Eco di Requiem

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    .†.Dancing Mist.†.

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    Il fruscio che il vento d’alta quota produceva -sibilando- contro le sue piume bianche fu il primo abbraccio di benvenuto di quel nuovo mondo sconosciuto.
    Ripiegando le ali contro il petto, il predatore si lasciò cadere in picchiata -come un proiettile avvinto dalla gravità-, e i suoi occhi d’argento catturarono l’immagine grigia e brulla del paesaggio anche mentre il mondo gli balzava incontro a velocità folle; all’ultimo, quando appena un paio di metri lo separavano dallo schianto con il suolo, il gufo spalancò le ali.

    Il contraccolpo con l’aria lo lasciò per un istante sospeso nel vuoto, il necessario ad invertire la metamorfosi, lasciando che -nel tempo di un battito di cuore- le ossa cave dell’uccello venissero sostituite da altre più solide, compatte e
    umane: le sue penne morbide trasmutarono in pelle rosea e chiara come quarzo, subito coperta da stoffa candida, e il suo becco affilato e feroce si sciolse in una chiostra di denti immacolati, nascosti da labbra pallide e ben disegnate.
    Là dove un rapace si era precipitato, ora un giovane uomo toccava il suolo con leggerezza.

    Vestiva elegantemente di uno smoking bianco, così come bianche erano anche le scarpe, la pelle e i capelli -una nuvola serica e un po’arruffata-; l’unica nota di dissonante, di distacco -che con prepotenza spiccava su tutto il resto-, era costituita dagli occhialini scuri che sempre nascondevano i suoi occhi.

    Con fare concentrato e attento, si guardò intorno, ma ciò che vide non parve essergli d’aiuto, così chiuse le palpebre su quello che lo circondava, e si impegnò per vedere più lontano, avvalendosi della sua Seconda Vista e tendendo placidamente le orecchie e il cuore all’eco sempiterno della Risonanza.

    E quello che udì gli parve la sinfonia di un’intera orchestra.

    Assaporò per un lungo istante il conforto di quella melodia, dopodiché tornò a focalizzare la sua attenzione sullo scopo della sua presenza lì; aprì gli occhi per setacciare con lo sguardo il piccolo borgo che si stendeva nella vallata sottostante: più che una città, un enorme villaggio di case basse, divise in quartieri piuttosto grandi; in particolare, gli occhi del Gufo si appuntarono sulla locanda posta sulla via principale, una spianata larga in cui diversi carri e frequentata da una grande varietà di persone.

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    « La Maestra ha detto di cominciare dalla Fine... »

    E quella era la sua prima destinazione: la locanda del 'Notturno' di Ulthar.
    Là, dove era stato eseguito il Requiem più triste del creato.
     
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