[LC] Dissincronia

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  1. Kirakisho
     
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    I wanna make you scream
    I wanna tear your dream
    Holding you in my arms
    Holding you, holding you near...♪



    La ruvida risata di Scarlet si spense all’improvviso, sprofondando di nuovo in un silenzio irreale l’androne della splendida villa signorile -ora orribilmente sventrata dalla violenza dei colpi susseguitisi in quella pugna- che stava vedendo snodarsi come nastri gli eventi di quell’insolito randez-vous, e un’espressione basita -quasi incredula, forse disgustata- si era dipinta sul volto pallido, spigoloso, ed emaciato del numero 146.
    Reazione inspiegabile, al lume dell’unico occhio color ambra che la guardava...e reclinando -difatti- la testolina rosa da un lato, la piccola Kirakisho si accigliò pensierosa: non riusciva proprio a capire come mai il
    Fratellone sembrasse così sconvolto; lei gli aveva detto una cosa carina...
    Eppure lui sembrava tutt’altro che contento.

    Sorrise con rinnovata spensieratezza, scuotendo leggermente il capo e facendo danzare attorno al volto perfetto -da bambola- le lunghe chiome, rosa e leggere come zucchero filato:

    Oh, bhe, ci avrebbe pensato dopo...!

    Man mano che l’infido incanto della fanciulla si compiva, gli occhi aurei dell’albino indugiarono sul manto di rose bianche che -al pari di un’improvvisa primavera- stavano sbocciando tutto attorno a loro dalla stoffa lacera del tappeto, nascondendo alla vista il legno e la pietra della pavimentazione, ancora ricoperti da un sottile, lucido, incantevole strato di ghiaccio iridescente.

    «Scarlet pensa che non lo meritiamo. »

    Oh, ma che carino...! ♥
    Il chierico dai lunghi capelli di neve le aveva voltato la schiena, come a guardarsi bene intorno -o come se qualcosa alle sue spalle ne avesse richiamato l’attenzione-, e a quelle parole la Settima aveva creduto che il suo compagno di giochi dalla voce melliflua avesse semplicemente mosso un commento sincero alla raffinata, elegante bellezza della sua opera floreale.
    E se ne rallegrò, perché -per dire una cosa del genere- doveva aver gradito molto il suo gesto.

    O, almeno, così sembrava.

    «Non meritiamo di vivere in questo corpo.»

    Per la seconda volta da che lo aveva conosciuto -cioè giusto quei pochi, concitati minuti- la bimba con la rosa nell’occhio non seppe trovare un senso alle criptiche frasi con cui l’altro aveva cominciato a parlare da solo; il che la fece sorridere lieta e deliziata, perché lei adorava le bizzarrie.
    E proprio una bizzarria fu quello che accadde dopo: era vero che la piccina si sarebbe aspettata un po’ di partecipazione a quel punto, ma -per motivi sfuggenti alla sua comprensione- accadde tutt’altro...

    «Insieme.»

    Dense e terribili volute di potere presero vita e forma dalla figura dell’umano, iniziando a vorticare senza posa e senza logica in una danza meravigliosa, caotica e folle, resa ancora più affascinante e ipnotica dall’unione dei contrari che andavano componendola, accrescendone la portata e -sicuramente- il potenziale distruttivo; la risultante, tuttavia, fu ancora più stupefacente di quella spettacolare emanazione di meta-essenze.
    Le energie scatenatesi tra quelle mura ormai fatiscenti si agglomerarono intorno al corpo di Scarlet, ridisegnandone le forme longilinee in altre più bestiali, in quelle più possenti, massicce e sgraziate di un colosso taurino, completamente ammantato -fatto- di ombra, e dotato persino di corna taurine e membra ipertrofiche... e sul suo eburneo visetto di porcellana, la bambina non seppe trattenere una smorfia imbronciata e ben poco convinta.


    La cosa che i due fratelli erano diventati -forse per l’esposizione al dolce profumo delle sue rose- parve semplicemente perdere il senno: senza apparentemente avere uno scopo più articolato dell’azione stessa, la creatura cominciò a correre per la sala, in una cieca e brutale carica distruttiva che minacciava di travolgere qualsiasi sfortunato oggetto nella stanza -animato o inanimato- che fosse stato tanto sfortunato da capitargli a tiro... e i suoi ululati angosciosi e farneticanti laceravano il silenzio notturno con la stessa prodigiosa facilità con cui le sue mani enormi -e ora dotate di artigli adunchi- scavavano la stoffa degli arazzi alle pareti, sventrando i muri e frantumando la solidità delle colonne. Fu per questo che, vedendoselo arrivare addosso, la bambola bianca fece l’unica cosa opportuna e sensata che le venne in mente:
    cioè difendersi.

    image
    « Mi piaceva di gran lunga di più com’eri prima. »
    sentenziò, abbassando il volto, mentre strane ombre le celavano il viso

    Rovi bianchi le sorsero intorno, ondeggiando sinuosi nell’aria come nastri, e nel tempo di un battito di cuore da essi sbocciarono e sfiorarono candide rose, nate per morire come in un ciclo vitale, come il mondo che crolla e si rinnova... ai loro bianchi petali, tuttavia, non tocco il fato crudele delle caduta: dominati da una volontà arcana, si librarono leggeri attorno alla loro padrona, descrivendo al suo cospetto un elegante danza in circolo, a spirale; poi, si compattarono all’istante, riproducendo la compatta, bianchissima e profumata superficie di uno scudo.

    Tuttavia, per quanto fosse atteso, l’attacco del bestione fu ugualmente terribile, e foriero di una forza e di una furia contro cui la bambola poté ben poco: i petali che avevano costituito quella barriera floreale si dispersero in una nuvola delicatamente fluttuante al primo impatto, e la poderosa zampata che vi si era abbattuta proseguì oltre, all’interno della sua guardia, attutita ma non neutralizzata.
    Il colpo investì la piccola, abbattendosi in un manrovescio sul busto esile del suo corpicino, e la sua violenza la proiettò parecchi metri più in là, sbattendola contro una parete; immediatamente, il dolore le serpeggiò per le membra artificiali, bruciando come lingue di fuoco che mordano e lambiscano il legno, strappandole un tenero urletto infantile da bambina atterrita.

    La creaturina dai capelli rosa rimase incastrata contro il muro malconcio per qualche secondo ancora, il tempo di permettere alla forza cinetica che le era stata impressa di esaurire la sua spinta; poi, scivolò giù, in avanti, atterrando ginocchioni al margine della stanza.
    Sembrò piuttosto frastornata e claudicante nel rimettersi in piedi sulle ginocchia vacillanti, quasi non riuscisse a capire bene cosa le stesse succedendo: dopotutto, quella sensazione così materiale era nuova per lei. Nuova e spiacevole, si disse, mentre decideva che la colpa era tutta del corpo che stava indossando come un vestito, la scadente copia di se stessa che aveva deciso di possedere come involucro; sul suo faccino angelico spuntò un cipiglio di disappunto.

    Imbronciata e malferma, ma ancora in piedi.



    SPOILER (click to view)
    Kirakishou

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    Fisico: Scheggiata e ammaccata
    Status: Ferita ed imbronciata
    Consumi: 6/10 Bassi *

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]

    Essenza di Rose: [Già citata - Secondo e Ultimo Turno]

    Scudo di Petali: Con l’ausilio della propria volontà Kirakisho materializza per psicogenesi dei petali di rosa bianca attorno a sé -entro e non oltre un raggio di 5 metri- addensandoli e compattandoli con la propria aura per renderli duri e resistenti come comodi, funzionali e robusti scudi atti a contenere la violenza degli urti più brutali.
    Consumo: Medio

    *Note: Allora… mi sono accorta di avere fatto un pasticcio enorme con gli spoiler di Kirakisho ç_ç Non so perché, ma da quando è scesa in campo ho iniziato a contare i consumi rimasti invece di quelli impiegati; inoltre, nella fretta dell’entusiasmo, nel turno precedente ho dimenticato di aggiornare le condizioni fisiche e lo status Y_Y Gomen ;////;
    In secondo luogo, dato che la tecnica di Scarlet prevedeva un consumo medio ripartito su 2 turni, e visto che -per cause di forza maggiore- hai detto che lo status berserk ne durerà uno soltanto, mi sono permessa la licenza di calcolare il power-up impiegato nella carica come un impatto di livello Alto, comunque dimezzato dallo scudo di petali; i rovi evocati in questo turno hanno mera funzione scenica >w</
     
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  2. The Aegis
     
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    Il colosso, immoto, protestò contro il nugolo di petali incantati con un grugnito spento, quasi ridotto all'umiltà di un guaito di supplica. Colpire la bambola, pensò,
    non gli aveva dato alcuna soddisfazione - non gli aveva dato alcun senso di libertà.
    Questo, il suo ultimo pensiero prima della fine.


    [...]

    Il démonio si accasciò a terra, schiantandosi. Curiosamente, l'impatto fu più delicato e discreto di quanto sarebbe stato lecito attendersi. La trama caotica si sollevò dal corpo come un enorme nugolo di polvere, aleggiando nella stanza per qualche secondo per poi disperdersi o adagiarsi su pareti e mobili in un'impronta di cenere. Dei chierici non rimaneva che il corpo esausto del *146, boccheggiante e divorato dalla consunzione; completamente calvo, aveva occhi tanto più grandi quanto più si guardava all'assenza di mento ed alle guance scavate. Entrambi, azzurrissimi. In quelle condizioni, avrebbe potuto avere vent'anni come cento.
    Un autentico, patetico mostro, che si aggrappò fino a morirne allo sguardo della seconda e più potente mostruosità che lo squadrava sbigottita dall'uscio del salone.

    «Déi...»
    bisbigliò l'Egida, portandosi una mano al petto
    nel preludio di un piccolo inchino.
    «Riposa, associato.» impercettibile pausa
    «Terminerò la missione assegnata in tuo nome.»
    L'alchimista era sì un mostro, ma un mostro
    non privo di onore.

    La mano destra, lasciata scorrere lungo le fasce della divisa di gilda con delicatezza quasi rituale, andò a cingersi attorno alla stele che portava al fianco senza produrre un rumore che non fosse quello delle fasce di cuoio che strusciavano contro il paramano dell'arma. Da che aveva dato - inconsciamente - le spalle allo scenario in un gesto pudico nei confronti della morte di Amaranth, si rivolse lentamente verso le due bambole.

    «La perdita di una preziosa risorsa dell'associazione
    non può esservi perdonata.
    »

    E fece cenno col capo verso il corpo esausto e contratto del *146,
    schiumante di rabbia. Le braccia tremavano sotto la veste, mentre le polsiere in titanio allentavano
    e stringevano la propria coesione assecondandone la furia gelida.
    «Prego che esista un dio, o un démone, disposto ad accogliervi
    nella seconda vita.
    »


    A quasi un quarto di secolo di distanza, ricordava ancora le preghiere salmodiate dalla madre e dalle sue sorelle. Per quanto l'idea di un dio misericordioso le fosse completamente estranea - nessun dio, infatti, avrebbe creato una fonte di potere tanto blasfema quanto le rune della creazione - le piaceva credere che tutti coloro su cui amministrava il proprio dovere di Flagello venissero accolti da una benevola deità senza volto - o almeno, le sarebbe piaciuto poterlo credere. Mormorare le preghiere materne era un modo tutto suo di esorcizzare quella possibilità lontana, rendendola quasi concreta. Tutto - e l'alchimia gliene dava ragione - si fa
    più concreto attraverso le parole.

    [...]

    Un fendente a vuoto e la stele si sciolse, lasciando che la propria forma viscosa si assestasse in quella di un colossale spadone a due mani. L'emblema d'oro scattò, caricando la bambola per interrompersi all'ultimo istante ed eseguire una poderosa spazzata orizzontale,
    nel tentativo di tranciarla di netto.


    [...]
    «...perché è da lui che vi sto per spedire, feccia.»
    Persino l'odio.

    SPOILER (click to view)

    — ▪ ▪ {psalm for the tainted mary} ▪ ▪ —



    Status ﻢ
      Fisico :: Eccellente.
      Psicologico :: Infuriata; determinata.
      Riserva :: 100%
      Consumi impiegati :: N/A

    Equipaggiamento ﻢ
      Stele delle Origini ~ Excalibur.

      Un pilastro di metallo lungo e levigato, dalla superficie cromata di un denso e splendido grigio-acciaio; invisibili, lungo il suo fusto, si susseguono secondo un ordine imperscrutabile i medesimi caratteri impressi sul corpo dell'egida, ricavati in una lunga stringa omogenea di lettere cuneiformi. Nessuno, eccetto lei, pare sia in grado di decifrarli od anche solo vederli ad occhio nudo. La stele, non più lunga di ottanta centimetri, è perennemente avvolta da un intrico di fasce di panno e cuoio dipinto assicurate fra loro da sporadiche fibbie: è possibile, a patto di conoscerne la disposizione,
      sciogliere il bozzolo facendo scattare una sola fra queste.
      La reliquia era stata affidata al padre dalla gilda tempo prima che l'Egida venisse al mondo, ed il disgraziato aveva consacrato tutte le sue energie a decifrarne i segreti del linguaggio ivi impresso. Ereditando gli studi e la posizione del padre, immancabilmente, ereditò anche l'oggetto. Da allora non se ne è più separata: gli alti papaveri del Leviatano, d'altronde, sono convinti che questa non potesse trovare proprietario migliore -nè nessuno fra loro, probabilmente, ha mai avuto il coraggio di pretenderla indietro.

        Deranged One - della vera forma: Il legame non si limita alla superficie: essendo la reliquia un intermediario diretto fra il contraente e l'elemento contratto, è giocoforza ammettere che possegga i connotati di entrambi. Una verità non troppo diffusa, mormorata appena dagli altri emblemi e raccontata a pochi con velato orgoglio dalla Mente stessa. La personalità dell'Egida era talmente forte da imporsi sull'oggetto più di quanto non fosse lecito supporre. Per questo, fra gli atomi che compongono il metallo suo congiunto, si nasconde una autentica personalità segreta, costantemente nutrita dall'odio e dal risentimento del suo portatore. Alla sua volizione, tuttavia, è possibile farla emergere come fosse il subcosciente bestiale di una creatura apparentemente sana. La stele rifulge di autentica luce, liquefacendosi in un fiotto grigio slavato per poi divaricarsi e ricongiungersi ancora, sino ad assicurarsi nei contorni di una mostruosa spada a due mani: il manico, lungo ed affusolato, precede una mastodontica lama squadrata terminante in due estremità simmetriche, il cui dorso si divelte armonicamente a formare l'impressione, lungo tutto il piatto, di una spada bastarda. In termini di gioco, è possibile indurre la stele a mutare forma all'inizio -e solo all'inizio- di ciascuno scontro grazie all'obolo di un consumo Medio; questa non da altri vantaggi che non siano un blando, non quantificabile potenziamento intrinseco a tutti gli attacchi scaturenti dalla manipolazione del titanio ad opera del Maestro.
        (da considerarsi come abilità di puro gdr, da attivarsi prima di ciascun combattimento; non ha utilità pratica, se non quella di modificare l'estetica dell'arma.)

    Abilità impiegate ﻢ
      Driven to Decay

      La tortura e gli abusi non lasciano sempre segni visibili come un taglio, un livido od un ematoma: è anzi quando i loro sintomi sono invisibili o sottintesi, che questi si manifestano nel loro predicato più terribile. Le sevizie inflittele dal padre, sommate ai successivi anni (decenni) di alienazione nello studio della branca più complessa e reietta della magia runica -uno studio tanto morboso da spingerla ad usare sé stessa come sua unica cavia- non può non aver lasciato un marchio. Un marchio certo impossibile da vedere, ma non per questo meno terrificante o straordinario nei risultati da lui prodotti. La costante -e dopo la morte del padre, volontaria- sottoposizione ad insopportabili abusi ha consacrato il fisico dell'egida ad una forza disperata e maligna, molto superiore a quanto sarebbe lecito dedurre. Naturalmente, la ripetuta sottoposizione a questi tormenti ne ha anche assopito la capacità sinaptica di interpretare e tradurre
      correttamente gli stimoli di dolore promananti da questi, sino ad
      atrofizzarla completamente. [passiva]

    Note ﻢ
      ///
     
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  3. Kirakisho
     
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    Guarda me, che odi, con rabbia e poi con dolcezza
    Il suono stridente del cuoio mi fa male...

    Rendiamo la ferita più profonda...♪



    Con una smorfia, dispiaciuta perché -in fondo, dopotutto- quell’umano le piaceva, la piccola dai capelli rosa osservò la scura e leggera nube di fuliggine librarsi e disperdersi nell’aria immota della stanza, staccandosi dal corpo attorno a cui si era sviluppata così come, nell’ordine naturale delle cose, un ormai inutile bozzolo di crisalide decade per partorire una nuova farfalla.
    La cosa grossa, brutta, nera e cattiva in cui il Fratellino Scarlet si era tramutato stramazzò d’un tratto al suolo come fosse stato colpito da un fulmine, ma nessuna folgore era piovuta dal cielo notturno che si profilava al di sopra del tetto sfondato della villa, a guisa di sentenza divina; era quasi -piuttosto- come se qualcosa dentro di lui si fosse spezzato, forse il suo esausto e tenero cuore da burattino di carne...

    Doveva essere per quello che ora giaceva sul tappeto come un giocattolo rotto.

    Con piccoli, lenti passi dei suoi piedini malfermi, asserragliati nel fitto intreccio dei lacci degli stivaletti, la bambola fece per avvicinarsi al chierico, o a quel relitto ansante e sfinito -consumato oltre il limite, nel corpo e nello spirito- che ne restava: nella sua ottica infantile e crudele, adesso che lo aveva reso inerme, Kira aveva tutto il diritto di rinchiuderlo nell’abbraccio dei suoi rovi bianchi e trascinarlo oltre lo specchio, così da tenerlo con sé, come un bambolotto da compagnia; un altro dei fantocci, un tempo uomini e donne, che la Rosa Bianca amava custodire -collezionare- nella sua Fortezza della Solitudine... il suo posto speciale, il palazzo di cristallo, disperso in una delle caotiche dimensioni dell’N-Field.

    «Déi... Riposa, associato. Terminerò la missione assegnata in tuo nome.»

    La voce ruvida e asciutta di una giovane donna rimbalzò per le pareti dell’androne, rivendicando l’attenzione dell’unico occhio dorato della Settima Bambola e inducendola a fermarsi; a quelle parole -tra l’altro indirizzate al Fratellino e non a lei-, seguì un suono strano, e curioso... per certi versi nostalgico e... familiare, anche se non per lei: lo stridio del cuoio e il clangore metallico di tutta una serie di cinghie e fibbie che scattano parvero irrazionalmente suggerire all’inventiva del Cristallo di Neve l’immagine di una camicia di forza.
    Di quelle che alla Padrona piacevano tanto.

    «La perdita di una preziosa risorsa dell'associazione non può esservi perdonata.
    Prego che esista un dio, o un démone, disposto ad accogliervi nella seconda vita.
    ...perché è da lui che vi sto per spedire, feccia.
    »


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    Neanche il tempo di poterle replicare qualcosa: la Sorellona, che aveva appena denunciato la sua presenza rivolgendole quelle parole così dure e fredde, già brandiva una monumentale lama a due mani; quando la bambina con la rosa nell’occhio se la vide balzare incontro, l’altra aveva già arrestato il suo slancio per fermarsi a pochi passi di distanza -torreggiando minacciosamente su di lei e sulla sua graziosa testolina rosa-, pronta a vibrare per l’aria che li separava una brutale spazzata dell’enorme arma.
    Fortunatamente, però, il potere della bambola maledetta era ben più rapido, solerte e istintivo della sua lingua; così, mentre una coppia nuovi viticci bianchi germogliavano dalla sua figuretta esile per incrociarsi al suo cospetto e intercettare il colpo, altri due strisciavano in basso, sul pavimento, pronti a scattare come serpi per ghermirle nelle loro fauci spinate le braccia.
    Un candido sorriso comparve sulle labbrucce rosa della piccola.


    « Così mi ferisci, Sorellona... Stavamo solo giocando. »
    esordì, sorridendo accomodante, dolcemente
    « La piccola Kira non capisce il motivo per cui sei così arrabbiata... »


    SPOILER (click to view)
    Kirakishou

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    Fisico: Scheggiata per i cristalli di ghiaccio, e ammaccata per il rimbalzo contro la parete.
    Status: Divertita dall’Egida
    Consumi: 8/10 Bassi

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]

    Nido di Rovi: Lunghi fino a 10 metri ciascuno, questi bianchissimi tralci spinati si dipartono direttamente dal corpo della Rozen Maiden come rovi da una rosa; possono muoversi secondo il suo pensiero come vivi tentacoli snodati in tutto il tutto il loro raggio d’azione, sono evocabili in un massimo numero di 4, e permangono in gioco per 2 turni -a meno che non vengano congedati prima.
    Consumo: Medio
     
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  4. The Aegis
     
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    Non era la prima volta che affrontava la morte di un compagno in battaglia. Per l'economia del contratto, le perdite erano facilmente scusabili; il fallimento, meno. Aveva visto, studiato e creato la morte in tanti di quegli scenari che il concetto stesso le era stato cucito addosso, cesellato per sempre di fianco al suo nome. Non poteva vantare la notorietà di cui Hog "alchimista nero" Tre-Dita godeva nel sud del continente suo assegnatario, ma era certa che il titolo di "alchimista della morte" riscuoteva ancora la propria eco a distanza di decenni di esercizio. Non le rimaneva che metterlo alla prova,
    ancora una volta.


    [...]

    Quando la stregoneria del piccolo démone - avente corpo in un nugolo di bianchi tralicci spinati - oppose al fendente una guardia incrociata, l'Egida non accennò a mutare di un millimetro la propria espressione: i grandi occhi bigi e slavati accennarono appena a dilatarsi per l'ingresso di una nuova dose di gelida furia, come un canale venoso che pompa sangue a velocità frenetica: pretendere di fermare l'alchimista della morte - che comprendeva le leggi dello spazio, del tempo e della creazione stessa - con qualcosa di così umile come un fascio di rovi non poteva sperare che di configgere le proprie spine nel suo orgoglio - ma non nella carne. Le appendici si avvilupparono attorno ai suoi polsi - coperti dai bracciali - in una stretta tenace, ma non impressionante: il Flagello si limitò a spalancare le braccia, smembrandoli e lasciando che i loro pungoli striassero inevitabilmente su entrambi gli avambracci in uno stillicidio di sangue e di metallo liquido, presto radunato ai suoi piedi in una polla eterogenea di lucore grigio-scarlatto. Sollevò il capo a beneficio dell'immagine mentale di una delle tante lettere che componevano l'alfabeto runico della creazione, e la pozza si torse e proiettò in diagonale sotto forma di sperone con il solo scopo di perforare il petto di porcellana della bambola animata. Con poco meno di un secondo di differita, l'Egida balzò sul profilo dello stesso sperone per proiettarsi a sua volta sopra l'avversaria, piombandole addosso in in fendente verticale ancora
    più energico del precedente.



    «...!»
    Il tutto, senza che gli occhi rilassassero
    la propria orribile, aliena dilatazione.

    SPOILER (click to view)

    — ▪ ▪ {psalm for the tainted mary} ▪ ▪ —



    Status ﻢ
      Fisico :: Graffi di bassa entità lungo entrambi gli avambracci.
      Psicologico :: Infuriata; determinata.
      Riserva :: 90% (-1 basso)
      Consumi impiegati :: 10% (basso)

    Equipaggiamento ﻢ
      Stele delle Origini ~ Excalibur.

      Già citata.


    Abilità impiegate ﻢ
      Driven to Decay

      +50% in forza ed immunità al dolore [passiva]


        Mythical Sword: Dread Blade Lascia che il suo elemento goccioli lungo i polsi, in un lento stillicidio che lo porta a radunarsi ai suoi piedi in una pozza di amalgama scintillante: ad un suo comando, questa si coagula in uno sperone aguzzo di oltre due metri, che cerca di trafiggere un assalitore incauto proiettandosi in una traiettoria trasversale. (consumo basso)

    Note ﻢ
      Ho considerato, avendo tu utilizzato parte dei rovi per difenderti e parte per attaccare, di entità bassa ciascuno (tecnica media); le mie scuse per il - canonico - ritardo occorso.
     
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  5. Kirakisho
     
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    I get the last word, I get the last laugh
    as sure as the room is growing cold
    I'll have the last word, I'll have the last laugh
    as sure as my blood is running cold...♪



    Il primo assalto di quel blocco di metallo, troppo grande e troppo rozzo per essere chiamato spada, fu arginato dalla difesa agile dei rovi bianchi e spinosi, ma mentre il tempo fluiva veloce -fin troppo- verso l’ultima scena di quell’atto, nelle creature che portavano avanti lo spettacolo come attori consumati, null’altro era cambiato: così come la bambola continuava a sorridere inconsapevolmente mefistofelica, allo stesso modo gli occhi della Sorellona seguitavano a trafiggerla con disprezzo... un’emozione stratificata in maniera concentrica su se stessa, fino a restare cristallizzata nella struttura algida e dura -e preziosa- di due perle grigie.

    ...e Kirakishou
    davvero non riusciva capirne il perché: cosa aveva mai fatto di male?
    L’umana non sembrava davvero intenzionata a spiegarglielo... e questo le provocava un dispiacere che velava di un’ombra la curva dolce delle sue labbra: troppo folle e tagliente per essere infantile, ma libera dalla meschina premeditazione degli adulti.
    Il risultato era qualcosa di inquietante.
    Ma quella situazione di stallo emotivo non sarebbe durata ancora molto: troppo stanca per tenere a bada un nuovo compagno di giochi -ancora agguerrito e fresco di forze-, e soprattutto troppo esasperata e afflitta da tutta quella freddezza crudele, alla Rosa Bianca restava solo un ultimo piccolo passo a separarla dall’orlo del precipizio... e senza energie per librarsi in volo come una tenera colomba, sarebbe inevitabilmente precipitata oltre la soglia del baratro.
    Questo lo sapeva perfettamente...
    Il fatto, era che non voleva andare a fondo da sola.

    Non le dava cruccio la sorte che avrebbe finito col fare l’involucro della sua copia: che il corpo di Barasuisho andasse in pezzi non era un grande problema per lei, perché il proprio spirito sarebbe semplicemente tornato nel mondo al di là dello specchio, mentre il simulacro della sua sosia sarebbe stato riparato o ricreato... era l’astio gratuito della Sorellona a renderla particolarmente imbronciata -eppure la piccola Kira non le aveva fatto niente davvero-, quello e il pensiero di non poter portare con sé il fratellino Scarlet... e tutto per l’ingiustizia e la prepotenza di quella ragazza umana.
    Dopotutto, il *146 era suo di diritto adesso. Una bambola di carne per il suo castello di cristallo.
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    Le spine dei rovi bianchi avevano disegnato solchi scarlatti sulla pelle candida delle braccia del Falgello, e striature più chiare sulle protezioni di titanio che le risalivano i polsi, gocciolando in lente lacrime sangue e metallo, raccogliendoli entrambi ai suoi piedi in una pozza bicolore... e proprio da lì sorse l’infido incanto, nella forma di un solido sperone rimodellatosi dal minerale.

    Con un singulto strozzato, il palo appuntito trapassò da parte a parte il petto sottile della ragazzina dal cui cranio sbocciava una rosa, diffondendo nell’aria il suono croccante e sinistro della porcellana che scricchiola e della stoffa che si lacera, mentre il bel vestitino era la prima barriera a venir divelta e una ragnatela di crepe disegnava i suoi arabeschi sulla diafana pelle artificiale... eppure, le lacrime che le sgorgarono dall’unico occhio dorato, cominciando a scorrere copiose lungo le gote rosee di quel dolce visetto di bambina,
    erano fin troppo vere.

    « Perché? »
    le urlò contro prendendosi il visetto tra le mani
    « Perché sei così cattiva?! »

    Ma senza battere ciglio -un attimo dopo- l’Egida balzò in avanti, sovrastandola senza difficoltà e sollevando la spada sopra di lei per colpirla... e per la bambola non c’era alcun luogo abbastanza lontano da poter raggiungere o abbastanza sicuro dove rifugiarsi: le bianche ali di garza della piccola farfalla erano state trafitte con un grande spillo di lucido argento titanio.
    L’unica cosa che la bimba poté per evitare la sentenza di morte emessa per lei fu serrare le piccole mani sulla superficie liscia della lancia e balzare in avanti, scivolando sulla condanna che poteva divenite salvezza e lasciandosi trafiggere da un’altra sezione del metallo: si spostò alle spalle dell’alchimista, superandone in direzione opposta il corpo lanciato in avanti e schivandone il colpo mentre le ginocchia cedevano e lei rovinava ; infine, in un ultimo infantile scatto di rabbia e paura, le spine dei rovi intorno a loro esplosero come proiettili,
    e la testolina rosa come lo zucchero filato crollò penzoloni ed esanime in avanti.


    SPOILER (click to view)
    Kirakishou

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    Fisico: Scheggiata per i cristalli di ghiaccio, ammaccata per il rimbalzo contro la parete, petto trafitto da parte da parte dallo sperone di titanio -non sanguina, ma naturalmente prova dolore-; K.O. definitivo per esaurimento della riserva energetica.
    Status: Frustrata, triste, spaventata e in collera.
    Consumi: 10/10 Bassi

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]

    La Convenzione delle Spine: Sollevando un braccio, o con un qualsiasi altro cenno o esercizio della sua volontà, la bambola è capace di scagliare contro gli avversari una sventagliata di minuscole ma affilatissime spine di rosa; queste microscopiche lame possono venire lanciate nella direzione e nella quantità che desidera, dando vita anche a raffiche terrificanti in cui –vuoi per il loro numero, vuoi per le loro dimensioni ridicole- è quasi impossibile che le maledette non riescano trovare un varco nelle difese, un interstizio su qualsiasi punto scoperto, avvolgendo lo sventurato in un meraviglioso sudario cremisi. Le punture delle spine sono dolorose, ma ovviamente non mortali, sebbene la sofferenza che provocano è tanto acuta da rasentare la follia: questo avviene principalmente perché i pruni si insinuano sottopelle e sono impossibili da estrarre con mezzi normali.
    Consumo: Medio
     
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  6. Suiginto
     
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    I'm so sick and tired of
    the taste of tears, the sting of pain
    the smell of fear, the sounds of crying...
    As you standing at the edge of your life,
    what do you remember?
    Was it all you wanted...? ♪



    Con un ultimo secco strattone gli stivaletti neri si liberarono dalla morsa del ghiaccio in cui quel bell’imbusto dai capelli bianchi l’aveva intrappolata, infrangendone la superficie con un puro suono di cristallo che si spezza; le iridescenti schegge affilate scivolarono oltre il parapetto, giù, verso il tappeto del piano sottostante, dove avrebbero giaciuto inermi... proprio come gli sconfitti di quel gioco crudele per il quale era stata creata... perché se anche quello non era il suo gioco -l’Alice-Game- ciò che ora si stava ripetendo sotto i suoi occhi non era altro che una sua nuova variante, nuova ma non per questo meno nota e familiare.
    Era solo un’altra battaglia. Solo un’altra prova da affrontare per dimostrare il suo orgoglio di esistere.

    Solitamente, vedere le sue sorelle distrutte non le avrebbe fatto che piacere -rivali in meno con cui competere per la vittoria-, ma questa volta non c’erano in palio Rosae Mysticae da contendersi per ricostituirne l’interezza, la perfezione dell’Ilyaster... stavolta avevano lottato per bisogni e desideri del tutto slegati dal destino spietato a cui il loro capriccioso padre le aveva designate, e per questo Suiginto provò un’opprimente sensazione di rispetto.

    Certo, era vergognoso che Barasuisho si fosse lasciata sconfiggere da un umano, ma in fondo non si poteva pretendere troppo da lei: era soltanto una copia; e fuor di ogni dubbio, la Prima aveva trovato incommensurabilmente stupido il gesto della Settima di intervenire in suo aiuto, sprecando futilmente energie preziose, eppure... eppure si ritrovò a covare un segreto senso di elevazione, perché pur macchiate dall’onta della disfatta, le sue Sorelle non avevano perso la dignità.

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    Perché una bambola non è una creatura, non nasce da un ventre di donna; è soltanto un involucro artificiale costruito dall’Alchimista Artigiano e animato dalla Rosa Mystica... e per loro non esiste
    morte : smarrendo la propria identità, abbandonando la consapevolezza di esistere in un certo luogo, esse si perdono semplicemente nel nulla...
    Eppure siamo vive. Perché lottiamo.
    E’ questo l’orgoglio delle Rozen Maiden.”


    Così, mentre la Rosa Bianca crollava esanime al suolo, e la sua collera e il suo dolore esplodevano in un ultimo slancio di rivalsa, l’Angelo Nero saltò aggraziatamente giù dal corrimano della scalinata dove aveva fino a quel momento sostato, assistendo in un silenzio stranamente solenne e rispettoso al riverberare di quelle essenze, che avvampavano un istante e subito sparivano inghiottite dal buio... come stelle cadenti alimentate dal fuoco di un desiderio - o come lacrime.

    « A quanto pare siamo rimaste solo noi... »
    si rivolse all’unico invasore ancora in piedi, scrutandola con gli occhi magenta
    « Il mio nome è Suigintou; qual è il tuo, umana? »

    Parlando la bambina nell’abito nero -come eternamente a lutto- avanzò, fermandosi a sei metri dall’avversaria: la sua voce, neutra e posata... ad eccezione di quell’ultima parola, pronunciata con sufficienza, concepita con disprezzo.


    SPOILER (click to view)
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    Suigintou

    Fisico: Piedi un po’ intorpiditi
    Status: Determinata a combattere
    Consumi: 0/10 Bassi

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]


    Note: Scusha il ritardu >////</
     
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  7. The Aegis
     
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    La sua cella era ricavata a misura di bambina. Ogni volta che cercava di alzarsi e gridare, picchiava il capo contro il soffitto di pietra, che la costringeva a chinarsi e strisciare verso la grata che si affacciava sullo studio del padre. Durante le sue ore di veglia, Magdalene era solita rannicchiarsi nell'angolo più buio del cubicolo per sottrarsi alla vista, ma quando l'uomo cadeva addormentato sulla scrivania usciva allo scoperto per premere il viso contro l'interstizio quadrangolare fra le sbarre, sondando la camera nell'aspettativa - sempre disattesa - di una possibile fuga. Passava ore a fissare il retro del capo del suo carceriere, la cui tonsura umidiccia lo rendeva - se possibile - ancora più repellente: aveva fantasticato a lungo di stringere quel cranio fra le proprie mani sino a spremerlo come un frutto maturo, divorandone la polpa rossa; aveva fantasticato sull'insinuare le proprie dita fra le costole del suo petto immondo e strappargli il cuore di viva forza, sfibrandolo con l'aiuto di artigli immaginari. Quando Kyler arrivò a giustiziarlo passandolo da parte a parte con la propria spada, il futuro Flagello del Leviatano realizzò che non avrebbe mai provato piacere più grande che quello derivato dal gesto rituale dell'esecuzione: una investitura quasi sacrale, inviolabile, il cui arbitro, disponendo di potere illimitato, non poteva essere ferito da nulla e nessuno.
    Un'armatura d'acciaio per il cuore e lo spirito.

    [...]


    L'espressione insieme basita e frustrata del démone appena trafitto la riportò con la memoria alla vigilia della morte del padre, sollecitando la tensione di un breve sorriso, subito abortito. Aveva rivisto quella scena infinite volte, ripercorrendola attraverso ognuno dei propri incarichi: tuttavia, per quanti giudizi di morte avesse amministrato su commissione della gilda, nessuno di questi era ancora riuscito a cancellare i due anni che avevano preceduto il ricordo da loro puntualmente evocato. Nessuno di questi, probabilmente, ci sarebbe riuscito mai.
    Un pensiero grigio, patetico nella propria inanità.

    «Perché sei così cattiva?!»
    La bambola era sfuggita al fendente, aggirandola. Il pigolio della sua voce spezzata non era più di una eco incompleta, fastidiosa quanto il frinire indistinto dei grilli vicino al rifugio. Inquietante fu che quelle poche parole la toccarono più in profondità di quanto fecero le spine appena esplose, producendo un'emorragia che - anche se invisibile - sapeva essere ben più grave. Tutta la persona del flagello si irrigidì, concentrandosi su di una sola,
    stupida risposta possibile.
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    "non lo so." - è patetico! - si sarebbe detta.
    Invece, aggiunse - "non è colpa mia"
    cantilenando. - "non è colpa mia"

    Il berciare insulso del terzo démone la riscosse, ma solo a metà: quando una parte di lei accompagnò con coscienza di sé il gesto di voltarsi per trafiggerla con i propri occhi, dietro quegli stessi occhi la cantilena continuava a ripetersi, in una tensione infinita - ed infinite volte delusa - verso la ricerca di una più felice giustificazione.

    «Il mio nome non ti appartiene, demone.» ricordò di aver proclamato, con voce esausta.
    «Non è mai appartenuto a nessuno.»
    Con una fitta, si costrinse a dare un ennesimo sguardo al corpo esanime di Amaranth, appena caduto. Non aveva mai confessato il proprio nome nemmeno a lui.
    «Sparisci.»

    [...]

    Le schegge di pruno si sfilarono dalle ferite loro alloggiamenti, cadendo in terra senza alcun rumore. L'intero corpo dell'Egida prese a pulsare, facendosi prima luce e poi elemento. Quando il lucore si dissolse in un gorgo di appendici filiformi esplose a trecentosessanta gradi intorno all'alchimista, di quella non rimanevano che i contorni della sagoma: di fronte alla bambola sorse una deformità atroce, abominevole, la cui pelle d'acciaio era ricoperta di speroni e barbagli affilati. Le braccia erano rigide, compatte, le dita ancora gocciolanti titanio liquido in un lento, inesorabile stillicidio. Solo gli occhi ne erano rimasti
    crudelmente immutati.
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    [...]

    «o muori.»

    Scattò. Nella foga, ogni suo passo sollevava o travolgeva qualunque cosa sostasse fra lei e l'ultimo dei bersagli designati. Arrivò dirimpetto alla bambola in un nugolo di polvere e detriti, caricando il peso sulle ginocchia nell'imminente esecuzione di un salto: la stele sarebbe stata liberata in un fendente orizzontale a spazzata, subito seguito - sfruttando la momentanea elevazione - da un gemello verticale deputato a dividere il piccolo démone in due esatte metà. Durante tutta l'azione, quanto di umano in lei continuava ad aggrapparsi alle parole della bambola appena defunta ( perché sei così cattiva? ) era stato ridotto al silenzio, assimilato e metabolizzato da quella bigia ombra di morte che era il vero flagello del Leviatano. Un boia che non segue né giuria né condanne, che uccide per uccidere il proprio passato - non riuscendoci.

    ( non lo so. )

    Un pensiero grigio, come
    tutti gli altri.

    SPOILER (click to view)

    — ▪ ▪ {psalm for the tainted mary} ▪ ▪ —



    Status ﻢ
      Fisico :: Graffi di bassa entità lungo entrambi gli avambracci, ferite sparse su schiena e cosce che si sommano
      per un danno di media entità.
      Psicologico :: Indeterminabile.
      Riserva :: 50% (-1 alto)
      Consumi impiegati :: 40% (alto)

    Equipaggiamento ﻢ
      Stele delle Origini ~ Excalibur.

      Già citata.


    Abilità impiegate ﻢ
      Driven to Decay

      +50% in forza ed immunità al dolore [passiva]


        Mythical Sword: Evil Fencer La volontà omicida che si fa materia, incarnandosi nel metallo e riflettendo dalla sua superficie i barbagli e gli spettri degli impulsi più osceni. Inducendo i bracciali e le cavigliere a liquefarsi completamente, ne si accompagna la discesa lungo gli avambracci, i polsi e le dita con una gentilezza cauta e morbosa, sino ad indurli, con un comando improvviso e crudele, a coagularsi in dei lunghi artigli ritorti. In questo stadio della comunione, la forza dell'Egida subisce un naturale incremento, accompagnato alla capacità di tagliare i metalli più deboli ed intercettare colpi di armi taglienti a mani nude frapponendo fra sé e loro il simulacro di carne, elemento e sangue. (consumo alto)

    Note ﻢ
      La tecnica agisce come un PU in forza del 50% spalmato su due turni di gioco. Non ho parole con cui scusarmi per il ritardo - l'ennesimo.
     
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  8. Suiginto
     
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    Deep within me Life's crawling and wasting my days
    Another night is gone, and I know there will be another way
    I'm leading myself to be free in this eternal goodbye



    «Il mio nome non ti appartiene, demone. Non è mai appartenuto a nessuno.»

    La voce ruvida e apatica della ragazzina colpì il suo udito danzando sulle note di un timbro indolente, la melodia mormorante di un oceano stanco, che perpetua i moti delle sue onde e delle sue maree sempre uguale, sempre allo stesso modo, senza mai più energie o entusiasmi... Un’immagine davvero desolante.

    «Sparisci.»

    All’onda seguì l’ultimo sibilo della risacca, poi, sotto lo sguardo attento degli occhi di vetro color magenta, le spine di rosa -l’ultimo rabbioso dispetto di Kirakisho-, che avevano assaporato la carne della fanciulla, affiorarono dalle labbra rosse e fresche delle incisioni sulla sua pelle, precipitando miseramente al suolo senza produrre un solo rumore contro la superficie del tappeto.

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    Più sorprendente di questo, era il fatto che il corpo esile dell’umana avesse cominciato a rilucere e palpitare al pari di un misterioso cuore di luce, solo per poi immediatamente oscurarsi in un’esplosione di ributtanti tentacoli che -pur originatasi tutt’intorno alla sua figura- coronavano ora i contorni deformi di un nuovo abominio: pelle opaca color del metallo, percorsa da punte acuminate e rostri affilati... braccia solide come speroni, che gocciolavano lentamente sangue che le parve d’argento... gli occhi bigi, gelidi e disumani.


    «o muori.»

    Se quell’umana credeva di metterle paura con le parole e la cattiva educazione, poveretta lei: perché si sbagliava di grosso!
    Suigintou non era mai stata un vigliacca: il suo orgoglio smisurato e la sua rabbia bruciante glielo impedivano, e se pure avesse mai provato dell’altro -magari così per sbaglio qualcosa di simile alla pietà per un dolore che se solo l’avesse saputo avrebbe trovato a lei affine- non si sarebbe ugualmente tirata indietro dalla pugna.


    La mutazione partì alla carica; la bambola, sorrise.
    Le fu addosso in un attimo, sbandierando la sua furia bestiale in un assalto frontale che sollevò nubi di polvere e calcinacci al suo passaggio, e mentre l’Egida faceva leva sulle ginocchia per spiccare il balzo sordo di una belva in caccia, la Prima si preparò a riceverla e a contenerne la violenza nel modo per lei più rapido e istintivo.

    Dispiegò le sue nere ali, e mentre qualche piuma svolazzava lieve qui e là, l’appendice destra si compattò divenendo anch’essa robusta e massiccia, come il metallo a cui si oppose scavalcando la scapola esile e frapponendosi tra i fendenti e la bambina dai capelli d’argento.

    « Un’esistenza senza un nome deve essere davvero miserabile. »

    La sua vocetta -cinguettante e dolce- risuonò semplicemente odiosa, trasudando tutto il suo più sviscerato disprezzo, e mentre le ali si ritraevano per tornare nuovamente nulla più che elementi ornamentali del suo vezzoso vestiario, la bambola maledetta spiccò un balzello indietro.
    Con l’intento di mettere tra sé e quella sgraziata mostruosità più distanza che poteva.

    E quando lei arretrò, una lucciola azzurrina le emerse dal petto sottile, scagliandosi come un proiettile contro l’essere umano rinchiuso nella sua prigione armatura di titanio, odio e dolore; l’esplosione avrebbe preceduto l’impatto, e l’onda d’urto non avrebbe avuto altro scopo che prendere tempo e rallentare il Flagello.
    Per mettere tra sé e quella mostruosità disgraziata più distanza che poteva.


    SPOILER (click to view)
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    Suigintou

    Fisico: Piedi formicolanti
    Status: Arrogante e Vendicativa
    Consumi: 3/10 Bassi

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]

    Shell: Tramite immissione di aura nelle ali, Suiginto può mutarle in un guscio protettivo, una barriera assai difficilmente violabile da attacchi di potenziale non eccessivo, al cui interno le piume conservano e ricreano un ambiente ottimale e confortevole per la Bambola.
    Consumo: Medio

    Mei-Mei Blast: A ciascuna Rozen Maiden viene affidato uno Spirito Artificiale, una piccola guida silenziosa che ne diverrà servitore fedele, con l’aspetto di un barlume luminoso dalle dimensioni di una lucciola, e dotato di poteri che completano quelli della bambola.
    Concentrando l’energia della sua padrona, MeiMei può sprigionarla con un’esplosione capace di generare una luminosità tale da abbagliare, dando origine ad un’onda d’urto da una sorgente puntiforme il cui fulcro è lo stesso Spirito Artificiale; la detonazione non provoca danni se non leggerissimi e del tutto trascurabili, ma -principalmente- priva della vista per un turno e sbalza indietro di un paio di metri a chi si trova troppo vicino al momento dello scoppio per permettere a Suiginto di recuperare respiro.
    Consumo: Basso


    Note: Mi scuso per il ritardo -per quanto annunciato fosse-; per quanto riguarda il combattimento, spero di non aver fatto pasticci nell’affrontare il power-up, che ho considerato un medio a cui ho opposto un medio >w< Se ho sbagliato e non è così mi scuso .////./
     
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  9. The Aegis
     
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    Lo sguardo del Flagello accompagnò i suoi stessi movimenti senza emozione, ormai burattino della furia vuota che solo la completa comunione con l'elemento e con la stele poteva trasmetterle: i rostri del petto si sollevavano ritmicamente, ma non era che l'imitazione di un respiro - così come la chitina liquida che ricopriva gli avambracci e che si increspava ad ognuna delle loro contrazioni, per poi tornare ostinatamente immobile. L'Egida del Leviatano aveva tenuto - finalmente - fede al proprio titolo trasformandosi nella personificazione di quella morte che l'aveva sempre accompagnata - la morte gelida e invulnerabile del boia, protetta da un cappuccio di anonimato. Sotto più strati di metallo e magia, in un punto imprecisato nei pressi degli zigomi, l'Egida accennò ad un sorriso; il suo lavoro non le piaceva, ma un imprecisato orgoglio le impediva di negare che lo sapesse svolgere bene. Uno dei pochi attestati di credito che avesse mai ricevuto.

    [...]

    Accolse la barriera della bambola con sufficienza, premendo la stele contro la sua superficie invisibile fin quando i muscoli glielo permisero: il fischio del proiettile la raggiunse come una eco remota, permettendole di frapporre il piatto dell'arma fra sé ed il colpo. L'esplosione la proiettò all'indietro di un metro scarso, invitandola ad atterrare sulle ginocchia; quando sollevò il capo, rialzandosi, alle labbra si erano sostituite due fauci metalliche decorate di zanne simili ai dentelli triangolari di un ingranaggio spezzato, che continuavano a mescersi fra loro per spuntare ancora - e ancora - nella loro aberrante deformità. Se il démone aveva deciso di prendere le distanze, voleva dire che avrebbe giocato al suo stesso gioco.

    «Ghrbll...Ghrr...»

    Inaugurò un secondo scatto, portando la mano armata a trascinarsi dietro la vita
    nel caricarsi di un colpo che non avrebbe mai avuto luogo: a metà del fendente lasciò la presa sul manico, scagliando la stele contro la bambola come fosse una grossa tagliola roteante. Vista la forza impressa nel colpo e la dimensione della reliquia, l'impatto avrebbe quasi sicuramente frantumato la creaturina in cento e più schegge di porcellana.
    Gli occhi del Flagello si dilatarono ancora, incattivendosi di rughe e lacrime di metallo fuso.
    Non avrebbe avuto requie fin quando non avrebbe strappato a quel piccolo démone
    la bocca che usava per canzonarla.

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    «...!!»

    SPOILER (click to view)

    — ▪ ▪ { psalm for the tainted mary } ▪ ▪ —
    magdalene :: egida del leviatano



    Status ﻢ
      Fisico :: Graffi di bassa entità lungo entrambi gli avambracci, ferite sparse su schiena e cosce che si sommano per un danno di media entità. Trascurabili danni da attrito.
      Psicologico :: Indeterminabile.
      Riserva :: 50% (-1 alto)
      Consumi impiegati :: 40% (alto)

    Equipaggiamento ﻢ
      Stele delle Origini ~ Excalibur.

      Già citata.


    Abilità impiegate ﻢ
      Driven to Decay

      +50% in forza ed immunità al dolore [passiva]


        ______________________________________ ___ __ _

        Mythical Sword: Evil Fencer La volontà omicida che si fa materia, incarnandosi nel metallo e riflettendo dalla sua superficie i barbagli e gli spettri degli impulsi più osceni. Inducendo i bracciali e le cavigliere a liquefarsi completamente, ne si accompagna la discesa lungo gli avambracci, i polsi e le dita con una gentilezza cauta e morbosa, sino ad indurli, con un comando improvviso e crudele, a coagularsi in dei lunghi artigli ritorti. In questo stadio della comunione, la forza dell'Egida subisce un naturale incremento, accompagnato alla capacità di tagliare i metalli più deboli ed intercettare colpi di armi taglienti a mani nude frapponendo fra sé e loro il simulacro di carne, elemento e sangue. (consumo alto)

    Note ﻢ
      ///
     
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  10. Suiginto
     
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    Come piume danzanti che scintillano
    lungo la luce che conduce i colori...
    Nessuno può fermarmi...
    Non posso tornare indietro.



    Lo scudo delle sue nere ali vibrò sotto l’impatto della lama nemica, e le giunture a sfera delle ginocchia traballarono -scosse-, prima che la pressione del contrasto si esaurisse in una parata fortunata; quando il barlume fioco che avvolgeva lo Spirito Artificiale volò dritto come un proiettile incontro al proprio bersaglio, sibilando un fischio di avvertimento prima di detonare in un piccolo lampo di luce, l’Egida ne contenne l’irrisoria potenza con un semplice e sapiente gesto della mano, frapponendo tra sé e lo scoppio il piatto dell’ampissima e monolitica spada.

    L’esplosione tuttavia riuscì nell’intento che la Bambola s’era prefissa di raggiungere, ricavare cioè il tempo necessario a trarre un più ampio respiro per riorganizzarsi: la giovane donna fu costretta ad arretrare di almeno una falcata, prima di atterrare sulle ginocchia, e Suiginto ne approfittò per spiccare a sua volta un balzello all’indietro -reso un po’ difficoltoso dalle appendici ancora intorpidite dalla permanenza del gelo-, e allungare -solo di pochi passi rosicati- le distanze tra loro.


    «Ghrbll...Ghrr...»

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    Versi animaleschi focalizzarono l’attenzione degli occhi magenta sul volto dell’avversaria, e la vista dei suoi lineamenti -ora grottescamente trasfigurati in fauci metalliche- strappò un brivido
    alla schiena del piccolo angelo nero...
    Tuttavia, la concitazione di un duello non era decisamente il momento più adatto per tradire esitazioni e nervosismo, e la Prima si costrinse a dominarsi, sfoggiando un sorriso di sfida mentre una goccia iridescente scivolava sulla pelle di porcellana come unica spia del suo sgomento
    - e della sua tensione.


    « Non mi farò sconfiggere, né da un’umana né da una bestia... »

    Qualsiasi cosa -tra le due- ella fosse divenuta in quel momento.
    La sua dolce voce di bambina esordì altezzosa e sprezzante... ma era come se stesse parlando più con l’intento di convincere se stessa, che con quello di rivolgersi davvero alla sua interlocutrice; dopotutto, non era nemmeno sicura che quella sciocca umana fosse ancora in grado di sentirla e comprenderla.

    L’Egida si era appena slanciata ancora una volta in una nuova azione, e a Suiginto non restò che ammaestrare l’istinto -che le urlava un allarme di pericolo- per incanalare al meglio una qualche reazione, volta a salvaguardare la sua perfetta, splendida, delicata e liscia pelle di bambola.
    Serrò quindi la manina destra in un pugno, e ripiegò il gomito fino a portare le nocche sbiancate a ridosso della spalla sinistra, poi sferrò una spazzata diretta ad intercettare l’enorme spada -che le roteava incontro per infrangerla sotto la violenza del suo filo- con la lama solida ma sottile che era apparsa nella sua stretta, evocata in un vorticare di piume nere e brandita come un’estensione
    del corpicino della creaturina dai capelli d’argento.

    Il Colichemarde intersecò la Stele, e la strenua resistenza che il braccio che l’impugnava vi oppose fu bastevole a deviarne di poco la traiettoria mentre Suiginto si gettava al suolo -nella direzione opposta-, evitando così di venirne travolta e finire così miseramente in pezzi: le ginocchia colpirono pesantemente il tappeto logoro e distrutto della villa, l’arma le cadde di mano svanendo -così come era apparsa- in uno sbuffo di piume, e la mancina che ella aveva predisposto ad ammortizzare la caduta echeggiò blandamente il dolore ben più atroce che minacciava di dilaniare invece la gemella, catalizzando l’attenzione di Suiginto sulla ragnatela di crepe profonde che, al di sotto della stoffa del ricco vestitino, il contraccolpo appena sopportato aveva generato su tutto il braccio destro -dal polso alla scapola-, rendendolo inservibile.


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    Le fondamenta del suo animo tremarono sotto lo strillo acuto dei nervi, ma non urlò.
    Il respiro le si fece pesante, e per un istante dilatato all’infinito la Bambola giacque per terra, senza accennare a rialzarsi, come svuotata del tutto da quella sofferenza che -in un momento- l’aveva privata di ogni maschera... Per un attimo, la sua determinazione vacillò davanti all’insensatezza di quel dolore, ma qualcosa dentro di lei le restituì come un’eco l’immagine di se stessa: pateticamente costretta in ginocchio davanti al nemico... Disarmata e danneggiata. Debole. Inerme.
    Di nuovo ridotta ad una sorta di
    rifiuto. E questa consapevolezza la colpì con impietosa veemenza.
    E le fece rabbia.

    Il suo mento si alzò di scatto, intrappolando nello sguardo provato dei suoi occhi di vetro il riflesso dell’umana; le iridi color magenta apparvero vacue e vitree mentre le nere maledizioni dell’angelo caduto si ergevano oltre la linea delle sue esili spalle: poi fu un battito di cuore, un battito di oscure ali piumate, e -leggere- penne come dardi sibilarono contro il loro bersaglio.
    Combattere e soffrire era perfettamente inutile... ma era la prova della sua esistenza. Il suo orgoglio...

    Non poteva fermarsi ora. Non poteva tornare indietro.


    SPOILER (click to view)
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    Suigintou

    Fisico: Piedi formicolanti
    Status: Arrogante e Vendicativa
    Consumi: 6/10 Bassi

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]

    Colichemarde: Arma bianca di stile occidentale che per forma ricorda lo stocco, ha il suo tratto caratteristico nella lama a doppio taglio, lunga una sessantina di centimetri, dritta e scintillante, che si fa più stretta in punta rispetto all’attaccatura svasata fissata nell’elsa, invece leggermente più elaborata: l’impugnatura è lunga abbastanza da permettere una buona presa con una mano sola, mentre il transetto posto perpendicolare alla lama, è scolpito a raffigurare nel suo metallo più scuro e brunito due ali d’angelo spalancate.
    Il Colichemarde si presenta come una lama elegante e letale: sebbene sia ben bilanciato, leggero e maneggevole anche e soprattutto con una singola mano; la Rozen Maiden non porta mai l’arma con se, per il semplice fatto che può disporne in qualsiasi momento; convocandola, essa si materializzerà a portata della sua mano dall’agglomerarsi delle sue nere piume.
    Consumo: Basso

    Sventagliata: Trasferendo alle piume parte della propria energia, Suiginto può renderle affilate come rasoi per usarle come lame corte per azioni ravvicinate, o scagliarle a comando mentale o con un colpo d’ala come fossero dei dardi taglienti o dei pugnali da lancio con elevate proprietà perforanti; loro raggio d’azione e gittata è pari a circa 10 metri.
    Consumo: Medio


    Note: Nella scheda è scritto che il Colichemarde permane per 2 turni, ma dal momento che non è corretto, mi sono permessa di “correggere” in corsa
     
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  11. The Aegis
     
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    Giunta ormai al proprio acme, la comunione con l'elemento andava lentamente sciogliendosi. Gli speroni, le bozze e i tracciati affilati che percorrevano il corpo del Flagello presero a perdere la propria caratterizzazione a favore di una pasta grigia e malleabile, simile al metallo fuso ma insospettabilmente fredda al contatto. La sostanza - ormai inerte - si precipitò dalle spalle ai gomiti ai palmi dischiusi, aggrappandosi disperatamente alle piccole dita dell'emblema prima di lasciarsi cadere nella polla sottostante. Il viso dell'Egida si fece maschera nello scrosciare di quel pantano metallico, completamente coperto per diversi istanti: al termine del fenomeno, sul volto dell'alchimista - chino sul petto per gli sforzi compiuti - non rimaneva che un'espressione angustiata, a metà fra lo sdegno e l'esasperazione. Sollevò gli occhi alla ricerca della Stele, e la trovò a pochi passi dal piccolo démone. La voce di quello, filtrata dai suoi respiri rochi e cadenzati, le arrivò come il terzo o quarto ripetersi di una eco originale,
    sfiorandola appena lungo i margini della consapevolezza.

    «Non mi farò sconfiggere, né da un’umana né da una bestia...»
    richiamò - ancora - alla mente l'immagine del corpo di Amaranth, ormai sepolto fra i calcinacci: in quella luce, persino
    un'ennesima provocazione cominciava a perdere la propria importanza.

    [...]

    Avvertì il dilatarsi del vuoto che precede la proiezione di uno o più oggetti da lancio, riconosciuta e fatta sorella tempo prima insieme ad un nutrito catalogo di suoni, odori e sensazioni sul campo di battaglia: non appena le piume le schizzarono contro seguendo una traiettoria a ventaglio, l'Egida si limitò a stringere il pugno destro per attivare un canale di comunicazione fra sé e l'elemento della Stele, inviandole una tanto muta quanto autorevole richiesta di soccorso - e questa rispose: dal piatto dell'arma adagiato sul pavimento si sollevò un lunghissimo sperone metallico, che catapultò la reliquia in avanti quanto bastava perché si frapponesse fra l'Egida e le mire descritte dalle piume-dardo, permettendole di intercettarla in un rapido balzo. Una volta afferratala per il manico, pose nuovamente il piatto di fronte a sé per farsi scudo dall'attacco nemico, curandosi di proteggere principalmente il volto. Le cosce, il braccio esposto per supportare la posizione di parata e persino l'addome - vulnerabile a causa di un vuoto decorativo posto al centro della lama stessa - non ebbero altrettanta fortuna. Non avvertì alcun dolore, ma una decisa sensazione di torpore, seguita da un formicolare fastidioso e persistente che la accompagnò ad ogni movimento successivo. Il suo corpo, per quanto lei non ne avesse una corretta percezione, stava cominciando
    a punirla per le troppe ferite inflittegli.

    «Tutto questo per quello stronzetto arrogante. Tch.» commentò fra sé e sé, masticando l'insulto fra i denti sino a che questo non si andò a conficcare nei più profondi interstizi; poco più tardi, si immaginò a ripercorrerlo con la lingua
    lungo il palato nel tentativo di disincagliarlo.
    «...e nemmeno un grazie.»

    Agitò la stele sopra il capo nella preparazione di un colpo. Il tracciato così inaugurato terminò in un fendente obliquo portato ad una manciata di metri dalla bambola, nel mezzo della cui evoluzione la spada si sarebbe allungata sino ad assumere i connotati di una frusta, abbastanza lunga ed abbastanza affilata da tranciarla in due - o così sperava.

    Oltre di lei - oltre di loro - in un luogo imprecisato del piano, un uomo ed un démone si
    stavano sfregando le palme nell'ansia di ottenere un risultato.

    SPOILER (click to view)

    — ▪ ▪ { psalm for the tainted mary } ▪ ▪ —
    magdalene :: egida del leviatano



    Status ﻢ
      Fisico ::
      · graffi di bassa entità lungo entrambi gli avambracci
      · ferite sparse su schiena e cosce che si sommano per un danno di media entità.
      · trascurabili danni da attrito.
      · danni di bassa entità (cumulati) su braccio destro, cosce ed addome.


      Psicologico :: Esausto, rassegnato.
      Riserva :: 20% (-1 basso + medio)
      Consumi impiegati :: 30% (basso + medio)

    Equipaggiamento ﻢ
      Stele delle Origini ~ Excalibur.

      Già citata.


    Abilità impiegate ﻢ
      Driven to Decay

      +50% in forza ed immunità al dolore [passiva]


        ______________________________________ ___ __ _

        The Gray Mary Titanio.
        L'ibridazione di materia inorganica con un corpo vivo atta a formarne una estensione accessoria ma metabolizzabile dall'organismo durante un tempo di degenza più o meno lungo -il concetto stesso di 'bioarma' o 'arma vivente'- non è una conoscenza accessibile a tutti. Il padre dell'Egida, agendo per conto del Leviatano, era stato incaricato di esplorare una branca della magia runica tale da permettere, previa impressione di una lettera o di un'intera strofa sulla regione interessata, di legare la carne ad un dato elemento naturale o trascendentale; alla morte del nostro, troppo inetto per trovare cavie il cui fisico potesse sopportare un simile abuso, la figlia subentra nella medesima ricerca, utilizzando sé stessa come paziente zero. I risultati sono sorprendenti. Incidendo dei caratteri preselezionati su polsi e caviglie con una lama rituale, il legame si traduce in realtà: O-D-I-O, ritagliato col fuoco, col ferro e col livore di due anni di prigionia e tredici di amarezza. L'elemento protagonista del legame è il titanio: resistente come l'acciaio ma il 40% più leggero, pesa il 60% in più dell'alluminio ma con una resistenza doppia. I caratteri vengono adeguatamente occultati da dei bracciali del medesimo materiale con cui comunicano, permettendone una interpolazione diretta e sempre efficace. Fintantoché questi non vengono sottratti alla custodia dell'Egida, questa sarà in grado di modificare l'altro capo della sua corresponsione arcana in termini pressoché
        illimitati di quantità e qualità. ( consumo variabile )

    Note ﻢ
      Ho utilizzato l'abilità principale del personaggio a consumo basso per propellere rapidamente la Stele verso di lei ed a consumo medio per mutarla in una frusta metallica a metà colpo. Per qualsiasi domanda, mp. =)
     
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  12. Suiginto
     
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    If I'm going down, then I'm doing down good
    If I'm going down, then I'm going down clean
    If I'm going down, then I'm going down...
    The prettiest broken girl you've ever seen...



    La sinistra patina metallica che aveva fino a quel momento ricoperto interamente il corpo dell’Egida -trasfigurandone i lineamenti nelle fattezze feroci e grottesche di una bestia di titanio- cominciò a liquefarsi, gocciolando lentamente al suolo come un cristallo di ghiaccio che -colpito dai raggi del sole più torrido- si annienti in lente lacrime, e gli occhi magenta della bambola seguirono con ardente aspettativa i dardi assassini delle sue affilate piume nere che già sibilavano contro l’umana come promesse di dolore.

    Tuttavia -come sempre succede-, le cose non andarono come sperato: con una prontezza che la lasciò disarmata, Suiginto vide la ragazza senza nome serrare in un pugno la mano destra, e -in risposta ad un muto incanto- l’enorme blocco metallico -che quella aveva finora sempre brandito come propria spada- si sollevò di scatto dal luogo in cui la sua ultima disperata difesa l’aveva scagliata, balzando indietro verso la proprietaria e frapponendosi tra lei e la sventagliata.
    Alcune delle penne colpirono il bersaglio, ma il morso venefico della frustrazione e dell’insuccesso pungolò il centro della sua sicurezza, stizzendola.
    Non era ancora abbastanza.

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    « Ti ridurrò a un rottame... »

    Ma più che una minaccia, le sue furono solo parole biascicate nella corrente che risale il baratro oltre il quale l’equilibrio della sua mente provata dallo sforzo della pugna oscillava come un maldestro funambolo ormai allo stremo delle forze, che per pura, semplice e caparbia cocciutaggine si ostinava a sfidare il crollo delle sue capacità. E lei stava per cadere...

    L’avversaria portò l’arma di cui era tornata ad appropriarsi in alto, sopra la testa, e nello spasmo dei muscoli contratti la piccola riconobbe i segni rituali della preparazione di un nuovo assalto: mentre ridiscendeva verso di lei, proiettata in un improbabile fendente obliquo, la lama colossale prese a contrarsi come se il metallo che la componeva fosse vivo, e la spada si tramutò in una frusta -lunga, sinuosa e tagliente- pronta a dilaniarla...e Suiginto agì, guidata dal vuoto impulso che il suo istinto guerriero le suggeriva: non era solo per l’illusione di sopravvivere; in lei bruciava -insieme con l’orgoglio- il desiderio di distruggere,
    portando a fondo con sé quante più cose poteva.


    Se non si può evitare di andare all’inferno, tanto vale andarci con stile.
    Se stai scivolando nella follia, tuffati. E cose così...

    Le sue ali si spalancarono, e -con tutto l’impeto che le sue ultime forze le diedero- un nuovo nugolo di piume si librò nell’aria, diretto contro la frusta e contro la ragazza... pronto a chiudere quella battaglia in un’esplosione di luce e calore.
    Un finale col botto.

    « . . . »

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    Ma la Bambola non poté assistere all'esito del proprio operato:
    il buio la sopraffece, i suoi occhi color magenta si chiusero, e il corpicino scivolò in avanti,

    toccando terra con un tonfo.


    SPOILER (click to view)
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    Suigintou

    Fisico: K.O
    Status: Rassegnata e Autodistruttiva
    Consumi: 10/10 Bassi

    Vuoto Simulacro: Assenza di Aura | Resistenza alle Illusioni | Resistenza Psionica [Già citata]

    Feather Tango: Spargendo piume nell’aria, dove galleggiano con grazia senza peso, si conferisce loro una consistenza esplosiva, avendo libertà di gestirle e spostarle come si vuole finché restano nel proprio raggio d’azione e gittata –circa 10 metri-: non più lunghe di 15 centimetri, esse possono diventare delle bombe al minimo urto con corpi estranei, generando una violenta esplosione di 1 metro di raggio da ciascuna piuma.
    Consumo: Medio


    Note: La tecnica “Feather Tango” è da considerarsi utilizzata 2 volte, per contrastare la frusta e per cercare di colpire l’avversaria; dopo la manovra quasi-kamikaze, Suiginto esaurisce le energie e perde i sensi. E ora: gran finale! :8D: <3
     
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  13. Leviathan's Claw
     
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    Apparve con la discrezione di un ospite inatteso che non vuole catturare l'attenzione dei presenti per un eccesso di garbo, disegnandosi dalle ombre che pendevano dagli abbaini adagiandosi sulle tegole frantumate del pavimento. Fendette il bagliore delle piume esplosive con un gesto annoiato - frustrato, avrebbe detto qualcuno - disperdendone la trama magica come fosse un refolo di nebbia. Si stagliò contro la bambola, offrendo le spalle al Flagello: l'Egida, muta ed accecata dalla prima esplosione occorsa, si limitò ad accasciarsi sul pavé e lì abbandonarsi, allungando debolmente il braccio in direzione del corpo di Amaranth. Il gesto venne confortato dal nuovo venuto con un breve sorriso, subito stirato nel momento in cui si rivolse nuovamente alla bambola. La sua espressione, per quanto apparisse di una stolidità quasi assente, era in realtà rosa dalla rabbia
    in ciascuna delle proprie estremità.

    « Non dovevi fare del male alla mia bambina, pagliaccio. »
    Per quanto apparentemente diretta ad un conversatore invisibile, l'invettiva non perdeva nulla in intensità. Ad accompagnarla accorse un bagliore opaco attorno al suo palmo destro, sfogatosi con una rapidissima, furiosa estroflessione in una striscia di fiamme energetiche che sfregiò ulteriormente la scalinata,
    dividendola in due metà frastagliate.

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    « La scommessa termina qui. »
    E si chinò a sollevare il corpicino dell'Egida, che si contraeva nell'incoscienza
    per le troppe ferite subite. Al *146 non dedicò che uno sguardo.
    Scomparì oltre la soglia, lasciando dietro di sé solo un vago odore di bruciato ed
    un disagio palpabile, che sembrò acuire le ombre della camera.

    [...]

    Appena fuori dalla magione, il Pentauron lo investì con la sua sarabanda di luci e colori e suoni, costringendolo a scacciarne pigramente l'immagine con la destra ed a chinare il capo sulla bambina - donna - che portava in braccio. Trovò la forza di sollevare lo sguardo solo dopo qualche minuto di ricovero, concedendo un'occhiata di frustrata ammirazione
    alla luna che pendeva ad Est.

    « Hai davvero talento nell'evadere i pedinamenti. »
    constatò in uno sbuffo a metà fra il rassegnato ed il divertito, muovendo
    una manciata di passi verso il cancello della proprietà.

    « Principe. »
    aggiunse, scomparendo nel guizzo di una
    fiamma color pece.

    SPOILER (click to view)
    La giocata termina qui: 1pt al Levio ed 1pt libero a ciascuno di noi, che ho - personalmente - già assegnato al conto di Moloch.

    Inutile reiterare i ringraziamenti per la pazienza e per la bella giocata già fatti a più riprese in privato. Mi limiterò quindi a lasciarti l'onore del post di chiusura. =)
     
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    Grazie ancora della splendida giocata, Raphy >***</ E grazie a tutti quelli che ci hanno seguito ^///^/




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    « Non dovevi fare del male alla mia bambina, pagliaccio. La scommessa termina qui. »

    La stringa di energia fiammeggiante colpì la malconcia scalinata della bella casa -ora sventrata dall’infuriare della battaglia- in una eloquente manifestazione tangibile e finanche troppo composta della collera che doveva invero star agitandosi nel petto dell’uomo, e l’onda d’urto che l’esplosione generò fu così violenta da costringere l’interpellato a trattenere con la mano guantata di bianco la faglia del suo nero cilindro, affinché non gli volasse via dalla testa, lasciando ulteriormente scoperti i corti capelli color amaranto, già furiosamente in balia dalla corrente densa di polvere.

    Il
    conversatore invisibile a cui quelle parole erano state lanciate raccolse quell’invettiva con un profondo, paziente, e finto-afflitto sospiro, ma prima che potesse replicare che “Ehi, anche lui ci aveva rimesso con tutto il trambusto e contrattempi del caso, ben due delle sue bambole gravemente danneggiate, la terza in lacrime, e quel casino da ripulire” la presenza della Mente si era già ritratta da quel luogo, come un luminare illustre e sdegnoso che -dopo l’esibizione della sua tesi- lasci le scene
    senza concedersi per ulteriori bis.


    « E alla fine tocca sempre a me rimettere in ordine... »

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    Così si lamentò il Pierrot infernale, scavallando le gambe e adagiando la tazza di porcellana -ancora piena per metà- sopra il piattino in coordinato... accanto alla teiera, la zuccheriera e la lattiera che facevano elegantemente mostra di loro dal ripiano circolare del tavolinetto -probabilmente comparso dal nulla-
    dove stavano disposte in bell’ordine.
    Con una smorfia annoiata si alzò in piedi, e, tirando ben indietro i polsini con piccoli strattoni alle maniche nere del completo -e insieme a loro quelle bianche della camicia-... batté le mani.


    « ...che fatica. »

    Commentò la voce melliflua del Cappellaio, contemplando con gelidi e soddisfatti occhi azzurri il suo ennesimo e magistrale lavoro, espresso nel buongusto dell’atrio della villa -ora intonso-, nel legno intatto dei mobili incolumi, e nella disposizione perfettamente armonica dei quadri incorniciati e degli arazzi intoccati, che rivestivano pareti con l’intonaco nuovo di zecca, al di sopra dei bei tappeti pregiati e al di sotto di un tetto solido sopra la sua testa...l’unica cosa fuori posto sembrava essere il cadavere di un uomo, riverso sul pavimento; in mezzo a quella raffinata eleganza, nella luce calda e soffusa delle abat-jour, sarebbe potuto sembrare che stesse solo dormendo.

    Perplesso, il pagliaccio puntò le mani sui fianchi ossuti, e reclinò la testa carminia da un lato mentre passava interiormente al vaglio le possibili risposte alla ben ovvia domanda
    sorta spontanea nella sua mente:
    che cosa farne?
    Magari poteva rispedirlo al proprietario, insieme ad un cesto di frutta assortita e agli auguri di una pronta guarigione per la sua protetta, ma prima che quel pensiero prendesse la forma di una decisione definitiva, un risolino pestifero provenne dal di là dello specchio del corridoio: alla vista dei rovi bianchi che si protendevano per ghermire quell’inerte pupazzo di carne, il Pierrot inarcò un fine sopracciglio -dubbioso-, poi si limitò a scrollare le spalle.

    Procedendo lentamente oltre, con morbide falcate, la Farfalla Blu si accostò alla bambola nera;
    se la issò con cura tra le braccia, e gettò uno sguardo da sopra una spalla
    prima di dirigersi alle scale per salire al piano di sopra.


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    « E va bene, Kira: puoi tenerlo.
    ...e poi non dire che ricevi sempre meno delle tue sorelle. »


    Il suono raschiante di un peso trascinato sul tappeto fu la sola risposta che ottenne.
     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    “Per sempre, comodamente, le scale a chiocciola continuano a girare su loro stesse.
    Torte e ritorte...

    Le bambole complottano una rivolta.
    Queste Alici crudeli
    si aggrappano alle ali delle sirene
    e alle scaglie di vetro degli angeli,
    e sembra che servano soltanto
    al mare di cellophan
    dove dormono i dugonghi.

    Gli incubi dai bei colori sgargianti
    lanciano sul solaio un carillon rotto,
    con una chiave nera.

    E si accovacciano riversando peccati
    sul dorso dei piedi bianchi di un ragazzo,
    un maniaco visionario,
    assorto in un gioco proibito.

    Mamma Oca dell'Ora Tredicesima,
    persa in un labirinto del tempo:
    la porta non si apre più...


    E mai nessuno se ne accorgerà.”
     
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