L'Approdo di Klemvor

Laputa - Le stanze dell'Autocrate

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  1. Raylek
     
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    La mano destra, serrata, del goblin, sbattè contro il piano di metallo del tavolo che campeggiava nella stanza delle udienze dell'Approdo deformandolo come fosse stato il colpo di un cannone.
    Sulla superficie metallica della sua pelle saettavano incontrollabili scariche di elettricità statica che, staccandosi con sommessi schiocchi, andavano a morire, dissipandosi, sul piano liscio dell'arredo oramai distrutto.

    Il viso del Lord Alfiere era contratto da una rabbia furibonda, così profonda come nemmeno lui credeva possibile : era rientrato dalla missione di recupero di Valiant e di Drusilia con una sensazione di ineluttabilità predominante ma, come si era trovato solo, in quella stanza, qualcosa gli era scoppiato dentro, come la bomba che i rider li avevano mandati a piazzare nel nido delle macchine.

    MANDATEMI QUI LA DAMA DEL VENTO!
    E FATE IN MODO CHE IL GENERALE GREY SI PRESENTI DA ME!

    DEVO VEDERLI!
    SUBITO!!!


    Un secondo pugno era calato sul tavolo, già indebolito, spezzandone la superficie con un esplosione di schegge arroventate e corrente elettrica rilasciata in un botto.
    Quegli StormRider, dannati loro! Riuscivano a far emergere il peggio di lui!

    Lui non era un maledetto mostro, ma così non poteva continuare.

     
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  2. Dorian Gray
     
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    « Sono già qui. »



    Era voltato obliquamente, dando quasi le spalle al suo signore ed amico.
    Seduto ad uno scomodo scranno, teneva il capo chino, mentre i lunghi capelli biondi gli celavano il viso.
    Fu il tono a colpire, quasi fisicamente.
    Era colmo di preoccupazione.
    E rabbia.

    La sua malia pareva quasi visibile, tanto fu vibrante il tono con cui sentenziò quella semplice constatazione.
    Era già lì, poichè aveva a cuore ciò per cui il goblin si stava battendo, ma, soprattutto, perchè aveva a cuore Drusilia. La bella, bellissima Drusilia, che quel giorno non tanto lontano gli aveva fatto visita negli uffici del Sodalizio, e aveva bevuto con lui un caldo thè alla pesca.

    I riders potevano permettersi di insultarlo, di resistere all'ovvietà del dominio dell'Alfiere, certo. Potevano.
    Ma, dal punto di vista edonistico del dandy, non v'era peccato più grande che danneggiare la perfezione di una simile bellezza, esacerbando l'animo dell'amico, per di più.
    Levò lo sguardo.

    « Ora ricordo cosa significhi essere
    un assassino.
    »
     
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    "Nella vita ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia,
    ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore,
    ci sono giorni pieni di lacrime.
    E in quel tempo vi fu vento, pioggia e lacrime".


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    A dirla tutta fu solo un caso fortuito trovarla nei paraggi in quel momento; fino a poco prima aveva trascorso il suo tempo lontana dal mondo, circondata solo dal suo Vento, nel mezzo di una tempesta. Forse lanciare fulmini e saette era il modo migliore per calmarsi, tuttavia in quegli ultimi tempi aveva accumulato fin troppo stress, dalle missioni al limite della sopportazione al sentirsi usata da chi le era più vicino. Per la prima volta dopo tanto si era sentita sola, e per di più anche una pedina. Si, una stupida pedina. Fulmini caddero sulla terra a ogni sussulto dell'anima della donna, e per quanto il cielo potesse amarla, non avrebbe mai compreso del tutto il suo tormento. Solo quel pensiero la fece tornare all'Approdo, convinta che quella sgradevole sensazione non sarebbe scemata affatto, ed appena fu lì, qualcuno la mandò a chiamare. Bene, avevano ancora bisogno della pedina. Drusilia non sapeva che probabilmente aveva inquadrato male la faccenda, ma si sa che al vento poco importa cosa travolge, e nella sua furia tutto prende. La porta si aprì con una folata portentosa, e dietro la Dama del Vento ed una guardia leggermente spaventata dalla sua espressione del volto, come anche dall'aura che pareva avvolgerla; l'aria sembrava vibrare, un preludio alla più grande tempesta da lui vista.

    -Eccomi.



    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 21:36
     
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  4. Raylek
     
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    Il braccio destro dell'autocrate mandava ancora scintille, sebbene meno intensamente di prima.
    Era entrato in quella stanza così ottenebrato dall'ira che nemmeno si era reso conto che il suo secondo ufficiale già era lì, per lui; ma non era ne stupito ne infastidito di trovare il dandy così, in attesa.
    Conosceva Dorian da troppo tempo per non apprezzarlo anche in quei momenti.
    L'arrivo della Maestra dell'Ordine degli Aviatori aveva completato il quadro.

    Con un gesto secco della mano meccanica, il goblin si era portato più vicino una delle pesanti seggiole, lasciandosi cadere su quella con un tonfo, come fosse stato un sacco di patate.
    La testa trattenuta tra le mani, prima, e un breve massaggio alle tempie poi.

    Dimmi, ti prego, con dovizia di particolari, che diavolo è successo là sotto..


    In tono del pelleverde era asciutto, quasi asettico. Aveva bisogno di informazioni, dirette e personali, del tipo che poteva dargli solo lei.
    Aveva seguito anche lui l'evolversi degli eventi, ma non era stata la stessa cosa.

     
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    Era strano da spiegare, ma ad ogni singola parola del goblin era come se divampasse un incendio senza precedenti, come se la sua sola voce fosse in grado di richiamare in lei ricordi che sperava di aver cancellato, come una lama che affonda in ferite già esistenti e quasi del tutto cicatrizzate. E lei non aveva alcuna intenzione di continuare in quel modo; aveva già sofferto per un precedente tradimento, ed aveva perso tutto ciò che aveva, famiglia, amici, il suo primo amore, e non avrebbe permesso ad alcuno di violare quella barriera che si era creata per proteggersi, perchè infondo sapeva che non avrebbe retto ad una nuova pugnalata al cuore. Era già tanto che continuasse a sorridere, o forse anche quello era solo una maschera, chi lo sa. Magari si era solo convinta che infondo andava tutto bene, ma era ormai evidente che non andava bene nulla, e probabilmente così sarebbe sempre stato; e forse era proprio per quello che aveva pianto.

    Si sentiva inerme.
    Le labbra rosse e carnose si mossero piano, sfiorandosi, sicure.

    -Il monile di Valiant non ha funzionato.

    Poco le importava di fare un rapporto approfondito; in quel momento, anche se era da egoisti, le premeva soprattutto ciò che le era più vicino piuttosto che una guerra con tizi di cui non sapeva nulla a parte il fatto che erano ragazzini petulanti e rompiscatole, a parte alcuni casi con cui aveva avuto la fortuna di stare. Non pronunciò altro. Lo sguardo era basso, ma non era un inchino; piuttosto un tentativo di contenere tutta la rabbia che aveva in corpo.

    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 21:39
     
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  6. Raylek
     
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    Un fulmine - sì, realmente, uno di quelli che possono solo cadere dal cielo - si era staccato dal braccio destro dell'Alfiere Errante, ancora allacciato all'altro e ancora poggiato con le mani accanto al suo viso, raggiungendo il pavimento della stanza e dissipandosi con un boato assordate, non prima di aver lasciato le piastrelle annerite e sbriciolate.

    Il volto del goblin era deturpato da una rabbia così violenta che nemmeno lui sapeva spiegare e spiegarsi. Era come se alle poche parole della donna che gli stava davanti il suo senso di colpa si fosse tramutato in benzina, o esplosivo.
    Sentiva che stava digrignando le mascelle, mostrando le zanne come fosse un animale rabbioso, o un mostro.
    Fremeva, sulla seggiola.

    E CREDI CHE IO NON LO SAPPIA!!!!


    Ringhiò, fuori di sè.

    Vi ho mandati a morire! E l'ho scoperto solo dopo!
    Dovevate scendere in un nido di macchine. MACCHINE, PER TUTTI I DIAVOLI!
    E io ho pensato di proteggervi da quelle! Non ho certo pensato che potevate finire assaliti da mostri biologici sconosciuti!

    Pensi che ci sia davvero qualcosa che puoi dire per farmi sentire più in colpa di quanto ora io già sia?! EH!?


    Altri brontolii elettrici venivano dalla mano destra del pelleverde, mentre l'aria della stanza si faceva via via più satura di ozono.

    L'espressione dell'autocrate, però, pian piano, sembrò sciogliersi, perdendo parte della furia iniziale per guadagnare staticità, dietro ad un espressione di profondo turbamento.
    Drusilia aveva ragione : niente aveva funzionato come doveva. Da quando aveva accettato di partecipare a quella dannata conferenza di pace.

     
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  7. Dorian Gray
     
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    « ... »

    Aveva parlato, sì, ma il suo sussurro era stato così flebile che non era stato udibile da nessuno, in quella stanza.
    Aveva boccheggiato, nascondendo il viso fra le mani, quando l'ira del goblin si tramutò in tumulto alchemico, squassando la pavimentazione stessa con la potenza della magia runica.

    Ma la sua ira stava ancora tutta lì, colpendo la sublime mente del dandy con mille stiletti aguzzi e maligni, dilaniandone l'anima
    come una tela.

    Singhiozzò.
    Lentamente.

    « ... sarei dovuto scendere io... »
    disse, la mano destra che cercava il battito del proprio cuore sotto l'elegante camicia di seta bianca.
    « ...io, con questo mio corpo che...
    non può morire...
    »

    Alzò il viso, cercando con gli occhi resi liquidi e cerulei dalle lacrime quelli pieni di delusione e rabbia di Drusilia.
    E lei potè leggervi tristezza, preoccupazione e rabbia, infinito furore per una frustrante condizione d'impotenza.

    « Io non ho detto nulla, non ho fatto nulla.
    Non ho potuto farlo - ho voluto farlo?, mi chiedo perchè io non l'abbia fatto.
    ...sono un assassino.
    »

    Quando lo disse, una scintilla di folle orgoglio sembrò balenare nelle iridi dorate del gentiluomo; come se, ammettendolo, potesse purificare l'animo corrotto da così gravi colpe.
     
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    La situazione era sempre peggiore, ed il fulmine che provocò il braccio del goblin non fece altro che alimentare la sua rabbia. Lei stringeva le mani, ed i denti perlati affondavano nelle labbra fino a farle male. Basta, basta placida brezza, era inutile fingere di star bene, quando nuvole cariche di fulmini erano lì per darsi alla tempesta. I capelli d'ebano della Dama si sollevarono in aria, danzando e volteggiando in essa con moto sempre più caotico, mentre la polvere ai suoi piedi iniziò a sollevarsi in onde concentriche. E poi, una folata di vento fino a quel momento quasi assente, come se partisse direttamente da lei, facendo cadere qualche oggetto, volare qualche foglio, crepando i vetri della finestra. E poi la voce si alzò forte e minacciosa, quanto quella dei tuoni dopo i lampi.

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    -Basta!

    Un altro boato, poi tutto tacque.
    La Dama risollevò lo sguardo, lucido di lacrime di rabbia.

    -Eravate lì fuori e non siete venuti!
    Ci attendevate tutti come pedine di uno stupido gioco di società!
    Ci avete giudicati come... come...


    Non trovava le parole.
    Fu lo sguardo e le parole di Dorian a farla tornare in sè;
    no, non riusciva ad urlare davanti a delle lacrime così sincere.
    Indietreggiò disorientata, accasciandosi quasi senza forze con la schiena poggiata al muro.
    Era troppo stanca anche per piangere.

    -...Dorian, ti prego.
    Non è colpa tua.


    Nascose la testa dietro le ginocchia.



    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 21:42
     
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  9. Raylek
     
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    L'aria continuava a puzzare d'ozono, sempre di più, ma non c'erano altre scintille in vista.
    La voce del dandy aveva congelato la scena. Quella, e le sue lacrime.

    Il goblin era sgomento : non aveva mai visto quell'uomo piangere. Nemmeno una volta da quando si erano conosciuti, e nemmeno credeva ne fosse oramai più in grado. Era stato il reggente della città di Liberty per un tempo impressionantemente lungo.. e Liberty era una città di assassini e tagliagole, che certo non lascia intatti i cuori delicati.
    Come era possibile allora, in quel momento, che stesse capitando una cosa del genere.

    Aveva visto Drusilia urlare, ma non aveva avuto orecchie per quel grido. Normalmente si sarebbe forse offeso, forse risentito.
    In quel caso, invece, era tornato ad accasciarsi con la schiena abbandonata contro la sua sedia, sfatto come un sacco di patate oramai troppo vecchio per essere adoperato ancora.

    La voce gli uscì piatta dalla gola, arrochita dalla lentezza con cui snocciolava le parole.

    Eravamo lì per entrare. Ma quei bastardi non ce l'hanno permesso.

    Avevamo accettato quella missione come pegno di buona volontà nella pace. Non volevo scatenare una guerra.
    Lì sarebbero morte meno di trenta persone. Ma poi la cosa non avrebbe più avuto fine.
    I rider averebbero affrontato ogni singola carovana che avesse messo piede a Klemvor spazzandola via.

    ...

    Potevo permetterlo? Dovevo?

    ...

    Sorella mia. Non ti ho mai abbandonata. Non sono riuscito ad arrivare in tempo, questa è la verità.
    E l'ombra di questo peccato la porterò addosso a vita, insieme con le altre di cui già son macchiato.

    Puoi continuare a pensare che la colpa sia mia. E' giusto, ed è comprensibile. E io certo non ti biasimerò, se lo farai.
    Ma non ho potuto fare altrimenti. Due vite per trenta. Una faida infinita per la vostra incolumità..

    Ma gli Stormrider hanno tirato troppo la corda, con questo ultimo atto, e non sono più disposto a tollerare oltre.
    Laputa otterrà il suo posto in questa città, in un modo o nell'altro, perchè un episodio simile non abbia più a ripetersi...



     
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  10. Dorian Gray
     
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    Forse avrebbero dovuto rifiutare sin dall'inizio quella follia.
    Come avevano potuto pensare fosse fattibile anche solo un rapporto paritario con quei briganti? Gli unici che lo avevano trattato cortesemente erano stati i bambini dei riders, ancora integri dall'enorme fiume di razzismo e pregiudizio che fondava la loro dottrina pseudo-liberista.
    Ma avevano accettato.
    Avevano inviato due uomini di Laputa a fronteggiare una missione impossibile, e loro non avevano potuto far quasi nulla per impedire che ogni cosa - come prevedibilmente sarebbe accaduta, e, effettivamente, era accaduta - andasse per il verso sbagliato.
    Scosse il capo, affranto.

    « Giudicare... », mormorò, riflettendo mestamente sulla pantomima inscenata dai sedicenti Re di Sleeping Forest per esaltare la propria posizione di supremazia sui superstiziosi Figli della Foresta.

    « Se fossi stato presente...
    Avrei fatto loro giudicare l'intera, stupida esistenza che vanno vivendo.
    »

    Il dandy tremava, mentre l'umidore delle lacrime ancora rigava le sue guance lisce. Il capo chino, le mani strette a pugno dal furore e dall'impotenza.

    « Siamo... Manovrati. Manovrati!! Guardateci!! », gridò, al colmo dell'esasperazione, allargando le braccia e levandosi improvvisamente in piedi.

    « Ecco dove ci han condotto la cortesia e la speranza per la convivenza!!
    Ad attentare alla vita di una nostra compagna, al dubbio nei confronti di coloro che amiamo, al dolore, dannazione!!
    »

    Lanciò a terra l'elegante cilindro, che, quietamente, rotolò lateralmente lungo la sala già devastata dai poteri incontrollati del trio riunitosi a consesso.
    Anche Dorian, ora, mostrava un suo personale tipo di potere: quello interiore. Invisibile ma tangibile, la sua ira veniva consolidata dalla colpa e dal rammarico, costruendo un connubio estremamente pericoloso.

    « Ma io non dimentico - non ho intenzione di dimenticare.
    La mia negligenza, il mio orgoglio mi han portato a perdere qualcosa che mi è caro.
    »
    Paradossalmente, le immagini si fusero assiene nella sua immaginazione: laddove stava Drusilia vedette il volto straziato dal dolore di Elizabeth, e l'intera sala assumeva i tratti della corte del trono di Liberty, dove, al colmo della tortura, il dandy aveva trovato la sua amata uccisa per vendetta. Forse, solo Raylek avrebbe capito il senso sottinteso alle parole del gentiluomo, frutto dell'unione tra ira e momentanea follia...
     
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    La dama comprese le parole di Raylek; riflettendoci lei stessa avrebbe fatto lo stesso. Infondo non aveva tutti i torti considerando che anche lei reputava ragionevole il sacrificio di pochi per il bene di molti. Sospirò seccata, tuttavia era ben visibile che si era calmata: il viso perfettamente ovale era ben disteso, e gli occhi socchiusi in modo da recuperare la placida calma che la distingueva. Fece leva sulle proprie ginocchia, rialzandosi. Aveva una strana espressione Drusilia, quasi inerme di fronte a tutto, anche innanzi alla rabbia del dandy, più concentrata a fissare le lacrime che gli rigavano il volto che a cogliere significati intrinsechi nel suo discorso. Ciò che fece dopo fu invece molto istintivo; si avvicinò piano, prendendo dalla tasca un fazzolettino bianco e frapponendosi tra lui e l'Alfiere. Una mano delicata sarebbe scivolata sul suo volto, scostandogli dolcemente i capelli biondi mentre la gemella avrebbe pensato ad asciugargli piano le lacrime dagli occhi. Non le importava quello che avrebbe pensato di lei, ma lei non riusciva a vedere le persone piangere. Le faceva troppo male. Infine le braccia sarebbero scivolate sul collo per poi abbracciarlo forte, nella disperata speranza che trovasse anche solo un pò di conforto in quel repentino quanto spontaneo gesto.

    -Mi spiace ma non so ciò che sapete voi, nè tanto meno cosa c'è stato prima del mio intervento.
    Però, ti prego, smettila di piangere.
    Se è come dite, allora non ne vale la pena,
    e se non ti convince, almeno fallo per me.

    Si sarebbe poi allontanata, baciandolo dolcemente sulla fronte, per poi voltarsi verso il goblin, fino a quel momento alle loro spalle. Aveva uno sguardo risoluto, ed in un certo senso credeva fermamente in ciò che stava per dire.

    -Ho deciso di credere alle tue parole, Forge,
    e con questo faccio il mio atto di fede.
    In passato fui tradita, e persi tutto, però ho fatto di Laputa la mia casa,
    e tu, in un certo senso, sei diventato un padre.
    Ed io non riesco a non credere in un padre.


    Sospirò piano, aggiustandosi i capelli scompigliati come meglio poteva.

    -Se lo desideri, ho altre notizie da aggiungere al mio rapporto di prima.
    Ti va di ascoltarle?


    La voce era tornata gentile.
    Un pò insicura, si, ma sicuramente meglio di prima.

     
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  12. Raylek
     
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    Osservò i due amici lì radunati, perchè prima che sottoposti, quelli erano amici. Compagni. Una famiglia.
    Lo sguardo del goblin, afflitto, vagò dal volto del dandy a quello della dama, per tornare indietro più e più volte, in una danza di sguardi cupi.
    Ascoltò le parole di Dorian morendo pian piano ad ogni nuova frase, perchè il suo secondo non stava dicendo nient'altro se non la verità.
    Per lui si stava riavverando un incubo antico, riesumato nel peggiore dei modi.
    Ed era in parte colpa sua, sua e della sua scelta incauta di avere a che fare con una torma di ragazzi scappati da casa che aveva causato tutto.

    Osservò ad ultimo Drusilia, annuendo appena alla richiesta di lei. Le era grato, grato per quella dimostrazione di affetto che aveva appena riservato al nobile, così semplice, eppure così basilare.
    Lui non avrebbe saputo, ne, sicuramente, avrebbe potuto, fare meglio di così.

    Si, ti prego. Raccontaci cosa è capitato sotto a Klemvor.
    Voglio sapere. Dobbiamo essere preparati per il futuro.



     
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  13. Dorian Gray
     
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    Le immagini si fusero con i ricordi, si sovrapposero e confusero, e il dandy non riuscì più a distinguere realtà e trascendente.
    Percepì il dolce tocco della Dama del Vento, la sua carezza, il suo respiro lieve nel momento dell'abbraccio, il fuggevole bacio.
    E Liberty si trasformò in Klemvor, la sala del Castello del Drago divenne l'ampia stanza ai livelli più alti della Torre dell'Approdo.

    « ... »

    Boccheggiò per qualche istante, arretrando involontariamente di un passo di fronte all'esternazione di Drusilia. Si era lasciato trascinare dal dolore dei ricordi, ma ancora non se ne era reso conto; Dorian Gray, d'altronde, aveva sempre aborrito perdere il controllo della situazione.

    « Io... », cominciò, passandosi le dita affusolate tra i capelli, sfiorando poi il punto in cui era stato baciato dalla ragazza.

    « ...temo di non essere presentabile. Chiedo cortesemente il permesso di ritirarmi, mio signore. »

    Si chinò a raccogliere il cilindro, percependo con il pollice il lussuoso velluto del copricapo. Il suo sguardo transitò da Drusilia a Raylek, chiedendo silenziosamente di poter esser lasciato solo e riordinare la propria mente in subbuglio.
    Dopo, con calma, avrebbe potuto analizzare ogni situazione lucidamente. Ma non ora.
     
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  14. Raylek
     
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    Il goblin annuì, mesto, fissando l'amico di sempre dritto negli occhi - occhi profondi, occhi sconvolti, finestre di un animo in tempesta, come i suoi stessi - prima di rispondere, anticipando il racconto della dama del vento.

    Solo se mi giuri che tornerai da me, amico mio.


    La voce dell'autocrate di Laputa era lenta e profonda, scandiva ogni parola come fosse della più vitale importanza che ognuna fosse colta con precisione.

    Siamo una famiglia.. e sarai con me quando ci leveremo per dispensare quella giustizia che fino ad ora ci hanno negato.


    Il goblin fece una pausa, lasciando che le parole morissero nel silenzio.
    Solo quando per un istante la stanza fu quieta, solo allora continuò.

    Se puoi giurarmi questo, Dorian Gray, Secondo Ufficiale di Laputa e Generale delle mie armate, qui, al cospetto mio e di Drusilia Galanodel, Gran Maestra dei miei Avieri e Ufficiale del mio presidio...

    ..solo allora io ti concederò di ritirarti. Perchè tu sei il mio braccio sinistro. E senza di te - senza di voi - non posso arrivare là dove voglio, e dove dobbiamo.


    Ed era così, prima che entrambi quegli amici potessero rifiutare, che il Lord Alfiere del Presidio Errante li aveva fatti suoi. Suoi e della sua città.
    Ufficiali di Laputa, secondo la legge e secondo giustizia.
    Solo allora, definitivamente, ristette, in attesa di una risposta.

     
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    Il giovane dandy si allontanò da lei una volta ricevuto il bacio, sfiorandosi sul punto in cui era stato da lei toccato. Indietreggiò quasi spaventato, ed il bel volto ovale di Drusilia si incupì, preoccupata della possibilità che potesse avergli fatto altro male. No, non era sua intenzione, e questo era palese considerando l'espressione sgomenta che ormai aveva preso il sopravvento su tutto. Indietreggiò anche lei, portandosi una mano alla bocca con aria mortificata, resa più evidente ad ogni sillaba pronunciata da Dorian. Tuttavia quella volta non parlò, piuttosto rimase in silenzio fino all'intervento di Raylek. Gli aveva chiesto un giuramento in nome della sua carica, sua e di Drusilia, ufficiale di Laputa.


    ...

    Ci mise qualche secondo a connettere tutto, e solo dopo si voltò verso l'alfiere con un grande punto interrogativo stampato sulla faccia.
    Lei... ufficiale?
    Aveva saltato qualche passaggio...

    -Eh?



    Edited by Drusilia Galanodel - 1/6/2015, 21:43
     
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20 replies since 18/10/2010, 21:59   398 views
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