[CSV] Il Vampiro e la Strega.

Cercando bulbi di erbarosa...

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    Il sole era ormai sul punto di tramontare, quando Arthur Friederick Giles giunse a Fanedell.
    Faceva insolitamente caldo, ed anche se non lo avvertiva sulla propria pelle, aveva già avuto modo di riscontrarlo sulle creature viventi fino a quel momento incontrate.
    Il vento mosse i suoi capelli corvini, tenuti raccolti dietro la nuca, mentre il vampiro fissava l'entrata con la sua solita espressione seria ed imperscrutabile.

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    Erano in molti a favoleggiare su quella selva che si stendeva lungo i confini di Chedya, quasi fosse uno scudo per la valle dove ogni cosa pareva bello e felice.
    Probabilmente, a parte Garwec, zona di confine con l'aspro e difficile Sud, quello poteva sicuramente considerarsi il luogo più pericoloso dell'intera regione orientale. Splendide piante, un clima umido e perfetto per la vita, la foresta era tuttavia sede di singolari quanto terrificanti creature, alcune delle quali sconosciute anche a lui che di quel mondo sapeva ben poco. Sicuramente, quel giorno il Saggio non era lì per studiare botanica, tantomeno per darsi alla zoologia, piuttosto era alla ricerca di una pianta specifica che sapeva crescere solo da quelle parti. Cercava almeno tre esemplari selvatici di bulbo di erbarosa che, non appena fosse tornato ai suoi laboratori a Garwek, avrebbe prima analizzato, estraendone dna nel tentativo di riprodurla artificialmente, per poi sminuzzarla e cuocerla con della Panacea Minore e delle radici di rosa prese dalla serra della Fata Amelie. In realtà gli sarebbe bastato prendere anche il bulbo dalla serra, tuttavia si stava dilettando nel cercare di codificare e schematizzare gli effetti delle varie pozioni a seconda della tipologia di piante applicate, ovvero selvatiche o non. In tal modo avrebbe sicuramente ottenuto risultati considerevoli nei costrutti bio-meccanici che aveva in progetto da qualche settimana e che, per il momento, non davano segni di miglioramento.

    -...

    Il nosferatu si guardò intorno non appena ebbe varcato la soglia di quel luogo incantato, per poi continuare la sua traversata senza battere ciglio, mentre il sole iniziava a tramontare alle sue spalle.

     
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  2. Felì.
     
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    "Ehn, stai crescendo bella forte, eh piccolina?"
    Accarezzò le foglioline verdi appena sbocciate che stavano sostituendo quelle malate e secche che, ogni giorno, si curava di rimuovere dai minuscoli rami. Il fatto che stesse parlando con un cucciolo di faggio avrebbe probabilmente suscitato ilarità nei più e probabilmente inquietudine in qualcuno.
    Secondo Beatrice Pandora però non c'era proprio niente da ridere: le piante erano esseri viventi esattamente come gli altri. Era come parlare con un bambino di pochi anni bisognoso di cure. Strinse le cordicelle dell' innesto con un mezzo sorriso concentrato sulle labbra pallide.
    Ad attirare particolarmente la sua attenzione fu un fruscio, diverso dai rumori che di solito animavano la foresta. Non era il pettirosso che gioca fra le fronde e nemmeno la volpe che fugge nel sottobosco. Era un rumore di intruso, di qualcuno poco abituato a calcare quei sentieri.
    Probabilmente solo un paio di boscaioli della valle o un qualche ragazzino che si divertiva ad esplorare. Eppure era raro che qualcuno visitasse quella parte della foresta; per di più a quell' ora del giorno. Fu così che l'enorme curiosità di Pandora la portò a seguire il debole suono, silenziosa fra le felci enormi.
    Le bastò un' occhiata da dietro una roccia per riconoscere la figura immobile. La sua formidabile memoria, con circa 2500 anni di allenamento, non poteva sbagliarsi: era il tizio con cui aveva intrapreso una missione poco tempo prima: Arthur Qualcosa Giles.
    Ah sì, un gran bel tipo, distinto ed educato, di quelli di una volta. Si sentì improvvisamente vecchia ad aver pensato una cosa del genere.
    In ogni caso, contrariamente al suo solito, forse proprio perchè quell' uomo le stava pallidamente simpatico, decise di mostrarsi, invece di ritirarsi alle sue mansioni nel cuore della foresta.

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    Le mani sui fianchi ed uno sguardo tra l'incuriosito e il divertito si paleso sulla cima di una piccola collina alberata, fra i tronchi. Appoggiò la bisaccia con gli attrezzi a terra ed alzò un palmo in segno di saluto e parlò, con la sua voce bassa e musicale.
    "Bentrovato, signor Giles!
    Mi auguro si ricordi di me; cosa è venuto a fare di interessante qui, a Fanedell?"

    Aveva usato un tono cordiale! La cara vecchia Beatrice cominciava seriamente ad invecchiare.
     
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    Aveva percorso un lungo sentiero tortuoso, e dalla pianura era giunto in una zona collinare.
    Il cielo, intanto, da azzurro iniziava a tingersi lentamente di tinte calde, accompagnando con quella luce soffusa i passi del Saggio nella parte più interna della selva, esattamente dove gli era stato detto di cercare i famosi bulbi di erbarosa prima citati. Accadde tuttavia che un suono dolce come solo la voce d'una donna poteva essere lo fece trasalire dai suoi pensieri, portandolo a voltare piano la testa alla fonte di quel richiamo.
    E la vide.
    La riconobbe subito, considerando la sua mente allenata e la memoria fotografica.
    Una donna bella, affascinante, la stessa conosciuta durante la loro missione per conto del Gran Maestro dei LAM, la piccola Drusilia, colei che ebbe modo di sperimentare le "attenzioni" del mezzo-fatato Cluracan, suddito di Fata Amelie.

    -Non potrei mai dimenticare una donna come lei,
    potente quanto in gamba, Milady.


    Si rivolse a lei con un sorriso appena accennato, per poi dimostrarle rispetto e cortesia con un profondo inchino, come d'altronde era solito fare ad ogni fanciulla che incrociava sul suo cammino.

    -Il piacere è mio, Beatrice Pandora Delacroix.

    Tornò dunque in posizione eretta, guardandola con sguardo solo apparentemente distratto, eppure attentissimo ad ogni dettaglio della donna, anche i meno evidenti. In realtà non v'era ragione alcuna per quel comportamento, tuttavia l'esperienza di ricercatore e scienziato analitico lo avevano portato a comportarsi in quel modo anche in situazioni dove non era necessario. In ogni caso, postura ed abbigliamento sottolineavano un temperamento sicuro di sè, che tuttavia nascondeva un'anima introversa, considerando il posto in cui li portava.
    Che si fosse persa?

    -Trovo insolito questo incontro, tuttavia piacevole.

    Impossibile, non le pareva affatto una persona fuori luogo, soprattutto per la capacità di raggiungerlo in silenzio senza che lui potesse notarla, manifestandosi solo quando voleva.

    -Ero in zona perchè cercavo ingredienti per una pozione alchemica.

    Non continuò la frase, lasciando libertà alla donna di rispondere liberamente dato che, probabilmente, una domanda esplicita su cosa stesse facendo sarebbe risultata per alcune sgradevole, troppo per essere uscite dalle labbra di un uomo accorto e posato come lui.

     
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  4. Felì.
     
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    Pozione alchemica?
    Uno sbrilluccichio le si accese brevemente negli occhi. Un dito le volò prontamente al labbro inferiore, come se stesse pensando a qualcosa. Inarcò le sopracciglia in un colpo di genio e parlò nuovamente.
    "Erbarosa giusto?"
    Chiese, come se potesse leggergli nella mente.
    In realtà sapeva che quella era l'unica zona in cui fosse possibile trovarne. Già, ma non era comunque un' impresa semplice. Si chinò un attimo ed aprì la borsa, rovistandovi dentro per una decina di secondi, in un silenzio concentrato. Alla fine di quella breve ricerca si avvicinò ad Arthur reggendo due bulbi della pianta ricercata.
    "In questa zona l'erbarosa può essere colta solo al crepuscolo, nei giorni dispari, quando la luna è calante. Altrimenti non si mantiene e rischia di diventare perfino velenosa.
    Sembrano regole assurde, ma.. Questa foresta è un organismo a parte.
    Per quanto la studi faccio fatica a comprenderne i meccanismi, spesso!"

    Ammise, quasi delusa, più a sè stessa che allo studioso di Klemvor. Si pulì la mano sui calzoni neri riavviandosi la lunga chioma, per poi porgere le dita pulite all' uomo perchè potesse stringerle.
    Un' altra domanda le salì alle labbra e, a differenza del gentile vampiro che pensava a cosa fosse o non fosse conveniente, Pandora non ragionò nemmeno un secondo se trattenere la lingua per soddisfare le proprie curiosità.
    "Se posso saperlo: che tipo di esperimento sta preparando?
    Ha a che fare con la genetica della pianta o forse ne indaga gli usi a livello erboristico?"

    C'era una certa gioia nelle sue parole, come se sperasse davvero che Giles se ne intendesse di queste cose. Non aveva ancora trovato nessuno con un sano interesse scientifico per qualsiasi cosa si muovesse, solo un numero di pazzi sanguinari poco interessanti o particolari creature che, più che parlarci, avrebbe preferito vivisezionare. Non è che si fosse sentita sola, ma avere qualcuno con cui parlare di qualcosa che non fosse il nemico da fare a pezzi sarebbe stato piacevole.
     
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    Ascoltò con uno sguardo compiaciuto la donna mostrare una sagacia ed una preparazione davvero fuori dalla norma.

    -Esattamente quella.

    La guardò posare un dito sulle proprie labbra, porgendogli l'erbarosa dopo averla cercata nella bisaccia che portava con sè. Gli spiegò che si trattava di una pianta particolare, che poteva esser colta solo in determinate situazioni, in particolari condizioni. Ed il vampiro suppose che, avendola colta, probabilmente si intendeva di botanica ed astronomia, oltre ad avere degli accenni di alchimia.

    -La vedo preparata, mi fa piacere.

    Ah, se ci fossero state più donne come lei, sicuramente più arguta e meno frivola rispetto buona parte di quelle incrociate ad Est! Sicuramente avrebbe avuto una vita più tranquilla, come molti altri Saggi o le persone che discorrevano con loro; quasi non dormiva la notte da quando una gentile donzella si era rivolta a lui qualche settimana prima, chiedendogli se l'alchimia avrebbe reso il suo promesso sposo più aitante, per non parlare di tutte le ragazzine che si accalcavano a Palanthas per vari ed eventuali filtri d'amore. Gli dispiaceva ammetterlo, ma la sua materia non era per la "massa".

    -Ultimamente sto lavorando a delle bio-macchine che necessitano di una "linfa vitale", come gli esseri viventi, e pensandoci mi era venuta in mente la ricetta della Panacea Maxima, piuttosto complessa, considerando che fino ad oggi nessuno sia stato in grado di finirla con successo, tuttavia molto, molto utile ai miei scopi qualora uscisse come si deve.

    Prese i due bulbi, mettendoli in sacca delicatamente in modo da non rovinarli.

    -E beh, già che c'ero mi sarebbe piaciuto estrarne del DNA, in modo da riprodurla in laboratorio.

    Chinò il capo in sua direzione, in segno di ringraziamento.
    Poi riprese a parlare.

    -Lei è una persona davvero gradevole, oltre che sagace e preparata; mi domando cosa potrebbe fare questo povero ricercatore in cambio di tanta gentilezza.

    E poi la guardò, occhi freddi e grigi come l'argento nei suoi, intriganti e del colore dell'oro.


     
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  6. Felì.
     
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    Ascoltò interessata la risposta dell' uomo.
    Sicuramente ambizioso e molto interessante come progetto. Non si era mai cimentata in esperimenti del genere, forse perchè più interessata all' anatomia e alla necromanzia, in generale, e non tanto all' alchimia di cui possedeva buone basi, ma nulla di più.
    "In effetti una cosa per me potrebbe farla!
    Ho sentito parlare dei cosidetti Custodi delle Sette Vie e so anche che lei avrebbe un ruolo in questa.. Associazione?
    Eppure non riesco a capire bene la natura di questa cosa, posso sapere di cosa si tratta?"

    Dritta al punto senza esitare. Studiò l'espressione dell' uomo mentre si allontanava a recuperare la propria sacca che pareva alquanto pesante e piena, di cosa nessuno lo sa con precisione.
    "Comunque ho notato dello stupore nell'incontrarmi qui.
    Non mi sono persa, io nella foresta ci vivo. Da qualche tempo ormai.
    È un bell' ambiente, se si sa come addomesticarlo, in fin dei conti."

    Si osservò attorno con aria critica, come se studiasse gli alberi che la circondavano, quasi li conoscesse tutti per nome.
    "Io mi prendo cura di Lei e Lei di me!
    Ma forse la sto annoiando! Vuole seguirmi? Così può visitare il mio laboratorio."
     
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    Lui attese in pacato silenzio fino a quando non andò a prendere la sua borsa.
    Pareva pesante, troppo affinchè uno come lui non chiedesse di aiutarla.
    Infondo era un gentiluomo.

    -Desidera un aiuto?

    Il suo sguardo non era mutato, sempre freddo come il ghiaccio, tuttavia la sua voce era insolitamente profonda.

    -In ogni caso, più che associazione, oserei chiamarla "Gilda".

    Lasciò scivolare una mano fra i folti capelli neri, portandoli indietro.

    -Prende il nome dalla credenza che l'intera conoscenza possa dividersi in sette grandi rami, chiamati anche "Vie".
    Tra queste, Sophia è la Via dei Mondi e riguarda principalmente la storia, poi c'è Nazara, la Via delle Arti, ed è la via di pittori e scultori, ad esempio, ed infine Symphonia, la Via della Musica. Queste sono le vie dell'Hallarad, considerate di facile comprensione ed approccio immediato.


    Le disse con tono pacato e sereno, mentre si avviavano al "laboratorio".

    -Dopo queste ci sono le vie di Dugalad, fondate su principi e materie prive di mezzi di comprensione semplici e immediati. Tra di esse c'è Obeah, la Via della Guarigione, che si occupa delle meccaniche della vita in tutte le sue forme, la biologia ad esempio, oppure Regalia, la Via delle Leggi che si occupa di matematica o astronomia.

    Si fermò, osservandola attentamente, cercando di mantenere alta la sua attenzione.

    -In questo gruppo c'è la via di cui sono la Corona, o per meglio dire il Custode. Si chiama Khymeia ed è la Via della Genesi: ha scopo di capire l’origine della Vita e del Mondo, impadronirsi dei meccanismi che li guidano arrivando persino a creare nuova materia attraverso i segreti dell’alchimia e le leggi della chimica.

    Sorrise, mentre i suoi occhi parvero illuminarsi.

    -La mia Via vanta di essere una delle più potenti, ma anche una delle più pericolose, perché osare troppo senza giusta misura conduce alla perdizione o alla morte.

    Ridacchiò fra sè e sè.

    -Beh, non letteralmente dato che anche io non credo di essere esattamente "vivo", ma spero che il concetto sia chiaro comunque.

    Sospirò.

    -Infine c'è Dharma, la Via dello Spirito che si occupa di religioni, filosofia, teologia, spiritismo e cose simili.
    Spero di essere stato esauriente e non troppo noioso, anche perchè c'è troppo da dire ed è complesso essere sintetici in cose simili.


     
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  8. Felì.
     
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    Seguì con attenzione le parole, pendendo letteralmente dalle labbra del Nosferatu. Sapeva che avrebbe trovato qualcosa di veramente interessante a proposito delle dicerie dei contadini della valle. Proseguirono abbastanza rapidamente fra sentieri e piccole valli, Pandora in testa, silenziosa ed immersa nei suoi pensieri complicati, come al solito. Sembrava che i piedi seguissero una traccia precisa, senza bisogno che la Strega si impegnasse nemmeno a ricordare la strada. Naturalmente non aveva lasciato la propria borsa fra le braccia del vampiro, più per una questione di abitudine. Era gelosa delle proprie cose, questo era certo.
    Lentamente il paesaggio era cambiato: se prima la foresta era più ordinata ora era unicamente un intrico senza senso di rami e foglie. Erano giunti all' ingresso di una caverna, poco profonda, un' ansa di una trentina di metri scavata nel fianco di una parete di roccia che spaccava l'andamento pianeggiante che il terreno aveva avuto fino a quel momento.
    La Strega puntò dritta all' entrata di pietra, ordinata e liberata da piante e sterpi, appoggiando la sacca su una pietra. L'interno era fiocamente illuminato da strani globi luminosi affissi alle pareti di un dorato brillante. Era una luce strana, sfavillante e pareva che in ogni palla volasse una farfalla, ma forse era solo un effetto ottico. Al centro dello spazio tondo vi era un piano in legno nero, levigato. Era vuoto e lucido, ma strane macchie scure erano rimaste, in certi punti, indelebili nel tempo. Lungo le pareti di roccia viva vi erano altri ripiani più stretti e alti, di varie forme e misure. Il tutto condito da cassetti, mensole e un ampio numero di strumenti: boccette, ampolle, caraffe, coltelli, ciotole, pinze ed altri strani utensili mai visti. Tutto in un ordine perfetto ed asettico.
    Quella era tutta l' abitazione di Beatrice: non c'erano giacigli o ripiani per cucinare, escluso un grande focolare, nell' angolo prossimo all' entrata, su cui era sospeso un calderone annerito, tipico strumento da Strega.
    Le mancava solo la scopa ed il porro, poi era a posto.
    "Mh, sì.. Direi che il concetto è piuttosto chiaro."
    Commentò con un mezzo sorriso ombroso senza aggiungere nient' altro. Afferrò un paio di barattoli dalla borsa, portandoli su un ripiano, in fondo alla stanza. Per un secondo parve dimenticarsi della presenza dell' ospite, assorta nel compilare quella che sembrava un' etichetta, allacciata stretta al tappo di sughero. Il silenzio permeò per circa cinque minuti.
    "Alchimia avete detto?
    Questo è molto interessante. Cosa devo fare per entrare?"

    Un' altra domanda diretta, bando ai sotterfugi della comunicazione. Si girò finalmente, degnando l'uomo di un briciolo di attenzione. Lo studiò con gli occhi dorati, come se stesse prendendo appunti mentali.
     
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    Il vampiro seguì la donna senza timore alcuno, giungendo infine al famoso laboratorio.
    Ed in effetti lo trovò interessante, non tanto per le sfere o il calderone, oppure i vari strumenti di cui già immaginava l'esistenza dopo averla conosciuta, anche se poco, ma fu il dettaglio piccolo ma affatto trascurabile dell'ambiente asettico e pulito, l'ideale per uno scienziato, sebbene in molti potessero non essere poi così ordinati. Bella, arguta, preparata ed ordinata; quella donna era l'assistente perfetto ai suoi occhi.

    "Mh, sì.. Direi che il concetto è piuttosto chiaro."

    Disse lei, mentre lui si aggiustava i risvolti delle maniche.

    "Alchimia avete detto?
    Questo è molto interessante. Cosa devo fare per entrare?"


    Dritta al punto, decisa, diretta.
    E lui era fortunato.

    -E' molto semplice.

    Lo disse con una espressione soddisfatta.

    -Dovresti parlarne con la Corona della Via, che nell'Alchimia sarei io.

    Si avvicinò a lei, mani in tasca e solito sguardo serio.
    Eppure sembrava compiaciuto.

     
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  10. Felì.
     
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    "Ah, così semplice?"
    Chiese, con uno stupore che poco aveva di spontaneo, come se lo stesse genuinamente prendendo in giro. Chinò il capo, fissandosi l'unghia dell' indice sinistro con interesse. Si passò fra le mani il panno con cui aveva appena pulito un ripiano.
    "E c'è qualcosa in particolare che questa Corona è interessata a sapere?"
    In un paio di rapide falcate coprì la distanza che la separava dall'uomo.
    "Devo riempire dei moduli specifici?"
    Lo fissò dritto negli occhi ardesia, spostando il proprio viso pericolosamente vicino al suo; trovò curioso che nessuno dei due avesse bisogno di respirare. Avrebbe fatto perdere la pazienza ad un santo il sorrisino che affiorò sulle labbra di quella donna. Inarcò le sopracciglia rosse in un atteggiamento sicuro di sfida. Aveva un buon profumo. Poi, così come la sua attenzione era stata calamitata dal Saggio qualcosa d'altro se la portò via e Pandora riprese ad ordinare le proprie cose sui piani da lavoro, sistemando vasetti lucidi pieni delle cose più strane su i ripiani più alti.
    "Oppure devo sostenere una prova?"
     
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    L'uomo rimase in posa statica, immobile come una statua alle parole di lei, curvando solo leggermente il sopracciglio destro dopo aver colto l'ironia insita nella prima domanda. Tuttavia lui non si scompose, piuttosto rimase innanzi a lei fermo, sostenendo il suo sguardo che fu sicuro ebbe modo di far crollare molti uomini ai propri piedi.
    La fissò intensamente, e la donna non avrebbe mai potuto comprendere cosa passasse in quella mente che molti ritenevano "geniale", eppure incomprensibile, a tratti lontana, proiettata in pensieri e cose a cui pochi giungevano.
    Lui era un essere atipico, e non lo era solo il suo portamento da uomo d'altri tempi a distinguerlo, e nemmeno la sua razza o l'aver trascorso la propria esistenza studiando ed educando, assaporando come pochi altri il piacere massimo di avvicinarsi alla Verità senza poterla tuttavia mai raggiungere, come un'iperbole al suo asintoto.
    Lui era diverso per ciò che faceva, per come si comportava, per l'indole complessa ed ai più oscura.
    Probabilmente nessuno avrebbe mai compreso i suoi pensieri, gli stessi che aveva nascosto gelosamente dietro i suoi occhi, freddi come il ghiaccio, taglienti come due lame affilate, così attenti ed arguti da fare paura.

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    -In realtà non credo ci sia un protocollo di base, Milady.

    Sostenne lo sguardo, dritto nella sua postura posata ed impostata.
    La voce era tranquilla, come se avesse tutta la calma del mondo, nonostante il sorriso di Pandora.

    -Suppongo che per entrare basti convincermi.

     
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  12. Felì.
     
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    Non lo aveva smosso di un centimetro.
    Alla delusione per il proprio fallimento venne rapidamente a sostituirsi il sapore aspro della sfida. Voleva essere convinto? Va bene, lo avrebbe convinto. Anche se ciò avrebbe significato impegnarsi quasi controvoglia. Sospirò, grattandosi un punto fra i capelli rossi ed inclinando la testa da un lato. Rimase così per un paio di secondi, fra le nuvole di un pensiero complesso. Furono le mani a muoversi per prima, rapide: afferrò un paio di ciotole, il manlio per pestare le sostanze ed una serie di barattoli misteriosi.
    "Da dove provengo io esiste una leggenda a proposito di una Pietra.
    Si dice che dia il potere di tramutare ogni metallo volgare, perfino qualsiasi sostanza in oro puro."

    Mentre parlava aveva cominciato a mischiare un paio di polveri in una delle ciotole dosandole con un apposita misura, l'occhio attento al dettaglio, la mano sicura nel versare.
    "Cosa non farebbe l'uomo per il denaro?
    Nessuno naturalmente ci è mai riuscito a trovarla. E sa perchè?
    Perchè non esiste nessuna Pietra."

    e poi tacque, le labbra tese sui denti bianchi, concentrata nella propria opera. Aveva versato dell' acqua nella scodella ed il composto aveva preso un bel colore rosso sangue. Stappò un vasetto e ne estrasse con le pinze un piombino. Una semplicissima sfera di metallo povero.
    "Nessuna Pietra.
    Ma una formula sì, e basta sapere come utilizzarla."

    Detto questo immerse la pallina nel liquido. Un fumo denso, verde, scaturì dal contatto fra le due sostanze, insieme ad un odore corposo, indecifrabile, ma piacevole.
    Lasciò le pinze immerse per una decina di secondi.
    E alla fine ne estrasse una sfera di quello che pareva oro zecchino. La prese fra le dita delicatamente e la porse al vampiro.
    "Se non si fida la può pesare.
    Niente più che un trucchetto comunque, sarei ben felice di cimentarmi in qualcosa di più complesso se lo desidera."
     
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    Attese la donna immergersi nei propri pensieri, per poi mettersi a miscelare alcuni ingredienti.
    Riconobbe subito la ricetta, anche perchè lui stesso l'aveva sperimentata circa cinque secoli prima, ovviamente evitando di divulgarne i quantitativi esatti per il semplice motivo che gli uomini, a quei tempi, non erano ancora pronti a quello.
    Non si espresse a riguardo, piuttosto afferrò la pietra rigirandosela fra le mani, per poi porgergliela delicatamente per restituirla. Un gesto spontaneo, tuttavia singolare, perchè era quello di un uomo che trattava l'oro come qualsiasi altro minerale, più interessato a lui come elemento piuttosto che per il valore effimero che spesso gli veniva assegnato.

    -Notevole, davvero notevole.

    La sua voce era ancora seria e pacata, ed il suo sguardo non mutò di una virgola.

    -Ma se sostiene di essere in grado di fare ben altro, perchè non si lasci andare!

    Per la prima volta sorrise, e questo perchè avido di altra Conoscenza.

    -Mi mostri di cosa è in grado una donna come lei,
    sono sicuro che potrebbe perfino arrivare a sorprendermi.



     
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  14. Felì.
     
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    Riprese la sfera e la chiuse in un altro barattolo che aveva portato sul ripiano. Sorrise, divertita, mentre sistemava nuovamente ogni cosa al proprio posto.
    Quello era proprio un osso duro; i giochetti non funzionavano. Anzi, la stava apertamente sfidando a mettersi in gioco con serietà. Gettò la testa all' indietro e mosse in silenzio le labbra, come a chiedere pietà alla Dea.
    Eppure, senza commentare, fingendo di aver ignorato il sorriso avido di sapere dell' altro, si mosse con sicurezza nella stanza. Questa volta la preparazione prese una ventina di minuti buoni: Pandora si servì di diversi tipi di vernici colorate per preparare il grosso tavolo di legno centrale. Intrecciò linee e simboli in un complicato disegno, sembrava quasi che le mani munite di pennelli danzassero, mentre la Strega sussurrava qualcosa al vento, in una lingua di un altro mondo, ormai dimenticata. E chissà che Arthur non riuscisse a cogliere qualche verso nella propria lingua nativa, addolcita da un accento orientale alquanto inusuale.
    Alla fine del lungo processo Beatrice si chinò sotto al tavolo estraendone niente di meno che un corpo umano. Sembrava quello di un bambino.
    "E' deceduto per cause naturali un paio di mesi fa."
    si giustificò, perchè il confine fra scienza e pazzia a volte è molto sottile, e la Delacroix non ci teneva a farsi prendere per una psicopatica assassina di infanti. Adagiò il corpicino sul tavolo al centro dell' intreccio di simboli che reagirono all' istante rivestendo la pelle del piccolo defunto. Va bene: forse più che alchimia semplice quella era da considerarsi puro uso della magia. Ma dalle mie parti si dice che in guerra ed in amore tutto è lecito.
    La donna stese la mano a pochi centimetri dalla fronte bianca del cadavere e cominciò a recitare una lunga litania. Continuò per due minuti buoni, poi i geroglifici presero fuoco tutti contemporaneamente, illuminando a giorno l' antro e Pandora ritrasse la mano, fissando intensamente Arthur. Senza staccargli gli occhi da dosso la Strega parlò.
    "Ora alzati. E saluta il signore."
    Sillabò bene ogni parola, attenta a porre le pause giuste.
    Ed il bambino, con tutta la naturalezza del mondo, si alzò e camminò fino al vampiro, salutandolo poi con un profondo inchino.
    "Devo spiegarle in cosa consiste?"
    Chiese maliziosa.
     
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    La donna questa volta ci mise molto più tempo, segno che aveva in mente qualcosa di diverso, qualcosa di grande.
    Il vampiro rimase lì, immobile, nascosto nella sua penombra sempre più evidente al tramontare ormai completo del sole, quando inarcò per la seconda volta il sopracciglio non appena la donna estrasse il corpo di un bambino. Gli assicurò che era morto per cause naturali, tuttavia lo lasciò perplesso fino a che la sua espressione mutò di nuovo nel momento in cui la donna iniziò a cantare litanie di una lingua antica, una lingua che lui conosceva molto bene...

    -Febo luminoso, le dee ti lavarono in limpida acqua con mani sacre e pure, e ti coprirono con un candido manto sottile, intatto, e intorno avvolsero auree fasce.

    La guardò intensamente, e sul suo volto pareva espressa la parola "eureka".
    Di solito si usava il latino per quei riti, o l'aramaico ad esempio.
    Il greco era poco usato per la necromanzia, a meno che la donna non l'avesse imparata nel luogo e nel tempo in cui quella lingua era in vigore. Avrebbe potuto credere che l'avesse imparata da qualche nativo di quella terra che fu culla dei suoi natali, ma la tonalità e la cadenza non lasciavano dubbio alcuno. Quella donna veniva dal suo mondo, anche se non era esattamente sua concittadina.

    -Un tempo il nostro sangue sgorgò a fiumi sul suolo della tua terra, mischiandosi.

    Lo disse come per rispondere al probabile sguardo interrogativo della donna dopo aver ascoltato la traduzione delle sue parole.

    -Probabilmente sono più giovane di te, considerando la tua cadenza, ma i miei avi probabilmente ti incrociarono.

    La guardò impassibile, tuttavia il suo sguardo era particolarmente intenso, forse più dolce.

    -Tu vieni di Ilio, io nacqui umano come cittadino di Atene ai tempi di Socrate e Platone, che fu mio coetaneo.

    Posò una mano sulla testolina del bambino, sorridendogli senza timore.
    Infondo erano morti entrambi.

    -Necromanzia, una scienza eccezionale che tuttavia ritengo debba essere "controllata" da chi è in grado di svilupparla.
    Sei brava, Pandora. Mi hai convinto.


    Sollevò gli occhi a lei, e gli sguardi si incrociarono.

    -Sarò felice di averti come la mia Foglia, o se preferisci, assistente.
    Non sono particolarmente ricco, perchè ogni mio risparmio va alle mie ricerche, tuttavia ti ripagherò in Conoscenza.
    Tutto questo, ovviamente, se tu lo vorrai.



    Edited by Arthur Friederick Giles - 23/6/2011, 12:46
     
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