[CC] La Dama e il Folle

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    Lentamente rinvieni dal tuo sonno, e le sensazioni piacevoli che il tuo corpo rileva sembrerebbero descrivere il posto in cui ti trovi come una sorta di oasi di pace:
    chissà, magari sei morto e sei finito in paradiso.

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    Provi a muovere le braccia, e sulla pelle senti il tocco carezzevole di lenzuola soffici e tiepide; bofonchiando un mugolio inintelligibile trai un profondo respiro, e senti l’odore fresco di pulito, e quello dolce e intenso dei fiori... quando apri gli occhi, la prima cosa che vedi è la penombra blu che proietta la sua ombra sul soffitto chiaro, e immagini alla finestre pesanti tende di velluto color cobalto, attraverso cui filtra la luce del giorno.

    Fai lo sforzo di sollevare la testa, e ti accorgi subito che il dolore alla spalla è sparito e che ti senti anche riposato e in forze; soprattutto -però- noti di non essere solo: una fanciulla dai lunghi capelli azzurri, e dalla pelle bianca come le perle siede su una seggiola di legno intarsiata, al tuo capezzale; il suoi occhi -blu come lo zaffiro- incontrano i tuoi, e le labbra rosse e piene le si schiudono in un sorriso gentile e accogliente.

    « Bensvegliato, straniero... »


    SPOILER (click to view)
    Sancta – Aura di Devozione Gentile come un angelo, Kalia possiede un aspetto puro e pio che rende particolarmente carismatica la sua figura, e l’attrazione e il senso di tranquillità che promana è abbastanza forte da far scordare ogni negatività con un solo sguardo, spingendo a condividere sentimenti angosciosi per l’inconfessato e inconfessabile desiderio di liberazione, così come un suo gesto compassionevole può spezzare la prudenza o la paura. In questo modo la giovane sa comprendere i motivi –e le emozioni- che animano il suo interlocutore, dissuaderlo da atti di forza, e farlo ragionare... sebbene è anche possibile che la sua presenza provochi emozioni forti, persistenti e non sempre controllate.
    Questo suo involontario ascendente consente di influenzare un’intera folla nello stesso momento, giacché non è necessario che Kalia compia alcunché oltre a mostrarsi, e trascende qualsiasi razza, genere, religione, classe sociale e soprattutto natura soprannaturale: non è indispensabile incontrare i suoi occhi, basta posare lo sguardo sulla sua figura e trovarsi nel raggio di 10 metri.
     
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  2. Dani-Dart
     
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    Socchiuse gli occhi, increspando leggermente le palpebre; che non volesse più svegliarsi? Probabile. Capita a tutti di percepire il pericolo, ma in Wilhelm questo aspetto era particolarmente marcato: dopo anni passati in un manicomio, l'ebreo aveva capito ben presto che ambienti in cui aleggia il profumo dei fiori, dove la temperatura non è che un fioco tepore tanto irreale da riportare alla mente i ricordi della fanciullezza non esistono più.

    Il più delle volte si tratta di forni crematori, oppure lettini metallici dove si viene squartati come topi da laboratorio. Ai più fortunati sparano un colpo in testa e tanti saluti.

    Sniff sniff.

    Però, i fiori si davano proprio da fare! Si sforzò di socchiudere un occhio, tanto per smettere di pensari a prati verdi e vegetazioni rigogliose; una specie di terapia d'urto da auto-infliggersi per tornare bruscamente alla realtà. Forse sarebbe stato più poetico sognarci un pò sopra e poi, di botto, spalancare le palpebre un attimo prima d'essere aperto con un bisturi...

    Ma avrebbe fatto male, tanto male. Meglio un passetto alla volta.

    Se vedo bianco, mi fiondo sulla prima lama che trovo e mi trancio la carotide. Giuro.

    Tende cobalto.

    Che ai piani alti abbiano deciso di cambiare i colori dell'Impero? Dal nero al cobalto ce ne passa, però; tra sé, rise al pensiero di un Hitler in tenuta rosa. Di questo passo, sarebbe anche potuto succedere. Aprì gli occhi: se doveva morire torturato, almeno avrebbe riso tutto il tempo per il cambio di tappezzeria!

    Rapido sguardo al corpo: curato ed in forze. Era praticamente come nuovo, quasi gli avessero fatto il bagno nel Giordano. Sette volte, come quel generale siro. Strinse e distese i pugni, come se volesse provare un giocattolo nuovo; era un tipo strano, quel Wilhelm.

    Perché?

    Beh, avrebbe potuto curarsi prima di salutare, e poi dei suoi pugni. In manicomio non capita tutti i giorni di veder passare una donna - anzi, non capita mai; sarà per questo che Wilhelm impiegò due minuti buoni per accorgersi della sua presenza. Lei.

    Un uomo in crisi d'astinenza che non vede un'esponente del gentil sesso da secoli potrebbe avere un attacco di cuore in un caso simile. Ed anche per Wilhelm, che aveva superato mille peripezie e difficoltà, tra cani e punture, stava per lasciarci le penne con quella visione.

    « Ehr... Ah... Mh... S-salve! »

    Ormai partiva prevenuto, con le apparizioni: a forza di parlare con la gente morta, uno finisce per spaventarsi in presenza dei vivi. Delle vive, poi, è meglio non parlarne.

    « Dove mi trovo? E tu chi sei? »

    Bello fingere di darsi un contegno, vero? Tutta scena. In realtà gli tremavano le gambe per l'emozione, e pregava ardentemente che lei non se ne accorgesse. Sai che bella figuretta del mese che avrebbe collezionato?

     
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    Lo vide agitarsi nel dormiveglia -sulle soglie dell’incoscienza- ancor prima che si tirasse a sedere, sbarrando gli occhi, e -come sempre- un sorriso benevolo e materno ridisegnò la piega delle labbra rosse e piene della Dama in un arco morbido e gentile: il suo paziente si era appena destato... e la vivacità con cui si ispezionava le parti che erano state ferite prima del suo intervento era fuor di dubbio un buon sintomo di ripresa.

    « Bensvegliato, straniero... »

    Quando la sua voce melodiosa rivolse un augurio al giovane straniero, trascorsero ancora lunghe manciate di secondi prima che questi prendesse effettivamente atto della presenza della fanciulla dai lunghi capelli azzurri, rivolgendole uno sguardo intenso e indecifrabile dal giaciglio che era stato il suo capezzale.

    « Ehr... Ah... Mh... S-salve! Dove mi trovo? E tu chi sei? »

    Elargendogli un altro rassicurante sorriso, la ragazza si schiarì la gola prima di fornire di buon grado tutte le spiegazioni del caso; certo, c’erano molte cose che lei stessa non sapeva circa l’arrivo di quell’ospite al suo maniero, ma non c’è niente di meglio che un pacifico confronto e una lunga chiacchierata per mettere in ordine le idee.

    « Non devi preoccuparti: sei al sicuro, qui. »
    lo rasserenò, intrecciando le dita sottili in grembo
    « Il mio nome è Kalia Menethil, e ttualmente ti trovi nel mio castello, nella Capitale del Presidio Est. Dopo averti trovato ferito nell’altopiano di Garwec, uno dei miei ufficiali -Brifos- ti ha portato qui perché ti prestassi le mie cure... »
    quindi, tacque per un istante; poi aggiunse
    « Qual è il tuo nome, invece? »
     
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  4. Dani-Dart
     
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    Castello. Girò e rigirò quella parola nella bocca, giocandoci con la lingua; la trattò come una caramella da succhiare lentamente, sforzandosi di non scoppiare a ridere. Anche volendo, c'era qualcosa che gli impediva di trattare in modo sprezzante o poco educato quella ragazza, anche se lui non sapeva assolutamente di cosa si trattasse.

    Che l'attrazione fisica fosse tanto forte da vincere il suo caratteraccio, tra l'altro corroborato da anni di detenzione? Forse, ma al momento non era quello il suo problema principale.

    « Fammi capire: sei una specie di principessa, come quelle delle favole?! »

    Wilhelm veniva da un mondo dove i castelli erano ruderi, antichi manieri adibiti a sale mostre e niente di più. Al massimo, ma questi erano casi isolati, capitava che qualche riccone tedesco ne usasse uno per sottolineare quanto fosse smisurato il suo Ego; tuttavia, non poteva essere quello il caso: era una ragazza giovane, maledizione!

    « Io mi chiamo Wilhelm Ellenbogen e, come avrai intuito, non ho la benché minima idea nè di dove mi trovi nè se tutto questo è reale o meno. Io vengo da Vienna, una città austriaca al confine con la Germania. »

    Per quanto volesse rimanere serio e distaccato, non ci riusciva più: nell'arco di un brevissimo spazio di tempo era passato dal manicomio ad una terra desolata, portato lì da una bambina che-non-esiste; era stato mezzo mangiato da un puma troppo cresciuto e poi aveva fatto la conoscenza di un bestione alto tre metri che faceva le fusa ad un tizio di poche parole. Brifos, appunto.

    E ADESSO VOLEVANO ANCHE FARGLI CREDERE DI ESSERE IN UN CASTELLO MEDIEVALE, E MAGARI ANCHE IN COMPAGNIA DI UNA PRINCIPESSA MOZZAFIATO?!

    Eh, no: anche i pazzi hanno un limite. Se non fosse stato per qualcosa che aleggiava nell'aria - dai fiori alle stravaganti tende cobalto - probabilmente avrebbe sbraitato come un matto; non essendoci questa possibilità, continuò a parlare apparentemente sereno e tranquillo.

    « Tu non hai la più pallida idea di dove sia Vienna, vero? »



     
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    « Fammi capire: sei una specie di principessa, come quelle delle favole?! »
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    « Oh... Non saprei... »

    La voce della fanciulla dai lunghi capelli, fluenti e mossi come dolci acque corrive, le venne fuori delicata come il mormorio dei flutti del mare, mentre la diafana mano si sollevava fino alle labbra rosse, in un gesto piuttosto istintivo e pensoso; la sua espressione perplessa, sembrava non fare alcun mistero della sua sorpresa, esprimendo meglio di ogni parola quanto quella domanda -retorica?- la cogliesse impreparata.

    « Io mi chiamo Wilhelm Ellenbogen e, come avrai intuito, non ho la benché minima idea nè di dove mi trovi nè se tutto questo è reale o meno. Io vengo da Vienna, una città austriaca al confine con la Germania. »

    Reclinò appena la testolina azzurra da un lato, aggraziatamente, e le limpide iridi color blu zaffiro si soffermarono in quelle del suo interlocutore, senza nascondere un qual certo dubbioso imbarazzo.

    « Tu non hai la più pallida idea di dove sia Vienna, vero? »

    « Temo di no, Signor Wilhelm... »
    ammise timidamente, scuotendo il capo in un leggero cenno di diniego
    « Però... credo di sapere dove poter trovare qualche notizia.
    Sul tuo mondo di provenienza, intendo... »


    Le sue labbra si schiusero in un sorriso luminoso e incoraggiante.
     
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  6. Dani-Dart
     
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    L'aveva presa alla sprovvista; probabilmente un malato in convalescenza non ha reazioni tanto violente, ma la parola normale nel caso di Wilhelm era un eufemismo e niente più. Ad ogni modo, sembrava abbastanza ragionevole: aveva l'impressione che capisse il dramma umano dell'ebreo, o forse era semplicemente gentile.

    In ogni caso, due coccole non fanno mai male a nessuno. Specie ad un ex-internato.

    « Però... credo di sapere dove poter trovare qualche notizia.
    Sul tuo mondo di provenienza, intendo... »


    Questo cambiava tutto. Spalancò le palpebre, sgranando gli occhi. Il nero delle pupille era abbastanza evidente, adesso.

    SUL TUO MONDO.

    Quelle tre parole si impressero nella sua mente come farebbe una macina con delle olive; schiacciarono la materia grigia, provocando una contrazione dei nervi violenta e dolorosa. Ci sono concetti che andrebbero introdotti piano, senza far troppo rumore.

    « M-mondo... »

    Quella verità, che probabilmente Wilhelm già sospettava ma aveva paura di ammettere anche con se stesso, lo investì con la delicatezza di un Panzer in discesa. E con la paletta schiacciata.

    « Castelli, principesse e gattoni che sparano scariche elettriche... Dove mi trovo?! »

    La mano, grande e robusta, fu messa davanti agli occhi: era un gesto teatrale, o davvero non aveva voglia di guardare l'istante in cui lei, Kalia, gli avrebbe dato una risposta sconvolgente perfino per un pazzo?

     
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    « M-mondo... »

    All’udire le -ingenue- parole della Dama, il giovane paziente sbarrò gli occhi per la sorpresa, e quella singola parola venne fuori dalle labbra di Wilhelm come un sussurro sottile, sconvolto e affranto.

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    « Castelli, principesse e gattoni che sparano scariche elettriche...
    Dove mi trovo?! »

    Le iridi blu zaffiro della fanciulla videro quell’omone portarsi una mano al volto, per coprirsi gli occhi e celare quello che la sua anima vi rifletteva, e immediatamente un’afflitta contrizione trasfigurò di preoccupazione i lineamenti belli e nobili del delicato, pallido viso della donna.

    Quando si sollevò della seggiola accanto al letto, Kalia si mosse con grazia, e con gesti materni e naturali circondò la testa del sofferente, azzardando con discrezione un tentativo di carezza sui capelli del ragazzo; non era certo sua intenzione essere invadente con quel gesto, ma vederlo così afflitto le fece stringere il cuore... e non riusciva mai a starsene senza far nulla davanti ad una persona in difficoltà.


    « Mi dispiace... »
    mormorò con sincero dispiacere
    « Per te deve essere tutto molto difficile da comprendere o da accettare...
    Mi scuso se sono stata inopportuna e indelicata... »
     
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  8. Dani-Dart
     
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    Era tutto così...

    ORRIBILE.

    Lontano da casa, distante chissà quanto dalla sua famiglia, dai suoi cari; per anni non aveva avuto modo di vederli, ma la mancanza non era mai stata tanto insopportabile come in quel momento. Anche se non poteva uscire dal manicomio, comunque sapeva di averli vicini, ad una manciata di chilometri. Non era poi tanto lontano da provare disperazione.

    Ma adesso, consapevole di trovarsi in un altro mondo, anche la magra consolazione della breve distanza era venuta meno, lasciando posto ad un desiderio di inedia sempre più impellente. Rabbia, gelosia e mille altri sentimenti negativi si susseguivano nel suo animo con un moto ondeggiante, come la marea si abbatte sulla scogliera violenta nella tempesta.

    Una mano. Il tocco di Kalia sui suoi capelli era qualcosa di meraviglioso, insperato; per la prima volta dopo tanti anni, finalmente poteva provare di nuovo il piacere del calore umano. Era una sensazione che aveva dimenticato. Per qualche istante rimase immobile, assaporando ogni attimo di quella carezza come un bimbo abbandonato. Può sembrare poco, ma per uno come Wilhelm, che da troppo tempo non riceveva altro che botte e punture dolorose, anche quella mano, piccola e delicata, gli provocava intense emozioni che non avrebbe mai dimenticato.

    NO.

    Le afferrò la mano con un movimento rapido, secco. Lo aveva fatto senza preavviso, come solo i pazzi sono soliti fare; non la strinse, né cerco di farle del male. Anche volendo, non avrebbe potuto. Si limitò a toccarla con fare deciso, come per intimarle di fermarsi. Non cercò di scostarla: la sua intenzione non era quella di interrompere quel contatto umano, ma solo di dare – per un attimo – sfogo alla tempesta che infuriava nel suo animo.

    Ruotò il capo, penetrando con il suo sguardo da animale ferito quello di lei; era come se cercasse con le sole pupille un contatto umano più intenso di quanto gli fosse concesso.

    « Se ti dicessi che nel mondo da dove vengo la mia gente è stata sterminata; se ti dicessi che vedo persone morte e che per questo mi hanno rinchiuso in una Casa di Cura; se ti dicessi che la mia stessa famiglia mi considera un pazzo, continueresti ad accarezzarmi? »

    Non era una sfida, né un offesa. Semplicemente, a volte le emozioni più forti vanno suggellate con parole altrettanto solenni, specie in un un'anima ferita. Wilhelm si stava chiedendo se l'interesse di Kalia nei suoi confronti fosse sincero, e non una banale formalità. A sorrisi finti e pugnalate c'era fin troppo avvezzo.

     
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    Cherish

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    La sua delicata mano di fanciulla -bianca e dolce come lo zucchero- scivolò ritmica e gentile sui capelli arruffati del suo ospite, senza incontrare -sulle prime- rifiuti o resistenze di alcun genere; nonostante lo shock per la terribile notizia che aveva ricevuto, e le più che molteplici differenze che dovevano esistere tra i loro caratteri, lo straniero sembrava aver compreso e accettato l’intento clemente della donna...

    Tuttavia -d’un tratto- con uno scatto improvviso e apparentemente inconsulto, il naufrago delle dimensioni le afferrò il polso con gesto secco, e la sorpresa per quella mossa inaspettata ebbe il potere di far trasalire da Dama Azzurra... ma era ancora troppo presto perché l’ombra del timore sminuisse la luce algida che irradiava dal suo volto chiaro come una perla.


    « Se ti dicessi che nel mondo da dove vengo la mia gente è stata sterminata; se ti dicessi che vedo persone morte e che per questo mi hanno rinchiuso in una Casa di Cura; se ti dicessi che la mia stessa famiglia mi considera un pazzo, continueresti ad accarezzarmi? »

    Il giovane non l’allontanò, e non intraprese nessun altra azione, incatenando i loro sguardi per un lungo attimo, in stallo e in silenzio; la donna dai lunghi capelli -invece- reclinò appena la testolina da un lato, e il suo sorriso dolce e materno si rivestì di un velo di tristezza, mentre la mano libera si sollevava per adagiarsi sulla guancia del ragazzo.

    « Amami quando lo merito meno, perché è allora che ne ho più bisogno... »
    recita con voce pacata e conciliante, sorridendo benevola come una dea
    « A me è stato insegnato così. »
     
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  10. Dani-Dart
     
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    Rimase interdetto per qualche attimo, dando quasi l'impressione di non aver sentito le parole di Kalia. Lo sguardo che prima sembrava perso nel vuoto, adesso fissava l'intera figura della Dama con occhi umidi.

    Ci sono patti che vanno suggellati con parole forti, violente; non è necessario, però, che queste includano riferimenti alla morte o al sangue. No, non era di questo che Wilhelm aveva bisogno. Se Kalia si fosse offesa per le sue parole audaci, o se gli avesse giurato sincerità senza riflettere, l'ebreo non si sarebbe fidato di lei. Frasi tanto scontate e vuote non l'avrebbero toccato nell'intimo.

    Una carezza sulla guancia.

    Da quanto tempo non sentiva quel calore? Gli sembrava troppo bello per essere vero, quasi stesse ancora sognando a causa della magia di Brifos. Toccò ancora la mano di lei, ma con un intento diverso: il gesto fu fluido, e non scattoso. Il tocco, poi, fu gentile come il posarsi dei fiocchi di neve sul prato.

    Il suo era un disperato tentativo di trattenere a sè quel calore umano, come un assetato beve ben più di quanto effettivamente gli serva. Come se stesse cercando la sazietà di quel contatto. Ma lui lo sapeva bene - e forse anche la stessa Kalia - che non avrebbe mai detto "basta".

    Una lacrima, solitaria, gli solcò la guancia. Scivolò lenta fino alla mano di lei, inumidendola leggermente.

    « Conserva per me questa lacrima, Kalia. Non ne piangerò più per la mia terra, almeno fino al giorno in cui libererò il mio popolo. Me la renderai quando non avrò più bisogno di un cuore tanto duro; un cuore capace di affrontare la battaglia senza timore. »

    Aveva visto più umanità in quella donna che in tutte le persone che aveva conosciuto durante la sua vita messe assieme. Un miracolo della Natura.



    CITAZIONE
    Lacrima del Folle

    Una goccia d'acqua, ciò che resta dell'unico, brevissimo pianto di Wilhelm Ellenbogen al cospetto della Dama Azzurra. La proprietaria può richiamarla a suo piacimento, scorgendo tra i suoi riflessi alcune parti della vita dell'ebreo. Sembra quasi il riflesso della sua anima, quasi abbia voluto donarla simbolicamente a Kalia fino ad altro tempo favorevole.



    Edited by Dani-Dart - 10/11/2010, 13:18
     
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    <i>Gli occhi dello sperduto naufrago dei mondi si velarono di un lucido e sottile strato di lacrime, mentre la sua mano -ora svuotata dell’impeto che solo prima l’aveva animata con una furia frustata dall’immutabilità della sua situazione- scivolava mite e ammansita su quella della Dama Azzurra, come un bambino in cerca di conforto.

    Un riverbero di iridescenza attraversò la guancia dell’uomo come il luccichio effimero di una cometa tra gli oscuri flutti del cielo notturno, e si soffermò tra le dita diafane e tenere della donna nella forma di una piccola umida goccia, una stilla di tristezza che quegli occhi avevano distillato dai tormenti di una vita intera.

    « Conserva per me questa lacrima, Kalia. Non ne piangerò più per la mia terra, almeno fino al giorno in cui libererò il mio popolo. Me la renderai quando non avrò più bisogno di un cuore tanto duro; un cuore capace di affrontare la battaglia senza timore. »

    « Ti prometto che ne avrò la massima cura... »

    <i>Promise la fanciulla con cenno leggero del capo, che le fece danzare le lunghe ciocche azzurre attorno al viso niveo, mentre -forse anch’ella incantata dal suo potere- la rugiada ialina, la lacrima di Wilhelm si librava senza peso a poca distanza dalla pelle dolce delle sue dita affusolate.

    « ...così come intendo averne anche di te. »
    le labbra rosse le si schiusero in un sorriso materno e fiducioso
    « Credo che nulla accada per caso, e se il destino ti ha condotto fin qui, deve esserci una ragione; non so quali e quante battaglie tu debba affrontare, ma... »
    la mano libera scivolò di nuovo con delicatezza sul viso dai lineamenti marcati
    « ...desidero tu sappia che nei miei domini troverai un rifugio e un conforto; anche una famiglia e dei compagni, se lo vorrai... »
     
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  12. Dani-Dart
     
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    Famiglia?

    Gli occhi erano ancora umidi, ma non avrebbe permesso ad una seconda lacrima di solcare le sue guance. Non poteva. La prima e l'ultima l'aveva regalata a Kalia, e non sarebbe venuto meno al suo patto. Per nessuna ragione al mondo. Un cuore forte era quello che gli serviva, e niente di più.

    Tuttavia, le parole di lei non potevano certo essere ignorate: Wilhelm non aveva più una famiglia da molto tempo, e non si può certo dire che non gli mancasse. Ricominciare, in quel nuovo mondo su cui era capitato, forse poteva essere un ottimo metodo per appropriarsi di un'esistenza serena, lontana dalle sofferenze di un tempo.

    Questo non significava certo che avrebbe dimenticato; la sua priorità era e sarebbe rimasta quella di trovare una soluzione alla sciagura che si era abbattuta sul suo popolo, motivo per cui si trovava a parlare con una reggente di un luogo mai sentito prima. Ma piangere, recriminare il passato all'infinito, di certo non avrebbe portato a nulla di buono. Per nessuno.

    Vivendola al meglio, la sua permanenza sarebbe stata anche più divertente. E di soddisfazione, anche.

    « Ti ringrazio per la tua bontà, Kalia. Saprò ripagarti giustamente, e lo farò quanto prima. »

    Già, forse un modo c'era. Tuttavia, non era del tutto sicuro che lei avrebbe gradito un'offerta di quel genere, per cui la tenne per sé. Per oil momento, almeno.

    « Parlami del tuo mondo. »

     
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    Cherish

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    « Ti ringrazio per la tua bontà, Kalia. Saprò ripagarti giustamente, e lo farò quanto prima. »

    Al suono di quelle parole, la fanciulla reclinò la testolina azzurra da un lato, e le lunghe ciocche sottili danzarono attorno al suo volto angelico ed eburneo, mentre le labbra rosse e morbide si stiravano in un sorriso conciliante e paziente.

    « Non devi: non ho fatto nulla per cui tu mi debba ringraziare... »
    garantì, accompagnando al suo mormorio un cenno del capo

    « Parlami del tuo mondo. »

    Dapprima, Kalia accolse quella richiesta con un cipiglio assorto, limitandosi ad assentire con un cenno del capo; poi, la Dama ebbe bisogno di concedersi un istante ancora per mettere nel giusto ordine le idee e le nozioni che possedeva di quel mondo in continuo divenire chiamato Endlos: sembra sempre cosa facile definire le realtà che ci circonda e con cui si ha più familiarità, ma -all’atto pratico- è facile rendersi conto che non è proprio esattamente così.

    « Quello in cui ci troviamo è un semipiano chiamato Endlos; non si tratta di un mondo definito, poiché il vortice dimensionale che lo sovrasta ne riscrive costantemente il volto, trasportando qui porzioni di altri universi... e rapendo genti di altri luoghi.
    Come è successo a te. »

    enunciò calma, sostenendo con gli occhi blu zaffiro lo sguardo del suo interlocutore
    « Endlos è idealmente suddiviso in delle macroaree principali: una per ogni punto cardinale, a cui si aggiungono lo Stato centrale e l’Isola Errante nel Cielo; queste sono chiamate Presidi, e sono sottoposte all’autorità di un Alfiere... »
    proseguì, indagando con preoccupazione le reazioni dell’altro
    « ...e come ho accennato in precedenza, ora ti trovi nel Presidio Est, quello che proteggo. »
     
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  14. Dani-Dart
     
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    Ascoltò attentamente tutte le parole di lei, arricciando le sopracciglia di tanto in tanto, quando la spiegazione diventava troppo difficile per essere compresa immediatamente.

    Da quel che capiva, questo Endlos era una specie di grossa isola bagnata da una tempesta. Probabilmente non avrebbe potuto apprendere quelle nozioni in modo differente, per cui si evitò di fare ulteriori domande: certe cose, almeno secondo Wilhelm, andavano semplicemente viste. E solo poi capite.

    « Per farla breve, tu sei la regina di una fetta di questo mondo, esatto? »

    Che lo chiamasse Alfiere, Presidente o Sassabreccola, per lui il significato era uno solo: Kalia regnava su un pezzo di terra, proteggendolo. Poco importavano i meri titoli; la cosa che di più attirava la sua attenzione, invece, era la piega che le cose stavano prendendo.

    Lei, una principessa di un pezzo di Endlos. Lui, un pazzo con un terribile passato alle spalle ed una voglia di combattere che gli divorava le interiora. Non era forse il momento più adatto per avanzare una proposta tanto succulenta, specie per lo stesso Wilhelm.

    No, forse no.

    « Hai detto di proteggere il Presidio Est. Ma chi protegge Kalia, mi chiedo? »

     
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    « Per farla breve, tu sei la regina di una fetta di questo mondo, esatto? »

    « Beh... ecco... dunque... »

    Al suono di quella particolare parola, le gote nivee della Dama Azzurra si tinsero di una nuance più salubre e rosea, e la sua voce melodiosa come quella di un usignolo tentennò esitante, mentre nel suo cuore si riaffacciavano per un istante gli ormai lontanissimi e remoti ricordi della sua infanzia, nella sua terra natale, nella sua dimensione di origine... quando i servitori e i sudditi provavano ad immaginarsela sovrana, o come quando suo padre il Re aveva disposto e imposto per lei un contratto di matrimonio con un nobile dello stato confinante.

    « Per farla in maniera estremamente breve, sì... qualcosa del genere... »

    « Hai detto di proteggere il Presidio Est. Ma chi protegge Kalia, mi chiedo? »

    Sollevò di nuovo gli occhi di zaffiro fino ad incontrare lo sguardo attento del suo interlocutore, e -davanti a quella spontanea preoccupazione- le venne naturale schiudere le labbra rosse in un sorriso gentile e comprensivo.

    « Ci sono brav’uomini che si sono offerti di farlo: molti di loro erano Naufraghi dimensionali che ho accolto a Palazzo, e di cui cercato di aver cura... come te. Per questo potrebbero col tempo divenire per te dei buoni compagni. »
    esplicò gentile la fanciulla, prima che la sua espressione prendesse maggior serietà
    « Tuttavia, a te dirò la stessa cosa che ho detto anche a loro: proteggere il Presidio non vuole dire proteggere me ma la gente che vive, che corre per le strade, che ride e che si angoscia... è la loro felicità che deve essere protetta. »
     
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