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Liberi Aeris Milites.
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Trono del Cielo, Albero Casa, Latifondo.
Presidio Errante, Endlos.
Nei cieli di Endlos esisteva un'isola volante. Con gli anni era stata abitata da varie creature, oltre che naufraghi del semipiano, eppure perfino i più anziani non potevano non ammettere che alcuni edifici fossero lì da ben prima dell'arrivo dei loro avi; da qui il luogo comune che l'isola fosse stata in realtà preabitata molti secoli addietro, forse millenni, e che ciò che restava di quelle genti altro non erano che poche strutture sparse per i gironi. Una di queste era l'Albero Casa che, non si seppe in realtà quale fosse il motivo, aveva accettato di ospitare gli appartenenti del Liberis senza scacciarli via come era già accaduto più e più volte a chi aveva osato avvicinarsi. Una delle sue sale prendeva per ovvie ragioni il nome di "Trono del Cielo", situata più in alto di tutte le altre e tenuta perennemente chiusa, si diceva, per lavori di ristrutturazione. Quel giorno, tuttavia, quella sala si era ritrovata ad ospitare tre figure, che andarono rapidamente a posizionarsi sulla sommità della pedana esagonale centrale su cui si ergeva un trono dorato. Sulla destra di chi sarebbe poi giunto percorrendo un lungo e preziosissimo tappeto, il Comandante O'Byrne, alle cui direttive stava l'intera Squadra Verde, perno della gilda, costituita esclusivamente da una elite dedita alla cavalleria aerea. Alla sinistra, invece, la bianca figura del Guardiano Yang, la Gelida Tempesta, Comandante della Squadra Blu e dei burocrati tutti. Al centro, infine, in piedi innanzi al trono, la sinuosa figura di una donna in lungo abito bianco. Aveva lunghi capelli castani, intrecciati a fili d'oro pallido e d'argento, mentre gli occhi smeraldini giacevano nascosti dalle palpebre socchiuse come pietre preziose in uno scrigno. La triade sostava in silenzio mentre su di loro un grande rosone lasciava entrare luce bianca mescolata ai colori delicati dei vetri opachi e non. Attendevano come statue, in attesa dell'arrivo di altre tre persone a cui erano stati inviati messi affinchè giungesse loro il messaggio urgente di presentarsi in quel luogo e a quell'ora esatta, causa nomine ufficiali.
"Aiuto è ciò di cui abbiamo bisogno.
Aiuto è ciò che offriamo.
L'aiuto ci arriva quando siamo in difficoltà.
L'aiuto è la mano che offriamo quando gli altri hanno bisogno di noi.
L'aiuto può essere una parola gentile o un atto straordinario, una mano stretta nel dolore o un gesto magnifico.
Tenere aperta una porta è aiuto.
Assistere un bambino ammalato è aiuto.
Può essere la cosa più piccola o la più grande, la più necessaria o quella non richiesta.
L'aiuto è ciò che ci rende umani, ciò che ci separa dalle bestie
e ci innalza fino agli angeli".Intanto, nell'attesa, la donna andò a sedersi sul trono per riposare le belle gambe ed i piedi cinti di tessuto e gioielli, celati dal drappo bianco dell'abito.
Edited by Drusilia Galanodel - 5/12/2011, 02:05. -
Grifis:..
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Alle volte, inseguire un sogno o un'ambizione non è il modo migliore per raggiungerne i traguardi agognati; per quanto ironico possa sembrare, è più spesso sovente che siano le aspirazioni di tutta una vita a raggiungere colui che, con tanto sforzo, ha inutilmente cercato d'afferrarle. Ancor più, hanno il brutto vizio d'essere improvvise, palesandosi giustappunto in quell'attimo cui la persona, stanca e resa arida dai fallimenti, cede ogni tentativo e si lascia andare allo sconforto.
Allorquando varcò l'ingresso della Sala del Trono, la luce parve rincorrerlo per la Sala aumentando di netto non solo il suo aspetto quanto il portamento, ch'ebbe d'elegante sia ciò che competeva ad un sovrano sia quant'era proprio, invece, a un principe nel fiore dei suoi anni.
Era forse perché l'uomo non era altro che un burattino fra le mani del Kharma? Chi avrebbe potuto spezzare una catena che sanciva, dalla nascita, vita e morte di chi vi era incatenato? Nessuno, nessuno che fosse immerso negli abissi più profondi del fato: lì dove le sue pieghe nefaste assumono la forma di onde tumultuose, e dove l'incauto naufraga senza meta e in eterno.
*
Grifis si svegliò sussultando. Il respiro era affannato, quasi avesse corso per giorni, mentre la fronte, imperlata dal sudore, traspirava dai pori della sua nivea pelle una preoccupazione e un timore che si erano spenti col brusco risveglio. Riacquisì lentamente la freddezza solita e consueta, domandandosi cosa avesse mai potuto provocargli un così brusco tremore nell'anima. Ricordava, vago e senza particolari dettagli, un vortice nero che pensò, inizialmente, essere il Malestrom: nell'occhio di quel ciclone, credeva d'aver visto o parlato con qualcuno. E aveva espresso, a questi, un desiderio.
Non ricordava quale, però.
L'urgenza dei suoi impegni d'aviatore lo chiamarono a ben altri pensieri, e si lasciò dietro incubi e sogni oscuri per vestire la sua corazza da Cavaliere Grifone, salvo poi imbracciare la Spada degli Spiriti Silvani. L'arma al suo fianco gli diede una sicurezza maggiore, oltre che un'autorevole immagine agli occhi degli altri: avrebbe percorso il corridoio che dalle sue stanze l'avrebbe, infine, condotto all'ufficio della sezione Verde degli Aviatori. Tra scartoffie, comandi, ordini e tanto altro, non ponderò nemmeno quanto stava per accadergli di lì a poco.
Quando il messo bussò alla sua porta, non si sorprese - era avvezzo a incombenze improvvise -, eppure non poté nascondere una vivida sorpresa nel vederlo estrarre una missiva che, recante il sigillo della Dama, richiedeva la sua presenza nel Trono dei Cieli, quella sala che fino a quel momento era rimasta chiusa e inaccessibile. Controllò l'orario, e per sua fortuna ebbe tutto il tempo di sospendere le proprie mansioni per andare, subitamente, a prepararsi. Non appena fu pronto, tanto nel fisico quanto nello spirito, si apprestò a raggiungere il luogo dell'incontro con una precisione e una puntualità degne di un Sergente.
Si sarebbe avvicinato al seggio ove la Dama e altri due Comandanti Aviatori sedevano, ed eseguì immediatamente un inchino di saluto e riverenza, tacendo poi le sue domande sapendo che, presto, avrebbe trovato le risposte che cercava. E intanto, nell'attesa, la sua mente indagava i misteri della vita, dei sogni e degli uomini che, pur inseguendo ambizioni per tutta la propria esistenza, alle volte ottengono, senza più desiderarlo, un premio ch'è follia sperar.. -
Harium.
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Appollaiato su di una guglia sporgente.
Era adagiato su di uno sperone che si affacciava sul nulla, il baratro si estendeva sotto di lui.
Gli artigli stringevano convulsamente la pietra su cui poggiava.
Così Harium aveva passato la notte.
Quel posto era diventato speciale per il Drago. Quando non era in giro per il semipiano, gli piaceva sostare lì, lontano dalle comodità dell’Albero Casa. Se ne stava ritto come un corvo sul suo ramo, a contemplare l’orizzonte e la città d’acciaio a diverse miglia sotto di lui.
Quel pinnacolo sul parapetto di Laputa lo attirava come una forza magnetica.
Anche quella notte non aveva trovato riposo nel dormire. Aveva vegliato sulla cima della guglia, aspettando che il tempo gli scorresse addosso. Solo in tarda mattinata si riscosse dal suo immobile silenzio, uscendo dall’angusto universo dei suoi pensieri. Ricordò che quel giorno era desiderato alla base degli Aviatori per un evento importante. Il portavoce non aveva specificato di cosa si trattasse nello specifico, ma dal suo atteggiamento l’Astro capì che non era una riunione come le altre.
Forse l’occasione avrebbe richiesto un abbigliamento elegante, o semplicemente diverso dagli abiti che solitamente s’indossano. La questione non si pose per il Drago, che aveva sempre con sé i suoi pochi averi.
Dopo un’intera esistenza passata in una condizione astratta, era prevedibile che lo Spettro si disinteressasse dei beni materiali. Viveva in una costante frugalità.
Indossò il suo unico vestito: la mantella nera che lo aiutava a celare le sue fattezze draconiche in pubblico.
Il drappo color pece nascondeva alla vista tutto il corpo, ma Harium decise di tener abbassato il cappuccio, considerando una mancanza di rispetto velarsi tanto in terra amica.
Quando giunse l’ora stabilita, Harium si presentò all’ultimo piano dell’edificio dei Liberi. Era una zona in precedenza chiusa a chiunque, la sorpresa lo colse nel vedere adesso quei nuovi corridoi. Rimase folgorato dalla quantità di arte racchiusa in quello scrigno di luce che era l’Albero Casa. Camminò fino alla sala del Trono in uno stato vacillante verso l'onirico.
Tutto fu magnificenza.
L’architettura del salone era un’espressione artistica ammirevole. Per un attimo il Drago sentì il suo spirito guizzare di nuova vita.
I suoi occhi si posarono in seguito sulle tre persone che si trovò dinanzi. Vide il Gran Maestro Drusilia, e i comandanti Evan e Yang. Poco distante c’era anche Grifis.
Avanzò con delicatezza, facendo di tutto per non scalfire il pregiato marmo del pavimento con gli artigli dei suoi piedi.
Il nero corvo attraversò il salone, silente come il Soffio dell’Universo.
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Asghabard non esisteva senza gli asghabardiani.
Poteva sembrare una tautologia, e in un certo senso lo era, ma non lo era: questo semplice concetto era alla base della società, della cultura e della sopravvivenza stessa del suo popolo fin dal ritorno. Un popolo unito, saldo, capace assieme di compiere azioni impossibili e sfidare con la sua sola esistenza le potenze militari dell'intera galassia. Nessuno poteva sopravvivere da solo, e tuttavia loro ci erano riusciti.
Senza l'unità gli asghabardiani non possono sopravvivere: per questo il tradimento è il peggiore dei crimini, peggiore dell'omicidio stesso.
Entrò nella sala per ultimo, vestendo al posto della tunica desertica che era stato il suo primo travestimento ad Endlos l'uniforme di SSA Delta che contraddistingueva il suo ordine: pantaloni e maglia color nero assoluto, con bottoni e fibbie grigio scuro e i pochi inserti dorati come voleva il protocollo per gli 1. invece del classico argento; sull'omero sinistro un triangolo verde brillante in rilievo su un globo terracqueo, sulle spalle i gradi che lo identificavano completamente.
Entrò a passo sicuro, senza voltarsi né a destra né a sinistra: la magnificenza di quel luogo era inifluente, a confronto con la tempra delle persone che ivi sostavano. Si fermò davanti alla pedana, fra Grifis e Harium, e rivolto a Drusilia e ai Capitani a lato del trono fece un saluto militare.
Poi attese.
Non c'era bisogno d'altro.. -
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Giunti i tre aviatori la Dama del Vento si rialzò dal trono dorato, posizionandosi poco più avanti, esattamente fra Evan e Yang, suoi Consiglieri più fidati. Lei era bella, regale, eppure un alone di tristezza velava gli occhi color smeraldo ed il dolce viso dai lineamenti di silfide. Le labbra si mossero, morbide e rosse, ed il Gran Maestro parlò loro:
-Fratelli, siete qui riuniti in questa sala perchè futuri testimoni di un grande cambiamento.
Allargò le braccia come per accoglierli nel presente, mentre pensieri e mente erano ormai volti ad un futuro forse prossimo.
-I giorni bui delle Gruerre di Fondazione sono ormai passati, eppure come allora, oggi dobbiamo essere pronti, perchè il tempo a nostra disposizione è un gran bugiardo, e potrebbe scegliere anche adesso di esserci sfavorevole.
Un grande ostacolo è alle porte.
Le braccia flessuose si abbassarono come fili d'erba sotto il peso della pioggia.
Sembrava assente, eppure era evidente che ciò di cui stava parlando non era una delle loro solite missioni.
-Non voglio essere bugiarda con voi, miei occhi, mia voce, mie mani, mio cuore, perchè siete parte di me e di quest'isola stessa, come lo sono io. Sarò sincera, perchè in voi ho riposto la mia più grande fiducia, dunque ascoltatemi perchè non mi ripeterò e non potrò aggiungere altro per il momento.
Li ammonì con volto malinconico, eppure allora nel suo sguardo si sarebbe rinvigorita una fiamma sacra, quasi a darle energia nel corpo e nella voce, la stessa che le aveva permesso di rendere grande quella gilda.
-Quasi tutti gli ostacoli sono cose secondarie, minuscole.
Questo no.
Questo è piuttosto grosso, e dovremo lavorare seriamente per superarlo.
Dovremo essere irruenti, ambiziosi, sconsiderati e sfrenati per uscire da questa situazione. Dovremo essere giocolieri, saltatori con l'asta, lottatori, prestigiatori e contorsionisti. E nonostante tutto, dovremo rimanere sempre e comunque uniti.
Vi fu un attimo di silenzio.
-Noi siamo pronti a tutto questo?
Gli smeraldi si spostarono prima su Jattur, poi su Harium ed infine su Grifis.
-No.
Disse infine.
-Certo che no.
Chi mai lo è?
Sorrise loro.
-Tuttavia possiamo ugualmente farcela.
Ricordate, fratelli, che il successo arride a chi osa.
Anche noi siamo così, ma dobbiamo trovare più energia, voce e coraggio.
Li troveremo, ed allora otterremo grandi cose, perchè siamo noi la speranza che non muore mai.
Era perfettamente cosciente di quanto fosse realmente sibillino quel messaggio, eppure non si scompose nè proferì altre parole a riguardo. Sapeva che era giusto metterli in guardia, ma prima che sapessero cosa avrebbero realmente dovuto "combattere" sarebbe ancora trascorso del tempo, o almeno così sperava. Lanciò un'occhiata a Evan, per poi posare una mano sulla spalla di Yang e con lui scendere le scale di un gradino.
-Il Liberi Aeris Milites ha dunque deciso un nuovo riassetto gerarchico per far fronte alla crisi che si prospetta, e voi ne siete i testimoni.
Sorrise infine, concedendo la parola al Comandante Blu.
-Yang, a te l'onore di iniziare.
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Feng Yang Leng.
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Infine il tanto parlare aveva preso corpo, e tutti i comandanti stavano riuniti in quella magnifica sala, nell'attesa che si svolgesse quell'inaspettata cerimonia. In piedi, accanto all'amica, la Tempesta stava ad osservare l'ingresso dei prescelti, in volto un pacato sorriso, tanto speranzoso quanto sincero. Ascoltò tutte le parola della fanciulla, facendo col capo bianco un cenno d'assenso mano a mano che questa parlava, e quando lo invitò ad avere l'onore del primo colloquio, Yang allargò il bel sorriso e, passato il bastone all'altra mano, con la destra ora libera tese il palmo verso il Sergente Rosso.
-Jattur, mio caro, carissimo Jattur.-
Disse al ragazzo, muovendo la mano in segno d'invito
-Avvicinati, ti prego!-
Negli occhi tanta gioia e lieto entusiasmo, nel cuore il bianco potere che irradiava buoni sentimenti in tutti, e rendeva quello spazio un luogo santo. Presto Jattur avrebbe avuto la tanto meritata ricompensa.. -
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Le parole di Drusilia non formarono rughe sulla fronte del sergente: le ombre che si vennero a creare, e i dubbi, rimasero celati. Un 'ostacolo' di cui non poteva parlare... una metafora nota all'SSA, che fra tutti i Delta era uno dei pochi abilitato come guardia del corpo personale dell'Imperatore: affari di stato. Di natura politica, a giudicare dal numero di aggettivi richiamanti l'ambiguità usati dal Gran Maestro. Questa era un'informazione di cui non era a conoscenza, a differenza dei previsti avvenimenti di oggi. Doveva rifletterci sopra con più calma.
Drusilia porse la mano a Yang; assieme scesero la predella.
Lentamente, inspirò. Era il momento.
-Jattur, mio caro, carissimo Jattur. Avvicinati, ti prego!-
In silenzio fece tre passi in avanti, uno alla volta, in modo quasi rigido. Non c'erano dubbi in lui, la scelta era già stata fatta.
Ora doveva semplicemente affrontarne le conseguenze.. -
Feng Yang Leng.
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Jattur avanzò tre volte, e nello sguardo aveva gli occhi belli di non abbia paura, bagnati del lieto coraggio che rende tutto più forte. E la Tempesta leggeva nel cuore di quello, a suo modo, e gioiva della scelta fatta dai Comandanti e da Drusilia, il Gran Maestro dei Liberi Aeris Milites.
Sorrise.
L'aria che stava presso di loro cominciò a scuotersi, come se il giorno da lungo tempo atteso fosse infine giunto; poco alla volta, si levò frizzante attorno al corpo del Guardiano, scorrendogli addosso a sembrare guizzi improvvisi e delicati, e fra l'Essenza ed il soldato si era fatta più luce, come se lì qualcosa covasse una gemma preziosa.
-Hai dimostrato tante volte il tuo valore, Jattur.-
Disse infine, dopo attimi di silenzio durati quasi un'eternità.
-E tante altre volte lo dimostrerai, perché il valore è nel tuo cuore, e non una sola volta, ne sono certo, deluderai le nostre aspettative.-
Ancora un'attesa, e finalmente gli occhi azzurri di Yang esplosero nella più grande gioia, ma il volto restava serio, per quanto potesse beninteso.
-Ora sei chiamato per elevare il tuo spirito, e compiere azioni sopra ogni immaginazione presso i LAM. Ora, però, sii pronto a rispondere con sincerità, e con il coraggio che ti appartiene.-
Ogni parola che il Guardiano pronunciava era come una brezza leggera, e presto la stanza fu come invasa da un turbinio allegro e solenne, e ogni cosa prendeva i riflessi del cielo, e si era fatta pura e bella, e sapeva di miracolo.
-"La tua adesione a questo Ordine, l'essere punta di diamante e Mentore per coloro che diverranno al pari di tuoi figli comporta la tua rinuncia ad ogni tipo di tradimento verso la tua nuova famiglia, ai vizi della vita passata e ad ogni azione volta al male.
I figli che tu accudirai diventeranno i tuoi occhi, le tue mani, la tua bocca, procederanno a testa alta nella loro vita e moriranno nella gloria dei loro ideali.
A te il compito di educarli nel coraggio, nell'unione, nel rispetto e nell'intelletto cosicché il nome di Aviatore che ricevono in dono sia preservato da ogni macchia e cresca di giorno in giorno, forte del suo splendore.
Se dunque, in forza dei tuoi ideali,
sei pronto ad assumerti questo impegno,
memore della promessa alla Dama del Vento,
giuri di rinunciare al Male in tutte le sue forme,
a tutte le sue opere, a tutte le sue seduzioni
e qualunque altra cosa possa ledere gli ideali dell'Ordine
ed il futuro di ogni singolo abitante di Endlos?
Giuri di essere fedele alla Dama del Vento,
Gran Maestro fondatrice dell'Ordine degli Aviatori,
ed ai suoi futuri successori, di osservare lealmente
i loro dettami per primi e le altre leggi del Presidio
e di adempiere con disciplina ed onore a tutti i doveri della tua carica,
per la difesa della tua patria, dei tuoi ideali, dei tuoi fratelli
e la salvaguardia della libertà su Endlos?"-
Ecco il Giuramento: Jattur sarebbe stato felice di questo nuovo ruolo, il massimo cui tendere? Feng Yang Leng non ne aveva alcun dubbio.. -
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Onore. Rispetto. Lealtà.
Erano concetti che ad Asghabard persistevano, nonostante i duri colpi che il suo popolo subiva a causa della guerra, ma tra gli ssa assumevano un sapore sbiadito. Che rispetto potevi avere per un nemico che sorrideva nell'uccidere i più indifesi tra la tua gente? Quale onore c'era nel colpirlo nel medesimo modo, sia pure senza sorridere? E che senso c'era nella parola 'lealtà', quando l'occhio dello stato era così onnisciente da rendere vacua l'alternativa?
Era stato su Endlos che aveva scoperto il significato della parola 'cavalleria'.
« Lo giuro. »« Giuro di difendere la mia patria Asghabard e tutti coloro che vi vivono in pace
e desiderio di questa.» _______________________Già una volta aveva giurato, tanti anni addietro, di difendere un popolo.
Questa volta giurò come lo avrebbe difeso.
« Giuro di difendere quanti hanno posto questo fardello su di me e coloro sui quali ho ricevuto responsabilità, trattandoli non come fratelli in arme ma come carne della mia carne, sangue del mio sangue. »« Giuro di ricordare gli errori del passato e agire in modo che essi non si ripetano,
con tutto me stesso, ad ogni costo.» _______________________Aveva giurato di essere memore dei tempi oscuri della sua patria, un esempio per quanti lo avrebbero seguito, affinché mai più fossero concepite atrocità simili.
Questa volta giurò perché avrebbe ricordato.
« Giuro di adempiere ai miei doveri con lealtà, coraggio e cavalleria, affinché nessuna macchia copra mai il nome di questo Ordine. »« Giuro di usare tutta la mia forza e tutta la mia intelligenza a protezione della giustizia,
e di mettere questa sopra ogni altra cosa.» _______________________E aveva giurato di essere il difensore di un concetto, oltre che di un popolo - un arbitro fra gli uomini, oltre che un esempio.
Questa volta giurò cosa avrebbe fatto per diventare ciò.
« Giuro di difendere la libertà e la giustizia su Endlos al meglio delle mie capacità, e qualora esse non bastassero di accrescerle in ottemperanza ai giuramenti già presi, affinché tali ideali siano considerati con la medesima considerazione di esseri viventi e non come cose statiche. »« Lo giuro sulla mia vita, sui miei cari, sui miei ideali e su tutto ciò che è importante per me:
perchè ciò che giuro è di difenderli a qualsiasi costo,_______________________
perché ciò che giuro è la loro libertà. » ____________________« Lo giuro. » ripeté, ancora una volta.
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