[LAM][PC2] Vicolo cieco

Prologo - Le Imperfezioni della Legge

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    Uno scoppio nella notte.



    Così iniziò un caso che avrebbe tenuto sulle spine l’intera Laputa.
    I testimoni poterono affermare con certezza che avevano sentito una singola deflagrazione fratturare il silenzio notturno. Le autorità erano state avvertite immediatamente e in poco tempo la squadra di polizia capitanata dal detective Mark Rainer aveva circondato l’edificio.

    La casa era una villa autonoma, delimitata da un giardino di medie dimensioni. Qualche albero faceva da contorno al vialetto interno.

    Il detective era visibilmente teso e molto preoccupato. La sua testa era piena di pensieri oscuri, d’interrogativi che potevano ottenere risposta in un modo solo.

    Entro solo io, voi aspettate un mio segnale.

    Avrebbe detto agli altri componenti della squadra.
    Si avvicinò da solo al portone di legno della villetta. Il fiato sospeso, la pistola stretta in pugno e puntata dinanzi a sé.
    Un respiro, poi un altro, poi una breve pausa.

    Una mano si appoggiò alla maniglia, mentre l’altra teneva saldamente il calcio della pistola. La porta era aperta.

    Entrò in casa e si ritrovò in anticamera. Percorse il disimpegno con passo felpato, cercando di fare meno rumore possibile su quel vecchio parquet. Arrivò in soggiorno e vide un uomo che reggeva a sua volta una pistola, puntata verso il detective.

    Il soggetto corrispondeva alla descrizione che ne avevano fatto i vicini: Frank Timmons, 56 anni, cui era intestata la villa.
    Le due bocche di fuoco erano diametralmente opposte, così come l’espressione dei due uomini. Il detective era teso, mentre il signor Timmons era rilassato e sicuro di sé.

    Calma, calma. Adesso facciamo così: lentamente, posiamo entrambi le pistole a terra. Ok?
    Lentamente…


    Disse l’investigatore all’inquilino della casa. Frank seguì il suggerimento del detective Rainer ed entrambi appoggiarono le armi a terra.

    Così… bene. Ora parliamo un po’ signor Timmons. Dei testimoni affermano che…

    Prima che potesse finire il discorso, l’interlocutore fece un cenno con la mano al detective e parlò.

    Agente, penso che dovrebbe guardare lì.

    Rainer posò lo sguardo nella direzione indicata. Quell’uomo dai canuti capelli e con il viso solcato dalle rughe stava indicando qualcosa poco più in là, dietro al divano.
    Con curiosità mista a timore il detective fece qualche passo per capire cosa stesse attirando l’attenzione di Frank.

    Ma in cuor suo conosceva già la risposta…





    Una notte come tante altre per alcuni, non per voi.

    Richard S. LeRoy, Eve LeRoy, Grifis Minos e Rika Furude.

    Voi, quella notte, stavate vivendo le vostre vite senza sapere che l’esistenza di qualcun altro stava per cambiare.

    Definitivamente.

    Si parte ragazzi! In questo post avete carta bianca: vi chiedo di descrivere cosa stavano facendo i vostri rispettivi pg a Laputa, mentre nel quartiere residenziale dell’Isola del Cielo avvenivano i fatti narrati.
    Vi do questa possibilità perché sono consapevole che è difficile creare delle cronologie di scene coerenti per i personaggi. Agganciatevi ad avvenimenti appena conclusi per i vostri pg, fate riferimento ai fatti del giorno prima se volete. È tutto a vostra discrezione.
    Potete anche scrivere che il pg stava dormendo come un ghiro a casa sua, nessun problema. Ripeto: questo giro di post serve a voi per agganciare cronologicamente questa Quest ad altre scene (e magari anche per fornire un breve quadro psicologico del vostro alter-ego, per presentarlo a chi non lo conosce, ma questo di solito va da sé…).

    Ordine: libero
    Giorno ultimo per postare: sabato 8 ottobre.
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    Sto nella mia bella casetta, a Laputa, sporgendomi leggermente dal davanzale della finestra a guardare cosa succede là fuori; la luna brilla nel cielo, le porte delle case dei contadini si chiudono, la vita dell'uomo cessa quasi di esistere, posso sentire solo il canticchiare di qualche grillo nell'oscurità della notte.
    Guardo fuori per circa dieci minuti prima di realizzare che fuori è notte fonda e ancora non ho sonno, quindi vado al centro della mia stanza, mi scrocchio le dita, e infine mi butto sul piccolo letto nell'angolo della camera.

    Mentre i miei occhi sono spalancati lo sguardo è perso nel vuoto in una specie di trans, non penso a nulla e la mente è libera da ogni pensiero, certo che non avere nulla da fare è noioso.. girandomi noto che per terra vi è un vecchio fumetto, "Gundam contro Madnug, atto finale", lo raccolgo con un mezzo sorriso pensando alle stupidate scritte su quel volumetto, tuttavia mi metto a leggerlo.

    Non è poi così male, certo non ci capisco nulla perché è l'ultimo volume e non ho mai letto i precedenti, ma dopotutto gli shonen sono tutti uguali, robottoni sempre più devastanti, nemici iper-potenti, e alla fine vince sempre il protagonista, non è giusto..


    Mudnag: "Non mi batterai mai, ecco il mio colpo finale, Pugno Distruttore!!"

    Gundam: "Onda ad Elettroni, colpiscilo!!"

    Fine.

    Fine? E il finale? Chi vince? .___.
    Giro ancora pagina per vedere se magari c'è un numero successivo, leggo mentalmente scritte e figure..


    "YOU GOT TROLLED yougottrolled"

    Chiudo il manga, lo riposo a terra, chiudo gli occhi nel mio letto.

    «Tanto non mi piaceva, quel fumetto..»
     
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  3. Grifis:.
     
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    Era da tempo che passava le sue notti così, spada alla mano.
    Sotto il freddo del cielo, svirgolando colpo su colpo ad un nemico quasi invisibile. Si destreggiava come se fosse in difficoltà, quasi l'altro avesse da sempre la meglio. Si figurava, infatti, d'aver dinnanzi un nemico di mirabile capacità: così forte da soverchiare ogni sua astuta manovra, che fosse un dritto, un rovescio o un fendente. Ma solo il clangore del silenzio accompagnava le sue gesta composte, distintamente eleganti. Il chiarore della Luna, invece, baciava la sua pelle coperta solo di un'abito invernale. Laputa, la città del Cielo, non era certo famosa per il clima torrido. Anzi, il sostare così in alto nel cielo ne abbassava le temperature notturne, ch'egli tuttavia aveva imparato a domare con sagacia e piglio deciso.

    L'armatura, fedelmente riposta nelle sue stanze, guardava mostrando il volo di Grifone al bersaglio del suo signore, che caparbiamente si defilava un'attimo prima che subisse un danno fatale. La Nodachi, quindi, per l'ennesima volta fendeva il vuoto, mancando il bersaglio; l'avrebbe poi rialzata, ancora e ancora, fino a quando neanche nei sogni avrebbe concesso a un suo nemico di superarlo in battaglia...


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  4. Barone Mirtillo
     
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    Narrato
    §Pensato§
    - Parlato di Eve -


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    Laputa, Villa LeRoy

    Tenebra notturna, che tutto inghiotte... Luci, colori... Ma non suoni e rumori. Non loro.
    Anzi, ottenebrata la vista, è nell'oscurità che essi conoscono nuova gloria, rivalsa dell'udito.

    Villa LeRoy. Magione immersa, fra le ombre di quel parco naturale che le faceva da scudo contro il clamore della Metropoli dell'Aria, ma anche cornice idilliaca per quel consesso di anime atipiche.

    Eppure... Eppure persino laggiù, in quell'atipica abitazione, la notte recava dimora alle più strane pulsioni, ai desideri che mai avrebbero trovato posto sotto la luce del divo sole.

    I respiri veloci di una donna, un ansimare denso di sensazioni: uno spiro che ardeva, ritmico, all'unisono con un cuore dai battiti fin troppo veloci. Tra gli alberi si spandeva, fra piccoli versi soffocati, annaspati.

    Un'eco impalpabile, senza apparente origine, ma che di certo era reale quanto la fanciulla che dava ad esso vita.
    E poi... Rumori.
    Corpi ed oggetti, qualcosa o qualcuno che si muoveva, convulsamente.

    - N... no... è solo che... -

    Mormorava una voce, pudica e femminile: l'imbarazzo ed il dubbio erano chiari, in essa. Allo stesso modo, la Marid non accennava a smettere di torturarsi le dita, che rigirava e rigirava.

    «Tranquilla, tranquilla... ci penso io. Lascia fare a me. Davvero, tu dovrai solo gustarti il tutto.»

    - Mi verrà il pancione... sarò inguardabile... -

    Disse, preoccupata e contrita. Fissava il pavimento senza requie, incapace di tirare su gli occhietti preoccupati: sapeva che lui l'avrebbe rassicurata, lo faceva sempre. Ma...

    «Non dire sciocchezze! Sei bellissima e resterai bellissima.»

    Maledetto... Sapeva sempre come scioglierla...

    - Se mi dirai che sono grassa non ti rivolgerò più la parola... -

    Lei lo guardò, sognante, mentre lui la rassicurava con cupide e tenere parole, dischiudendo la serratura della sua... cuore.

    «Non succederà.»

    [...]

    - Mh... aprila con le dita... Sì, così... E ora... assaggia. Mmmmmh! Ti piace, eh...? -

    Fece la figura di donna, in un miagolìo stanco. I capelli lucenti al lume delle candele, rilucevano alla fiamma tremolante, di roseo colore adorni. La candida pelle, imperlata di sudore, pareva ancora più liscia alla vista, nivea come il cielo d'inverno.

    «Piace anche a te, però! E che ne dici se mettiamo dentro anche questo qui...?»

    - He-hey...! Non metterci dentro cose strane... -

    Le uscì, con un filo di voce, il respiro affannoso e rotto, mentre il petto prosperoso le si alzava e abbassava, convulsamente. Deglutì la fatica, i muscoli felini tesi, la schiena inarcata.

    «Sicura che non ti piace?»

    - ... -

    Lo guardò, silenziosa... A metà tra il sorpreso ed il piccato. Si prese un attimo di pausa, i capelli arruffati, la frangia completamente fuori posto: i pochi abiti leggeri che le rimanevano addosso, erano sgualciti.

    - Direi che è il momento di usare l'arnese... -

    Gli chiese, con occhi stanchi, ma determinati: in fondo le serviva solo rifiatare un attimo, visto che lo sforzo andava avanti da ore, ed il grosso l'aveva fatto lei.

    «A quale arnese ti riferisci...?»

    Le chiese lui, in un malizioso gioco a chi torturava di più il desiderio dell'altro. Ma troppa era la foga della Marid.

    - Dai, non fare il cretino, lo sai a quale arnese mi riferisco... Quello lì... -

    «Ah... Questo qui...!»

    Ma infine, quando lo vide, il dubbio la colse: l'esitazione le si dipinse in viso, il colpo ancora scosso dai tremiti.

    - Aspe... aspetta! -

    Gli fece, con voce tremante di desiderio, il suono martellante del cuore nella testa.

    «Che succede? Hai cambiato idea...?»

    - No, no... E' solo... E' solo che mi sembra un po' troppo grosso per me... Ma quant'è duro? -

    «Vuoi che lasciamo perdere...? Se credi di non farcela...»

    - Certo, potremmo lasciar perdere... Oh, al diavolo, io ho voglia adesso! Fammi vedere come sai usare quel coso! -

    Gli fece, accarezzandogli i capelli dolcemente, muto incoraggiamento, carezzevole gesto d'amore. Mancava davvero poco, ed entrambi avrebbero goduto di quel piacere terreno, effimero quanto estasiante. Si mise d'impegno anche lei...

    Ancora poco...
     
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    Narrato
    Pensato
    «Parlato di Richard»



    Laputa; Città Alta.
    Villa LeRoy

    Ancora poco, e quelli che, forse, fino ad ora eran rimasti dubbi si dovrebbero esser tramutati in comprensione della realtà.
    Una realtà violenta, fatta di forte ansimare, urla concitate, e colpi secchi. Talmente violenti che il rumore si diffuse per tutti i boschi circostanti.

    - Sì... Sì! Vai così! -

    La voce di lei infiammò il suo spirito, accendendo ulteriore vigore nel suo corpo: un tonfo sordo, più forte di tutti quelli che lo avevano preceduto. In esso si sentiva l'irruenza di una virilità a stento trattenuta, strabordante, di esuberanza energica.

    - Più forte! Più forte! Di più! -

    Sempre più carico, sempre più preso dalla foga del momento, sempre più vigoroso e violento.
    Poi, un attimo di silenzio. Tutto sembrò fermarsi. Persino il tempo sembrò assumere un'altra dimensione, in quei pochi attimi di stasi surreale.
    Carpe Diem del fugace attimo, in cui tutto fa ritorno all'Uno primigenio e dall'Uno si divide.

    «Ah, ti piace il gioco duro, eh? Vediamo se così la trovi un'esperienza più... elettrizzante

    Più che un tonfo, quasi un'esplosione. Dalla finestra si scorse un accecante bagliore, mentre nell'aria il rombo del tuono faceva eco.
    Se la sua normale possanza non era sufficiente, allora fin nella sua essenza avrebbe attinto, pur di ottenere il suo scopo. Pur di regalarle quel piacere che tanto bramava.
    Colpì ancora. E poi ancora. E ancora, e ancora, e ancora. Finché un urlo concitato non gli fece perdere il controllo, e si ritrovò a rilasciare tutta la sua forza in un gesto dalla violenza quasi inumana, annunciato dal rumore di vetri infranti che si riversarono nel cielo notturno seguiti un fiume di saette e folgori impazzite.

    - Mioddio, sì! -

    Ed il timore di aver esagerato si trasformò immediatamente nella forza dell'esaltazione, perché sì, lui era il Signore Dio Suo!
    O almeno così credette fino a quando la punizione dei giusti non lo colpì, indebolendo il suo ego con una singola, terribile domanda.

    - Magnifico così! Però... però non è abbastanza... devi farlo più forte... Non credi che potremmo chiamare anche qualcun altro? -

    Chiese lei. Un'atipica richiesta che lo punse nel vivo, che sì, da un lato stuzzicò non poco la fantasia, ma dall'altro gli fece sorgere dei dubbi. Eppure, lui capì.
    Normalmente non l'avrebbe proposto, lei normalmente non era così: era evidente che quella sera ne sentiva bisogno... Tanto bisogno... Voleva essere soddisfatta, ad un livello superiore. E per lei, lui lo accettò. Solo che... chi potevano chiamare?

    «E chi, Reisen...? Quella non sa nemmeno dove si mettono le carote, figurati se sa fare un lavoro del genere...»

    Effettivamente non appariva come una scelta particolarmente felice. Anzi, ben poche erano le loro conoscenze che si sarebbero rivelate più infelici di lei...

    - Veramente io pensavo a Daniel... lui sa sempre dove mettere le mani! -

    Eh, già! Daniel aveva tanti difetti, ma quello era il genere di cose in cui quasi nessuno potevano eguagliarlo! Lui sicuramente sarebbe stato in grado di... No, accidenti, a cosa stava pensando? Scosse la testa con vigore.

    «No, Dio Dugongo! Non voglio dargli questa soddisfazione...! Non lo chiamerò nel cuore della notte! Santo cielo, abbi fede e lascia fare a me! Ti assicuro che ne resterai soddisfatta!»

    Lui lo capiva. Capiva bene l'attimo. E capiva bene le esigenze di lei, le sue necessità, il suo desiderio. Ma proprio per lei - e per sé stesso - doveva dimostrare di essere non "sufficiente", ma perfetto, il massimo, ciò che di più elevato lei potesse mai desiderare, e quanto era vero il ponte che attraversava la loro casa, glie lo avrebbe dimostrato. A costo di distruggerla tutta, quella villa, se fosse stato necessario.

    Quel che seguì, fu un crescendo di urla. Grida di piacere, di goduria, dense di lasciva lussuria, mentre folgore e spuma marina emergevano costantemente da quella finestra infranta nella foga del momento.
    C'è a chi piace farlo normalmente, e a chi piace strano. A loro piaceva farlo in modo strano.
    Strano, ed intenso. E lui... lui le stava offrendo l'esperienza più unica ed elettrizzante che avrebbe mai provato.
    Non l'avrebbe delusa, ne andava di tutta la sua fottutissima vita, non si sarebbe mai azzardato a deluderla, se necessario sarebbe morto d'infarto lì, mentre lo faceva, ma quel maledetto desiderio di Eve... L'avrebbe esaudito!
    E dunque continuarono, e continuarono, sempre di più, sempre più veloce, sempre più forte, bruciando sempre più mana, finché dopo un ultimo spasmo entrambi non si concessero ad un grido d'esultanza che li colse all'unisono, violento sinonimo del raggiungimento della massima soddisfazione.
    La coronazione meritata del desiderio di lui, ossia avverare il desiderio di lei.
    E l'espressione soddisfatta e sognante che lesse sul volto della Marid, alla fine di tutto ciò, fece crescere in lui un'incontenibile ondata di orgoglio, di soddisfazione, di puro ego e superiorità che non riuscì a tener dentro di sé, che riversò quasi come se ne fosse intimamente costretto in un poderoso urlo nella notte.

    «Sssì, barattolo di merda! Chi è che comanda, eh? CHI?! Difetto di fabbrica un fottuto corno! Te la do io la linguetta che si rompe! Crepa! Crepa! Cane Nero

    - Grande! Glie l'hai fatta vedere! Distruggila, quella lattina del cavolo! Anzi, aspetta, prima fammi versare... ecco qua... E con questo, è tutto pronto. -

    Osservò con una lacrima di commozione la Marid che versava, con orgoglio, il contenuto in cima a quella composizione artistica che era il luculliano pasto serale che si apprestavano a consumare.
    Desideri di mezzanotte... Se si impegnava, Richard poteva realizzare anche quelli. Era un Djin, cazzo, un fottuto Genio! Lui poteva trasformare ogni sogno in realtà! E con la vittoria che riusciva a percepire fin dentro le dita ormai insensibili, afferrò saldamente la bottiglia di champagne e riempì due calici.

    «Brindiamo?»

    Le chiese, mentre gli occhi di lui si specchiavano in quelli di lei. Sul volto di lui il medesimo sorriso di un uomo che è riuscito a vincere la sfida di tutta una vita.
    Lei gli prese il bicchiere dalle mani, ed il "cin" vibrò trionfale nell'etere.

    - Brindiamo. E subito dopo fondilo, quel barattolo. -

    E mentre da una qualche parte di Laputa Timmons mostrava all'Agente Rainer una qualche cosa che noialtri non scopriremo fino a quando non ci passeranno le scartoffie del caso, in Villa LeRoy le pulsioni trovarono sfogo, e sotto lo stendardo del peccato della Gola venne consumato lo spuntino notturno più grandioso e lussurioso che l'isola volante avesse mai conosciuto e che mai conoscerà per secoli e secoli a venire...


    Pensavate alle cosacce, eh?
    Pervertiti! XD
    A chi interessa, Richard ed Eve conducono tranquillamente le loro vite facendo un po' quello che vogliono, a Laputa hanno una villa personale (qui il link alla descrizione della stessa) localizzata nella Città Alta.
    Mentre Timoty_coso fa non si è capito cosa con una pistola ed un divano (pervertito :guru:), Rika legge fumetti e si fa trollare pure da quelli, e Grifis crede di fare il fiqo facendo allenamenti che non gli daranno mai nessun vantaggio se non la strana capacità di guardare male il freddo e farlo scappare (con sagacia, ovviamente :nod:), Richard ed Eve si godono la loro... "intimità" come più li aggrada XD
     
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    Avanzando passo dopo passo, il detective raggiunse il luogo indicato. Nella semioscurità che avvolgeva quell’appartamento, era difficile distinguere nitidamente gli oggetti. Le forme si amalgamavano in indistinte macchie scure, che maculavano le stanze con la loro silente presenza. Ma l’ispettore Rainer poté giurare di aver visto un paio di piedi dietro a quel sofà.
    Un passo in quella direzione e furono visibili le gambe, stese sul pavimento e avvolte in un paio di pantaloni di tessuto. Un altro passo, e poté identificare un busto.
    Il lento e titubante incedere si era trasformato in una corsa affannata, quasi a voler rallentare il tempo fino a riavvolgerlo. Il detective si fiondò su quel corpo riverso sul pavimento.
    Si mise in ginocchio e osservò più da vicino. Era il corpo di una donna, visibilmente in età avanzata. Capelli corti e biondi, l’espressione del viso era un misto di stupore e contrita rassegnazione. Ma il particolare che saltava all’occhio era uno sgraziato foro sanguinolento vicino alla tempia destra.
    Il detective chinato sulla vittima stava riordinando i pensieri. Solo per un momento pensò di continuare con la diplomazia e le parole.
    Subito dopo passò ai fatti.

    PEZZO DI MERDA!!!

    Si alzò di scatto e si slanciò furiosamente verso il signor Timmons. Gli si fiondò contro e lo spinse con forza all’indietro, facendolo cadere sul pavimento. Il detective caricò il destro fin sopra la spalla. E colpì.
    Un pugno.
    Caricò di nuovo.
    Un altro pugno.

    Nel frattempo non smetteva di urlare.

    IO TI AMMAZZO! TI AMMAZZO, HAI CAPITO?!

    I compagni di squadra che erano rimasti sull’uscio in attesa, sentendo l’ispettore urlare in questo modo, si fiondarono nella casa e arrivarono in soggiorno. Due di loro corsero verso la coppia e afferrarono di peso il detective. Rainer si dimenava come una trota fuor d’acqua mentre i suoi colleghi lo allontanavano dal signor Timmons.

    Lasciatemi! Devo fargliela pagare! LASCIATEMI!

    Il detective era evidentemente fuori di sé.
    Gli altri poliziotti chiamarono una squadra medica, che arrivò in poco tempo. I medici caricarono sulla barella la donna, mentre i poliziotti scortarono fuori di casa il signor Timmons. Il detective finalmente si calmò, raccolse la pistola e uscì.
    Una lunga nottata lo stava aspettando.

    La casa era sotto sequestro, il proprietario fu arrestato dalla polizia per gli accertamenti. Strisce segnaletiche di adesivo giallo delimitavano i confini di quella villa, e il caso Timmons era appena iniziato.




    La mattina seguente Rika e Grifis si recarono come al solito all’albero-casa degli Aviatori. Ognuno dei due aviatori stava conducendo il suo lavoro in assoluta tranquillità finché non arrivò un comunicato per entrambi. Erano desiderati nell’ufficio del caporeparto giudiziario degli Aviatori. Molteplici furono le ipotesi che balenarono nella mente dei due Milites, mentre si dirigevano nell’ufficio dove li stavano attendendo. Avrebbero trovato la porta aperta, e all’interno il caporeparto seduto alla scrivania e circondato da scartoffie.

    Nel medesimo momento ma in un altro quartiere di Laputa, i due LeRoy si trovavano al palazzo di Giustizia. Eve era in cerca di un nuovo lavoro in tribunale, per approfondire il suo percorso nell’ambito giudiziario.
    Eve era attesa all’ufficio 9, ma probabilmente si sarebbe scarrozzata dietro anche Richard. Possibile che in quell’ufficio, quel basso uomo pelato stesse covando un nuovo lavoro per lei loro?

    Siete liberissimi di descrivere come meglio vi aggrada la mattinata. Sveglia, colazione, tragitto… avete carta bianca.
    Grifis e Rika si recheranno all’albero-casa, dove verranno convocati nell’ufficio del caporeparto.
    Analogamente, Eve e Richard si recheranno nell’ufficio di un omino pelato al palazzo di Giustizia Laputense.
    Per tutti e quattro i pg, le modalità con cui vi viene recapitato il messaggio sono a vostra discrezione.
    Vi ricordo che i vostri pg non sanno ancora NULLA del caso che tratteremo.

    Detto questo, ordine: libero.
    Giorno ultimo per postare: lunedì 10 ottobre.
    Per dubbi o domande, MP o topic in bacheca.

     
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  7. Grifis:.
     
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    Puntuale come al suo solito, cogliendo il sole del primo del mattino, Grifis si ritrovò nell'albero-casa intento a svolgere le sue normali funzioni; scartoffie, ordini, disposizioni, e tutto quanto era previsto per un Sergente. Aveva avuto alcune grane ultimamente ma, per fortuna, era riuscito a risolvere il problema egregiamente.
    La giornata sembrò dovesse trascorrere così, lontano dai campi di battaglia e immerso in un cumulo di carte, quando bussarono alla sua porta.

    Prego, avanti.

    Un messo varcò l'uscio della sua porta, presentandosi e porgendo quindi un comunicato, in busta chiusa, che recava il sigillo tipico del reparto di giustizia. Cosa potevano mai desiderare da lui? Un po' seccato dall'improvvisata, ma data l'importanza della questione, ritenne non fosse consono rimandare ulteriormente la questione. Sicché, lasciato momentaneamente il suo compito, si apprestò a raggiungere il luogo indicato dal comunicato con passo celere. Benché la sua mente alimentava numerosi dubbi e altrettante domande, non diede spago a quel turbinio di ipotesi.

    Varcato l'ingresso del reparto giudiziario senza difficoltà, si avvicinò alla scrivania di chi in comando; vendendolo circondato da scartoffie, si meravigliò: non poté non collegare la cosa ai lavoro che aveva svolto fino a poc'anzi, sorridendo vagamente. Sedendosi quindi davanti all'altro, tossì leggermente e disse:

    Messer Grifis Minos, Sergente degli Aviatori Verdi, al vostro servizio.

    E tacque, attendendo l'altrui responso.


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    «Parlato di Richard»



    Laputa; Città Alta.
    Villa LeRoy

    Si svegliò presto, il Topazio.
    Poco prima del levarsi del sole su Laputa l'abbraccio della Marid si era dischiuso, scivolando via da lui ad un tempo con le braccia di Morfeo, rispedendolo nel mondo dei vivi con fare pigro, ed un sapore dolce in bocca.
    Notte proficua, quella appena trascorsa. Appagante in più di un senso, e per questo una delle più riposanti degli ultimi tempi.
    Quasi non si ricordava più l'ultima volta che si era svegliato così dolcemente.

    Abbandonò il letto facendo attenzione a non svegliare la propria compagna - questa sera l'aveva convinta a non ritirarsi nella bottiglia come era suo uso, promettendole la ciliegina sulla torta che erano state le ore appena trascorse; sperò vivamente che al risveglio sarebbe stata soddisfatta di quella scelta e della prestazione sopra le righe - per dirigersi in tutta calma verso la propria stanza.
    Del resto capitava raramente che fosse lui il primo ad aprire gli occhi, non era abituato ad essere leggiadro e preferì evitare di svegliarla. Aveva ancora qualche minuto di sonno, era giusto che se lo godesse.
    Iniziò così la giornata di Richard: una discreta passeggiata per raggiungere il proprio alloggio, e poi via con una lunga doccia, gustandosi con ogni singola scintilla del suo essere il placido scorrere dell'acqua calda su di sé. Indugiò felicemente sotto quello scorrere inarrestabile, assaporando l'impatto dell'acqua sulla sua più nuda essenza ed ascoltando il fremere del suo corpo quasi fosse una melodia. Come faceva molto di rado, si regalò persino il lusso di modulare il ronzare elettrico affinché se ne generasse una vera e propria, mimando inconsciamente quello che per i comuni esseri umani era il cantare sotto l'acqua corrente. Probabilmente fin troppo melenso persino per i suoi standard, non riuscì comunque a separarsi dall'effimero piacere di quella doccia mattutina, i cui caldi flutti tanto da vicino ricordavano le attenzioni della Zaffiro, quello che al momento più bramava.
    Fu solo quando i primi raggi dell'astro trafissero la casa penetrando dalle finestre come coltellate di luce che Richard finalmente si decise ad uscire dal suo box, ed a mettersi indosso il minimo sindacale.
    Meta successiva: la cucina. No, no, dopo lo "spuntino" della sera appena trascorsa di mangiare se ne riparlava tra un giorno o due... Eppure, c'era qualcosa cui non ci si poteva sottrarre.
    Ora per necessità, ora per semplice piacere, non si doveva mai prescindere dal caffè del risveglio, il nero liquido che poneva definitivamente termine al sonno dei giusti, e dava inizio al nuovo giorno con quella marcia in più.
    E non solo, quel giorno era cominciato col piede giusto, quindi suvvia, sfregio al fancazzismo, niente polvere di caffè: eccolo lì il nostro eroe, che col suo bravo macinino si metteva a preparare il caffè più razzista di sempre, tritando dei chicchi così neri, ma così neri, che si sarebbero dovuti piantare da soli.
    Pfh, sorrise alle cretinate che era in grado di pensare già di prima mattina, mentre con cura certosina e quasi maniacale trasformava la rinomata qualità Medellin non in caffé, ma in un costrutto, un artefatto, un'opera d'arte fatta di finissima polvere. Polvere che trovò comodo giaciglio nella sua personalissima moka - un aggeggio vecchio forse più di lui, ma fatto come non se ne facevano più - e dunque oplà: sul fuoco.
    Ebbe giusto il tempo di stiracchiarsi un po' e di aprire la finestra, accogliendo con un brivido la gelida aria del mattino, che il piccolo costrutto tecnologico prese ad emettere il suo richiamo. Sollevò appena il coperchietto per assicurarsi non fosse un falso positivo, e quando vide il caffé iniziare ad uscire copioso spense il fuoco.
    Già fatto...?
    Hoy, hoy, signori, ma cosa ci si crede?!
    Se quel caffè era un'opera d'arte, era un'opera d'arte. E per essere arte, non basta che a prepararlo sia Richard. Non basta che i chicchi siano della migliore qualità, e macinati sul momento. Non basta che la moka sia una signora moka, di quelle fatte con le attributi quadrate. Anche l'acqua è importante.
    E per quando Richard si sentiva particolarmente ispirato, aveva sempre a portata di mano una borraccia contenente non volgarissima acqua, ma il più puro e prezioso liquido dispensatore di vita, niente meno che la più vera quintessenza della Marid, dell'acqua totalmente priva di ogni impurità, con la giusta concentrazione di oligoelementi e totalmente priva di qualsiasi tipo di scoria che anche la più lavorata delle acque continuerebbe ad avere. Era anche per quello che il caffè come lo faceva Richard non lo faceva nessun altro in tutta Endlos. Ed era soprattutto per quello che bolliva quasi subito, permettendo di preparare il nettare nero in quattro e quattr'otto. Soprattutto a quelle altitudini, poi.
    L'aroma intenso gli riempì le narici, e sul volto del Djin emerse un sorriso soddisfatto. Anche quel giorno, aveva creato un altro capolavoro.
    Travasò quello che con un po' di immaginazione (molta, in verità) poteva esser visto come il frutto delle membra della donna che amava nella caffettiera, e la pose su un vassoio d'argento assieme alla zuccheriera ed a due tazzine, quindi s'avvio verso la stanza di Eve.
    La speranza fu quella di coglierla nel momento esatto del risveglio, pronto ad offrirle romantiche parole ed un buon caffè per iniziare la giornata al meglio, ma per sua sfortuna la Marid non era mai stata tipo da indugiare nel letto più del dovuto, e con un po' d'amarezza si scoprì essere in pesante ritardo: la Regina dei Mari non solo era già sveglia, ma aveva persino iniziato a vestirsi.
    Uno spettacolo a cui avrebbe voluto assistere dall'inizio, maledizione!

    «Zucchero?» le chiese, offrendole una tazzina bollente ed allungando la zuccheriera.

    Non che non avesse voluto versarlo lui, eh, ma con la storia delle calorie meglio stare attenti (?)
    Dal canto suo, il Topazio si concesse un buon caffè non zuccherato. Dieta? Balle. Semplicemente, un buon caffè doveva essere come l'inferno: Nero, Bollente e dannatamente Amaro. Cose su cui riflettere, mentre osservava vagamente il giorno nuovo oltre la finestra, lasciando vagare gli occhi ben oltre l'infinità del cielo.
    Un piccolo sospiro sfuggì dalle sue labbra, ma in fine scosse la testa.

    «Peccato.» asserì deciso, al termine di chi sa quale riflessione. E del caffè. «Oggi proviamo in tribunale, giusto? Vado a mettermi qualcosa.»

    Eh già, oggi rogne con la legge, per la famiglia LeRoy.
    Del resto, l'ultima volta ne avevano parlato a sufficienza: non poteva andare avanti così. Non potevano vivere solo dei soldi della "Tettona dei Grifoni", come la chiamava Eve.
    O meglio, Eve aveva deciso che non potevano, e voleva a tutti i costi avere degli introiti personali.
    Quella scellerata voleva mettersi ad aprire un ambulatorio! Su Laputa!
    Fare la crocerossina con tutti!!!
    Già s'immaginava la fiumana di clienti che avrebbe avuto, per lo più gente che aveva avuto un due di picche dalla tettona...
    "Richard è geloso...!" l'aveva canzonato, ma che diamine, CERTO che era geloso!
    Probabilmente gli sarebbe esplosa la testa, se alla fine non fosse riuscito a convincerla a tentare altre strade, prima.
    E quello era il giorno in cui avrebbero cercato qualche causa su cui lucrarelavorare.

    Ora, cosa mettersi era un bel problema.
    Effettivamente presentarsi davanti ai clienti in qualità di sagomina elettrizzata non pareva la più geniale delle idee, quindi prima di andare verso il tribunale magari era d'uopo "vestirsi", che nel caso di Richard non si limitava alla (peraltro lunga e ponderata, sicuramente più della sua partner) scelta dei vestiti, quanto proprio al mutare aspetto, fino a raggiungere l'umana effige che solitamente va bene un po' per tutto. Di certo non si poteva mostrare al popolo con l'aspetto di un aggeggio umanoide fatto di corrente azzurrina, o peggio come un tipetto dai capelli neri che persino gli sconosciuti avrebbero chiamato coso!
    Alla fine, partendo dalla scelta del vestito, il nostro optò per qualcosa di un po' più socialmente elevato del solito, ma che a modo suo fosse anche appariscente, e bene o male adatto un po' ad ogni occasione (anche perché, nemmeno a dirlo, chi santo sapeva che tipo di abiti si indossano in un tribunale?! Di sicuro non poteva andarci a torso scoperto come faceva di solito, ma probabilmente nemmeno lo smoking o gli abiti neri erano opportuni...)
    Quindi di base una bella camicia di seta bianca brillante, che faceva sempre la sua porca figura, sopra la quale, sempre in seta ma questa volta nera e lucida, veniva un elegante quanto tranquillo giustacuore. Pantalone e giacca invece, di cady in seta color rosso cardinale, erano di un taglio finissimo ed esaltavano il suo altrimenti ben nascosto carisma. A completare quel fior fiore di vestito erano un paio di scarpe classiche modello "Francesino", con giusto qualche personalizzazione nella forma (orientata dunque verso lo stile classico Italiano, che aveva sempre classe da vendere) e rigorosamente in pelle nera, ed un Jibot al posto di una fin troppo banale cravatta era decisamente un ottimo modo per completare l'abito che non faceva sicuramente il monaco, ma che di certo faceva di lui un bel pezzo d'avvocato coi soldi che uscivano dalle orecchie.
    Fuckin' Yeah.
    Ora bisognava invece pensare al proprio aspetto fisico, vera mazzata in fronte, perché diamine, in linea di massima per scegliere un vestito esiste la moda (che, sempre in linea di massima, lui non seguiva), ma per scegliere l'aspetto fisico che benedizione esisteva?!
    Beh, normalmente Richard si affidava al proprio personalissimo senso estetico, ma quella volta voleva provare qualcosa di adatto a... boh, qualcosa. Semplicemente "adatto".
    Come pettinatura scelse un compromesso tra eleganza e sportività, capelli tirati all'indietro con del gel, a cui aggiunse un tocco personale e forse un pelino sgargiante, ma lui doveva distinguersi dalla gente sana di mente: una frangia inflessibile, orgogliosa e forse un po' sfrontata, un po' più lunga sul lato sinistro rispetto al destro.
    Si provò anche qualche combinazione di barba e baffi, ma alla fine decise che non gli stavano bene. Forse i baffi, se proprio proprio, ma dato che potevano piacere o non piacere, puntò sul "magari non piacciono".
    Anche sull'età da assumere il Djin si fece qualche remora. Giovane o maturo? Oddio, sicuramente giovane, non voleva fare il matusa dall'esperienza millenaria, però non voleva nemmeno apparire lo sbarbatello di turno, soprattutto considerato quel che stava andando a fare. Puntò dunque su una giovinezza che non fosse assolutamente acerba, ma nemmeno dai tratti eccessivamente marcati. Semplicemente delineati, come era giusto che fosse un giovane procuratore di successo.
    Per concludere assunse un atteggiamento ed una postura professional, giusto perché si adattava praticamente ad ogni stile.
    Vah, che fior fiore di legale! Ora non gli restava che esaltare la sua figura accompagnandosi ad una creatura che fosse la rappresentazione in terra della bellezza divina... e toh, nemmeno a dirlo, si sarebbe attaccato ad Eve come una cozza allo scoglio.
    Con la sua bellezza a far da faro illuminante, anche lui si sarebbe sentito magnificato.

    Il resto della mattinata proseguì spedito. Man mano che le lancette avanzavano il fare rilassato che aveva scandito le primissime ore di quel giorno lasciò posto ad una sempre crescente fretta.
    Erano uomini di legge, ora, e la puntualità era uno dei più importanti biglietti da visita di cui potessero disporre.
    Quel giorno niente follie, per Richard, che non si esibì in nulla di eclatante. Si limitò a seguire la sua signora, occupandosi del trasporto dei documenti con un'elegante ventiquattr'ore e di non perdersi.
    Tutto si susseguì come preventivato.
    Scesero di casa in perfetto orario. Si destreggiarono per strade e stradine della Città Alta con celerità, raggiungendo la funivia con abbondante anticipo. Fecero puntualmente ritardo, perché si sa, sui mezzi pubblici ci puoi contare.
    ...sì, ci puoi contare le ore ed i minuti mentre aspetti. E loro due lo sapevano bene, infatti quando il vagone arrivò finalmente a destinazione avevano ancora un abbondante margine di tempo per raggiungere il Palazzo di Giustizia.

    «Allora... Ti hanno fatto sapere niente?» chiese di punto in bianco, giusto per far qualcosa. «O ti hanno detto solo di presentarti all'ufficio 9?»

    Beh, c'era ancora un po' da camminare, la speranza era quella di iniziare a discutere di qualcosa. O anche solo sentire Eve parlare, sapere cosa si aspettava da quella giornata.
    Ascoltare la sua voce sarebbe stato certamente più piacevole che camminare nel silenzio, seguendola e basta.
    Avrebbe fatto arrivare prima la loro meta.
    Meta che, in un modo o nell'altro, al fine giunse. E come volevasi dimostrare, quella era un'ottima giornata, cominciata nel modo giusto. Erano in anticipo, ed al fine furono loro a dover attendere l'ufficio 9, e non vice versa.
    Attesa breve, per la verità, ma sufficiente a dare al buon Richard il tempo di atteggiarsi a "we, pelato, sono secoli che aspettiamo!"



    «Avvocati Richard S. ed Eve Q., dello studio legale LeRoy&LeRoy, giunti sin qui direttamente dal Foro di Arianrhod. Per servirvi.»

    Così presentò entrambi, dopo aver assunto la necessaria compostezza ed essersi esibito in un breve e cortese inchino d'introduzione.

    «La mia collega aveva fissato un appuntamento.»

    In fine si fece da parte, lasciando che fosse Eve a parlare con quel tizio.
    Approfittò invece di quel tempo per aprire la ventiquattr'ore, e scorrerne il contenuto alla ricerca di documenti che potessero tornarle utili.
     
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  9. Barone Mirtillo
     
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    Narrato
    §Pensato§
    - Parlato di Eve -


    png


    Laputa, Villa LeRoy

    Placido dormiveglia, pastoso cuscino onirico che leggero si adagiava sulla superficie dei sogni, cullato dai tiepidi raggi dell'albeggiare. Sonnolento stato fra due mondi, fra il reale e l'irreale.

    Era piacevole riposare così, cullarsi senza decidere in quale dei due indulgere. Era strano, però, compiere quel percorso in forma umana: gli occhi socchiusi si dischiusero lungo il letto: di fianco a lei, le coperte disfatte. Su di sè, le coltri che avevano riscaldato quella sua notte.

    Si sentiva strana. Riposata, sì, ma in modo diverso. Era anche stupita di essere riuscita a mantenere la forma umanoide nonostante la stanchezza ed il sonno.

    Certo, ripensando a ciò che aveva preceduto il sonno, ancora veniva percorsa da un fremito. Insomma...Non era la prima volta che lo facevano. Ma caspita...

    Wow.

    Guardò la sua bottiglia, le sorrise. All'inizio era scettica, ma pure un corpo umano pareva avere i suoi vantaggi. O forse era il fatto di aver avuto un uomo nel letto, a metterla di buon umore.

    Le sue narici colsero subito la fragranza in arrivo: rese una preghiera mattutina di ringraziamento alla Dea per averle dato un così servizievole servitore. Non la ringraziò, tuttavia, per i capelli scompigliati, e l'aspetto orribile che aveva.

    Quello era decisamente un lato negativo del dormire in forma umana.

    Liberatasi del pigiamone di Winnie Pooh (estremamente sexy, sì), iniziò ad armeggiare con lo sterminato guardaroba: quel giorno era importante per la sua incessante ricerca di un impiego: doveva evitare roba troppo eclatante, o la solita collezione di vestiti identici che indossava abitualmente.

    Sfortunatamente per il Topazio, arrivò in ritardo: nessuna scena sexy di entrata inaspettata, nessuna nudità random per fare fanservice. Gli lanciò un bacino, vedendolo deluso...Probabilmente voleva portarle la colazione a letto, e si meritava almeno una consolazione.

    «Zucchero?»

    - Un po', grazie! 14 zollette! -

    Alla faccia della dieta. La goduria dell'essere mutaforma.

    «Oggi proviamo in tribunale, giusto? Vado a mettermi qualcosa.»

    Ancora un po' sonnolenta, la Marid gli annuì: lei aveva già indossato camicia e gonna, entrambe rigorosamente nere, sobrie. Scarpe eleganti, ovviamente. Non serviva aggiungere nient'altro, se non la giacca del completo, ed un paio di inutili occhiali per dare un tocco di intellettualità. Valutò per un minuto buono l'opportunità di lasciare aperto il bottone della scollatura...Ma poi si risolse nel chiuderlo: in tribunale meglio essere sobri, soprattutto per una donna.

    Il lavoro là, nemmeno le piaceva granchè. Fondamentalmente aveva acquisito esperienza solo per caso, e nell'ultimo periodo trascorso ad Ariarnhod, quando si era ritrovata a sobbarcarsi pure il lavoro del Foro di Arianrhod.

    Maledetti Guardiani fancazzisti.

    Terminò la vestizione: a quanto pareva anche IRchard ce l'aveva fatta, e la Chierica accolse il risultato con un bel fischio di approvazione: non gli disse nulla. Sperava che quel gesto, e la pacca su quelle belle chiappette, fossero più che eloquenti.

    [...]

    Il tragitto era tranquillo, l'ora più che giusta. Tutto procedeva bene. A parte i mezzi pubblici, ovviamente.

    «Allora... Ti hanno fatto sapere niente? O ti hanno detto solo di presentarti all'ufficio 9?»

    - Niente di niente. Ma immagino che non ci si debba aspettare troppo dalla Pubblica Amministrazione, da che mondo è mondo. -

    Disse, in un sospiro. Preferiva di gran lunga un lavoro come quello allo Sapphire, piuttosto che le beghe legali delle aule di tribunale. Certo, ne capiva abbastanza, ma...Che palle. Ma in fondo aveva fatto qualsiasi mestiere, tanto valeva cercare pure in quel settore: le mancavano solo il Presidente, e l'Operaio. Ma a quanto pareva, era arrivata tardi per entrambi.

    [...]

    Altra attesa. E poi finalmente furono ricevuti: davanti a loro un ometto insignificante, una faccia da topo di biblioteca, l'avatar terreno della Burocrazia. Terribile. Quasi peggio dei Funzionari Planari. Brr.

    «Avvocati Richard S. ed Eve Q., dello studio legale LeRoy&LeRoy, giunti sin qui direttamente dal Foro di Arianrhod. Per servirvi.»

    - Buongiorno. -

    Dovette solo aggiungere, vista la presentazione già espletata da Richard. Subito la Marid esibì la modalità legale, ovverosia un'insieme di gestualità e sguardi sicuri, ma non arroganti, cordiali ma non molli. Fottuto linguaggio del corpo, sì. Non sapete quanto conti.

    jpg

    «La mia collega aveva fissato un appuntamento.»

    Allungò la mano, stretta breve, decisa, medio movimento rotatorio. Lo guardò, con un sorriso formale, da sotto quelle lenti fittizie. Aprì la valigetta, estraendone un dossier mediamente voluminoso, da cui prese, apparentemente senza nemmeno guardare, 5 o 6 fogli.

    - Se mi permette, gradirei procedere subito, andando al nocciolo della questione. Come potete leggere da questi documenti, questa è la richiesta formale, per me ed il mio socio, di esercitare la pratica forense in questa sede. -

    Diede un breve colpo di tosse, tanto per darsi un tono, e consentire al tizietto di leggere, ma non di interromperla. Cazzosì.

    - Queste sono le nostre credenziali, i nostri Curricula, la documentazione varia, le marche da bollo, e vari attestati di stima delle più varie autorità di Arianrhod. -

    Gli fece, dopo avergli passato un altro paio di fogli.

    - Se, come sembra, non ci sono condizioni ostative ulteriori, siamo pronti fin da subito. Peraltro volevamo onorare la disponibilità di questa sede giudiziaria, offrendoci gratuitamente per un periodo come difensori d'ufficio. -

    Disse, stuzzicando l'avidità del pubblico dipendente: in fondo era buona strategia, non specificando la lunghezza del periodo. :guru:
     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    Mi rialzo di buona mattina oggi il sole è sereno, ma io no, e per motivi che citerò dopo può essere la volta buona che mi incazzo.

    Dicevo.. mi risveglio grazie ad un coglione che mi scampanella; inizialmente lo ignoro, il suono non mi da fastidio, poi però comincia a battere i pugni sulla MIA porta, e se me la rompe?
    E io pago.

    Con una mezza voglia di mandarlo a cagare mi alzo, nel frattempo penso mentalmente alla sfilza di parolacce di cui ricoprirlo; l'unica giornata di riposo dopo un mese, e uno viene a bussare, e che cazzo, sono paziente ma anche io ho i miei benedettissimi limiti!!

    Apro la porta, lo accolgo con un imprecazione..


    «Ma Dio..»

    Poi guardo chi è.
    E' lui.
    No, non può essere lui °-°
    Tappo, pelato, occhiali, rughe ovunque.. è lui, è maledettamente lui O_O


    uchiyamada

    «..santissimo, signor vice-direttore, che bella sorpresa! Dica, ha bisogno di qualcosa?»


    -Il Direttore la sta aspettando di fretta nel suo ufficio, per una convocazione urgente..-

    Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo Ti ammazzo..


    -Be? Che fa qua ancora a guardarmi? Si muova, rifiuto della comunità!-

    Rifiuto della comunità.. io stetti quasi zitta per non prenderlo a legnate, limitandomi ad un "Signorsì, vicedirettore!!", ma sotto la mia finestra c'era la SUA macchina, la sua CRESTA, la vendetta sarebbe presto arrivata.
    Aspettai che se ne andasse, per poi prendere il pesetto da dieci chili che tenevo sotto al letto, affacciarmi alla finestra e scagliarlo verso la sua vettura.

    Momento di impatto visivo tra il soggetto e la macchina, meno tre.. due.. uno..


    uchiyamada

    -AAAAAAAAAH LA MIA POVERA CRESTA!!-

    Conoscendolo sta già correndo incazzato come un rinoceronte verso camera mia, ma sono ormai lontana.. dopotutto me l'ha detto lui stesso che era urgente, e quindi mi sono dileguata velocemente.

    Arrivato dal pezzo più grosso dei LAM, vedo con me un altro uomo mai visto prima.


    -Messer Grifis Minos, Sergente degli Aviatori Verdi, al vostro servizio.-

    Stavolta non ce la facevo davvero a presentarmi, oggi non sarei riuscita a parlare tanto, sono stanca, incavolata, avrei fatto quel tanto che basta per levarmi questo disturbo dalle palle.

    «Rika Furude, dalle Armate Blu, molto piacere.»
     
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    Laputa; Città Alta, Palazzo di Giustizia.

    Gli avvocati LeRoy fecero un’ottima impressione all’impiegato di settore.
    Ventiquattrore, documenti, vestiario e dialettica facevano intendere la professionalità di quei due individui. Inoltre la signorina Eve aveva aperto una breccia nel cuore dell'ometto, che rimase completamente affascinato dal suo modo di fare e dal suo portamento. Prese in mano i fogli che lei gli passava senza leggerli effettivamente. Era stato rapito da quel viso angelico e da quegl’occhi magnetici. Poco importava se non aveva la ben che minima idea di cosa fosse il Foro di Arianrhod oppure di quali fossero le esperienze lavorative di quei due.
    L’impressione iniziale fece il suo effetto e l’impiegato si decise a parlare con la sua voce titubante, mentre scorreva distrattamente lo sguardo sui documenti che aveva in mano.

    Be… bene, sembra tutto in regola. Potete considerarvi assunti a tempo de-de-determinato dall’organo giuridico di Lapu-pu-puta.

    Le pause balbettanti avvenivano ogni qual volta la bella Eve incrociava lo sguardo con l’impiegato.

    È un bene che vogliate iniziare subito a lavorare, pe-perché proprio in queste ore ci è stato sottoposto un caso veramente… particolare. Questa stessa not-te-te… - fugace occhiata al decolté dell’avvocatessa - …è stato arrestato un uomo in casa sua, ed è stato trovato insieme al corpo inerte di una donna. I dettagli del caso vi verranno forniti questo pomeriggio… e siete chiamati a difendere quest’uomo in tribunale, perché ha chiesto espressamente che gli venissero assegnati due avvocati d’ufficio.

    Pensò di aver detto tutto quello che c’era da dire… ah, no! Mancava una cosa, tra l’altro la più importante.

    Il processo si svolgerà qui domani mattina alle 9:00. Nel frattempo avrete tempo di incontrare il vo-vo-vostro assistito e di preparare le vo-vo-vostre argomentazioni.

    Finalmente quell’omino smise di parlare e congedò i due avvocati neo-assunti.




    Laputa; Secondo girone, Albero casa.

    Nell’ufficio del caporeparto arrivarono i due aviatori. Il Sergente Minos e l’aviatrice Furude erano lì per un incarico ufficiale, che il direttore spiegò con voce sicura e autorevole.

    Buongiorno ad entrambi. Vi ho convocati per chiedervi formalmente di rappresentare la comunità di Laputa in tribunale. Il processo di terrà domani, e alla gilda è stato chiesto di proporre due persone per il ruolo di pubblici ministeri. Non preoccupatevi se avete poco dimestichezza in ambito giuridico: alcuni miei contatti mi hanno assicurato che è un caso facile e che non presenterà problemi di sorta. La scelta ultima sta a voi. Siete disposti a rappresentare gli Aviatori e l’intera Laputa?

    Fece una breve pausa, in cui si schiarì la voce.

    Prima di rispondermi, meditate sul fatto che quando avete accettato di divenire aviatori, avete giurato di proteggere i Deboli e di rappresentare la Giustizia. Questo compito è molto importante, e non a caso siete stati scelti voi due.

    Cosa avrebbero risposto i due Milites?

    Questo è l’ultimo giro di post della scena, poi chiuderemo e apriremo la quest vera e propria. I due LeRoy hanno carta bianca su pensieri/parole/azioni. Possono commentare tra di loro i fatti appresi, possono dirigersi verso il loro assistito, possono prendere un caffè… quello che volete ^^

    Gli Aviatori devono rispondere alla richiesta del caporeparto e in più vi chiederei di non abbandonare l’ufficio. Per il resto, siete liberi ^^

    Ordine: libero
    Giorno ultimo per postare: domenica 16 ottobre.
    Per dubbi o domande, topic in bacheca o MP.
     
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    «Parlato di Richard»



    Laputa; Città Alta.
    Palazzo di Giustizia

    Rimase pressoché immobile. Scultoreo, anzi.
    Fermo, deciso, serio e professionale, attese con calma, ingoiando dalla prima all'ultima ogni sua mania di protagonismo.

    Ci sono volte in cui la grandezza si dimostra rimanendo in disparte, lasciando che sia chi realmente era competente a fare mostra di sé.
    E nel foro, la primadonna indiscussa ed incontrastata era lei.
    Bella, colta, assoluta - nelle competenze e nei modi, così come in tutto.
    Fin nella voce quella giovane avvocatessa sapeva manifestare un carisma ineguagliato, ed in un nonnulla aveva avviluppato il poveretto tra le sue spire. E pensare che ci sarebbe riuscita persino rimanendo in silenzio la rendeva ancora più eccezionale.
    Ogni intervento di lui altro non sarebbe stato che macchia alla perfezione di quella donna, alone opaco a tanta illustre brillantezza.
    Quell'omuncolo insignificante era suo, lo stringeva tra le mani come se fosse stato una marionetta, probabilmente sarebbe stata capace di farlo mettere a quattro zampe e farlo abbaiare davanti a tutti, se avesse voluto.
    E per questo, di nascosto, la guardava sorridendo nell'animo. La guardava colmo di ammirazione e rispetto.

    In fine, quando fu il tempo dei congedi, si dimostrò rispettoso verso la vittima il funzionario, tributando un giusto e doveroso saluto prima di recuperare diligentemente ogni documento ed accompagnare la sua signora all'uscita.

    «Ottimo lavoro, socia.» le disse, colmo d'orgoglio e soddisfazione, quando finalmente furono fuori dall'edificio.

    Incredibile. Era stata semplicemente incredibile. E non c'erano parole per descriverlo.
    Per questo fu felice che loro fossero Djin.
    Perché non ci fu bisogno delle parole per dirle tutto ciò che provava. Lei poteva leggerlo nei suoi occhi.

    «Un solo giorno per interrogare l'imputat... il nostro assistito e studiare le scartoffie... Una sola notte per preparare la difesa per un caso di omicidio... Questo è scomodo a qualcuno dei piani alti, temo. Che ne pensi?»

    Un sorriso fiducioso sul suo volto, mentre si permetteva il lusso di osservare il cielo terso a braccia incrociate, colmo di orgoglio immotivato.
    Avrebbero vinto.

    «Ebbene, io direi di iniziare fin da subito. I documenti ufficiali arriveranno solo nel pomeriggio, ma c'è molta gente a cui potremmo già fare domande. Ma prima, avvocato, mi consenta di offrirle un caffè.»
     
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  13. Grifis:.
     
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    Il direttore non perse tempo prezioso in giri di parole, preferendo volgere ogni sua attenzione sull'argomento che l'aveva costretto, si fa per dire, a convocare i due Aviatori. Il Sergente non esitò a mettersi comodo, quasi potersi adagiare su di una sedia gli fosse dovuto; la scintillante armatura di argento, con numerose effigi di falco e grifoni, tintinnò leggermente mentre s'adagiava sullo schienale.
    Che ci fosse qualcosa di grosso in ballo lo comprese dal tono di voce dell'uomo, che non esitò a rimarcare, fosse pure a gesti, l'importanza della sua richiesta. A quanto stava dicendo, la città di Laputa era rimasta invischiata in qualche affare politico che, al momento, non fu trattato nei particolari. Oltretutto, era stata richiesta la presenza di due Militi nel Tribunale, in qualità di pubblici ministeri. Nonostante le rassicurazioni del caporeparto, Grifis non poté esimersi dal guardarlo con una nota di dubbio dipinta in viso: se era un processo facile, perché chiamare due Aviatori? La sola rappresentanza non poteva costituire un motivo sufficiente, tuttavia non volle addentrarsi oltremodo sull'argomento. L'altro sembrava troppo preso dalla questione.

    Sbuffò poco dopo. Non aveva gradito la rettifica, quella che volle sottolineare l'adesione dei LAM alla pace e alla giustizia. Gli sembrò quasi un ricatto, uno che si sentì in dovere d'accettare, più per amore dei concetti ideali sopra citati che per un vero e proprio desiderio d'una diakonia to logos. Per tanto, precedendo la compagna del settore Blu, schiarì la voce rispondendo al caporeparto per le rime:

    Non è ricordandoci i nostri doveri che avrete la sicurezza dei nostri favori, e ciò nonostante, proprio in virtù del giuramento, non v'è necessità di sottolineare l'adesione di ogni singolo Aviatore a quel che è, per l'appunto, l'interesse di chiunque militi sotto la bandiera della Dama del Vento.
    Per tanto, consideri la mia presenza sicura; non ve n'era il bisogno, avrei accettato senza bisogno di nessuna spiegazione.

    Avendo ormai confermato la sua partecipazione, rivolse un saluto di riverenza alla compagna e, non appena il caporeparto gli avesse dato il permesso, avrebbe lasciato quegli uffici per tornare alle sue stanze.
    In attesa dell'indomani.


    Grifis
      Equipaggiamento
      [ Armatura d'Argento del Grifone ]Info

      [ Spada degli Spiriti Silvani ]Info
      [ Passiva Volo]3


      Abilità Passive
      ~ S I L E N T H I L L ~ Info
      [ Passiva di Charme "Riverenza" ]

      ~ F E A R L E S S ~ Info
      [ Passiva Resistenza Psionica Medio Livello ]

      Abilità Attive


      Mana & Consumi 100%

      Info ^^ buon divertimento a todos


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  14. Barone Mirtillo
     
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    Narrato
    §Pensato§
    - Parlato di Eve -


    png


    Laputa, Città Alta

    Tch.

    Tutto fin troppo facile: quel burocrate senz'arte nè parte non aveva opposto ostacolo ad un loro immediato ingresso nell'ambiente forense Laputiano: certo, la regolarità della documentazione aveva sortito effetto, ma molto probabilmente era stato il piglio dei due a troncare sul nascere ogni segnale contrastante.
    Meglio tenerseli buoni, gli avvocati. Forse quel ominicchio lo sapeva.
    Oppure, molto più semplicemente, era solo l'ennesima vittima di quelle tette.

    Il caso che era capitato loro, comunque, non sapeva interpretarlo: forse un insieme di chiaroscuri?
    Avevano imbroccato subito un delitto di sangue, cosa che sicuramente avrebbe condizionato l'ambiente, in un posto tranquillo come Laputa. Oltre a questo, dal poco detto dal pelato si evinceva la presenza di alcuni indizi poco favorevoli al sospettato.

    D'altro canto, alcuni piccoli dettagli, meramente procedurali, la inducevano a nutrire un cauto ottimismo.

    [...]

    «Ottimo lavoro, socia.»

    Le fece Richard, una volta varcate le soglie di quel soffocante edificio di giustizia: in linea di massima non avevano combinato nulla di speciale, per quanto potesse essere impressionato il Topazio: anzi, con tutta probabilità erano riusciti a farsi rifilare la peggiore grana legale di tutta Laputa.

    Tuttavia sentì ciò che sentiva Richard, e per qualche istante arrossì visibilmente: diede un paio di colpi di tosse, cercando maldestramente di darsi un contegno. Nel frattempo, uno dei bottoni della camicetta (indovinate quale) si arrese, saltando definitivamente. Cadde a terra, con un sospiro di Eve: il giorno dopo, avrebbe necessitato una camicetta più "capiente".

    «Un solo giorno per interrogare l'imputat... il nostro assistito e studiare le scartoffie... Una sola notte per preparare la difesa per un caso di omicidio... Questo è scomodo a qualcuno dei piani alti, temo. Che ne pensi?»

    - Mah...A naso direi che le forze dell'ordine, in questa specie di Eden volante, non siano poi così esperte di indagini. Magari hanno commesso qualche leggerezza...Inizierei da lì. -

    I tempi erano stringati, e già quella era una cosa particolarmente sgradevole: ma sapeva che il suo socio era il migliore che avesse mai potuto avere. Ed infatti...

    «Ebbene, io direi di iniziare fin da subito. I documenti ufficiali arriveranno solo nel pomeriggio, ma c'è molta gente a cui potremmo già fare domande. Ma prima, avvocato, mi consenta di offrirle un caffè.»

    jpg

    Mentre la Marid lo sorpassava, ed i vestiti eleganti mutavano magicamente nei suoi soliti abiti quotidiani, lei gli sorrise sorniona...Con uno sguardo sicuramente a lui familiare e molto eloquente.

    - Sicuro di voler sprecare così il poco tempo libero che ci resta? :8D: -

    Domandò, già sapendo che sarebbe successo.

     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    Siete disposti a rappresentare gli Aviatori e l’intera Laputa?

    «Logico che anche io, buona d'animo, mi senta in dovere di aiutare ove ci sia bisogno, se fosse il contrario non avrebbe nemmeno senso il mio ruolo di Aviatrice, no?»

    Gli dò giusto il tempo per rispondere, poi riprendo rivolgendomi sia al "Capo" che al compagno al mio fianco.

    «Se è tutto, penso che siamo pronti a partire..»

    Mentre parlo mi vengono alla mente tanti dubbi, se il caso è così semplice che bisogno c'era di chiamarci? Non potevano sbrigarsela da soli per una volta?
    Probabilmente dov'esserci qualcosa di più grosso nella faccenda, qualche dettaglio non reso del tutto "pubblico", poteva anche essere che fossero solamente pensieri.. ma si sa, l'intuito femminile difficilmente sbaglia.
    Si vedrà..
     
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