Low Of Solipsism

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    L'ultima volta che aveva attraversato la Prigione Abbandonata, quel luogo aveva decisamente un odore diverso.
    Più pericoloso, di una minaccia dettata dalla civiltà della legge del più forte.
    Ora, profumava più del selvaggio raziocinio di un mostro.
    Un mostro che non teme di lasciare i resti dei propri "amici" in giro.



    La solitaria figura di un uomo vestito con uno shiakusho viola a motivi floreali stava ascendendo lentamente verso la cima del temuto distretto delle catacombe. Le Prigioni erano state presiedute dai lord criminali più potenti di Merovish, almeno fino a quando Mastro Inverno non aveva deciso di fare piazza pulita della feccia e dare un senso all'appellativo "abbandonate".
    Solo di recente il complesso di caverne e antri aveva ottenuto una nuova, sinistra fama.

    « E' così che dai il benvenuto ai tuoi ospiti? »

    Gridò Takasugi, poggiando la mano mancina sull'elsa della splendida katana assicurata alla cintola e tirando una boccata dalla sottile pipa giapponese.
    Il suo volto soffriva della recente ferita all'occhio sinistro, bendato e cieco, ma l'espressione maligna sulle labbra sarebbe stata più che sufficiente a spaventare qualunque essere vivente avesse la sfortuna d'incrociarlo.

    Tra i corpi senza vita di temerari giunti a reclamare quella tana come propria, solo il più probabile candidato a Signore di Merovish stava in piedi,
    tranquillo, e così minaccioso al tempo stesso.

    « Questa è... Una visita di cortesia. »



    « E' sempre opportuno onorare le regole di buon vicinato... »

     
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  2. .Nihil
     
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    « E' così che dai il benvenuto ai tuoi ospiti? »


    Il grido dell'uomo era riecheggiato a lungo, rincorrendo le sue eco tra le caverne ed i corridoi deserti, mischiandosi all'incessante gocciolio d'acqua ingenerato da perdite di un rivo sotterraneo, che filtravano in profondità nell'architettura delle Prigioni.

    Il tempo che quel primo grido morisse, ed ecco che il Mostro si era mosso.
    Strisciava lentamente, protendendo la sua figura oltre il buio del cunicolo di fronte al quale lo spadaccino aveva deciso di fermarsi.

    L'oscurità malevola che lo circondava si era scollata piano, come fosse stato un velo appiccicoso, o una seconda pelle. E la Fame che infestava quella porzione di Merovish reclamandola come Tana aveva fatto la sua comparsa.

    La pelle del pupazzo di carne - della porzione di corpo che quello aveva deciso di mostrare, almeno - appariva diafana, malata e umida, grondante di umori lattescenti.
    A più riprese, sulla sua superficie, si aprivano quelle che davano l'idea di essere bocche, occhi socchiusi o orecchi.
    In più di un punto facevano capolino frammenti di arti umani, come se persone vive fossero state imprigionate nolenti all'interno del corpo di quell'orrendo prodotto di un corrotto ingegno umano, finendo per farne poi parte integrante.
    La cosa raccapricciante era che quel pensiero non era affatto lontano dalla reale verità dei fatti.

    Attaccato a quello che sembrava essere un torso fin troppo allungato si protendeva oltre un collo, egualmente adorno di concrezioni d'osso e chitina, arrangiate in più di una corona di zanne. Da ultimo, una testa dall'espressione più che umana osservava l'uomo con la pipa.

    Quel viso sembrava incapace di mostrare emozioni, come se non fosse nient'altro che una maschera, strappata via dal manichino cui era appartenuta.
    Ed anche questa era una tremenda, veritiera intuizione.

    Gli occhi della bestia dietro la maschera di carne si erano mossi, inchiodandosi all'ospite che, cortese, era venuto ad omaggiare l'omuncolo della sua presenza, alle porte della sua dimora; e così come gli occhi, anche le braccia e le varie altre appendici avevano avuto un fremito, muovendosi appena.

    « Questa è... Una visita di cortesia.
    E' sempre opportuno onorare le regole di buon vicinato...
    »



    La Fame aveva concesso all'altro il lusso di terminare il suo preambolo, prima di mostrargli, senza ritegno, di fronte a chi lui si fosse fermato.
    Una delle bocche più grandi di cui la creatura sembrava fare sfoggio si era mossa, aprendosi appena, grondante bava, filamentosa e nera.
    Ne erano sgusciate fuori, troppo lentamente perchè si potessero dire preda della sola gravità, tre enormi lingue, lunghe quanto - e forse più - d'un uomo adulto, ed avevano preso a strisciare, simili a lunghi serpenti dalle scaglie color rubino, smuovendo i piccoli detriti che si erano accumulati nel corso del tempo sul pavimento di pietra.
    Uno di quei tentacoli era tornato dal suo viaggio a ritroso nel buio, avvolto attorno ad un cranio semi consumato dalla decomposizione, che aveva fatto poi sparire, tornando a rintanarsi tra quelle fauci da cui era sgusciato fuori, portando con se il suo macabro bottino.

    Solo allora, la piccola bocca della maschera di carne si mosse.

    Benvenuto dunque nella mia casa, uomo.
    Con chi ho il piacere di parlare ?..

    Era il rumore di due pietre che cozzano l'una contro l'altra, quello che aveva riempito il silenzio.

    Le due lingue che ancora strisciavano sulla pietra, oramai di rimpetto all'ospite dell'omuncolo, si erano rizzate, quasi ad osservare loro pure, viscide, le reazioni dell'altro.

    Chissà, forse si aspettavano che quello desse la risposta sbagliata...




    Edited by Daeniem - 1/5/2011, 21:17
     
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    Non riuscì a trattenere una smorfia di disgusto.
    L'assurdità di quel costrutto rasentava la follia: come se un dio bambino avesse giocato con arti e parti dei viventi per costruire un pupazzo grottesco, salvo poi gettarlo da parte, dimenticato e inutile.
    Ma quel giocattolo era cresciuto, e si era ritagliato - meglio, mangiato - un posto in quel mondo bastardo.

    « ... »

    Per qualche istante, non proferì parola.
    Paralizzato dall'immagine che gli si presentava dinanzi, il leader del Kiheitai, pur nella sua arroganza, pur nel suo potere, non riuscì a parlare; ipnotizzato, quasi. Quegli occhi, le bocche, le dita che s'allungavano quasi stessero scappando inconsapevolmente dall'essere che le aveva già private di vita inglobandole a sè.
    E quei tentacoli, quelle lingue. S'avvicinavano...

    « Takasugi Shinsuke. »
    Presentò, offrendo alla Fame quel suo solito sorriso maligno e sprezzante.
    S'inchinò, allargando le braccia - un gesto che allontanava la mano mancina dall'elsa della katana.
    « Ambizioso idealista. »

    Tornò a sollevarsi, senza spostarsi di un millimetro.
    Quasi volesse sfidare l'omuncolo a sfiorarlo con i suoi pseudopodi.
    Quasi volesse istigarlo.

    « E tu, buon vicino? Non è da molto che sei qui,
    ma mi dicono che una volta servisti un certo schiavista.
    E conoscesti un tale, Inverno... »

     
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  4. .Nihil
     
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    Le lingue della Fame ristettero nel loro moto, bloccandosi nell'oscillare piano.
    La bestia dalla pelle di luna avanzò ancora di un mezzo passo, pesante nella sua improbabile mole fatta di morti, e di nuovo gli arti che gli erano da corona si erano mossi, fremendo come dotati di vita propria.

    La maschera di carne dell'omuncolo raggiunse la distanza di pochi palmi dal volto teso, sebbene il fare sicuro e sprezzante, del suo ospite.

    « Takasugi Shinsuke. »
    Così si chiamava, ma lui non lo conosceva, e di certo, non gli interessava davvero molto conoscerlo.. salvo che..
    « ...ma mi dicono che una volta servisti un certo schiavista.
    E conoscesti un tale, Inverno...
    »


    Di nuovo, il corpo della bestia aveva avuto un fremito, e poi, di nuovo si era bloccato, quasi fosse rimasto congelato in quella posizione fin troppo protesa per renderla confortevole per l'uomo che era venuto alle prigioni con l'intenzione di presentarsi.

    Ho abbandonato quel ruolo da tempo. Non servo più nessun padrone che non me stesso.

    Ma ho visto l'uomo di cui riferisci il nome.
    Ho visto, una volta, l'Inverno.


    La maschera di carne era oscillata, e dietro di lei, con un orrido movimento coordinato, anche il resto della mole del mostro si era spostata, quasi volesse sposare il peso del suo corpo da una zampa all'altra.

    Tu come sai questo, Takasugi Shinsuke ?



     
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    « Inverno... »



    « ... Predisse i giorni che separavano Merovish dalla rivoluzione. »
    Nove.
    E quella rivoluzione era tremendamente vicina.

    I semi del caos erano stati gettati confusamente nei punti cardine dell'ambiziosa società della Tana, scuotendola sin dalle fondamenta.
    La Legione Merovisha, fino a quel momento unica tirannica tutrice dell'ordine, aveva perso tutti i proprio corrotti ufficiali in un vendicativo massacro.
    Ignoti mercenari danzavano tra le fila delle marionette dei potenti, mentre i Pasha tentavano di approfittare del destabilizzarsi del governo per ammassare diritti e tesori - e le due cose, spesso, coincidevano.
    Il Loto Nero aveva stretto un patto indissolubile con i Kiheitai traditori della Resistenza... E i fedeli di Takasugi avevano ora una nuova fondamentale arma.
    L'unica scheggia impazzita... Era il Duplice.

    « Domani sarà il nono giorno, e sarà lotta senza quartiere.
    Sei il signore della Prigione Abbandonata: è tutta tua.
    Ma per parte mia preferirei non ci si calpestasse i piedi a vicenda... »

     
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  6. .Nihil
     
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    « Domani sarà il nono giorno, e sarà lotta senza quartiere.

    Sei il signore della Prigione Abbandonata: è tutta tua.
    Ma per parte mia preferirei non ci si calpestasse i piedi a vicenda...
    »


    Il capo del mostro velato dalla carne d'un altro si mosse ancora, piegandosi fin troppo lentamente perchè non fosse orribile il vederlo.
    Gli occhi vitrei e completamente neri del divoratore fissi dentro a quelli del suo interlocutore.

    La spiegazione di come lui conoscesse l'assassino gli pareva coerente, analizzata con le ancora acerbe capacità di cui disponeva - e se ne rendeva conto; passare da mostri a uomini liberi non era certo un passo facile, ne breve.
    Pur tuttavia quell'ultima parte del discorso gli suonava strana, volutamente fin troppo artificiosa, perchè sotto alle parole doveva contenere qualcosa.
    Qualcosa che però la Fame non riusciva a cogliere del tutto, ma di cui aveva avuto sentore per colpa - o forse, grazie - al suo istinto che, sebbene stesse attivamente tentando di soppiantare, non lo abbandonava.

    Io sono padrone delle Prigioni, tu lo dici..
    ..ma non perchè nessuno le abbia volute.


    Le lingue dell'omuncolo erano tornate a fremere, muovendosi in una danza quasi ipnotica, flessuose. Le due che invece riposavano all'interno della grande bocca che si era aperta e richiusa pochi attimi prima alla base del collo erano guizzate fuori rapide, quasi in un gesto di stizza malcelata, per rigettarsi nell'oscurità alle spalle del corpo del mostruoso predatore per riemergerne, di nuovo, portatrici di altri brandelli di cadavere.

    Parti di carcasse umane. Smembrate.


    E così come erano arrivate, così lingue e bocconi erano stati consumati, spariti all'interno di quelle voragini che difficilmente si potevano considerare normali bocche.

    Questa è la mia tana perchè io ho combattuto per essa.
    E chi ha perduto la sfida ora giace. In me.


    Per la prima volta la maschera di carne che celava il vero volto del mostro si increspò in un sorrisetto maligno, freddo ed innaturale, così impossibile.

    Se vuoi che tra noi non ci siano contese, Takasugi Shinsuke, allora non venire con l'intento di portarne.

    Se invece desideri altro da me, allora dillo chiaramente, uomo.

    E mentre così parlava, più di una delle bocche che si aprivano sul torso e sulla schiena del pupazzo di carne sbuffarono il loro dissenso, uggiolando sommessamente.

     
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    Al di là dell'innata cortesia e della gelida portanza,
    solo alla fine della schermaglia verbale Takasugi rivelò la sua vera natura.

    « Solo una cosa, affamato vicino. »

    Sulle sue labbra si dispinse un sorriso malvagio, mentre persino l'aria sembrava divenire enormemente più pesante e viziata di quanto il lezzo di putrefazione e carnaio non l'appestasse già. Perchè Shinsuke era potente, estremamente potente, e pericoloso quanto lo Yuzrab stesso.

    « Non allargare troppo la tua tana. »

    E il tono era quello di un consiglio sibilato da una serpe del deserto. Velenosa e pronta al balzo.
    Un balzo alla gola.
    Gli diede le spalle, folle, ignorando la palese minaccia che l'omuncolo costituiva - quei cadaveri non erano lì per caso.
    Le sue calzature infradito calpestarono un arto, poi un altro, allontanandosi dalla bestia con fare lento e studiato, un passo che denotava sicurezza, determinazione... o forse solo pazzia.

    Un unico mormorio accompagnò il suo ultimo omaggio al Signore della Prigione Abbandonata.
    Un lieve, sinuoso sussurro.
    « ... Non invadere la mia, si capisce. »

    Piegò il capo, sfiorando con le dita la bendatura dell'occhio menomato.
    Anche lui aveva combattuto per la Tana - e per se stesso.
    E ora, i più giacevano - come i nemici di Nihil.

    La resa dei conti sarebbe presto giunta.
    Al levare del sole, la rivoluzione avrebbe avuto inizio.

     
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  8. .Nihil
     
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    Il figuro se ne andò così come era venuto, voltando le spalle con fare quasi sdegnoso, e poche parole incastrate tra i denti.
    Non era così difficile cogliere il senso profondo della mossa che era appena stata fatta, persino per un mostro come lui - sebbene si stesse riscoprendo sempre meno mostro dopo ogni pasto, dopo ogni incontro.

    « Non allargare troppo la tua tana.
    ... Non invadere la mia, si capisce.
    »


    Le lingue del mostro ebbero un fremito, ritraendosi, mentre si riavvolgevano su se stessi come tentacoli di una grossa piovra, in spire irte di aculei e ventose.
    L'intera mole dell'omuncolo, i suoi arti, le sue fauci, i suoli volti incompleti ebbero un sussulto, un moto fin troppo poco celato di rivalità.
    Persino gli animali sanno identificare la minaccia, quando la vedono : l'uomo che si chiamava Takasugi Shinsuke era venuto per vederlo, per sapere di lui, e per prendergli le misure addosso.
    Voleva vedere con i suoi occhi quanto fosse spaventosa la bestia delle prigioni di Merovish.. ed ecco avuto ciò che voleva si preparava ad andarsene, affilando le sue zanne e affinando le sue strategie.
    Perchè anche un pupazzo di carne come la Fame sapeva per certo che se la rivoluzione che quell'uomo voleva portare in città fosse andata a buon fine, allora presto sarebbe venuto il momento in cui anche lui avrebbe dovuto pagare pegno per la sua esistenza, decidendo con chi condividere il cammino.
    E Takasugi Shinsuke non sembrava il genere di persona da lasciare che qualcuno potesse percorrere una via che incrociava con la sua.

    Silenzioso, gli occhi puntati alla schiena del suo interlocutore che oramai era quasi scomparso alla fine del tunnel che collegava la città a quelle prigioni, il divoratore si ritrasse, lasciando dietro di se solo strisce viscose di icore scuro, perduto sulla sabbia, e tracce dei suoi grandi arti impresse nel terreno.

    Doveva prepararsi lui pure.

    Al levare del sole, la rivoluzione avrebbe avuto inizio.



     
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