[CC] Investitura

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    Viaggiatore dei Mondi

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    Percorri di buon passo il tappeto rosso che è solito accompagnare quanti desiderano incontrare l’Alfiere, conducendoli alla Sala delle Udienze del castello di Lordaeron, il centro esatto dell’intera città di Istvàn -capitale dell’Est-, la tua destinazione.
    Sei atteso dalla Dama Azzurra, e ti è stato chiesto di presentarsi al suo cospetto in armatura.

    E’ passato lungo tempo dall’ultima volta in cui hai calcato quella strada, e sebbene tu sia razionalmente consapevole che nulla è cambiato nella disposizione dei corridoi, sperimenti la bizzarra sensazione di aliena familiarità con quel posto che non visiti da un po’, scoprendo -e riscoprendo- questo o quel dettaglio di cui non ti eri probabilmente mai accorto.

    Gli arazzi alle pareti ti sembrano avere colori più vivaci di quelli che ricordavi, quando li osservavi di sfuggita -al tuo passaggio- senza prestar loro attenzione, e le storie che raccontano ti paiono più profonde e più suggestive, così come il Canto del Vento risuona più dolce e armonioso che mai.
    Quanto ti è davvero mancato quel luogo?

    Sfilando tra le forme composte dei soldati di ronda e dei paggi in livrea, non puoi far a meno di notare gli strani fiori simili a gigli che decorano i vasi ornamentali al posto delle solite rose bianche e Lilium Candidor: chissà quale ricorrenza prevede la presenza delle Corone Imperiali...?

    Di certo stai per scoprirlo, perché quello che ti separa dalla Stanza del Trono è l’ultimo tratto di strada, e puoi già vedere davanti a te le doppie porte della monumentale aula circolare spalancate in un muto gesto di accoglienza...
    E al di là di queste, assisa sullo scranno vedi lei: Lady Kalia,
    che ti sta aspettando con sulle labbra il sorriso dolce e benevolo di una madre.

     
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    deva


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    A volte viaggiare significa osservare il mondo con occhi diversi, attraverso punti di vista differenti.

    Il rientro ad Istvàn venne celebrato da un sole tiepido e delicato, un globo di seta incandescente gettato nel cielo per illuminare il cammino degli uomini e delle donne dell'Est, un sole paziente ed altruista capace persino di partorire poche ombre nei vicoli spumosi della città, là dove il vento corre fra le pareti delle case in una silenziosa gara col tempo.
    Tristan tornava da un lungo viaggio intrapreso nella più nobile intenzione del riscatto personale e dell'aiuto verso il prossimo, due pilastri fondamentali nella struttura portante di un individuo come lui, ferito nell'anima e nel cuore da eventi sepolti nelle sue trasparenti memorie. L'armatura che copriva il petto, espressamente richiesta nell'invito che la Dama Azzurra gli aveva fatto recapitare nella sua stanza, non celava appieno la generosità del corpo dell'uomo, temprato dalla battaglia e dalla fatica delle sue più umili vittorie.


    Raggiunse il Maniero per inerzia, lasciandosi guidare nel dedalo di corridoi profumati dall'istinto più primitivo dell'appartenenza ad un luogo, la sensazione che fa definire un posto "casa" e una cerchia di persone "famiglia".
    I concetti nascosti fra le pieghe delle emozioni perdute faticavano a risalire in superficie e solo il tempo sarebbe stato il giocatore con in mano le carte adatte a far vincere questa partita a chi di dovere.


    “Mi è concesso, Kalia?”

    Scostò leggermente la porta che, nel suo legnoso silenzio, sigillava l'austerità spigolosa delle geometrie disegnate dall'architettura nella stanza; nei riflessi di luce, si perdevano e confondevano colori echeggianti l'aroma delle Corone Imperiali disposte nei vari vasi della struttura. E lei, elegante e stoica, dall'egualitaria altezza del suo trono, accoglieva con infinita dolcezza un uomo tornato dopo molto tempo nella propria dimensione spirituale.

     
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    Gli occhi blu zaffiro avevano seguito l’ingresso del cavaliere non appena la sua figura regale e imponente era comparsa in fondo all’ampio corridoio, accompagnando al luccichio materno insito in loro un dolce sorriso benevolo e grato, perché Tristan Gawain faceva ritorno ad Est sano e salvo.

    “Mi è concesso, Kalia?”

    « Naturalmente, Tristan... Ti aspettavo. »
    assentì la donna, con un profondo cenno del capo, volto ad invitarlo a farsi avanti
    « Il mio cuore si rallegra di rivederti di nuovo sano e salvo tra queste mura...
    Allora: com’è stato il tuo viaggio? »

     
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    deva


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    Sorrise, mentre il cuore già iniziava a diventare piccolo, come un singhiozzo dell'anima pronto ad esplodergli in petto; i tratti severi del volto tradivano la sua serenità e l'aspetto totalmente stravolto di Trisarma
    (se mai potesse ancora chiamarsi tale)
    era la manifestazione di un mutamento profondo e radicale, una rivoluzione su pochi punti fissi che assistevano alle circostanti permutazioni degli eventi.

    “Lungo e faticoso, per questo motivo gratificante.
    Ma finalmente ho fatto ritorno...”


    Raggiunse il centro della Sala e si fermò, piegandosi leggermente sulla gamba sinistra in un muto e delicato inchino; il ginocchio poggiò a terra con un leggero clangore dell'armatura, adagiatasi placca su placca, riflettendo le splendide luci screziate provenienti dalle pareti lucide e profumate.

     
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    “Lungo e faticoso, per questo motivo gratificante.”

    Le parole del Leone riecheggiarono per l’alta volta della deserta Sala delle Udienze mentre questi avanzava fino al centro dell’androne col passo fiero ed elegante che gli era connaturato, sotto lo sguardo benevolo della Dama Azzurra; quando il Cavaliere si esibì in un inchino, portando il ginocchio sinistro a sfiorare il suolo con un tintinnio metallico, la donna si sollevò invece dal suo scranno, scendendo con grazia i tre gradini che ne sopraelevavano il podio per andargli incontro.

    “Ma finalmente ho fatto ritorno...”

    « E di questo sono molto riconoscente al Destino, Tristan. »
    mormorò la donna in risposta, raggiungendolo a passo leggero e misurato
    « Ora, ti prego: risparmia queste formalità ed alzati...
    Permettimi di salutarti come un amico.»

     
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    deva


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    Quelle parole lo colpirono come un pugno allo stomaco, una freccia al cuore: due gesti normalmente letali ma che in realtà gli provocarono solo calore all'interno del costato, una fiamma tenue e tuttavia inestinguibile. Come un Sole che non piega il capo nè s'arrende alla notte.
    Si rialzò lentamente e con dei movimenti che non produssero nemmeno il minimo rumore metallico, allungò il braccio verso la Dama reclamandone la mano eterea e delicata, così da poterla omaggiare di un bacio ispido ma sincero.


    “Kalia, sono pronto a tenere fede alla mia promessa.
    Sono pronto a prestare serivizio per Voi, per Istvàn e tutti i suoi cittadini.
    Sono pronto per chiamare "casa" questa terra di pace e serenità.”


    Le sorrise, con una lucidità velata da una lacrima trasparente che gli inumidiva entrambe le iridi cerulee, facendolo apparire in un istante più giovane di quanto l'aspetto fisico
    (soprattutto la fatica scolpita nel suo volto)
    fosse in grado di raccontare.

     
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    Con la solenne, sobria eleganza che gli era propria, il Leone accolse la richiesta della Dama sollevandosi in piedi, tornando così a sovrastare la figura più esile e minuta della fanciulla con la sua ragguardevole statura e con tutta la sua connaturata austerità; ad accoglierlo, trovò un limpido, benevolo sguardo blu zaffiro.

    Con movenze aggraziate e sicure, che ne tradivano come ogni volta le origini nobili, il Cavaliere tese il braccio verso la Dama, circondandone la mano bianca e delicata con la propria -resa forte e salda dal tempo e dalla guerra-; quando se la portò alle labbra, in un gesto di omaggio e -soprattutto- d’affetto, le labbra rosse e piene della donna si schiusero intenerite per quel gesto tenero, e la sua voce da usignolo gorgheggiò una leggera risata nel percepire la leggera puntura della barba rasa sulla pelle.


    “Kalia, sono pronto a tenere fede alla mia promessa.
    Sono pronto a prestare servizio per Voi, per Istvàn e tutti i suoi cittadini.
    Sono pronto per chiamare "casa" questa terra di pace e serenità.”


    Ella rimase in silenzio, incatenando i loro occhi blu in un attimo denso di emozioni e silenzio.
    Sapeva di cosa Tristan stesse parlando, perché era stata lei stessa al suo arrivo -ormai molto tempo addietro- a chiedergli e proporgli la possibilità di restare... di lasciare che l’Est, il canto del Vento,. e la bellezza della valle curassero il suo cuore ferito...
    Sapeva quello che il cuore del Fu-Re celava, e non aveva bisogno di altro.

    Con gentilezza, Kalia accolse lo sguardo lucido e commosso dell’uomo con un dolce sorriso materno, ripercorse con le dita diafane e sottili della mano libera le scie umide di lacrime sulle sue guance ispide, e lo circondò con la stretta delle braccia esili, in un abbraccio fragile come il cristallo e grande come l’oceano.


    « Allora... Bentornato, Tristan Gawain... »
    esordì, adagiando la guancia contro il metallo, all’altezza del cuo
    « Bentornato a casa

     
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    Inaspettatamente cinto al costato, Tristan lasciò le braccia penzolanti in aria nella posa di un burattinaio pronto a muovere i fili ed animare le legnose marionette attaccate ad essi; ripresosi dal gesto della Dama, anche lui chiuse con delicatezza gli arti robusti sull'esile figura della donna, facendo la massima attenzione nel risultare leggero e cullante.
    Non potè non accarezzarle con timore reverenziale i capelli, di un colore così anomalo da apparire prezioso e surreale, quasi magico; gli occhi zaffiro dei due si accolsero l'un l'altro, suggellando un tacito consenso a condivere l'emozione del momento.


    “Ho una richiesta da farti, gentile Dama.”

    Le sorrise, di nuovo padrone di sè e di ogni sua intenzione.


    “Vorrei che la mia anima venisse vincolata a questo posto, a questa città. Per sempre, per l'eternità.
    Solo allora potrò chiamare Istvàn 'casa' e il suo popolo 'famiglia'.”

     
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    Dopo un primo istante di smarrimento, le braccia del Cavaliere la circondarono con gentilezza, come un delicato ma rassicurante bozzolo protettivo, e quando ne sentì il tocco esitante e riverente tra le chiome azzurre, Kalia non poté che calare le palpebre sugli occhi di zaffiro e abbandonarsi a quel piacere con gli occhi chiusi: dall’ultima volta che era stata stretta così era passato il tempo di più di una vita, quando era ancora solo la principessa di una nazione appena uscita da una guerra, racchiusa nell’abbraccio del Re suo padre, che la salutava prima di lasciarla partire alla volta del regno vicino, dove sarebbe diventata sposa di un nobile del posto.
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    “Ho una richiesta da farti, gentile Dama.”

    Il suono profondo della voce di Tristan la richiamò dal tiepido torpore in cui era per un istante scivolata, e -scostandosi un poco da lui- la Dama sollevò il viso eburneo per ricambiare il sorriso che si vide rivolgere; stava già per accettare, rispondendogli che avrebbe fatto tutto quanto in suo potere, che il Leone la precedette.

    “Vorrei che la mia anima venisse vincolata a questo posto, a questa città. Per sempre, per l'eternità.
    Solo allora potrò chiamare Istvàn 'casa' e il suo popolo 'famiglia'.”


    « Ma... Tristan... questo... »
    esitò, e le mani bianche e delicate furono scosse da un leggero tremito
    « ...una cosa del genere... non dannerà il tuo spirito...?
    Sei... sei sicuro di volerlo...? »

     
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    deva


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    Sciolse l'abbraccio impedendole però, con delicatezza, di scostarsi dalla sua vicinanza; le prese le mani tremolanti nelle proprie, accogliendole in un calore così pacato da apparire germoglio di un sole primaverile.

    “Il mio spirito è immenso solo quando accolto dall'amore di chi lo apprezza.
    Il vostro amore, il suo amore, l'amore di questa città.
    Vi prego di accogliere la mia richiesta, sarebbe il riscatto che fino ad ora ho cercato invano nella mia umile vita...”


    Pensò all'amato angelo che da pochi giorni aveva finalmente rivisto, del quale aveva compreso ed accettato il Destino; l'umidità dei suoi occhi fece brillare le iridi già luminose, mentre il visto si tendeva in una silenziosa preghiera di serenità per l'anima.

     
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    Le mani grandi e forti del Cavaliere avvolsero quelle tremanti della fanciulla con regale e inamovibile calma, infondendovi nuova fermezza con il loro tepore.

    “Il mio spirito è immenso solo quando accolto dall'amore di chi lo apprezza.
    Il vostro amore, il suo amore, l'amore di questa città.
    Vi prego di accogliere la mia richiesta,
    sarebbe il riscatto che fino ad ora ho cercato invano nella mia umile vita...”


    Nel rimirarlo in viso, la Dama scorse nei recessi di quei limpidi occhi cerulei -resi lucidi dalla commozione- una determinazione matura e ponderata... e una speranza, che -pur con tutti i dubbi del caso- sentiva di non poter deludere.

    Rinsaldò gentilmente la sua stretta attorno alle mani di Tristan,
    e le sollevò fino a portarsele alle labbra, per elargirgli la sua benedizione.


    « Se è quello che desideri, lo farò... »
    promise in un bisbiglio, mantenendo gli occhi bassi
    « Se è ad Istvàn che desideri restare, ti prometto che nessuno ti manderà mai via...
    Questa è casa tua, qualsiasi sia la forma in cui sceglierai di rimanere. »

     
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    deva


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    “Grazie.”

    Il colonnato udì quelle parole ma nessun essere umano avrebbe potuto affermare di averle sentite pronunciate dalla voce o dal cuore.
    L'immensità delle loro promesse attirò a sè la luce del sole, la quale ferì l'aria illuminandone il pulviscolo candido e profumato che nella Sala aveva danzato per molti e molti giorni.

     
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11 replies since 2/12/2010, 02:28   183 views
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