[EM] For Sale

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    TRUE LOVE IS POSSIBLE ONLY IN THE NEXT WORLD — FOR NEW PEOPLE. IT IS TOO LATE FOR US. WREAK HAVOC ON THE MIDDLE CLASS.

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    "Boggart.
    In parte saggi, in parte astuti
    e in molte, molte parti folli."



    Enorme, inmmensa, titanica, la caverna che ospitava il famigerato Bazar delle Talpe accoglieva sotto la sua generosa volta tutte quelle anime disperate alla ricerca di qualsiasi cosa potessero offrire i mercanti che animavano l'ambiente. Ovunque era un susseguirsi di bancarelle, negozietti, gente che andava e veniva. Ad ogni angolo uno strillone si sgolava decantando le merci del proprio datore di lavoro, mentre questi si sgolava a sua volta per cercare di convincere il malcapitato di turno che la sua merce era la migliore di tutta Endlos.
    Promettevano tutti miracoli, sogni, anche solo l'illusione di felicità.
    Vendevano.
    Quello del mercante era un lavoro nobile.
    Ingannevole, subdolo, da vere e proprie carogne... ma pur sempre nobile.

    “Tu scherza vero? Tu no ha una bussola segna alberi? “
    In tutta quella cacofonia di vita, di movimento, di colori, la figura di Zimmer il Boggart spiccava nitida e inconfondibile.
    La primissima cosa che aveva fatto una volta avvistata la tanto famigerata Merovish era stata catapultarsi nel famoso famigerato Bazar e allestire il proprio banchetto.
    Si era appropriato di un piccolo palco di legno sfrattando gentilmente i mercanti che lo stavano usando per vendere la loro merce e, una volta disfattosi di tutta quella cianfrusaglia, era riuscito a esporre la propria.
    Il palco, a ridosso di una parete rocciosa, era stato ricoperto da diversi strati di tappeti di dubbia qualità ma dai colori sgargianti. Ai fianchi della struttura erano stati eretti due piccoli pali, in modo da poter issare l'insegna della carovana. “Da Zim: oggi saldi”
    Ovunque, per il palchetto improvvisato, erano stati disposti numerose casse di legno dipinte di rosso, ricolme di tutta la variegata collezione di inutilità del rossiccio, che solitamente teneva nei comodi sacchi.

    Il Boggart stava appunto seduto sul bordo della struttura, con i piedi che sfioravano il pavimento. Indecisa sulla modesta rampetta di gradini che faceva accedere al “negozio” vi era una giovane donna, vestita praticamente solo di ninnoli. Molto probabilmente era anche lei una mercante improvvisata, che cercava di arrivare a fine giornata con qualcosa nello stomaco.
    ”No dico, ma tu è pazza? Come tu può andaer in giro senza una bussola segna alberi? domandò nuovamente il molliccio, con fin troppo esagerato stupore. La ragazza era a dir poco disorientata. Alberi?
    ”E... perchè mi servirebbe una bussola per individuare un albero?” domandò la ragazza, dubbiosa, facendo l'errore più grande della sua vita.

    ”Ma come perchè! Ma alberi è essenziali per vita! Loro fa ossigeno, e tu può respirare! Tu no può vivere senza albero! E come tu fa a trovarne uno? Tu no ha bussola!” esclamò subito Zim, atterrito. Sembrava quasi si stesse per mettere a piangere, e la ragazza con lui.
    Non aveva mai visto un albero in vita sua, non si era mai mossa dal deserto... ma aveva sempre quella leggera asmetta che fino ad ora aveva sempre ignorato...
    ”Oddio! Morirò?” esclamò ancora lei, tirandosi ritta sulla schiena ormai con gli occhi lucidi.

    ”Tu è fortunata, ragazza! Me ti salva vita! Io ho ancora da parte mia bussola personale... ma può regalare a te, se te è generosa con me...”
    Le parole del Boggart, improvvisamente, si fecero suadenti, e come se fosse stato folgorato da una scossa elettrica, si tuffò con tutta la testa in una cassa con la dicitura “bussole rotte”.
    Ne uscì subito dopo con in mano una bussola “nuova fiammante”, offrendola alla ragazza come se fosse una rara reliquia.

    ”Ma... le manca l'ago!” commentò la ragazza, esaminando la bussola dalle mani del mercante. Nonostante l'acuta osservazione, la ragazza stava comunque mettendo mano al portafogli.

    ”Ma perchè no alberi qui vicino tesoro mio! Se tu va fuori bussola ti guida verso pianta albero d'oro, su, paga e fuori dai piedi.” commentò sbrigativamente Zimmer, facendo evidentemente confusione fra le sue mille argomentazioni. La ragazza parve rinquorata da quella frase così sicura di se. Pagò quello che doveva e se ne andò tutta contenta con la bussola rotta in mano.

    ”Me adora questa città...” borbottò il Boggart, tornando a sedersi ad osservare compiaciuto la cassa delle bussole, sensibilmente più vuota rispetto a com'era solo poche ore prima.


     
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  2. Dracace
     
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    Sotto le immense vetrate trasparenti dei laghi di vetro, un Raem stanco ma soddisfatto delle faccende giornaliere cerca conforto e tranquillità immergendosi in un branco di capre e pecore, tutte intente a brucare felicemente. Sotto di lui una distesa di tenera erbetta fresca crea un soffice tappeto sul quale distendere le membra. Un cane lupo corre qua e là, ora ammonendo con ringhi e latrati capi di bestiame che si stanno allontanando troppo, ora fiutando con diffidenza il pessimo odore che proviene dall’evocatore.

    Una simile pace è però evidentemente troppo serena per non essere interrotta, come prontamente avviene. Passi affrettati spaventano non poche bestie e mettono in allarme anche il segugio, che drizza le orecchie e mostra i denti, bianche e appuntiti, ringhiando sonoramente. Ora davanti al non morto due note figure stanno soppesando l’idea di disturbarlo, combattuti tra il rispetto degli ordini impartiti e la paura di commettere un grave errore nel disturbare il loro datore di lavoro. Seccato dall’attesa il dotto chiede, nel modo più gentile che i suoi nervi gli consentono, se Veret può occuparsi della faccenda al suo posto. Il coinquilino corporale accetta di buon grado e, rivolto a nuovi arrivati, domanda bruscamente.

    Sulom, Kinl, avete dunque qualcosa da riferire?

    I due si guardano intimoriti per qualche secondo, confabulando fittamente. Poi Kinl, un goblin tozzo e muscoloso fa un ulteriore passo avanti e inizia a parlare, con la sua voce stridente, così inappropriata a quel corpo robusto.

    Siamo riusciti a trovare qualcuno adatto per quell’incarico. Non è stato facile, però. Abbiamo dovuto setacciare per tutto il giorno il bazar, e molti hanno iniziato a osservarci e fare domande. Anche per questo, volevamo chiederle se è possibile otten …

    Grazie, potete andare. Vi richiamerò se avrò altro lavoro per voi

    Secco e perentorio, senza lasciar spazio a repliche, il giovane congeda i due scagnozzi, che si allontanano di mal umore, non essendo riusciti ad ottenere un qualche tipo di ricompensa aggiuntiva per il lavoro svolto.
     
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    Dopo la quarta “bussola segna alberi”, Zimmer si stancò. Un Boggart stanco poteva voler dire molte cose. Poteva voler dire che sarebbe andato a fare altro, che avrebbe cercato di rendere la situazione più interessante e che semplicemente avrebbe cambiato colore.

    Purtroppo tale abilità non entrava nel repertorio del mercante, cosa che, tra l'altro, lo faceva irritare parecchio ogni volta che ci pensava.

    Zimmer si alzò dal palchetto di legno che si era appropriato per smerciare quella montagna di rifiuti che a stento avrebbe potuto, tutta assieme, arrivare a far guadagnare tanto per poter permettersi un pezzo di pane e un bicchiere d'acqua. Il Boggart ci aveva guadagnato tanto da potersi permettere una pensione a cinque stelle sui monti di Ristion, famosi tanto per i suoi promiscui festini quanto per la lista d'attesa lunga parecchi mesi solo per poter accedere allo scantinato.
    Era stata una giornata proficua in fondo: quella gente, che da sempre viveva nella disperazione e dell'isolamento del deserto, difficilmente poteva distinguere una bussola vera da una rotta, anche se questa era priva di ago.
    Certo, un ambiente del genere aveva favorito lo sviluppo di un clima teso e … pericoloso.
    Solo quella mattina, giusto dopo che si era “pacificamente” appostato su quel palco, aveva sventato tre furti alla sua mercanzia.
    Roba di poco conto alla fine: anche i ladri avevano trovato strane tutte quelle lampadine dentro quella cassa. Ma se erano li, sorvegliate, dentro appunto una cassa, un qualche valore dovevano pur avere no? No.
    Ma questo non giustificava il loro comportamento.

    ”Chissà se a barripede piacciono dita di ladro. Me dopo prova.” borbottò sovrappensiero, gettando un occhiata ambigua al barattolo che aveva precedentemente appoggiato affianco alla mercanzia. All'interno del contenitore trasparente, immerse in un liquido giallognolo, galleggiavano allegramente le dita dei poveri sfortunati che avevano attentato alla vita delle preziose lampadine del Boggart.
    Un muto avvertimento a chiunque altro avesse voglia di diventare monco.

    L'aria pesante della caverna gli ricordava molto i Cunicoli, dove era nato e cresciuto. Era come essere tornato a casa, tanto che Zimm si aspettava di trovare un fratello Boggart a ogni angolo. Fortunatamente, ciò non accadde: il rossiccio non aveva molta fantasia per i suoi simili. Però ogni tanto capitava che, nel flusso di gente che vagabondava per il bazar, il Boggart riconoscesse qualche cugino goblin. Non aveva molta simpatia nemmeno per i goblin: piccoli e solitamente verdi che aveva scelto di vivere fuori dai cunicoli. O erano i Boggart che avevano scelto di rintanarsi sotto terra? Non era mai stato molto attento alle lezioni di zietta Bacherozza.
    Non che lei fosse molto precisa nel raccontare i fatti.

    Zimm prese a passeggiare nervosamente per il palco, facendo avanti e indietro su quelle sue zampette ossute, producendo un costante toc toc toc sulla superficie lignia.
    Ancora una volta, quel pensiero invase la sua mente. Come un chiodo fisso, un fatasma, un incubo costante, quell'idea prese forma nel suo piccolo cervello, facendolo irritare come sempre.

    ”Me è sicuro che se noi andava ancora un po a sud, noi trovavamo città di picchi. Stupido schiavo che vuole sempre fare per conto suo.”
    borbottò, ancora non convinto di dove fosse andato a finire.


     
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  4. Dracace
     
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    Camminando tra la gente del bazar il non morto suscita il solito borbottio dei curiosi, come sempre accompagnato dal disgustato voltarsi dei più. Ma a lui non importa cosa pensano ora gli altri, l’opinione pubblica può essere facilmente modificata, suscitando un pizzico di terrore e caos. Quello che invece sta cercando è una piccola croce nera, segno prestabilito per indicare il muro dirimpetto alla bancarella scelta.

    Mentre scorre con lo sguardo le lisce pareti dell’immenso antro sotterraneo, Raem borbotta sommessamente tra sé, producendo un basso sibilo interrotto di tanto intanto da un poderoso sbuffo. In parte, lo scetticismo nutrito nei confronti dei nuovi sottoposti lo porta a non manifestare particolari aspettative nel soggetto presentato dalla coppia di tutto fare. D’altro canto, però, la curiosità lo porta inevitabilmente a domandarsi quale meschino essere sia stato un così abile tessitore d’inganni da ottenere l’attenzione dell’arabo e del goblin in mezzo allo sterminato campione di feccia umana.

    Quando riesce a rintracciare le due linee di carbone e individua quale venditore gli viene proposto per l’incarico, un malevolo ghigno prende posto sul suo viso. Tra tutti i ciarlatani tagliagole intenti a truffare e ingannare quella folla ingenua, gli viene indicato come migliore un ben noto individuo, conosciuto pochi giorni prima nel bel mezzo dell’assolato deserto meridionale.

    Il bancone di Zimmer, ingombro di quell’inutile paccottiglia già notata in precedenza, precede un boggart al tempo stesso soddisfatto e pensieroso. Ampie falcate gli fanno percorrere freneticamente la lunghezza del suo negozio improvvisato e neppure la pesante borsa degli incassi giornalieri sembra ridare lustro alla finta allegria spacciata ai compratori.

    Secondevolmente la bendata dea filar li nostri fati intende, per ciò che vedo.



    La voce calma e misurata interrompe quello struggente vaneggiare, sovrastando appena il monotono sottofondo della grossa piazza mercantile.
     
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    Ben presto, il Boggart si accorse di essere inesorabilmente scivolato nel mondo dei ricordi e dei pensieri, rievocando le vecchie storie, udite o vissute, che avevano come sfondo i Cunicoli dove era nato. Ancora gli pareva di vedere le fiaccole argentee che stillavano quella particolare luce biancastra, prima luce che i suoi occhi conobbero tanti, troppi anni addietro.
    Le feste, i giochi, l'alcol e i fumi speziati occupavano le giornate, mentre le stagioni si susseguivano fra loro identiche. Ogni tanto qualcuno usciva, per assaporare il mondo o per truffare qualche umano. A volte si facevano delle intere escursioni all'aperto: non tanto per il piacere dell'avventura quanto per far spazio ai nascituri.

    Zimmer aveva abbandonato quei luoghi e aveva consacrato la propria anima al viaggio. Il mercanteggiare era l'unica cosa che gli permetteva di fuggire dalla monotonia di un singolo posto, e sopratutto gli dava la possibilità di truffare un numero di umani sensibilmente più alto.
    Il rossiccio scosse la testa facendo ondeggiare le buffe orecchie, riscuotendosi da quei pensieri.

    Era ora di impacchettare la mercanzia e levare le tende: non faceva bene agli affari truffare più di una ventina di persone e rimanere li ad aspettare che i mariti delle suddette vengano a reclamare il denaro così faticosamente guadagnato.
    Se si fosse sbrigato avrebbe potuto rimpacchettare il tutto prima che chiunque lo scambiasse per l'ufficio reclami, costringendolo a tirare fuori l'apposito modulo per i risarcimenti, comunemente conosciuto col nome volgare di “pistola”.

    Tuttavia, prima ancora che il mercante potesse fare alcunché, una voce vagamente nota lo sorprese, facendolo voltare con fare incuriosito verso l'interlocutore.
    Non lo riconobbe subito: la gente tende a essere leggermente diversa a seconda se si trova in mezzo al deserto o in pieno centro cittadino... però, come ogni mercante che si rispetti, Zimmer non dimenticava la faccia di un acquirente. C'era il rischio di truffare due volte la stessa persona, andando incontro a disdicevoli operazioni di risarcimento con i già citati moduli.

    ”Tu parla, uomo incrociato, io vede tue labbra muoversi. Ma quello che tu dice non ha senso per mie orecchie.”

    Una frase d'apertura di tutto rispetto per il Boggart, una frase che voleva avere un duplice significato, a seconda di come la si voleva interpretare. Poteva semplicemente voler dire che il Boggart, ignorante tanto da non parlare nemmeno correttamente la lingua corrente, non capisse le frasi prolisse e complicate dell'uomo.
    Ma poteva anche voler dire che comprendeva benissimo, ma che trovava ridicolo pensare che il fato volesse accomunare quei due.
    Per i Boggart, il fato o la provvidenza non esistevano. Nemmeno Dio (uno dei tanti) poteva decidere su quale strada mettere un figlio dei Cunicoli.
    Uomo incrociato.. un soprannome alquanto azzeccato per la figura che stava fronteggiando. Gli era venuto spontaneo chiamarlo così, proprio per le profonde cicatrici che, appunto, incrociavano lo sguardo all'uomo.

    ”Forse tu è qui per scoprire se lama più veloce di proiettile?” domandò con voce pacata e insolitamente poco stridula, avvertendo nettamente il peso dell'arma appesa alla fondina interna della giacca d pelle che indossava.
    Il pensiero volò al barattolo con dentro le dita dei ladri.


     
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  6. Dracace
     
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    Sentendo risuonare la sgrammaticata e ironica voce del mercante, la memoria di Raem vola al precedente incontro e come allora, il dotto decide di lasciar fare all’altro coinquilino le trattative col rozzo elemento. Per meglio dire, l’accademico asseconda la travolgente frenesia scaturita dal ragazzo non appena questo viene punzecchiato lì dove l’orgoglio lo acceca. Non fosse per le deturpazioni e lo sgretolare del tempo, il volto di Veret sarebbe ora di un rosso acceso, pulsante nel tentativo di reprimere la rabbia.

    Un conto è avere una certa simpatia per quel mascalzone. Un conto e lasciarsi sbeffeggiare dal suddetto per la seconda volta in meno di una settimana. Se solo il professore non lo volesse per il nascente gruppo armato, gli avrebbe dimostrato eccome quanto la lama batte la polvere da sparo. Circostanze sfortunate, in questo senso, oppure benigne, visto che l’accendersi di intense scaramucce all’interno del perimetro del Bazar non è esattamente visto di buon occhio dalle guardie dell’alfiere. Non che quegli esempi di coraggio e ardore si arrischino ad intervenire, ma dato il passato burrascoso (e sanguinario ,soprattutto) del non morto, anche dei simili ritardati potrebbero fare due più due e decidere di eliminare il cosiddetto mostro dei cunicoli.

    Quindi, invece di esibirsi in un acrobatico scatto, scavalcare il bancone e piantare un pugnale nelle carni dell’insolente, il funambolo decide di sfidarlo nel suo stesso terreno e di redarguirlo a tono per ogni suo motto. Con fare non curante, osserva distratto le mercanzie ancora esposte sul bancone. Arrivato al macabro contenuto del barattolo, lo addita, mentre di sottecchi cerca di trovare la giusta leva per infiammare un poco l’indaffarato Boggart.

    No, non vale la pena estrarre il coltello se non c’è il tempo di assaporare il sangue della vittima. Piuttosto, non credi che queste potrebbero allontanare i compratori? Voglio dire, non sono certo un asso del commercio, eppure credo che mozzare le dita alla clientela sia un poco, com’è che dite? Antiproduttivo?
     
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    Le parole del uomo sorpresero non poco il piccolo diavolo, che capita la situazione aveva lasciato perdere lo scontro e si era rimesso a impacchettare la sua robaccia.
    Non fu tanto la scelta di combattere a parole a stupire il molliccio, quanto il suo riferirsi al barattolo dissuasore. Eppure, quella non era per niente una città “pacifica”, perfino un bimbo se ne sarebbe accorto. Come si dici: quando impali una testa la impali dove tutti possono vederla no?

    ”Ogni cosa qui ha prezzo. Gentili clienti decide di pagare in dita, chi è io per giudicare?” borbottò con cinismo, chiudendo uno dei tanti cassoni pieni di lampadine rotte. La chiusura ermetica scattò automaticamente con un suono secco e poco rassicurante, come di una ghigliottina che cala sulla testa di un condannato a morte.

    ”Tu ha occhi per vedere no?” riprese il rossiccio, sedendosi sulla cassa appena chiusa lasciando penzolare i piedi oltre la superficie. Una mano andò a frugare nella veste in pelle, estraendone una sacca grossa quanto un pugno di troll chiuso, ricolma di quelle che sembravano monete. All'interno della sacca, tra le tante, vi erano anche l'oro usato dal morto per pagare la borraccia e il mantello acquistati nel deserto.
    ”Affari va bene anche con dita mozzate in bella vista. Anzi, va meglio” biascicò a mo di spiegazione (e non per vantarsi del bottino acquisito. Nemmeno un po.)

    Anche se era abbastanza soddisfatto della discussione (che quasi sembrava un monologo, tanto il Boggart era egocentrico), Zimmer non era ancora soddisfatto di alcuni dettagli sul perché l'uomo sfigurato era venuto gentilmente a trovarlo. Più che alcuni dettagli, sarebbe più corretto dire che gli sfuggiva il quadro generale della situazione.
    Fece così ampio sfoggio della sua proverbiale dote oratoria, scegliendo un sapiente giro di parole orchestrato a occultare le sue vere intenzioni, il Boggart cercò di acquisire informazioni sul perché della presenza al suo umile negozio.
    ”Cosa diavolo tu fa qui, comunque?”
    Che poesia, che linguaggio, e anche che lingua!
    Da avere gli incubi per mesi.

    Mentre pronunciava quelle sapienti parole, il rossiccio si era alzato dalla cassa- espositore di lampadine, avvicinandosi alla figura dell'uomo. La sua mente corse ovviamente al senso pratico della situazione: affari.
    ”Forse tu è ancora qui per sangue? Io può darsi che avere qualche sacca da qualche parte... fresca di giornata direbbe qualcuno...” mormorò con fare cospiratorio.
    Ebbene si, il Boggart non si era limitato a vendere in quel breve periodo di residenza a Merovish, ma era anche riuscito a rifornire le sue scorte di materiali... esotici.
    Il mercato nero li sembrava quasi legale, anche se aveva dovuto insistere un pochino per ottenere tutto quello che gli serviva.


     
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  8. Dracace
     
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    La giornata lavorativa di molti mercanti, lì nel bazar delle talpe, sta volgendo al termine, e tutt’intorno ai due bizzarri personaggi le persone sono intente a smontare i vari banchetti improvvisati e ritirare la merce non venduta. Anche la clientela sta velocemente sciamando : come trasportata da una rapida corrente, la folla viene attirata altrove, nel cuore della vita notturna, in bische, locali loschi e infime osterie.

    Deve ammetterlo, il boggart sa in fatto suo. Nonostante il carattere un po’ burbero, la spossante smania di ostentare quella sua tozza persona e la spudoratezza delle sue menzogne, quello di fronte a lui è senza ombra di dubbio l’elemento necessario al futuro gruppo di mercenari. L’unico problema è farglielo capire. In effetti ci sarebbe un modo, per spingerlo a unirsi all’ipotetica compagnia. Un subdolo stratagemma basato sulla sua notevole autostima. Sfruttando bene le circostanze, con il giusto discorso l’imbroglione perde ogni possibile scampo.

    Senza rispondere subito, Veret tamburella con le sue dita (martoriate ma per lo meno ancora unite alla mano) sul bancone, prendendo tempo. Poi, con una straordinaria noncuranza, precisa il motivo della sua presenza, come se stesse semplicemente discorrendo sull’arrivo della successiva tempesta di sabbia.

    Se proprio lo vuoi sapere, stiamo mettendo su un gruppo di mercenari al soldo del miglior offerente. Diversi posti assicurati e ben retribuiti, saccheggi a volontà e generose spartizioni dei bottini. Sempre che uno abbia i requisiti giusti, naturalmente. Voci di corridoio mi hanno detto che tu attualmente saresti il più abile mercante di tutta Merovish, e che quindi potremmo affidare a te tutta quella refurtiva frutto di oneste scorribande, ma ora che ci penso bene, inizio ad avere qualche dubbio sulle tue abilità …
     
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    Le parole dell'uomo furono dure da accettare per il molliccio, che indurì volutamente i tratti del viso, rendendolo se possibile ancor più grottesco di quanto mamma natura non avesse già provveduto a fare.
    ”Se tu no è qui per affari, allora noi no ha molto per parlare, tu crede?” brontolò indispettito, balzando giù dalla casa ove aveva deciso di lasciar riposare le chiappe, tornando così all'altezza di una persona normale. Con passetti svelti, il Boggart si avvicinò al barattolo con ancora a mollo le dita dei poveri diavoli che , poche ore prima, avevano tentato di derubarlo.
    Facendo perno con le lunga dita ossute, il rossiccio riuscì a svitare il tappo, lanciandolo per strada. Gente molto pulita, i Boggart.
    Una volta ripescate le dita, la buffa creatura ne prese una e l'addentò, come a volerne saggiare la consistenza.
    ”Dita pronte. Me ora può aggiungere a collezione.” borbottò, fra se e se, come se la figura del non morto non gli interessasse più.
    Una mano andò a tuffarsi nella giacchetta di pelle, estrendo da una tasca interna un piccolo fil di ferro, con cui infilzò le estremità mozzate.
    Il filo perse subito la sua rigidità, diventando nulla più che un normale fineamento di spago, dalla quale penzolavano i moncherini amputati, che dal rumore che facevano cozzando fra loro, dovevano essersi induriti come se fosse cemento a presa rapida, e non più carne.

    Con noncuranza, il Boggart si legò al collo il suo nuovo trofeo.
    La situazione cambia radicalmente quando sente la parolina magica: “migliore mercante di Merovish”.
    ”Vedo che voci almeno una volta dicono vero. No vi è assolutamente nessun mercante più Boggart di un Boggart!” esclamò, convinto del proprio ragionamento.
    Le casse erano state tutte richiuse, spinte in un angolo in attesa di essere caricate (da 23, ovviamente) e stipate nel rifugio dove il molliccio aveva trovato dimora: una lurida bettola con un terreno circostante abbastanza ampio da ospitare sia l'oliphant che il carico.
    23 era attualmente alla ricerca del proprietario, suo il compito di convincerlo a non tornare a casa propria.

    Il rossiccio, mentre afferrava saltellando un estremità del lenzuolo ove aveva dipinto a caratteri cubitali la propria insegna, ascoltava con falsa indifferenza il discorso del proprio ospite.
    Sebbene portasse un comportamento distaccato (da buon mercante sapeva perfettamente che sembrare troppo interessati a un possibile opportunità non era mai saggio), le orecchie rossicce e mangiate dalle intemperie e dai roditori di fogna erano completamente concentrate nel discorso dell'uomo, mentre la sua piccola mente da imprenditore galoppava alla ricerca di tutti i possibili introiti che quella cosa poteva portare.

    ”Se tu cerca uno che sappia … mercanteggiare, tu no trova meglio di un Boggart. Noi Boggart sa vendere tutto a tutti. commentò, non senza un certo orgoglio nella voce

    Paga è davvero buona come tu dice?”
    La voce del Boggart è ora completamente calma e asciutta, senza tradire alcuna emozione. Il cervelletto del molliccio, invece, lavorava come una locomotiva lanciata sui binari.
    Aveva capito benissimo, fin dal primo momento che ne aveva avvertito la puzza, che li un mercante poteva fare molti soldi ma per poco tempo. Quante volte avrebbe potuto truffare le stesse persone? Non più di una cinquantina, questo era sicuro.

    Ma quello che gli veniva proposto era un lavoro fisso.
    Un lavoro fisso retribuito.
    Un lavoro che, molto probabilmente, gli avrebbe permesso di truffare tutta Merovish.

    I Boggart hanno fiuto per queste cose.




     
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  10. Dracace
     
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    Ed eccolo lì, il caro boggart, ad ingoiare esca, lenza e tutto l’amo. Anche se la voce non lo tradisce, è palese che l’improvviso cambio di atteggiamento verso il non morto è dovuto a quel suo ottimo fiuto per gli affari. Ora non resta che decidere la paga da dargli, nella sfiaccante lotta tra dipendente e datore. Oppure mettere il mercante in difficoltà, pretendendo una dimostrazione tangibile della sua tanto lodata bravura. Quale miglior inizio di una trattativa del distogliere l’attenzione dell’altro con un compito impegnativo? Resta solo da trovare una sfida adatta alle capacità della creatura, qualcosa che solo un eccelsa dote persuasiva sia in grado di far superare.

    I vacui occhi bianchi setacciano i dintorni, lasciando sospesa la domanda sul pagamento. Le strade iniziano a svuotarsi e molte delle bancarelle lì vicino vengono smontate, seguendo l’esempio di una clientela sempre meno numerosa. La sera si avvicina e gli abitanti della città sotterranea cercano attrazioni diverse, bettole e infime taverne dove dissetare la gola e svuotare i borselli. Sottratte ad ignari stranieri o accumulate con deplorevoli compiti, le monete sono sempre ben accette, se numerose, e sono il lasciapassare di tutte le porte.

    In una situazione simile, vendere la propria merce pare una perdita di tempo, oltre che un tentativo azzardato. Ma perché limitare il compito al semplice commercio? Perché non speziare il tutto con una succulenta truffa?

    Il giovane si abbassa, apre il pugno e lo cala sul suolo ricoperto di terra e mercanzia scartata. Con noncuranza afferra un piccolo sasso, piatto e tondo, dall’aspetto comune, e lo posa sul banco del boggart, mostrando un compiaciuto sorriso.

    Riceverai per i tuoi servizi tante ricchezze da perderci qualsiasi interesse. Prima però vorrei vederti all’opera, non dovrebbe essere troppo difficile per te una piccola dimostrazione, vero? Che ne dici di piazzare a buon prezzo questo insignificante sassolino, ora che la gente si sta allontanando dal bazar e i loro averi sono già stati dilapidati in modo sostanziale?
     
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    Forse il Boggart aveva scoperto un po troppo le carte, facendo intuire allo strano personaggio le sue reali motivazioni. La verità era che un lavoro fisso, retribuito e sicuro, di quei tempi, era una manna.
    Zimm osservò divertito il non morto mentre si chinava a raccogliere il sasso, passandoglielo sul bancone. Subito le dita artigliate del molliccio si strinsero sulla superficie liscia della pietra, portandola vicino agli occhi.
    Il mercante assunse un aria dubbiosa, come se stesse cercando qualche proprietà particolare da sfruttare. Il gioco era simile a quello giocato per tutto il pomeriggio: vendere il nulla spacciandolo per il tutto. Nulla di troppo difficile, se non fosse stato per l'orario... era più facile abbindolare una ragazza che curiosava tra la merce piuttosto che a un nerboruto frequentatore di bettole, che tra parentesi non aveva la benché minima voglia di comprare alcunché.
    Doveva attirare l'attenzione, ma doveva farlo in maniera circoscritta per non farsi notare troppo.

    Il Boggart, sempre con la pietra in mano, si spostò verso il fondo del palchetto, dove teneva le sue cose personali. Da una sacca di tela biancastra estrasse i suoi Googles: un paio di occhialetti da avviatore dotati di diverse lenti che potevano alternarsi e sovrapporsi fra loro.
    Una volta inforcati, il Boggart prese a osservare meglio la pietra, cambiando di volta in volta le lenti. L'immagine ingrandita del sasso gli saettò agli occhi in diverse angolature, sfumature e dimensione, per poi rilevare quello che davvero era.
    Cioè un semplice sasso.

    Il modo migliore per fare soldi con quel sasso sarebbe stato lanciarlo violentemente verso un passante, mirando alla scatola cranica per poi andare a frugarne i resti incoscienti.
    Ma il non morto aveva chiesto una dimostrazione delle sue doti di truffatore mercante, non di tiratore.

    ”Tu vede sasso. Io vede sistema di controllo e gestione automatizzato di entità ostili con carica runica, e me ti può assicurare che io riesce a venderla a minimo cinquecento monete d'oro” commentò sogghignando, mentre rimuoveva gli occhiali da lavoro e li riponeva nella sacca.

    Detto questo, il Boggart si mise all'opera: posizionatosi al centro del palco mormorò a voce bassissima la parola codice per rilasciare il potere della runa cucita nelle vesti di cuoio. Subito, un leggerissimo alone purpureo iniziò a tingere gli abiti, aumentando di intensità. Zimmer regolò il flusso di energia per limitare al minimo la metamorfosi alla quele i propri indumenti stavano andando incontro: aveva bisogno di un singolo elemento.
    Dalla manica destra dell'abito crebbe con prepotenza un aculeo violaceo di una decina di centimetri, che prese subito rigidità fissandosi alle vesti come una piccola daga. Subito il rossiccio interruppe il flusso runico e le vesti tornarono del loro naturale colorito scuro.
    Con la destra, Zimm strappò l'aculeo, ormai solido quanto uno scalpello, dalla manica, lasciando un piccolo buco a traccia del procedimento.
    Con questo rudimentale strumento, il Boggart incise una serie di segni e simboli sulla pietra, andando rigorosamente a caso.

    I fatti che seguirono avvennero a una velocità disarmante. Un tizio vestito di un leggero abito bianco, incappucciato da un mantello dello stesso colore, si avvicinò furtivamente al palco, cercando evidentemente di confondesi con la folla. Con un movimento felino, la figura affonda la mano in una delle casse della mercanzia, lasciata aperta, e dopo aver preso una manciata di bussole rotte, scattò lontano, iniziando a correre per la strada del Bazar.
    ”Ladro!” urla il Boggart, usando lo stesso tono con cui avrebbe denominato lo sterco ti orco.

    Brutta cosa lo sterco di orco.

    Zimm saltò repentinamente giù dal palco, indirizzando la pietra, ora segnata dall'improvvisato scalpello, verso il fuggitivo.
    ” Arghatropuf! “ urla, mettendo tutto il fiato che aveva in corpo scandendo bene le lettere della strana parola. Nell'istante successivo, ormai a diversi metri di distanza, il ladro inciampò in qualcosa di invisibile, cadendo a terra lungo disteso. Le braccia, mosse da forze incomprensibili, andarono a portarsi dietro la schiena, come se fosse appena stato ammanettato. Il corpo, apparentemente immobilizzato, si alzò in piedi e, quasi come se fosse trascinato, tornò nei pressi del palco, ove fu accolto da numerosi calci da parte dei Boggart.

    ” Ladro! Ladro! Fottuto ladro!” urlava questi, continuando a tirare calci fino a quando la povera figura non cadde a terra, per poi trascinarsi sul palchetto di legno e svenire, immobilizzata.
    Zimmer sorridette fra se e se rigirandosi la pietra “magica” fra le mani.

    -Mi scusi...- una voce lo sorprese alle spalle: un ometto abbastanza paffuto , alto poco più del molliccio, lo stava osservando con fare interessato.
    -...mi scusi, cos'è quella pietra che ha usato poc'anzi?-
    Il Boggart lo guardò stupito, come se non si stesse rendendo conto di cosa stava per succedere.
    ”Il Signore intende pietra? E' semplice runa magica contro cattive persone...” commentò angelico, con un tono che avrebbe fatto impallidire un agnello.
    -Non è che... è in vendita?-
    Zimmer sorrise.

    Dopo una decina di minuti di contrattazioni, il Boggart stava felicemente seduto su una delle sue casse, tastando compiaciuto il portamonete rigonfio di ben seicento monete d'oro, cento in più di quanto aveva preventivato.
    ”Ancora non capisco perché tu debba sempre darmi dei calci così forti, capo...” commentò irritato 23, togliendosi il cappuccio bianco e tastandosi le costole, constatando la loro integrità strutturale. Potete dire tutto quello che volete sullo schiavo del Boggart, ma le sue costole sono molto resistenti, quasi quanto le sue doti di attore. Se non fosse stato uno schiavo, sarebbe sicuramente diventato ricco in qualche teatro.

    ”Zitto schiavo, non rovinare l'unica buona azione che hai fatto oggi.” lo rimbeccò subito Zimmer, saltando già dalla cassa e mollandogli un calcetto “affettuoso” su una gamba, mentre si dirigeva nuovamente verso il suo ospite.

    ”Sasso venduto. Ora noi parla di cose serie o tu vuole sapere altro su me?”




    Edited by Netrøsis - 1/7/2011, 19:54
     
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  12. Dracace
     
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    Un vero talento naturale, niente da ridire. Usare lo schiavo e dare una ritoccata al sasso per incentivare gli allocchi all’acquisto sa di squallido e immorale, il genere di cose preferite dal professore. A pensarci bene i due potrebbero perfino finire col legare, accomunati dalla preziosa parola ammaliatrice. Gli stili possono anche essere diversi, ma confondere con la quantità e la ricercatezza dei termini piuttosto che con informazioni ingannevoli non fa troppa differenza, una volta raggiunto l’obbiettivo.
    Così, alla fine, il dotto ottiene il suo mercante, il boggart ottiene il suo stipendio, e l’unico a restare con un palmo di naso e lui, tanto per cambiare. Forse l’idea di prendere uno schiavetto per i lavori di fatica non è poi così malvagia, ora che l’incarico di tutto fare inizia a gravare irrimediabilmente sulle sue putride e consunte spalle. Prendere 23 in affitto potrebbe essere una facile scappatoia, se solo quello strozzino travestito da venditore non fosse capace di farlo pagare fino all’ultimo pelo, pulci comprese. D’altronde non si può avere tutto nella vita : o l’abile mercante, o l’affidabile compagno. Per qualche strana ragione l’uno preclude l’altro. Probabilmente l’insaziabile voglia di denaro del mercante e la pericolosa sensibilità dell’amico fidato.

    Intanto Zimmer, sempre pratico il buon tempone!, per nulla provato dalla vendita richiesta, volge nuovamente la conversazione verso l’argomento paga e, seppur più cortese del solito, tradisce ancora quell’irrefrenabile voglia di impiego.

    Non preoccuparti. Un’abilità fuori dal comune è l’unico e il più accreditato documento presso di noi, e sa dirci molto di più di mille chicchere. Ora, se lo desideri, sei libero di unirti alla nostra congregazione, gli Eversori di Merovish. Per quanto riguarda la paga, siglando un contratto con noi, sarai libero di arraffare e rivendere tutto ciò su cui riuscirai a mettere le mani durante le nostre incursioni. Riceverai anche un tributo mensile, variabile a seconda delle nostre entrate durante i precedenti 30 giorni. Quindi, per capirci, più ci aiuti ad espanderci e a trovare clienti, più vieni ricompensato. Infine, come unico obbligo, in qualità di nostro mercante ufficiale, ti viene richiesto di fornire attrezzatura, armi e quant’altro sia necessario al gruppo. Le spese ti verranno rimborsate, ma non azzardarti a fare la cresta sui listini, perché Raem controllerà personalmente ogni singola voce dei tuoi conti. Se per te va bene, puoi mettere una firma qui e seguirmi ad incontrare gli altri.

    Mentre parla, estrae da sotto le vesti una svolazzante pergamena, fittamente scritta e condita da manciate di commi e sottosezioni. Il genere di contratto che lascia presumere una fregatura, ben nascosta tra la fiumana di parole.
     
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    Il Boggart sorride (e pregate di non dover mai assistere a uno spettacolo del genere, la dentatura di un Boggart è qualcosa di obrobiosamente maligno da osservare), lieto di essere riuscito a impressionare l'oramai datore di lavoro. E' talmente soddisfatto di come siano andate a finire le cose che, se stesse ancora con la bancarella aperta, regalerebbe omaggio ai suoi clienti delle lampadine fulminate.

    Grazie agli dei, non è così.

    “Ventitre, va a prendere il barripede. Noi no più bisogno di stamberga puzzona, noi può permetterci albergo pulcioso ora.” esclama, infilandosi il borsello vermiglio nella cintura, facendo tintinnare l'oro al suo interno.
    Quanto adora quel suono.
    Sempre sorridendo, prende dalle mani del non morto il grosso contratto che gli viene offerto. Facendo nuovamente ricorso agli occhiali da lavoro, fa scattare le lenti da lettura: prima regola di un buon mercante, non firmare mai niente che non hai letto.
    ”Hum... me sembra che tu no sta tentando di incastrare me, no? Me serve a te no?” commenta, dubbioso. Poi alla fine si decide e firma come Zimmer.
    ” Me piace idea di poter lavorare di gruppo... me può procurare voi armi, munizioni e pezzi di ricambio, a patto che voi no è schizzinosi e sopratutto non vi preoccupa che sia roba rubata usata...”

    Si ferma giusto qualche secondo, a fissare la sua firma su quel pezzo di carta. E eccolo di nuovo, arruolato in un esercito dell'uomo.

    ”Voi ha base si? Me serve laboratorio, attrezzato meglio si?” chiede, iniziando a fare progetti.
    Alla fine non è veramente indispensabile avere un laboratorio: è riuscito a costruire la propria arma stando sulla schiena di un enorme mammifero in movimento, ci sarebbe anche riuscito in uno sgabuzzino usando due scope e una graffetta.
    Però avere l'attrezzatura giusta, almeno una volta, sarebbe stato comodo.

    ”Voi ha anche dottore si? Io ha certi progetti per 23....” chiede, abbassando la voce.
    In lontananza, il povero schiavo che stava trasportando diverse casse verso la bettola dove l'Oliphant li attendeva, ebbe un inquietantissimo brivido lungo la schiena.


     
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