[EM] La Sentinella Errante

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  1. Dracace
     
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    Tutt’intorno alla fatiscente catapecchia Merovish dorme un sonno agitato, lasciando che a disturbare le prime ore del mattino siano solo pochi ubriaconi tardivi, usciti, o per meglio dire cacciati, solo ora da qualche bettola. Tutto sommato non è poi così male come sistemazione, per uomini vissuti del vostro calibro. Sicuramente avete avuto giacigli peggiori. Solo, è in qualche modo inospitale, così fredda e spoglia, trasmette un vacuo senso di abbandono. Da una settimana ormai è qui che passate le notti, e fin quando non riuscirete a mettere le mani sulla base della Taiulia le cose non cambieranno. Al secondo piano, disposti a semicerchio, cinque pagliericci sono i letti che vi aspettano dopo ogni faticosa giornata. Quando avete siglato il contratto vi aspettavate forse comodi materassi con baldacchino, pareti riccamente decorate e un caldo pavimento in legno? Spiacente di deludervi, ma queste sono tutte cose che dovete guadagnarvi, quindi per il momento non vi resta che farvi andare a genio ciò che avete.

    Anche quella notte il vostro capo non si è unito a voi per approfittare del frugale riposo. Non avendo bisogno di dormire, passa le notti insonni chino su mappe e vecchie pergamene, alla luce di una lanterna, seduto su una cassa e con un baule vuoto per leggio. In qualche modo è riuscito a trovare antiche cartografie delle più profonde gallerie nelle cave del sapere e pare intenzionato a memorizzarle.

    A svegliarvi è un invitante profumo di focaccia, ben cotta, da far venire l’acquolina. Se non altro potete permettervi del cibo decente, con i soldi che mettete da parte. A darvi il buon giorno e un sorridente Veret, improvvisatosi cuoco, appena tornato dalle prime compere al bazar. Al centro dei mucchietti di paglia ha fatto consumare della carbonella e adesso su questa sta ultimando la doratura del gustoso pane ripieno. A giudicare dal suo umore deve aver fatto qualche scoperta interessante, questa volta.


    Ok, si comincia. Nel primo post mi piacerebbe leggere della vita che i vostri personaggi stanno facendo in questi primi tempi difficili. Potete collegare questa con un’altra ruolata oppure inventare di sana pianta cosa avete fatto ieri. Anche un piccolo resoconto, niente di troppo articolato. Non per forza, almeno. Fate colazione e preparatevi per sentire cos’ha da dirvi Veret.
    Scadenza: Non mi piacciono le scadenze, quindi per il momento, non ho intenzione di metterne. Se poi le cose si faranno troppo blande, mi impegno personalmente a darvi una spintarella morale di quando in quando.
     
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    Era rientrato tardi quella notte: si era fermato più del previsto in una bettola di Merovish, per intrattenere un gruppo di gentiluomini che aveva spinto un po’ troppo in là gli apprezzamenti nei confronti del Kuthiano.

    In parole povere, aveva scatenato una rissa.

    Ne era uscito stanco, con qualche livido, ma fondamentalmente sano.
    Il discorso era differente per gli altri…

    Nella catapecchia tutto taceva. Il Capo era puntualmente sveglio a studiare e lo vide con i vestiti sporchi di vino rosso (o era sangue?).
    Andò al secondo piano per distendersi e riposare qualche ora prima del mattino. Si tolse con cura l’armatura e si distese sulla scomoda paglia, facendo viaggiare la mente in progetti contorti…

    Sognò qualcuna delle sue vittime. Erano uomini e vecchi, donne e bambini, in rapida successione. Senza un particolare ordine cronologico si mostravano all’occhio della mente sognante, come una carrellata di fotografie sanguinolente. Era da tempo immemore che le sue vittime tornavano puntualmente a fargli visita nel mondo onirico. Bid’daum arrivava a benedire le rare notti in cui il suo sonno non era turbato da qualche nefasta visione. Non che il sangue e la violenza gli dessero fastidio – anzi – ma il continuo ripresentarsi delle persone ansimanti, impaurite e supplichevoli del suo passato era snervante.

    Che fosse una punizione divina? Chi può dirlo?
    Fatto sta che anche quella notte il Castigo dormì poco e male.

    Si svegliò finalmente la mattina successiva, abbandonando il regno dei sogni costellato di vittime.
    Un profumo di lievito e olio raggiunse le loro stanze, e il Kuthiano si sollevò faticosamente dal giaciglio. Si vestì in fretta e scese giù per mangiare, vedendo il capo sorridente intento a cucinare.

    Un borbottio indefinito fu l’unico saluto che ricevette in cambio Veret. La mattina era decisamente il momento peggiore per relazionarsi con Bid’daum: era ancora scosso dai fantasmi che lo perseguitavano nei suoi incubi.

    Devo far smettere questo tormento: di sicuro esisterà qualche stregone in grado di liberarmi dalle visioni di morte…

    Agguantò una focaccia e l’addentò voracemente, senza fare troppi complimenti.

    Il mattino ha l’oro in bocca… o almeno così si dice.


     
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    Le poche volte in cui Aristotelis girovagava da solo per il mondo sotterraneo di Mer-o-Vish, lo faceva senza armatura, avendo capito che attirare l'attenzione era il primo errore facile a commettersi, per i cunicoli e le gallerie praticate da individui ben poco affidabili.
    Chiaramente, se qualcuno avesse osato attentare alla sua incolumità, l'oplite si sarebbe difeso senza troppi problemi anche a mani nude, data la sua esperienza di guerra; il fatto era che, piuttosto, odiava dover avere a che fare con malintenzionati più o meno esperti semplicemente perché la sua armatura faceva gola a molti.

    Quella sera, si era recato nella Biblioteca di quella regione, una fonte di sconfinato sapere immersa nella roccia, come una sorgente d'acqua che nasce dalle profondità di una montagna.
    Con sé aveva il tomo preso in prestito durante il primo incontro con quello che ora era a tutti gli effetti il suo datore di lavoro, il non-morto Raem.
    L'ambiente all'interno della biblioteca era confortevole e, soprattutto, tranquillo, sicché il greco poteva dedicarsi allo studio della lingua di Endlos senza problemi, se non quelli logistici dell'apprendimento di un nuovo idioma.
    In particolare, trovava abbastanza snervante il fatto che, attraverso quel libro, potesse semplicemente imparare come leggere e scrivere, ma non come riconoscere le parole udite e parlare attraverso queste.
    Fortunatamente, Raem fungeva da valido traduttore nelle pochissime volte in cui Ariste interloquiva con altri cittadini.

    Tuttavia, passò poco tempo prima che la sua concentrazione, prima incentrata sullo studio, si dedicasse ad altri pensieri, primo tra tutti l'inspiegabile modo in cui si era proprio lì, le Terre del Sud, come le chiamavano gli abitanti. Era un pensiero ricorrente, nonostante la maggior parte delle volte l'oplite potesse apparire imperscrutabile.
    E così spesso si lanciava in congetture -perché solo di questa natura potevano essere le sue ipotesi- talvolta anche bizzarre per le concezioni comuni del suo tempo, eppure forse anche ovvie per quei popoli strani e magici.
    Prima che la sua mente viaggiasse a fondo in una fantastica teoria di un vortice magico che casualmente sconvolge il mondo, l'oplite decise che era tempo di tornare alla rustica base degli Eversori.

    Tornando sui suoi passi verso casa, con il corpo muscoloso che brillava sotto la luce delle rare torce di cristallo nei cunicoli, ebbe modo di ripensare all'ultimo, per così dire, acquisto del gruppo di cui faceva parte.
    Raem glielo aveva presentato come un altro viaggiatore, giunto in quelle terre per vie analoghe alle sue; a parte il pittoresco monocorno e alcuni disegni blu sul volto, quello che aveva colpito Aristotelis era stato lo sguardo del nuovo compagno: dalle iridi rosse traspariva solo malvagità.
    In ogni caso, non era compito suo giudicarlo. Raem lo aveva scelto, e questo era sinonimo di garanzia.

    Giunto alla base, nel profondo della notte, vide l'evocatore ancora sveglio, intento a studiare con molta più diligenza di quella mostrata dal greco. Lo salutò con un cenno della mano, senza parlare.
    Si poi diresse al piano superiore, dove erano disposte delle brande di pagliericcio, e si coricò su quella dove era adagiata la panoplia, preoccupandosi di lucidarla con un panno prima di collocarla a lato del letto improvvisato, e si addormentò rapidamente.
    Come tipicamente gli accadeva, dormì senza sognare, o meglio, senza poi ricordare qualcosa al risveglio.

    Il mattino seguente si svegliò presto, alzandosi dopo aver recuperato totalmente in breve tempo tutte le facoltà mentali e fisiche.
    Su una branda vicina vide il compagno da poco arruolato dormire, girato su un fianco, evidentemente con qualche fastidio onirico.
    Scendendo le scale, un odore gradevolissimo di pane appena sfornato lo investì, facendogli affrettare il passo; giunto al piano terra, vide Raem, o meglio, Veret, cucinare il pasto mattutino.
    Aristotelis salutò l'acrobata, prendendo e mangiando velocemente una di quelle focacce ripiene, uscendo dalla casa per prendere aria fresca.
    Quando rientrò, pochi minuti più tardi, vide che il compagno mercenario era sceso a mangiare a sua volta, mostrando ancora alcuni segni del sonno.
    Accennò un gesto con la mano per salutarlo, poi aspettò le parole di Veret.
    Era di umore troppo buono per aver semplicemente sognato chissà quali piacevoli desideri.
     
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  4. Dracace
     
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    Con la bocca ancora intenta a buttar giù il primo boccone della giornata, vi apprestate a sentire che piani ha in serbo per voi il vostro capo. La voce chiara e giovanile di Veret risuona per la stanza vuota, rimbombando in ogni angolo del pian terreno.

    Dormito bene? Lo spero, perché vi aspetta una giornata più spossante del solito. A quanto pare il professore a furia di scartabellare tra le sue cartacce è riuscito a scovare qualcosa di utile. Dice che i primi scavatori delle gallerie sotterranee si sono presi la briga di costruire una specie di cripta, avete presente, no? Pareti squadrate, scritte, un altare di marmo massiccio? Bhe, fatto sta che Raem considera un peccato non buttarci un occhio, quindi tocca a voi andare in avanscoperta. Tenete e buona fortuna.

    Mentre ripete lo stesso discorso in greco, inizia a spostare con noncuranza plichi di pergamene, sparpagliandone una discreta parte sul pavimento. Passa qualche istante immerso in quel confuso ammasso di cellulosa, tirandone infine fuori una voluminosa manciata di carte. Solo quando si avvicina a voi e ve le porge vi accorgete che si tratta in realtà di una mappa, per la precisione la più singolare mappa che abbiate mai visto. Con inchiostro nero è stato riprodotto l’intero complesso dei cunicoli di Merovish, in scala uno mille. Il foglio è suddiviso in celle, ognuna a propria volta suddivisa in due parti. In pratica, piegando a metà le celle e rigirandole da un lato oppure dall’altro, è possibile ammirare due diverse rappresentazioni del groviglio di tunnel, la visione in profondità e quella in estensione. Leggerla non è affatto semplice, ma una volta fatta l’abitudine perdersi nelle profondità della terra diventa praticamente impossibile.

    Ormai consci di ciò che vi aspetta, abbandonate la base improvvisata e uscite fuori, nei passaggi in pietra semi adombrati dalla scarsa luce. Dopo un'ora abbondante di marcia sentite il piacevole fresco diventare un freddo insistente. Siete ormai a una ventina di metri sotto terra e la distanza tra le varie fiaccole è diventata tale da costringervi ad afferrane una per poter vedere dove mettete i piedi. Proseguendo, infatti, la torce risultano mancanti o spente, lasciando il pezzo di legno che stringete in mano l’unica fonte d’illuminazione lì dove da anni l’oscurità non è stata infranta.

    Passano altri dieci minuti prima che qualcosa di rilevante accada. D’improvviso, poco prima di una svolta repentina, compare ai margini della vostra visuale una sagoma accuciata a terra, sospettosamente simile a una figura umana. Potrebbe trattarsi solo di una roccia e della vostra mente, che ha deciso di farvi un tiro mancino, eppure quel profilo è così nitido, così continuo e ben delineato.



    Per intenderci, la sagoma si trova ai margini del vostro cono di luce, quindi non potete scorgerne che i contorni e qualche tratto.

     
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    Mentre ingurgitava una quantità sempre maggiore di focaccia, venne raggiunto da Ariste. Il Capo prese a parlare, spiegando che quel giorno si sarebbero inoltrati nelle profondità della terra alla ricerca di una cripta.

    Gli consegnò una mappa complicata e dettagliatissima, che gli sarebbe servita per non perdersi nei labirintici cunicoli della Tana. Bid’daum la prese e iniziò a rigirarsela tra le mani, osservandola minuziosamente.
    Dopo qualche tentativo di decifrazione, il Kuthiano era riuscito a comprenderne la chiave di lettura grazie alla sua spiccata intelligenza.

    Quel giorno lui ed Ariste avrebbero collaborato per conto della gilda, così uscirono per seguire la via tracciata. Il Castigo reggeva la piantina e dava indicazioni su quale strada prendere.
    Camminarono di buon passo per un’ora, mentre la temperatura si abbassava con l’inoltrarsi nelle profondità di Merovish. La luce era pressoché assente, così Bid’daum indicò una torcia al suo compagno e si espresse in un rustico greco.

    Tu prende.

    Aveva memorizzato qualche termine essenziale, che garantiva un minimo di comunicazione tra lui e l’oplite.
    Aveva chiesto all’altro di reggere la torcia perché lui aveva le mani occupate dalla cartina, e di sicuro l’ultimo dei suoi desideri era quello di bruciare il prezioso foglio.

    Quando Ariste prese la fiaccola, ricominciarono a camminare.
    Nei pressi di una curva stretta del cunicolo, i due intravidero una sagoma umanoide. Bid’daum fece segno con la mano al suo compagno di fermarsi, per poi intimargli il silenzio con un loquace dito indice posato sulle labbra.

    E poi avrebbe aspettato con i nervi tesi, sperando che quell’essere misterioso non intralciasse il loro cammino.


     
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    Aristotelis ben immaginò che Veret avesse qualche cosa da dire ai compagni.
    Difatti, prima in lingua madre e poi in greco, espose brevemente la questione all'oplite ed all'altro mercenario Bid'daum, illustrando loro la situazione e fornendoli di una mappa molto particolare che il greco non sapeva affatto come decifrare. Fortunatamente, il suo compagno sembrò capirla in breve tempo.
    Così, in vista dell'incarico ricevuto, Ariste raccolse la sua panoplia, assicurò lo scudo al braccio sinistro e legò la spada al fianco destro, pronto a partire.

    Districandosi tra i cunicoli, Bid'daum dettava direzione ed andatura di marcia, guidandosi magistralmente con la mappa ricevuta da Raem.
    Dal canto suo Aristotelis lo seguiva senza parlare, soffermandosi spesso a studiare i comportamenti del compagno e a squadrare la sua strana armatura, per poi assicurarsi che intorno a loro tutto fosse tranquillo.
    Man mano che scendevano sottoterra, la temperatura si abbassava sempre di più, fornendo un refrigerio abbastanza piacevole per i sensi.
    A causa dell'oscurità sempre crescente, Bid'daum diede una torcia ad Ariste accompagnando il gesto da una striminzita frase in greco, giusto per farsi capire.
    Così, illuminando man mano il sentiero da seguire, i due camminarono nelle profondità del sottosuolo per considerevole tempo, finché qualcosa non fece arrestare Bid'daum e fargli esortare il greco al silenzio.
    Lo smarrimento iniziale dell'oplite durò appena un istante, giusto il tempo di capire cosa avesse attirato l'attenzione del compagno: ai margini del sentiero, illuminata appena dalla luce del fuoco, una figura umanoide poteva essere intravista, accucciata e poco definibile.
    Non potevano dire con precisione di cosa si trattasse, pertanto decisero di aspettare una mossa di quella creatura, nel silenzio assoluto dei cunicoli sotterranei.
     
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  7. Dracace
     
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    Immobili nel corridoio di pietra, sentite il crepitio della fiamma scandire il tempo, apparentemente fermatosi. I vostri occhi sono fissi sulla sagoma ignota, ma quella non da il minimo segno di volersi muovere. Ora che le vostre pupille si sono maggiormente abituati a scrutare in quella tenebra, notate un particolare che prima vi è sfuggito. Dalla schiena del figuro, o per lo meno da ciò che dovrebbe corrispondere alla sua schiena, spunta un palmo di una strana e sottile sporgenza. Richiedendo un notevole sforzo ai vostri sguardi allenati, finalmente riuscite ad identificarne la forma. Si tratta di una lancia spezzatasi nel trapassare da parte a parte la schiena del malcapitato. Vuoi vedere che vi siete fermati per colpa di un misero moribondo?

    Quando vi avvicinate, trovate i resti di un imprudente avventuriero, dalla pelle secca e raggrinzita. Indossa un elmo dalla sottile lamina ferrea, ammaccata in più punti, e una rozza armatura in cuoio, evidentemente inefficiente nel tentativo di salvargli la vita. Se decidete di rigirare il morto su un fianco per osservare meglio la ferita, potrete notare come la parte finale della lancia sia di ottima fattura, intatta nonostante l’urto subito e l’inclemenza del tempo. Chi l’ha forgiata deve essere un vero mastro armaiolo, un fabbro dalla decennale esperienza. A pensarci bene, tu, Ariste, hai già visto qui nel sud una simile precisione nella difficile arte del forgiare. Non è passato molto tempo da quando, insieme a Veret, avete consegnato un’intera cassa di scintillanti punte per frecce. Possibile che l’amico dell’evocatore possa essere indirettamente connesso con il misterioso assassino delle profondità? Perfino probabile, a pensarci bene. Dopo tutto, quale mercante si tirerebbe indietro davanti a una buona occasione, qui a Merovish?

    Intanto, osservando la mappa e confrontandola con l’improvvisa svolta del tunnel, Il flagello scorge un annotazione minuta, a margine della casella in cui i due Eversori si trovano. Con grafia piccola e stretta, la mano dell’accademico ha lasciato una breve annotazione, relativa al tratto di gallerie che state percorrendo.


    *Probabili incontri di sentinelle Elldroc. Evitate di attirare la loro attenzione!


     
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    I secondi di attesa sembravano interminabili, mentre la fiamma crepitava nel cunicolo abbandonato. I due Eversori attesero, fino ad accorgersi che la misteriosa sagoma apparteneva ad un cadavere ucciso da una lancia. Una volta identificato che si trattava di un morto, Bid’daum pensò soddisfatto.

    Falso allarme, solo una stupida carcassa. Questi cunicoli oscuri mi fanno venire i nervi a fior di pelle…

    Decisero di proseguire per la loro strada, quindi il Castigo controllò la mappa per essere sicuro.
    Il suo sguardo cadde su di una minuta scritta in inchiostro nero, lasciata dal Capo. Segnalava la presenza di sentinelle Elldroc e li esortava a tenere un basso profilo.
    Il problema principale era che il Kuthiano non avesse la minima idea di cosa potessero essere le sentinelle Elldroc.
    Forse erano collegate all'arma che aveva trafitto l'uomo là disteso, ma non poteva esserne sicuro. Si rivolse ad Ariste in uno stentato greco, sperando che lui sapesse qualcosa.

    Raem scritto: qui pericolo. “Sentinelle Elldroc”.

    Indicò la cartina per rafforzare il peso delle sue parole.

    Malgrado il malaugurato presagio di minaccia, i due avrebbero continuato a camminare per raggiungere la cripta, inoltrandosi nelle profondità di Merovish.


     
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    Qualcosa non andava, e sia Bid'daum che Aristotelis lo capirono.
    La figura umanoide non accennava il minimo movimento, e i due mercenari si accorsero presto che la creatura era in realtà defunta, con una vistosa lancia conficcata nella schiena.
    Scaricata la tensione, l'oplite si avvicinò lentamente al morto, analizzandolo sommariamente; doveva essere lì da parecchio tempo.
    Ciò che lo rese pensieroso fu invece l'arma che attraversava il cadavere, poiché questa mostrava di essere molto valida e pregiata. Degli equipaggiamenti simili li aveva visti solo nell'armeria dell'amico di Raem, e la punta di quella lancia assomigliava tanto alle punte di frecce che avevano consegnato nell'oasi in mezzo allo Yuz-Rab.
    Tante coincidenze spiacevoli alle quali era meglio non pensare, per il momento. Così, ripresero il loro cammino verso la cripta.

    Ad un certo punto del tragitto, Bid'daum parve notare qualcosa d'insolito sulla mappa, e lo notificò all'oplite.
    "Pericolo sentinelle Elldroc".
    Che potevano mai essere? Ariste non aveva mai sentito parlare di creature simili.
    Forse erano quelle alle quali avevano consegnato le punte? Improbabile.

    Mai sentite. Continuare camminare.

    Stavolta fu lui ad utilizzare un linguaggio con il quale aveva poca dimestichezza, ossia quello del luogo.
    Tuttavia, si premurò di aggiungere un consiglio.

    Stare attenti. Mano su spada.

    Stavolta i sensi del greco sarebbero stati molto più affinati, per evitare possibili e spiacevoli sorprese.
     
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  10. Dracace
     
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    Qualcosa non vi convince, questo lo percepite entrambi chiaramente. È il sesto senso a parlare, quel prezioso alleato che avete affinato nel corso delle vostre “esperienze di vita”, se così si possono definire gli innumerevoli scontri attraverso cui siete dovuti passare. Non è un esatto avvertimento di ciò che sta per accadere, è più un vago presagio di pericolo. Una vocina lontana che sbraita a pieni polmoni il chi vive.

    Curioso come ancora una volta quella voce interiore abbia fatto centro. Non vi siete allontanati dal cadavere più di un centinaio di passi (ma siete poi sicuri di questo? Qui nelle gallerie il tempo sembra cristallizzato, tutto è in una eterna stasi) quando avvertite un suono mettere alla prova i vostri allenati riflessi. Strano da riportare, una specie di ritmico battere di un legno contro un altro, o comunque un suono secco e improvviso, prolungato. Che siano questi i versi prodotti dalle fantomatiche sentinelle? Per ora non potete far altro che attendere, preparandovi per lo scontro dove vi trovate o avanzando spavaldi nel buio, con la sola torcia a rischiararvi il passaggio.


    Post tranquillo, ultimo della descrizione. Dal prossimo le cose si faranno molto più movimentate^^
     
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    C A S T I G O

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    I sensi erano in allerta, pronti a captare qualunque segnale di minaccia. Capita spesso che in questi casi di ipertensione dei nervi, si percepiscano suggestioni create dalla propria mente. Nient’altro che illusioni, frutto dello stress e di una eccessiva attività del cervello, che pur di percepire qualcosa, arriva a generare da solo le percezioni che sta attendendo. Queste allucinazioni inconsce sono la matrice di fantasmi, demoni e altri mostri presenti nella cultura popolare, che altro non sono che aberranti creazioni della mente di qualche contadino che era in ronda notturna e si è lasciato suggestionare dalla situazione spettrale.

    Ma su Endlos c’è sempre il rischio che la creatura più orripilante presente nell’oscurità dei tuoi peggiori incubi esca fuori dalle tenebre che l’hanno generata. Nella terra dove l’impossibile cammina sul piano della realtà, le creature più mostruose e sanguinarie tentano di strapparti la tua vita con artigli, zanne e (Dio solo lo sa) chissà quali altre spinose protuberanze.

    Bid’daum sobbalzò all’istante quando il suo orecchio percepì il ticchettio proveniente dalla galleria.
    Il suono era troppo regolare e forte per essere una semplice suggestione o inganno della mente.
    Più avanti doveva esserci qualcosa, e quella cosa si stava avvicinando. Non poteva essere di certo una creatura amichevole. Non in quelle gallerie buie, non dopo aver trovato un cadavere lungo il cammino.

    Noi ferma e combatte.

    Disse in greco stentato al compagno Ariste. Era meglio mantenere la posizione, non sapendo cosa avrebbero trovato avanzando di qualche metro.
    La torcia era tesa in avanti, per illuminare qualunque cosa fosse uscita dalla galleria.
    La tensione stava crescendo e la battaglia sarebbe incominciata di lì a poco.
    Sarebbe stata solo l’abilità dei due Eversori e stabilire il confine tra la vita e la morte.


     
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    Quando il sangue viaggia veloce verso gli arti ed ogni minimo rumore o ombra che sfugge rapida sui muri causano una contrazione della miriade di muscoli involontari sottocutanei, capisci che il tuo organismo è pronto a difendersi ed attento a qualsiasi segnale, amico o nemico che sia.
    Questo era lo stato in cui si trovava Aristotelis, mentre vagava assieme a Bid'daum per i cunicoli bui illuminati a malapena dalla torcia che portavano con loro.
    Il cadavere poc'anzi ritrovato non aveva fatto altro che aumentare la loro prudenza, consci del fatto che prima o poi si sarebbero imbattuti in quelle fantomatiche "sentinelle Elldroc" che l'avviso sulla mappa indicava pericolosamente.

    E non attesero molto, o forse più di quanto immaginassero, prima che i due sentissero un suono secco, come di rami spezzati o bastoni che cozzano tra loro, provenire dal buio pesto di fronte a loro.
    Non vi erano dubbi che fossero arrivati in prossimità di un altro essere vivente.

    Ci siamo, infine.

    Non proferì parola il greco, annuendo al consiglio del compagno di fermarsi a combattere, sempre che quel suono fosse prodotto da una creatura ostile, nella fattispecie proprio una di quelle sentinelle Elldroc.

     
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  13. Dracace
     
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    Silenzio e penombra, tutt’intorno a voi. Le pareti in pietra, mute, vi osservano, lasciando echeggiare tra le lisce superfici i vostri respiri in attesa. Una situazione struggente, a pensarci bene. Anzi, non fosse per l’imminente pericolo, potreste sedervi per assaporare fin in fondo quella pace senza tempo, lontana dagli affanni dei frenetici mortali. Peccato che si preannunci un impiego diverso per un simile paesaggio. Se veramente qualcosa vi attende, oltre quel buio, del sangue sarà versato, a breve. Il vostro o il suo, questo dipende unicamente da come agirete.

    Nuovamente il secco ticchettio fa capolino nel silenzio, più vicino e nitido. Ma non avete occasione di analizzarlo. Una lancia vi si fionda contro, sbucando inattesa tra le vostre persone. Veloce e sibilante, in direzione di chi, tra i due, sta reggendo la torcia. Un avviso, chiaro e semplice, impossibile da fraintendere : Cedere il passo e tornare indietro o far la fine dello sfortunato da poco incontrato.

    Ed eccoli, gli aggressori, semi illuminati dalla fonte di luce che ora forse avete lasciato cadere, per incassare il fendente. Mostruosi, ibridi, innaturali. Non animali, non uomini. Forme da insetto, uman’intelletto. Sono quindi questi i tanto citati Elldroc. Testa squadrata, con grossi occhi verdi e inespressivi, dotata di antenne e mandibole ossee ( mezzo di comunicazione di cui, a quanto pare, avete già avuto occasione di sentire lo schiocco). Corazze primitive, piccoli dischi all’altezza del cuore fermati da cinghie di pelle e panni smangiucchiati. Niente a che vedere con ciò che l’evoluzione è riuscita a donargli, nel corso dei millenni. Protezioni rossicce, luccicanti, robuste, distribuite su tutto il corpo. Zampe poderose, dalle estremità affilate come lame.

    Guerrieri temibili, inesorabili. Privi di personalità, votati al massimo sacrificio, pur di preservare il tanto amato bene comune. Campioni di un esercito innumerevole e innumerato. Tutte cose a voi sconosciute, per il momento. Non preoccupatevi, il fato è stato clemente in questo verso. Per la migliore delle esperienze didattiche, ha pensato di fornirvi ben tre esemplari. Guardinghi, ostili, determinati a scacciarvi. E tutti per voi, senza esclusione alcuna.
     
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    Kuthian

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    Nell’angosciante silenzio, lontani decine di miglia dalla superficie, la minaccia si rese visibile.

    Il Kuthiano vide per primo i tre esseri che si stavano avvicinando. I suoi occhi, capaci di vedere gli spiriti e le presenze esoteriche, notarono nella fitta oscurità un trio di luci iridescenti. Riconobbe subito che si trattava di anime e si preparò mentalmente all’incontro. Non fece in tempo a parlare ad Ariste che uno dei tre figuri scagliò una lancia in direzione del suo compagno.

    Poi si mostrarono, illuminati dalla luce del fuoco. Erano tre creature insettiformi, alte come un uomo e armate come un soldato. Possedevano tre coppie di arti chitinosi e le loro mandibole schioccavano ritmicamente.
    << Formiche giganti! >> avrebbe detto un civile.
    “Sentinelle Elldroc” aveva segnalato il Capo.

    Perché non ci ha avvisato di questi insetti? Che ne sapevo io cosa sono ‘sti Elldroc?!

    La giornata di Bid’daum era iniziata con la luna storta, e gli eventi stavano prendendo decisamente la piega adatta a peggiorare l’umore del Kuthiano. Avrebbero dovuto combattere, era chiaro: più volte il Castigo aveva controllato sulla mappa se esistevano delle vie alternative, ma quella era l’unico cunicolo che conduceva alla cripta.
    Dovevano passare.

    Noi attaccare!

    Il contrattacco iniziò quando l’Eversore distaccò un brandello della propria anima per inviarlo verso una delle tre fonti luminose. L’attacco spirituale avrebbe investito come un torrente in piena la sentinella centrale, sconvolgendo la sua psiche e facendogli abbassare le difese.
    Mentre il colpo era in atto, fu evocata nella sua mano destra la spada spiritica. Prese forma gradualmente, come un bozzolo di seta. Infine si condensò nella forma finale, mostrandosi per quello che era.

    Tàmerlein, la sua lama spirituale, era ansiosa di tranciare l’anima di quei mostri.



    Stato fisico: illeso
    Stato mentale: scocciato e deciso ad uccidere
    Energia: 100 – 15 = 85%
    Equipaggiamento:

    Kuthian’s Armor
    Al momento dell’arresto Bid’daum indossava un’armatura di fattura Kuthiana. I tratti particolari sono la leggerezza dei pezzi e la loro incredibile resistenza ai colpi.

    Comet Hammer
    Quest’arma è composta da una sfera di metallo del diametro di 15 cm e dal peso di 3 kg. Questo peso è agganciato ad una catena di acciaio della lunghezza di 2 metri.
    [Allacciato]

    Támerlein
    Il prigioniero possiede una spada particolare che supera la normale concezione di arma bianca. Si tratta di una lama incorporea che è l’emanazione stessa della sua anima. Recenti studi hanno portato a dimostrare l’ipotesi che quest’arma non sia in grado di danneggiare cose concrete ma solo spiriti e anime. Essendo parte stessa di Bid’daum, egli può scegliere quando farla comparire nella sua mano. [Tecnica attiva di consumo basso per far comparire e scomparire l'arma].
    La lunghezza di questa lama fantasma è di circa un metro e con un solo fendente di quest’arma lo spirito colpito viene distrutto e sparisce per sempre. Per quanto sia inservibile come arma di offesa classica, alcune sue peculiarità sono ancora misteriose, in quanto il detenuto è restio a mostrarla.

    Passive:

    Fuggitivo
    Il detenuto si è sempre distinto per la sua incredibile velocità, caratteristica che gli ha permesso più volte di seminare le forze dell’ordine semplicemente correndo. I suoi movimenti sono rapidi e letali e più di un poliziotto ha rischiato l’infarto tentando di inseguirlo. [Bonus 50% in velocità]

    Oltre la realtà
    La manipolazione degli spiriti ha apportato dei sostanziali cambiamenti nel fisico di Bid’daum. I suoi occhi sono in grado di vedere nitidamente i fantasmi e le anime, normalmente invisibili alle persone comuni.
    Gli spiriti brillano di una perenne luce trascendentale, che li rende visibili al Kuthiano anche di notte o dentro il corpo degli esseri viventi.
    Che essi siano spettri, presenze esoteriche o anime vaganti, non sfuggiranno comunque al tremendo sguardo inquisitore del Castigo. Infatti egli non si limiterà ad osservare, ma la memoria immagazzinerà la forma e il colore specifico che rende unica ciascuna anima. Egli sarà in grado di identificare lo spirito già incontrato in precedenza nella stessa maniera in cui le persone riconoscono un viso familiare. [Auspex spirituale, raggio 30 metri]

    Attive usate:

    Aggressione spirituale
    Questa tecnica leggendaria permette a due anime rivali di superare le barriere fisiche del corpo e di scontrarsi apertamente. Nel caso particolare, Bid’daum aggredisce con un’emanazione di spirito l’avversario. Lo spirito in movimento è visibile solo agli individui con vista per le presenze spiritiche ed è sotto forma di raggio. L’anima aggredita di solito è colta di sorpresa e le persone in grado di sostenere uno scontro di anime senza soccombere sono veramente poche. La forza distruttrice dello spirito può portare a danni permanenti all’anima del nemico, che si sentirà spossato e profondamente sconvolto da quest’attacco sferrato verso l’ultima frontiera della mente. Nel caso in cui la discrepanza fra le due forze in gioco fosse molto alta, il più debole spesso trova la morte.
    Tipo: attacco
    Consumo: medio
     
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    Quando dal buio una lancia si fece strada nell'aria, puntando veloce contro Aristotelis, il greco provvide immediatamente a frapporre lo scudo tra l'arma ed il suo corpo, deviando l'attacco nemico e rendendolo inoffensivo facendo cadere il giavellotto a terra.
    Era riuscito a vedere proprio all'ultimo momento l'offensiva nemica, poiché era lui a tenere la torcia che illuminava gli antri oscuri, offrendogli una visuale che, sebbene non ottima, si rivelò essere sufficiente a vanificare qualsiasi danno.
    Non solo, grazie all'illuminazione fornita dal fuoco ardente il duo di mercenari riuscì ad identificare gli aggressori, che si rivelarono essere tre creature mostruose, ibridi tra uomini e formiche, muniti di protezioni naturali e non che le rendevano presumibilmente temibili e difficili da sconfiggere.
    Cosa, a dire il vero, ancora tutta da dimostrare.

    L'unica cosa certa è che erano a loro ostili, ed avrebbero impedito loro di procedere oltre, sicuramente con tutti i mezzi possibili.

    Eliminiamoli.

    Senza perdere tempo, Aristotelis raccolse la lancia del nemico, rispedendola al mittente con una forza incredibile.

    Vediamolo, quanto resistenti sono questi esseri.

    Non voleva ancora lasciar cadere la torcia, ma nemmeno ritrovarsi disarmato, così lasciò cadere lo scudo ed impugnò la spada nella mano ora libera.
    In questo modo, si trovò a maneggiare una spada letale ed un bastone infuocato. Iniziava il combattimento.

    CITAZIONE
    Energie: 100%

    Equipaggiamento:
    La corazza, l'elmo e la spada corrispondono alle rispettive rappresentazioni.
    Il thórax e l'epibraxiōníos sono i pezzi di protezione del tronco, assai resistenti e molto pesanti, così da poter sopportare anche i colpi più pesanti; il krànos protegge tutta la testa e gran parte del viso, resistente quanto la corazza ma meno pesante in proporzione per non soffocare l'oplite; lo xiphos ha un'impugnatura ad una mano, con una lama di ottantacinque centimetri di lunghezza, affilatissima e molto resistente agli urti, tale da poter sostenere scontri con altre armi.
    Lo scudo, un hoplon acquistato recentemente, si abbina perfettamente al resto dell'equipaggiamento, ed ha un diametro di circa centoventi centimetri.


    Passive: +50% Forza, +50% Resistenza, +25% Velocità, +25% Agilità; Immunità Influenze Psicologiche fino a Medio.

    Attiva Utilizzata:

    Note: La lancia l'ho rispedita a quello che l'aveva tirata, quindi scegli tu verso chi viaggia, Dra'.

     
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26 replies since 8/7/2011, 16:48   401 views
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