[CC] Arruolamento - Mozart

Era passato molto tempo da Gradia, o almeno così lui pensava. L'armatura, perduta. Le sue certezze, disciolte. Era tornato ma non a casa sua, bensì nell'Endlos: quel luogo che, ormai, sembrava volerlo ospitare per un tempo indefinito o semplicemente troppo lungo da sopportare. Ma qualcosa era cambiato in lui, come se la rassegnazione avesse fatto posto a una vaga consolazione, che s'era costruita addosso a lui come un'armatura difensiva: il sorriso era divenuto tutt'ad un tratto l'arma più potete che potesse sfoderare, con il proposito sia di tenersi distante da una vita troppo mondana, e sia per zittire sul nascere qualsiasi pensiero circa il suo status. In quei giorni, quando la Torre l'aveva risputato sul quell'ammasso di semipiani, il giovane Mozart aveva preso una decisione assai solenne: avrebbe raggiunto un'obiettivo ancor più alto in confronto al padre, fallito miseramente ad un passo dalla gloria. Ma cosa avesse in mente, non era dato sapere a nessuno. Poiché mai nessuno avrebbe avuto l'onore di poterlo avvicinare più del dovuto.

Il primo passo della sua scalata fu entrare nella Caserma, alla corte della Dama Azzurra. I motivi di tale scelta erano avvolti in un mistero di cui solo lui era conoscitore, ma avrebbero recato, se ben coltivati, frutti di cui avrebbe potuto godere per lungo tempo. La lunga attesa nell'omonima sala trascorse naufragando fra progetti, sogni e pensieri tutt'altro che rosei, che tuttavia avrebbe realizzato a qualsiasi costo. E infine, quand'eccolo sentire il proprio nome, si avviò presso l'Ufficio indicatogli. La guida sembrò tremare fin dentro le ossa, al solo pensiero di dover bussare a quella porta e, quando lo fece, sembrò sollevata; Mozart invece varcò immediatamente la soglia senza batter ciglio e, giunto dinnanzi all'uomo alle prese con i suoi lavori a maglia, subito si inginocchiò guardandosi bene dal parlare, finché non fosse stato interrogato.

Visto dall'esterno, il Generale degli Abissi poteva sembrare poco più di un belloccio convintosi capace della vita militare, ma nessuno avrebbe mai sospettato che quel viso d'angelo aveva trascorso almeno 10 anni, quasi tutta l'infanzia, su di un'isola non a caso chiamata Death Queen: un'intero sito vulcanico, dove sono presenti solo fiumi di lava, terra arida e sterile, e descritto solitamente come luogo estremamente freddo dove fa caldo quando c'è il Sole. Gennosuke del Basilisco, poi, non era famoso per addestrare le reclute a suon di carezze e coccole, tanto meno se si trattava del figlio di un traditore d'alto rango; qualsiasi fosse l'addestramento che l'aspettava in quella Caserma, nulla poteva paragonarsi a quanto già ricevuto e superato da fanciullo.
E forse per questo che, al momento d'avvertire quella sensazione di paura proveniente dal dirimpettaio, rispose in modo assai composto e rispettoso. Una delle prime cose che aveva imparato era proprio la paura: la paura della solitudine, della morte, del non vedere il domani. Gennosuke aveva stampato a fuoco nel suo animo quelle sensazioni, affinché imparasse a convivervi e a usarle a suo favore.

Questo faceva di lui un Cavaliere.

Seppe d'aver ricevuto il benvenuto quando s'accorse che la sensazione di paura dentro di lui stava, improvvisamente, aumentando: nascose così un sorriso al di sotto del suo stesso inchino, per poi alzare all'altro il più serio, composto e indecifrabile degli sguardi. Chi avesse saputo leggere il linguaggio delle iridi, poteva scorgere in lui più sangue e violenza di quante ne potesse registrare un'Alfiere in un Presidio. Già, l'Imperatore Hyoga era famoso per la sua tirannia e la smodata smania di potere, non certo per chissà quale trattato di pace. Tutti i paesi volgevano a lui, o con le buone o al ferro e al fuoco.

» Se mi è concessa parola « - esordì, bravo soldatino; attese il permesso, a cui poi avrebbe aggiunto: » Mozart Von Balthasar, Cantore di Poseidone nel segno della Sirena, musico e condottiero, Generale degli abissi di sua Maestà Hyoga il Kraken; qui, naufrago, porgo a voi distinti saluti oltre che singolare richiesta... «

» Intendo presentare formale richiesta d'asilo, politico e militare, alla Caserma e a chi la presiede, causa l'ufficiosa diserzione dall'esercito di Sua Maestà e della Francia, tutta. «

Non fece nulla per scemare quel sorriso che, al di sotto della testa abbassata in segno di rispetto, faceva capolino come fosse un suo personale trionfo. E infondo non gli importava che qualcuno potesse anche solo scorgere le sue labbra schiuse in un segno d'ironia, perché aveva l'estrema convizione d'aver aperto una porta cui poteva varcare la soglia quando e come preferiva. E non si soffermò più di tanto sull'influsso psicologico che l'altro stava esercitandogli contro, e non perché avesse qualche protezione di sorta ma, semplicemente, perché la paura era come una benzina per il suo animo: doveva alimentarsene, doveva piegarla a sé, o non avrebbe stretto fra le dita quell'utopia che, per adesso, si agitava solo nei suoi pensieri.

» Ne sono ben consapevole ma, seppur io intenda firmare la modulistica, non sono così superbo da pensare che la Dama Azzurra riceva chiccessia, soltanto perché questi lo desidera « - e non soltanto per quello, giacché farsi presentare direttamente da qualcuno che aveva un qualche genere di rapporto con la Dama era un biglietto d'ingresso verso le alte sfere di quel mondo; e per questo che sfoderò le sue convinzioni: » Se qui sono uno sconosciuto, è altresì vero che da dove provengo detenevo una posizione di prestigio: il mio titolo militare, oltre a quello nobiliare, anche se decaduto, mi rende un bersaglio per chi desidera ch'io taccia sui segreti della Francia. E certamente, se me ne fosse concesso, desidero ripagare l'asilo politico con la mia arte... «

Si alzò, lentamente. Continuava a sorridere e fissava Russia dritto nei suoi occhi comunisti: era possibile vedere la paura che quest'ultimo gli incuteva, e tuttavia, era in un certo senso un timore controllato, ammaestrato, che seppur manifesto, non sembrava dissipare in quel giovane la piena consapevolezza ch'egli aveva di sé. Né delle proprie capacità: perché il terrore si può combattere, e si può anche vincere. E spesso, il modo migliore per riuscirci era farlo proprio, vestirsi di esso come fosse un manto.

» Non oso chiedere tanto «, disse paventando un'umiltà non fittizia ma orchestrata, e nascondendo in sé i veri obiettivi che avrebbe inseguito, da quel giorno, con smania furente: » Desidero seguire il percorso di qualsiasi recluta, e pur tuttavia incontrare la Dama per poter discutere con essa del mio asilo politico... E poiché era già mia funzione altrove allietare le giornate dell'Imperatore con la mia musica, sarebbe un grande onore poter fare altrettanto per l'Alfiere. «

» La ringrazio «, disse mentre firmava i moduli che gli avrebbero assicurato un nuovo e radioso futuro. Erano lontani i giorni di Gradia, era distante ormai il corpo senza vita, e poi rinato, di Quitas. Qualcosa dentro di lui si agitava, senza sonno, senza fermarsi mai. E con un sorriso infantile, eppure vagamente cupo, che si congedava dal dirimpettaio attendendo d'iniziare nella caserma, e alla corte dalla Dama, chissà quali mirabolanti imprese.