[LAM] Arashi No Sakebi

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  1. -Arco Voltaico-
     
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    -SHOOTING STAR-


    "All'inizio era stata dura. I Djin non sono abituati al contatto, figuriamoci al distacco. Ma poi una nuova consapevolezza si fece strada in lei: voleva che al loro ritorno, un giorno, trovassero qualcosa di nuovo. E poi, per lei, le ragioni di andare avanti erano lì: sopite, dormienti, nascoste persino a sè stessa, forse.

    Avrebbe continuato a servire la Casata che faceva loro da Casa. E avrebbe protetto Moraah, protetto quel sogno che loro tanto avevano amato. Quella città disprezzata, quell'ultimo rifugio per l'utopia di tanta gente, lei compresa."


    Stronzate.

    Non lo sentiva, e non poterlo percepire, stranamente, la scosse. Non era una partenza come le altre, e lei lo sapeva, come solo un Djin poteva sapere, oppure come solo una Donna, può saperlo. Poco importava.

    Non Lo avrebbe lasciato di certo andare così. Senza un saluto, senza uno sguardo, senza un contatto, senza nulla. Se lei era in quelle condizioni, era anche una responsabilità di Lui stesso... Lui che le aveva dato tutto, adesso la lasciava lì così, un quadro vuoto, una muta cornice? No, non lo accettava.

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    Ed è curioso come il sentimento che sentiva, fosse così puro da sfumare nell'egoismo e nel senso di possesso. Bruciante, ustionante, quasi come l'energia che accompagnava il corpo della Marid, mentre precipitava verso quel Piano socnosciuto, in foggia di stella cadente.

    In realtà nemmeno sapeva perchè era partita. Voleva vederLo? Una parte di lei no. Altre parti di lei avrebbero voluto abbracciarlo, piangere, altre parlargli ancora una volta, o tirargli uno schiaffo di potenza Critica. Forse una parte di lei desiderava semplicemente voltare pagina, fuggire e basta. Per una volta, essere libera di quei titoli privi di senso. Essere Eve. Essere Eve, semplicemente. Niente più Eletta della Dea, niente più Prescelta degli Zaffiro, niente più Officiale Von Seamond.

    Non sapeva, no.

    Ma a volte semplicemente le cose accadono, e la ricerca di qualcosa di indefinito per sè stessi, è incurante di cose e persone che ci si lascia alle spalle.

    Di tutto e di tutti.

    Toccò terra, in una distesa erbosa a lei sconosciuta: a differenza di una meteora che cade, non lasciò crateri nè esplosioni, atterrando leggiadra quasi fosse una piuma. Attorno a lei, solo il crepitare bluastro dell'energia elementale che la permeava.

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    Atarassica, fuori dal mondo, la sua espressione. Osservava quel nuovo mondo distaccata, quasi che non la toccasse il fatto che l'aria aveva un rumore diverso, l'erba aveva un profumo differente, e via discorrendo. Poco distante, le sagome di un insediamento, e tutt'attorno, il cielo stellato di una notte punteggiata di lucine.

    - ...Dea. -

    Non le importava più nulla, perchè era arrivata. Dove, non poteva saperlo, ma era arrivata. E tanto le bastava. E forse la solitudine di quel momento non sarebbe durato che un battito d'ali...

     
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    -POWERLESS-


    Lo ricordava bene, quel giorno.
    No, quello non fu l'inizio, le memorie del principio erano altre, un ricordo altrettanto importante che serbava con cura inciso nelle profondità del suo cuore sfolgorante. Ma non fu quel ricordo a sconvolgerlo. Quello che serpentino gli tornò alla mente, spazzando via le nebbie dell'oblio, fu un altro momento importante. Il ricordo del giorno in cui divennero di fatto una famiglia.
    Le parole che lui stesso usò risuonarono gravi nella sua mente, aggravando un fardello che a stento riusciva a sopportare.

    "Non te lo permetto." le disse, quel giorno. "Non ti permetto di andartene così."

    Parole che come lame ferivano il suo cuore. Mai prima aveva avuto ricordi così vividi da trasmettergli cristalline antiche emozioni. E mai avrebbe voluto provarle: altro dolore tormentava ora il suo animo.

    "Perché non ci hai detto nulla? Non siamo abbastanza, per te? Non ti fidi di noi? Non ti fidi di me? Noi... non siamo importanti?"

    Il suo volto di tuono non poteva tradire emozione alcuna, ma il suo animo non era immune a quelle parole. Era il suo stesso verbo, quello. Il verbo che condannava colei che in quell'istante aveva rievocato quelle memorie con il solo atto dell'apparire.

    "Non ti permetterò di abbandonarci. Non ti permetterò di abbandonarmi. Non provarci mai più. Noi siamo una famiglia, ora."

    Alzò il capo al cielo notturno, la Folgore. In un urlo silenzioso, lasciò che fosse il bagliore della sua scintilla a dichiarare agli astri notturni il suo dolore, la sua sofferenza. La sua colpevolezza.
    Era stato un idiota. Un folle, forse. Era stato superficiale. E quella, era la pena che meritava.

    Le scintille presero a turbinare attorno al suo corpo, mentre il corpo prese a pulsare in una maniera a lei nota.
    Stava abbandonando il suo vero aspetto, per nascondersi dietro una maschera di carne e vestiti.

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    Le dava le spalle.
    Ancora una volta.
    Come sempre.
    Eppure, questa volta, non era lo stesso.
    C'era un motivo, se quella figura le regalava spesso le spalle. Ed era la fiducia.
    Da sempre, loro erano partner. Erano più che colleghi, erano più che una coppia. Quando c'era lei, lui smetteva di guardarsi le spalle. Perché sapeva che ci sarebbe sempre stata lei a sostenerlo, a proteggerlo, ad aiutarlo. Ed al contempo, lui voleva trasmetterle un messaggio. La sua postura sciolta, il mantello lasciato al vento, significavano "Ti proteggerò io."
    Ma questa volta era diverso.
    Le sue spalle tese, le mani contratte in pugni.
    Nella sua puerilità, stava manifestando la sofferenza che quel ricordo, il ricordo di quella sera, di quelle parole, gli stava procurando.
    Era colpevole. E lo sapeva.

    - Non dovresti essere quì. Non è il tuo posto, questo. - disse con fermezza, senza voltarsi.
    Lei lo stava ascoltando. Ne era sicuro. Era lì vicino. Lo sapeva. Lo sentiva.
    - La Città della Meridiana ha bisogno di te. La Città Libera ha bisogno di te. Non è quì che dovresti essere. -

    Rimase in silenzio per qualche istante, chinò il capo.
    Era una stronzata, e lo sapevano entrambi.

    - E' pericoloso. - ammise in fine. - Questo posto è pericoloso. Ed il viaggio... Non fa bene alla nostra specie. Noi non siamo fatti per viaggiare tra i piani. -

    Sollevò una mano verso le stelle, e la folgore iniziò ad avvampare attorno al suo braccio, ronzando malevola la sua ira distruttrice.

    - Tre quinti. - annunciò. - Il viaggio mi ha strappato tre quinti della mia forza vitale. -

    Forse, ora la ragazza lo avrebbe notato. La sua folgore non era viva come al solito. Il suo tuono era più debole, meno minaccioso.
    Il pugno si serrò, soffocando ogni scintilla che dal palmo si generava per discendere lungo l'arto. Le nocche sbiancarono, per quanto forte fu la stretta.
    Nuova contrizione lo attanagliò. Anche lei aveva provato quella sensazione...? Anche lei aveva provato quel dolore?
    I viaggi interplanari, per lui, erano sofferenza. E paura.
    A differenza degli organici, la sua essenza era molto più eterea, meno concreta. Meno compatta.
    A differenza di un essere umano, lui poteva facilmente venire scisso e frammentato nel continuum che collegava ognuno di quei piani. A differenza degli esseri umani, quando lui viaggiava in quel modo, non vi era controllo. Vi era solo la consapevolezza del pericolo. E la paura primordiale di perdere la propria essenza e sprofondare nell'oblio eterno. Senza possibilità di ritorno
    E questa volta, la sua paura si era fondata.
    Quello era il suo secondo viaggio interplanare, e questa volta, la sua essenza gli era stata strappata via.
    Non era giunto su quelle lande molto prima di lei. Forse solo trenta o quaranta minuti prima. Ma lo aveva fatto in stato di shock, incapace addirittura di muoversi.
    E subito s'era accorto che assieme alla sua forza vitale, gli erano state strappate numerose sue capacità.
    Ora, si sentiva cieco. Debole. Indifeso. E soprattutto, frustrato.
    Lei... Lei era importante. Lei gli era cara. Per lei si sarebbe sacrificato sempre. E ora, la consapevolezza di non poterla proteggere lo stava facendo impazzire.

    - Non dovevi venire... Non dovevi seguirmi... - le sussurrò.

    Non ebbe il coraggio di voltarsi. Ma se nel turbinio di pensieri che in quell'istante stavano bombardando la sua mente era la paura a farla da padrona, nel caos delle emozioni era la felicità a rasserenarne il cuore.
    Lei... l'aveva seguito. Era lì con lui. Il resto... non era importante. Non per il suo cuore.
    Un ricordo più dolce apparve nella sua mente.

    "Finché ce ne sarà la possibilità... vuoi restare con me?"

    Sorrise.
    Se fosse stato un essere umano, probabilmente avrebbe versato delle lacrime.

     
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  3. -Arco Voltaico-
     
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    -THE ONLY POSSIBLE ANSWER-


    Non ci fu bisogno di dire nulla, perchè in quel silenzio giaceva la pienezza dell'inconscio consapevole. Fu come imparare a camminare: un passo dopo l'altro, con naturalezza... Un passo dopo l'altro, a piedi nudi, sull'erba, sotto le stelle.

    E vederlo, a pochi passi; ironico scherzo del destino, quasi che quei due fili del Fato fossero intrecciati in modo troppo stretto, perchè il nodo potesse essere disfatto. E nel vederlo, lì, di spalle, sentire i propri dubbi dissolversi, lasciare i patemi dell'anima agli umani e ai comuni mortali.

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    Perchè in fondo la parola era il metodo che gli umani usavano per parlare: per loro due, la parola non era che un simulacro, non diverso da abiti e carne, ed altrettanto futile in fin dei conti.

    - Non dovresti essere quì. Non è il tuo posto, questo. -

    Sospirò. In qualche modo Eve sapeva in anticipo ciò che avrebbe detto, come lui sapeva cosa lei avrebbe risposto. Come un walzer, tutto procedeva secondo un copione, eppur sempre nuovo. Passo dopo passo, nota dopo nota.

    - La Città della Meridiana ha bisogno di te. La Città Libera ha bisogno di te. Non è quì che dovresti essere. -

    Tacque, quasi che il silenzio che ne seguì fosse la conferma migliore della natura di quelle parole. Una natura infondata, vuota. Solo, un angolo della bocca le si allargò, un mezzo sorriso striato di una malinconia lontana, ma anche di consapevolezza.

    Consapevolezza che Celentìr non aveva bisogno dei Djin.

    Non aveva bisogno di loro due.

    Ed in realtà, cosa piuttosto triste, era che Celentìr non aveva bisogno di nessuno.

    - E' pericoloso. Questo posto è pericoloso. Ed il viaggio... Non fa bene alla nostra specie. Noi non siamo fatti per viaggiare tra i piani. -

    Finalmente decise di far sentire la propria voce. Flebile, come l'eco lontana della risacca del mare. Eppure profonda, per chi la sapesse ascoltare. Le scappò un risolino, infantile quasi come quello di una bambina che sente qualcosa di particolarmente buffo.

    - Più pericoloso di una casa magica sul lago? Di un Djin ostile ed effeminato? Più pericoloso di introdursi in incognito a Liberty? Dei cinghiali giganti? -

    Guardò quella sua folgore. La vide, meno potente, meno brillante. Ne sentiva l'essenza magica, più caduca: ma la bellezza di quella scintilla era intatta. Intatta.

    - Tre quinti. - annunciò. - Il viaggio mi ha strappato tre quinti della mia forza vitale. -

    Chiuse gli occhi piano: anche per lei era la stessa cosa. a forse era quello il prezzo da pagare: al mondo tutto ha un prezzo, e forse la libertà che anelavano doveva costare loro l'orgoglio. Eppure, da qualche parte nel profondo, sentiva che non era stato uno scambio iniquo.

    - Non dovevi venire... Non dovevi seguirmi... - le sussurrò.

    Non lo ascoltò.

    In fondo i poteri si potevano recuperare, e lui lo sapeva: le essenze magiche potevano rinvigorirsi, gli oggetti ricomprati. Piano piano. Ricominciando da capo. Trovare un una nuova strada, scrollandosi di dosso le pastoie di un passato che faticava a passare.

    Ma in mezzo al caos che sentiva in lui,poteva sentire gridare quella muta voce, quel pensiero del Topazio che sussurrava: "Finché ce ne sarà la possibilità... vuoi restare con me?"

    La Marid riaprì gli occhi, lasciando che quel nuovo mondo le si insinuasse dentro piano. Non c'era altro da fare, pensare, dire. Dischiuse solo le labbra, un soffio di zefiro.

    - Sì. -

     
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    -SIDE BY SIDE?-


    Sussultò, il più atipico tra i Djin.
    Scosse la testa - un movimento appena accennato in verità, ma lo fece.
    La risposta di cui aveva bisogno per placare la propria angoscia era giunta al suo orecchio, trasportata dalla lieve brezza notturna.
    Le spalle si distesero, le mani, fino a poco prima strette in rigidi pugni, si sciolsero, ed andarono a cingere i gomiti mentre il giovane incrociava le braccia davanti al petto.
    Si girò lentamente, lasciando che i capelli intercettassero la poca luce notturna, nascondendo il volto dietro un'ombra.

    - Non saresti dovuta venire. - sottolineò l'orgoglio. - Eppure... Grazie per essere qui. Accanto a me. -

    Aggiunte inutili, resti di una vita passata tra gli umani. A differenza di lei, lui ne era ancora schiavo. Probabilmente anche non guardandolo la sua amata avrebbe compreso che sguardo avevano quegli occhi. Tra di loro le parole erano forse superflue, eppure lui non riusciva a non dar voce a quei pensieri, o a non compiere atti "dovuti".
    Senza aggiungere nulla, le si avvicinò. E le scoccò un bacio.
    Un bacio come quello che le diede alla festa dell'Antica Usanza.
    Un bacio carico di quel che di lui restava, almeno.
    Probabilmente, non era necessario. Forse, non sarebbe stato compreso nemmeno questa volta. Ma forte era in lui quella necessità tipicamente umana di dover "dimostrare", la paura di non essere compresi per un mancato atto forse insignificante.

    Un sorriso brillò nel buio del suo volto.

    - Beh, suppongo che cacciarti sarebbe inutile, la mia Principessa farebbe comunque come desidera... - disse ridacchiando, per poi volgere lo sguardo verso il cielo stellato. - Raphael Vincent LaCroix. Ex Von Kramer. E' stato identificato come uno dei Re di Moraah, ed accusato di tradimento e spionaggio ai danni dei Von Kramer. E' fuggito dalle Cinque Torri, e mi ha inviato una richiesta di supporto. -

    Alzò un braccio al cielo, e facendo appello a ciò che restava dei suoi debilitati poteri utilizzò per l'ultima volta la sua tecnica più potente.
    Accadde tutto in un istante. I vestiti, la pelle, le stesse carni sembrarono venire lacerati, perforati dalle saette, spazzati via e disintegrati prima ancora di potersi distaccare del tutto dall'arto, finché quel braccio non tornò alla sua forma originale. Un ammasso di folgori irrequiete, che s'affrettavano ad azzannarsi l'un l'altra disegnando frenetiche i contorni di avambraccio, dita, muscoli.
    Un assordante boato accompagnò il poderoso fulmine che illuminò a giorno quella notte. Il Djin lo percepì rombare nel proprio petto.
    Il segnale concordato era stato lanciato. Ora, Vince aveva 25 minuti per procedere all'estrazione. Non avrebbe atteso oltre.

    - Per sfuggire alla rete del Signore dei Massacri ha dovuto cambiare piano. Non ha comunicato di che tipo di supporto necessita. La mia... la nostra...? ...missione è verificare le sue condizioni, ed eventualmente aiutarlo. -

    Lentamente, i lembi di carne iniziarono a rigenerarsi lungo il braccio crepitante, fino ad assumere nuovamente un aspetto che non avrebbe terrorizzato gli esseri umani.

    - Credo sia inutile, ma voglio avvertirti lo stesso. Se vuoi tornare indietro, hai ancora 15 minuti circa. Dopo di ciò, i Von Seamond si accorgeranno che abbiamo abusato dei varchi spaziotemporali senza permesso. E saremo considerati dei traditori. La strada che percorrerò d'ora in avanti non ha certezze se non una: non si torna indietro. Vuoi davvero percorrerla al mio fianco? -

     
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  5. -Arco Voltaico-
     
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    -CONTACT IS EVERYTHING-



    - Non saresti dovuta venire. Eppure... Grazie per essere qui. Accanto a me. -

    Le disse, cingendole le braccia a sè. Il buio celava la sua espressione, ma il tocco era più che eloquente per lei. E se era vero che il viaggio interplanare l'aveva privata della sua Empatia, questa non le era necessaria per capire Richard, per capirlo e sapere che lui aveva bisogno anche delle parole, per esprimere sè stesso.

    Era questo che lo rendeva speciale, in fondo. E anche lei cominciava ad essere simile a lui: troppo umani per vivere tra i Djin, troppo Djin per sentirsi a proprio agio in mezzo agli umani.

    Sentì le labbra di un bacio schioccato su di sè: gli si abbandonò, ancora ignara del significato di quel gesto, ma sempre più rapita dal senso di contato che le suscitava. Arrendevole, si godette il momento, sentendo la Folgore su di Sè, come il Mare che accompagna la Tempesta. Lasciò che il Fulmine incontrasse il Mare, e che l'intreccio di essenze si perdesse nell'abbandono di un eterno e fugace istante.

    - Beh, suppongo che cacciarti sarebbe inutile, la mia Principessa farebbe comunque come desidera... -

    Lei gli sorrise, quasi a voler alleggerire il peso di una situazione che ignorava, ma che sentiva gravosa per entrambi.

    - La tua Principessa ti spaccherebbe il culo, gelosa com'è. -

    Gli disse ridendo, dandogli una spinta alla spalla, e tirando fuori a lingua in modo buffamente provocatorio. Un brandello di gioco, prima che le questioni che le avevano tracciato il oro cammino si rivelassero.

    - Raphael Vincent LaCroix. Ex Von Kramer. E' stato identificato come uno dei Re di Moraah, ed accusato di tradimento e spionaggio ai danni dei Von Kramer. E' fuggito dalle Cinque Torri, e mi ha inviato una richiesta di supporto. -

    - Tu hai fiutato il casino imminente, e ti ci sei buttato a pesce. Tipico. -

    Lo osservò distendere nuovamente il braccio al cielo, quasi volesse ghermire le stelle di quel cielo scuro: e divenne Folgore, ancora una volta, un'ultima volta. Fulmine incarnato, epifania di un Dio del Tuono senza nome.

    Una colonna di crepitante tuono, che correva su, sempre più su, quasi a voler scalare il firmamento. Eve lo contemplò con un sorriso furbetto in volto, le braccia conserte: era soddisfatta come se quella tecnica fosse la riconferma ulteriore che la sua decisione era stata la più giusta.

    - Per sfuggire alla rete del Signore dei Massacri ha dovuto cambiare piano. Non ha comunicato di che tipo di supporto necessita. La mia... la nostra...? ...missione è verificare le sue condizioni, ed eventualmente aiutarlo. -

    - ...Uhm. La mamma non gliel'ha insegnato da piccolo? Sai, ad esempio "non attraversare la strada da solo", "non parlare agli sconosciuti", "non far incazzare il Signore dei Massacri"... Questo genere di cose. -

    Sospirò, quasi ricaricata di energie da quel momento di ironica stupidità: erano i momenti in cui Lorelai emergeva in minima parte, ma erano un toccasana per ritemprare lo spirito un po' provato dai troppi eventi susseguitisi troppo velocemente.

    - Che avrà fatto, poi per farsi odiare così? Ha interrotto uno dei monologhi per cui il Signore dei Massacri è tristemente famoso? -

    - Credo sia inutile, ma voglio avvertirti lo stesso. Se vuoi tornare indietro, hai ancora 15 minuti circa. Dopo di ciò, i Von Seamond si accorgeranno che abbiamo abusato dei varchi spaziotemporali senza permesso. E saremo considerati dei traditori. La strada che percorrerò d'ora in avanti non ha certezze se non una: non si torna indietro. Vuoi davvero percorrerla al mio fianco? -

    Ce la doveva fare. Ce la doveva fare. Doveva resistere. Anche se era dura. Sì! Però... Però... Era più forte di lei... No, doveva trattenersi, ad ogni costo. Non poteva...

    ...Oh, al diavolo.

    Gli scoppiò a ridere in faccia, a crepapelle.

    Ma proprio senza ritegno, eh!

    - Su Celentìr anche il più fesso dei maghetti apre varchi, e con un semplice starnuto delle sue arcane chiappe. E nessuno fa mai niente a riguardo. Sai meglio di me che le leggi dei Von Seamond sono fatte per essere ignorate! Ma te lo immagini Daniel che ci viene ad arrestare? -


    Con la pancia ancora dolorante per la continua e convulsa sequela di risate, Eve fece un paio di respiri, nel disperato tentativo di ridarsi un contegno. Si asciugò una lacrimuccia.

    - Se voglio percorrerla al tuo fianco? Sono qui, no? Questo risponde alla tua domanda, stupido! Ma ricordati sempre che nella vita le porte non si chiudono mai! -

    E gli si avvinghiò, in un abbraccio. Non seppe per quanto lo avrebbe ghermito a quel modo, ma prima che quel contatto si fosse sciolto, gli avrebbe sussurrato nell'orecchio qualcosa, con aria complice.

    - Mancherà a entrambi, lo sai, vero? -

    Attese un solo secondo.

    - ... Alastor, intendo! -

    Una piccola risata.

    Era un buon in inizio, in fin dei conti: sotto quel cielo stellato, sembrava quasi di essere a casa.

     
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    -MEMORIES-


    Qualcosa sembrò turbare la sua compagna, nell'udire le ultime parole. Che fosse una sorta di sofferenza al pensiero di abbandonare tutto ciò per cui avevano combattuto fino a quel momento...?
    Ovviamente no, era solo il nascere di una fragorosa risata, ma di quelle che non si possono controllare, che ti fanno sentire le gambe molli e gli occhi annacquati.
    Ed ovviamente, la cosa stizzì un po' l'Elementale.

    - Su Celentìr anche il più fesso dei maghetti apre varchi, e con un semplice starnuto delle sue arcane chiappe. E nessuno fa mai niente a riguardo. Sai meglio di me che le leggi dei Von Seamond sono fatte per essere ignorate! Ma te lo immagini Daniel che ci viene ad arrestare? -


    Beh, lui che per qualche tempo aveva usurpato il posto della Regina sapeva che il casato prendeva sul serio la causa: tralasciando il mandare guardie e cose del genere, alcuni membri dei "piani alti" aveva spesso fatto pressioni affinché fosse fatta una legge che recitasse "vietato petare"...
    Ma quando si portò la mano al mento ed iniziò ad immaginarsi Daniel, vestito da vigilante con le manette in una mano ed una bottiglia nell'altra, e seguito da un gruppo di ragazzini che avrebbe insultato a ripetizione tutto il tempo, magari anche durante l'arresto, non riuscì a trattenere una risata.

    - Sarebbe... "Intenso", come arresto... -

    - Se voglio percorrerla al tuo fianco? Sono qui, no? Questo risponde alla tua domanda, stupido! Ma ricordati sempre che nella vita le porte non si chiudono mai! -

    Si ritrovò stretto in un abbraccio, che ricambiò con vigore.
    No, la porta non era chiusa. Un giorno sarebbero tornati. Senza fretta, ovviamente. Giusto il tempo di far cadere il reato in prescrizione, o di trovare una buona scusa... La Regina era una donna intelligente, ma era ancora una bambina dopo tutto: in qualche modo, le avrebbe strappato il perdono.
    Foss'anche facendosi cadere le braccia. Letteralmente. Come l'ultima volta che l'aveva incontrata.
    Poi, il pensiero corse al sindaco di Tor de Quinto. Ah, lui avrebbe rotto li cojons, avrebbe fatto di tutto per non farli tornare - non senza una grossa multa quantomeno. Da quando aveva preso potere, stava già cominciando a muovere le cose per il proprio tornaconto... Allontanarsi da quel clima di corruzione, era cosa buona.

    - Mancherà a entrambi, lo sai, vero? -

    - ...il premier...? - domandò sovrappensiero, chiedendosi come avrebbe potuto suscitare in qualcuno tale sentimento.

    - ... Alastor, intendo! -

    - Ah, lui! Si, si, sicuramente... Ah, tu non c'eri, sai dove l'ho visto l'ultima volta...? Ero andato in biblioteca, no...? E me lo trovo lì, a leggere "Il brutto anatroccolo"... No, aspé, questa te la racconto bene perché l'ho insultato così tanto che a un certo punto è scappato! Allora... -

    Bei ricordi... Si, gli sarebbe mancato quel posto. E gli sarebbero mancate quelle persone che non l'avevano seguito in quella follia. Mentre raccontava il pensiero corse a tutti, dal primo all'ultimo dei suoi amici e dei suoi affetti.
    Ma, quello non era un addio. Prima o poi li avrebbe rivisti. Quindi, non provava tristezza, e non temeva d'obliarli. Il loro ricordo era serbato nel cuore, per questo poteva continuare a raccontare quell'aneddoto col sorriso sulle labbra, pavoneggiandosi della sua ennesima vittoria sull'amico fulminato dell'uomo-pollo.

     
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    "L'Ufficiale di un Presidio è come il tetto che garantisce dalla pioggia, ma non dal fulmine".

    Antico proverbio cinese "riadattato".

    A volte si domandava perchè non ancora si era rivolta ad Arthur affinchè si desse ad uno studio delle probabilità di caduta dei "corpi" su Endlos, magari calcolando anche quante ne avesse lei personalmente di incontrare nuovi naufraghi durante la sua routine quotidiana, perchè in effetti era da un bel pò di tempo che capitavano tutti a lei. E lei, da bravo Ufficiale di Presidio, doveva provvedere al benessere della sua città, ed andare ad accertarsi volta per volta, sebbene preferisse rimanere a fare i fatti propri. Ebbene si, perchè proprio nel momento in cui fu lanciata una saetta dal basso verso l'altro, cosa assai insolita ma non impossibile, lei era nel bel mezzo del suo "momento relax", accoccolata in una poltroncina appena sistemata ad un angolo del suo ufficio, particolarmente comoda e spaziosa, con tanto di copertina e cuscini smontabili... un piccolo angolo di paradiso, insomma.

    -...

    Un rumore simile ad un misto fra un grugnito ed uno sbuffo seccato anticipò i successivi movimenti del corpo della Dama del Vento, che andò a contorcersi fra lana e cuscini, prima a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra per poi risollevarsi di scatto, lanciando con un gesto rapido e poco gentile la copertina per terra ed incamminarsi verso la porta. La mano che raggiunse il pomello iniziò a tremare... se era davvero una stupidaggine e nessuno li aveva presi prima di lei beh, come minimo avrebbe fatto fare allenamenti extra ai suoi associati per il resto della loro vita. Insomma, erano il corpo volante di Laputa e non riuscivano a trovare i naufraghi???? Che figura le facevano fare di fronte alle autorità di Endlos?

    Doveva proprio far tutto lei...

    La porta si spalancò, e la bella scese per la scalinata a chiocciola, incrociando per caso uno degli ultimi arrivati alla sua grande, immensa famiglia. Lo chiamavano Gambit, anche se in molti in quel palazzo ligneo e marmoreo gli davano l'appellativo di "Baro" e, chissà perchè, erano proprio quelli che si erano ritrovati senza soldi pochi giorni dopo aver ricevuto il loro stipendio, incapaci di pagare anche solo l'affitto di una camera della Città Bassa. E sempre chissà perchè si erano riversati tutti da lei, che aveva messo loro a disposizione appartamenti in caso "strettamente necessario".

    -Vedo che sei in pausa.

    Sorrise sorniona.

    -Ti va di accompagnarmi?

    E poi continuò la sua strada, speranzosa che l'associato la seguisse, fino a che, percorsi campi su campi, non raggiunse il fulcro delle sue attenzioni. Vi erano due persone, un uomo e una donna, probabilmente naufraghi, considerando che non li aveva mai visti in giro, e Laputa bene o male era piuttosto piccola. Si sarebbe portata in avanti, guardandoli con sguardo fiero, nobile e dolce allo stesso tempo.

    -Altolà!
    Chi siete? Da dove venite?
    Siete feriti? Non abbiate timore, siamo vostri amici.



    Edited by Drusilia Galanodel - 19/4/2015, 15:11
     
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  8. Remy Etienne Lebeau
     
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    Sei appoggiato con nonchalanche ad uno dei muri del bianco palazzo, il cappello da cowboy leggermente inclinato, non porti il soprabito per una volta ma il resto del tuo vestiario è lo stesso, il lungo bo è appoggiato vicino a te, stai giocando con le carte facendole volteggiare distratto tra le tue mani, sembrano dotate ti vita propria ma tu in realtà lo stai facendo per riflesso condizionato, non ti stai per nulla impegnando.

    Vedo che sei in pausa.

    Strano che tu non abbia notato la bellissima Galanodel, dovevi proprio avere la testa altrove, comunque alzi subito lo sguardo sentendo la sua voce carezzevole, quello che vedi è una bellissima donna, conturbante sogno di ogni uomo.

    Ti va di accompagnarmi?

    Alzi le spalle, effettivamente non hai niente da fare e così la segui, le carte spariscono entro una delle tue tasche mentre la sinistra afferra il lungo bastone e facendolo volteggiare lo sposta sulla mano opposta. La segui senza sapere bene dove stiate andando questo finchè dopo aver percorso non poca strada tra i campi coltivati, raggiungete due anime perse, probabilmente catturate loro malgrado dai capricci del Maelstrom.

    Altolà!
    Chi siete? Da dove venite?
    Siete feriti? Non abbiate timore, siamo vostri amici.


    Ah, si certo così li tranquillizzi proprio

    Commenti sarcastico avvicinandoti comunque alla Dama.
    Potrebbero essere malintenzionati e tu hai il dovere di proteggerla.
    Il bastone è appoggiato, ben visibile sulla tua spalla destra, le carte invece sono pronte a colpire, qualora tu lo voglia.

     
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  9. -Arco Voltaico-
     
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    -FRONTIER-


    Avrebbe continuato a conversare amabilmente con Richard al chiaro di luna per ore, sotto quel dolce manto di stelle. Avrebbe continuato ad ascoltarlo, anche se il tema più romantico di cui parlava, era l'inutilità sociale di quell'ameba informe conosciuta come Alastor.

    Finchè lui era con lei, poco gli importava del luogo dove si trovavano, così come dei pericoli che il Topazio le aveva paventato. E se anche anche Mondo li avesse mandati in pezzi, in futuro, dovevano solo trovare il modo di andare a pezzi insieme.

    Gli sorrise. Gli amici di Richard erano suoi amici, in fondo. Ma la verità, per quanto generosa in facciata, era che Eve provava un attaccamento egoistico verso quell'ammasso di elettroni fottutamente pazzi. Egoismo... Umano?
    Lo ascoltava e pensava. Lo ascoltava e ricordava. La testa, decisamente era da tutt'altra parte, quando...

    -Altolà!
    Chi siete? Da dove venite?
    Siete feriti? Non abbiate timore, siamo vostri amici.


    Altolà!
    Chi siete? Da dove venite?
    : una citazione da "Attila Flaggello di Dio"?

    Piantò gli occhi sulla fonte di quella voce, in un sussulto. Era rimasta sorpresa, e lei non amava trovarsi in quella situazione, la faceva sentire fin troppo vulnerabile. In più, colei che aveva rotto il loro idillio era una donna, il che le fece balenare anche una scintilla di sguardo da vipera contro la sconosciuta.

    Troppe tette, per essere l'amico di Richard. Decisamente. E aveva pure un accompagnatore. Che fosse una coppia di scambisti? Nel qual caso, lei doveva avere anche qualche mania da dominatrice, visto lo sguardo altero da principessa sul pisello.

    Ah, si certo così li tranquillizzi proprio

    Alzò un sopracciglio, guardando Richard: lo sguardo era più o meno quello che lei era solita riservare a quei nerd degli Elessedil, quando assisteva alle loro discutibili comparse.

    - Ehm, Richard. Non sei geloso, vero, se ti dico che quella tizia mi genera pensieri saffici? -

    Disse a mezza voce, notando che anche se i due sembravano due agenti doganali svizzeri piuttosto scazzati... Quella ragazza era davvero... Davvero... WOAH. Il che era strano per Eve, visto che di solito un Djin non ha simili impulsi.

    Il problema permaneva, comunque. Sapendo che Richard avrebbe sicuramente combinato qualche casino, e che la sua idea di diplomazia era un Hi-Ougi in testa all'interlocutore, decise di prendere la parola.

    image

    Il mio nome é Eve ed i miei affari mi appartengono come pure il mio cognome, ed il motivo che mi ha spinto ad attraversare il confine fra i modni, questa sera. [Semi-Cit.]

    In fondo quei due non si era presentati, se non come "amici", genericamente. Cosa che, guarda caso, sono soliti fare tutti i malintenzionati. Non uno straccio di uniforme, nè di distintivo: per quanto ne sapevano i Djin, miss chiappe sode e l'amico gay potevano anche essere due pericolosi delinquenti.

    Certo, sull'altro piatto della bilancia, restava il fatto che un po' puzzassero lo stesso di agenti dell'Immigrazione. Ma non avevano fazzoletti verdi al collo e non puzzavano di polenta, quindi forse quest'ipotesi era da scartare.

     
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    -???-


    Il sorriso di Eve...
    Nella sua vita, non erano molte le cose di valore. Per uno come lui, per uno come quel Djin, il mondo terreno lascia il tempo che trova. Per un essere che potenzialmente avrebbe perso memoria di ogni volto, di ogni essere, di ogni oggetto, il valore di quel che attorno a lui esisteva era dettato da un semplice pensiero (il)logico: "ciò che mi appartiene potrò rivederlo domani". In altri termini, nella sua concezione del mondo, ciò che aveva realmente valore era solo ciò che poteva vedere giorno dopo giorno, conservandone la memoria.
    Hime e Ragnell, ad esempio... Per loro, provava tristezza. Oramai, erano perdute. Ma a partire da quel giorno, a partire da quel minuto, da quello stesso secondo in cui aveva deciso di compiere quel viaggio, quei due oggetti a lui tanto cari non gli appartenevano più. L'indomani, sarebbero stati solo nomi offuscati dai secoli, vago segnale di qualcosa cui un tempo era stato affezionato; due giorni dopo, sarebbero stati completamente rimossi dai suoi ricordi.
    Per questo l'elementale non era capace di attribuire valore ed importanza alle cose o alle persone, se non gli appartenevano.
    Eppure, con Eve, quella regola perdeva la sua ragion d'essere.
    Eve... era importante. Eve era più importante. Di tutto. Ed allo stesso modo, ogni cosa di lei, per lui aveva il più grande valore che potesse anche solo essere concepito.
    Semplicemente perché anche quel sorriso, che dalla sua memoria mai era scomparso e mai sarebbe stato strappato, ancora una volta sarebbe stata un'esperienza nuova, ancora una volta gli avrebbe insegnato che "felicità" non era solo una parola coniata dagli umani.
    E quando lei abbassò la guardia, quando la sua mente sembrò divagare, fece per strapparle un bacio, per rubare ancora una volta quella sensazione ch'era il dare un significato vero e tangibile al proprio essere, quando...

    -Altolà!

    L'espressione della folgore s'irrigidì, distendendosi in tutta la sua altezza e possanza. Stava dando le spalle a colei che l'aveva sorpreso, ma già percepiva il pericolo nell'aria.
    Al dolore ed all'angoscia dell'amaro rendersi conto delle proprie debolezze, d'aver perso un'altra delle più fondamentali capacità - il percepire ciò che l'attorniava non con gli occhi, ma con il suo stesso essere - s'aggiungeva il senso di disagio che quella parola significava.
    Non "salve!", non "heylà!", non un "salve avventurieri!". Ma proprio "Altolà!", chiara imposizione, di qualcuno che si arroga il diritto di comandare. Di qualcuno che si suppone abbia influenza su quelle terre.

    Chi siete? Da dove venite?

    Si voltò lentamente, andando a collocarsi poco avanti ad Eve per farle da scudo. Ad aver rivolto loro la parola erano due figure, una armata di bastone e l'altr



    Il tempo sembrò fermarsi. Tutto d'un tratto, tutto divenne nero. Le dimensioni scomparvero, il tempo, lo spazio, altro non furono che numeri, stringhe di un codice che d'improvviso non venne più elaborato.
    Tutti - TUTTI - si voltarono verso di lei. Ciascuno smise di svolgere il suo compito, voltandosi a guardare quella figura femminile, unica a stagliarsi in mezzo al nulla. Poi, una sola voce si spense nel vuoto.

    E'... bella. lla... la...
    Signori... Questa. E'. Gnocca. cca... a...
    No! Capimmc... Capimmc. Lei è pericolosa. osa... sa...

    Mentre l'eco di quelle parole andò spegnendosi nella sua mente, il mormorare generale si fece sempre più insistente. Pericolosa...? Quel gran pezzo di figliola...?
    Si, lui non doveva pensare a lei, lui aveva già la sua ragazza, eppure... Eppure... Oh, ma, dico, voi l'avete vista? E poi, loro mica erano soggetti a lui...
    Si, insomma, se non fosse stata una minaccia...

    Siete feriti? Non abbiate timore, siamo vostri amici.



    Aaaaaah! Non è pericolosa! Non è pericolosa! E' gentile! E' nostra amica!
    Boni... State boni... Regà, non famo cazzate perfavore... Si, non facciamo come al solito...
    Tetta! coscia! tetta!
    Ohé! Che sono queste cose! Io vi denuncio! Questo è ortaggio a pubblico ufficiale! Oh, la piantate de fà casino? Poi dite che ce famo riconosce sempre...
    Signori, signori, democrazia... Oh, zitti tutti che Joe deve da dì qualcosa...! Sh...!
    Allora, innanzi tutto, salve a tutti. Sono felice di vedere che anche voi ce l'avete fatta... Ma, saltiamo i convenevoli, e passiamo subito a...

    Ah, si certo così li tranquillizzi proprio

    Il mondo parve esplodere nella sua testa.
    D'improvviso, i colori erano tornati al proprio posto, le immagini erano di nuovo delineate, Eve non era più una vaga presenza alle sue spalle, era lì, ed anche l'accompagnatore di quella donna era tornato a far parte delle sue percezioni. Perlomeno visive.
    Scosse la testa, cercando di allontanare la confusione mentale di cui erano preda i suoi poveri sconnessi neuroni.
    Avevano retto così bene fino a quel momento, ma poi all'improvviso puff, nel suo cervello eco di infinite voci, tutte in sommossa per un qualche motivo.

    - Ehm, Richard. Non sei geloso, vero, se ti dico che quella tizia mi genera pensieri saffici? -

    Geloso...? Eve gli aveva chiesto se era geloso...?
    Dannazione, certo che era geloso! Ed anche confuso.
    Eve non era tipo da amor saffico. Anzi, non era tipo da amore. La prima volta che le aveva dato un bacio le era caduto il mondo addosso perché non sapeva cosa volesse significare, ed ora all'improvviso conosceva l'amor saffico...?
    Voltò il capo oltre la spalla, per guardarla con attenzione. Lei non si fidava.
    Provò ad analizzare nel dettaglio la figura della donna, ma la confusione all'interno del suo cranio si intensificava ogni volta che poggiava gli occhi su di lei.
    Per questo deviò l'attenzione sul suo accompagnatore.
    Lui... Beh, su di lui per quanto avesse potuto sforzarsi i suoi neuroni non avrebbero mai potuto suggerirgli le stesse fantasie che su quell'altra invece calzavanto tanto bene.
    Ma tanto, taaaaaaaaaaanto tanto bene...

    No.
    Scosse ancora una volta la testa, non doveva distrarsi.

    - Il mio nome é Eve ed i miei affari mi appartengono come pure il mio cognome, ed il motivo che mi ha spinto ad attraversare il confine fra i mondi, questa sera. -

    Solo in quell'istante, nell'udire parole tanto distaccate, Richard riuscì a guadagnarsi un momento di chiarezza interiore per studiare nel dettaglio quell'uomo.
    Per studiare il suo sguardo. Per notare quella minaccia velata che era la sua mazza - "Che c'è, ti serve qualcosa per compensare...?" sussurrò automaticamente.
    Quell'uomo era ostile.

    Si piegò leggermente, il Djin. I suoi capelli iniziarono a tremare sospinti da un vento inesistente. Un lieve ronzare proveniva dal suo corpo.

    - Non mi presento a chi non fa il proprio nome. E non riconosco l'autorità di chi si fa avanti armato. -

     
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    Bene.

    Già non aveva voglia di perder tempo, ed i nuovi arrivati si permettevano pure di fare i preziosi, totalmente incoscienti del rischio che avrebbero corso qualora avessero parlato troppo. La prima a spiccicar parola fu la ragazzina, e dal modo in cui si rivolse al tipo al suo fianco parve alla Dama quello di una donna al proprio uomo. Bene, davvero bene: prima informazione ottenuta. Certo, non era sicuramente la donna che si dava agli amori saffici, e proprio per quello preferì non continuare il discorso in quella direzione, o la situazione sarebbe potuta degenerare; infondo ricordava ancora di quando aveva dato troppa corda alla simpatica Orm in una missione ad Ovest... e del suo fidanzamento lesbo durato alcuni minuti. Poi continuò, questa volta rivolta al Gran Maestro e all'Aviatore del Liberi, dicendo con aria saccente e poco cortese che non avrebbe risposto loro. Idem il ragazzo, anche se sembrava -quasi- più ragionevole, ma altrettanto inappropriato per dei potenziali nemici del Presidio.

    Calma, Drusilia.... calma.

    Abbassò il capo, respirando profondamente. Era sì una donna paziente, ma non troppo; intanto, stranamente, il cielo su di loro iniziò a farsi cupo dal momento stesso in cui la bella iniziò a massaggiarsi una tempia con le dita della mano sottile e morbida. Infine alzò lo sguardo, sorriso docile e gentile nonostante quei due al momento non gli fossero proprio così simpatici. Ed intanto alcune piante posate sul suolo iniziarono a compiere singolari percorsi spiraleggianti nell'aria, quasi iniziassero a levarsi piccoli tornado dal nulla. Probabilmente Gambit avrebbe capito, loro no. La sua voce, intanto, restò sempre dolce come il miele, in modo da metterli a loro agio.

    -Ma noi non siamo armati...

    Fu la giusta riflessione della bella. Infondo lei era totalmente priva di ogni tipo d'arma, ed il suo compare aveva solo un bastone e delle carte, che sebbene sapesse usare molto bene, non erano certo viste come spade o dardi.

    -Il mio nome è Drusilia Galanodel, Gran Maestro dell'Ordine degli Aviatori, Ufficiale di Laputa, il presidio dove vi trovate ora.

    Spiegò, in modo da dare risposta al primo.

    -Mi spiace, signorina, ma siete due avventurieri caduti dal cielo, e non dalle porte della città fortificata, ed è mio dovere accertarmi che non siate pericolosi per la tranquillità degli abitanti del luogo posto in parte sotto la mia tutela.
    Dunque sono insistente, vi prego di rispondermi.
    Vorremmo sapere i vostri nomi e cosa siete giunti a fare in questo posto.

    Abilità passiva:
    →Nature Reverence» E' innegabile che, dal suo arrivo su Endlos, il potere della Dama del Vento sia sensibilmente cresciuto: questo può essere in parte dovuto al fatto che ella abbia abbracciato il suo destino di guerriero Galanodel -imparando a non lasciarsi più frenare dal suo cuore tenero-, e in parte al fatto che la permanenza presso l'Isola nel Cielo l'abbia portata ad un più alto livello di comunione col suo elemento... Fatto sta che l’ambiente attorno a lei sembra aver sviluppato un legame quasi empatico con Drusilia, reagendo alla sua presenza e riflettendo come uno specchio i suoi stati d’animo. Il potere non genera mai effetti disastrosi o disagevoli, nemmeno per gli avversari, ma è una spia più che utile per capire che aria tira; se -all’improvviso- il cielo si annuvola... e se avete appena fatto o detto qualcosa di fuori luogo, fareste meglio a preoccuparvi di quei neri cumoli temporaleschi, perché potrebbero essere un terribile presagio di tempesta.
    In termini gdr, Drusilia è in grado di influire con lo scenario che la circonda, modificandone il clima, senza però raggiungere livelli in cui possa danneggiare realmente qualcuno (ha infatti solo effetto scenico o, al limite, può far intimorire qualche spettatore, nulla di più).


    Edited by Drusilia Galanodel - 19/4/2015, 15:13
     
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  12. Remy Etienne Lebeau
     
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    Un sorriso si allarga sul tuo viso, sempre più finchè una risata non irrompe dal tuo petto.
    La situazione è davvero comica ed interessante: quei tipi così strani avevano "le palle". E stavano dimostrando un bel pò d'incoscienza a parlare così alla Dama del Vento e poi a te, sei un letale assassino, un baro e cosa più importante un Cajun, non è saggio provocarti.

    Les gars, mon nom est Gambit...Il mio nome è Gambit e...
    accenni alzando le spalle in una smorfia eloquente
    non sono armato, questo è solo per bellezza

    Nel mentre ti accorgi che l'aria si stà facendo tesa, l'uomo sembra pronto a compiere qualche follia per difendere la sua donna e Drusilia stà cominciando ad innervosirsi, non è saggio far infuriare qualcuno con i suoi poteri e tu non vuoi esser costretto ad uccidere nessuno, e non vuoi nemmeno raccogliere i pezzetti dei due naufraghi fatti a pezzi da un tornado.

    Sentite ragazzi cerchiamo di mantenere la calma, bisogna sempre valutare la situazione e voi non siete certo in vantaggio essendo in un mondo non conosciuto, potremmo calmare gli animi e discorrere da persone civili? Non ho portato l'ombrello.

    L'ultima frase la pronunci guardando verso la bella dama, che ancora una volta ha fatto breccia nella libido di chi le stà intorno.

     
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    -USELESS CHATTING-


    Alzò lo sguardo, il Djin.
    Il cielo s'incupiva.
    Ed un frivolo sorriso si delineò sul suo volto, tranquillo ed incurante degli spettatori.
    Del resto, quel cielo chiudeva la questione. Le nubi danzavano attorno a lui, e se privi di ragion d'essere i cumuli nembi s'erano addensati tanto velocemente, anche lui si doveva essere avvicinato.
    Maledì silenziosamente il piano di Endlos, che tanto potere gli aveva strappato: non riusciva a percepirlo. E lo maledì ancora, ed ancora nell'esser costretto all'umiliazione di dover alzare la destra verso il cielo, a far d'antenna la sua mano.
    E solo in quel momento il sorriso gli venne strappato. Non riusciva a percepirlo.
    Dapprima, il pensiero d'aver perso non solo una parte, ma tutti i suoi poteri, ma poi, con la ragione dalla sua parte, notò che non portava pioggia, quel cielo temporalesco. Né lampi od urla.
    Era una tempesta silente, come lui non ne aveva mai generate. Dunque non era lui, ma uno dei due presenti.
    Abbassò la mano, sconfortato, e si grattò un po' la nuca, nell'ascoltare deluso la risposta dei due.

    -Ma noi non siamo armati... fu pronunciato dalla donna la cui voce annebbiava la sua mente.

    Dolci d'un miele irresistibile, quelle parole cercavano di strappargli ciò che lui non voleva concedere a degli sconosciuti.

    -Il mio nome è Drusilia Galanodel, Gran Maestro dell'Ordine degli Aviatori, Ufficiale di Laputa, il presidio dove vi trovate ora. Mi spiace, signorina, ma siete due avventurieri caduti dal cielo, e non dalle porte della città fortificata, ed è mio dovere accertarmi che non siate pericolosi per la tranquillità degli abitanti del luogo posto in parte sotto la mia tutela.
    Dunque sono insistente, vi prego di rispondermi.
    Vorremmo sapere i vostri nomi e cosa siete giunti a fare in questo posto.


    Drusilia. Un nome che non avrebbe scordato facilmente. Ed oltre a manifestar avvenenza era anche figura di spicco, e devota alla causa dei Giusti.
    Probabilmente, se quella donna fosse stata sola, ed Eve non lo avesse accompagnato, avrebbe già ceduto a quella lusinghiera voce.
    Ma, così non era. Aveva una figura da tutelare, lui. E per quanto lo riguardava quel luogo era privo di importanza e non meritevole della sua accondiscendenza, poiché offriva loro un uomo dalle facili menzogne.

    Les gars, mon nom est Gambit...Il mio nome è Gambit e non sono armato, questo è solo per bellezza.

    Gli occhi del Djin s'assottigliarono, osservando con veleno tanta sfacciata ipocrisia.
    Quell'uomo che definiva un'arma contundente con possibili meccanismi nascosti "solo per bellezza" evidentemente non sapeva che colui che fronteggiava faceva vanto di combattere con una banana ed una cornamusa.

    - Nel luogo che abbiamo abbandonato esistono guerrieri in grado di compiere prodigi armati d'un filo d'erba. - sibilò.

    Sentite ragazzi cerchiamo di mantenere la calma, bisogna sempre valutare la situazione e voi non siete certo in vantaggio essendo in un mondo non conosciuto, potremmo calmare gli animi e discorrere da persone civili? Non ho portato l'ombrello.

    L'elementale assunse dunque che quel cielo plumbeo e le raffiche di vento fossero opera di Drusilia.

    - Ragazzo, non sei un po' troppo cresciuto per dire sciocchezze come "questo è solo per bellezza" o parlare di valutar la situazione assumendo a priori un tuo vantaggio? - disse con tono neutro, dopo un sospiro.

    Si spostò di un passo alla propria sinistra per coprire la compagna, quindi inclinò la testa di lato, socchiudendo gli occhi.

    - Quante volte hai visto una battaglia? Quante volte hai assistito impotente alla vista di qualcuno che trucida i tuoi compagni, solo perché l'hai sottovalutato? E dimmi, dimmi... ti andrebbe di cominciare adesso...? -

    Girandosi appena, il minimo indispensabile, mostrò l'arma che attendeva paziente ben legata alle sue spalle.

    - Questa è una cornamusa, ragazzo. E non è solo per bellezza. Suona. - disse con massima serietà, mentre era intento a prenderlo in giro. - Assumendo che voi stiate facendo il vostro lavoro e, dunque, non possiate andarvene fino a quando non avete finito, e che io ho il diritto di parola, correggetemi se sbaglio, facciamo due calcoli. -

    Prese una piccola pausa. Ah, ovviamente stava solo prendendo fiato in maniera drammatica, di sicuro poco gli importava se quel Gambi-coso provava a correggerlo e dirgli "no, quì è vietato parlare". Lui doveva solo guadagnar tempo, buttar parole non gli faceva altro che comodo.

    - Voi conoscete questo posto, giusto? Quindi, avete il vantaggio del terreno. E conoscete la vostra forza. Secondo te, cucciolo, questo basta per avere il vantaggio? - disse, mentre gli lanciava un'occhiataccia. - Tu sei quì per un motivo: non sai con chi hai a che fare. Non sai di cosa sono capace. Non hai dati per stabilire il tuo vantaggio. O vuoi forse assumere che "siccome il mio avversario non attacca ha paura"? Dì un po', secondo te, cosa ho fatto poco fa? -

    Attese qualche secondo, ma non il tempo di lasciarlo eventualmente rispondere.

    - Giusto qualche istante fa, quando ho alzato la mia mano al cielo. Per quanto ne sai, potresti morire da un secondo all'altro. Solo perché sei tanto tronfio da sostenere di essere in vantaggio, ragazzino. E sai una cosa? Sarebbe una morte infelice. Oh, e, consideriamo un'altra cosa, tanto io ho tempo. Che lingua sto parlando? -

    Questa volta, attese la risposta. Per un qualche motivo, all'improvviso era curioso di sapere come i locali chiamavano quella lingua.

    - Secondo te, quante sono le probabilità che nell'infinità dei piani esistenti spunti fuori un essere che abbia il tuo stesso aspetto, e parli la tua stessa lingua? E dimmi un po', per te sarebbe così strano se prima di giungere in questo luogo vi abbia studiato, ed abbia deciso che, guarda caso, non mi sarei trovato in svantaggio davanti a tipi come voi...? -

    Si concesse un po' di tempo, per osservare la reazione della persona a cui erano rivolte le sue parole. Ovviamente, il suo discorso era ben imbandito di bluff vari, non aveva idea di chi fossero quei tizi, di dove si trovasse, quasi si chiedeva se "Laputa" era qualcosa che si mangiava e - ovvio come solo l'ovvio può ovviamente essere un'ovvietà - se parlavano la stessa lingua, era semplicemente un caso dettato da una condizione che accomunava la sua terra con quella di Endlos. Anche se l'energoforme non lo sapeva, c'era stato un periodo in cui anche nelle sue terre i viaggiatori dimensionali sbarcavano come profughi alla ricerca di reddito facile e vita felice. E di tanto in tanto spuntava fuori qualche viaggiatore anche nei tempi più recenti. Probabilmente le loro lingue dovevano essere simili per quello.
    O forse no, era una teoria, e non era importante.
    Sospirò nuovamente il Djin, scuotendo la testa con un che di sconsolato.

    - Mi dispiace di essere il primo a farti notare queste cose, ragazzo. - disse imitando a grandi linee una voce triste, prima di recuperare fermezza. - Ma prima o poi bisogna crescere. Ad ogni modo, non abbiamo intenzioni ostili. -

    La mano andò alla Cornamusa, liberandola dal supporto e facendole compiere un poderoso fendente che ne riempì la sacca, prima di poggiarsela sulla spalla.

    - Ma se ci sentiremo minacciati ulteriormente, a parole o nei fatti, reagiremo. - concluse, per poi voltare il capo verso Drusilia.

    - Dama, le vostre parole perdono di valore se lasciate che minacce velate le affianchino. Non mi risulta facile considerare amichevole chi mi suggerisce di essere in pericolo. -

    Attese, questa volta non per teatro o per guadagnare secondi, ma per costringersi a non perdere lucidità e vigore nella voce.

    - Ad ogni modo, ricambierò la vostra premura. Nella vostra lingua, sono stato chiamato Richard. Questo vi è sufficiente ad identificarmi? In caso contrario, devo chiedervi perdono, ma non possiamo rivelare oltre. -

    Eseguì un breve inchino, in forma di rispetto. Ma era tutto ciò che poteva voleva fare.

    - Come voi state svolgendo il vostro dovere, noi stiamo rispettando i termini del Patto, e finché un nuovo contraente non ci vincolerà diversamente, le nostre azioni non sono negoziabili. Se può rinfrancarvi, non siamo qui per nostra scelta: siamo quì perché il contraente lo ha voluto. E non possiamo lasciare quest'area finché il contraente non ce l'ordinerà. A costo di opporre resistenza armata. -

    Ancora una volta, la cornamusa balenò nell'aria, finché la sacca non fu interamente gonfia. Quindi venne impugnata saldamente.

    - Se insisterete nel minacciarci, o proverete a minacciare il nostro compito, vi annuncio ci difenderò. -

    Concluse così il suo discorso.
    Beh, come si dice, più la balla è grossa, più è facile crederci...
    Fortuna che si ricordava quella storiella sul contratto degli spiriti elementali e sugli evocatori...
    Sperò solo che Eve gli reggesse il gioco, e che quei due non attaccassero briga... Altrimenti sarebbe stato il suo primo scontro in quel semipiano... E dato che le carte in tavola cambiavano con il cambiare dell'arena, non aveva molta fiducia in se...
    Per Diana, come si fa ad aver fiducia in uno che impugna una cornamusa per combattere?!
    Bah, nella peggiore delle ipotesi si sarebbe avventato sul ragazzino tanto allegro e tanto gaio, sperando supplicando il cielo che Eve si mettesse al sicuro nel mentre...

     
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  14. -Arco Voltaico-
     
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    -SOME FUN-


    Sapeva bene cosa passava per la testa di Richard. Oh, lo sapeva benissimo. Alla perfezione.

    "nella peggiore delle ipotesi si sarebbe avventato sul ragazzino tanto allegro e tanto gaio, sperando supplicando il cielo che Eve si mettesse al sicuro nel mentre..."

    Bobobobo, ed altre menate da eroe prestante e virile. Come se Eve fosse una di quelle fighette di Arianrhod tutte risatine e merletti, e non una che aveva fatto carriera nei Von Seamond massacrando cinghiali lamer, e sparacchiando a caso dischi rotanti magici.

    Trascorse da spettatrice l'intero discorso, limitandosi ad annuire convinta alle parole di Richard, che nel complesso era stato fin troppo diplomatico nei confronti della tizia. Tizia che, per quanto visibilmente mestruata, restava sexy quanto prima. Il pivello, invece, armato dell'unica cosa lunga e dura che possedeva, aveva iniziato una disfida di velate minacce: le parole di Richard le avevano strappato un risolino di commiserazione per quel francesino.

    Dinanzi a quello che era ovviamente un equivoco, ed una potenziale fonte di guai, Eve reagì come avrebbe fatto qualsiasi Djin: non fece assolutamente nulla. Cioè, non gli importava poi molto di come sarebbero evolute le cose. Indipercui, si limitò a trattenere grosse risate all'indirizzo di Gambit, ed occhiate lussuriose nei confronti delle rotondità di Drusilia, come aveva detto di chiamarsi.
    Si diede una scrollata alla rosea chioma.

    - Giuro quello che ha giurato papà! -

    Disse, citando le parole pronunciate in un'occasione analoga, e ricordando a Richard dell'esilarante consuetudine cui loro si dovevano sottoporre ogni volta che arrivavano da qualche parte, su Celentìr.
    Guardò Richard con occhi da cerbiatta e aria fintamente ingenua; si portò l'indice alla boccuccia, corrucciata come una bambina.

    - Ah, no. Quella è Tsukiyomi. -

    E lasciò che la frase naufragasse in un silenzio comico che solo Richard poteva capire.

    - Comunque io mi chiamo Eve, come ho detto prima. E non so un cavolo. Seguivo lui. -

    Disse, indicando col pollice verso Richard, ed emettendo uno sbuffo annoiato. Detestava le formalità. Laputa, era il nome del posto... Buffo. Era quasi certa che in qualche lingua, fosse una specie di parolaccia.

    Visto che in tutto il Multiverso era le donne a mettere giudizio, forse era davvero il caso di smetterla con tutte quelle manfrine: in fondo non era il caso di far finire l'amico di Richard in guai peggiori di quelli da cui stava scappando. In fondo la dose di divertimento quotidiano l'aveva avuta, no? Tanto valeva cercare di far finta di esser amica con quella gnocca che comandava. Cosa poteva dire, però, per farlo?

    - ... Belle scarpe. Sono un amore. Dove le hai comprate? -

    Disse, simulando in modo osceno le scemenze delle sciacquette che popolavano Arianrhod. Si augurò che ne valesse la pena. Perchè la cosa, DAVVERO, le costava grande fatica.

     
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    La Dama del Vento Sorrise compiaciuta nell'ascoltare l'intervento assennato del suo Aviatore. Sapeva mantenere la calma, ed era abbastanza bravo a porsi con i nuovi arrivati, sebbene in quel caso fosse stato piuttosto "sfortunato". Eh già, perchè quei due erano ossi duri, e la loro testa era ancora più dura delle ossa. E questo lo dimostrò il lungo, lungo ma luuuuungo discorso del giovanotto, chiaro tentativo di aizzare Gambit, ma lei sapeva che non sarebbe stato nemmeno necessario richiamare all'ordine il fedele amico, abbastanza capace da resistere senza problema alcuno. Piuttosto si portò avanti, sorridendo maliziosa ad entrambi, portando un dito sulle dolci labbra curvate in una sorta di arco carnoso e rosso.

    -Sir Richard, comprendo che venite da un mondo simile al mio d'origine, e comprendo il vostro punto di vista, tuttavia converrete con me che le vostre parole perdono di valore se lasciate che bugie sfiorino le vostre labbra.

    Infondo, se era giunta a quella posizione, aveva dei validi motivi.
    Non era una stupida, ed aveva una dote innata per distinguere il vero dal falso.

    -Non c'è nessun patto, e per il resto non mi sembra ci siano state evidenti menzogne...
    anche se devo ammettere che mi interessa molto questa storia.
    Siete legati a promesse, codici? Ma prima di tutto, siete umani?
    Non temete, in tal caso nessuno di noi lo è.


    Avanzò ancheggiando, sensuale e bella, inafferrabile come la brezza primaverile e pericolosa come la quiete prima della tempesta.

    -O almeno, non del tutto.
    Sono una Galanodel, ma mi chiamano Dama del Vento,
    perchè a quanto pare sono in grado di controllare l'Aria e le Correnti
    meglio d'ogni altro elemento.


    Parlava sì, ma non era una sprovveduta; sapeva che quando dissero di non essere malintenzionati, non erano nel falso.
    Era giunto il momento di essere più cordiali.

    -In ogni caso non mentite e non siete venuti a ucciderci tutti, quindi direi che basta e possiamo smetterla con questo teatrino.

    Avrebbe poi messo le mani sui propri fianchi, guardando la ragazza.

    -Bel complimento, ma puoi rilassarti, non sono quel genere di donna.
    In ogni caso grazie di tutto, sei davvero una ragazza graziosa...




    SPOILER (click to view)
    →Veritas» Col termine verità si indicano una varietà di significati, che esprimono un senso di accordo con la realtà, e sono in genere collegati col concetto di onestà, buona fede e sincerità. Non c'è una definizione univoca su cui la maggior parte dei filosofi di professione e gli studiosi concordino, e varie teorie e punti di vista della verità continuano ad essere discussi. I principali argomenti di dibattito riguardano la definizione e l'identificazione della verità, e la questione se la verità sia qualcosa di soggettivo, relativo, oggettivo, o assoluto. Ma tralasciando i sofismi, sebbene sia difficile da identificare la verità in sè, è molto più semplice percepire cosa si allontana da essa: la bugia, gli inganni. Essendo devota ad Hesediel, Drusilia ha ricevuto da esso il dono di percepire ogni inganno, di andare oltre le menzogne.
    In termini di gdr, Drusilia sarà in grado di percepire tutte le bugie dette da personaggi giocanti o png che non usino tecniche specifiche o comunque fino a livello medio.
     
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