[LAM] Chiamare i rinforzi

Prequel alla quest "Nel Nome di Dio"

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    "Noi possiamo amare il genere umano soltanto in determinati individui concreti, ma mediante l’uso del pensiero e dell’immaginazione possiamo renderci pronti ad aiutare coloro che hanno bisogno del nostro aiuto".
    Karl Popper

    avanzamentoshattur
    Attendeva lì, seduta sulla poltrona nella sala più alta della torre dell'Albero Casa, il volto leggermente adagiato sul lato destro, in modo da rimirare l'immensità dei campi del Latifondo macchiati d'oro e rubini e smeraldi, quasi fosse una distesa immensa di gemme preziose. Le piaceva quel posto, molto di più della Città Alta e del Mastio stesso, considerati rispettivamente il cuore pulsante e la dimora dell'Elite della città volante. Quanti nobili in quel posto non comprendevano l'amore per la Dama verso quel girone abitato dagli umili, e quanti si domandavano ancora come fosse giunta una naufraga piovuta dal cielo per caso fino a quel punto, così potente da divenir loro pari, se non oltre. Eppure nessuno ebbe il coraggio di far domande, forse perchè ammaliati da quel bel volto, stregati dai suoi occhi, o magari per timore di qualche ripercussione, una vendetta. Drusilia Galanodel conosceva bene le voci che giravano sul suo conto, eppure se ne infischiava, ignorandole completamente. Lei, a differenza di loro, aveva molte cose a cui pensare, problemi decisamente più importanti di scalate al potere, nomine o raccomandazioni. Uno di questi, guardacaso, riguardava proprio la ragione per cui lei era lì ad attendere, tranquilla e pacata, in attesa dell'arrivo dell'Aviatore Minos, convocato con massima urgenza al suo cospetto per questioni di primaria importanza. La situazione era sempre peggio, ed ormai il tempo a loro concesso era contato. L'unica speranza restava in un uomo, uno dei primi associati entrati nel loro ordine, un fedele e valido soldato, lo stesso che era ormai sul punto di arrivare, lo stesso che avrebbe inviato come rinforzo ad un gruppo di suoi colleghi.

    Lui era la loro ultima speranza, prima che i loro incubi diventassero reali.

     
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  2. Grifis:.
     
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    Seduto all'ombra di un salice il legiadro Falco d'Argento mirava, sorridente, il ciel reso limpido dal venti di maestrale; e il suo sguardo cacciava avidamente le nuvole, quelle poche - azzurrine - che ancor volteggiassero sulla volta celeste. La mente sua era persa in mille pensieri, e ripensando alle cose accadute non poté fare a meno di sorridere, anche se tristemente: il pensiero di aver assoldato un assassino per svolgere un compito che, invece, toccava a lui e solo a lui lo fece rabbrividire; così come l'aver scoperto di quali relazioni e intrecci amorosi si veste la Dama del Vento. Non poté biasimarla: l'aria, libera, che vincoli può avere? Va forse dove vuole l'umana mente? No, certo che no.
    Così lei.

    Forse troppi tarli rodevano la sua mente.
    Di cosa era preoccupato? Per che cosa batteva il cuore così follemente?
    Poteva mai lei ricambiare lui, sbucato da un bosco antico e marchiato da una sinistra profezia! Si sentiva come uno specchio reso sporco da strane macchie, sentimenti che in lui s'affollavano forse con troppa foga. Era un'Elfo, certe cose erano a lui del tutto estranee ma non sconosciute. Rammentò delle numerose storie d'elfi con altre razze, ognuna delle quali aveva però un triste fine o una moraleggiante trama.
    Ciò significava che anche lui era destinato a un così oscuro e terso destino?
    Scosse il capo e con esso l'azzurro crine. Non andava bene, non poteva andare così; alzandosi dal suo seggio all'ombra delle fronde, rischiarò l'animo con una ferma volontà e una nuova decisione. L'amore era sì sentimento nobile per un Cavaliere, ma non lo era la gelosia, né l'odio e né la collera.
    Tutte cose di cui si era macchiato, di cui ora si sentiva sporco e profondamente indegno.
    E una voce dentro gli rideva contro:

    Tu la ami e faresti ogni cosa per lei, anche del male.


    Era vero.
    Maledetta, sincera e pronfoda...
    ...verità.

    *

    Raggiunse il centro del turbine dei suoi sentimenti con uno sguardo glaciale, come mai ne aveva sfoggiati prima d'ora. La gemma incastonata nel pettorare dell'Armatura del Grifone brillò di un rosso cremisi assai intenso, moldo diverso dal verde smeraldo ad essa proprio.
    Quest'aura di curiosa indifferenza, normalmente paragonabile alla flemma di un sottoposto che, compassato, si rivolge al superiore, fu il risultato del tentativo di cancellare lei da quel lato del cuore troppo tenero per accettare un rifiuto; da cui poteva derivarne una ferita profonda abbastanza da cambiarlo, da renderlo ciò che aveva sempre disprezzato.
    Perché la voce aveva ragione, e ciò lo s p a v e n t a v a.

    Grifis della Tribù dei Minos a rapporto.

     
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    Il giovane elfo trovò la bellissima dama adagiata alla sua scrivania, e quando lui fu dentro, lei stranamente si levò in piedi, andandogli incontro con passo cadenzato e sinuoso, mentre un volto preoccupato diveniva la maschera di una paura molto più profonda. Solo una volta aveva fino a quel punto temuto, solo una volta era giunta in quello stato di ferma determinazione, per non mostrare quelle debolezze di donna e figlia degli angeli di cui era vittima dalla nascita. Ricorava la notte del Day Two, ricordava la loro corsa per evitare una strage, ed allora era stato il Sergente Jattur a darle modo di comprendere che un capo doveva essere risoluto, perchè nessuno avrebbe seguito gli ordini di una fanciulla delicata e timorosa. Ma quella volta non ci fu nessuno a rassicurarla, se non la propria esperienza; lei non era una principessa, lei era ora un soldato, un comandante, e questo avrebbe dovuto tenerlo a mente sempre.

    -Ben giunto, Grifis.

    Lo guardò con occhi terribilmente seri.

    -Sarò lapidaria, perchè è accaduto qualcosa che non ci aspettavamo.

    Si avvicinò ancora a lui, posandogli le belle mani affusolate sulle spalle maschili coperte dall'armatura argentea, fissandolo ardentemente, smeraldo contro zaffiro.

    -I nemici hanno scoperto il nostro interesse nel fermare la rottura dei sigilli, e questa volta hanno fatto in modo di rallentarci, così da avere tutto il tempo necessario per fare i loro comodi.

    Le labbra rosse, così vicine al suo volto da poter assaporarne il respiro si mossero ancora, ferme eppure insicure, perchè lei sapeva di chiedere qualcosa che non sarebbe stato piacevole per entrambi, eppure necessario per molti altri.

    -Grifis, oggi ti darò un ordine che forse non ti piacerà, eppure è molto importante che tu lo esegua, perchè dove non colpirai tu, saranno colpite molte, molte persone innocenti in un immediatissimo futuro.

    Gli avrebbe carezzato il bel volto, sicura che lui non si sarebbe discostato.

    -Oggi ti chiedo di uccidere un uomo, rapidamente e senza neanche dargli modo di rivolgerti la parola.
    Si fa chiamare Daniel, ed è un giocatore d'azzardo assoldato per far perdere tempo alla squadra di Aviatori che ho mandato nel Pentauron per trarre in salvo l'ultimo sigillo. E' molto bravo a manipolare le persone, ed ha come abilità quella di rubare le anime, dunque c'è una possibilità che si sia già impossessato di quella di qualche nostro collega.


    Sospirò amareggiata.

    -Ma tu ignora tutto ciò, vai e colpiscilo al cuore, e le anime di tutti saranno liberate all'istante.

    Le braccia di lei poi scesero sul suo petto, scostandosi poi sui lati fino ad afferrargli dolcemente le mani.

    lipsl

    Le strinse forte.

    -Dimmi Grifis, sei disposto a farlo?



    Edited by Drusilia Galanodel - 18/7/2011, 17:16
     
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  4. Grifis:.
     
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    grifislato1

    Varcato lo ingresso della sala grande, vide chi si fregia del titolo di Gran Maestro; e costei, alzandosi, mostrò nei confronti dell'elfo un riguardo inusuale, andandogli contro con la falcata di una pantera, la cui cadenza d'ogni passo ben poco aveva di militare, e molto più ne attingeva dalla femminile sfera.
    Il viso di lei, preoccupato, nascondeva forse ben altri timori? Vide in lei una determinazion che mai aveva avuto modo di conoscere, giacché era egli venuto poi a mancare per un tempo sufficiente a renderlo ignaro di tante cose - forse troppe. Sicché il suo sguardo tradiva le movenze femminee di cui sopra mostrando al Falco la virtù del guerriero, che a dispetto del seno e delle curve sinuose palesò la ferocia degna di un qualsiasi uomo o cavaliere che si rispetti.
    -Ben giunto, Grifis.
    A occhi terribilmente seri corrispose un'occhiata di puro gelo, di ghiaccio perfino.
    -Sarò lapidaria, perchè è accaduto qualcosa che non ci aspettavamo.
    Lei si fece vicina, e mai quella vicinanza fu per lui di un tale fastidio; di colpo comprese che ciò che cercava non era fra le pieghe del reggiseno di lei, quanto oltre esso. E questa verità lo ferì come si uccide un uomo, cioé aprendo uno sguarcio nel suo petto! Le gemme preziose dei loro sguardi si sfidarono in tenzone e intanto le mani di lei gli scivolavan oltre, carezzando quelle spalle che per cinquant'anni avevano conosciuto solo e soltanto il freddo contatto del metallo, o il caldo bruciante delle ferite.
    -I nemici hanno scoperto il nostro interesse nel fermare la rottura dei sigilli, e questa volta hanno fatto in modo di rallentarci, così da avere tutto il tempo necessario per fare i loro comodi.
    Fiumi di parole sgorgavan copiosi dalla bocca di lei, le cui labbra d'un roseo pesco tradivano una certa insicurezza. Era forse per la loro vicinanza? O forse perché, per poter chiedere a Grifis qualcosa s'abbisognava di sciocchi mezzucci, come avvicinarlo, carezzarlo, toccarlo... e sì, farsi così vicina da baciarlo quasi.
    -Grifis, oggi ti darò un ordine che forse non ti piacerà, eppure è molto importante che tu lo esegua, perchè dove non colpirai tu, saranno colpite molte, molte persone innocenti in un immediatissimo futuro.
    Le dita eleganti fecere un balzo, passando dalle spalle al viso di lui, ed ei non si discostò - come da lei auspicato - ma nemmeno trovò giovamento da quella carezza.
    -Oggi ti chiedo di uccidere un uomo, rapidamente e senza neanche dargli modo di rivolgerti la parola.
    Si fa chiamare Daniel, ed è un giocatore d'azzardo assoldato per far perdere tempo alla squadra di Aviatori che ho mandato nel Pentauron per trarre in salvo l'ultimo sigillo. E' molto bravo a manipolare le persone, ed ha come abilità quella di rubare le anime, dunque c'è una possibilità che si sia già impossessato di quella di qualche nostro collega.

    - avvertì il sospiro, il cui gusto dolceamaro lo punse sulla lingua -
    -Ma tu ignora tutto ciò, vai e colpiscilo al cuore, e le anime di tutti saranno liberate all'istante.
    E fu allora che accadde: sentì lei scendere con il tatto verso il petto, salvo poi veleggiare fino ai fianchi dove avrebbe sperato di trovare le mani di lui e chissà, le avrebbe forse strette?
    -Dimmi Grifis, sei disposto a farlo?

    berserk1593584

    La sua aprima reazione fu indescrivibile, almeno per la Dama.
    Fece un passo indietro, così rapido e veloce da staccarsi abbastanza da anteporre un muro di schermo, ovvero quanto fosse sufficiente - la distanza s'intende - affinché l'unico contatto fra ambo i lati fosse il sol sguardo; e quello di lui divenne di colpo assai diverso. Forse solo lei, Drusilia, avrebbe potuto accorgersene: occhi di falchi si posavano su di lei - indagatori - e la scrutavano attentamente. In silenzio.

    Ogni vostro desiderio è per me un ordine.

    Si sarebbe poi voltato, freddo, mentre il suo tono di voce, assai cupo e tenebroso, echeggiò sinistro e grave in tutta la sala. E non fu solo la diversità del timbro a dover mettere in angoscia la Dama, quanto un cambiamento che in Grifis sembrò soltanto agli albori, dal momento che questi si sarebbe successivamente voltato per aggiungere:

    Maiori forsan cum timore sententiam in me fertis quam ego accipiam.

    Avrebbe quindi varcato la soglia dell'ufficio, sapendo già dove recarsi e avendo, poc'anzi, ricevuto l'ordine. Tuttavia, lasciò che echeggiasse nell'etere il suo monito che, accompagnandosi all'oscuro timbro di voce prima manifestato, dovevan forse indurre la Dama a riconsiderare tanto la propria capacità di giudizio, quanto quella del comando?
    D'altronde, Grifis non aveva torto quando diceva...

    Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell'ascoltarla.

     
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    Non appena lui ebbe la dura notizia staccò immediatamente le mani dalle sue, allontanandosi dalla figura dell'angelo. E lei comprese che Grifis aveva appena eretto verso di lei un muro alto che probabilmente non avrebbe più potuto abbattere. Per quanto tutto ciò le facesse male, perchè mai e poi mai avrebbe desiderato che una persona da lei amata non avesse cieca fiducia nei suoi mezzi, il Gran Maestro rimase fermo ed impostato, rigido e con un cipiglio orgoglioso, come se per lei non vi fosse nemmeno bisogno di muoversi per creare una barriera, come se questa già esistesse celata appena sotto il suo petto, circondando un cuore colmo di vuoti e cicatrici, ormai abituato a sopportare nonostante tutto, cosciente della sua maledizione e del fatto che probabilmente avrebbe continuato a soffrire per la sua intera esistenza, eppure motivato dalla sola, remota possibilità di rendere la vita di qualche altro migliore della propria. Fino a che avrebbe potuto salvare anche solo un innocente, lei avrebbe accettato qualunque cosa, anche di farsi del male, perchè tanto la sua esistenza era già segnata da anni.

    -Sappi che sono pienamente cosciente che le mie azioni, le mie decisioni, hanno un costo.

    Disse all'elfo, quando si fu voltato, dandole le spalle.

    -Quel costo si paga in vite, qualsiasi cosa io faccio.

    Lo disse orgogliosa, altera.
    Un vero comandante, come era giusto che fosse.

    -So di non uccidere più persone con le mie azioni di quante ne ucciderei agendo in modo contrario, ed è più di quello che un soldato possa sperare...

    Il respiro si spezzò all'istante, nel momento in cui lei si ritrovò a pronunciare le stesse, identiche parole che sentì dalle labbra del Sergente Shattur, il giorno del suo avanzamento di grado per meriti in guerra. Un tempo breve, eppure abbastanza lungo per far sì che Grifis se ne andasse via da lei. Fu così che la Dama increspò le labbra, posando il capo sulla vetrata del suo ufficio, guardando il cielo fuori che da limpido diveniva sempre più denso, fosco e grigio.

    -...ma non basta.

    Si disse, mentre la voce del Sergente le rimbombava nella testa.

    -E non basterà mai.

    Perchè in guerra non si doveva aver pietà, nè verso i propri nemici, nè verso sè stessi.

    -Ma viene fatto comunque.

    Sorrise malinconica verso il cielo grigio colmo di nebbia e nuvole cariche di pioggia, mentre solo allora iniziava a comprendere cosa intendesse davvero l'uomo.
    Chissà quante ne aveva passate...

    -Il mondo è crudele, Grifis; tienilo a mente o rischierai di precipitare.


    →Nature Reverence» E' innegabile che, dal suo arrivo su Endlos, il potere della Dama del Vento sia sensibilmente cresciuto: questo può essere in parte dovuto al fatto che ella abbia abbracciato il suo destino di guerriero Galanodel -imparando a non lasciarsi più frenare dal suo cuore tenero-, e in parte al fatto che la permanenza presso l'Isola nel Cielo l'abbia portata ad un più alto livello di comunione col suo elemento... Fatto sta che l’ambiente attorno a lei sembra aver sviluppato un legame quasi empatico con Drusilia, reagendo alla sua presenza e riflettendo come uno specchio i suoi stati d’animo. Il potere non genera mai effetti disastrosi o disagevoli, nemmeno per gli avversari, ma è una spia più che utile per capire che aria tira; se -all’improvviso- il cielo si annuvola... e se avete appena fatto o detto qualcosa di fuori luogo, fareste meglio a preoccuparvi di quei neri cumoli temporaleschi, perché potrebbero essere un terribile presagio di tempesta.
    In termini gdr, Drusilia è in grado di influire con lo scenario che la circonda, modificandone il clima, senza però raggiungere livelli in cui possa danneggiare realmente qualcuno (ha infatti solo effetto scenico o, al limite, può far intimorire qualche spettatore, nulla di più).
     
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  6. Grifis:.
     
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    A darle l'ultimo saluto eran soltanto le grandi ali della sua argentea armatura, come se di colpo fra lei e lui non ci fosse nient'altro che il freddo clangore del metallo, e la durevolezza di parole che son dette con il più freddo disinteresse. E invece non era così, non era così che Grifis aveva pianificato il suo ritorno. Tuttavia qualcosa di nuovo in lui, come una fiamma che arde sulla brace di vane speranze, rose anche l'ultima speme che potesse covar in core; e non si voltò nemmeno per appacificarsi, né tanto meno per fugare il disguido. Né per dire quelle parole che, fino ad ora, aveva detto solo al vento...

    E' un parto dolceamaro, è vita d'aria
    o notte bianca.
    T'amo, e sai che l'anima mia m'è stanca.

    Tenne per sé quel segreto, gelosamente. E voltandosi, le parole di lei lo ricorsero quasi rabbiosamente:
    -Sappi che sono pienamente cosciente che le mie azioni, le mie decisioni, hanno un costo.
    -Quel costo si paga in vite, qualsiasi cosa io faccio.

    Il tono di lei lo aggredì alla base del collo, dove il morso freddo della sua altezzosità affondò con forza, così tanto che gli artigli dell'orgoglio lasciarono una ferita forse troppo profonda per vederne una rapida e pronta guarigione.
    -So di non uccidere più persone con le mie azioni di quante ne ucciderei agendo in modo contrario, ed è più di quello che un soldato possa sperare...
    Un'istinto che non seppe spiegarsi gli suggerì che qualcosa in quelle parole non fosse farina del sacco della Dama. Ne conosceva bene il carattere, e sapeva che pesso la sua determinazione era forte dell'appoggio di chi le stava intorno. La cosa non lo meravigliò, pur trovando sciocco che l'animo di un Gran Maestro si reggesse sulle motivazioni di un suo sottoposto, e non sulla propria capacità di giudizio.
    Forse per questo non restò ad ascoltare per intero, preferendo uscire prima che lei terminasse la recita mnemonica dell'arringa.

    *

    Il mal tempo lo accolse.
    Il cielo era grigio, le nuvole sembravano portar con sé un bagaglio di pioggia che, con molto sollievo, avrebbero presto versato sul Castello Errante.
    Grifis era nel cortile dei Grifoni, accarezzando Caska con un'espressione di maliconia sul viso elegante. L'anima ruggì sommessamente, comprendendo il malessere di lui ma non potendo alleviarlo, né a parole - non potendo parlare - né con gesti - non potendo interagire, se non ruggendo appunto.

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    Fu allora che nel buio Grifis credette di vedere una persona. O forse vide se stesso?
    Costui, nella penombra della stalla, si stagliò diritto contro di lui; svettando abbastanza da poter fissare l'elfo negli occhi.

    Tu la ami, e sei disposto a uccidere per lei.
    Sei disposto a uccidere anche te stesso: solo per averla.
    Eppure già altri prima di te l'hanno avuta, e non hanno dovuto faticare molto.


    Sibilò la sua linga nel buio, una voce che solo Grifis poté sentire.
    Tanto che questi non ne sopportò il timbo, così arrogante e maligno! Afferrò la prima cosa ch'ebbe a portata di mano, cioé un secchio contenente il cibo per il grifone, e lo scagiò addosso a costui, il quale non fece altro che issare una mano e scomporlo.

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    Si sarebbe poi fatto più vicino al Falco d'Argento, sorridendo dietro quel casco nero di metallo, con gli occhi di fuoco ricolmi di ogni male; avrebbe ripetuto gli stessi gesti della Dama, ovvero il farglisi vicino, lo sfiorarne le spalle, poi i fianchi e infine le mani: su quest'ultime però sembrò incidere un simbolo, che bruciò come fuoco.

    SPARISCI!

    Gridò Grifis, allontanado quell'essere.
    Lo vide sparire in una nuvola di fumo, mentre attorno all'elfo si attorniavano persona incuriosite dal suo grido che, inutile a dirsi, era stato avvertito in ogni angolo dell'Albero Casa. Scuotendo il capo frettolosamente, il Cavaliere Grifone si apprestò a salire in groppa a Caska spiccando un volo reso disordinato dagli eventi che ne turbavano l'animo.
    Quanto mai sgraziato e pietoso, il volo dell'animale si stabilità soltanto dopo.
    E intanto spariva all'orizzonte, non sapendo....
    quanto fossero vicine le tenebre.

     
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