Covenant

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  1. Ra¡n
     
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    Quasi un’ora di volo a centinaia di metri dal terreno, in sella ad un animale mitologico sprovvisto delle più elementari norme di sicurezza.
    Si fece tutto il viaggio abbarbicato al corpo della creatura, stando quasi disteso e abbracciando il collo della bestia sia con le braccia che con le gambe. Una stretta ermetica dettata dall’istinto, che non fu allentata finché il volatile non ebbe terminato la sua esperta manovra di atterraggio.
    Quando finalmente toccò la terra con entrambi i piedi, Rain liberò un lungo sospiro di sollievo.
    Gli ci volle più di qualche istante, per riprendersi completamente dalla brutta esperienza; era sempre stato un uomo tutto d’un pezzo, ma un mezzo come quello che lo aveva condotto alle soglie del lugubre castello era ben diverso da uno qualunque dei numerosi aerei che aveva preso in passato.
    E poi faceva dannatamente freddo, tanto che aveva perso la sensibilità delle mani e sia naso che orecchie erano paragonabili a due scintillanti ghiaccioli.

    Si guardò attorno senza smettere di sfregare le mani tra loro – anche se era atterrato, le condizioni termiche non erano migliorate granchè – ed iniziò a camminare lentamente in circolo, in attesa che qualcuno lo ricevesse, o almeno gli mostrasse come entrare.

     
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  2. Raphael'
     
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    Ti è sufficiente addentrarti di un paio di passi nel borgo per essere investito da una zaffata di calore ed odore di zolfo: nel mezzo della piazza antistante l'attracco arde un rogo colossale, ed attorno alla recinzione in pietra che gli fa da camino improvvisato puoi vedere una fiumana di popolani affaccendati. Uno di loro, vedendoti perso, poggia una botte che stava trasportando in spalla per rivolgerti un “Ragazzo!” gridato a pieni polmoni. E' un uomo alto e robusto, sulla cinquantina, con capelli grigio ferro tonsati dal sorgere di una stempiatura abbondante e grossi baffoni a manubrio: dal volume del braccio, lo si direbbe un fabbro.

    [...]

    “Ehi, ragazzo!” ripeté l'omaccione, senza troppo pudore.
    “E' raro vedere gente salire in groppa a quelle bestie. Tu e i due di ieri siete stati gli unici, nell'ultimo mese.”
    E si avvicinò abbastanza da sottolineare i due metri di stazza, che il grembiule sporco di catrame
    e fuliggine ferrosa contribuiva a rendere ancor più incisivi.
    “Lucien MacNay, fabbro dei baraccamenti.” annunciò in tono gioviale, afferrando la mano di Rain fra le sue per scuoterla in una stretta che, non fosse stato per la forza del mercenario, lo avrebbe
    sbattuto come e peggio delle uova nella maionese.
    “Che non dovrai mica andare al castello
    come quei due, eh?”

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    Ho collocato l'arrivo di Rain come cronologicamente successivo di un giorno a quello dei messi di Laputa. Spero mi condonerai questa piccola licenza. =)

     
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  3. Ra¡n
     
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    Resosi conto che girare in tondo non lo avrebbe portato a nulla se non a consumare le suole degli anfibi, decise di fare come fosse stato a casa sua, ed avanzò nel borgo finché non fu fermato dagli schiamazzi di un grosso lavoratore.
    C’era molta gente attorno, e l’aria era riscaldata da un grande falò che diffondeva calore e puzza di bruciato.
    Il cambio di atmosfera era stato così repentino da fargli lacrimare gli occhi.
    Nemmeno il tempo di formulare una risposta o una domanda, che già l’uomo gli stava stringendo la mano con una forza davvero notevole.
    La ritrasse subito, senza mostrare neanche l’ombra di un sorriso.
    Quello scimmione puzzava, ed era fin troppo invadente per risultargli simpatico.

    Non so chi siano quei due.
    E… sì: devo andare al castello.


    Esordì, sporgendosi oltre le spalle dell’interlocutore per tentare di osservare meglio lo scenario, e allo stesso tempo cercare una via rapida per raggiungere la fortezza.

    Saresti così gentile da indicarmi la strada?
    Concluse, cercando di utilizzare un tono di voce che risultasse il meno scocciato possibile.

     
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  4. Raphael'
     
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    “Hmmmsì, capisco.”
    Commentò il fabbro, rivolto più a sé stesso che non a quel burbero, bizzarro abitante di sotto.
    “La fortezza del lord alfiere è dall'altro capo della piazza, ragazzo.” ed indicò un punto imprecisato oltre l'enorme braciere scoppiettante, pilotando l'indice fino a fargli raggiungere il profilo scuro di cinque torri disposte a pentagono chiuse attorno ad una più solida -e ben più alta- torre centrale. L'imponenza dell'edificio era spaventosa, quasi grottesca. “non puoi sbagliare.”

    “Certo è che” aggiunse Lucien MacNay, meditabondo “il nostro signore riceve ben poche visite, aye. Certi dicono che sia un potente mago malvagio, ma non è che qui ci sia mai mancato niente. Tanto cattivo, quindi, non deve essere.”
    Sorrise di un largo sorriso che gli raddrizzò i baffi impomatati di fuliggine, subito arricciati di nuovo da pollice ed indice. Doveva essere una sua vanitosa abitudine.
    “Non so nemmeno come si chiama, il nostro alfiere. Vedi solo di stare attento.”
    E si congeda portando la destra alla fronte in un saluto informale, venendo subito
    ingoiato dal tran-tran della folla in festa.

    SPOILER (click to view)
    Ci siamo. Basandoti in-gdr sulle indicazioni ricevute dal fabbro, descrivi l'arrivo di Rain ai portoni: per arrivarci, incontrerà un grosso cancello di ferro battuto -aperto- dal quale si accede ad un piccolo ponte di pietra sospeso. Alla fine di questo, il colossale portone in legno di quercia che conduce al primo piano della torre centrale.
     
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  5. Ra¡n
     
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    Rispose al cenno di saluto con un formale ringraziamento, e si tuffò a sua volta nella folla, fermamente intenzionato a raggiungere il castello: poco gli importava degli avvertimenti del fabbro.
    Erano pur sempre gente semplice, popolani ignoranti e superstiziosi.
    Si lasciò la piazza e l’atmosfera di festa alle spalle, attraversando un grande cancello di ferro e ritrovandosi così su di un piccolo ponte sospeso a svariate centinaia di metri d’altezza.
    Davanti a sé poteva vedere la torre centrale indicatagli dal fabbro poco prima, e a separarlo da essa notò soltanto un grosso portone di legno.
    A giudicare da quanto in fretta camminava, doveva avere tutta l’intenzione di varcarlo immediatamente.

     
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  6. Raphael'
     
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    Ancora prima che la mano di Rain, noto a pochi come Jurgen Wolf, potesse incontrare il legno dell'anta nel prodursi di un rintocco per richiamare l'attenzione di ipotetici paggi in livrea, il portone si spalancò con uno scricchiolìo sommesso, lasciando spirare dall'interno un alito di aria viziata. La soglia si affacciava su di un grande, immenso salone dal pavimento in marmo su cui era ricavato lo stemma del casato Aldeym, la mano rampante in campo borgogna. Alla base del polso, tuttavia, svettava una seconda araldica, ormai sbiadita dal tempo. Una seconda porta, posta alla sommità di due rampe di scale che si aprivano a ventaglio sulla parete dirimpetto all'ingresso, parve schiudersi per un breve istante senza che nessuno l'avesse spinta. Probabilmente, il vento.
    “Desidera?”
    O forse, no.
    Alle spalle dell'uomo comparve una donna bionda e scarna, dai capelli color cenere legati in una lunga treccia. Parlava con voce pragmatica, compassata, quasi gelida: tanto gelida, va detto, da dare l'impressione che la temperatura della stanza si fosse
    improvvisamente abbassata.

     
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  7. Ra¡n
     
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    E come nei B-movie dell’orrore che tanto lo divertivano anni addietro – quando li guardava da bambino, tutto solo in una delle stanze della villa estiva con tanto di megaschermo – le porte del castello sembravano avere l’abitudine di aprirsi e richiudersi da sole.
    Non si diede molto da pensare, sicuro che di lì a poco qualcuno sarebbe apparso alle sue spalle: era anche quello un classico; in presenza di antichi manieri e porte che si muovono da sole, come aspettarsi qualcosa di diverso?
    Infatti, fece appena in tempo a dare un’occhiata ad uno stemma sconosciuto, che una voce quasi lo fece trasalire.
    Era una voce femminile, fredda ed atona. Ricordava solo una donna capace di parlare con un simile timbro vocale, ed erano ricordi tutt’altro che piacevoli…
    Si voltò, quasi certo che fosse lei.

    E rimase deluso dalla scoperta: non era abituato a prendere i granchi.

    Sì. Per l’appunto, ho un solo desiderio.

     
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  8. Raphael'
     
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    Si. Per l'appunto, ho un solo desiderio.
    “Capisco.” rispose la donna con voce di seta “E' usanza, da queste parti, gettare un conio d'argento dal limitare dell'isola fluttuante per far si che i propri desideri si avverino.”
    ed aggirò brevemente il nuovo venuto, portandosi al suo fianco. Sembrava ne stesse -non troppo-
    educatamente scrutinando le intenzioni.
    “O almeno, questo è un costume che va per la maggiore. Resiste pur sempre una minoranza
    che ha il cattivo gusto di importunare il nostro lord alfiere.”
    Si arrestò, facendo cenno all'uomo con gli occhi di seguirne il braccio,
    steso con grazia marziale ad indicare l'uscita.
    “Quale che sia la categoria da cui lei proviene, il signore del Nord non concede udienza.
    Pertanto, la inviterei a riferirmi quanto ha da dire ed
    a lasciare immediatamente il palazzo.”
    Il gelo si acuì.

     
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  9. Ra¡n
     
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    Le cose non stavano andando esattamente come previsto.
    Non soltanto l’Alfiere non riceveva visitatori, ma il servo che era stato spedito per accogliere Rain era dotato di un dubbio senso dell’umorismo, ed una ancor più dubbia concezione dell’ospitalità.
    Seguì con il capo i suoi movimenti, non staccandole mai gli occhi di dosso mentre gli girava attorno.
    Iniziava anche a far freddo, ma l’uomo era ben lungi dal ricollegare quello strano avvenimento alla presenza della donna. A dire il vero, non ci stava nemmeno facendo caso: il suo corpo avvertì il calo di temperatura, ma la sua mente non fece lo stesso.
    E’ dunque questa l’ospitalità di voi gente del Nord?
    Sono qui per offrire i miei servigi al signore di questo castello.

    Rimase fermo, rivolgendosi a lei con un pizzico di sarcasmo nel pronunciare la prima frase, ma terribilmente serio nel dire la seconda.

     
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  10. Raphael'
     
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    Inaspettatamente, la donna eruppe in un breve, educato accesso di risa.
    “Ospitalità? Nel Presidio del Nord?” sillabò entrambi i concetti con una voce tanto stridula da sfiorare il falsetto, assottigliando i grandi occhi bigi e portando una mano a coprire la bocca. Una risata più simile alle strida di un falco in picchiata che non ad una più genuina dimostrazione di ilarità o condiscendenza -e almeno dieci volte più terrificante. Subito ricompostasi con la simulazione di un altrettanto educato -e, naturalmente, altrettanto falso- starnuto, il sorriso le scivolò via dal viso rapido come una colata di cera calda, lasciando dietro di sé nient'altro che duro, malcelato disprezzo.
    “Mio giovane, disinformato amico.” nel dirlo, non fu affatto avara di sottolineature. “La nostra roccaforte -e sono ben fiera nel dirlo- è a buon diritto fra le più protette di Endlos, e l'alfiere ne è molto geloso; così come, potremmo dire, è più che giustificatamente geloso della propria salvaguardia.”
    Una piccola pausa, calibrata al millimetro per insaporire la chiosa
    di quelle due gocce di vetriolo in più.
    “Da qui è facile dedurre come "ospitalità" non comporti che chiunque, su semplice richiesta ed assolutamente privo di credenziali, possa ricevere uno dei quattro maggiorenti del Castello Centrale.”
    E si voltò, concludendo l'arringa in uno schiocco di dita che schiuse le ante della porta in cima alle scalinate congiunte, affacciata su di un corridoio tappezzato da arazzi e paramenti borgogna.
    “A quanto pare, non è una deduzione così ovvia come credevo. Non per tutti.”
    Stese il destro ad indicare la strada spalancata, srotolantesi nelle viscere di quel titano granitico che i residenti, con un grande sforzo di fantasia e -soprattutto- coraggio, si ostinavano a definire castello.
    “Tuttavia,” e qui, la sorpresa “ho deciso di fare
    un'eccezione.”

    ___________
    Avventurandoti nel corridoio su invito del siniscalco di Banebriar, non ti saresti imbattuto in nulla più e nulla meno di dieci minuti di cammino; quindici; venti. Non c'è bisogno di scomodare né la matematica né tantomeno il buonsenso per capire che qualcosa non quadra. Con la coda dell'occhio, noti che le candele alloggiate sulle braccia dei candelabri a muro (tutti posti alla stessa distanza, calcolata al millimetro) hanno la stessa lunghezza e la stessa velocità nel consumarsi. Inoltre, un coagulo ingrigito di polvere e sporco sul bordo sinistro del tappeto tende a sua volta a ripetersi indefinitamente e con precisione geometrica, quasi fosse un motivo impresso nel tessuto e non una semplice macchia. Dopo circa mezz'ora di cammino, una porta.
    Una volta aperta, vieni schiaffeggiato da un alito di brezza gelida: ti trovi esattamente al portone d'entrata varcato appena pochi minuti prima, con l'unica, significativa differenza che le due ante titaniche non accennano a muoversi -e non si muoveranno. Il prodigio è avvenuto con calma innaturale, ed non ha scomodato che gli sguardi vagamente perplessi delle quattro guardie assegnate alla pattuglia del ponte, che stanno domandandosi -e continueranno a domandarsi- come mai
    quello sconosciuto, sinistro visitatore abbia abbandonato il palazzo così in fretta.
    E qui, la sorpresa.

    SPOILER (click to view)
    Un brutto scherzo, lo so. Purtroppo, per rigide ragioni di Background -e anche, non dimentichiamolo, perché il siniscalco del nord è un personaggio molto, molto stronzo- Moloch non può ricevere visite fino alla conclusione del ciclo quest de "Called from Above", la cui trama implica un costante tentativo di assassinarlo.
    Il PNG -oltre ad essere, ricordo, piuttosto stronzo- ha il potere di manipolare indefinitamente il tessuto spaziale del Castello di Banebriar. Da qui, la sorpresa (cit.) :geez:
    Tuttavia, ringrazio delle belle giocate. In giustapposizione, un punto assegnato
    ad entrambi che certo male non fa.
     
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9 replies since 28/3/2010, 18:56   264 views
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