[EM] Ouverture

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    I can feel you falling away
    No longer the lost
    No longer the same
    And I can see you starting to b r e a k
    I'll keep you alive
    If you show me the way
    Forever - and ever
    the scars will remain
    I'm falling apart
    Leave me here forever in the dark




    Buio.


    Solo avvolgente oscurità a cullarti nell’assenza dei sensi. Corvina, ovattata, quasi profumata.
    Il buio odora di morte…

    L’ultima cosa che ricordi è che eri in missione per gli Eversori. Un semplice compito di routine, sembrava scorrere tutto alla perfezione. Era una semplice ricognizione in qualche tunnel poco frequentato. Le alte sfere avevano reputato il compito così semplice da mandarti da solo.
    Stavi svolgendo gli ordini con precisione, senza nascondere un po’ di noia. Meritavi molto di più di una semplice ronda nelle grotte decadenti di Merovish. Camminavi senza abbassare la guardia, passo dopo passo sulla nuda roccia sotterranea. Solo una fiaccola che reggevi in mano t’illuminava il cammino.

    Poi l’imprevisto.



    Nessuna delle tue capacità riesce a farti evitare un dolore alla nuca, qualcosa ti ha colpito.
    Inesorabilmente cadi a terra, forse maledicendo il destino o te stesso.

    E prima di impattare con il suolo, stai già sognando.

    Buio.


    Sei confuso, a stento elabori qualche pensiero. Hai la sensazione che qualcuno ti sollevi da terra.
    Sei da solo con la tua mente, forse già morto? Possibile che la tua fine si nascondesse dietro un vicolo sotterraneo?

    Le tue iridi riescono a cogliere qualche immagine: vedi sprazzi lucenti in un cielo nuvoloso.
    Un temporale?
    Nel presidio del Sud?

    Sulla tua epidermide impattano fredde goccioline.

    Pioggia.


    Inizi a riprendere coscienza, senti il tuo respiro affannoso e il cuore che batte all’impazzata.
    Sembra che qualcuno ti abbia trasportato in un luogo chiuso, ma di quel qualcuno non c’è traccia. Ti guardi intorno, alzandoti dal pavimento su cui eri riverso.


    E' uno stanzone sontuoso, forse l’atrio di un palazzo. L’atmosfera sembra irreale, possiede intrinseca un’opprimente malinconia. Forse lentamente questo sentimento si fa strada anche nel tuo cuore.
    Cosa ti è capitato, Klaus?
    Dove ti trovi?

    La risposta sembra viaggiare sulle note di pianoforte che volteggiano nell’aria.
    Una melodia attira la tua attenzione, proviene dalla tua sinistra. Un corridoio sembra condurre verso l’origine della musica.

    Sei liberissimo di fare quello che più ti aggrada.
    Se hai qualche dubbio, MP.
     
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  2. Neidlos
     
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    Un dannatissimo giorno.
    Come tanti altri.
    Forse, era proprio quello il problema.
    Una ricognizione, nei cunicoli di Merovish. Gli alti in grado degli Eversori lasciavano alle nuove leve il lavoro sporco.
    E questo, a Klaus, piaceva veramente poco.
    Sporco, più sporco di quello, era difficile trovarlo.
    Fare la ronda tra i cunicoli, era un lavoraccio, della peggior specie.
    E lui, ne aveva le scatole piene ormai.

    Il fatto che - tutto ad un tratto - perse i sensi, come fosse stato colpito alla testa, quasi lo sollevò. Il pensiero, prima di chiudere gli occhi per un bel sonnellino, che succedesse qualcosa di diverso, dalla solita routine quotidiana che lo avvolgeva da qualche settimana, non gli dispiaceva.
    Affatto.

    Eppure, il dolore fu molto forte, e lo stordimento anche.
    Non riusciva a capire nulla, Il Malkavian. Intontito, come un qualsiasi idiota comune.
    Possibile mai che i suoi poteri non servivano ad un cazzo? Che sarebbe dovuto morire così, con una banale botta alla nuca?
    No, non poteva rimanerci secco.
    Ma le sensazioni, e lo status confusionale in cui piombò, gli dicevano proprio quello.

    Poi però, il buio si fece meno fitto. L'intensità dell'oscurità andò pian piano ad attenuarsi.
    A dilatarsi.
    Sino a sentire della pioggia. Gocce d'acqua che, inesorabili, si abbattevano al suolo.
    E sulla carne.

    Il risveglio poi, è sempre la parte peggiore.
    E migliore.
    Al tempo stesso.

    Poco alla volta, il sicario riaprì gli occhi, ancora intontito e spossato.
    Rialzandosi lentamente, potè notare un salone, di quelli enormi.
    Sontuoso, maestoso.
    Forse di un castello o di un palazzo reale.
    Uno di quelli grossi.
    Infine, una musica.
    Dolce, dolce e malinconica.
    Di una malinconia che ti penetra nell'animo, e che ti pervade il cuore.
    « Oh no, di nuovo no!! »
    E già, il timore di essere finito ancora una volta nell'illusione di qualche fottuto mago o stregone, si stava facendo sempre più reale.
    Ma poi perchè, sceglievano sempre lui, per i loro giochetti?
    Era così interessante?
    Non avevano niente di meglio da fare?

    Con in testa questo mix di pensieri e domande, il vampiro fece la prima e unica cosa che gli venne in mente; si diresse verso la sua sinistra.
    Un lungo corridoio, sembrava condurre alla fonte di quella musica che aleggiava tra quelle mura.
    Questa volta, non si sarebbe fatto prendere per i fondelli.
    Sarebbe andato dritto al punto.
    A prendere a calci in culo chi aveva architettato quella ennesima messa in scena.



    Niente da segnalare. Klaus è incazzato perchè crede di essere finito di nuovo in una illusione - come nella quest "Il Folle" - e decide di andare verso la fonte della musica. A te XD.
     
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    Avanzi con decisione attraverso il corridoio, deciso a farla pagare al responsabile di questo imbroglio.
    Sulle pareti del disimpegno noti una grande quantità di ritratti nobiliari. E ognuno di quei volti accigliati ti sembra familiare, ma non sai spiegarne il motivo. Hai l’impressione che condividano qualcosa con te, ma la risposta ti sfugge ogni volta che ti convinci di averla trovata.

    Un passo dopo l’altro, la sinfonia cresce d’intensità, confermando che ti stai avvicinando alla fonte della musica. Varchi una porta e ti ritrovi in un salone riccamente arredato. Lampadari di cristallo inondano di tenue luce la sala. I tappeti e gli arazzi donano un senso di complicità a quelle fredde mura.
    I mobili di legno antico sono più di quanti tu ne abbia mai visti in una stanza sola.
    E in mezzo a quel tripudio di antichità, un pianoforte.


    Una ragazza di spalle sta suonando le ultime note della melodia malinconica che ti ha attirato fin lì.
    I suoi capelli corvini ricadono sulle spalle dolcemente.
    Forse ti scopri a pensare quanto dev’essere incantevole passare le dita in quella nera seta.

    Gli accordi finali portano all’ultima nota, che riecheggia nell’aria per qualche interminabile momento, prima di spegnersi.
    Sei rimasto lì incantato ad osservare, ma ti basta un battito di ciglia per perdere di vista la ragazza.
    La seggiola del pianista è vuota.

    Il tuo istinto ti suggerisce che c’è qualcuno alle tue spalle.
    Girandoti puoi vedere la medesima donna, a qualche metro di distanza, ancora di spalle.
    La sua voce sognante arrivò alle tue orecchie.

    << La musica è magnifica per rinfrancare le ferite dell’anima, non trovate? >>

    Era la tonalità di voce più bella che tu avessi mai udito. Era ammaliante, soave, estatica e dannatamente triste.



    Edited by Jirachi86 - 17/12/2011, 15:33
     
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  4. Neidlos
     
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    I misteri sono fatti per essere svelati.
    E le illusioni, beh quelle devono esser fatte svanire.
    Soltanto la realtà, è la cosa che conta veramente.

    Grandi pensieri, tante belle parole.
    Quella era la sua filosofia di vita.
    Ma lui non era un dannato filosofo. Non perdeva tempo a filosofeggiare sparando stronzate a destra e a manca.
    Lui era semplicemente un killer. Un maledetto assassino.
    Con una sete di potere - e sangue - inquantificabile.

    Quella musica, però, agiva sul Malkavian quasi da tranquillante. Come una potente droga, ne narcotizzava le reazioni e gli impulsi, facendolo piombare in uno stato di malinconia profondo.
    E quei quadri, raffiguranti vecchi nobili a lui - per qualche strano motivo - famigliari, non facevano altro che aggiungere angoscia.

    Poi, una porta.
    Dietro ad essa, un salone, enorme. Tanto da contenere una miriade di tavoli, lampadari e tappeti.
    Qualcosa di mai visto prima.
    Così pomposo e sontuoso.
    E al tempo stesso...triste.

    La melodia, quella sì che lo era davvero, ormai aveva raggiunto l'apice del suo splendore.
    Stesso splendore che possedeva la ragazza dai capelli corvini, lunghi e lisci, come la seta.
    Dalle sua sottili e affusolate dita, l'ultima nota di quella sinfonia si sprigionò, con dolcezza e nostalgia.
    Per poi scomparire, nel nulla.

    von Schneider non fece nemmeno in tempo ad avvicinarsi che la ragazza era sparita, come per magia.
    E come per magia se la ritrovò praticamente dietro, voltata ancora di spalle, non concedendo al Sicario di guardarla in viso.

    Una sesazione stranissima pervase il vampiro. Sensazione che si acutizzò non appena la donna iniziò a parlargli.
    Quella voce, così dolce, soave, dal timbro perfetto, tondo e chiaro.
    Ma dannatamente triste.

    Un sopracciglio inarcato e nulla più, il Malkavian era bravo a mascherare le sue reazioni.
    Si voltò, guardando ancora una volta le spalle di quella figura così bella e ammaliante, ma inquietante al tempo stesso.

    « Dipende dalla musica... » Si interruppe, quasi per costatare che l'altra lo stesse ascoltando davvero.
    Il suo timbro nero e graffiato, sporco e rude più che mai, pervase l'intera sala.
    Non c'era nulla che li accomunava, nemmeno la voce.
    Eppure, si trovava lì, con lei.

    « ...e dal tipo di ferite. Soprattutto dalle ferite. »
    Alcune di esse, non possono essere rimarginate.
    O almeno, non del tutto.

     
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    La ragazza rimase di spalle ad ascoltare la risposta del Malkavian. Quelle parole sembrarono aver smosso qualcosa nel cuore della dama, come se delle sottili dita avessero accarezzato dopo lungo tempo le corde di un’arpa dimenticata. Vedesti l’altra girarsi finalmente verso di te, smettendo di darti le spalle.
    E quello che osservasti ti lasciò senza fiato.


    Il volto aggraziato era un capolavoro di bellezza. Non un solo difetto, non una sola imperfezione che macchiasse quel dipinto vivente che vedevi davanti a te. La sola vista di questa dama t’inondò il cuore di un sentimento nuovo, forse che non avevi mai provato. Era difficile da spiegare, ineffabile in tutto il suo mistero. Era calore, misto ad armonia e desiderio.
    Il tuo io interiore, da tempo seppellito sotto strati di lerciume e corruzione, fu come purificato dinanzi a quell’evento. Gli occhi magnetici della ragazza catturarono la tua attenzione, non riuscivi a pensare a nient’altro, se non quanto fosse bella.

    Possibile che fossi stato infiammato dall’amore?


    La sua voce, limpida come una sorgente alpina, tornò a lusingare l’atmosfera con la sua presenza.

    << E noi possediamo delle ferite insanabili, dico bene mio diletto? >>

    Se prima la voce sembrava una musicale opera d'arte, addizionata alla beltà della dama, assumeva la forma di un capolavoro terrestre, l’utopistica perfezione ricercata dagli uomini di ogni dove.
    Il cuore ti batteva all’impazzata.

    Tun tump.
    Tun tump, tun tump.


    Un battito dopo l’altro, il tempo sembrava non scorrere più. Avvolto nel silenzio del luogo, ti ritrovasti a contemplare quella beltade senza sapere esattamente come reagire.
    A fermare l’incedere di quell’eterna stasi intervenne di nuovo la misteriosa signora di quel castello.

    << Una di queste mie ferite si riapre ogni volta che vedo quegli strumenti di morte che portate al fianco. Vi prego, gettate quelle abominevoli armi: mi sembra di rivedere i miei cari cadere al suolo ancora. E ancora… >>

    La fanciulla si riferiva alle pistole che tenevi con te. Distolse lo sguardo dalla tua figura, non riuscendo a sopportare quella vista.
    In quel momento i tuoi sentimenti erano talmente trascinanti che avresti potuto compiere innumerevoli pazzie.

    Magari addirittura privarti delle tue rivoltelle.

     
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  6. Neidlos
     
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    Pochi erano i ricordi che gli erano rimasti del periodo trascorso su Libria.
    Non perchè avesse perso la memoria, ma semplicemente perchè aveva preferito dimenticare.
    Rimuovere determinati ricordi.
    Sì, soltanto di quelli si era potuto liberare, perchè dei sentimenti - in quel periodo - era completamente privo.
    Del suo passato più remoto, invece, non aveva la benchè minima immagine.
    Niente, nulla, il vuoto più assoluto.
    Di conseguenza, quindi, la sua dimestichezza con i sentimenti era davvero scarsa. Gli unici che conosceva e che masticava erano quelli di un pazzo criminale omicida, ovvero quelli che si erano palesati subito dopo essere stato sottoposto all'esperimento mutogeno.

    Altro, il Malkavian, non conosceva.
    Ecco perchè rimase spiazzato, con il respiro rotto, e le parole incastrate in gola, quando quella fanciulla dai capelli corvini si voltò verso di lui.
    Un'opera d'arte, un quadro fantastico, una bellezza così.
    Da mozzare il fiato.
    Non aveva mai visto nulla di simile, in vita sua.
    E di cose ne aveva viste, eccome.
    Ma niente si sarebbe potuto paragonare a quella perfezione fatta persona.
    Una dea in carne ed ossa(?) che lo guardava con due occhi profondi e ammalianti.

    Una sensazione inqualificabile quanto sconosciuta, risalì tutto l'animo corrotto del von Schneider.
    Non sapeva nè come nè perchè, ma quell'emozione sembrava avere una forza intrinseca spropositata.
    Più forte dell'odio, più forte della pazzia, più della sete di sangue e della bramia di potere.
    Ne aveva sentito parlare, in alcuni dei sui viaggi dimensionali, dell'amore.
    Un sentimento folle, con il quale una persona si concede totalmente ad un'altra, facendo ogni cosa, pur di renderla felice.

    Ma no, quello proprio non era possibile.
    Un essere come lui, per forza di cose votato al male, non poteva essersi innamorato.
    E così, poi. A prima vista.
    No, era impossibile.

    Come se quel volto maledetto non fosse già perfetto, la voce della donna completò l'opera. Calda e soave, raggiunse le orecchie del Malkavian, per poi giungere sino alle sue sinapsi.
    Ammaliandolo completamente.
    Al riferimento della fanciulla alle pistole, il Vampiro - come se non fosse più in grado di controllare il suo corpo - lasciò le sue fedeli alleate.
    Aprì le mani in cui le stringeva, e le lasciò andare.
    « Cosa sto facendo? » Sussurrò, incredulo.
    " Cosa cazzo mi succede? "
    Sì, avrebbe voluto dire anche questo, ma non lo fece.

    Non riusciva a comprendere il perchè di tutto quello. A stento trovò la forza ed il coraggio per alzare lo sguardo.
    Occhi negli occhi con quella donna, avrebbe cercato di capirci qualcosa in più.
    Soltanto lei sembrava avere le risposte.
    « Mi dispiace per i suoi cari, ma queste sono le uniche cose che mi possono aiutare. Non ne conosco altre. »

     
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    Le pistole caddero sul pavimento. Tradite dal loro possessore a causa di una donna, furono abbandonate sul tappeto.

    Troppo dolore causava alla fanciulla quella vista, non aveva avuto scelta. Fu riconoscente verso di lui, che aveva accettato di preservarla dal dolore dei ricordi, privandosi di qualcosa di suo. Risollevò lo sguardo, adesso acceso da un lume di speranza. E la voce tornò a viaggiare sulle note del sogno.

    << Certo che ne conoscete altre. Vi osservo da molto tempo, vi assicuro che le vostre facoltà sono straordinarie. Ma nel vostro futuro vedo tanto dolore. >>

    Una pausa e un respiro profondo. Quella bellezza travolgente non smetteva di ammaliarti: le tempie ti pulsavano, sentivi il viso accaldato come se fossi ubriaco. Uno stato di leggera euforia ti pervadeva, ma l’allegria non emergeva dalla tua mente, soppressa dalla malinconia. Quell’incantevole donna riusciva a suscitarti sentimenti altamente contrastanti. Eri incredulo della situazione in cui ti trovavi, eri affascinato dalla sua figura, eri oppresso dalla tristezza prorompente che avvolgeva quelle stanze.

    Eri innamorato.


    Senza contare che continuavi ad avere la sensazione che ci fosse qualcosa di familiare in quel luogo, come se ci fossi già stato. Quella stessa donna, che ti aveva infiammato con un solo sguardo, sembrava riemergere da un passato dimenticato.
    Inoltre, cosa intendeva quando affermava di vegliare su di te da parecchio tempo?

    Tanti, forse troppi interrogativi ti attanagliavano. Quella situazione era semplicemente inverosimile, slegata da qualsivoglia logica.

    Eppure c’era.
    E tu la stavi vivendo.


    << Vi aspettano giorni bui, fatiche incalcolabili. La gloria sembrerà dietro l’angolo ma niente potrà avvicinarla di un solo passo. Il vostro è un futuro controverso, non riesco a scrutarlo fin nel profondo. >>

    I suoi occhi.


    Non potevi guardare altro. Non potevi concepire altro. Erano la tua unica realtà, il tuo mondo.
    Nei suoi occhi leggevi tutto, ma non comprendevi niente.
    Perché ti sembrava di conoscere quella fanciulla da una vita?

    << Ma d’altronde capita a tutti quelli come noi di avere un futuro illeggibile…>>

    Finalmente quella parola nascosta nelle iridi oscure divenne limpida. Riuscivi a leggerla con certezza, immersa in un infinito numero di parole incise nell’animo. Tutto assunse dei contorni più delineati.

    Perché nelle pupille della dama riconoscevi la parola vampiro.

     
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  8. Klaus von Schneider
     
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    Tristezza, allegria, dolore, malinconia, amore.
    Oramai, il caos regnava sovrano e nella testa del Malkavian, ci sarebbe stato spazio per un'altra dozzina di sensazioni.
    Ce le avrebbe fatte entrare, in un modo o nell'altro, se soltanto così facendo non gli fosse scoppiata la testa.
    Quella donna, quel luogo.
    Era tutto così strano.
    Tutto così familiare.

    E di comprendere o ricordare, neanche a parlarne.
    Era tutto così confuso, così poco definito e delineabile.
    E quelle parole poi: vegliare su di lui, da tanto tempo.
    Ma come? E perchè, poi?
    Ed ancora: poteri straordinari, gloria, futuro incerto, doloroso, buio e controverso.
    Ma cosa stava dicendo?
    Cosa voleva dire?
    Troppe, troppe domande che restavano tali.
    Troppi interrogativi senza risposta.
    Lo odiava, odiava tutto quello.
    E lo amava, al tempo stesso, lo amava.

    Poi tutto fu più chiaro.
    Come una pezza bagnata su di un vetro sporco, le parole della dama andarono a schiarire quella nube di incertezza e di incomprensione che avvolgeva von Schneider.
    Negli occhi della donna, poteva scrutare la vera natura di lei.
    E la sua.
    « Sei un vampiro?! »
    La voce quasi spezzata, bloccata in gola, rotta da tutto quel turbinio di emozioni che regnavano sovrane nella mente e nell'animo del Malkavian.
    Non aveva più dubbi, quella donna era un vampiro, proprio come lui.
    Ma tutto il resto era ancora avvolto dal mistero.
    Un mistero che Klaus voleva svelare.
    A tutti i costi.
    « Chi sei? Perchè sono qui? E perchè mi segui? » Il cambio di persona fu repentino, sintomatico di un'ansia che in un battibaleno assalì il Malkavian, come un predatore che assale e sbrana la sua preda.
    Voleva sapere tutto, senza escludere nulla.
    « Cosa vuoi dire con queste parole? Parla ti prego. »

     
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    Gli interrogativi affollavano la tua mente. La bramosia di conoscenza ti aveva assalito.
    Volevi capire, non rimanere all’oscuro. La conoscenza ti avrebbe dato delle sicurezze, oppure avrebbe aperto la strada ad altri interrogativi?

    La dama non si scompose e mostrò un lieve sorriso. Come una piccola increspatura sull’acqua, come un fiore piccino appena sbocciato. La stanza e la tua intera esistenza furono illuminate dal quel flebile segno di gioia. Per un attimo ti sembrò di essere venuto al mondo solo per assistere a quell’evento magnifico.

    Il suo sorriso.


    Le note della sua voce furono come rintocchi di campanelle cristalline. La stessa atmosfera sembrava lusingata di poter fare da tramite a quella musica divina.

    << Sono l’ultima rimasta di un’antica dinastia. Da qui ho vegliato sulla vostra vita, sono stata il vostro angelo custode. >>

    Quel breve lume di felicità si spense dopo poco. L’espressione della dama si rabbuiò, e pure le ondeggianti luci di candela sembrarono attenuarsi, accompagnando i sentimenti della fanciulla.
    Le sue candide parole volteggiarono nuovamente.

    << Siete qui perché volevo vedervi almeno una volta prima di andarmene... >>

    Fu come la caduta di un’incudine su di una sottile lastra di vetro.
    La confusione s’impossessò definitivamente della tua mente.


    Andare via? Dove?


    Solo le sue parole debellarono quell’oscurità asfissiante che ti stava facendo inabissare nella disperazione.

    << Mio diletto, sono malata. Il mio male mi trascinerà presto con sé… Dovremo dirci addio.
    Ma prima che succeda… >>


    Protese la mano destra verso di te, la palma docilmente aperta e rivolta al pavimento.

    << Potreste concedermi un ultimo valzer? >>

    I suoi occhi brillarono di speranza.

     
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  10. Klaus von Schneider
     
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    Tutto sembrava essere più chiaro.
    E più confuso.
    Allo stesso tempo.
    Quella donna era avvolta da un alone di mistero così fitto e impenetrabile, che faceva crescere dentro Klaus una voglia matta, di riuscire a sfaldare quel velo mistico.

    Eppure, i conti non tornavano. La ragazza, con la sua voce così flebile e soave, sembrava dire tutto e niente.
    Come in una maledizione, quando una cosa sembrava diventare più chiara ed evidente, ecco che subito un'altra diventava un mistero.
    Un gigantesco punto interrogativo, seguito da tantissimi puntini sospensivi.
    Chi era realmente, quella ragazza?
    Un vampiro sì, ma cosa la collegava a lui?
    Era quello che il Malkavian voleva capire.
    E lo volle ancor di più, quando venne a conoscenza della salute precaria della fanciulla.
    Molto probabilmente, quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista.
    Non avrebbe più potuto guardarla, ascoltarla, toccarla, nè ballare con lei.
    Ecco perchè, alle parole della giovane, quasi come per inerzia - proprio come era succeso con le pistole - prese quella dolce e morbida mano.
    La strinse con ardore, stando però attento a non farle del male.
    Era così dannatamente delicata, che quasi aveva paura di romperla in mille pezzi.

    Iniziò a danzare, quasi incredulo del fatto che sapesse farlo.
    Occhi negli occhi, sperava più di ogni altra cosa al mondo, che quella donna avrebbe dissipato ogni suo dubbio.
    « Quale male ti affligge? E cosa ti lega a me? Dimmelo. »

     
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    Un lieve cenno al pianoforte poco distante, ed esso iniziò a suonare. Il niente stava eseguendo questa sinfonia, eppure dal nulla stava nascendo qualcosa. Forse un paradosso, ma il mondo onirico non si assoggetta alle leggi universali. Esso esiste, persevera nella follia, senza svegliarsi mai.

    Due anime - gemelle separate alla nascita - volteggiarono lievemente seguendo la malinconica melodia.
    Gli sguardi intensi che si scambiarono riuscirono a compiere un miracolo. Per un attimo soltanto, le loro vite si scambiarono. Lei fu lui e lui risedette in lei.

    Fu allora che tutto fu spiegato.


    Un amore disinteressato. Il desiderio di continuare a vegliare su di lui. La solidarietà fra consanguinei.
    Perché preservare quella vita, perversa e omicida? La risposta si schiuse come i petali di un giglio.

    Quell’esistenza aveva un valore, non sarebbe stata fine a se stessa.


    Ogni psiche tornò nel rispettivo corpo, senza però dimenticare quello che aveva vissuto in quei brevi istanti.
    Un volteggio dopo l’altro, i contorni della stanza sfumarono sempre di più. Il pianoforte, non più visibile, continuò imperterrito ad intonare. Tutto era sfocato, tranne loro due.

    Lei si strinse al suo cavaliere, al suo protetto. Non riuscì a nascondere gli occhi lucidi.

    << Come farai senza di me? Io… non voglio andarmene… non voglio lasciarTi da solo… >>

    Gli sussurrò ad un orecchio.


    Poi i confini del sogno si persero nell’oblio, divenendo sempre più indistinti. Il crollo di un castello di carta, la condensa del fiato che si disperde. Finché il buio invase le tue palpebre.




    Il risveglio giunse dopo un periodo indeterminato.
    Con fatica ti sollevasti dal terreno roccioso su cui eri riverso, mettendoti seduto. Eri frastornato, stanco e dannatamente triste.
    Avevi perso un amore, lasciandolo al suo destino in qualche anfratto della tua fantasia. Eri vivo, nel cunicolo in cui eri svenuto chissà quante ore prima.

    Però eri solo.


    Che senso aveva la vita dopo una perdita simile? Senza il tuo angelo cainide, come avresti affrontato gli eventi futuri?

    Solo allora notasti un considerevole peso gravare sulle tue cosce. Abbassando lo sguardo avresti visto un monolite bipenne. Era una mannaia veramente imponente, adagiata su di te.
    Non sapevi spiegare come, ma tutto di quell’arma ti trasmetteva qualcosa di lei.
    Il suo profumo, la sua gracilità, la sua malinconia, la sua bellezza, ogni sua nobile movenza.

    Era lei.

    Avvolta nel suo mistero.

    Potevi dirlo con certezza.

    Avrebbe continuato a vegliare su di te.
    Sarebbe rimasta al sicuro tra le tue braccia.
    Ti avrebbe accompagnato attraverso i crepacci dell’esistenza.

    L’ultimo desiderio della tua Nera Principessa era stato esaudito.

     
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  12. Klaus von Schneider
     
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    Tutto avvenne in pochi istanti.
    La danza, che dai corpi andò ad inficiare le anime, e a convogliarle in una spirale di passione e malinconia.
    Klaus comprese tutto - o almeno le cose più importanti - in quei pochi secondi.
    La donna che stringeva tra le braccia era un vampiro, probabilmente legata a lui da un qualche vincolo sentimentale, da chissà quanti anni.
    Quasi non riusciva a crederci, che un tempo fosse stato innamorato.

    Ed il tempo, per la deliziosa fanciulla era tiranno.
    Doveva andarsene.
    Lo sapeve lei come lui.
    Non voleva, ma la sua volontà non era una cosa poi così rilevante, in quella situazione.
    Le ultime parole della donna dai capelli corvini, andarono a rimbombare per tutta la sala, come un sussurro pieno e vigoroso, penetrando l'animo di Schneider.
    Poi, le immagini si fecero più distorte, la figura della ragazza più sbiadita, i contorni meno delineati e netti, lasciando spazio soltanto al buio.

    ---—---—---

    Si risvegliò lentamente, stropicciandosi gli occhi con la mano destra, per togliere via quell'impasto di schifo e sabbia che gli si era formato sulle palpebre.
    Sembrava avesse affrontato un esercito intero, tanta era la stanchezza che pervadeva ogni fibra del suo corpo.
    Ma non solo, anche altri tipi di sensazione permeavano il suo essere.
    Tristezza, tristezza e malinconia.
    Era solo, lei non c'era più.
    Come tanto aveva temuto, lo aveva lasciato e non l'avrebbe rivista.
    Soltanto dopo questi iniziali momenti di frastornamento e depressione, il Malkavian si accorse che un peso enorme si poggiava sulle sue gambe.
    Uno sguardo rapido, per capire di cosa si trattasse, e le palle degli occhi si interruppero bruscamente, alla vista di una mannaia dalle dimensioni spropositate.
    Le pistole erano scomparse, ne aveva perso letteralmente le tracce. Era come se la donna le avesse fatte rimanere nel sogno, proprio a causa di quello che era successo alla sua famiglia.
    Ma non lo aveva lasciato disarmato, no.
    Quel gigantesco blocco di metallo argenteo e nero sarebbe stato la sua arma da lì in avanti. Lo avrebbe accompagnato, in tutti i suoi scontri, in tutte le missioni.
    Sino al raggiungimento del potere, della gloria e della vetta.

    Si rialzò a fatica, andando a carezzare l'elsa della spada con delicatezza, e decisione al tempo stesso.
    Un ultimo sguardo triste, un ultimo pensiero malinconico, a quella donna dai capelli scuri.
    Non lo aveva lasciato solo.
    Sarebbe stata sempre con lui, tra le sue braccia.
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