La Nebbia ed il Vento.

Sotto le note di un Notturno.

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    "Chissà quante altre stelle riuscirò ad accendere nei miei occhi
    mentre un vento da chissà dove mi porterà il profumo del tuo ricordo.
    Forse sarà come scendere da una nuvola
    Proprio lì, dove si interrompe il cielo"
    .

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    Silenzio incombeva in quella stanza. Un silenzio placido e malinconico, un silenzio violento, un silenzio pericoloso. La luce della Luna penetrava furtiva dalla finestra, sfiorando le coperte chiare del suo letto e donando loro un nuovo candore. E dentro le lenzuola un corpo femminile, morbido e sinuoso, seduto a gambe incrociate come ad imitare gli asceti sulle montagne, e con una mano reggeva un pezzo di carta. No, non era un messaggio, nè una lettera; quella che stringeva tra le dita era una carta di tarocchi raffigurante una torre alta ed imponente, esattamente come la persona che gliel'aveva data in dono. Abel, le mancava tanto il suo maestro, come anche tutta l'accademia. Infondo, in un certo senso era stata la sua casa e coloro che con lei ci vivevano erano stati la sua famiglia. Curiosa, curiosa davvero la situazione, perchè proprio i suoi angeli custodi, il nero mastino ed il gufo bianco, si erano riscoperti essere suoi fratelli in un certo senso; a quanto pareva il fato li voleva Arcani pure loro, Arcani Maggiori come il suo Alfiere o Lady Kalia, non certo come lei, ma sempre e comunque legati indissolubilmente, in ogni caso. Si mosse, scivolando piano di schiena sul materasso nel disperato tentativo di prendere sonno, e la camicia da notte bianca, leggermente sbottonata al seno, giaceva su quel corpo invitante in modo scomposto, lasciando interamente scoperte le belle gambe che sarebbero invece dovute rimanere nascoste all’altrui sguardo. Ed i capelli ondulati si diramavano sul suo cuscino come i tronchi degli alberi, mentre altri coprivano il suo volto, lasciando visibili solo labbra rosse e carnose. Chiuse gli occhi color smeraldo. Intorno a lei il mondo sembrava fermo, immobile, ma dentro il petto qualcosa di ben più forte del fuoco stesso e delle fiamme infernali ardeva rabbioso, un vento impetuoso giocava con la sua anima, sola in un mondo fatto di frammenti. E lei era lì, come da qualsiasi altra parte. Infondo sarebbe stato lo stesso, prima o poi avrebbe abbandonato anche quel posto, probabilmente.

    Possibile che non fosse in grado di legarsi a niente?



    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 19:58
     
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    Nel silenzio spettrale del mondo delle tenebre, le sue ali fendevano la notte.
    L’immensità sopra la sua testa piumata di bianco era una coltre scura e fonda... la matassa di seta da cui aveva sempre creduto -lo ricordò con uno spasmo di dolore e un fremito di desiderio- fossero stati filati anche i
    suoi capelli...

    Certamente non era possibile che un rapace potesse provare tristezza o dolore nel contemplare la volta stellata -sarebbe potuta sembrare quasi un’eretica bestemmia contro natura-, eppure c’era stato qualcosa di secco nello scatto con cui quell’esemplare dal bianco piumaggio aveva distolto lo sguardo, chinando il capo e abbassando il tiro degli occhi argentei sul panorama sottostante.
    Le terre abitate e le poche luci degli insediamenti umani facevano sembrare le tetre vallate un cielo capovolto, ma -se non altro- l’assenza della sua adorata Madame Luna lo lasciava libero dalla malia atroce che lo spingeva con malinconica dolcezza a sperare, a sognare, e a rammentare...

    Quando giunse in vista della sua destinazione -l’isola errante- , la bestia si lasciò guidare dalle note armoniose e dolci che solo il suo cuore poteva percepire, Risuonando in una perfetta sublime eufonia...
    Le origini di quella musica, scoprì, erano a sorpresa ben due:
    altri Arcani, questo era ovvio, ma non era quello che stava cercando...

    Eppure, racchiuso nel segreto di uno dei due
    strumenti del loro comune Signore, emerse una strana anomalia, simile ad una nota dissonante, ma tutt’altro che sgradevole; era qualcosa di diverso, una sensazione nuova: familiare e rassicurante come la propria immagine nello specchio, ma arricchita dall’illuminante sorpresa di trovare di colpo -nel riflesso di sempre- la risposta che si ha fin troppo -e in vano- lungamente cercato dappertutto in ogni altro dove.

    Ripiegò le ali contro il corpo, e si gettò in picchiata, come un proiettile: a pochi metri dall’obiettivo spalancò le ali -arrestando la folle corsa-, e gli artigli si protesero a ghermire il davanzale; il fruscio impercettibile di ali contro il vetro di una finestra si perse nel sussurro del vento, e la sua fisicità perse consistenza come la bruma al mattino.

    Quando riprese solidità e coscienza del suo vero
    io il Gufo Bianco aveva di nuovo un corpo umano, e i suoi occhi d’argento -liberi dallo schermo degli occhialini- contemplavano la schiena di una donna dai lunghi capelli; aspettò che si voltasse nella sua direzione
    -e che i loro sguardi si incrociassero- prima di rivolgerle la parola.


    image
    « Ciao, Drusilia... ~♪»

    La sua voce -impostata per suonare infantile- cinguettò il suo nome,
    e le sue labbra, pallide e ben disegnate, le sorrisero.
     
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    Quando la Dama del Vento si voltò, si ritrovò davanti allo sguardo più bello che avesse mai incrociato; pallide iridi d'un grigio perlato quasi tendente al bianco splendevano nella penombra della sua stanza come piccole stelle o riflessi di luce su di un vetro. Ma non era lo stesso splendore emanato dalla propria pelle; era meno luminoso e più diffuso come una nebbia, lucido come una superficie di cristallo. Rimase così per qualche secondo, distesa di fianco a lui su quel comodo letto, il fiato mozzato dalla visione ed il cuore ancora palpitante. Quando poi fu pronunciato il suo nome, Drusilia parve tornare in sè, sobbalzando per lo spavento in evidente ritardo, scossa, più che dalla visita di qualcuno nel suo letto, dal come un uomo fosse riuscito ad apparirle così, in quel modo. E come se non bastasse avvertì un leggero campanellìo dentro di sè, segno evidente che costui altro non era che un Arcano.

    -Owl...

    Lo riconobbe solo in quel momento, considerando che non indossava i suoi soliti occhialini neri. Drusilia si alzò di scatto -logica conseguenza di quella rivelazione- per poi sedersi e ricomporsi come poteva, coprendo inoltre l'evidente scollatura con un lembo della sua coperta. Se solo non fossero stati quasi al buio, il rossore delle sue gote sarebbe stata cosa assai evidente. Non si aspettava di incontrarlo in quel luogo, nè in quel momento, nè in quel modo. Ma soprattutto, perchè era lì? Ed Abel? In genere viaggiavano in coppia, quei due. Sperò solo che non portasse con sè cattive nuove.

    -Ma..maestro Owl, signore... co...cosa ci fa qui?
    E a quest'ora della notte.
    E' per caso accaduto qualcosa?

     
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    Il tempo di un istante parve dilatarsi all’infinito mentre loro giacevano sdraiati sul velo morbido e candido delle lenzuola sfatte, racchiusi nell’abbraccio protettivo e sacrale della penombra notturna, che solo il bacio benevolo della luna sfumava di una luce irreale e soffusa; i loro sguardi incatenati,
    platino nello smeraldo.

    All’udito fine del suo orecchio da musico il battito del cuore della giovane donna era un tamburo cerimoniale che si sposava in modo squisito con i flauti del suo dolce respiro, e unendosi all’argenteo cristallino della Risonanza dei loro cuori... quando sobbalzò d’un tratto -oh, dolce melodia!

    -Owl...

    Danzando sul ritmo allegro e vitale del battito del proprio cuore la Dama del Vento si alzò di scatto, mettendosi a sedere e coprendo timidamente la perfezione delle sue forme morbide e generose dietro il pudico riserbo di una coperta; chiudendo gli occhi, il ragazzo albino si limitò ad annuire impegnando tutto il volto nell’esecuzione un grande, radioso -e candido- sorriso, intenerito dalla reazione agitata e sorpresa che aveva suscitato nella sua allieva.

    -Ma..maestro Owl, signore... co...cosa ci fa qui? E a quest'ora della notte.
    E' per caso accaduto qualcosa?


    « Beh, no... o meglio: nulla di brutto... »
    le sorrise di nuovo, stavolta in maniera più enigmatica, tirandosi a sedere
    « Sai, stavo cercando Hamelin. »


    SPOILER (click to view)
    Orecchio Assoluto: Con “orecchio” si intende nel gergo musicale l’attitudine e il gusto per questa arte, e chi lo possiede ha la capacità di riprodurre le melodie che ascolta; con “orecchio relativo” ci si riferisce alla capacità di riconoscere esattamente gli intervalli tra le note, e... con "orecchio assoluto" si indica invece, per un misto di connaturalità ed educazione all'udito e alla musica, la capacità di identificare all'ascolto le note che compongono un brano musicale, riconoscendone l’altezza, chiamandole per nome, e trascrivendone la tonalità corretta.
    Questo assicura un udito portentoso, che permette di discernere persino i battiti del cuore di un singolo individuo in una folla, riconoscerne il ritmo, e abbinarlo alle emozioni che questi prova, così da comprendere la psicologia della persona e i suoi sentimenti, e usarli a proprio vantaggio per metterne a nudo una debolezza o conquistarne la fiducia.
     
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    Lo vide sorridere, prima dolcemente e poi in modo assai enigmatico, dopo essersi tirato su a sedere. In effetti non se lo sarebbe mai aspettato di trovarselo là, in quel modo, anche perchè, pure ammettendo l'imprevedibilità del suo maestro, non sapeva che lui fosse a conoscenza di dove si trovasse l'allieva in quel momento. In un certo senso si sentiva... come dire... osservata. Si, osservata era la parola giusta. Tuttavia ogni suo dubbio scivolò via portata dalla brezza di un venticello sottile ed irrequieto, dopo aver saputo dal suo nuovo ospite che chi stava cercando non era esattamente lei. Il problema di fondo, però, era che si trattasse di Hamelin, la stessa persona che lei stava cercando, o meglio, che lei sperava di vedere riapparire dietro quella finestra, scusandosi di non averle fatto visita in precedenza perchè troppo occupato con il suo lavoro.

    -Ha...Hamelin?
    Sa per caso dove si trova?

    Le dita si strinsero tra le pieghe delle lenzuola, portandole al petto con fare insicuro ed irrequieto. Gli occhi indugiarono un attimo, smarriti quasi, per poi tornare sui suoi, perdendosi di nuovo in quegli specchi di aria rarefatta, quasi a parer di perla. Era strano vederlo senza occhialini; era come se fino a quel momento avesse nascosto alla dolce allieva una parte di lui molto importante, e che ora, improvvisamente, aveva deciso di scoprire. In realtà non ne conosceva la ragione, sapeva solo che lo stava fissando da qualche minuto buono, e non riusciva a staccare lo sguardo dai suoi occhi. Chiuse dunque le palpebre, come per cercare di coprire ciò che la distraeva, per poi riaprire gli smeraldi quando rivolse il volto alla finestra che dava al cielo di Laputa. E la sua voce ebbe un tono improvvisamente malinconico.

    -Io lo sto aspettando da quando se ne è andato quella volta in Accademia.
    Ma, ahimè, non è ancora tornato.

     
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    -Ha...Hamelin? Sa per caso dove si trova?

    La fissò per un lungo istante, in silenzio, scandagliando con insondabili iridi ialine le profondità di quegli occhi di smeraldo, che lo fissavano smarriti, assorti, e in attesa: quale tormento le aveva inflitto il Cigno Nero, costringendo il suo tenero cuore di colomba all’attesa, perennemente sospesa in una cieca incertezza... e quale dolore le avrebbero inflitto le parole che aveva da dirle -affilate come ignobili spine-, per raccontarle la verità, che cioè ogni suo indugio, ogni suo pensiero
    e ogni sua preghiera erano sterili e vane...?

    Beh, forse, non del tutto vani.
    Perché qualcosa da attendere, qualcosa in cui ancora sperare c’era. Una
    dolce attesa.
    Ma come avrebbe preso la notizia Drusilia? Qual magra consolazione sarebbe potuta essere sapere che l’uomo che aveva amato con tanta tenacia non sarebbe mai più venuto da lei...? E scoprire poi, nello stesso istante, che proprio da lei sarebbe tornato?

    Attraverso lei...

    La Galanodel chiuse le palpebre e distolse lo s guardo, rivolgendolo altrove e gettandolo oltre la finestra, forse in un istintivo desiderio di evasione; quando parlo, la sua dolce voce d’angelo si era fatta malinconica, e proprio poiché in essa fluttuava leggero il tremito della fragilità, il Gufo seppe che avrebbe dovuto essere più fermo che mai.
    Lui aveva già sparso le sue lacrime d’argento, stretto come un bambino al petto della sua Maestra, e adesso sarebbe stato il suo turno di mostrarsi forte in quel dolore. Era suo dovere sostenere quello della fanciulla. E tergere le sue lacrime con dolcezza.


    -Io lo sto aspettando da quando se ne è andato quella volta in Accademia.
    Ma, ahimè, non è ancora tornato.


    « E non lo farà. »
    la sua voce risuonò atona e mesta
    « La Morte che ha servito così fedelmente
    non ha esitato a reclamarlo quando ha desiderato riavere indietro la sua libertà... »
     
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    Amare è un verbo, non un sostantivo.
    Non è una cosa stabilita una volta per tutte, ma si evolve, cresce, sale, scende, si inabissa,
    come i fiumi nascosti nel cuore della terra, che però non interrompono mai la loro corsa verso il mare.
    A volte lasciano la terra secca, ma sotto, nelle cavità oscure, scorrono, poi a volte risalgono e sgorgano,
    fecondando tutto.

    Alessandro D’Avenia,
    Bianca come il latte, rossa come il sangue

    « E non lo farà. »

    Il cuore della Dama ebbe un sussulto...

    « La Morte che ha servito così fedelmente
    non ha esitato a reclamarlo quando ha desiderato riavere indietro la sua libertà... »


    E poi il vuoto.
    Si, il vuoto era la parola adatta.

    Era andata su Endlos per redimersi, per cambiare la sua esistenza. Ma come sempre, il Destino continuava a pugnalarle il cuore, ripercorrendo sadicamente le cicatrici ancora insanate e ridendo di lei grasso e vigliacco. Perchè lei era una pedina, cosa importava cosa aveva dentro? Lei era uno stupido, misero giocattolo, bambola di pezza nelle sue mani. Lo odiava, odiava la Morte ed odiava perfino Hamelin in quel momento. Troppo, troppo dolore intorno a lei. Si sentiva esplodere. Intanto la schiena si posò al muro retrostante, mentre la mano reggeva la testa ormai stanca di pensare, di riflettere, perchè tanto era tutto inutile. Le labbra rosse si aprirono, mostrando una linea sottile di denti stretti, che poi si aprirono come uno scrigno.

    Ma non sarebbe uscito niente.
    Non una parola,
    non un sospiro.
    Nulla avrebbe accarezzato le morbide labbra di Drusilia,
    solo una lacrima, che lenta era scesa dagli occhi.



    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 19:59
     
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    Il tonfo del cuore della Dama fu come quello di un sasso che infrange la serena malinconia di un fragile specchio d’acqua, e lei retrocesse, a cercare con le spalle il rigido e confortante sostegno del muro, quasi temesse di poter finire col crollare, sgretolandosi come una statua di cristallo.
    Drusilia si prese la testa tra le mani, sicuramente stordita dal colpo che la notizia le aveva inferto, e -boccheggiando- annaspò in cerca d’aria... ma non c’erano parole che potesse dire,
    o che fosse in grado di pronunciare.

    Scivolando con eleganza sulle lenzuola, Owl le si sedette più vicino; aveva sperato che quelle parole avrebbero calamitato nuovamente su di sé lo sguardo della Dama del Vento, ma il dolore agisce sempre in maniera diversa per ciascuno, e su di lei ebbe l’effetto di estraniarla per rinchiuderla in se stessa.
    Mentre il braccio sinistro le scivolava attorno alle spalle, per attirarla sul conforto del suo petto, la mano destra -dalle lunghe e affusolate dita da pianista- si sollevò verso il suo viso d’angelo, e il Gufo ve l’adagiò con fare carezzevole, tergendo dolcemente via la lacrima con il pollice, e sporgendosi in avanti per posarle un bacio sui folti capelli castani.


    « Eppure... »
    mormorò, adagiando la fronte contro la sua, e fissandola con gli occhi d’argento
    « ...eppure non è perduto, sai? Ora è più vicino... più vicino di quanto pensi... »
     
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    Rimase con gli occhi fissi nel vuoto quando Owl le portò un braccio intorno alle spalle. Sembrò tornare in sè quando sentì qualcosa sfiorarle il volto e raccogliere la sua lacrima, e gli smeraldi si levarono per cercare una risposta. Ma vide solo il petto di un uomo in abito elegante, ed un leggero bacio sulla testa a rincuorarla. Tuttavia nulla poteva portare conforto; troppe le ferite inferte nel tempo. Il suo dolore non si sarebbe mai spento, mai, e questo perchè era una dei maledetti, e per quanto lottasse non avrebbe cambiato quella condizione. Un attimo ebbe l'istinto di buttarsi fra le braccia del maestro, piangendo tutto ciò che la tormentava, tuttavia -con sua grande sorpresa- il suo chiaro messaggero si era portato così vicino a lei da sentire il suo respiro sulle labbra.

    « Eppure... »

    Basta, basta false speranze.
    Erano solo altri pugnali nel petto.

    « ...eppure non è perduto, sai? Ora è più vicino... più vicino di quanto pensi... »

    Pietà.
    I suoi occhi gli supplicavano pietà.

    -Invece non lo è.
    Non lo è nessuno che se ne va via.
    Tutti quelli che vanno via non tornano più indietro.


     
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    - Invece non lo è. Non lo è nessuno che se ne va via.
    Tutti quelli che vanno via non tornano più indietro.-


    Il bianco violinista emise un sospiro comprensivo, e cinse il corpo sottile della fanciulla con entrambe le braccia, riparandola contro il suo petto -sotto le sue candide ali- come un tenero e spaurito pulcino; sentiva nella melodia dei suoi respiri affranti e del suo cuore ferito una tristezza incolmabile -perché così è la perdita di una persona amata-, e il suo unico desiderio era in quel momento poter tornare a vedere la luce del sorriso di Drusilia.
    Perché si desidera sempre maggiormente quello che più ci manca. L’uomo funziona così.

    « Shh... Shh... »
    cercò di quietarla, con voce carezzevole come il ritmico tocco sui capelli castani
    « Posso immaginare come ti senti, Drusilia...
    Anche io ho perso Hamelin... e la mia Maestra... e molti altri... E fa male... »


    Con delicata fermezza, entrambe le mani si posarono sulle spalle della Dama, per scostarla da sé quel tanto che bastava da poter contemplare l’angelica armonia del suo bel volto, e i suoi occhi d’argento cercarono le sue iridi di smeraldo, per insinuarlesi nell’anima.

    « Ti prego, Drusilia, credimi: c’è un modo per riportarlo indietro...
    E tu sei l’unica che può farlo... »
     
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    Fu quando il Gufo Bianco la portò al suo petto che il cuore di Drusilia non resse.

    E pian piano piccole lacrime salate scesero da quelle gemme preziose quali gli occhi della bella Drusilia, per poi bagnare l'abito elegante del violinista che fin dall'Accademia la seguiva con amore nella sua breve e controversa vita. Forse gli stava addossando troppo, probabilmente era già sconvolto per la notizia a sua volta ricevuta -ricordava che erano amici- e sicuramente non gli faceva piacere dirle quelle cose, ma proprio non riusciva a fermare il suo pianto, e tra i singhiozzi portò le mani strette sulle spalle del ragazzo, stringendosi a lui per cercare conforto. Quando poi le mani affusolate del giovane la allontanarono da lui, il suo volto perfettamente ovale e candido, quasi quello di una bellissima bambola di porcellana, era rigato da tanti piccoli ruscelli, mentre denti perlati affondavano nella rossa carne delle labbra da ninfa.

    -Scusami, non riesco a smettere.

    Fu l'unico commento che riuscì a pronunciare, con tono mortificato.
    Tirò su col naso prima di continuare.

    -Io non so come ridare la vita ai morti, ma farei qualunque cosa per riportarlo indietro.

     
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    Pure come gocce di cristallo iridescente, lente lacrime scesero dagli occhi verdi della bella Dama, e i suoi piccoli singhiozzi silenziosi risuonavano contro il doppio petto del suo panciotto elegante,
    all’unisono con i battiti del cuore del Gufo.

    Restarono abbracciati per un lungo istante, mentre lui tentava di trattenere il suo pianto -carezzandole gentilmente i capelli castani- e lei si aggrappava a quel sostegno con le mani bianche e delicate; quando sollevò il volto stravolto, esso era rigato di scie argentee,
    e i denti di perla tormentavano le labbra rosse e piene.


    - Scusami, non riesco a smettere. -

    « E non devi farlo. Adesso sfogati... »

    La voce dell’uomo fu un mormorio dolce come il vento e morbido come il velluto mentre le sue mani candide e delicate -da musico- si posavano sulle gote di Drusilia,
    carezzandone la pelle umida con le dita sottili e affusolate.


    - Io non so come ridare la vita ai morti, ma farei qualunque cosa per riportarlo indietro. -

    « Oh, Drusilia... Non capisci...? »
    e la sua voce divenne un sussurro enibmatico
    « Tu sei una donna... In te è già insito il potere della vita... »
     
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    Ecco si.
    Adesso si che non capiva.

    Rimase qualche secondo incatenata al suo sguardo, persa ma anche disorientata. Per quanto parlassero la medesima lingua, vi era un qualcosa che pareva sfuggirle. Si, era chiaro che Hamelin fosse morto, ed anche che a quanto sembrava lei era l'unica a riportarlo in vita. Ed era anche scontato che fosse una donna in età fertile, ma davvero non le era chiaro cosa c'entrasse quello con il riportare Hamelin tra i vivi.

    Poi tutto si fece chiaro.

    Come un lampo, o forse una rivelazione, tornarono nella sua mente il sogno fatto la prima notte in cui era giunta a Laputa. Si, quello con i gatti di Uthar, lo stesso dove le era stato detto della morte dell'Emissario. E se non ricordava male, proprio il vecchio saggio le aveva detto che lo avrebbe riportato indietro come madre. E poi, come se non fosse finito, tornarono alla memoria anche le profezie di Amarth antecedenti di qualche giorno, e si ricordò di un punto in cui si parlava di una "nuova musica".

    Sbiancò.

    -Io... io non capisco.

    Bugia.
    Ma forse era solo paura.
    Era davvero reale?
    Era possibile?
    Possibile che non se ne fosse accorta prima?

    -Non...non ci vorrebbe... beh... un uomo per avere un bambino?

    Divenne rossa.
    Almeno lei se lo era sempre immaginato così.



    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 19:59
     
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    La vide dapprima impallidire, ma dopo un istante -un tonfo ed una pausa di silenzio- il suo cuore cominciò a galoppare, pompando al viso tanto da sangue da tingere dei caldi toni del cinabro
    le morbide gote di pesca della fanciulla.


    - Io... io non capisco.
    Non...non ci vorrebbe... beh... un uomo per avere un bambino?


    Il Bianco Violinista sorrise, intenerito,
    e con un gesto delicato adagiò la destra sul ventre della ragazza.


    « Di norma sì... »
    ammise, con voce flautata ed enigmatica
    « ...ma una parte di lui è già qui. E’ stato questo a guidarmi in questa notte... »
     
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    -Ah...

    Fu l'unica cosa che riuscì a pronunciare.
    Da rossa sbiancò di nuovo.
    Per un attimo credette anche di esser sul punto di svenire.
    Fantastico, era incinta.
    Ed era anche vergine, guardacaso.
    Ma perchè poi, tutte a lei???
    Credette perfino di essere un catalizzatore di fatalità e/o eventi insoliti.

    -Magnifico.

    Non disse altro, forse perchè lo shock era troppo pesante per lei.
    E' vero che voleva una famiglia, però con un marito, un matrimonio...
    ...non riusciva proprio a vedersi come "ragazza madre",
    soprattutto perchè, in effetti, non aveva fatto nulla per esserlo.

     
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19 replies since 10/9/2010, 21:07   313 views
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