"Riempirò il cielo ormai vuoto"

(Scena masterata - Campagna: "I cancelli della Non Morte")

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    Makai,
    Mondo demoniaco.

    La lacrima degli dei non era quello che molti potrebbero pensare; non si trattava infatti di acqua benedetta, tantomeno se presa da una sorgente di qualche luogo sacro. Si trattava invece di una gemma intagliata di ineguagliabile bellezza i cui riflessi variavano dal rosso al verde al blu all'indaco al mutar delle altrui energie. Sebbene già di suo potesse avere un valore inestimabile, ciò che la rendeva unica era il potere che ne scaturiva; era infatti in grado di segnare barriere, se posta innanzi ad esse, ed era forse per quello che tanti idioti del mondo demoniaco avevano avuto la splendida idea di "venerarla". E la venerazione era nel vero senso della parola, con tanto di caste sacerdotali al servizio dell'oggetto, cosa che allo scaltro Yoko non poteva che procurargli complicanze. Ah, duro lavoro esser ladri! Soprattutto se a capo di un branco di demoni che, a causa del loro livello evidentemente inferiore a quello della Volpe, erano rimasti indietro a combattere con seguaci di scarsa rilevanza strategica.

    image

    Probabilmente, la volpe dai lunghi capelli argentei gliel'avrebbe fatta pagare in seguito, ma per il momento ciò che frullava nella sua testa era come liberarsi di quei sacerdoti guastafeste senza perdere il tesoro appena entrato in suo possesso. A tal proposito ve ne furono una ventina che andarono ad affiancarlo, circondarlo, in modo da non lasciargli via d'uscita; erano quasi tutti uomini, a parte una o due donne, ed uno dai capelli castani raccolti in un codino pareva ancora un ragazzino. Probabilmente non aveva raggiunto nemmeno i cinquecento anni di vita, nonostante quell'aria spavalda. Si avvicinavano sempre di più, come a stringerlo nella loro morsa, mentre l'energia demoniaca da loro emanata si levava prepotentemente al cielo del colore del sangue, creando vortici tra le nubi sovrastanti. Vero era che da soli sarebbero stati facilmente sconfitti, ma in quel caso erano tanti, probabilmente di livello B, e cioè da non sottovalutare. La Volpe aveva poco tempo, mentre loro si avvicinando con rapidità sempre crescente, questa volta decisi a farlo fuori una volta per tutte.
    Il primo a lanciarsi fu proprio il demone scimmia, il ragazzino dal volto spavaldo, che con rapidità sconvolgente andò a lanciargli un fendente dritto alla gola. Intanto altri due, questa volta più maturi, si scagliarono alle sue spalle con due lance ciascuno, evidentemente dirette alla schiena. Sui lati, invece, altri sei demoni lanciavano palle di fuoco, aghi ghiacciati, dardi incantati e vortici di energia, tutti diretti, ovviamente, all'intruso.
    Gli altri restavano sulla difensiva, in realtà piuttosto tranquilli che quella potenziale pelliccia d'argento sarebbe rimasta fra i loro tesori a prescindere, dato che una vestale aveva avuto l'idea di creare spaccature nello spazio, che come sbarre di metallo avrebbero circondato quel ring improvvisato. Qualora lui si fosse avvicinato troppo, si sarebbe ritrovato segato in due di netto. Lei era molto bella, capelli neri legati in una coda e sguardo serio ed imponente, forse troppo condizionato dalla sua levatura sociale e religiosa. Con gli occhi lo sfidava, e con la bocca sorrideva, deridendolo.


    SPOILER (click to view)
    Ci troviamo ora nel mondo demoniaco, dove lo Yoko di cui si parla non ha le limitazioni attuali. Pertanto è libero di utilizzare qualunque tipo di attacco, ignorando totalmente i consumi energetici essendo tutto stato concordato con la sottoscritta (che a sua volta ha chiesto il permesso a qualcuno dello staff XD).
     
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    Da un po’ di tempo a questa parte le cose diventavano insolitamente fastidiose, quando cercavate di portare a termine i vostri furti. Era come se qualcuno cercasse continuamente di mettervi i bastoni fra le ruote, come se qualcuno riuscisse ad attingere a qualche informazione di troppo riguardo le vostre azioni.
    Troppo precisi i loro interventi...
    Che qualcuno della difesa cominciasse ad attrezzarsi a dovere?
    Non avevi un valido motivo per escluderne nessuna a priori, né quello sarebbe stato il momento migliore per riflettervi: una caccia di tale rilevanza non capitava tutti i giorni. E poco importava se per ora i tuoi compagni erano rimasti indietro; li avresti recuperati dopo, se fossero stati ancora vivi. Dopotutto la colpa era unicamente la loro, e se non erano abbastanza abili da restare al tuo fianco... beh, perché continuare a trascinarli.

    « Non ho tempo per giocare con voi... »

    Il tono della voce estremamente calmo ed indifferente, lo sguardo infastidito ed assorto.
    Bastava rivolgere la tua gelida attenzione ad una delle persone che pian piano cominciavano ad avvicinarsi, per farli immobilizzare dal terrore. Ti conoscevano bene, sapevano del ladro bianco che andava a caccia dei più pregiati ed antichi tesori, così come sapevano che nessuno finora era stato in grado di fermarlo, o anche solo di mettergli seriamente i bastoni fra le ruote.
    E aveva davvero un senso allora quell’inutile spreco di tempo? Dovevano per forza morire tutti quanti?
    Quando il primo ragazzino scattò in tua direzione, avventato e temerario, la loro libertà di scelta perì sull’istante: il terreno sotto i tuoi piedi si spaccò istantaneamente, descrivendo numerose crepe che si spargevano in ogni direzione. Poi, d’improvviso, una foresta di affilatissime piante spettrali sarebbe fiorita sotto i piedi di chi aveva incautamente provato ad attaccarti, pronta ad impalarli dinnanzi al tuo sguardo impassibile per dissetarsi col loro sangue senza la ben che minima esitazione.

    « Non credi che sarebbe meglio lasciarmi andare? »

    Le parole vennero rivolte alla vestale, inequivocabile colpevole d’aver innalzato quella gabbia con la quale sperava forse d’intrattenerti. Voltasti il capo in sua direzione, consapevole della posizione gerarchica privilegiata di cui godeva rispetto a quell’accozzaglia di anonimi sacerdoti.
    Uno sguardo provocatorio, sadico, compiaciuto, capace di opprimerla e toglierle il respiro.
    Sorrideva?
    Chissà per quanto ancora.



    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:02
     
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    Il bimbo-scimmia, grazie ad un evidente colpo di fortuna unito alla sua agilità, riuscì a scansare una delle canne demoniache che alte si erano levate al cielo desiderando sangue, mentre gli altri suoi compagni erano periti in un atto di devozione che probabilmente in pochi avrebbero compreso. Con il ragazzino, sui venti iniziali, erano rimasti quattro superstiti, escludendo la vestale che li guardava con aria compiaciuta. Che poi "vestale" era un termine non esattamente appropriato per un demone, soprattutto se quello era una succube. Eh si, probabilmente quell'abito candido poco aveva a che fare con la sua anima, tantomeno con la sua verginità, ma evidentemente erano tutti troppo esaltati per rendersi conto di questi piccoli dettagli. Alla volpe poco sarebbe importato di lei, se non il suo continuo compiacimento accompagnato da un voluto silenzio nei suoi confronti. Ebbene si, non lo aveva nemmeno degnato di una risposta, e chissà quanti altri affronti ancora gli avrebbe procurato. Intanto, gli altri quattro sacerdoti, sbarbatello compreso, si lanciarono al nuovo contrattacco, questa volta più sottile del precedente. Due di loro, probabilmente demoni della tempesta, saltarono in aria, esattamente sopra di lui, per poi iniziare a girare vorticosamente fino a creare correnti ascendenti e discendenti che in pochi attimi sarebbero mutate in piccoli tornadi. Il secondo, un demone della terra, si sotterrò in in un frangente di secondo, per poi afferrargli di sorpresa le caviglie con le mani artigliate. Infine sempre il ragazzino, che questa volta ebbe l'idea di attaccarlo alle spalle. Innanzi al demone volpe, era lei, la famosa vestale nel suo borioso silenzio; i suoi occhi fissavano la pietra fra le sue mani.

    Tutto normale, non ci sono azioni autoconclusive in questo post, quindi liberissimo di schivare come meglio credi.


    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:02
     
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    « Capisco... »

    Ancora una volta impassibile, distaccato e privo di interesse.
    Le provocazioni che quella sacerdotessa sperava di rivolgerti con lo sguardo ed il suo silenzio scivolano via come se non fossero mai arrivate; non era privilegio da tutti ricevere un’opportunità di quel tipo, eppure lei si compiaceva nel rigettarla in quella sua pessima convinzione ed altezzosità. Era la morte quello che si desiderava?
    Quel gioiello luccicava davvero così tanto ai suoi occhi da annebbiarle persino la ragione come a tutti quegli altri anonimi seguaci?

    Senza l’aggiunta di nessun’altra parola, un boato improvviso decretò la definitiva distruzione del terreno sottostante ai tuoi piedi, già crepato dalla precedente offensiva. Solo, stavolta, ciò che ne fuoriuscì furono delle Mimose Selvatiche, una delle razze più violente e spietate che popolavano il Mondo Spettrale: alte, imperiose e dalle fauci affilate.
    Qualunque cosa si sarebbe mossa od avrebbe emanato calore sarebbe stata catalogata dai loro sensi come appetitoso bersaglio.
    Lo sconsiderato che afferrò le tue caviglie fu il primo a venire offerto loro in pasto, nel momento stesso della loro fioritura; gli altri in aria, invece, sarebbero stati stritolati ciascuno racchiuso in una coppia di fauci delle tue preziose alleate. Così come i loro tornadi, spazzati via dalle stesse creature con una semplicità che aveva dell’inquietante.
    Erano rapide, letali, eppur sinuose nei loro lugubri movimenti; quella vestale non avrebbe avuto la ben che minima possibilità di sopravvivenza, dinnanzi a loro.
    Persino l’ultimo ragazzino rimasto, quello che pareva fosse il più agile fra di loro, avrebbe avuto ben poche speranze se catturato dalla coppia di piante che il suo affannoso respiro aveva richiamato su di lui.
    Calò il silenzio, improvviso e brutale.
    Altre due mimose si diressero verso la ragazza, lente, soffermandosi definitivamente dinnanzi a lei come se ne stessero assaporando il profumo. Il minaccioso rumore delle ossa che venivano devastate dalle altre creature, unito al suono acido della saliva che colava sul terreno creando in esso evidenti e preoccupanti fosse, era l’unico disturbo che si permetteva d’intromettersi in quella soffocante atmosfera.
    Poi poche ma semplici parole.

    « Te lo ripeto ancora una volta: non credi che sarebbe meglio lasciarmi andare? »

    Stavolta sarebbe stato il tono della voce ad essere tagliente, gelido ed angosciante.
    Il silenzio od una risposta negativa non sarebbero più stati tollerati.



    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:03
     
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    Il silenzio in quel luogo era raggelante, intervallato quà e là dallo scricchiolio delle ossa dei suoi fedeli, tutti divorati da quelle piante demoniache evocate dal loro nemico. La vestale rimase ferma, osservando con placida calma l'ultimo dei suoi, il ragazzino che tanto valorosamente aveva resistito, lottare con tutte le sue forze con le fauci di una delle piante infernali, affinchè non cadessero su di lui come la lama di una ghigliottina. Ed intanto un leggero gemito dalle labbra ancora inesperte, soffocato dal suo orgoglio, quando l'acido scivolava sulle sue braccia, segnandole per sempre, come anche sulle gambe, forando stivali ed armatura come se nulla potesse davvero fermarlo. I denti del piccolo demone si serrarono a tal punto da lasciar fluire sangue dalla bocca, e poi un urlo avrebbe investito quella gabbia di morte.

    -Shineeeeeeeeee!!!!

    Fu una sola parola, l'ultima che pronunciò, prima che anche per lui divenisse l'oblio. Nella lingua di quella regione del Makai, la parola shinu significava morire, e quella fuoriuscita con tanto vigore dalle sue labbra ne era l'imperativo, Yoko lo sapeva, come lo conosceva chiunque altro in quei luoghi. Intanto altra bava acida iniziò a scendere per terra, mentre le piante si gettavano sul corpo esanime e distrutto, masticando per bene, contendendosi i brandelli della loro preda senza tuttavia lasciar cadere una goccia di sangue. La vestale era ancora in silenzio, ponderando su cosa dirgli prima di farlo fuori, riflettendo che in effetti quei sacerdoti erano piuttosto carenti e che non era affatto un male essersene liberata in quel modo; ne avrebbe sedotti altri, usando la scusa dell'assassino feroce ed un pò di occhi dolci quà e là. Vero era che poi non ne aveva così tanto bisogno, ma infondo si sa che alle donne piace esser coccolate.

    -Temo di non poter esaudire il tuo desiderio.
    Nel mio guardaroba manca la pelliccia di volpe,
    ed il tuo pelo è splendido...

    Immediatamente dopo alzò le mani in preghiera, e dal nulla si alzarono fiamme viola dall'anima nera, che senza indugio si gettarono fra le creature del demone ladro, seminando morte a molte di loro, mentre con un dardo avvelenato preso immediatamente dall'altare avrebbe puntato al suo petto, dove era nascosto il suo cuore. Evidentemente non voleva bruciare la sua nuova pelliccia...

    Ultimo post di combattimento nel Makai, la succube ha appena incendiato metà delle tue mimose, mentre con l'arco ha tirato una freccia avvelenata al cuore. A te sta difenderti. Essendo ultimo post, sono concesse scene autoconclusive.


    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:03
     
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    Un vero peccato: il primo pensiero che attraversò la tua testa fu proprio quello, al di la delle parole pronunciate e degli sguardi lanciati. Aveva carattere, abbastanza per renderla presuntuosa ed incosciente al punto da preferire la morte, piuttosto che piegarsi alle tue richieste e farsi da parte.
    Avessi avuto un altro modo per dartela a gambe da quel posto, magari anche il prima possibile, probabilmente le avresti concesso di restare ancora in vita. Dopotutto, sarebbe potuto rivelarsi un bocconcino interessante.
    Circostanze, dettagli, decisioni che le sarebbero però costate caro.

    Senza pronunziare stavolta alcuna parola, ignorando con assoluta indifferenza l’urlo e le sofferenze del giovane ragazzo di cui oramai non restava alcun ricordo, la tua mano si aprì verso il fianco. Immediatamente, un bagliore improvviso andò a tagliare di netto la freccia avvelenata che volava in tua direzione.
    Cadde al suolo, immobile, a qualche centimetro dai tuoi piedi. Poco più sopra una lunga scia rossa - del tutto simile ad una frusta-, partiva ora chiaramente visibile dalla tua presa, volteggiando ondulante nel nulla.

    « Purtroppo vado di fretta... »

    ...e non ho tempo per giocare neanche con te.
    Le ultime parole non vennero neanche proferite, poiché nessuno vi sarebbe stato ad ascoltarle; un colpo secco, rapido, forse anche troppo per riuscire almeno a rendersene conto. La sacerdotessa che per la prima volta aveva osato risponderti -e per di più nel modo sbagliato- si trovava ora al suolo, con il corpo sanguinante separato in più parti; una fine più truce persino di quella dei suoi schiavi.
    Eppure credevi di essere stato abbastanza chiaro in precedenza, nel ribadire come fosse tua premura lasciare quel posto il prima possibile... evidentemente eri stato fin troppo disponibile e paziente, nei suoi confronti.
    Un silenzio tombale regnava sempre più incontrastato in quella distesa di cadaveri.

    Il tuo sguardo, imperturbabile e prudente, andò ad analizzare lo scenario circostante; il tuo interesse principale era quella di constatare se la sua morte fosse stata sufficiente a far scomparire quelle fastidiose spaccature nello spazio, che ti avevano impedito finora di lasciare il luogo del furto.



    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:04
     
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    Il rumore si affievolì, come anche le fiamme dalla singolare tonalità, segno che ormai della vestale era rimasto ben poco. I resti del suo corpo giacevano ancora a brandelli, ed il sangue rosso bagnava la terra umidiccia e le piantine assetate. Tutto si era calmato, ed in lontananza Yoko poteva ascoltare il fruscio dei colpi, il fragore delle esplosioni, il tintinnare delle lame ancora lontano, ma sempre più vicino. Evidentemente i suoi compagni erano ancora lì a combattere, ma ciò non importava; l'oggetto dei vostri desideri era ormai nelle sue mani, non restava che andarsene. Accadde però che la gabbia generata dalla donna non scomparve con il resto dei suoi sortilegi, rimanendo lì imperiosa ed impossibile da oltrepassare.

    A meno che la Volpe non avesse deciso di farla finita, ovviamente.

    Intanto l'ambiente intorno sembrava essersi acquietato, ed ora più nulla si muoveva, a parte le foglie fra i rami degli alberi del suo mondo. Qualora il demone si fosse guardato intorno avrebbe trovato oltre la sua prigione un dirupo che dava su di un mare acido, una strada in discesa -la medesima che aveva attraversato per raggiungere quel tempio all'aperto- e tanti tanti alberi. All'interno dei fili di luce e di ombra che si intrecciavano nello spazio a lui prossimo, invece, solo corpi mutilati, terra spaccata, l'altare segato a metà ed il piccolo piedistallo su cui poggiava quella pietra. A vederlo meglio, più che un piedistallo pareva una colonna dai simboli strani, probabilmente non appartenenti al mondo del Makai, dato che lo stesso Yoko non avrebbe potuto minimamente decifrarli. Una crepa l'aveva trapassata verticalmente e, proprio quando lo sguardo dorato del ladro vi si fosse posato sopra, avrebbe ceduto, e con essa lo spazio in cui si trovava. Sarebbe infatti apparsa una crepa luminosa nel nulla, e da essa si sarebbe aperta una fessura attraverso la quale sembrava di vedere le infinite stelle dell'universo.

    Una via d'uscita, o un labirinto senza fine?

     
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    Niente da fare, non ancora.
    La prigione nella quale ti aveva incatenato si rivelava con amarezza persino più fastidiosa della donna che l’aveva generata. Il suo atteggiamento divenne improvvisamente più chiaro, nella tua testa: oramai si era immolata con te in quello stesso crudele vincolo, ed il suo compito probabilmente terminava lì.
    Ecco perché non le importava assolutamente niente di morire.
    Stringevi i denti visibilmente contrariato, in quella sterile e forzata situazione. Ti aveva giocato davvero uno scherzetto coi fiocchi, quella maledetta succube...
    Come se non bastasse, trattenere fra le mani una gemma che sarebbe stata anche capace di segnare le barriere senza neanche essere in grado di usarla, non faceva altro che alimentare il nervosismo.

    Setacciasti con attenzione tutta l’aria circostante, certo che una via di fuga sarebbe per forza dovuta esserci; una sacerdotessa di quel livello -ammesso che ne fosse realmente lei l’artefice- non avrebbe mai potuto creare un incantesimo di una simile potenza senza riscontrarne delle conseguenze.
    Ed infatti qualcosa accadde, curiosamente proprio sul piedistallo dal quale poco prima avevi rubato il tesoro pregiato.
    Se fosse dovuto proprio alla sua mancanza, ad una sua autonoma attivazione o ai forti spostamenti causati dalla battaglia non era dato saperlo; ciò che importava, in quel frangente, era che una una fessura pareva aprirsi timidamente dal nulla.
    Restasti immobile, analizzandola con esemplare cautela; nulla vietava che quello non fosse l’obbiettivo finale delle defunta sacerdotessa. Avrebbe tranquillamente potuto essere un’altra trappola, la stregoneria finale con la quale pianificava la tua morte...
    ...eppure era l’unica via che ti rimaneva da percorrere, se volevi lasciare quel posto.
    Tentennasti per diversi minuti, speranzoso che quelle spaccature che ti avvolgevano in ogni lato prima o poi crollassero su se stesse.
    Ma niente; il tempo trascorreva, e la gabbia non accennava minimamente ad indebolirsi.
    Non avevi scelta, dovevi farlo: le forze di difesa di quel mondo sarebbero arrivate a breve, trovarsi faccia a faccia con loro sarebbe stato persino più rischioso che avventurarsi in quella porta.
    Un primo passo timido, e poi via, ti saresti gettato al suo interno.



    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:04
     
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    Il demone trattenne un attimo il respiro, convinto di dover sprofondare in quel vuoto cosmico, eppure, in modo del tutto stupefacente, posò il piede nel nulla come se in realtà vi fosse un pavimento. Probabilmente si sarebbe domandato se stesse sognando. Era una sensazione strana, eppure la consapevolezza che non fosse qualcosa di materiale era abbastanza forte nella sua testa calcolatrice. Non conosceva l'ambiente in cui si trovava, e non era nemmeno possibile comprendere a pieno se si trattasse di un posto chiuso, o all'aperto: ciò che si trovava sotto la demoniaca testa argentea era lo specchio dei cieli stellati dell'universo, uno spettacolo che solo a pochi era concesso di vedere, e pian piano il suo splendore andava a perdersi, scivolando pian piano in un nero soffuso ed avvolgente fino a raggiungere le pareti. Ed era quello a confonderlo, essendo totalmente privo di ogni cosa potesse dargli un metro di misura. Intorno a lui, invece, come apparsi dal nulla vi erano dei cespugli di rovi, alti ed invalicabili, tanto da spaventare chiunque con la sola loro presenza. Era una sorta di labirinto di siepi, o di rovi, in questo caso. Sebbene il demone pensasse di trovare con ragionamenti la strada giusta, era evidente che si trattava di tempo sprecato.

    Ovunque si girasse, sembrava tutto uguale.

    Qualora avesse tentato di richiamare qualcosa che solo somigliasse ad ali, in modo da volare in alto e lì chiarire ogni dubbio, avrebbe compreso che non sarebbe stato possibile. Era come se quel luogo non desse modo alla magia di esistere. Poi, all'improvviso, lo sentì. Si trattava di piccoli passetti, abbastanza rapidi, e Yoko era abbastanza convinto che fossero quelli di un bambino... o comunque di qualcosa con le gambe corte. Sentì dei rovi muoversi, e da lì uscire una creatura. Era piccolo, basso, magro, dalle evidenti fattezze gnomesche. Il suo volto ispirava rispetto, nonostante avesse una espressione buona. Lo guardò, annuendo compiaciuto, per poi indicare un punto oltre di lui, come se stesse suggerendo la strada da percorrere. Un battito di ciglia del demone, e costui sarebbe nuovamente scomparso. E poi una figura maschile, appoggiata di schiena su quel muro di rovi, come se non gli desse alcun tipo di fastidio. Aveva sei spade poggiate per terra, vicino ai piedi. Giocava con un orologio, e lo fissava intensamente.

    -Ti sto aspettando, vedi di muoverti che mi annoio.

    Altro battito di ciglia, e l'immagine sarebbe di nuovo sparita.
    Ed ora restava decidere se scegliere la via indicata da quello strano gnomo o seguire quella opposta.


     
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    E quel posto che cosa sarebbe dovuto essere?
    Non era possibile neanche riuscire a capire dove ti trovavi, se stessi sognando, od eri caduto vittima di una qualche illusione.
    Stelle sull’alto, rovi sui fianchi, buio in profondità... il desiderio di evadere da tutto utilizzando la tua magia sorse spontaneo ed immediato, eppure nulla avrebbe funzionato.
    E questo già lo sapevi senza neanche provare. Come diavolo era possibile?
    Non avevi idea del perché, del come o del quando, ma erano molte altre le informazioni che si mischiavano nei tuoi pensieri in quei momenti; certezze mai vissute, ricordi appartenenti forse ad altre persone, sentimenti ben lontani dal tuo essere demoniaco.
    Poi passi familiari, in lontananza.
    Chi sarebbe dovuto essere? La vestale che tornava per portare a termine la sua missione? I compagni che arrivavano per supportarti? No... Non ne avevi la minima conoscenza, eppure... provasti una tranquillità ed un rispetto che solo il frutto di un contatto prolungato per anni avrebbe potuto trasmetterti.
    Un buffo ma rispettoso gnomo che ti indica una via, e subito dopo un guerriero che ti rivolge la parola.
    Ti aspetta? E dove? Perché, quando... erano tutte informazioni che tu già sapevi, ma che non riuscivi assolutamente ad inquadrare con un senso compiuto.
    Il capo si scosse, forte ed immediato, desideroso di portare la situazione alla normalità; quel posto... no, non poteva esistere davvero. Si sarebbe senza dubbio dovuto trattare dell’effetto di una qualche droga, un veleno, o forse un incantesimo ben al di là persino delle tue rinomate capacità.
    Qualcosa che non eri in grado di spiegarti, eppure qualcosa al cui tempo stesso non eri in grado di opporti.
    I piedi si mossero verso la via indicata, come se fossero guidati dallo spirito di un’altra persona.

     
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    Dopo quelle apparizioni, non vide più nulla a parte bivi e bivi, uno dietro l'altro, e dopo qualche ora il demone fu sicuro di essersi perso. L'effetto di quell'ipotetica droga di cui si era convinto essere vittima sembrava aver dissipato il suo effetto, ma il problema restava uno e grosso. Come avrebbe raggiunto l'uscita? E soprattutto, esisteva un'uscita? Mille dubbi attanagliavano la mente, e per quanto il demone fosse famoso per la sua mente fredda e calcolatrice, tutto quel nonsense stava iniziando a spazientire pure lui. Eppure, all'improvviso, come un ultimo sospiro di speranza, ecco spuntare un drappo immacolato da dietro un angolo. Pareva seta, ma la Volpe non era abbastanza vicina per capirlo. Dunque che fare se non seguirlo? Magari era la chiave di tutto. Qualora avesse nuovamente svoltato l'angolo, il corridoio di rovi, fantasia che ormai aveva visto e rivisto a sufficienza, sarebbe questa volta apparso diverso, forse perchè insolitamente tinto di rose bianche, pure ed intaccate nel loro letto di spine. Per quanto nel suo mondo la Volpe adorasse le piante, di sicuro sarebbe rimasto abbagliato dalla perfezione di quel fiore, così delicato e pericolosamente sulle difensive, con quegli aculei tinti di rosso come se già macchiati di sangue. La volpe avrebbe seguito quel sentiero, e poi altri, distinti da quell'inconfondibile profumo e da quei fiori candidi come la neve.

    Non ci avrebbe mai creduto davvero, ma Yoko riuscì a giungere alla fine del labirinto.

    L'ultimo corridoio di rovi e rose si sarebbe infatti allargato sempre di più e poi, senza rendersene conto, il demone si sarebbe ritrovato in una camera da letto, illuminata da una luna bianca e bellissima. Sembrava quasi non fosse naturale, troppo luminosa rispetto a quella del suo mondo. Un rumore ed un dolce profumo lo avrebbe inebriato, e poi una leggera melodia fuoriuscita da labbra rosse come il fuoco e dolci come il miele. La figura sinuosa di un'umana avrebbe richiamato la tua attenzione, ed il corpo morbido avvolto da una leggera vestaglia di velo ed i bordi di pallida seta , e la stessa stoffa al di sotto di essa, disegnando il suo completo da notte fra nastrini e pizzi del medesimo colore. Canticchiava, mentre si pettinava i capelli del colore dell'ebano al lume di candela. E gli occhi verdi splendevano nella notte quasi fossero diamanti. Si guardava allo specchio, e sembrava non si fosse assolutamente accorta dell'argentea presenza alle sue spalle.
     
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    Nessun'altra guida, nessun altro consiglio; solo rovi, angoli, pareti ed interminabili corridoi. Man mano che ogni passo ti portava ad avanzare in quello scenario privo di credibilità, la convinzione d’esser caduto vittima del sortilegio di un nemico prendeva una forma sempre più nitida e fastidiosa.
    Sarebbe stato così per l’eternità? O miravano forse a farti crepare per esaurimento?
    Proprio quando le tue gambe furono sul punto di fermarsi, stufe di stare a quell’inutile gioco senza termine, desideroso di urlare al nulla la fine della tua pazienza, una luce candida attirò d’improvviso l’attenzione. Un altro nuovo gioco, ora? Privo di valide alternative, ed istintivamente catturato da quel seducente profumo di fiori, ti incamminasti inconsciamente fino a ritrovarti in quella grande e spaziosa stanza.
    Ancora una volta familiare... come la ragazza in abiti succinti che si curava dinnanzi allo specchio. I tuoi occhi la squadrarono con attenzione, sospettosi ma affascinati.
    E prima ancora di poterti render conto dei tuoi gesti, il braccio si interpose fra lo sguardo ed il suo corpo sinuoso.
    La mano ben aperta, le dita affilate puntate in sua direzione.

    La stavi desiderando?

    Restasti interdetto per qualche istante, turbato per l’accaduto. Era... qualcosa di diverso dal solito, profondamente diverso. La desideravi, sì, ma non solo carnalmente. Era come se ne rivendicassi il possesso, come se non fosse solo il piacere della sua morbida carne ad invitarti.
    Così nivea, così attraente... per un istante ti parve di conoscerne il sapore.
    La sua voce risuonava come una melodia, che risvegliava per un istante il piacere di un morso, il brivido di una carezza su quella pelle così perfetta, ed un istante dopo un indomabile calore che ti istigava a proteggerla da te stesso.
    Ritirasti il braccio al tuo fianco, cercando di riassumere il controllo del corpo.
    E non solo.

    « ...chi sei? »

    Domandasti con freddezza, insicuro di poter ricevere una risposta.
    Era così... innocente e pura...

     
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    La dama continuò a spazzolarsi noncurante, nonostante il demone fosse dietro di lei, con gli artigli ben visibili allo specchio. Era come se la sua presenza non fosse percepita, come se ciò che stava vivendo si trattava di uno spezzone di un film, e che qualunque cosa avesse fatto, non avrebbe mutato proprio nulla. Quando però le domandò chi era, la dama seduta allo specchio parve avvertire qualcosa, come un ronzio dietro la testa, e si voltò all'indietro, esattamente dove la volpe si trovava. Non parlò, eppure non ve ne fu bisogno; le labbra rosse e morbide si schiusero come petali delle stesse rose di cui emanava il profumo, lasciando fuoriuscire un gran numero di perle che ne disegnavano il bellissimo sorriso. Intorno a lei l'aria pareva mutare, riscaldarsi, nonostante il freddo di quella notte.

    Sembrava un angelo.
    Un angelo gli stava sorridendo.

    Quello fu probabilmente uno dei momenti peggiori della sua vita, e non certo per quell'incontro inatteso, quanto perchè il demone vide chiaramente la sua bocca muoversi per pronunciarne il nome, eppure gli fu impossibile ascoltarne il suono dato che, proprio in quel maledettissimo istante, si sentì risucchiato in un vortice d'aria potente come non ne aveva mai visti, per poi essere letteralmente sputato dalla fessura dimensionale da dove era entrato. Immediatamente lì fuori, avrebbe dimenticato tutto, perchè quei volti, quei profumi, li avrebbe sentiti in futuro.

    -Altolà, Demonio!
    Inchinati alla legge o perisci sotto le nostre armi!

    Ma quello non era evidentemente il momento adatto per provare a ricordarsi che cosa era accaduto da quando aveva messo piede nella spaccatura dimensionale in quel tempio all'aperto, perchè ora era nuovamente circondato da altri nemici, e questa volta parevano più organizzati dei precedenti, considerando le armature, il vessillo e le spade e... le ali. Si, tutto quadrava. Certo però, che fortuna ritrovarsi circondati da Galanodel! Ne erano pure una ventina, e per quanto il tuo orgoglio di demone ti spingesse a farne fuori il più possibile, sapevi che era meglio darsela a gambe. Alla tua destra una reggia, innanzi il mare, a sinistra un bosco.

    Cosa fare?



    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:04
     
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    Quel giorno era strano, troppo per i tuoi gusti.
    L’ennesimo evento inspiegabile -seppur stavolta previsto- fu che quell’incantevole donna non ti degnava neanche della minima attenzione. Eppure tu la vedevi, e con altrettanta convinzione l’avresti affermato per lei... fino a quando non si voltò d’improvviso, creatura celestiale, sussurrandoti qualcosa.
    Il tempo si fermò, la testa parve esplodere.
    Avresti giurato di essere riuscito a prenderle la mano, se solo un istante dopo non ti saresti ritrovato in un mondo che non ti apparteneva. Gli occhi si sgranarono, incredibilmente ravvicinati al suolo. Ancor prima di poterti domandare cosa ci facevi per terra, e soprattutto dove, furono delle voci a richiamare le tue attenzioni.

    E quelli chi diavolo erano?
    Che accidenti era successo?

    Il tuo corpo scattò in piedi in un battito di ciglia, irrigidito e tremendamente confuso. Lo sguardo si gelò, distaccato ed assassino; la situazione era molto diversa da quella precedente, quei tizi stavano decisamente su un livello ben superiore alle formiche di prima.
    E per di più erano troppi... da dove diamine erano arrivati? Come avresti potuto non accorgerti di niente? C’era qualcosa di troppo nelle ultime missioni che non quadrava; l’avevi già ipotizzato in precedenza, lo ribadisti ancora una volta nei tuoi pensieri: strano.
    Troppo per i tuoi gusti.
    Senza neanche degnarli di una risposta, con il solo sguardo disprezzante in loro direzione, uno sciame di spore fumogene si levò dal tuo corpo. Fitte, fastidiose ed illusorie: sarebbero servite per distrarli, confonderli, impedendo alle loro capacità insidiose di rilevare la tua precisa posizione.
    Poi una rapida inquadrata allo scenario circostante, e l’ovvia scelta per il bosco; sarebbe stato molto più semplice seminarli, in un paesaggio fitto e a te più familiare. Scattasti senza alcuna esitazione, rapido come solo una Volpe avrebbe potuto, riservandoti però la soddisfazione di lanciare prima delle affilatissime lame di vento in direzione del collo di alcuni di loro.
    Mai ti sarebbe passata per la testa la folle idea di provare a tenere testa a tutti loro insieme, eppure mai avresti rinunciato così innocuamente a tagliarne quanto meno il fastidioso ed elevato numero.



    Edited by Drusilia Galanodel - 2/6/2015, 02:21
     
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    I soldati del cielo rimasero lì impavidi innanzi a lui, vacillando solo quando rimasero confusi dall'incantamento di quell'abominio della natura, il demone Volpe. Lui si che era l'artefice, del male, un demonio in terra, e lo dimostrò non solo con la sua aurea disgustosa che trasudava di peccato, ma anche lanciando fendenti d'aria che, sebbene da molti furon deviati, colpirono il più giovane ed inesperto. Poteva avere solo una ventina d'anni. Fu così che tra le urla di un'altro, probabilmente il padre, che si gettò sul corpo sgozzato del figlio, stringendolo fra le braccia, gli altri si mossero all'inseguimento dell'assassino, che considerando l'affronto avrebbe pagato cara la sua imprudenza. L'unico problema restava trovarlo, dato che rapido e scattante si era mosso in direzione del bosco, luogo buio e misterioso, trasudante incanti e magia, e che per loro più che paura generava disgusto. Era lì che si riparavano le streghe, ed ora anche i demoni...

    ___________________________________________________________



    Bosco,
    Mondo degli umani.

    La volpe d'argento fuggiva in quello che era ciò che più si avvicinava al suo elemento. Vero era che le piante di quel mondo fossero più mansuete delle sue creature, ma questo bastava per metterlo a suo agio. Soprattutto se era inseguito dai più petulanti, rompiscatole e potenti cacciatori di demoni del multiverso. Sarebbero dovuti morire tutti, quegli idioti guastafeste, o almeno era ciò che tutti nel suo mondo spettrale pensavano. E probabilmente non avevano nemici solo lì.

    Probabilmente era solo questione di tempo per aver occasione di ballare sulle loro tombe.

    Fu un frangente di secondo, ed avvertì un dolore al braccio, quasi come se vi si fosse appiccato del fuoco. Gli occhi aurei si sarebbero spostati, focalizzando sul punto da dove proveniva quel dolore lancinante. Un dardo incantato lo aveva preso di striscio, e probabilmente quel fuoco che pareva entrare in lui e bruciare come un veleno non era altro che una delle loro famose pozioni di acqua santa ed energia spirituale. E poi altre, cadere dalle fronde degli alberi come la pioggia in autunno, ma evidentemente più fitta e letale. I Galanodel erano ancora sulle sue tracce, ma per quanto tentassero di raggiungerlo, il distacco era sempre maggiore, e a breve sarebbe stato tutto finito, e Yoko si sarebbe riposato in pace. Dopo una buona oretta di corsa sfrenata, cercando di evitare che il sangue perso desse modo di rintracciarlo, tuttavia, avvertì un rumore provenire da un cespuglio.

    Sembrava che qualcosa si stesse muovendo verso di lui.

     
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