprese contatto con il corpo, eppure c'era qualcosa di diverso dal solito, qualcosa di strano. I rumori erano come attutiti da cuscini immaginari, gli odori mancavano di forza e al tatto non sentiva ciò che si aspettava: il letto. Il panico sostituì quell'apparente calma e si ritrovò ad agitarsi in quello che gli sembrò uno strano liquido.
    Passato qualche istante riprese possesso del suo corpo e aprì gli occhi...

    L'incubo non era ancora finito...
    Aprì le palpebre, stranamente pesanti, e ciò che inizialmente vide furono i contorni della sua spalla. Una voce giunse al suo orecchio, confusa e smorzata dal caos che ancora regnava nella sua testa. Quando cominciò a riprendersi sollevò lo sguardo, ma ciò che vide non gli piacque per niente. Si trovava seduto su una sedia, tutt'attorno a lui si vedevano macchinari e provette e il classico odore di ospedale gli pungeva le narici.
    Possibile che tutto ciò che aveva fatto per scappare da quel posto non era servito a niente?
    Che il suo destino, per quanto si ostinasse a negare, era già stato scritto?
    Per quanto non volesse accettare una cosa del genere, era esattamente ciò che l'uomo gli stava dicendo. Il suo unico scopo nella vita, il motivo della sua esistenza altro non era che l'omicidio.

    Nemmeno riusciva a pronunciarla, quella parola, che si sentiva a disagio e un conato di vomito gli salì alla gola, ma lo ricacciò in dietro. Non doveva farsi vedere debole. Un improvviso mal di testa lo colpì in quel momento e istintivamente portò la mano al capo. Sentì, sulla nuca, il freddo contatto con il metallo. Il ferro del suo pugnale. Che fosse un segno?

    I suoi occhi vanno a posarsi sull'individuo che ha davanti, disgustato eppure cosciente del fatto che lui ha ragione. La sua via era già stata tracciata e lui, povero ragazzo indifeso, non poteva nulla contro la volontà del Fato.
    Lo scorrere del tempo non é rilevante, ma a lungo andare il giovane non riuscì a tenere lo sguardo fermo sullo scienziato che ha davanti. Scrutando il luogo dove si trova, ne cercò una traccia nella sua testa, ancora un po' malandata, non trovandone. Quale strano gioco stava tramando il Destino contro di lui?

    Infine, é l'ultima affermazione dell'uomo a farlo cedere.
    "La tua natura."
    Era vero. Da quando era scappato dal laboratorio non aveva fatto altro che combattere e uccidere. Si era persino alleato con degli uomini senza scrupoli; si era detto che lo faceva per vendetta, ma sapeva che non era vero: il suo scopo finale era sempre uno.
    Uccidere.

    Guardandosi riflesso nella lama del pugnale che ancora stringeva in mano, il ragazzo sussurrò una parola.

    "Omicidio..."

    Quella era la sua vera e sola natura...

     
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    « "Omicidio"...? »
    L'uomo si guardò intorno, apparentemente confuso da quell'affermazione.
    « Tu sei stato creato per uno scopo! Ecco: »
    Voltò la cartella, e sui foglio appesi ad essa riconosci la tua foto ed il tuo profilo clinico.
    « Questa è la tua natura! Questo è ciò che sei! Dati, grafici, anni e anni di ricerca, una catena di DNA fra le più speciali! Ecco ciò che sei, tu sei questo e nient'altro. »

    « Omicidio! »
    Una voce che non conosci ti sorprende alle spalle. Passi leggeri di una ragazza che non hai mai visto ti si avvicinano dietro di te. All'improvviso, lo spazio che ti circonda si dissolve e scompare, inghiottito da un buio. In un attimo, rimangono solo due cose, oltre a te: il folle uomo con il camice bianco e una ragazza di forse quindici anni, con lunghi capelli color grano e occhi di un azzurro intenso.
    « Tu sei vivo, ed hai libertà di scegliere il motivo per cui esisti. »
    Avvicinandosi, la ragazza poggia un gomito sulla tua spalla e l'altra mano sul tuo petto, dove c'è il cuore.
    « Scegli la tua natura! Riconosci ciò che sei! Tu: un misto di carne, sangue e sentimenti!
    Un essere dotato di libero arbitrio!
    »

    All'unisono, la ragazza alzò un indice affusolato indicando lo scienziato.
    A sua volta, e allo stesso tempo, l'uomo compì lo stesso gesto indicando la ragazza.

    « Uccidila! »
    « Uccidilo! »
    « Eseguire gli ordini è ciò per cui sei nato! »
    « Scegliere la tua natura è ciò per cui sei nato! »

    Osserva ancora la figura del tuo volto riflessa nel pugnale e decidi.
    Da una parte, una condanna.
    Dall'altra, una Consacrazione...

     
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  4. Daligar
     
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    Il ragazzo non si curò dell'apparente confusione dell'uomo, aveva altro a cui pensare. Doveva riflettere. Scrutandosi il volto riflesso nel freddo metallo si stava convincendo sempre più del suo destino: seguire la via dell'omicidio per sempre.
    Ormai era praticamente convinto che quella fosse la sua unica scelta. Vivere solo per appagare il suo istinto, uccidere tutti quelli che voleva, vivere al di sopra delle regole come se fosse un dio. Non poteva non ammettere che gli piaceva sentire la paura della preda quando capiva che per lei era giunta la fine. Nell'istante in cui calava il pugnale decretava la morte di quella persona e una volta compiuto l'atto un senso di onnipotenza gli attraversava il corpo. Quello era ciò che a lui piaceva.

    Il luogo dove si trovava si spense cadendo nell'oblio al suono di una voce. Non era quella dell'uomo. Giungeva dalle sue spalle ed aveva un timbro più alto, più femminile. Una ragazza era apparsa dal nulla e gli si era avvicinata. Le sue parole, unite al suo tocco leggiadro, provocarono nel ragazzo un misto di sentimenti che non riuscì a classificare. Parlava di "libero arbitrio", libertà di scegliere, ma cosa ne sapeva lei?

    Era di fronte ad una scelta. Entrambi i suoi interlocutori gli dicevano di uccidere l'altro. Cosa doveva fare?
    Le sue gambe si mossero da sole. Forse per via del profondo odio verso gli scienziati, o forse per qualche altro strano motivo, il suo corpo lo portò veloce verso l'uomo. Il suo braccio si mosse agile e letale a cercare l'addome dell'altro con il pugnale proteso in un affondo, movimento che eseguì per tre volte: ventre, costato e gola.

    Fatto ciò sarebbe tornato verso la ragazza. In fondo, lei aveva ragione: era lui che doveva scegliere. E la sua scelta era quella di uccidere. Non voleva essere schiavo dell'Omicidio, ma suo pari. Un'eterna gara con la Morte a chi stroncava più vite.
    Raggiunta la fanciulla sul suo volto si dipinse un sorrisetto beffardo e il suo pugnale calò veloce e silenzioso verso la sua gola.

    Uccidere tutti e tutto, fino alle Morte...

     
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    Non ci fu reazione. Né l'uomo, la vittima sacrificale, fece alcunché, né la ragazza si mosse o fece qualsivoglia tentativo di sottrarsi alla lama del pugnale diretta verso la sua gola. Ma se anche lo scienziato, quando ucciso, sembrò più simile ad una marionetta dai fili spezzati, morendo nell'agonia senza un grido o un'espressione di terrore, ben diversa la reazione della ragazzina bionda.

    Sorrideva, mentre la lama le squarciava la gola. Nei suoi profondi occhi azzurri un'inquietante luce, e dietro quella luce un'ombra che si stagliava su di un pozzo senza fine ampio quanto un abisso. Afferrò con entrambe le mani il braccio armato del Consacrato, ma non lo fece per respingerlo o sottrarsi ad esso, ma per premere a sua volta, aggiungere la sua piccola forza a quella del Prescelto in modo che il pugnale si conficcasse ancora più in profondità nella sua gola. Ci fu un altro fiotto di sangue, seguito da una risata agghiacciante che non aveva niente di umano.

    « Sì!! Sì!!! E' questo che sei!!! Non fuggire la tua natura. Non resistere ai tuoi istinti. Uccidere è ciò per cui sei nato, ed anche l'unico modo che hai per essere vivo! »
    Reclinò all'indietro la testa, allargando ancora lo squarcio sulla sua gola da cui proruppe una fontana di sangue, poi rise ancora di quella risata agghiacciante e disumana, che pareva riecheggiare all'infinito.
    « Sei Consacrato, piccolo stupido umano! Sei Consacrato a me, e la tua anima non ti appartiene! Io ti darò carne, e tu farai ciò che la tua natura ti impone: uccidere. Ucciderli tutti. Ucciderai per la gioia di uccidere. Da questo momento cedi anche gli ultimi brandelli della tua umanità, e ti ergi definitivamente come mostro. »
    Si dissolse nel nulla, e l'oscurità si dissolse con lei, come se fosse inghiottita da un gorgo di buio.
    Il giovane Consacrato al Dio degli Omicidi si sarebbe accorto solo in quel momento di aver tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo. Allora, schiudendo le palpebre avrebbe visto un paesaggio alieno e che non era presente nei suoi ricordi. Un'enorme stanza triangolare, ed alle sue spalle una porta aperta che si sarebbe immediatamente richiusa con un fragore metallico. Di fronte a lui una giovane fanciulla dai capelli lunghi e neri, con abiti sacerdotali rossi e bianchi, che stringeva nelle mani una splendida lancia luminosa.
    « Uccidili! »
    La voce della ragazzina bionda risuonò nella mente del Consacrato.
    « Uccidili tutti!!! »

    ~ Scena Conclusa
    Prosegue nella Camera dei Prescelti eterni, nell'Arena Nord.

     
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4 replies since 26/3/2010, 20:58   149 views
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