[CoB] La Democrazia Della Pioggia

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  1. Rokudou Mukuro
     
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    «Quando piove, non ti senti mai... Come se avessi l'anima pesante, Xanxus?»
    Roteava il calice tra due dita. Qualcuno diceva che per i superiori di spirito il contatto con la materia, vile, andava limitato.
    «No. ...No.»
    Il cacciatore sedeva comporto sulla sua sedia di legno. Davanti, guardava un muro vuoto. Stringeva le mani nelle mani ed il suo tono, la sua espressione, non lasciava trapelare niente.
    Forse perchè oltre le pieghe del suo viso non c'era davvero niente. Immaginare di sfilargli il volto come una maschera e di venire risucchiati da un buco nero. Un nuovo mondo dove tutto è piatto. Zero centimetri al livello dal mare. Un'immenso mondo precedente alle scoperte di Colombo.
    L'altro uomo fissava oltre la finestra uno sfondo grigio cenere.
    «Niente metafore pesanti, Xanxus. È politica anche questa. È frustrante guardare qualcosa che, nonostante tutti gli sforzi che possa compiere un uomo, colpisca allo stesso modo chiunque. Alla fine non si è mai abbastanza potenti per tutto.»
    Vino delle campagne dell'est, alta qualità. Non quello a cui era abituato nei suoi viaggi in Italia, ma almeno qualcosa comunque degno di una minima attenzione.
    «Lo ripeti sempre anche tu. Il potere non è mai abbastanza.»
    Un sorso.
    «Per questo volevo chiederti di seguirmi in questo lavoro. Collaboreranno anche gli altri. Al di là di tutto ciò di cui ci occupiamo, le vendite clandestine sono il nostro campo più fruttifero. Abbiamo bisogno di tutto il supporto possibile.
    E so che se ti chiedo una risposta secca tu me la darai.
    »
    «Ci sono.»
    Si prese qualche secondo per elaborare qualche informazione.
    «Ma voglio lavorare da solo. Sai che con Dino non so controllare il mio istinto.»
    Incredibile come due uomini adulti messi l'uno accanto all'altro siano capaci, nonostante le loro ossessioni e le loro idiosincrasie, di regredire ad un livello infantile che magari non avranno mai neppure avuto.
    Il decimo decise di ignorare quell'ultimo passaggio.
    «Alzati.»

    La vista dei mercati cittadini ormai cominciava a dargli quel lieve tocco di deja-vù. Non importa se viaggi per tutto il mondo se riduci tutto agli stessi identici e patetici schemi. L'originalità era in quel lieve tocco di pioggia che colorava di nulla tutto ciò che toccava, ma non impediva alla gente di uscire, di spendere. Curioso.
    Il Decimo era coperto del suo solito manto scuro. Nessuno doveva collegare la sua persona al cacciatore che gli sfilava a lato.
    Camminavano vagando a caso, aspettando un segno, per non dare nell'occhio. Un uomo incappucciato ed un altro in giacca e cravatta, con vistose cicatrici in vista e piume colorate legate ai capelli. C'era del paradossale, in tutto questo.
    Come in quella pioggia, che, democraticamente, cadeva su tutti, sui giusti e sugli ingiusti.

     
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  2. Narval
     
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    Pioveva per tutti, ma non tutti accoglievano la pioggia allo stesso modo.
    In quel vorticare di gocce inframezzate da un pallido nevischio, il Custode procedeva a testa alta fra la gente che si accalcava nel mercato nell'ingenua speranza di raccattare qualche affare.
    Sciocchi. Come facevano ad ignorare che tutto, in quell'algida cattedrale del consumismo che si apriva tra navate di sacchi di grano e guglie di seta, tutto apparteneva (e sarebbe continuato ad appartenere anche dopo la vendita) alle stesse persone che stabilivano il prezzo?
    Gli affari li fa solo chi vende: l'utilizzatore finale è
    carne da macello.

    Individuò con scarsa difficoltà il duo che lo interessava. In quel curioso gioco delle parti, stavolta toccava a lui fare da anfitrione, recuperando gli ospiti tra la folla per condurli ad una sede più consona.
    « Sei in compagnia: non mi ero sbagliato » pronunciò, a voce sufficientemente alta da farsi sentire da entrambi i convitati.
    « D'altra parte accade di rado » aggiunse,
    rivolto più a sé stesso che all'affollato auditorio -composto per lo più da persone che ignoravano la natura stessa di quella frase.
    « Seguitemi, prego. »

    Proseguì in silenzio per alcuni minuti, nella solita -pacata- postura, con le mani che sfuggivano alla vista sotto le lunghe maniche della pianeta.
    Infilando uno dei vicoli laterali uscì dalla piazza del mercato; districandosi in una tela di stradine soffocanti e crocicchi asfittici, venne fuori sulla via principale della città, che conduceva a Banebriar's Place.
    Si fermò di colpo davanti al grande porte d'ingresso d'un palazzo, intagliato in legno di cedro.

    « Quello è il Palazzo delle Stelle Estinte » chiosò, sollevando un braccio a sottolineare l'ovvietà della cosa.
    « E questa » concluse, accennando brevemente alla grossa portava che si stagliava di fronte a lui « è una sistemazione di fortuna. »

    Batte tre rapidi tocchi sul legno per mezzo del battente di ferro. Il rumore sordo dilagò per qualche istante, prima che arrivasse, in lontananza, il rumore di alcuni passi.
    « A breve troveremo un indirizzo che ci dia maggior credito. »

     
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  3. Rokudou Mukuro
     
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    Come annunciato, era lì.
    Cominciava davvero ad apprezzare quell'uomo, per quanto trovasse irritante il vincolo di fiducia che aveva applicato al loro accordo. Una vera mancanza di grazia, ma in affari, come ripetuto, sono i fatti a contare, più del denaro o di futilità vacue come le parole.
    Non ci fu il minimo di teatralità, com'era giusto che fosse.
    Non ci furono parole da dire, perchè ormai ci si era detti tutto ciò che serviva dirsi. Le presentazioni ufficiali, all'asciutto.
    Seguirono Narval per le vie di Najaza. Najaza, che sviluppava le sue strade come una piccola ragnatela, era brulicante di vita nonostante tutto.
    Un piccolo messaggio di speranza, la vita sorge nonostante tutto.
    Per questo doveva avere il potere di fermarla prima che fosse troppo tardi.
    Palazzo Delle Stelle Estinte.
    Un nome evocativo. Molto emotivo. Decadente. Non sapeva che risultato Narval sperasse di ottenere con quel nome, ma era apprezzabile l'intento.
    I battenti risuonarono. Asciutto, finalmente.

     
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  4. Narval
     
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    Un ommetto avvolto dalla consueta palandrana nera aprì la porta, inchinandosi di fronte al terzetto, quindi si fece da parte per farli entrare. Era lo stesso che Rokudou aveva visto insieme a Narval al Bazar delle Talpe.
    Una volta all'asciutto, il Maestro guidò i due lungo un corridoio pavimentato in marmo, alle cui pareti si affacciavano particolari arabeschi le cui figure erano in grado di muoversi.

    Arrivati di fronte ad una porta dagli intarsi laccati d'oro, questa si aprì sua sponte, lasciando libero l'ingresso in un ufficio, in cui tre scrivani, piegati su tre diversi scrittoi, sembravano impegnati a far di conto e preparare missive di svariata natura.
    « Accomodatevi, prego. »
    Il calore della stanza avrebbe asciugato e riscaldato adeguatamente le membra dei convitati.

    Ad un gesto di Narval, gli scribacchini si sollevarono, prendendo registri e pallottolieri, ed uscirono. La porta si richiuse alle loro spalle.
    « Molto bene, adesso siamo soli. Don Mukuro, vuoi procedere con le presentazioni? »


    Ars Oratoria :: abilità passiva
    Dovendosi reinventare per trasformare sé stesso in un'Opera degna, Ebenezer decise di apportare alla propria persona delle migliorie di un qualche conto, ben sapendo che il mondo in cui si sarebbe dovuto avventurare non era facile da abitare, e la sopravvivenza passava anzitutto dalla propria capacità di evitare di finire massacrato.
    Unitamente a ciò, scelse di trarre un adeguato vantaggio economico dalla sua scelta, donandosi così insieme alla trasfigurazione, nuove capacità oratorie che gli avrebbero permesso di mercanteggiare e parlamentare con maggiore successo -capacità invidiabili per chi si muove nel viscido mondo del commercio. Dotò dunque sé stesso di un elevato grado di carisma, unito alla capacità di interloquire con chiunque, modulando il registro lessicale in base alle conoscenze e inclinazioni dell'interlocutore; si rese insomma un affabulatore straordinario, capace di catturare l'attenzione di chiunque, di fare proposte e tessere inganni infarcendo le proprie storie di menzogne che all'uditorio (s)fortunato appariranno come puro vangelo.
    In un eccesso di esuberanza volle strafare, adornandosi di un'aura di timore riverenziale che l'avrebbe circondato contagiando tutte le persone che gli fossero state sufficientemente vicine (-ovvero nel raggio di 5m). Effetto principe di quell'aura era il timore non tanto della persona in quanto tale ma di ciò che rappresenta, inducendo chi ne era soggiogato ad evitare, se possibile, di fare qualcosa che potesse offendere l'ebreo.
    Negli anni tuttavia queste abilità vennero affinate grazie ad un continuo esercizio, arrivando a surclassare quelle che erano state le (im)modeste intenzioni del loro stesso ideatore, tanto che alla fine arrivarono a soffrirne perfino coloro che si dichiaravano refrattari a tali evanescenti influenze.
     
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  5. Xanxus.
     
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    Uomini che parlano per metafore, uomini che di dannano l'anima per cercare un significato più profondo a questa vita.
    Non voglio essere cattivo, cinico. Non voglio essere etichettato come superficiale, perchè non lo sono. Sono quel che sono, esattamente come voi, e sapete benissimo che la profondità di un'anima è qualcosa che ci viene insegnata.
    E voi, gente non superficiale, come potete prendervela con chi un'anima non ce l'ha?
    Pioggia, non pioggia.
    La pioggia è acqua che cade. Per me è un fastidio quando devo combattere con la mia sabbia. Per me è un punto a mio favore quando lo scroscìo della pioggia copre il suono dei miei passi. Ad ognuno il suo tipo di mentalità pragmatica. La mia è quella che mi serve a sopravvivere.
    Uccidere prima di essere ucciso.
    E se per questo devo collaborare per gruppi, gilde, corporazioni, ben venga. Ciò che solo voglio è che la mia figura resti nell'ombra il più possibile. Sarebbe emblematico riuscire a realizzare il piano di Don Mukuro piazzando un crudele assassino al posto dell'alfiere del nord.
    No, la mia maschera mi serve per apparire per tutti, tutti i giorni, l'uomo pacifico della porta accanto. È già tanto che abbia accompagnato per le vie di un mercato affollato un misterioso uomo incappucciato che potrebbe essere chiunque. Ho concesso la mia compagnia solo perchè, per via della pioggia, tutti erano coperti. Incappucciati.
    Era bello vedere di non essere il solo a portare qualcosa che copra la propria vera natura, la propria identità. Mette a proprio agio.
    Il terzo individuo, quello che sarebbe dovuto essere il mio secondo capo -transitività, curiosa legge della natura- ci accompagnò ad un cancello. Altra curiosa sensazione di deja-vù, quando si viene inghiottiti dall'oscurità.
    Ma all'interno tutto era votato all'eleganza. La classe.
    Non era roba per me, ma non potevo fare a meno di notare quanto impegno ci potesse essere in ogni pietra dei mosaici mobili di quei corridoi. L'arte. Il modo con cui l'uomo cerca di raggiungere l'immortalità.
    Prima di morire.
    L'ultima stanza era piena di lavoratori. Una stanza efficiente, gli piaceva.
    Finchè non restarono soli.
    Presentazioni, presentazioni. Il modo socialmente corretto per indicare una più semplice raccolta dati.
    Era la base necessaria per uccidere qualcuno, in fondo.
    E perchè quel tipo non sarebbe mai potuto diventare una mia prossima vittima?
    Superai Don Mukuro in velocità. Volevo che la mia presentazione fosse qualcosa di intimo tra me e quel biondo. C'era qualcosa in lui che mi catturava, quasi a ricordarmi di avere qualcosa dentro.
    Don Mukuro mi aveva avvertito, che c'era qualcosa di artificiale nelle emozioni che quell'uomo poteva suscitare. Ora come ora, non mi importava.
    «Il mio nome è Xanxus. Nessun cognome.»
    L'avevo ucciso via anni fà, come il mio passato inglorioso, come quella cicatrice che continua a sanguinare, e che dà sollievo solo quando sono io ad uccidere qualcuno.
    Tesi la mano, così come le norme abitudinarie richiedevano. Se ero lì, tutto quel che stava accadendo doveva avere un senso più grande di quanto non avessi compreso.

     
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  6. Narval
     
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    Nicchiò, accennando appena con il capo. Scarso rispetto delle gerarchie, non era certo un punto a favore, ma poteva soprassedere -almeno per quella volta.
    Scambiò una rapida occhiata d'intesa con Mukuro, facendo in modo che Xanxus se ne accorgesse.

    Quindi si dispose a rilassarsi, allungandosi sulla poltrona. Non aveva una strategia particolare, ma poteva sempre improvvisarne una -solitamente era il metodo che riusciva meglio.
    « X-A-N-X-U-S » sillabò,
    soppesando il valore di ogni lettera come se dovesse trovare nel nome stesso le parole giuste per ammaliarlo.
    « Nome inconsueto. Mi piace, davvero. »

    Per qualche istante rimase in silenzio, considerando le varie eventualità: probabilmente Mukuro aveva già dato alcune indicazioni di massima, ma lui voleva mettere le cose bene in chiaro -così come desiderava che ogni membro della Corporazione pensasse d'avere con lui un rapporto speciale, intimo.
    « confido che che Don Mukuro ti abbia già saggiamente dato indicazioni riguardo la mia persona e quello che facciamo qui. »
    Diede uno sguardo intorno, allargando le braccia come se ormai la cosa non dipendesse più da lui.
    « Qui trattiamo tutto. »

    Arricciò le labbra in un sorriso sconcio, riportando le braccia sul tavolo ed il corpo ad una posizione di maggiore compostezza. Quando si trattava di affari, occorreva saper tornare immediatamente seri.

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    « E adesso voglio trattare te. »

     
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  7. Xanxus.
     
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    Quel tipo resse male la mia provocazione. Stava cominciando a farsi un'idea della sua persona, il mio piccolo identikit mentale mi permetteva di costruirmi qualcosa di più profondo di una semplice raffigurazione del suo aspetto.
    Una personalità infantile od una particolarmente severa e ligia alle regole?
    I muscoli delle palpebre inferiori tirarono, assottigliando il mio sguardo a due fessure. Il leone che preparava la caccia? Il mio passeggero oscuro sussultò. Un secondo battito, sovrapposto al mio.
    Durò solo un semplice attimo di follia, prima di tornare a dormire. Dormi, mio passeggero. Verrà il tempo per tutto.
    Probabilmente era il suo metodo d'approccio, quel giocherellare col mio nome. Sentivo qualcosa dentro il petto vibrarmi forte, quando lui parlava. Una sensazione nuova eppure antica. La provo solo quando mi parla Don Mukuro. È come se crescesse forte un masso, sempre più pesante, tra le viscere, che alleviava il suo peso solo quando quell'uomo diceva qualcosa. Solo quando mi guardava.
    Era odioso.
    E mi piaceva.
    «Il Decimo ha avuto la pazienza di spiegarmi tutto, ma senza pronunciare il suo nome. Ritiene le presentazioni complete la base per la creazione di un legame che vada oltre il semplice bisogno affaristico tra due persone.»
    Il Decimo mi guardava. Sorrideva.
    Dal canto suo, maligno, ci stava manipolando entrambi come burattini. Voleva che ci mostrassimo per quel che eravamo per poter mostrare subito la nostra vera natura.
    Forse perchè quella di quell'uomo gli interessava particolarmente.
    E cominciava ad interessare anche me.
    «Trattare ...Me? Non so se ritenermi onorato o preoccupato.»

     
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  8. Narval
     
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    Mantenne il sorriso.
    Anzi, lo allargò, scrutando il volto di Xanxus alla ricerca dei suoi veri sentimenti: ad occhio e croce non si sentiva né onorato né preoccupato. Ma in realtà non aveva che l'imbarazzo della scelta.
    « In realtà dovresti essere entrambe le cose. »

    Dopo aver proferito tali parole, si alzò con un gesto secco dalla comoda poltrona rivestita di raso di un rosso cupo. Una volta in piedi costeggiò lo scrittoio, facendo scivolare voluttuosamente la punta delle dita sulla superficie del legno, fino ad arrivare all'angolo destro.
    Quindi si fermò, voltando le spalle ai due, e fissando l'orizzonte oltre la vetrata.
    Era impressionante come ogni suo gesto fosse indirizzato a generare una reazione perfettamente calcolata sugli astanti.

    « Vedi, Xanxus, » riprese,
    dopo essersi brevemente fermato a considerare la scelta delle parole.
    « Quello degli affari è un mondo decisamente stronzo. E' impossibile aprirsi la strada senza farsi dei nemici, e alcuni di essi dopo un po' diventano particolarmente seccanti. »
    Si fermò, voltandosi lentamente verso il duo, e poggiando le mani sulla spalliera della poltrona, artigliandola.
    « O peggio ancora: pericolosi. »

    Lasciò che le dita alleggerissero la presa su ebano e stoffe, quindi fece scorrere l'avambraccio destro ad abbracciare la poltrona, mentre si sedeva sul bracciolo.
    « Tra le nostre fila c'è uno spazio dedicato a coloro che hanno il compito di liberarci dai fastidi: i Vendicatori. »

    Sollevò l'indice ed il pollice della mano sinistra, in un anacronistico gesto che richiamava una pistola, quindi fece segno di sparare proprio a Xanxus.
    « E qui entri in ballo tu, campione. »

    Tornando improvvisamente serio -tanto che il sorriso sparì nel volgere di un brevissimo istante- il Maestro poggiò entrambe le mani sullo scrittoio, sporgendosi al di sopra di esso, piantando un paio di occhi di ghiaccio in quelli dell'altro.
    « Voglio che prendi il comando dei Vendicatori. »

     
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  9. Rokudou Mukuro
     
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    Probabilmente Xanxus aveva capito le ragioni del suo comportamento. Non sapeva se ritenerlo un punto a favore o meno, ma quel Cacciatore sapeva sempre come leggere oltre la superficie del Decimo, esattamente come il superiore dei due fosse l'unico capace di comprendere quella macchina da guerra sanguinaria che era Xanxus.
    Era per questo che sapeva che quando si trattava di preoccupazioni od onore, Xanxus non avrebbe mai potuto capire discorsi del genere. Non oltre la loro definizione da vocabolario. Era esattametne tutto ciò da cui quell'assassino si sentiva estraneo.
    E non riuscì a trattenere un sogghigno.
    «Narval, dopo dovrò dirti qualcosa riguardo il nostro capo dei Vendicatori.»
    Come se non sapesse quale sarebbe stata la risposta dell'assassino a quella richiesta.
    Come se non avesse saputo che Xanxus l'avrebbe fatto esattamente perchè quello era il volere del Decimo.
    La risposta del cacciatore arrivò calcolata al centesimo. Era falso fino al midollo, ma sapeva che non era colpa sua se oltre quel deserto di emozioni che era quella furia da battaglia c'era solo un ulteriore buco nero capace di lasciare solo oscurità al suo passaggio.
    No, non dimostro nessuna emozione.
    «Sarà un onore. Ed una preoccupazione, ma questo non lo renderà un problema.»

     
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  10. Narval
     
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    Si limitò ad annuire lievemente col capo all'indirizzo di Mukuro, senza per questo distogliere la sua attenzione dal punto cruciale di quella discussione: la reazione di Xanxus alla nomina.
    No, non sembrava particolarmente preoccupato; quanto all'onore, era un valore in rapido decadimento, anche in quell'angolo di mondo.

    Il Custode, dal canto suo, fece appena un sospiro, rassegnato al declino universale cui aveva assistito -almeno in parte- per più di milleseicento anni.
    « Il mio era un consiglio » disse, giocherellando con un minuscolo scrigno che teneva davanti a sé, non più grande di un dado.
    « Non un ordine. »

    Senza preavviso alcuno, fece per allungarsi sulla poltrona, tirando le braccia incrociate dietro la nuca e posando -non senza una certa eleganza- i piedi sullo scrittoio. Lo sguardo perso nel vuoto.
    « In ogni caso, Xanxus, lieto che tu abbia accettato. Imparerai presto, lavorando con noi » continuò, sforzandosi di apparire più divertito di quanto non lo fosse « che le motivazioni che spingono gli uomini non mi interessano, perché le conosco già. »

    Fisso Don Mukuro per qualche istante: era lui il motivo principe, a lui sarebbe andata la lealtà di Xanxus. E Mukuro era sotto il giuramento di Hoclysep. Dunque nessuno dei due poteva rappresentare un pericolo.
    « Mi basta che tu esegua gli ordini. Perché lo fai non mi riguarda. »

    Quindi allungò ancora di più le gambe sullo scrittoio, socchiudendo gli occhi.
    « Vieni a trovarmi fra due giorni, avrò una missione per te. »
    Chiaro come il sole, Xanxus era stato congedato.

     
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  11. Xanxus.
     
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    Perfetto.
    Ora ero arruolato, imbarcato in chissà che lavoro. D'altro canto, da quando abbiamo attraversato il Maelstrom, la mia vita è un susseguirsi di missioni improvvisate e strategie rattoppate in cinque minuti buoni utili almeno per sopravvivere.
    Non sarebbe stato nulla di diverso. Forse, l'unica cosa che sarebbe cambiata sarebbe stata il privilegio dello stipendio fisso. Portare il pane a casa, un pensiero in meno per il vecchio Xanxus.
    «A tra due giorni, quindi.»
    Un accenno di inchino, poichè è questo che vogliono le gerarchie. Mi congedai con una discreta fretta.
    Sentivo un brivido scorrermi la schiena, avevo bisogno di allontanarmi. Era troppo tempo che il mio Passeggero Oscuro non aveva il suo pasto.
    Ancora ora non so quanto tempo potrò resistere senza uccidere.

     
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10 replies since 29/7/2011, 19:43   131 views
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