La Consapevolezza del Veggente del Dio Urlante

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    Sprazzi di passato, ti scorrono nella mente, le vedi anche se le tue palpebre sono serrate, strette nel sonno. Fa caldo. Eppure, istintivamente, nel sonno sei stretta alle coperte del letto. Senti il suono prodotto dalle cicale, te ne rendi conto nel dormiveglia, ma non sai se è verità o illusione. Ti trovi al confine fra il sonno e la veglia, quando la realtà ed i sogni
    (e gil incubi)
    si miscelano eterogenei, fino a sembrare orrende sculture di un artista pazzo. Il suono delle cicale è oppressivo, sempre più forte, forse sono ad un centimetro dal tuo timpano. Non riesci a svegliarti.

    Voci estranee. C'è qualcun altro lì con te? Pur senza aprire gli occhi, vedi persone in camice bianco che ti guardano, ti studiano, girano attorno al tuo letto in modo ossessivo e si rivolgono a te come se tu fossi un oggetto, o un'animale. Adesso ciò che senti è solo disperazione: non riesci a svegliarti, non riesci a dire a quelle persone di andar via, non riesci a smettere di sentire il suono delle cicale. Non stanno più cantando, forse non hanno mai cantato davvero. Stanno piangendo, in una foresta lontana, lì giacciono come carcasse bruciate, sono prede per qualsiasi creatura, del tutto indifese, del tutto incapaci di fuggire o nascondersi. E tu sei come loro, esattamente come quelle creature deboli e indifese.

    Ora puoi aprire gli occhi. D'un tratto, un silenzio pressante. Non c'è altro che silenzio, ed un buio totale. Ovunque ti volti, non vedi niente, solo te stessa, il tuo letto, le coperte bianche imbrattate di sudore. In uno sprazzo di lucidità ti rendi conto che è solo una piccola pausa, una tregua voluta da un carceriere crudele che vuol farti ricordare cosa significa la parola quiete. Ma i passi e le voci di quelle persone ed il pianto incessante delle cicale sono lì che ti aspettano, di fronte a te. Ancora poco, e torneranno.

    « Desideri che il dolore finisca? »
    Una voce aliena nel buio.
    Senti quella domanda senza udirla davvero. Una voce che rimbomba da dentro la tua testa.
    Non c'è tempo per pensare, né per fare alcunché. Solo una scelta... "Sì" o "No".

     
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  2. .Frederica
     
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    « Intro. »
    Made the choice to go away.
    Drank the fountain of decay.
    Tear a hole exquisite red.
    Fuck the rest and stab it dead.
    Broken, bruised, forgotten, sore;
    Too fucked up to care anymore.

    . . . . . . .

    « Perchè l'hai fatto amore ? »
    « Perchè ci hai uccise ? »

    « Mi chiedi il perchè ? »
    « Le vostre facce mi avevano stancato. »
    « Il vostro corpo, la vostra anima... Non stanno meglio a pezzi ? »
    « Avreste dovuto capirlo che la vostra figlia, la vostra sorella, non era più la stessa. Per quanto mi riguarda siete tue puttane la cui testa si è accidentalmente scontrata con il mio coltello. »
    « Ed ora fuori dalle palle, so' benissimo che siete solo un fottuto ricordo, inutile che ci giriate intorno. Siete morte. Finite.
    Ho impacchettato io stessa i vostri resti!
    »
    « ANDATEVENE! »

    Ordinaria follia. Ricordi, visioni o perfino apparizioni.
    Quante volte aveva vissuto tutto ciò. La realtà, la sua realtà, era divenuta quella. Non viveva nel presente, ma nella propria testa. Era padrona del suo mondo, nonostante questi la mettesse sempre a confronto con quelle due maledette.
    Ci provava gusto a torturarla, anzi, a torturarsi. La pazzia era l'unica cosa che la rendeva ancora umana. Ironico effettivamente. Poteva essere considerata ancora una ragazza soltanto per via di quella patologia così "terrestre".

    Questa volta però era diverso. Non era in preda ad una sua crisi psicotica. Non aveva assunto nemmeno una dose eccessiva di farmaci.
    Semplicemente non dormiva.
    E nemmeno era sveglia.

    Rapita da qualcuno forse e magari anche drogata. I medici non le avrebbero mai fatto questo.
    Una vampata di calore la investì, come se stesse amabilmente bollendo.
    Non riusciva a destarsi, non riusciva nemmeno a muoversi.
    Le sue palpebre erano serrate, impossibilitate ad aprirsi.
    La mente intanto viaggiava, si fece prendere del nervosismo, dall'ira e dalla foga. Avrebbe tanto voluto conficcare le unghie nella sua stessa carne ma era costretta a rimanere immobile. Mentre il suo ego diveniva sempre più instabile un suono, un dannatissimo suono, iniziò a penetrare nel suo cervello.



    Come se non fosse già abbastanza instabile di suo. Quel dannato baccano l'aveva frastornata, la torturava perfino.
    Voleva scuotere la propria testa cercando di scacciare via quel dannatissimo verso ma non ci riuscì, come al solito.
    Ora, oltre al rumore delle cicale si aggiunsero anche delle voci.
    Non erano le solite voci che la istigavano ad autodistruggersi.
    Erano diverse, normali.

    Attraverso le proprie palpebre sembrò riuscire a vedere qualcuno.
    Camici bianchi.
    Era tornata al suo adorato manicomio ?
    Purtroppo no.
    Il fottuto frinio non terminava, anzi, si faceva più insistente, arrivando perfino a rimbombare in ogni singola vena del corpo della ragazza.
    Non poteva resistere oltre.
    Non poteva rimanere lì, senza procurarsi o procurare dolore.
    Era una dannata tortura!

    Ed ecco, ancora visioni. Era al limite.
    Le sembrò di esplodere.
    Mentalmente i suoi denti si serravano con forza e così le sue mani.
    Le unghie pentravano nei due palmi ed il dolore provò a riportarla alla realtà, al suo mondo.
    Pensò di esserci riuscita. Tutto era ritornato calmo.

    Spalancò di colpo i suoi verdi occhi e si ritrovò in un candido letto, proprio come quello della sua cella d'isolamento. Si passò un mano sulla fronte, gettando via il sudore formatosi.
    Le coperte erano umide e calde.
    D'improvviso la sua mente tornò nel proprio mondo.
    Chi era stato a farle ciò ?
    Avrebbe sicuramente trovato quel bastardo e gli avrebbe strappato via la carne dalle ossa, con le proprie mani.

    Deglutii, assoporando già la propria vendetta.
    Le sue mani, la sua anima ed il suo mondo vivevano per quei momenti d'estasi.

    « Desideri che il dolore finisca? »

    I suoi occhi fissavano il vuoto di fronte a sé.
    Non vi era alcuna espressione sul suo viso, non era lì che mostrava i propri sentimenti. Nel suo cuore, era lì che era posto il suo mondo perverso.
    La sua voce uscì dalle labbra in maniera tagliente, netta, tanto da sembrare irreale.
    Era la sua decisione, solo lei avrebbe potuto recare dolore a sé stessa.

    « Sì. »

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    « Questo è impossibile. »
    Nonostante la voce fosse atona e svuotata di ogni sentimento, suonò quasi canzonatoria nel suo essere ineluttabile. "Impossibile", come a voler dire che il dolore non può cessare.
    La pausa si prolunga, ma la consapevolezza che ad ogni secondo che passa si avvicina sempre di più il ritorno dello stridere delle cicale ed i rumori dei passi di quelle persone è opprimente, schiaccia la mente e ne sottrae la libertà di pensare lucidamente.
    « In ogni momento. In qualsiasi istante. Gli uomini sono consapevoli che il dolore non può essere evitato in alcun modo. Il dolore è sinonimo della fine, e la fine è naturale conseguenza dell'essere. Dunque perché fuggi? Perché desideri la fine del dolore, quando sai che non può avere fine? »

    Un lampo di dolore fisico che si fa largo fra l'incoscienza. Lo zampettare distante, ma sempre più vicino, il rumore di passi e di voci umane ovattato dalla distanza ma che lentamente, inesorabilmente, va sempre più approssimandosi. Stanno tornando. Stanno per tornare. Sono vicini, sempre più vicini. Ormai manca poco...

    « Tu che conosci il dolore, puoi esserne consapevole. Puoi studiarlo, e comprenderlo. Allora, forse, non lo vedrai più come adesso, e potrai scegliere di non cercare scioccamente di fuggirlo sebbene nella tua mente sai che il dolore non può essere evitato. »
    Un lungo istante. Un attimo di respiro.
    Eppure, quanto di questa verità può essere comprensibile ad una mente martoriata?
    Ma i passi... il frinire delle cicale... ecco: si stanno avvicinando. Sono alla porta.
    « Chiedilo. Desideralo. »
    La voce si fece incalzante.
    « Io ti mostrerò la fine dell'essere ed il suo senso. Sarai Veggente dell'unico vero futuro. »

     
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  4. .Frederica
     
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    « Intro II »
    Made the choice to go away.
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    Fuck the rest and stab it dead.
    Broken, bruised, forgotten, sore;
    Too fucked up to care anymore.

    . . . . . . .

    « Questo è impossibile. »
    « Non prendermi per il culo, bastardo! »

    Stanno tornando. Stanno tornando. Stanno tornando. Stanno tornando. Stanno tornando. Stanno tornando. Stanno tornando. Stanno tornando.

    Ripeteva ossessivamente queste parole nella sua mente. Le poteva sentire nuovamente arrivare. Sarebbero giunte ancora, per farla impazzire e per distaccarla dal suo mondo. La miscela di rabbia e paura la portò a cercare con lo sguardo un qualsiasi oggetto contundente che le potesse essere utile come arma.
    Sapeva difendersi.
    E l'avrebbe fatto.

    Vuoto. Intorno a lei vi era il nulla, come se fosse sospesa in un qualche squarcio spazio-temporale. Il tempo sembrava non scorrere, lo spazio intorno a lei era sconfinato ed ignoto. Solo l'oscurita.
    L'oscurita da lei tanto venerata la stava abbracciando; non un abbraccio affettuoso, ma quasi un tentativo di soffocamento, di reprimere ciò che lei stessa aveva aiutato a creare.

    « In ogni momento. In qualsiasi istante. Gli uomini sono consapevoli che il dolore non può essere evitato in alcun modo. Il dolore è sinonimo della fine, e la fine è naturale conseguenza dell'essere. Dunque perché fuggi? Perché desideri la fine del dolore, quando sai che non può avere fine? »

    « Cazzate! Il dolore ha fine. »
    « Quando recido una testa la mia vittima smette di provare dolore. Contemporaneamente io smetto di provare piacere. Per questo cerco sempre più persone da uccidere! »
    « Non parlare come se sapessi tutto di me!
    Nemmeno io riesco a capire me stessa a volte!
    »

    Urlava la sua rabbia, la sua verità ed il suo dolore. Proprio quest'ultimo si presentò nella sua forma più fisica. Delle fitte dolorose in tutto il corpo fecero contorcere l'esile corpicino della ragazza.
    Si piegò su sé stessa portando le gambe vicino al petto, cercando di mantenere dentro quell'immenso tormento.
    Come se non bastasse, si fecero sentire di nuovo loro.
    Quelle dannate voci e quelle cicale.
    La tormentavano, provocandole anche del dolore psicologico.
    Ora ne era preda al 100%, sia nel fisico che nella mente.

    « Tu che conosci il dolore, puoi esserne consapevole. Puoi studiarlo, e comprenderlo. Allora, forse, non lo vedrai più come adesso, e potrai scegliere di non cercare scioccamente di fuggirlo sebbene nella tua mente sai che il dolore non può essere evitato. »

    « Comprenderlo ? Il dolore è solo un mezzo attraverso il quale provare del piacere. Chi fa del male lo fa perchè ne trae una goduria immensa! »
    « Il dolore è necessario.
    Il dolore ed il piacere sono ciò che mi fanno sentire viva!
    »

    Continuava ad urlare le sue ragioni, mentre il suo viso era inondato di sudore.
    Il resto del suo corpo invece trasudava voglia.
    Voglia di uccidere;
    voglia di andarsene da quel posto infernale;
    ma soprattutto, voglia di mostrare al resto del mondo di essere viva.
    Infondo il dolore ed il piacere sono strettamente correlati, così come l'inizio e la fine.

    « Chiedilo. Desideralo. »
    « Io ti mostrerò la fine dell'essere ed il suo senso. Sarai Veggente dell'unico vero futuro. »

    « Se davvero puoi farmi vedere, assaporare e partecipare alla morte, alla fine, allora così sia.
    Non c'è nulla di più vivo della morte!
    »

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    « Sbagli, donna. »
    Un dolore lancinante, come se degli aculei fossero penetrati fin sotto la pelle strappando via la carne pezzo per pezzo, lentamente, provocando un dolore disumano e insostenibile. La Prescelta venne invasa dalla sofferenza fisica, immediatamente seguita dalla sofferenza dell'anima. Orribili immagini del suo passato, le voci di persone assassinate e l'eco di un tempo cui ogni stilla di gioia o felicità è stata completamente prosciugata. Tutto questo condensato in un attimo, un breve istante di tortura fisica e mentale, in cui la volontà della donna viene messa alla prova mentre ella riceve la reliquia del suo patrono.

    « Se riesci a vivere solo uccidendo, allora così sia. Uccidendo, misurerai la tua volontà nel luogo che ti compete e per cui sei stata scelta. Il tuo desiderio di fuggire dal dolore sarà osservato, pesato e misurato. E dopo che ne avrai dato prova, se sarà giudicato sufficiente, esso sarà appagato. Potrai ottenere ciò che così a lungo hai anelato: la vera libertà, la reale fuga da ogni peccato e da ogni dolore. »
    Come in un incubo agghiacciante e reale quanto la verità, la Veggente avrebbe visto i suoi polsi stillare sangue, il suo sangue. Qualcosa si contorceva e si muoveva sotto la sua pelle, come se le sue vene fossero vive. Sentiva distintamente quella cosa agitarsi, e con sommo orrore -lentamente- capiva di che cosa si trattava. In quell'istante comprese tutto: la natura di quella creatura che si era fusa con lei, il perché della sua esistenza e ciò che comportava per lei. Comprese ciò che l'aspettava nella Camera dei Prescelti Eterni, e vide per un istante la sua ricompensa... Il suo premio.

    « Vai, adesso. E se la tua volontà ti sosterrà, allora finalmente otterrai la pace. »
    Un lampo di luce colpì il suo volto, accecandola per un istante, dopodiché il buio scomparve. Dietro di se, la Veggente poté sentire il pianto delle cicale e le voci delle persone allontanarsi, fino a sparire lentamente. Se n'erano andati! Se n'erano andati! Era riuscita a fuggire loro! Ma adesso... un dramma più grande stava per iniziare.

    Vestita soltanto del suo camice da notte, la Prescelta si trovava in piedi, i piedi nudi che premevano su di un pavimento di terra battuta. Alle sue spalle, una porta di chiude con fragore, e ad essa non resta che attendere l'arrivo del metro vivente con cui la sua volontà sarà misurata...

    ~ Scena Conclusa
    Prosegue nella Camera dei Prescelti eterni, nell'Arena Ovest.

     
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4 replies since 26/3/2010, 21:15   140 views
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