La Stanza Est

Legge e Pestilenza

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    La Camera dei Prescelti Eterni è un'enorme sala sotterranea dove pareti di un'arcana pietra nera simile ad un marmo oscuro formano una gigantesca stella ad otto punte, le cui quattro punte poste alle direzioni cardinali formano colossali arene triangolari dalla pavimentazione di terra battuta.
    I Prescelti entrano nell'arena in stato di trance, attraversando i due enormi portoni che sono l'unico accesso possibile. Si risvegliano quando sono già all'interno dell'Arena, illuminati dal richiamo della loro divinità patrona, decisi e motivati alla lotta. Non ci sono regole e non ci sono limitazioni, le mura della Camera dei Prescelti Eterni sono virtualmente impossibili da abbattere al pari delle porte d'acciaio nero. Non ci sono sguardi estranei o spettatori che osservano ciò che avviene nella Camera, ma i Prescelti sanno che si trovano sotto l'implacabile sguardo degli Dei loro patroni, poiché in questa ordalia essi gli rappresentano e sono lo strumento attraverso il quale si deciderà lo svolgere di un intero ciclo dell'esistenza.

    Nella Stanza Est entrano in campo L'Autarca del Dio della Legge e l'Untore del Dio della Peste. Di fronte a loro la parete più ampia dell'Arena, di venti metri circa, alle loro spalle le pareti vanno lentamente a congiungersi fino a formare un angolo. Sono separati da dieci metri esatti.
    Il duello si svolge in un post di presentazione ed un massimo di cinque post attivi, e termina allo scadere dei turni previsti o nel momento in cui uno dei due contendenti si arrende. In entrambi i casi, è necessario avvertire nell'apposito topic ed attendere il giudizio unico. Dopodiché, il vincitore formale del duello potrà eseguire un post conclusivo di vittoria.

    Il primo turno spetta all'Untore del Dio della Peste.

     
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  2. Alexander_III
     
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    E' un assassino che uccide per falsi idoli e la cui cecità ha portato solo distruzione...


    Rimbombava nella sua mente l'eco di quella frase, mentre lentamente l'ambiente circostante cambiava, improvvisamente divenne tutto nero, e seppe che la sua mente lo abbandonò in uno stato di incoscienza, dove l'unico tintinnio prepotente erano quelle parole.

    Gli aprirò gli occhi.


    Unica certa convinzione. La sua missione era debbellare il mondo da questo cranco che lo prosciugava, e non si sarebbe arreso finchè la morte non lo avrebbe fermato.
    Ma della morte lui non aveva più paura.

    E così sia.

    Avrebbe lottato contro la persona che andava contro i suoi ideali.
    Avrebbe lottato.
    Avrebbe vinto.


    Non perchè il suo avversario fosse debole, non perchè lui fosse invincibile, ma perchè dalla sua parte aveva il suo Dio a proteggerlo, non avrebbe permesso al suo figlio prediletto di perire.
    No!

    Lui era l'untore del DIO della Peste.



    Aprì gli occhi e ciò che vide gli piacque, era in un arena spoglia. Gli ricordava vagamente le arena in cui era abituato a combattere per il piacere dei ricchi.
    Ma questa volta benché fosse deserta l'arena, spettatori molto più importanti osservavano l'imminente scontro.
    Una imponente adrenalina gli crebbe dal profondo dell'animo, seppe che in quell'incontro avrebbe dato tutto, perchè così era giusto.
    Il suo Dio sarebbe stato orgoglioso del nuovo giocattolo, un giocattolo costruito per l'uguaglianza nel mondo.

    Dammi la forza.


    Il gladio nella mano destra roteò, l'ultimo richiamo al Dio fu completato, ora era il momento di combattere.

    CITAZIONE
    Fa schifo ma è solo l'introduzione, in bocca al lupo.

     
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  3. Evan O' Byrne
     
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    Nel momento esatto in cui il Dio accennò al suo avversario, qualcosa risuonò nitido nell’animo di Evan, procurandogli un fremito ben trattenuto nelle viscere da una facciata di calma imperturbabilità.
    Senza neanche conoscerlo, senza neanche mai averlo visto, l’Autarca sapeva che lui e quel Prescelto erano opposti e inconciliabili: uno il Giorno, l’altro la Notte; uno possedeva la Luce divina e perfetta della Legge, l’altro l’Oscurità eterna e dolorosa della Pestilenza.

    L’uno l’Ordine, l’altro la Disgregazione di tale ordine e di ogni moralità.

    Si affacciò alla lotta e alla nuova vita con un sorriso sghembo, che pareva una ferita senza sangue sul bel viso giovane, mentre metteva da parte tutto il resto, ridotto allo spettro cromatico di una Belfast in bianco e nero, dove il sangue sembrava solo una macchia d’inchiostro sul foglio bianco della storia.

    Squadrò il tipo che aveva davanti –un uomo alto, nerboruto, che con la sua fisicità massiccia schiacciava e comprimeva tutto il resto, facendo sentire il Corvo come un chiodo aguzzo, lucido e freddo – e si chiese che sapore avesse la Legge per chi la subisse; se il tanfo del carcere, o l’atmosfera asettica dei tribunali, o l’odore muschiato delle pagine di un vecchio libro incomprensibile, come quello che stringeva tra le mani.
    Attraversando un’ultima volta i fantasmi e le assenze della sua memoria, i corpi sparpagliati come coriandoli nelle cecità dei vicoli di una città grigio ferro, affondò appieno i denti e il respiro in quell’anelito di eternità.

    Vita, vita: essere fuori.
    Vita, ancora vita.
    E lui in fiamme.

     
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  4. Alexander_III
     
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    «La malattia presenta innumerevoli aspetti squallidi, molti dei quali tu conosci anche troppo bene, mio caro», disse a Jack mentre erano insieme nella cabina del commodoro, «e tra questi, in un certo senso il peggiore è il totale egoismo del malato. È vero che un organismo impegnato a sopravvivere deve necessariamente concentrari su sé stesso, ma la mente che abita quell'organismo è talmente incline a indulgere anche quando la necessità non sussiste...»

    Il suo nemico era malato, una mallattia incurabile con i soli medicinali, malato di strane convinzioni.

    Legge! Legge!

    Che parola assurda, un modo raffinato per dire ai meno fortunati, ve lo metto al culo ma per iscritto.
    Chi è il pazzo che ha detto La Legge è uguale per tutti?
    Nessun patto sociale può render l'uomo schiavo di un altro.
    Bisogna essere liberi di agire nel bene, liberi dalla sudditanza psicologica.

    Se è vero che la mia libertà finisce, dove inizia quella di un altro.






    Il suo avversario era un ragazzo normale, fisico asciutto, capelli corvini, non un mostro di stazza.
    Normale, silenzioso.
    Nessuna parola, i due evidentemente non avevano bisogno di conoscersi, sapevano di dover combattere.
    Non c'entrava l'antipatia, il fatto che manco si conoscessero non gli poteva evitare di combattere.
    Dovevano lottare. Tutto il resto poco contava.

    Lottare perchè così i loro Dei volevano.
    Lottare perchè si doveva vedere chi fosse il Dio più forte.
    Loro, i prescelti.
    Lottare.
    Come carne da cannone.


    Pedoni di una scacchiera con un progetto più ampio, dovevano avanzare, eliminare gli altri pedoni e sacrificarsi.
    Come fidi alfieri, combattere al fianco del proprio re fino a fare scacco matto.

    Il gladio in mano era pronto, pronto per ricevere i doni del suo adorato Dio.

    Aiutami mio Padre, perdona questo essere e donagli la luce.
    NON SA DI ERRARE.
    Perdona la sua ignoranza.



    Il suo corpo immediatamente si ricoprì di aura violacea, ma al nostro untore parve come essere ricoperto da una luce folgorante, abbagliante, la luce della verità.
    Anche il suo gladio subì stessa sorte, innalzato al cielo, brillava di luce propria.

    Perdonalo perchè ha peccato.


    Poi la rabbia del gladiatore avrebbe fatto il suo corso.
    La spada avrebbe impattato contro il terreno, dividendolo, spaccandolo, come burro sciolto al sole.
    Dalle sue viscere migliaia di topolini famelici avrebbero corso alle calcagna del mal capitato avversario, mordendo, graffiando, contagiando.
    Ma agli occhi del nostro untore sarebbero parsi teneri coniglietti che festosi danzavano accanto al suo “amico” che avrebbe conosciuto finalmente l'amore del suo Dio.
    E così anche la nube tossica che si sarebbe sparsa dalla sua spada dopo il contatto con il terreno, avrebbe assunto tenue colorazione rosate, per dare l'aria adatta ad una festa.

    Sembrava tutto perfetto.
    Peccato che il nemico avrebbe sofferto.




    CITAZIONE
    Energia: 100 - 10 - 10= 80%
    Status: Perfetto

    Passiva:
    ≈Nugolo di mosche: Chi impugna un'arma consacrata al Dio della Putrefazione viene in parte posseduto, e corrotto fin nell'animo. Unica fra tutte le reliquie poggiate sull'ottagramma che rappresenta le otto direzioni, essa è la sola in grado di richiamare e nutrire bestie parassitarie, che circondano perennemente il campione prescelto che la impugna conferendo un'aura di putridume a dir poco nauseante, tale che perfino i guerrieri più valenti rigettano i pasti al suo cospetto. Una volta stretta la spada demoniaca e accolto fra le pieghe del proprio corpo queste bestie nella forma di grosse mosche, la maestà del paladino viene accresciuta in modo che chiunque, vedendolo, possa riconoscerlo per ciò che è: un untore, un campione del Dio della peste. Il nugolo di mosche che lo circonda è fitto e spesso, incessantemente circonda il paladino ronzando ferocemente ed attaccando chiunque si avvicini in un'area di tre metri con intenti ostili. Le narici, le orecchie, gli abiti, le piaghe del guerriero diventano la loro dimora, esse depongono le loro uova sulla sua pelle marcia e si nutrono dei suoi umori e della sua pelle morta, offrono protezione e sono portatrici di infinite malattie nauseabonde che aumentano splendidamente il contagio fra i mortali. Abilità Passiva

    Abilità utilizzate:

    ≈Bubboni Magnificenti: Sollevato il gladio e fatto rifulgere di energie oscure, il campione della corruzione condensa un'aura di energia attorno alla sua arma, che diviene suo scettro e mezzo di diffusione dei doni del suo Dio. L'impatto contro un qualsiasi corpo -o con il terreno- libera l'aura di energia immagazzinata nell'acciaio rugginoso, che si manifesta con un gas venefico che si espande salendo verso l'alto in un metro cubo d'aria. Il contatto con il gas venefico genera feroci bubboni sul corpo del malcapitato, la pelle si ustiona e si spacca mentre la piaga si fa largo nelle carni con magnifico dolore del malcapitato. Consumo medio.

    ≈Peste Preferita: L'aura attorno al paladino della pestilenza si scuote, si addensa e si oscura, tetro presagio a ciò che sta per succedere. Egli percuote il terreno con la sua spada demoniaca, fendendo la terra ed aprendola come se fendesse carni vive, e dalla ferita così procurata alla terra spunteranno centinaia di topi, sporchi e denutriti, orribili e malati, animati da malevola intelligenza e con gli occhi iniettati di sangue. Come un tappeto di pelo orrido e putrido, essi si dirigeranno come un esercito contro il loro nemico, mordendo e rompendo, rosicchiando e divorando, cercando di mangiarlo vivo. Hanno una potenza complessiva pari ad una tecnica di Livello Basso, risultando facili da distruggere, ma la loro forza è nel numero e nella terribile malattia di cui sono portatori: la peste rossa, che si dice sia la peste preferita del Dio che benedisse la lama, tanto da risultare dieci volte più rapida ad insorgere del normale.
    Le vittime di questo feroce bacillo magicamente potenziato accusano quasi immediatamente il fiorire di vesciche e bubboni che degenerano con il passare dei turni. Nei primi due turni dal contagio vedono l'insorgere di una lieve febbre ed un leggero accentuarsi della stanchezza; a partire dal terzo turno essa va aggravandosi gradualmente, aumentando la spossatezza nella vittima finché, nel quarto turno, non hanno inizio i deliri rappresentati da terribili allucinazioni; infine a partire dal quinto turno insorgono gli spasmi che mantengono la vittima sempre vigile per sette giorni, impedendole il sonno e costringendola in uno stato allucinato di dormiveglia finché morte non sopraggiunge allo scadere del settimo giorno. A nulla vale la grande resistenza fisica che si dice possa proteggere dalla peste e dalle malattie: giovani, adulti, vecchi e bambini, uomini e donne, ricchi e poveri sono colpiti con eguale furia dalla peste rossa. Consumo medio.
    Note: Spero sia chiaro,allora utilizzo la seconda abilità citata per condensare l'aurea viola intorna a me ed evocare i ratti, utilizzo la prima abilità (non mi chiedere il nome) per condensare l'energia intorno all'arma per il fumo viola.

     
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  5. Evan O' Byrne
     
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    Tracotante.

    Non poteva definirlo in altro modo; se credeva davvero in quel che diceva, perché ostentarlo? Se era così profondamente convinto della sua forza, perché sbandierarla come un vessillo logoro e marcio?
    E si ritrovò a pensare a sé stesso come a una figura immobile e muta, non morta ma neanche viva, perché trascendente la vita, ardente in mezzo alle ombre della sua stessa illuminazione, facendo sembrare la sua esistenza – la sua vecchia esistenza – una casa abbandonata, un luogo derelitto, ma indispensabile come l’aria.

    Fu solo la consapevolezza di un istante sepolto tra due battiti di cuore, ma tanto bastò a renderlo conscio di quanto la sua Nemesi fosse minuta e quasi senza scopo, perché col suo agire non faceva altro che sottostare alle sue Leggi.
    Le Leggi della Vita e della Morte, che con la loro natura barbara e cruda, grezza come un diamante incastonato negli intestini della terra, sottendevano la morale di qualsiasi uomo e la Natura stessa.
    Essa si regolamenta per non cedere alla dissoluzione di una crescita senza scopo, irrazionale quando preda dello sfrenamento delle passioni, giudicando sé stessa secondo arbitraria saggezza; perché la legge di giustizia è anche norma di misura, e questa si serve del diritto naturale, quando non può servirsi del diritto degli uomini.

    Nello stesso istante in cui l’altro conficcò la propria arma nel terreno, le dita sottili e bianche del Corvo scivolarono lievi sulla copertina consunta, aprendo il tomo con uno scricchiolio antico.
    Il nome risuonava chiaro nella sua testa, quasi violento, con tutta l’austera rigidezza di un coltello; e lui non restava che pronunciarlo.

    “Ghormath.”

    Disse evanescente, con una pacatezza quasi finta -da vecchio cinematografo-, e si rese conto che quella era l’unica cosa ad aver gracchiato sino ad ora, a dispetto di tutte le litanie sciorinate dall’altro.
    Non aveva bisogno di pregare, lui.
    Non l’aveva mai fatto.

    Lo stridio che seguì a svariati metri di altezza – non alzò lo sguardo per quantificare, impegnato com’era a disgustarsi per la torma infernale di topi che la ferita della terra stava vomitando – annunciò la sua comparsa; non dovette immaginarsi quanto magnifica e fiera fosse quella bestia, perché lui lo sapeva già; ma sperò che la sua abilità predatoria cogliesse nel segno – letteralmente.

    Dall’alto, il grifone sbatté le ali possenti, agitando l’aria con turbini e correnti che sferzavano entrambi; Evan non fece caso al vento che quasi tagliava la pelle, perché assorbito dall’ingrato compito di liberarsi di quei schifosi animaletti che lo stavano graffiando e mordendo con le minuscole sciabole dei musi e delle zampe. Più ne schiacciava inorridito i corpi, più questi sembravano aumentare, e l’apparizione di quella nube rosata non fece che peggiorare la situazione, mentre una strana stanchezza iniziava a intorpidirgli le membra…

    Sentire però il nuovo grido dell’animale – feroce, bestiale –, recluse i fantasmi dei suoi timori tra le viscere, incapsulati nella Fede incrollabile che nutriva nella sua causa, e che alimentava una fiducia senza remore per i suoi alleati.
    Così, a quello di Ghormath si aggiunse il suo, e la bestia si librò in alto, rapida come una freccia; sospesa in aria ad un’altezza vertiginosa, il grifone – dopo aver compiuto una mezza virata che la portò in posizione –, raccolse a sé le ali, gettandosi in una picchiata inarrestabile – o almeno così Evan sperava; il becco saettò come un monito sinistro, e la sagoma di piume e pelliccia si trasformò in una macchia indistinta e rarefatta, una perfetta macchina per uccidere.

    Se quello era l’inizio del loro randez-vous, allora l’irlandese sarebbe dovuto essere molto più che rapido: probabilmente le abilità del suo nemico gli consentivano di ammantarsi di una rassicurante distanza e dell’impietosa azione di altri orrori così simili a lui – similia cum similibus, diceva il proverbio –, e lui non avrebbe potuto resistere a lungo; doveva giocare tutte le sue carte, e doveva giocarle in fretta.

    E va bene allora, che finisse all’inferno!
    …Perché c’era solo carne da macello, lì; ma, a Dio piacendo, non sarebbe stata la sua.


    SPOILER (click to view)
    [color=black]≈ Ghormath: Come tutte le femmine della sua razza, Ghormath possiede un paio di ali piumate; essendo un esemplare piuttosto giovane, esse sono leggermente più piccole della media, e questo -unitamente al corpo più agile, flessuoso e minuto- rappresenta il suo più rilevante punto di forza in battaglia: la giovane femmina disporrà di una maggiore velocità e agilità di movimenti (quantificabile come un +50% nei due omonimi parametri), ma il prezzo di questa saettante rapidità è una tempra fisica inferiore alla media degli altri suoi simili (-50% in resistenza).
    L’evocazione permane in campo per 2 turni, e richiede un tributo energetico dell’evocatore pari a Medio

    ≈ Re in Cielo e in Terra: I grifoni sono bestie massicce e potenti, in grado di rivaleggiare sia con i più grandi dominatori dell'aria come anche sui potenti predatori della terra. Nemmeno i draghi osano affrontare un grifone se non in branchi, perché questi -pur essendo più piccoli e privi di corazze naturali- sono estremamente feroci, non temono la battaglia o le ferite e reagiscono con estrema violenza ad ogni attacco, tanto da rendere impossibile per qualsiasi bestia affrontarli con la piena certezza di non rimanere orrendamente mutilati per un potente colpo del loro becco adulto o a causa dei loro artigli; ad eccezione del loro Re i grifoni sono evocazioni di livello medio, con caratteristiche fisiche medie potenziate rispetto al normale, genericamente con un aumento in forza e velocità ma che può variare a seconda del profilo del grifone. Altro enorme vantaggio dei grifoni è la loro capacità di picchiata che non ha rivali, quando ripiegano le ali e si lanciano verso il basso i grifoni sono dotati di stabilità e agilità nello scarto notevole, tanto da permettere loro di godere di un bonus del 25% in velocità durante tali azioni. E' anche vero però che soffrono del grave handicap di non potersi librare in volo da terra, riuscendo a farlo soltanto lanciandosi da grandi altezze. Nella Camera dei Prescelti Eterni, questo malus è parzialmente compensato dalla possibilità di evocare i grifoni fino anche a diversi chilometri in alto nel cielo, garantendo quindi la possibilità di impiegarne l'abilità di volo almeno nel turno di evocazione. Notare che, con l'eccezione di Ghorrgrimridar, solo le femmine dispongono dell'abilità di volare, essendo le sole dotate di ali. I maschi, essendone privi, sostituiscono l'abilità di volo con un'altra abilità descritta nel loro testo.

    Condizione fisica: una lieve spossatezza e qualche graffio e morso.

    Consumi: 100 - 10 - 10= 80
     
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  6. Alexander_III
     
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    Coniglietti che facevano un gran bel lavoro, nube rose che creava un'atmosfera goliardica, non mancava niente davvero, anzi qualcosa mancava, il colpo di scena.
    Il protagonista principale della festa, oltre a lui ovvio, decise di animare un pochetto il party, evocando dal nulla una strana bestia, il colpo di scena che mancava.
    La prima domanda che balenò in testa ad Alexander.

    Cos'è quello strano animale?


    Non fraintendete, non è l'ignoranza di un gladiatore a parlare, anzi nessuno può definire poco colto Alexander.
    Solo le privazioni totali della fantasia nell'epoca in qui viveva.
    Per questo non seppe chi era quello strano animale.
    Certo, in qualche scritto mitologico aveva letto qualcosa su strani animali alati, ma che esistessero proprio no.
    Pensava fosse solo frutto di fantasia, e come tale essi non esistevano, ma quel giorno a quanto pare era un giorno nel quale gli Dei si rivelarono esistere per davvero, e le bestie mitologiche parevano comparire così dal nulla.

    Ah, l'inventatio.


    Il piccione, partì in picchiata da un altezza assai considerevole, il suo obbiettivo a quanto pare era la spalla sinistra del nostro gladiatore.
    Stranamente, esso non reagi.
    No, si fece colpire diretto nella spalla. Le ragioni sostanzialmente erano due, uno sperava che il suo Dio lo proteggesse, d'altronde gli aveva dato una notevole prova di fede, ma a quanto pare errava nel suo ragionamento.
    Due non credeva all'esistenza reale di quell'animale, si limitò a credere che non era altro che una proiezione bacata nella sua mente.
    In sintesi, un'illusione.
    Ma quando arrivò all'impatto, fece male.

    Nessun risveglio dopo il pizzicotto, nessun incubo da dimenticare, solo e soltanto dolore.


    Ahahahahahah.


    Rise malignamente, non temeva la morte, lui era già morto, il dolore, lo sapeva, prima o poi sarebbe passato, non lasciando altro che una cicatrice a rimembrare le pazzie e le follie di un uomo.
    Si guarda al passato per non commettere due volte lo stesso errore.
    D'altronde l'esperienza non è altro il nome che si da ai propri sbagli.
    E ora aveva finalmente capito.
    Non fidarti mai di un Dio, non ti danno mai nulla per nulla e due quella cazzo di creatura, come essa si chiamasse, esisteva davvero.
    La sua enorme rapidità di pensiero durante uno scontro poi fece il resto, il suo corpo si riempì di piaghe, di vesciche, pus sanguinolento defluiva da esse, il dolore era grande, ma poco gli importava.
    La spada nel braccio destro si alzò a livello del collo dell'animale, pronta all'impatto con la carne di esso, avrebbe vibrato un corpo con tutta la forza che egli possedeva, e nello stesso momento, avrebbe tossito, avrebbe tossito in faccia all'avversario.

    Perchè attacchi nonostante tutti i doni che ti ho fatto? Non capisci proprio? Lo faccio per il tuo bene.


    Si, se l'era presa, nonostante quei magnifici doni, quei coniglietti rosa tutti saltellanti, il tizio scuro lo aveva attaccato, capiva che gli Dei volevano che combattessero, capiva che non si potevano omettere da ciò, ma cazzo, almeno un ringraziamento poteva pur farlo.

    Puoi difenderti da uno sputo?




    CITAZIONE
    Energia: 20%
    Status: danno basso alla spalla, ustioni per tutto il corpo per un totale di danno alto.
    Passiva:
    ≈Nugolo di mosche: Chi impugna un'arma consacrata al Dio della Putrefazione viene in parte posseduto, e corrotto fin nell'animo. Unica fra tutte le reliquie poggiate sull'ottagramma che rappresenta le otto direzioni, essa è la sola in grado di richiamare e nutrire bestie parassitarie, che circondano perennemente il campione prescelto che la impugna conferendo un'aura di putridume a dir poco nauseante, tale che perfino i guerrieri più valenti rigettano i pasti al suo cospetto. Una volta stretta la spada demoniaca e accolto fra le pieghe del proprio corpo queste bestie nella forma di grosse mosche, la maestà del paladino viene accresciuta in modo che chiunque, vedendolo, possa riconoscerlo per ciò che è: un untore, un campione del Dio della peste. Il nugolo di mosche che lo circonda è fitto e spesso, incessantemente circonda il paladino ronzando ferocemente ed attaccando chiunque si avvicini in un'area di tre metri con intenti ostili. Le narici, le orecchie, gli abiti, le piaghe del guerriero diventano la loro dimora, esse depongono le loro uova sulla sua pelle marcia e si nutrono dei suoi umori e della sua pelle morta, offrono protezione e sono portatrici di infinite malattie nauseabonde che aumentano splendidamente il contagio fra i mortali. Abilità Passiva

    Abilità utilizzate:

    ≈Fulgide Vesciche:
    Invero per chi ne riconosce la vera luce è indubbio che la bontà del dio della pestilenza sia grande, e la sua generosità infinita. Quando ne necessitano egli dona ai suoi campioni magnifiche vesciche che si diramano come vermi su tutto il suo corpo, emergendo dalle piaghe degli abiti, strabordando pus e liquami biancastri misti a sangue ed altri umori.
    Il dolore è grande, pari ad ustioni di un livello inferiore al consumo usato che perdurano per tutta la durata della tecnica, ma il campione della corruzione può sorridere in estasi per tanta gioia nel sentire il dolce abbraccio del suo putrescente patrono sul suo corpo piagato e malato. Da questo momento e per due turni, egli gode di un potenziamento in forza di entità variabile in base al consumo immesso nella tecnica, pari al 25% con un Consumo Basso; 50% con un Consumo Medio; 75% con un Consumo Alto e 100% con un Consumo Critico, il quale però avrà sempre una durata di turni pari a due. Allo scadere dei due turni, il power-up ha termine ma i doni del Dio della pestilenza rimangono. Consumo utilizzato:critico

    ≈Splendida Malattia: Un violento attacco di orribile tosse, seguita dallo sputare sangue misto a catarro ed altre sostanze, da il via a questo grande e magnifico dono che il generoso Dio dispensa con grande fervore, per la gioia dei suoi prediletti e dolore dei suoi nemici. Il paladino ne fa dono al nemico tossendogli in faccia con uno schizzo di liquami maleodoranti. Se colpito in volto da tali umori, da quel momento la vittima condividerà con il campione della corruzione i medesimi sintomi di quest'ultimo, ma di entità quattro volte più potente. Il paladino della rovina subirà questa tecnica come se di livello Basso, il nemico la subirà come se fosse di livello Alto.
    Tosse: una feroce tosse, di quelle che ti consumano e ti ardono dentro, indubbiamente la più bella e splendida che si possa contrarre. La gola di inaridisce, le tonsille si gonfiano, la trachea sembra in fiamme, spasmi e continui accessi di tosse non smettono un attimo di tormentare chi ha contratto questo germe. La splendida malattia dura tre turni, ma può essere trasmessa soltanto nel turno di attivazione. Al termine dei tre turni cesserà di essere influente nello scontro, scemerà per poi sparire. Consumo Alto.
    Note: Non avevi specificato se attaccavi o meno, ne dove, lo dato per scontato, mi sono preso un danno basso alla spalla sinistra, potenzio il mio colpo del 100% e mentre il tuo grifone se ne dovrebbe andare gli pianto la lama nel collo, invece a te ti sputo. XD scusate il ritardo, ma è stata una settimana straziante.

     
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  7. Evan O' Byrne
     
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    “Credi nell’Inferno?”

    “Eh?”
    Il moro sollevò la testa di scatto, volgendola verso Mark. Erano chiusi in quella bettola da circa una settimana – una squallida camera di hotel –, sommersi tra mappe ingiallite e carte unte e sporche; le macchie di caffè sembravano piccole stelle marroni, disposte nella geometria occulta e incomprensibile di un qualche segreto astrologico, una costellazione non ancora scoperta.
    Evan le fissava da un po’, con l’aria rimbecillita di chi non dorme da giorni e due aloni scuri a colorargli le orbite livide.

    “Credi che noi finiremo all’Inferno?”
    Ribadì Mark tra un tiro e l’altro. Il modo in cui aspirava il fumo – in lunghe e pensose boccate, come se tra quelle spire vi fosse racchiuso il mondo – faceva pensare che stesse per strappare l’anima a qualcuno.

    “Beh… probabile.”
    Seduto, puntellava i gomiti sulle ginocchia, con la testa di nuovo immersa fra le braccia e le dita affondate nella folta chioma corvina, ben salde sulla nuca. Il ronzio della televisione gli giungeva lievemente distorto; dai frammenti d’audio, gli parve che stessero parlando del Sinn Feinn. Ancora.

    “…ma non stiamo facendo qualcosa di giusto?”
    “Si.”
    “E allora perché dovremmo essere puniti?”

    “Non lo so.”
    L’altro replicò d’istinto, senza esitazioni
    “Forse perché togliamo qualcosa agli altri, per riprenderci quello che è nostro. O,forse perché violentiamo noi stessi… ”
    Ristette in silenzio, poi sollevò gli occhi e si guardò intorno: le armi affastellate sul pavimento e sui letti, le borse coi ricambi che parevano topi sventrati, dalle carcasse riversanti budella; tutto era immerso in una luce di piombo, che filtrava appena attraverso le pesanti imposte scrostate.
    “Sai… - proseguì questi, con una nota tremula nella voce arrochita – una volta mi dissero che ciò che è giusto non è sempre saggio. Quando guardo i cadaveri delle vittime, fare giustizia mi sembra malinconico…”

    Poi la sveglia suonò, e i due uomini si mossero in sincrono.
    Evan afferrò lo zaino con le cariche esplosive, e si diresse all’entrata.
    Dietro di loro, la porta si richiuse con un tonfo sordo e timido; nella stanza risuonava la voce allegra della pubblicità.




    Ghormath piombò dal cielo sul bersaglio con furia cieca, lanciando stridii di sfida, mentre viaggiava con la velocità e la precisione di una freccia; sebbene non avesse incontrato ostacoli lungo la sua traiettoria di morte, qualcosa andò storto: la creatura riuscì a prendere solo di striscio il suo obiettivo – sulla spalla sinistra –, facendola strillare di rabbia e frustrazione repressa.

    Preda del desiderio di rivalsa, il grifone assunse una posizione di guardia, puntellandosi sulle zampe posteriori e preparandosi al prossimo assalto; ma, prima ancora che potesse lanciarsi in un nuova mischia, dalla sua sinistra piovve inaspettato e implacabile il giudizio dell’avversario; la lama del gladio abbatté la sua sentenza senza quasi incontrare difese, e se non riuscì nell’intento di decapitarla – gridato col sibilo acuto e secco che fendette l’aria –, fu solo grazie alla connaturata velocità di reazione di Ghormath, che riuscì a ripararsi dietro un’ala.

    Quando udì l’urlo di dolore squarciare quell’attimo di silenzio, il Corvo avvertì una fitta acuta nel petto, che si irradiò nel sangue con violente scariche d’adrenalina; il cuore pompò più forte, il respiro si fece lungo e pesante.
    Davanti a lui, un mare di piume volteggiava nell’aria con una danza febbrile, mentre il moncone cadeva a terra con un rumore sordo e pesante.
    Un taglio profondo lacerava il petto della sua creatura, grondante odio e sangue, ma non l’aveva abbattuta. Non ancora.
    Ed Evan l’avrebbe ucciso.

    Mentre le pagine del libro –aperto nel suo palmo – cantavano con il loro fruscio un peana di guerra, nonostante lo squarcio che le aveva scavato la carne dalla spalla sino al ventre –grattando contro le ossa-, il Grifone tentò un ultimo, disperato affondo, preparandosi a incidere il petto avversario con una sferzata degli artigli lucidi e aguzzi.
    Il Re stava per essere richiamato.

    Dalle labbra tumefatte dell’Untore si alzarono raschianti colpi di tosse, che raggrumarono tutto l’odio per l’Autarca in un disgustoso ammasso di umori, che gli partì dalla bocca, pronto a colpirlo; l’irlandese gli scoccò un’occhiata ricolma di disprezzo e profondo schifo, ma fu ancora una volta Ghormath a esporsi per proteggere l’alleato a cui aveva votato la vita: il coagulo di muchi e saliva vischiosa colpì la povera bestia, che iniziò a stridere tutto il suo ribrezzo, prima che questi si trasformasse in raccapriccio e acuta sofferenza, ben presto muta a causa della tumefazione che dilagava come un’infezione nella sua gola.

    Evan alzò lo sguardo di ferro al cielo – una vastità traboccante di niente.
    In un bisbiglio articolò il nome del Sovrano, di colui che avrebbe posto fine a questo scempio imperdonabile.

    “Ghorrgrimridar”

    In risposta alla convocazione si levò un urlo lacerante, latore di un maestoso terrore, atavico e primigenio. L’impareggiabile apertura alare distese la sua ombra densa e nera di carbone sul Morbo, pronto a privarlo della speranza e di ogni ilarità – oltre che della vita; era come un’aquila che adocchia la sua preda, o come un leone che si lancia nella savana: Re in Cielo e in Terra.
    Volteggiò sopra le teste dei duellanti, studiando la vittima sacrificale per il loro Dio; poi ripiegò le ali contro il corpo e si gettò in picchiata, per investirlo con tutta la sua brutale velocità, e travolgerlo con la sua enorme stazza e il suo becco adunco, prendendolo alle spalle: l’avrebbe spaccato in due, come una mela matura, pasteggiando delle sue carni corrotte.

    “All’Inferno ci andrò…”
    mormorò il Corvo a denti serrati, mentre la peste iniziava a consumarlo con la sua febbre, restituendogli il ricordo di quella notte
    “ma non da solo: tu verrai con me.
    E adesso crepa.”


    SPOILER (click to view)
    Energie: 80 - 40 - 10= 30%

    Tecniche:
    ≈ Ghorrgrimridar: Il più grande, il più forte e il più nobile della sua razza. Ghorrgrimridar è l’unico maschio dotato di ali, e la sua stazza colossale gli vale il suo titolo di “Signore dei Grifoni”, ma se questa rende prevedibile la sua forza superiore (+75% in forza), di contro trasforma in una sorpresa inimmaginabile la sua straordinaria rapidità (+75% in velocità).
    L’evocazione permane in campo per 2 turni, e richiede un tributo energetico dell’evocatore pari a Critico

    ≈ Re in Cielo e in Terra: I grifoni sono bestie massicce e potenti, in grado di rivaleggiare sia con i più grandi dominatori dell'aria come anche sui potenti predatori della terra. Nemmeno i draghi osano affrontare un grifone se non in branchi, perché questi -pur essendo più piccoli e privi di corazze naturali- sono estremamente feroci, non temono la battaglia o le ferite e reagiscono con estrema violenza ad ogni attacco, tanto da rendere impossibile per qualsiasi bestia affrontarli con la piena certezza di non rimanere orrendamente mutilati per un potente colpo del loro becco adulto o a causa dei loro artigli; ad eccezione del loro Re i grifoni sono evocazioni di livello medio, con caratteristiche fisiche medie potenziate rispetto al normale, genericamente con un aumento in forza e velocità ma che può variare a seconda del profilo del grifone. Altro enorme vantaggio dei grifoni è la loro capacità di picchiata che non ha rivali, quando ripiegano le ali e si lanciano verso il basso i grifoni sono dotati di stabilità e agilità nello scarto notevole, tanto da permettere loro di godere di un bonus del 25% in velocità durante tali azioni. E' anche vero però che soffrono del grave handicap di non potersi librare in volo da terra, riuscendo a farlo soltanto lanciandosi da grandi altezze. Nella Camera dei Prescelti Eterni, questo malus è parzialmente compensato dalla possibilità di evocare i grifoni fino anche a diversi chilometri in alto nel cielo, garantendo quindi la possibilità di impiegarne l'abilità di volo almeno nel turno di evocazione. Notare che, con l'eccezione di Ghorrgrimridar, solo le femmine dispongono dell'abilità di volare, essendo le sole dotate di ali. I maschi, essendone privi, sostituiscono l'abilità di volo con un'altra abilità descritta nel loro testo.

    Note: il Grifone subisce il critisco, accusando un taglio molto profondo che la squarcia per tutta la lunghezza del petto e del ventre, e le taglia un'ala; trovandosi a fronteggiare in corpo a corpo l'Untore, si frappone tra lo psuto ed Evan. Indignato per il suo fato, l'Autarca evoca il Re dei Grifoni, Ghorr, che piove dal cielo con la sua enorme stazza e i suoi bonus in velocità e forza (entrambi pari al 75%) per tranciare il nemico in due, cogliendolo alle spalle e, quindi, mirando alla schiena.
     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    Legge

    Scrittura
    Ho trovato lo stile di scrittura coinvolgente come pochi tra quelli su cui ho potuto posare gli occhi. Incalzante, accattivante e gelido, così come lo è la giustizia, in realtà : qualcosa di inflessibile e che non da amore. Solo ciò che deve essere fatto, e così è anche quello che si legge.
    Mi è proprio piaciuto.
    - 4 -

    Interpretazione
    Mi è piaciuta parecchio la digressione al secondo post. Attinente e per nulla pesante, non rovinano l'andamento generale del duello, ma anzi.
    Per il resto, la resa è veramente veramente buona.
    - 3.9 -

    Strategia
    La scelta di attaccare con il grifone mi piace. Mantiene a distanza il pg sottraendolo così efficacemente alle passive ad area del suo nemico.
    - 3.75 -

    Sportività
    Niente da dire, per nessuno dei due.
    Mi sono piaciute le scelte strategiche, e la tempistica con cui sono state fatte.
    Corretti i danni presi.
    - 4 -
    Pestilenza

    Scrittura
    Anche qui, buona prova. Ci sono dei punti nella narrazione in cui mi sono ritrovato a pensare alla melassa, ed è stato bellissimo. Un untore del dio della peste non potevo immaginarmelo diversamente. Solo, avrei pensato a qualcosa di più epico. Mi è sembrato stonato, da un certo punto di vista, il ridurre il Re dei Grifoni ad un piccione. L'avrei trovato più appropriata come battuta al Paladino del Dio degli Inganni, più che al Portatore della Peste, in effetti. Una questione di registro linguistico.
    - 3.9 -

    Interpretazione
    Personalmente trovo che manchi qualcosa riguardo al fatto che il dio della peste ha scelto proprio quello come suo araldo. L'incipit è reso più come se fosse stato un comune guerriero, piuttosto che un prescelto di un dio putrido.
    Insomma, se uno non lo sa di suo, inizialmente non è così rilevato il suo status riguardo alla malattia. Anche l'aura di mosche e putridume mi sembra poco presa in considerazione.
    Non che sia orrendo, però, ci tengo a sottolinearlo. Poteva solo essere caratterizzato un pochino di più.
    - 3.75 -

    Strategia
    Come detto altrove, mi sarebbe piaciuto vedere usata meglio l'aura di pestilenza. Siamo qualcosa sopra alla sufficienza.
    - 3.5 -

    Sportività
    Così come per la Legge, così per la Pestilenza.
    Buona prova, portata avanti correttamente. Un berserker fatto e finito, anche se, personalmente, trovo sotto-presentata l'aurea di mosche e mosconi che invece mi pare una passiva fondamentale - soprattutto nel carattere scenografico del pg -.
    - 4 -
     
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7 replies since 3/4/2010, 18:17   471 views
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