[LAM] Qualche birra e poco più

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  1. Evan O'Byrne
     
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    Quando Evan varcò la soglia del locale mancavano pochi minuti allo scoccare delle otto.

    Sapeva bene cosa imponesse il galateo, per questo decise di anticipare la sua venuta, in modo da poter accogliere la cara Drusilia nel modo più appropriato possibile.
    E non per un eccesso di gentilezza, quanto più per la consapevolezza che le pillole che le avrebbe presto servito insieme a un pasto caldo e del sano alcool l’avrebbero – probabilmente – mandata su tutte le furie.

    Ghignò, inspirando avidamente l’odore pungente e aromatizzato che permeava l’ambiente. Era piuttosto modesto, ma sobrio, illuminato da luci discrete e soffuse e dalle piccole candele che adornavano i tavoli. Il locale era deserto, per questo Evan prese posto in un angolo che giudicò tranquillo ad una prima occhiata, in modo che gli schiamazzi dei successivi avventori non disturbassero eccessivamente l’incontro con il Gran Maestro.

    Nell’attesa ordinò una birra, alzando due dita inguantate di nero per richiamare il pigro garzone appoggiato al legno del banco.
    Sospirò Evan, ripensando alla serie di eventi DISASTROSI che si erano susseguiti nel resort extralusso: la perdita dei bagagli, la vacanza che più che una vacanza sembrava un test d’intelligenza, la cerca nei sotterranei, Ryusang che soffriva di claustrofobia…


    « Damn! »

    Gli sfuggì in inglese, mentre borbottando appoggiava la guancia sulla mano; Drusilia avrebbe fatto meglio ad essere puntuale.

     
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    "L’eternità è fatta di primi sorsi di birra".
    Proverbio irlandese

    Erano le otto precise e fuori tirava un venticello fresco che alla Dama dispiacque particolarmente abbandonare, dopo aver sofferto il caldo diurno per della giornata, occupata a dover vagare per Laputa, divisa fra Albero Casa e Mastio, tutta presa a dare ordini a destra e a manca affinchè ogni cosa fosse efficiente. Duro lavoro quello di un Ufficiale, peggio ancora se si aveva un'altro esercito da controllare, oltre a quello del proprio Alfiere. Per di più sapeva che erano tornati i tre che aveva inviato in vacanza ad Est, in anticipo rispetto alla tabella di marcia prevista, e non sapeva ancora la ragione di tutto quel trambusto; le era solo giunta la notizia dal Comandante Yang che il suo pari della Squadra Verde aveva intenzione di vederla per una "cena di lavoro", così da aggiornarla sugli ultimi eventi, cosa che lei aveva accettato senza indugio alcuno, sia perchè responsabile delle loro azioni inquanto Aviatori, sia per semplice curiosità. Si soffermò dunque pochi attimi alla porta del locale, sollevando il bel volto di silfide all'insegna per aver la certezza di non aver sbagliato. Bene, era il posto giusto.

    La porta si aprì, e lei entrò.

    Gli occhi di giada percorsero l'intero perimetro del locale, e lenta raggiunse il tavolo dove l'attendeva il suo Comandante Verde, mentre iniziava a spogliarsi della mantella che le copriva le spalle diafane. Intanto, numerose teste si voltarono nella sua direzione, come falene ipnotizzate dalla luce, gli sguardi attirati da quel vortice in grado di trarre a sè pensieri e dolcezza di cui solo lei ed il suo gemello erano avatar. Drusilia Galanodel avanzava fiera in un atteggiamento impostato e testa alta, quasi fosse una regina; conosceva bene la sua posizione, e non poteva permettersi di mostrarsi come un mansueto agnello, o i lupi l'avrebbero sbranata. Posò infine il suo indumento delle tonalità del cielo notturno su di una seggiola, per poi sedersi con grazia, accavallando le belle gambe nascoste da panni di seta candida come la neve.

    -Buonasera Evan, felice di vederti.

    Sorrise gentile al suo interlocutore, portandosi lentamente la chioma castana sul lato destro.

    -Come mai così presto a Laputa?

     
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  3. Grifis:.
     
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    immagine448r

    Fu per lui come ricevere una doccia fredda.
    Sgranò gli occhi fin quasi a perdere le orbite, mentre la mano lasciava scivolare via il bicchiere; lo afferrò al volo quando stette per cadergli, evitando di far rumore.
    La Dama del Vento, Drusilia, aveva appena fatto capolino nel locale assieme ad uno dei suoi superiori. La cosa non gli faceva affatto piacere!

    Per sua fortuna era incappucciato, nascosto dietro un drappo nero da mendicante.
    Si fece piccolo piccolo e, lentamente, afferrò la prima cosa che avesse davanti per nascondersi: il menù del locale fu per lui un'ottimo riparo.
    Cercò di tanto in tanto di lanciare un'occhiata al Gran Maestro, sperando che la sua fosse una breve visita; e se così non fosse stato, avrebbe tentato una silenziosa fuga nella notte.
    Ma non doveva assolutamente farsi scoprire!



    Edited by Grifis:. - 17/7/2011, 19:40
     
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  4. Evan O'Byrne
     
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    evan1

    Eccola, era entrata.
    Lo sguardo bigio era guizzato in direzione dell’uscio; splendida come sempre, bella più di una dea, Drusilia Galanodel, Gran Maestro dei Liberi Aeris Milites, aveva fatto il suo ingresso. Nel momento esatto in cui aveva varcato la soglia, le teste dei pochi presenti che – nel frattempo – avevano iniziato a riempire il locale, si voltarono all’unisono, appuntando sguardi estatici sulla sua figura snella e perfetta.

    Evan, invece, non si scompose affatto.
    E questo perché la sua mente era troppo impegnata a stilare il computo preciso degli effetti personali che aveva abbandonato, a calcolare l’ammontare del danno morale e quello dello stress subito, il viaggio di ritorno… oh, se c’era da parlare, quella sera.
    Sorrise, angelico e dolce come una creatura del cielo, alzandosi in piedi per porre il giusto omaggio ad una signora, come si confà ad un vero uomo; si prese persino la briga e il gusto di accostarle la sedia al tavolo, come un vero cavaliere.


    -Buonasera Evan, felice di vederti.

    « Buonasera a te, Drusilia. Il piacere è pienamente ricambiato. »

    E – intanto – continuava a sorridere.
    Imperterrito e instancabile, neppure la sua faccia fosse un calco di gesso. O vittima di una paresi facciale.


    -Come mai così presto a Laputa?

    « “Così presto”, dici? A me, lì sotto, è parsa un’eternità. »

    Il sorriso non spariva. Il viso del Comandante Verde era una maschera agghiacciante.

    « Ora, mia bella Drusilia… »

    Principiò con un tono pacato, pacatissimo, al punto di rasentare una quiete tombale.
    …Mannò, che dico. Quello era il gelo della Guerra Fredda.
    Evan, a Truman, gli faceva un baffo.


    « …perché non mi dici una cosa? »

    Il giovane, alto e slanciato – nero come un corvo – si piegò al fianco della Dama del Vento, flettendosi su un ginocchio mentre l’altro sfiorava il pavimento. Fissò gli occhi – due polle d’acciaio fuso, lucido e brillante – nelle verdi fronde dello sguardo della fanciulla, lasciando che vi scorgesse tutta la gelida immobilità del suo animo; mai stuzzicare un irlandese.

    « Perché non mi dici cosa ti è passato per quel cervellino bacato prima di spedirci in quel posto dimenticato da Dio? Perché no, vedi… io, vacanza non la chiamerei proprio. »

    E poi accadde.
    Tese le mani verso il volto della ragazza, e…

    Se Drusilia si fosse lasciata sfiorare, il Corvo avrebbe tirato le sue guance fino all’inverosimile, ma così tanto che la Dama non avrebbe avuto mai più modo e tempo di dimenticarlo per il resto dei suoi giorni.

    Quella era la giusta punizione.
    Perché se il bell’angelo pensava di riuscire a conservare il suo aplomb in presenza dell’Autarca…
    beh,
    aveva sbagliato di grosso.

     
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    Osservò il giovane irlandese alzarsi in tutto il suo metro e novantotto -ben più di venti centimetri di differenza!- osservandolo con aria ferma, eppure leggermente preoccupata. Ma se stava sorridendo? Infondo l'aveva perfino aiutata a sedersi, no?

    j077

    ...No.

    Perchè quando Evan sorrideva, quando diveniva tutto uno zucchero, era allora che c'era davvero da aver paura di lui, perchè quel sorriso, quella dolcezza altro non erano se non il suo autocompiacimento verso tutta la lunghissima serie di torture che aveva in mente per le sue povere, innocenti vittime. Che poi la vittima era sempre lei, questi erano solo dettagli di scarsa importanza.

    « “Così presto”, dici? A me, lì sotto, è parsa un’eternità. »

    Il volto di lui era divenuto serio, eppure lei ebbe un attimo di confusione.

    -Sotto? Sotto dove???

    E, ahimè, la lunga chiacchierata col fratello gemello Quarion di poche ore prima, manifestò sciaguratamente il suo frutto proprio in quegli attimi di panico, perchè si, quella faccia irlandese le faceva paura.

    -Evan... c-cioè... non dirmi che ti sei messo a fare cose sconce appena arrivato!!!

    Lo fissò scandalizzata.

    -Cioè, so che voi uomini avete certe esigenze, però...
    ...un pò di contegno, su!


    Fece per porgergli una mano sulla spalla, ma solo allora la Dama del Vento si rese conto che il bello doveva ancora arrivare.

    « Ora, mia bella Drusilia… »

    Ahia...

    « …perché non mi dici una cosa? »

    A quel punto ci fu il panico, e lei non ebbe nemmeno tempo di alzarsi dal tavolo e darsela a gambe che lui l'aveva già braccata, prendendola con forza, afferrandole le gote del bel volto ovale per poi strattonarle come non le era mai stato fatto prima. E se al suo arrivo molte teste la fissavano incantate, adesso i loro padroni iniziavano a sghignazzare davanti a quella scenetta molto più consona a due fratelli che bisticciano, piuttosto che ad un uomo ed una donna al loro primo appuntamento.

    -Eeeeewaaaan!

    Piagnucolò con la guancia tirata all'inverosimile.

    -Lassamiiii! Fai maleeeeeh!!!!

    A quel punto, da brava sorellina, tentò di mordergli la mano libera per divincolarsi.

     
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  6. Grifis:.
     
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    Sì rapido nascose fugaci occhiate oltre il velo del cappuccio, che celava ardito lo sguardo di quell'elfo dal viso d'angelo e gli occhi di cristallo; la vista gli morì sul corpo di lei, bella come un Sole d'Estate, Gran Maestro dei Liberi Aviatori. Accompagnato dagli sguardi estasiati d'ogni uomo in quella bettola, seguì le movenze di lei finché non fu vicina a quell'uomo ch'ebbe riconosciuto essere il suo diretto superiore nelle verdi forze laputensi. Volse attento l'attenzione a loro due, incuriositosi.

    -Buonasera Evan, felice di vederti.

    « Buonasera a te, Drusilia. Il piacere è pienamente ricambiato. »

    -Come mai così presto a Laputa?

    « “Così presto”, dici? A me, lì sotto, è parsa un’eternità. »

    -Sotto? Sotto dove???
    Evan... c-cioè... non dirmi che ti sei messo a fare cose sconce appena arrivato!!!
    Cioè, so che voi uomini avete certe esigenze, però...
    ...un pò di contegno, su!


    « Ora, mia bella Drusilia… perché non mi dici una cosa?
    Perché non mi dici cosa ti è passato per quel cervellino bacato prima di spedirci in quel posto dimenticato da Dio? Perché no, vedi… io, vacanza non la chiamerei proprio. »


    Di cosa stanno parlando?, chiese l'incognito Grifis; poggiò i gomiti sul tavolo, maleducatamente, cercando d'apparir quanto più possibile uno zoticone del posto: quell'abituale ubriacone, allegrotto e un pò maliconico.
    La sua espressione però cangiò radicalmente di colpo: quell'Evan s'era di colpo proteso nei riguardi della bella, le pizzicò le guance come avesse pinze da granchio al posto delle dita! E tale fu la forza di un tale gesto che ella ebbe a gridarne:

    -Eeeeewaaaan!
    Lassamiiii! Fai maleeeeeh!!!!


    Il vederla dimenarsi come un delfino preso all'amo fu per lui un male profondo; e pur non sapendo di cosa stessero parlando, preferì agire e dar termine a quel supplizio: avrebbe afferrato un boccale di birra, scagliandolo verso il viso di Evan. Subito dopo però, pentendosene, si sarebbe nascosto come il peggiore dei codardi; credendosi al sicuro dietro quell'abito da mendicante, circondato da un mucchio di persone vestite quanto o peggio di lui!

     
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  7. Evan O'Byrne
     
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    -Sotto? Sotto dove??
    -Evan... c-cioè... non dirmi che ti sei messo a fare cose sconce appena arrivato!!!
    -Cioè, so che voi uomini avete certe esigenze, però...
    ...un pò di contegno, su!


    Quasi le scoppiò a ridere in faccia. E non per mancanza di rispetto: è che – a volte – Drusilia riusciva ad essere così involontariamente comica che riuscire a trattenere le risate pareva un’impresa impossibile. Per questo volse il viso dall’altra parte prima di risponderle, perché sapeva che il bell’angelo dagli occhi di smeraldo non gli avrebbe mai perdonato un simile affronto. Poteva essere ben permalosetta, la fanciulla, quando ci si metteva.

    evan2
    « Suvvia, Drusilia… serve davvero che ti spieghi come faccia Hevril ad essere l’unico sfondaletti tra noi? »

    Non che poi il Gran Maestro avesse modo di rispondere con le guance tirate a quel modo, ma l’eloquenza espressiva del suo sguardo era più che bastante per strappare a Evan un sorriso, sollevandogli un angolo della bocca ben disegnata nel ghigno bonario e un po’ mefistofelico di un bambino pestifero.

    -Eeeeewaaaan!
    -Lassamiiii! Fai maleeeeeh!!!!


    Detto, fatto.
    Il giovane lasciò andare di scatto le gote della ragazza, la cui pelle risultava arrossata laddove le dita del Corvo avevano fatto presa, riuscendo per un soffio a evitare che Drusilia addentasse le mani lunghe e sottili.


    « Ehi, non mord… »

    La frase fu troncata a metà.
    Con un guizzo fulmineo del busto Evan si gettò indietro, evitando per un soffio il boccale che viaggiava in direzione del suo viso, minacciando l’incolumità del Comandante; il bicchiere tagliò in due l’aria che lo separava dalla Dama con un sibilo violento e sordo, andando ad infrangersi contro la parete opposta, mentre – poco dopo – il giovanotto si tirava in piedi facendo leva sul ginocchio flesso.
    Accompagnato dal mormorio stupito della torma che ora affollava quella bettola di periferia, lo sguardo plumbeo dell’uomo scandagliò l’ambiente con una spietatezza chirurgica nella sua precisione, cercando avidamente chi aveva osato fare <i> – nella stoltezza della sua ignoranza – un simile affronto a un irlandese.

    Perché quella era una dichiarazione di guerra.

    La suola dei pesanti stivali scuri calzati dall’Autarca produceva uno strano rumore sul pavimento lastricato della taverna… l’unico che osasse rimbombare lungo le sue pareti viscide d‘umidità mentre si accostava a un figuro incappucciato, che Evan riconobbe come padre dell’affronto. Solo un bambino non avrebbe saputo raccapezzarsi in una situazione del genere. Un bambino, oppure qualcuno che non fosse aduso a simili luoghi e consuetudini.

    « Ehi, dico a te. »
    La voce risuonò di colpo stentorea, gelida più della tundra e profonda come una tomba d’acqua
    « Cosa pensavi di fare…? »

     
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    Dal momento in cui il boccale di birra volò per la sala, passando tra la Dama e l'Autarca, vi furono attimi di assoluto silenzio, e non era di quelli dove qualcuno era cortese e smetteva di parlottare per il bene dei tuoi nervi, ma uno piuttosto denso e carico, come lo è la quiete prima della tempesta. I più avrebbero pensato fosse il preludio a una rissa, ed anche se Drusilia non era certo il tipo da situazioni simili, aveva avuto modo di ascoltare spesso gli avvincenti racconti di Evan sulle risse in Irlanda, impreziositi da quello scintillio spavaldo ed entusiasta di chi vedeva il picchiarsi in taverna come qualcosa in cui riporre il proprio orgoglio. Vero era che faceva parte di usanze della sua terra natia, ma lei proprio non riusciva a comprendere certe cose... anche se tuttavia ne ebbe il presagio. Vide con gli occhi sempre più spaventati il Corvo dirigersi dal tipo che lei stessa aveva anche visto lanciare il boccale, con gli occhi freddi di chi ha appena ricevuto una dichiarazione di guerra, ed allora temette, perchè non solo non voleva che un suo associato avesse pubblicamente comportamenti da rissaiolo, ma era anche l'Ufficiale dell'isola, e per dovere avrebbe poi dovuto portare tutti in caserma.

    -Evan, aspetta!

    Esclamò la bella, prendendolo per un braccio nel tentativo di scostarlo.

    -Sono sicura che quest'uomo non aveva intenzioni ostili!

    Sorrise, dandogli una pacca sulla spalla.

    -Perchè invece non ci facciamo una bella bevuta tutti e tre insieme?
    Offro io!


    Perchè a volte era meglio pagare la birra, piuttosto che le guardie cittadine...

     
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  9. Grifis:.
     
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    « Ehi, dico a te. »
    Alzò il capo coprendo lo sguardo con i bordi del cappuccio cencioso. Sotto la penombra dello stesso, una rabbia cieca lo consumava.
    « Cosa pensavi di fare…? »

    Pensavo di darti una bella lezione.

    Tuonò.
    Si alzò di scatto dal tavolo e stringeva i pugni fin quasi a farne uscire del sangue. Una folle collera correva sul suo corpo, pizzicandone i nervi come si fa con le corde di un violino; e non poté resistere a quella pressione, tanto che aggiunse:

    Mi è parso che la signorina non gradisse le vostre maniere, che lasciano molto a desiderare.

    Di colpo ritrovò un coraggio che prima sembrò sepolto metri sotto il suo ego. Il suo superiore non sembrava averlo riconosciuto, il che era ovviamente un bene: la sua voce si fece più cupa, più maligna. Avrebbe afferrato la bottiglia di birra per infrangerla sul tavolo, usandola a mò di coltello; a fermarlo fu solo una voce, quella della Dama:

    -Evan, aspetta!

    Lei si frappose, facendo scemare gli intenti bellicosi del Falco d'Argento, in incognito.

    -Sono sicura che quest'uomo non aveva intenzioni ostili!
    Perchè invece non ci facciamo una bella bevuta tutti e tre insieme?
    Offro io!


    Avrebbe rivolto un'occhiataccia ad Evan, dubbioso che potesse così facilmente dimenticare l'accaduto, ma forse l'attrattiva di una bevuta gratuita avrebbe spinto la lite a tacere?
    In realtà quell'offro io fu come il fuoco per le falene: di colpo si avvicinarono alcuni clienti del locale che, avendo sentito la proposta della Dama, sembrarono interessarsi all'offerta.
    A quel punto Grifis disse:

    Per me va bene.

    Ma avrebbe bevuto poco, approfittando del caos per scappare via.
    Doveva ritrovare quel mercenario che aveva assoldato... e doveva fermarlo.

     
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  10. Evan O'Byrne
     
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    L’aria era diversa adesso.
    Come se si fosse trasformata in una massa gelatinosa e fredda, immota e greve, dal denso colore ambrato della melassa.
    Qualcosa che si poteva tagliare col coltello.

    Il tempo sembrò congelarsi e la vita mancare, per un solo, impercettibile secondo.
    Evan sembrava un chiodo conficcato nel pavimento, aguzzo, lungo e freddo, il suo viso declinato nella scala cromatica del bianco e del nero; gli occhi grigi specchiavano improvvisamente un disprezzo profondo e cupo, curiosamente sardonico.

    Eppure, di lui, tutto era assolutamente immobile.


    Pensavo di darti una bella lezione.
    Mi è parso che la signorina non gradisse le vostre maniere, che lasciano molto a desiderare.


    « Quali che siano i rapporti con la qui presente Signorina, non credo siano affar suo. »

    Tacque, perché non serviva aggiungere altro.

    -Evan, aspetta!
    Sono sicura che quest'uomo non aveva intenzioni ostili!
    Perchè invece non ci facciamo una bella bevuta tutti e tre insieme?
    Offro io!


    « Mi deludi, Drusilia. »

    Gli occhi – due polle di acciaio fuso – divennero improvvisamente rapaci nella loro espressione, ferini nello scrutare la porzione di viso che trapelava dal cappuccio calato – una maschera invigliacchente – come se ne potessero strappare la pelle striscia per striscia e scrutarvi l’anima al di sotto – sempre che ve ne fosse una in quel simulacro di carne e sangue.

    « Pensi davvero che mi abbasserei a un tale livello? »

    La voce risuonò metallica e distante, disumana e aliena, grondante disprezzo commisto a una tonalità indescrivibile. La pallida eco d’infinito che riverberava in essa ghiacciava il sangue nelle vene con un brivido che montava lungo la spina dorsale.
    E come per dare improvvisamente corpo alle sue parole, l’aria intorno all’Autarca parve farsi di piombo, e ogni fibra del suo essere trasudò un improvviso,
    tangibile senso di agghiacciante giustezza.

    « Ricordati che io sono giusto. »

    E non c’era bugia nelle sue parole, mormorate con una pacatezza talmente sobria da risultare finta.
    Non poteva esserci.
    Perché quella era la
    sentenza dell’Autarca, Prescelto e Vascello del Dio della Legge.

    Il silenzio calò di nuovo nella sala; era un silenzio strano, compito, quasi irresoluto, nato dal contrasto dolceamaro tra rispetto e timore riverenziale.
    Il Corvo si incamminò placidamente verso il tavolo che avevano occupato lui e il Gran Maestro sino a qualche istante prima, facendo cenno a uno dei garzoni di portare 3 boccali di birra: sembrava aver accettato la profferta di Drusilia.


    « Allora Sorella, questa bevuta? »



    Passive da tenere in considerazione:

    Aura dei Giusti: Altro non è che una aura di "cárisma" che circonda alcuni degli appartenenti alla gilda. Tale aura è invisibile tuttavia splendente per chi è in grado di guardarla, ed è un concentrato di Salvezza, Misericordia e Grazia. Coloro che avranno modo di osservare un portatore di tali doni, vedranno nelle sue gesta, anche quelle non apprezzabili, la manifestazione più alta di Giustizia, perchè Aviatore è colui che scelse di avere il dono di una vita spesa al servizio dei fratelli "Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto". [cit.]

    Eternamente Vigile: Vegliare perpetuamente per custodire l’ordine della legge, sia essa la legge degli uomini, siano le leggi imperscrutabili che regolano l’universo: questo è il compito dell’Autarca.
    Per tale motivo, Evan ha sviluppato le proprie percezioni superne in modo tale da poter percepire perfettamente l’ambiente che lo circonda nel raggio di 15m; quando qualcosa viola il suo uovo prossemica – sia esso un oggetto, una persona, o anche una tecnica – il Corvo è in grado di individuare precisamente la sua posizione nello spazio o un suo qualsiasi movimento o gesto. Il potere ha effetto anche nel caso uno o più soggetti interessati dalla passiva siano fuori la portata visiva dell’Autarca.


    Edited by Evan O'Byrne - 24/7/2011, 23:09
     
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    La bella trasse un sospiro di sollievo nel momento in cui i due accettarono il suo invito ad una bella bevuta, dunque si sedette al tavolo, con aria leggermente afflitta, prendendo poi la birra che il garzone portò a loro immediatamente, lasciando che gli occhi verdi si specchiassero nella bevanda di malto. Accadde poi che la mano delicata si posasse su quella dell'Autarca, mentre con un sorriso gentile si rivolgeva allo sconosciuto.

    -Non temere, anche se bisticciamo in realtà ci vogliamo bene.

    Si rivolse poi ad Evan, levando la mano pallida al volto dell'uomo ed avvicinando le sue morbide labbra rosse alla guancia, in un dolce gesto d'amore, carico di sincero affetto e fiducia, la stessa per cui l'aveva messo a capo del suo piccolo esercito. Perchè lei sapeva bene che lui era giusto, ma un pò di apprensione non guastava mai quando si parlava di qualcuno a cui si teneva molto. Infine tornò seria, sorseggiando la bevanda alcolica lentamente, in modo da non rendere troppo evidente il suo essere astemia partendo per la tangenziale al primo boccale.

    -Prima di divagare, prima mi stavi parlando di una cosa che mi preme molto.

    Il suo sguardo tornò infine sull'irlandese, di nuovo serio e preoccupato.

    j062

    Così vi rimase qualche secondo, in modo da ottenere tutta la sua attenzione.

    -Cosa è accaduto al Castello?

     
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  12. Grifis:.
     
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    La cosa gli costò una fatica immane, tuttavia decise di deporre l'ascia di guerra lasciando che fra i due corresse un muto silenzio; avrebbero rimandato, forse a un domani, quel loro bisticcio. Decise di sedersi al tavolo della bevuta senza togliere il cappuccio, quindi mando giù la birra tutta d'un fiato cercando di sembrare un povero ubriacone. Il sapore del malto stuprò le sue papille gustative, poco avvezze al sapore dorato della bevanda; mascherò il suo leggero disgusto con una smorfia, che sembrò quella di un rigurgito d'aria solitamente messo per via orale, soprattutto in occasione dell'ingerimento di liquidi gassati in gran quantità.
    Burp.
    Il suono non fu dei più eleganti, ma almeno gli era venuto su bene.
    Da ragazzo era solito fare simili scherzi, salvo poi smettere un po' a causa della maturità e un po' perché fosse destinato a più nobili propositi. Poggiò quindi il boccale sul tavolo con forza, cercando di riprendersi un contegno: il mercenario era ancora in giro, forse all'opera; e non poteva, per nessun motivo, lasciarlo a piede libero.
    Fece così per alzarsi di scatto, senza nemmeno ringraziare; e si sarebbe pentito, amaramente, di quel suo gesto!
    Lasciata la Dama sola con quello screanzato del suo Superiore, Grifis ora aveva un solo obiettivo: fermare il tizio che aveva assoldato.

     
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  13. Evan O'Byrne
     
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    Dopo che si furono accomodati al tavolo, il molesto avventore impiegò ben poco per svuotare il boccale, dare fiato al ristagno d’aria nel suo stomaco e abbandonare il tavolo senza troppi complimenti.
    Proprio il giusto comportamento da tenere quando si voglia impartire una lezione di stile.

    Preferì ignorare l’accaduto – prima che i suoi spiriti tornassero a bollire, con disapprovazione del Gran Maestro –, ma ci pensò Drusilia ad addolcire il boccone amaro con un bacio fraterno deposto sulla sua guancia rasata di fresco; il Corvo sorrise indulgente, sollevando un angolo della bocca e chiudendo gli occhi: il loro rapporto era tanto profondo quando particolare, per questo era improbabile che qualcuno – persino loro stessi, a volte – comprendesse davvero il loro modo d’interagire.

    Il moro sollevò una mano inguantata e la posò sulle testolina castana della fanciulla, scompigliandole con affetto i capelli mentre sorseggiavaa; non che volesse dimostrarsi avventato nel giudizio, ma non gli sembrò che Drusilia fosse molto avvezza all’alcol… una cosa, quella, che avrebbero avuto tutto il tempo di testare.


    -Prima di divagare, prima mi stavi parlando di una cosa che mi preme molto.

    Evan intanto si era alzato; la sua birra era quasi intatta.

    -Cosa è accaduto al Castello?

    evan4aLa osservò farsi compassata e triste mentre l’ampia schiena fasciata di nero trovava appoggio contro la parete del locale, con lo sguardo bigio dell’irlandese che s’immergeva nelle fronde verdi e rigogliose dei suoi occhi d’angelo.
    Come trovare le parole per spiegarglielo? Era una faccenda così delicata… ma non c’era altro modo, senza contare come lui fosse quello più adatto a fare rapporto su una simile questione. Nient’altro che uno scomodo diritto di prelazione.
    Meglio allora arrivare dritti al sodo.


    « Niente era come sembrava lì. Quella ragazza che abbiamo riportato indietro con noi… è lei la vera proprietaria del castello, mentre i gestori del resort erano degli usurpatori dediti a qualche culto esoterico di dubbia origine. »

    Fece una pausa per allungare la mano e afferrare il boccale da cui trarre qualche sorso: aveva la gola secca. Poi riprese con il suo consueto tono pacato.

    « La ragazza avrebbe dovuto riportare indietro la loro divinità rompendo un vaso antichissimo in possesso della sua famiglia da generazioni… una sorta di sigillo da spezzare, il primo di tre, e che – a quanto pare – non si è rivelato neppure quello giusto. Jasmine – questo il suo nome – ha detto infatti che, qualora fossero stati rotti, il cielo si sarebbe tinto di tre tonalità diverse, e dalla terra sarebbe sorto qualcosa in grado di radere al suolo qualsiasi esercito. »

    Il tono di Evan era man mano calato d’intensità, facendosi sempre più greve e fosco man mano che il racconto acquisiva in orrore e gravità. Sospirò.

    « …il vaso è rimasto intatto, ma il cielo si è tinto di magenta. Gli altri due oggetti si trovano rispettivamente ad Ovest e nel Pentauron. »
    Altro silenzio, rotto solo dal cicaleccio dei numerosi clienti
    « Abbiamo fallito, Drusilia, mi dispiace… »



    Abbassò il volto, specchiando lo sguardo – improvvisamente torbido e impenetrabile come un banco di nebbia – nei riflessi ambrati della birra.

    Le passive da considerare attive sono quelle del turno precedente
     
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    La Dama del Vento non rispose, piuttosto rimase immobile, volto basso, specchiandosi nel riflesso aureo della bevanda il cui calice era ora stretto fra le proprie mani. A quanto pareva la loro vacanza non era andata affatto bene, anzi, quello che per loro doveva essere un piacevole soggiorno si era rivelato una sorta di giallo, fra dissidi per eredità, usurpatori e culti esoterici di dubbia natura

    Insomma, nulla di piacevole.

    -Capisco.

    Rispose sulle prime, dando modo al Comandante di continuare.
    Intanto portò il boccale alle labbra rosse, buttando tutto il contenuto giù con una velocità inaudita, quasi fosse acqua.
    Iniziava ad agitarsi.

    -...

    Quando poi Evan le parlò dei sigilli, delle varie tinte che avrebbe assunto il cielo sconfinato ed infine l'evocazione di una minaccia in grado di distruggere qualunque esercito, la bella parve avere un attimo di smarrimento, presa alla sprovvista da una notizia che non si mostrava affatto piacevole o rassicurante. Cosa era in grado di fare qualcosa simile? Gli Alfieri ed il sommo Lord Aeon ne erano già a conoscenza? Cosa doveva fare lei, semplice Ufficiale con un piccolo esercito privato? Sperare? Agire? E come?

    -Voi non avete fallito.

    Esordì seria, levandosi in piedi e dirigendosi da lui, ignorando il leggero giramento di testa che pareva affacciarsi in lei senza esser stato volontariamente invitato.

    -Non ancora.

    Posò il capo sul petto di lui, cingendolo con un innocente quanto affettuoso abbraccio.

    -Due sigilli sono ancora intatti, e sta a noi rintracciarli e proteggerli.
    Solo alla fine potremo trarre le somme.

     
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  15. Evan O'Byrne
     
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    L’aveva accolta sul suo petto ampio, stringendola nello stesso modo amorevole che avrebbe riservato a una sorella, ma la piega amara non abbandonò le labbra del giovane nemmeno quando posò un bacio leggero sulla chioma castana della bella fanciulla.
    Nonostante apprezzasse le sue parole d’incoraggiamento, Evan non poteva non sentirsi responsabile per l’accaduto, sia per l’incarico che ricopriva all’interno della gilda, sia per il senso di responsabilità derivato dall’età adulta.
    L’unico pensiero in grado di lenire il senso di colpa era l’idea di porsi egli stesso al servizio della ricerca dei sigilli, in una corsa contro il tempo che lasciava solo vaghe speranze di riuscita; chiunque poteva entrarne in possesso, e in qualunque attimo.


    « Dovremmo metterci immediatamente alla ricerca dei sigilli; ogni instante è prezioso. »
    Mormorò amaramente, accarezzando in un ritmo regolare e cadenzato la schiena della sorella
    « Senza contate che sarebbe opportuno informare almeno i nostri più stretti alleati… »

    E al senso di colpa per quanto accaduto, si aggiunse presto l’onta della consapevolezza di stare caricando le esili spalle che stringeva di un peso forse troppo grande per loro… ma il Corvo sapeva che non esisteva alternativa possibile, se non quella di offrirle tutto il suo sostegno.

    « Drusilia, sono a tua disposizione. Per tutto. »

    La scostò gentilmente, applicando una presa delicata – ma salda – sulle braccia della fanciulla, per poterla guardare in volto: non v’era bisogno che parlasse per intuire tutto il suo stordimento e la sua costernazione.

    « Ora, però, che ne diresti se ti offrissi un altro giro di birra? »
    Era suo dovere smorzare la tensione, e farlo nel miglior modo possibile
    « Voglio davvero vedere se sei mia degna sorella… mostrami la tua indole irandese! »

    E – ridendo – la riaccompagnò alla sedia.

     
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