[LAM] Il ritorno d'un vecchio grifone.

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  1. Grifis:.
     
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    Così tanto avea da raccontar ai suoi commilitoni, che lacrima colse il suo viso rigandolo di un tenue dispiacere, dovuto non tanto al suo esser di nuovo a casa, quanto all'aver mancato al compito di Cavaliere cui in tanti facevan affidamento.
    Eppure, percorrendo le vie di codesta città volante, non riconobbe nessuno dei posti che un tempo, invece, era solito abitare. Volti nuovi, palazzi nuovi.
    Perfino l'Albero Casa gli apparve più bello dell'ultima volta che poté poggiarvi lo sguardo.

    Lo colse un'ansia improvvisa.
    Come un'onda che al capo al naufrago s'abbatte e pesa, così lui stranito faceva il giro di un posto che tutt'oggi era divenuto un'altro sconosciuto. Forse, si disse, era la vita condotta al di fuori di Endlos ad aver cambiato la percezione delle cose: vedeva il mondo con occhi nuovi, ritornava a casa come chi era sopravvissuto a una tremenda guerra.

    E nemmeno lui poté dirsi uguale al giorno che lo vide sparire nel Malestrom.
    Indossava una corazza d'argento dalle imperiose ali, che tutto il suo corpo copriva come l'abbraccio tenero di una madre. Da dove giungeva quell'armatura? E dove mai avea potuto reperire tali vestigia?
    Spero di incontrare volti conosciuti, a dispetto di quel mondo che gl'era sfuggito di mano... aveva così tante cose da raccontare.

     
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    "La memoria è un mostro: tu dimentichi, essa no. Archivia le cose, ecco tutto.
    Le conserva per te, o te le nasconde e le richiama per fartele ricordare, a sua volontà.
    Credi di avere una memoria. Ma è la memoria che ha te".
    (John Irving)

    Davvero non credeva che un giorno simile fosse arrivato. Drusilia Galanodel, Gran Maestro dei Liberi Aeris Milites era semplicemente affacciata al balcone che dava sui campi sconfinati del Latifondo, contemplando la freschezza di quel vento che portava un pò di respiro in una comune, calda giornata di primavera. Aveva appena completato i suoi oneri della mattina, ed era sul punto per scendere a controllare come andavano gli allenamenti in una delle due palestre dell'Albero Casa, quando davanti a lei vide la figura di un cavaliere avvicinarsi. La sua espressione non sarebbe mutata, se solo quello fosse stato un nuovo associato, eppure i begli occhi smeraldini si sgranarono, ed il corpo si irrigidì per un breve istante.

    No, non poteva essere.
    Grifis era morto!

    Ricordava ancora il giorno in cui le arrivò il responso di una missione svolta a Sud, per aiutare una famiglia imparentata con dei mercanti di Laputa, tormentata da alcuni nefasti avvenimenti collegati all'arrivo di alcuni strani individui incappucciati. Ricordava di aver mandato lui ed un altro aviatore in missione, e quando non tornarono dopo un mese, aveva avuto la buona idea di mandare qualcuno a fare un sopralluogo. Grifis Minos era stato messo fra gli archivi dell'Albero casa, segnalato come "deceduto in campo di battaglia", logica conclusione dopo aver trovato alcuni scheletri nei pressi dell'ultimo loro appostamento certificato, uno dei quali portava ancora la spada del collega. E allora... chi era l'uomo lì davanti a lei? Un fantasma? No, era reale... era Grifis. Non disse niente, piuttosto rimase lì per qualche altro istante, ed ebbe come la sensazione che l'uomo avesse appena incrociato il suo sguardo, il volto sollevato al cielo azzurro riflesso sui vetri della finestra del suo capo. Ebbe un sussulto, poi rientrò, lasciando ancora aperte le porte, precipitandosi per le scale e discendendo tutti i piani di quell'edificio nella speranza di raggiungerlo alla soglia dell'entrata per poterlo rivedere ancora.

    -Grifis!

    Avrebbe detto, con la voce smorzata appena dal fiatone.

    -Grifis, sei vivo!

    E poi gli si sarebbe buttata letteralmente fra le braccia, piangendo felice.

     
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  3. Grifis:.
     
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    Lo sguardo suo fuggiva un po' qui e un po' lì, perso in quell'architettura familiare.
    L'Albero Casa assunse tutto lo squisito significato insito nel suo nome: gli parve che l'avesse atteso così a lungo, speranzoso del suo ritorno, da non crederlo vivo adesso che era finalmente nel viottolo d'ingresso. Un vago sorriso capeggiò sul viso niveo di lui, mentre con una mano carezzava la muratura filamentosa della corteccia, fusa nell'insieme d'un palazzo di magnifica e squisita fattura. I polpastrelli eran maestri di frammentate sensazioni, dal momento che la loro memoria tattile di quell'edificio s'era perduta assieme alla vita del suo compagno, caduto in missione.
    Ed era passato tempo, troppo tempo.

    -Grifis!

    Qual deliziosa sopresa fece capolino sul viso, incastonato nelle ciocche color cielo; il suo sguardo d'auzzurri intenti si poggiò sulla figura che stava avvicinandolo, rapidamente. Così allargò le braccia, avendo invero intuito quanto di lì a poco sarebbe successo.
    E quando lei fu abbastanza vicina da aderir con il suo corpo al pettorale dell'armatura, lui la strinse come se avesse ritrovato un'amica, un'amante, una madre.
    Le mani poco avvezze al combattimento ma esperte di magia l'avrebbero cinta di un misto fra quanto di malinconico c'è nel sentirsi di nuovo a casa, e quanto di più bello si prova nel saper che, a distanza di tanti anni, qualcuno ancora ricorda...

    -Grifis, sei vivo!

    Calando il viso dai femminei lineamenti avrebbe avvicinato la testa di lei alla guancia, permettendosi - solo per pochi istanti - di goder di quell'abbraccio carico di gioia. Tuttavia, appena gli sarebbe stato possibile, avrebbe sciolto la vicinanza al suo superiore per poggiar con le ginocchia in terra; quel suo inchino riverente rivelò una nuova natura, una nuova impronta cavalleresca marchiata a fuoco nel suo animo.
    Era cambiato, Grifis. Non sembrava più lo stesso elfo di tanti anni fa, e non era solo la corazza di cui era bardato, ma finanché il suo timbro di voce qui espresso:

    Perdonatemi, ho mancato.
    Sono responsabile della vita di un compagno, di un commilitone;
    sono reo d'aver costretto voi all'attesa e, quest'oggi, al pianto... seppur sia esso felice.
    Non ho scuse e me ne assumo la responsabilità.


    Abbassò istintivamente lo sguardo, rimirando quel suolo.
    Delineò un'attimo di pausa nella sua arringa con l'intenzione di dare a lei la possibilità di replicare, auspicando in parole di monito o condanna pur sapendo che la Dama non era, mai e in nessun caso, persona dal promuovere l'ingiustizia in ogni sua forma.
    Nella sua mente correvano soltanto le immagini del compagno, ucciso alle spalle da alcuni manifestanti, e l'improvviso aumento della tempesta del Maelstrom, la cui forza l'aveva disarcionato dal suo grifone, Caska, per proiettarlo verso orizzonti infiniti.
    Laddove era rimasto per più di cinquant'anni.

     
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    Il Gran Maestro stette qualche attimo in silenzio, osservando mestamente il proprio soldato allontanarsi da lei, per poi inginocchiarsi al fine di domandarle umilmente perdono. Un perdono che lei gli avrebbe concesso senza rancore alcuno, perchè ciascun genitore fa festa quando un figlio torna a casa dopo tanto tempo, dopo essere sparito e, dai molti, creduto morto. Dunque lei non rimase in quella posizione imperiosa, piuttosto si inginocchiò, abbassandosi all'altezza dell'elfo, abbracciandolo ancora gentilmente, per poi accarezzare il volto di lui con un leggero bacio. Sorrise.
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    -Ora sei a casa, questo è tutto ciò che importa.

    Gli avrebbe dunque preso le mani, rialzandosi ed aiutando lui a seguirla, per poi continuare.

    -Ti abbiamo creduto morto dopo aver trovato le spoglie del tuo compagno, insieme ad altri scheletri.

    Lo guardò risoluta, ed in parte rattristata.

    -Ma non posso che esser felice di non aver perso davvero un uomo fidato, ed averlo poi ritrovato dopo sei mesi.

    E poi, lo avrebbe trascinato piano e dolce dentro la struttura.

    -Ma ora dimmi... cosa hai fatto in questo tempo?

     
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  5. Grifis:.
     
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    - Ora sei a casa, questo è tutto ciò che importa.
    Ti abbiamo creduto morto dopo aver trovato le spoglie del tuo compagno, insieme ad altri scheletri.
    Ma non posso che esser felice di non aver perso davvero un uomo fidato, ed averlo poi ritrovato dopo sei mesi.
    Ma ora dimmi... cosa hai fatto in questo tempo?


    Di nuove vestì s'addobbò il cuore, sapendo che né la fallimentare missione né la dipartita d'un compagno d'arme avevan cancellato il valore della sua vita, mettendone in secondo piano la dignitosa importanza. Eppur cotanta felicità ebbe sì breve vita, dal momento che il viso di lui, bello e delicato, divenne maschera trasfigurata di una sorpresa dal retrogusto amaro; e trasalì borbottando:

    Co-cosa? Sei mesi?

    Lei stava conducendolo per l'interno di quella struttura, da tanti chiamata Casa. Eppure lui non vi trovò la serenità cui anelava, pur sapendo che nulla di male potea capitargli allorquando avesse finalmente ripreso il suo posto nella gilda; ciò nonostante dovette specificare, dal momento che ritenne errato il conteggio del tempo della Dama.

    Mia Signora, perdonate l'impudenza. Io credo che voi stiate sbagliando: non sei mesi, forse cinquant'anni. E' questo il periodo della mia assenza, nevvero?

    E le sue certezze di colpo necessitarno di una ulteriore rassicurazione. Perché lui aveva vissuto mezzosecolo della sua esistenza lontano da Laputa, e dalla sua gente. E pur quando ebbe notato che la Dama, dopo tanto tempo, era ancor giovine e bella, si diede risposta quasi istantanea: ella è immortale, non può invecchiare.

    Sono più che certo che sia questo il periodo della mia assenza, tempo che io non dimostro essendo un elfo; eppure mi meraviglia che vi sia un tale errore.
    No, non sei mesi! E' sicuro...


    Fermezza volle insinuarsi nelle sue parole quanto nel suo sguardo, affinché la gentil Dama s'accorgesse che egli non stava mentendo: cinquant'anni della sua vita eran trascorsi chissà dove, e lui ne serbava il nitido ricordo! Mezzosecolo, in un mondo sconosciuto e ostile, ha lasciato un segno profondo nel suo cuore.



    Edited by Grifis:. - 7/7/2011, 15:21
     
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    Le mani affusolate e belle si posarono intorno ai lineamenti delicati dell'elfo, avvicinandoli al proprio volto per poterli osservare bene, preoccupata dello stato del suo cavaliere quasi fosse un figlio sotto l'effetto dei deliri di febbri alte oppure overdosi da zucchero. Ed infondo quell'espressione sul bel viso da silfide era più che giustificata, considerando le parole pronunciate dal suo interlocutore. Cinquant'anni? Che cosa stava dicendo? La bella si guardò intorno, indicando poi un calendario posato su un mobile a loro prossimo, mentre visi conosciuti si affacciavano per guardare chi stesse parlando con il Gran Maestro.

    -No, Grifis.
    Ti assicuro che sono passati circa sei mesi da allora, forse qualche giorno in più, ma sicuramente non mezzo secolo.


    E rimase lì a fissarlo.
    Accadde tuttavia che gli smeraldi si riempirono di uno strano scintillio, come se improvvisamente le fosse diventato tutto più chiaro.
    Sorrise.

    -A dire il vero, forse ho compreso il motivo di tale disguido, se così possiamo chiamarlo.

    E rimembrò il suo primo incontro su Endlos del vecchio amico Yang, in seguito al Patto di Lordaeron stipulato con la bella Kalia, dove lui affermò di essersi separato da lei solo per qualche ora, mentre per lei era passato più di un mese.
    Forse il Maelstrom non era solo una tempesta di elementi e strade, forse anche il Tempo era sottomesso al suo volere.

    -Devi sapere che Endlos è un mondo separato dagli altri.
    Chi viene e chi va spesso non segue la normale linea temporale che crede di vivere.
    Forse per questo quelli che per noi furono pochi mesi, per te fu molto di più.


    Un'ultima carezza, e poi l'avrebbe lasciato andare.

     
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    E d'un tratto di gioia e in festa il cuor suol si volse.
    Un battito carico di felici novelle battezzò la sua anima, e lo sguardo suo ora più vivo si accese su speranze non ancora perdute; così eran solo sei mesi, la sua vita nell'Endlos sembrava esser ferma ad allora. Contento di ciò, e scusandosi d'aver dubitato della dama, ei alzò lo sguardo rivolgendo a lei un sorriso dolce e incantevole:

    Felice di sapermi libero da un sortilegio, così come felice sono di non aver smentito le vostre parole; e tuttavia io quel mezzosecolo l'ho vissuto, ardentemente, sperando di tornare in questa Casa.

    La sua voce, rotta dall'emozione, fu solo l'anfratto infinito di un universo che frastagliato s'affacciava sulle piege di un animo adesso rinnovato, tanto che la sua felicità nel sapersi vivo a breve distanza dalla sua scomparsa, pur non cancellando la morte del suo compagno d'arme, ridonò uno sguardo la cui vita all'interno era sì forte da bruciare come un fuoco.

    Mia Signora, se m'è concesso...
    Sarei ben felice di cancellar lo mio nome dai necrologi, e firmare invece quello dei Cavalieri Grifoni.
    Al vostro completo servizio.


    Così era tornato, il vecchio Cavalier.
    Lui che sparve, e i dì nel mistero chiuse in sì breve sponda,
    segno d'immensa invidia e di pietà profonda,
    d'inestinguibil odio e indomato amor.

     
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    Felice di sapermi libero da un sortilegio, così come felice sono di non aver smentito le vostre parole; e tuttavia io quel mezzosecolo l'ho vissuto, ardentemente, sperando di tornare in questa Casa.

    La Dama annuì con il capo, contenta di avere fra le sue file un soldato così fedele.

    Mia Signora, se m'è concesso...
    Sarei ben felice di cancellar lo mio nome dai necrologi, e firmare invece quello dei Cavalieri Grifoni.
    Al vostro completo servizio.


    E allora lei gli carezzò il volto, facendogli segno di seguirla per le scale, in modo da poterlo accompagnare fin sopra il proprio ufficio. E così raggiunsero la sala dei burocrati, e poi i dormitori e la palestra, e poi su a salire fino a quella porta lignea e delicata che lui conosceva già molto bene.

    -La tua lealtà alla nostra causa è ben gradita.
    Fra tutte le cose di valore che possediamo, di certo questa è la più riconosciuta,
    nonchè tesoro più grande.


    E poi la aprì, e dallo spiraglio potè scorgersi il suo bellissimo ufficio.
    Allora entrarono, e gli disse di accomodarsi pure ad una delle due poltroncine vicino alla scrivania.
    Intanto estrasse dei documenti, scrivendovi qualcosa e porgendoglieli con garbo.

    -E' un mio ordine ai burocrati.
    Se ti fossi rivolto a loro direttamente i tempi sarebbero stati notevolmente più lunghi.
    così potrai tornare in servizio oggi stesso.

     
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  9. Grifis:.
     
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    La sua mano rapida ascese ad accogliere quei fascicoli, che così gentilmente lei andava porgendogli gentilmente.
    Li guardò e quanto a lungo, sommerso tra una lettera e l'altra, ne morì la vista al dolce ricordo: il giorno del suo primo ingresso nella verde aviazione quanta malinconia a sé conduceva, or ora ridestando un passato che credeva sepolto.
    E forse per questo il viso suo fu rigato da una tenera lagrima, che nascose con un rapido inchino e con parole sincere:

    Che la mia assenza sia stata lunga, o tremendamente corta, ho imparato che c'è qualcosa che non si fa per nessuno, e che si realizza... si realizza solo per se stessi: parlo di un sogno.
    Se c'è uno a cui sacrificare se stessi... c'è anche uno che, simile a tempesta, travolge migliaia di altri sogni.

    Perché per quanto siano irrealizzabili, la gente ama i sogni.
    Il sogno ci da forza e ci tormenta, ci fa vivere e ci fa morire.
    E anche se ci abbandona, le sue ceneri rimangono sempre in fondo al cuore. Fino alla morte.

    E se si nasce in questo mondo, credo che si dovrebbe desiderare una vita simile. Una vita da martire...
    Spesa per un Dio chiamato "sogno".


    Rialzandosi, tenne con se i documenti dell'arruolamento che avrebbe consegnato ai burocrati. Avrebbe salutato ancora la Dama, con il viso limpido e gioviale. Arrentrando, senza darle del tutto le spalle, si avvicinò all'uscio della porta ma prima di uscire aggiunse:

    E in questi cinquant'anni;
    Il mio unico sogno... siete stato voi.


    E andò via, lasciando echeggiare nella stanza le parole.
    La sua firma, quella, della devozione assoluta,
    alla Dama quanto alla sua Gilda.

     
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