[EM] Trattative nel deserto

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  1. Dracace
     
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    Il sole, calda e fissa palla infuocata, lascia piovere i propi raggi inclementi sui capi dei due viandanti. Questi, affaccendati a trasportare un vecchio baule dall’aria pesante, sono immersi in una fitta discussione incentrata principalmente sui rispettivi luoghi di origine. Per tutto il tragitto compiuto dall’ultima sosta, effettuata qualche ora prima nei pressi di una bancarella ambulante improvvisata, Raem non ha fatto altro che tempestare di domande l’oplite, e di placare i dubbi del compagno, in un vicendevole alternarsi di quesiti e più o meno lunghe spiegazioni. L’occupazione sembra aver attenuato in parte la miriade di curiosità che attraversano la mente dell’evocatore, tanto che quest’ultimo smette finalmente di aprir bocca, lasciando calare sulle torride dune un silenzio quasi irreale, rotto unicamente dal fruscio delle vesti e dal tintinnio del contenuto del baule.

    Questa breve interruzione sembra porre terreno fertile per un nuovo diramarsi del discorso, in quanto, dopo neanche un paio di minuti, il non morto riprende a favellare, ponendo al compagno di viaggio un enigma ed insistendo nel chiarire le definizioni utilizzate con sinonimi e giri di parole fino a far recepire ad Ariste una versione accettabilmente fedele all’originale. L’indovinello suona più o meno così:

    Prima è colei che amica o amante,
    del cuore è la compagnia costante.
    Al centro è terzo nel comandamento,
    similemente in verbo ch’è rammento.
    In fine giunge ciò che si conface,
    a una dama, sconosciuta e verace.
    Ora, io son dolce, sferica o squadrata,
    dai bimbi più d’una novella amata.
    Con tutti quest’indizzi t’ho guidato;
    saprai dir tu il mio nome pregiato?


     
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    Dopo essersi lasciati alle spalle il gruppetto mercantile, Raem ed Ariste continuarono il loro viaggio verso l'oasi sperduta in mezzo al deserto, senza che l'oplite conoscesse veramente la sua ubicazione.
    Ora, munito di un provvidenziale mantello e con la borraccia d'acqua nuovamente piena, si sentiva tonico e refrigerato, nonostante il sole non desse un attimo di tregua con la sua calura torrenziale.
    Durante il tragitto i due corrieri del baule ebbero modo di intrattenere una lunga conversazione basata soprattutto sull'esporre ed il chiarire svariati dubbi che si annidavano nella mente di ciascuno di loro.

    Solo dopo una breve pausa, condita dal suono del vento e delle due che cambiavano costantemente la loro conformazione, l'evocatore ricominciò a parlare; stavolta, però, si dilettò ad intessere una sorta di enigma, un indovinello, aiutandosi come poteva con tutti i termini greci di sua conoscenza per far recepire il messaggio.

    Aristotelis rimase abbastanza sorpreso per quella sortita, non essendo abituato a discussioni del genere; soprattutto, era la prima volta che l'evocatore gli rivolgeva un indovinello.

    Nella sua perplessità, l'oplite cercò comunque di dare una risposta a quel quesito, che probabilmente serviva per passare il tempo.

    "amica o amante"... "del cuore compagnia costante"...

    Iniziò a scervellarsi per decifrare i messaggi nascosti in quelle frasi, tentando di associare parole tra loro per vedere se formassero qualche termine di senso compiuto.

    "al centro è terzo nel comandamento"...

    ... La è M al centro.

    Quello era stato facile; anche la prima parte iniziava a chiarirsi nella sua mente.

    "del cuore è la compagnia costante"...

    "Cara"?

    Lo asserì dubbiosamente, non sapendo se fosse giusto o meno.
    Fosse stato corretto, la parola al momento era "Caram-" e gli mancava l'ultimo pezzo.
    Quello, non riuscì a scovarlo.

    "quel che si confà a una dama"...

    "Lei"? "Ella"? "Voi"? Nessuna di queste gli dava un termine conosciuto.
    Si arrese, proprio alla fine.

    Mh... Non riesco a trovare la parte finale, sempre ammesso che "cara" ed "m" erano giuste.

    Così espressosi, aspettò una delucidazione da parte dell'acrobata, continuando a camminare sulla sabbia ardente.
     
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  3. Dracace
     
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    Attirato dall’intenso impegno del dotto per far comprendere l’enigma al greco, Veret si ridesta dal quieto sonno in cui si trova e decide di interessarsi un po’ ai discorsi dei due, improvvisamente fattisi più interessanti. Non gli serve parlar la stessa lingua dell’oplita per intuire, dalla sua faccia e dal suo tono, che questo non è riuscito a trovare l’esatta risposta. A questo punto, però, illuminato e spronato da un intuizione evidentemente sfuggita a Raem, decide di farsi due risate e sbeffeggiarlo al tempo stesso. Con questo proposito, inizia a cantilenare con la sua voce fanciullesca i versi composti sul momento, man mano che vengono partoriti dalla sua mente.

    Mio dotto professore,
    ti dico con ardore
    che’l tuo caro intelletto
    anche se con diletto
    ha commesso un grave errore
    di cui non hai sentore.
    È infatti evidente
    questo inconveniente:
    che il greco non conserva
    anche se ci si scervella
    quel suono tanto bello
    del tuo indovinello.



    Per fortuna del giovane, le due entità condividono lo stesso corpo e non hanno grandi possibilità di danneggiarsi vicendevolmente. Se però la situazione fosse stata diversa, in questo momento le mani dell’evocatore starebbero stringendo con forza il collo dell’impertinente. Non potendo quindi sfogarsi in questo modo e colpito là dove è più orgoglioso, l’accademico emette un breve brontolio per poi apprestarsi a spiegare il problema al compare di viaggio.

    Dopo la piccola pausa ludica, la conversazione viene riportata sulle reciproche domande e richieste di spiegazioni, argomento che, Raem ne è certo, non può che annoiare a morte il mocciosetto, costringendolo ancora una volta a rintanarsi in un cantuccio di quel corpo, in disparte.

    Ci vogliono ancora un paio d’ore affinché il gruppo possa intravedere in lontananza le cime delle palme e dell’altra vegetazione dell’oasi, tinte di rosso dal lento discendere del disco solare.
     
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    Dopo un breve intermezzo tra Raem e Veret, l'oplite venne informato dall'evocatore sulla faccenda e gli venne spiegato pure l'indovinello.
    Ariste storse un po' la bocca, c'erano ancora troppe cose che doveva imparare, anche quelle più banali.

    Capisco.

    In seguito i due ripresero la discussione fatta di domande e risposte, che andò avanti per gran parte del viaggio.
    Continuarono a camminare per ancora alcune ore, fin quando, mentre il sole tramontava lentamente e rendeva tutto il panorama di un colore arancione, intravidero in lontananza una vegetazione di palme e piante tipiche delle oasi.
    Finalmente erano arrivati a destinazione; l'oplite si concesse un sospiro di sollievo.

    Iniziavo a temere che non saremmo mai arrivati.

    Allietato, bevve alcuni sorsi d'acqua, deciso a terminare il prima possibile la consegna.
     
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  5. Dracace
     
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    Una volta arrivati nei pressi dell’oasi, i due non devono impegnarsi troppo per individuare i compratori, evidentemente giunti sul luogo della consegna con largo anticipo rispetto a loro. Su una sponda della grossa pozza, nascosti in parte dalla rigogliosa vegetazione e dai tronchi delle piante , un gruppo composto da una decina di Viashino li osserva, con sguardo impassibile, i grossi occhi neri che risplendono della rossiccia luce solare. Particolarmente difficile è descrivere in modo rassomigliante lo strano aspetto di questi ibridi. Anche se la struttura corporea (tanto interiore quanto esteriore) non lasci dubbi sul fatto che in parte queste creature abbiano affinità con gli uomini, certi dettagli gli distaccano nettamente nella mentalità generale da ciò che è l’idea di uomo. Tanto per iniziare la pelle, viscida e squamosa, che si estende oltre il dovuto nelle mani e nei piedi palmati. O le branchie, tre grossi tagli visibili da ogni lato del collo, che donano loro la capacità di respirare là dove l’acqua si è accumulata abbastanza da essere profonda. Infine la testa, piatta e allungata, quasi ovale, con il naso appiattito (tipico dei rettili) gli immensi pozzi acquosi e la grande bocca, dotata di affilati denti seghettati. Vestono pelli di animali, conciate e tessute insieme, o arrotolate a striscioline, a formare colorati gonnellini e drappeggi.

    In tutto sono visibili una mezza dozzina di ominidi, tutti raccolti intorno a un esemplare particolarmente slanciato, con in testa un copricapo formato da vistose penne multicolori. Quest’ultimo trasuda una notevole padronanza della situazione, e posa la grossa zampa sopra un sacco dall’aria particolarmente colma.

    Quando la coppia si avvicina e si ferma a tre metri di distanza da loro, nessuno muove un singolo muscolo, almeno fino a quando il non morto fa cenno al greco di posare il baule e di aprire il coperchio. Mostrata così la mercanzia, si pone davanti ad essa e pronuncia il nome dell’armaiolo Vorit, come sbrigativa motivazione per spiegare l’assenza del solito mercante a quel commercio così importante per la tribù desertica. Dall’altro parte, apparentemente rincuorati nel sentir il noto nome, le creature iniziano a emettere bassi stridii, confabulando tra loro. Infine il capo branco, con lenti movimenti misurati, solleva di peso il sacco e lo apre, lasciando intravedere le luccicanti monete d’oro che vi sono contenute.
     
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    Avanzarono, in quello squarcio di paradiso lussureggiante perso nel mare dell'inferno più cocente, portando con loro il baule contenente le punte di frecce da consegnare agli acquirenti di Vorit.
    Dappertutto v'erano verdi piante lucide e rigogliose, in netto contrasto con l'aridità del deserto che caratterizzava quelle terre.
    Ristorato nello spirito da una vista tanto gradevole, Aristotelis trovò definitivamente quella serenità d'animo che lo rendeva sempre freddo ed imperturbabile, indispensabile per la sua vita da soldato.

    In quell'oasi, attorno ad una pozza d'acqua infinite volte più preziosa di tutto l'oro del mondo, li stavano aspettando poco meno di una dozzina di esseri dalla forma umanoide, ma dalle caratteristiche del tutto singolari.
    Sorpreso da una visione simile, l'oplite chiese informazioni sulla natura di queste creature.

    Che strani esseri sono mai questi?

    Sembravano dei figli di Poseidone, per quanto erano adatti alla vita sottomarina: le vistose branchie ai lati del collo e la pelle squamosa e viscida tipica dei rettili o degli anfibi, le mani e i piedi dotati di una membrana tra ogni dito, gli occhi enormi e scuri e i denti seghettati come quelli degli squali, la testa piatta e ovale per fendere meglio l'acqua.
    Cosa potevano mai fare, creature acquatiche come queste, in un deserto secco e privo del vitale liquido come quello?

    Lasciandolo con i suoi dubbi, Raem prontamente si preoccupò di posizionarsi a tre metri dal gruppo principale, dove un esponente di quella razza attendeva con fare sicuro e dominante, probabilmente il leader di quella spedizione, come si poteva evincere pure dal copricapo che indossava.
    Ad un segno dell'evocatore, Ariste tornò a concentrarsi sul suo incarico, ed aprì il forziere.

    Dapprima, gli esseri squamati si consultarono tra loro; successivamente, il più grosso aprì il sacco sul quale poggiava uno degli arti.
    Il contenuto era inequivocabile: monete di oro puro, tantissime.
    Quella poteva essere la prima missione portata a termine dal greco in quella regione nuova, ed i suoi occhi luccicarono come quel metallo prezioso.

    Valgono così tanto le punte di freccia, da queste parti?
     
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  7. Dracace
     
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    Nonostante gli occhi del non morto restino fissi sul numeroso gruppo di ominidi, dalla sua bocca escono le risposte richieste dal greco, con tono distaccato e non curante.

    Questi essere metà uomini metà rettili. Punte di freccia non valere tanto, ma per loro più facile depredare carovane che temprare metallo.



    Quando il silenzio torna a ricoprire l’oasi come un sottile velo, comincia lo scambio vero e proprio, la parte più delicata dell’intero compito. Solitamente l’affare si sarebbe risolto senza particolari inconvenienti, basandosi sul positivo ricordo degli accordi conclusi durante gli ultimi anni. Ma per un qualche motivo, sia questo la presenza della strana coppia e l’assenza dell’armaiolo o lo siano alcuni avvenimenti accaduti all’interno della tribù di cui i due avventurieri non sono a conoscenza, la tensione è palpabile e nessuna parte vuole compiere il primo passo.

    Passano ancora diversi intensi minuti prima che il dotto si spazientisca, sollevi la cassa e avanzi di un metro e mezzo, subito imitato dal capo dell’altra comitiva. Arrivati a metà del percorso, si fermano e posano ai piedi dell’altro il proprio carico, compiendo movimenti più cerimoniali che mercantili o comunque in qualche modo legati al commercio. Lentamente, Raem chiude e innalza la sacca, mentre le mani palmate dell’ibrido si stringono su una maniglia del baule e lo trascinano in direzione opposta, lasciando profondi solchi sul terreno polveroso. Senza voltarsi indietro, l’evocatore raggiunge e supera l’oplite, la sacca ben fissa sulla schiena. A un suo cenno, chiede al compagno di seguirlo, incamminandosi ormai più sereno verso la città sotterranea.
     
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    Dopo esser stato delucidato sulla natura di quegli esseri ibridi, Ariste poté notare come un'atmosfera tangibile di tensione era calata in quell'oasi.
    Evidentemente la loro presenza, seppur accettata, non era del tutto fidata, e nessun esponente di una delle due fazioni intendeva farsi avanti per consegnare o il carico o il pagamento.
    Quasi istintivamente, la mano destra del greco andò a cercare la spada assicurata al suo fianco, lentamente ma fermamente.
    Si astenne dal parlare, per evitare di insospettire le creature umanoidi.

    Non mi piace questa situazione...

    Dopo interminabili minuti Raem si decise a fare la prima mossa, non potendone più di aspettare così inutilmente.
    Trascinò la cassa, imitato immediatamente dal capogruppo squamato che portò il sacco di monete ai piedi dell'evocatore, il quale depositò il baule davanti a lui.
    Senza aggiungere altro, voltarono entrambi le spalle ed ognuno si incamminò per la sua strada.
    L'acrobata superò silenziosamente l'oplite, facendogli segno di seguirlo. Le trattative erano concluse.
    Nessuno spargimento di sangue, nessun atto di violenza, tutto tranquillo.

    Meglio così.

    Lanciò un ultimo sguardo a quelle creature così strane, studiandone meglio la fisionomia.
    Poi, seguitò dietro il compagno di viaggio, in direzione Mer-o-Vish.
    Sorrise, sbuffando.

    Timidi, i rettiloni.

    Pochi minuti e le loro figure scomparvero tra le dune del deserto, come un miraggio.
     
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7 replies since 30/5/2011, 13:46   121 views
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