[EM] It's Natural To Be Afraid

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  1. Boss
     
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    Klemvor, da qualche parte sulla Decima Strada.
    Da qualche parte nel mondo di Endlos.


    Ed è più o meno lì che ha avuto inizio la storia di Damien in quella terra che è un incrocio di una moltitudine di terre, tempi e mondi talmente differenti che paiono addirittura stare bene l'uno accanto all'altro - l'uno dentro l'altro - nonostante le loro evidenti differenze. Come un silenzio così profondo da risultare assordante. Endlos, mi ha detto Damien una volta tornato, era come una gigantesca matrioska. Sapete di cosa parlo, a meno che non abbiate vissuto sulla Luna - e dato che io non mi sento di escludere nessuna ipotesi, per quanto surreale, ve lo spiego lo stesso: sono quelle bambole russe che si incastrano l'una dentro l'altra, la più piccola fagocitata dalla più grande e così via e così via. Ecco, qualcosa del genere accadeva anche a Klemvor, quella che mi è stata descritta come una gigantesca città in stato di semi abbandono, futuristica e tecnologica al punto di fare a pugni con la natura selvaggia delle terre limitrofe.

    Damien non mi ha voluto dire come avesse fatto a finire da Celentir al ballo di Laputa, nè come da Laputa fosse poi arrivato sulla Decima Strada della città delle macchine - dunque mi vedo costretto a saltare a piè pari questo pezzo della sua storia. Dirò soltanto quello che so, e cioè quello che ho sentito uscire dalle sue labbra. Ricordo benissimo la sua frase d'esordio, sì.

    Disse che era da poco passato il pomeriggio, e la giornata scivolava lentamente nel suo tranquillo crepuscolo. Il ragazzo si era attardato più di quanto avesse avuto intenzione di attardarsi; ora stava cercando una via d'uscita, ma dappertutto attorno a lui c'erano solo rovine di una qualche civiltà talmente avanzata che naturalmente si era estinta. Qualcosa che presto o tardi accadrà anche alla nostra, mi ha voluto lasciar intendere tra le righe. La Decima era una via enorme, ovviamente deserta, disseminata di insegne cadute, lampioni storti e semafori ondeggianti nel vento. Aveva intenzione di abbandonare quel posto prima di precipitare nel ventre buio della notte, che gli metteva addosso una strizza tremenda essere lì da solo, dove il vento sembrava portare grida e gli pareva di avere decine e decine di occhi robotici puntati addosso. Forse dotati di visori agli infrarossi, pensò rabbrividendo. Il che si traduceva in una semplice constatazione: se fa buio sono spacciato. So combattere, ho la mia spada e non ho dimenticato il mio addestramento, ma vorrei comunque trovarmi fuori di qui al più presto.

    Si sedette approfittando del riparo che gli era offerto da un intero muro crollato lateralmente, che così fungeva da trincea in qualunque evenienza. Si rimise la giacca di pelle che si era sfilato non più tardi di alcuni minuti o ore prima, chiudendo la zip fino al mento. L'uniforme militare era piegata ordinatamente nel suo fagotto, così come i suoi pochi effetti personali. Liberati del superfluo, tieni l'essenziale; devi essere in grado di poter mettere tutta la tua vita in una valigia, quando parti. Non ricordava chi gli aveva rivelato quella piccola verità, ma lui gli aveva dato retta. Ora, riparato ma ancora visibile da chiunque fosse giunto sulla 10th Avenue, Damien sedeva con la schiena poggiata al muro e le braccia conserte; i suoi vispi occhi azzurri saettavano da una parte all'altra della strada, mentre le ombre si allungavano sempre più. Quando lo trovarono quei due, la sua era già arrivata all'altro lato della via. Sembrava quasi che volesse scappare lontano.

     
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  2. Klaus von Schneider
     
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    Fare lo sguattero, iniziava davvero a dargli fastidio.
    Essere mandato qua e là, a destra e a manca, non lo tollerava più.
    In effetti, non lo aveva mai tollerato.
    Ma lo sanno tutti, all'inizio si cerca di fare sempre bella impressione, buon viso a cattivo gioco.
    Soprattutto se si tratta di lavoro.
    E il Malkavian lo prendeva molto seriamente, il suo lavoro.

    Anche quella volta i grandi capi degli Eversori lo avevano spedito in missione, migliaia di chilometri di distanza per incontrare un tizio, destinazione Klemvor, Possesso delle Macchine.
    Da quando si era stanziato a Merovish, ne aveva sentito parlare, dell'ex agglomerato urbano dell'Ovest. Città che un tempo era stata il fiore all'occhiello del settore industriale endlossiano, e che ora invece era soltanto un cumulo di macerie.

    E in effetti, quello che gli occhi del vampiro e del suo collega - sì, gli Eversori ne mandarono un altro con lui - poterono vedere fu soltanto una cosa: desolazione.
    Strade rotte, edifici abbandonati, palazzi fatiscenti, pietre e detriti sparsi qua e là, a macchia di leopardo, su tutto il territorio.
    Le uniche cose che movimentavano un pò quel cimitero urbano erano i droni di recuperi, stranissimi esseri metallici ed altamente tecnologici, che non facevano altro che scavare nel terreno. Trivellando incessantemente.
    Un rumore alquanto fastidioso, ma pur sempre meglio di niente.

    Dopo una mezz'ora di cammino a vuoto per le strade di Klemvor, finalmente Schneider lo vide; capelli biondi, occhi azzuri, viso pulito da sbarbatello.
    Sì, combaciava perfettamente con la descrizione che i suoi superiori gli avevano fornito.
    Si avvicinò, facendo un cenno con la testa e la mano destra, mentre ancora camminava.
    « Tu devi essere Damien Tremayne. » disse, guardandolo dritto negli occhi. La missione era abbastanza semplice, e in cuor suo - semmai ne avesse avuto uno - il Malkavian sperava che almeno quella volta non avrebbero avuto rotture di coglioni.
    « Noi siamo gli Eversori di Merovish e siamo qui per scortarti. »

     
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  3. Astronaut.
     
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    Essere membro di una gilda non era quello che aveva sperato.
    Niente rimpatriate amichevoli, feste amichevoli, ubriacate di gruppo né sessioni di CoD o qualche altro sparatutto multiplayer, no.
    Solo una casetta malandata, qualche visita occasionale da inviati scialbi e privi di personalità mandati dai capoccia a proporre missioni e nessun mezzo di interazione tra compagni.
    Oltre al simpaticissimo Bid'Daum, degli Eversori nessun altro aveva voluto fare la conoscenza di D., né tantomeno rompergli il culo o fargli vedere che era solo una fighetta.
    Erano...freddi nei suoi confronti, forse fin troppo stronzi, o forse semplicemente era così che girava da quelle parti, e magari anche in tutte le altre parti, ma boh, Dacre non riusciva a farci il callo.
    Sperava di aver trovato amici, non solo compagni di missione con cui condividere un magro guadagno o vitto e alloggio per le missioni.
    Ma, ovviamente, è inutile dire che non si trovava in uno scontatissimo RPG per Playstation o XBOX, si trovava nella realtà più assoluta anche se poco...reale, ecco.
    Accetto, accetto.
    In realtà non sapeva nemmeno cosa stesse accettando, ma doveva cambiare aria, e quel piccolo ometto che dopo gli altri settordici inviati s'era presentato alla sua porta recando un incarico "facile facile", a sua detta, era stato una manna dal cielo.
    Gli altri tremila, ecco, no.




    Inquietante.
    Il tizio che gli avevano affiancato era a dir poco inquietante, già a partire del nome che sembrava il più tedesco possibile (e l'essere tedeschi è già inquietante di suo per un americano, vedisecondaguerramondiale.), e l'aspetto da cane rabbioso con tanto di museruola faceva il resto.
    Al contrario Dacre, avvolto nel cappotto nero trovato al Bazar delle Talpe, sembrava un bambino pronto a scappare al minimo rumore, capitato a Sud per il capriccio di entrare in una gilda, per fare il tizio mainstream.
    Mica un hipster qualunque, il nostro Lloyd.
    Ma, e ci sparo l'ennesimo ma, dal Sud lui e l'allegro compare si erano spostati molto, per raggiungere la meta del loro incarico.
    Klemvor, ovest inoltrato, l'obiettivo.
    Avrebbero dovuto scortare un viaggiatore che aveva mandato apposta una richiesta agli Eversori per essere scortato fino a Sequerus, la capitale.
    C'aveva tempo da perdere il tizio, per aspettare che i due suoi bodyguard personali arrivassero da sud.
    Ma andarci da solo no?
    Tsé, fifone.
    Klemvor, comunque, non era una poi così bella città.
    Non altro che un ammasso disordinato di macerie, probabilmente edifici crollati e abitazioni distrutte.
    Non altro che una fredda dimora di piccoli robot che sembravano usciti da un film sci-fi alla Blade Runner, un luogo davvero ideale per l'incontro con un poveraccio in cerca di scorta.
    Uff..
    Alla fine lo trovarono.
    In realtà, lo trovò Klaus, ma quel Damien, così gli pareva si chiamasse, era lì, appogiato al muro più intatto che gli era capitato di scorgere in quel di Klemvor.
    Sembrava il classico figo da telenovela, e forse ancor di più il classico generale nazista senza un minimo di rimorso.
    Ok, ok, sono due paragoni che tra di loro si sputano, ma sono azzeccati entrambi, no?
    B-buonasera.
    Il suo bisbiglio fu seguito da parole leste e decise di un Klaus che, evidentemente, si sentiva ben più superiore del piccolo americanski.
    E, diciamocelo, aveva anche ragione.
     
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  4. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Si aspettava di finire in missione con chiunque, ma non con quel pazzo, figlio di puttana, dalle turbe psichiche di Kalus.
    Non gli era mai piaciuto quel personaggio, troppo megalomane, incosciente, e immaturo, per poter essere affidabile in una missione di scorta; ma orami la frittata era stata fatta, e non rimaneva altro che eseguire gli ordini, sperando che la sua vena omicida, non avesse rischiato di compromettere la missione.
    Per quanto riguardava l’altro compagno, sapeva poco o nulla di lui, non sembrava un’altra molecola impazzita, anche se lasciava trasparire molta insicurezza nel modo di fare.

    Insomma tra tutte le squadre che si aspettava, forse, la più bizzarra di tutte gli era capitata, non sapendo quanto potesse essere affidabili tali personaggi.
    Le recenti missioni che aveva svolto, erano state abbastanza fluide, anche perché capitanate da membri di assoluto valore come Bid’daum e Aristotelis.
    Questa volta si trattava di una prova del nove per Musashi, dovendo collaborare con altri due novizi, ma pur sempre Eversori.
    Per quanto riguardava Kalus, le sue doti belliche non erano messe in discussioni, forse fra tutti i novellini era quello più promettente, ma come già spiegato, la sua sanità mentale era quella contraddizione che metteva in seria discussione l’affidabilità di quest’ultimo.
    Invece sull’altro, non sapeva cosa dire, era un foglio bianco che aspettava di essere colorato, la missione sarebbe stata utile per la sua esperienza in campo, decidendo se fosse pasta per lui essere un mercenario.

    Non era un tipo socievole il samurai, e di certo non avrebbe iniziato ora a fare conversazione per legare con i compagni - poco gli importava - e soprattutto men che meno si sarebbe preoccupato di spartire i suoi pensieri con Klaus.
    Per il momento gli premeva solo arrivare a destinazione senza ritardare troppo, incontrando il mandante del lavoro.
    La desolazione accompagnava il cammino dei tre, macerie ovunque, e strani uomini di metallo che si dilettavano nello scavare, forse alla ricerca ancora di una prova di vita, in quel cimitero di silenzio e rovina che attorniava il cammino degli Eversori.
    Certo non era la città ideale per stabilirsi, o voler aprire una attività.
    L’Ovest non si presentava con un posto florido e interessante, anzi tutt’altro, molto probabilmente alla maggior parte delle persone non passava per l'anticamera del cervello di visitare un luogo del genere, lasciando che chi ancora vivesse in quei posti - se pur sempre vi era ancora prova di vita - sprofondasse nella miseria, passando i giorni di una vita patetica, nello sconforto e nella depressione.

    Dopo una mezz’ora a inoltrarsi per ciò che rimaneva di quel presidio, una figura che non sembrava avere nulla a che fare con la zona circostante, si palesò di fronte gli occhi dei tre.
    Look curato, ma soprattutto in salute, giaceva appoggiatosu di un muro quasi intatto, attendendo l’arrivo degli Eversori.
    A quanto pareva avevano trovato ciò che cercavano.
    Il primo a parlare da copione fu Kalus, e ti pareva, come poteva non prendere l’iniziativa il protagonista, seguito poi dall’altro ragazzo, confermando l’impressione di Musashi, con un flebile e tremante saluto.
    Per quanto riguardava il Samurai, decise di arrivare subito al sodo, venendo meno ai convenevoli.

    Direi di procedere se non ha qualcosa di importante da dirci. Non penso che trattenerci oltre in questo fatiscente posto, sia proficuo per la sua incolumità
     
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  5. Boss
     
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    Damien non ne sapeva nulla, davvero. Non mentirei mai. Avrebbe in seguito scoperto che qualcuno aveva particolarmente a cuore la sua incolumità, ma questa è un'altra storia. Eversori di Merovish era un nome che gli diceva meno del muro che aveva alle spalle. Vi siete fatti l'idea, spero. Non è un concetto difficile da afferrare.

    Come, prego?
    Alzò lo sguardo verso i tre uomini, contento di notare presenze umane. Il suo viso accigliato, però, non comunicava nessun tipo di calore. Il loro aspetto avrebbe indotto ben altre domande, ma al momento una sola lo incuriosiva abbastanza da darle voce.
    Come sapete il mio nome?
    Non si scomodò. Però aggiunse, quasi ricordandosene di colpo:
    Siete ben gentili ma... non stavo aspettando nessuno.

     
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  6. Klaus von Schneider
     
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    Rimase alquanto stupito.
    Non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere, da parte del biondino.
    Non li conosceva, non aveva mai sentito parlare di loro.
    Ma che cavolo stava dicendo?
    Possibile mai che l'organizzazione avesse fornito delle informazioni sbagliate?
    Ma diamine, si stavano rimbecillendo, quegli Eversori.
    « Non dirmelo biondino, non dirmelo. » si rivolse al ragazzo, con un lembo di sconforto palpabile.
    « Dimmi che non abbiamo fatto un viaggio a vuoto. »
    Lo sguardo si diresse verso i suoi colleghi. Paradossalmente, si era dimenticato che al seguito c'era anche il samurai, ricordandosene soltanto in quel momento. I suoi rapporti con quel tipo erano tutt'altro che idilliaci, nonostante avessero scambiato poco più di due parole.

    « Probabilmente ci avrà assunto qualcuno per conto tuo. Ripeto, siamo qui per scortarti. » si sedette, proprio lì, di fianco al giovane.
    « Dimmi, dove vuoi che ti accompagniamo? Non abbiamo fatto migliaia di miglia per niente, sai. »

     
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  7. °PaNdEmOnIuM°
     
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    Che avessero una tale lacuna nel senso di orientamento?
    Eppure… la descrizione fattagli della destinazione, oltre le indicazioni della cartina, sembravano giuste.
    Allora, cosa non quadrava?
    Il tipo di fronte a loro, sembrava non essere a conoscenza del lavoro che dovevano svolgere per conto suo, anche se qualcosa combaciava: il suo nome. Quindi, se il nome era esatto, ma la conoscenza del resto era ignorata da lui, vi poteva essere solo una spiegazione – Un ricercato – molto probabilmente i reali mandanti, tramite appostamenti fatti nei giorni precedenti, avevano studiato le abitudini del tipo, sapendo i suoi spostamenti.
    Ma questa per il momento poteva essere solo una teoria, nulla poteva comprovare l’intuizione di Musashi, se non i comportamenti di quest’ultimo a determinate domande.

    Osservò l’espressione di Klaus, che sembrava abbastanza perplesso dal fatto che avessero preso un abbaglio, avendo fatto tutta quella strada a vuoto.
    Conoscendo i suoi superiori, era impossibile che avessero ottenuto delle informazioni inesatte; in questo erano dei cinici meticolosi, non mandando tre uomini dell’organizzazione in un posto preciso, cercando un tipo ipotetico: ne andava della reputazione, e soprattutto dei possibili guadagni.
    Klaus come da copione, era troppo impegnato a fare il protagonista, per capire la sottile trama della situazione – poco male – non aveva certo bisogno di lui per risolvere quel quesito, anche perché quel tipo non aveva mai dimostrato di avere molta materia grigia “Idiota”.
    L’atro compagno, sembrava ancora immerso nella sua crisi di autostima per prendere una posizione; d’altronde era nuovo il novellino, aveva bisogno che quelli più anziani gli facessero un po’ di tirocinio, per impratichirlo su come comportarsi in situazioni simili.
    Dopo che il suo compagno ebbe terminato di parlare mettendosi a servizio del sospettato, decise di sua iniziativa di rimanere sul vago, girando intorno al discorso.

    Come mai ti trovi in questo posto? Cosa ti ha portato qui?
    Non mi sembra il luogo ideale per una scampagnata.


    ° Vediamo cosa mi rispondi ora °

    Pensò fra se e se, aspettando una risposta, oltre che la ipotetica reazione a una tale domanda così mirata.

    Edited by °PaNdEmOnIuM° - 23/1/2012, 22:04
     
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  8. Astronaut.
     
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    Ok, ok.
    Dacre non era Flash.
    Non era quel fottuto velocipede, e non avrebbe certo mai potuto correre attraverso radure incontaminate e verdi pascoli, giungere su di una montagna altra quanto l'Himalaya e gridare al vento la propria rabbia in un nanosecondo, ma alla rivelazione del biondino si sentì rodere d'invidia nei confronti dell'uomo più veloce del mondo secondo DC.
    Oh, se avrebbe potuto avere quei poteri...magari qualche legnata ultrasonica gli sarebbe anche servita a sfogare le sue frustazioni sul viaggiatore da scortare, il quale a suo dire era perfettamente ignaro del fatto che tre energumeni (beh, l'Elwood non più di tanto, alla fine) avrebbero dovuto accompagnarlo nel suo viaggio alla volta di Sequerus.
    Sempre se esisteva, questo fantomatico viaggio in direzione della Capitale dell'ovest.
    E che cacchio.
    Fu come se non avesse parlato, per gli altri tre.
    Era un sibilo talmente flebile e tremante che la voce dell'inquietante primo compagno lo aveva sovrastato in maniera pressoché completa, impedendo anche solo ad una sillaba di giungere a destinazione.
    Beh, tanto meglio.
    Dopotutto, un tipo educato non spara di certo una cosa del genere nel bel mezzo della discussione.
    Aprì le orecchie alle parole d'entrambi i compagni che, al sentore della notizia, avevano sorpassato un primo stupore reprimendolo con quasi certe motivazioni di un ordine da parte di altri.
    Comunque perplesso, D. constatò con i suoi timpani che i compari Eversori non erano poi così grandi retori, anzi il samurai era passato subito al "tu", come se l'ammissione del biondo di non saperne nulla glielo avrebbe potuto permettere.
    Avrebbe potuto imbastire un dialogo molto più forbito e convincente, ma Bid'daum gli aveva dimostrato come la favella potesse servire a ben poco.
    Scusami, se posso darti del tu...hai qualche amico, magari, che ti tiene tanto a cuore da affidarti una scorta per affrontare le insidie di questi lidi senza problemi consistenti?
    E' che senza trovare una risposta mi farei troppi crucci.

    In effetti la soluzione offerta dal Von Schneider gli pareva la più ovvia, anche se lo sguardo di Tremayne tradiva in un qualche modo quella sua teoria; occhi spaesati, occhi di chi non sembrava tanto essere ambientato, abituato ad Endlos.
    Il suo stesso sguardo.
     
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  9. Boss
     
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    Tacque per qualche istante, mentre la sua mente vagava chiaramente altrove. Seduto, con le ginocchia piegate verso il petto e le mani giunte su di esse, sembrava un credente assorto in una originale posizione di preghiera... solo che da tempo aveva smesso di credere. Diciamo più o meno da quando aveva raggiunto la capacità di intendere e di volere, ed aveva maturato un pensiero tutto suo. Tale pensiero, naturalmente, guardava con disprezzo a tutte le tradizioni che la sua famiglia reale tramandava da generazioni ai suoi discendenti. Damien aveva sempre creduto che un uomo libero avesse il diritto e il dovere di pensare con la propria testa.

    Sono d'accordo con lui. Prendiamo come esempio Sealyan, la capitale di Graylock, la dimensione che lui fino a poco tempo prima chiamava casa; c'era tutta questa gente diversa che veniva per fuggire all'oppressione e alla povertà, in cerca di una vita migliore. E poi cosa facevano? Rimanevano attaccati alle cose che li avevano messi nei guai. Continuavano a combattere le stesse guerre e odiare le stesse persone del loro vecchio mondo. Stavano con quelli della propria razza e dubitavano di tutti gli altri e perché...? Cultura? Storia? Che diavolo è, un mucchio di roba che i tuoi ti hanno detto di credere per tutta la vita? E quindi è tutto vero?

    Ma Damien aveva capito che non era così - era un ragazzo intelligente, ve l'ho detto. Ecco perchè aveva preso le distanze da tutto ciò che la sua famiglia e i suoi precettori avevano cercato di inculcargli - da tutti i loro dogmi e i loro pregiudizi. Adesso, finalmente, gli si presentava la possibilità di ricominciare. Riaprì gli occhi e si alzò con un unico, fluido movimento.

    Posso darvi del tu, vero? Massì, in fondo vi siete presi la stessa libertà...

    Si rivolse a Musashi, la cui domanda gli era sembrata più interessante.

    Non sono venuto per fare una scampagnata, infatti” replicò, calcando bene sull'ultima parola. “Mi sono perduto... vengo da Laputa, c'è stato un ballo. Dopo sono sceso all'approdo che si trova qui, ma non c'era nessuno. Sto vagando da ore e ancora non sono riuscito a trovare un'uscita da questo buco fetido.

    Si aggiustò i capelli, come rispondendo ad un riflesso dettato da una consolidata abitudine che gli imponeva di essere sempre presentabile, lindo e ordinato. Insomma, tutto eccetto com'era in quel frangente.

    Avrete intuito che non sono nativo di questo piano dimensionale, ma il destino gioca brutti scherzi. Non mi troverei qui altrimenti.

    Si rivolse a quello che sembrava essere il leader del terzetto, quello biondo con la testa rasata ai lati. Certo le sue stranezze non terminavano lì...

    Non saprei, c'è un posto civilizzato qui vicino? Tanto per cominciare potrei cercarmi un posto per dormire, e magari anche un lavoro.

    Ed iniziare una noiosa routine tipica del civile medio lobotomizzato. Bello schifo, per uno abituato fin dalla più tenere età a stare sotto alle armi. Infine fu la volta di Dacre. La sua domanda gli distrusse quel poco di buon umore che gli era rimasto. Rispose con il morale sotto i piedi – ma che dico – più in basso.

    Amici? C'è stato un tempo in cui ne ho avuti molti...” esitò, vagando con lo sguardo nell'orizzonte sempre più nero, ricordando i nomi di tutti i suoi fratelli d'armi, “ma adesso sono troppo lontani perchè possa contare su di loro.

    Eppure non era triste, forse un po' malinconico, ma era abbastanza plausibile no? Dico, mettetevi nei suoi panni. Non era dispiaciuto della situazione perchè stava lentamente imparando un'altre lezione di vita, di quelle che la vita te la cambiano e non sai se in meglio o in peggio.

    Iniziava a capire che è solo dopo aver perso tutto, che sei libero di fare qualsiasi cosa.

     
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  10. Klaus von Schneider
     
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    Fortunatamente, i suoi dubbi vennero dissipati.
    O almeno in parte.
    Il giovane biondino non era davvero a conoscenza del loro arrivo ma, d'altro canto, sembrava necessitare di una scorta.
    Poco male, i capi degli Eversori non si erano rincretiniti totalmente, allora.

    « C'è, e si chiama Sequerus. » disse al damerino, guardando prima lui e poi i suoi compagni, come sollevato.
    Sì, l'idea di non aver camminato per migliaia di miglia per niente non fu affatto male.
    Un bel conforto, indubbiamente.
    « La Città dei Picchi Rocciosi potrebbe fare al caso tuo. »
    Un'ultimo cenno ai suoi colleghi. Dovevano convincere quel tizio a farsi scortare, la paga prometteva bene.
    Partiva l'operazione: "spennare il pollo ricco."

     
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  11. Astronaut.
     
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    Era come se quel manipolo di tre eversori si fosse in cammino per cercare una puttana escort di lusso per poi ricevere il rifiuto da quest'ultima di fare ciò che sapeva far meglio( e scusatemi la colta metafora).
    Il tizio, più che altro un emo biondo, non conosceva nulla di Endlos, nulla di nulla.
    E neppure sapeva di avere degli amici, o comunque delle forze misteriose a lui favorevoli, che gli avevano inviato in soccorso quei due baldi giovini e mezzo, dove il mezzo ovviamente sta per l'occhialuto eroe di nome Lloyd Elwood.
    D. era abbastanza perplesso.
    Vedeva nel volto del biondino una malinconia acuta mischiata alla confusione del momento, frapponendo a quella figura la sua, all'arrivo ad Endlos.
    Era come un agnellino spaventato e frastornato da eventi milioni di volte più grandi di lui, sbattuto di qua e di là all'interno di qualcosa a lui ancora fin troppo sconosciuta.
    Si rivedeva in quello pseudo-marine che però in quanto a muscoli - e, forse, anche esperienza - stava messo meglio di lui, e ne compativa la tristezza dell'animo, mentre le parole del Von Schneider chiarivano le idee un pò a tutti.
    In fondo, nemmeno l'eroe conosceva dell'esistenza di Sequerus, essendo limitato a Chediya e a Merovish.
    Si sarebbe dovuto comprare una mappa, magari.
    Possiamo scortarti noi fino a lì: conosciamo la strada, e i pericoli che incombono da queste parti.
    Endlos è un mondo un bel pò...inquietante, ecco.
    Si aggiustò solo gli occhiali, mentre cercava di seguire i cenni di Klaus.
    Modulò il tono in modo tale da sembrare il più professionale e liberale possibile.
    Mai avrebbe voluto opprimere il suo cliente.
    Maaaaaaaaaaaaai.
     
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  12. Boss
     
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    Si alzò, si guardò attorno. Si abbassò, prese le sue cose, si alzò di nuovo. Gesti meccanici, incolori. Non c'era sentimento nel suo modo di fare, non in quel frangente. Però più tardi ebbe modo di confessare che era abbastanza curioso, nonostante non lo desse a vedere. Quando mai ti capita che uno sconosciuto benefattore (o almeno si presume che lo sia) paghi fior di quattrini per tutelare la tua incolumità? Ad avercene, di angeli custodi come quelli.
    ____— Ehi tu... — disse, indicando il tizio con le sopracciglia arcuate — sì dico a te, col ciuffo biondo. Ti piace essere al centro dell'attenzione vero? Altrimenti dubito che te ne andresti in giro con quell'acconciatura.
    Era così, all'epoca, prima dei fatti che gli avrebbero cambiato la vita. Uno che non si faceva troppi problemi e diceva sempre quello che pensava. Anche quando quello che pensava non c'entrava niente con il contesto. Piccoli difetti. — Ma io non posso non apprezzare chi esce dai canoni cosiddetti normali. Dico, guardatemi. Sembro un profugo di Sealyan*, di quelli che arrivano sui barconi. Quando i barconi arrivano a riva s'intende, che di solito li prendono a cannonate molto prima. Ma comunque.
    ____Si mise lo zaino in spalla con un gesto rapido, elegante. Non c'era che grazia nei suoi movimenti, e universi, nei suoi occhi. Tutti gli universi che ancora quelle pupille non avevano visto, ma che già si potevano leggere nelle loro sfumature più sincere. Lo si capiva solo guardandolo, che quello era un uomo del Destino. E' come se lo portassero scritto in fronte, lui e quelli come lui. Destinati a fare qualcosa di importante, un futuro affisso già alla loro culla, come un pezzo di carta che sarà riempito di gesta ancora da compiersi, ma già decise da un disegno superiore. Predestinati, tutti, in tempi incerti in cui non esistono eccezioni e se esistono danno solo conferme.
    ____Ma comunque. — riprese, ravviandosi i capelli con un gesto che era ormai un automatismo — Non lo sono affatto, e questa è un'altra storia. Vi annoierei a morte, ve la risparmio...
    Fece per avviarsi verso l'uscita, ma non sapeva dove fosse. D'altronde quante persone camminano su strade che non si sa dove portino? Volete che lui sfugga a questa regola? Via, non siate sciocchi.
    ____Ora ditemi: com'è la vita del mercenario? Non vi capita mai di aspirare a qualcosa di diverso? O quello che avete già vi basta? E se sì, cosa avete? Cosa vi resta, oltre al denaro? Le storie, forse? Sono importanti, le storie!
    Un fiume di domande, un vulcano di interrogativi - un'eruzione, e colate e lapilli di entusiasmo. Ma pronunciate con un tono tranquillo. Di educata, signorile curiosità.

    *Sealyan: Città-Stato del continente di Graylock, sua Capitale e luogo natale di Damien. Detta anche la "Città del Mare", per ovvi motivi.
     
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  13. Klaus von Schneider
     
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    Si era deciso, finalmente.
    Il damerino alzò il culo da terra, sollevandosi in piedi ed accennando ad una marcia che li avrebbe condotti, zaino in spalla, a Sequerus.
    Una scelta giusta, e di sicuro profitto.
    Sia per lui, che per loro.

    Parlava, camminava e parlava quel mingherlino. E di cose alquanto strane per giunta.
    In effetti, il modo in cui si rivolse al Malkavian, non fu tra i più delicati possibbili.
    Un pazzo, un folle che ovviamente non sapeva.
    O meglio, non poteva immaginare.
    Ma no, il Vampiro aveva imparato bene, come funzionavano le cose su Endlos. E tra gli Eversori, soprattutto.
    Si limitò a storcere inizialmente il naso, per poi capire che in realtà quel tipo gli stava facendo una sorta di complimento.
    E cavolo, non lo conosceva, ma ci aveva azzeccato in pieno. Il Sicario era così pieno di se, che qualsiasi tipo di apprezzamento, anche quello più strano e apparentemente offensivo, non avrebbe fatto altro che accrescere il suo già smisurato ego.

    « Mi sei simpatico biondo, quindi ti dirò la verità. » disse all'altro, facendo trasparire un ghigno insano sul suo volto.
    Quelle domande lo colpirono, e non poco.
    Nessuno mai gli aveva chiesto perchè facesse quello che faceva, ecco perchè si senti di rispondere sinceramente al ragazzo.
    E sì, anche perchè era entrato nelle sue grazie con quel commento, ovviamente.
    « Per quanto mi riguarda, fare il mercenario è soltanto un mezzo. Ho tanti progetti, e grosse ambizioni. » sentenziò, schioccando uno sguardo ai suoi compagni Eversori.
    In effetti, era proprio quella la verità, anche se non tutta.
    E quanto cazzo gli piaceva giocare a quel gioco.
    « Il cielo è il mio unico limite. »

     
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  14. Boss
     
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    Ascoltò senza interromperlo, annuendo nei momenti che gli sembravano opportuni. Clichè di una conversazione tra perfetti sconosciuti, quando si cerca di mostrarsi interessati ai discorsi dell'altro, quando in realtà... Ma non era questo il caso. Non completamente. Non dimenticò di prendere mentalmente nota di come il mercenario avesse dato risposta a circa la metà delle domande postegli. Un tipo molto elusivo, o molto smemorato. Chissà come si chiamava, poi? Lui un nome l'aveva, eccome se l'aveva; e di certo non era biondino.
    ____— Damien — precisò, scoccandogli un'occhiata in tralice — mi chiamo Damien. Lo sapete entrambi.
    Entrambi, sì: non si era sbagliato. Uno dei tre doveva essersi ricordato qualcosa di molto importante, dato che era improvvisamente scomparso. L'altro non parlava più. O era eccessivamente timido, o stava semplicemente pensando ai fatti suoi.
    ____Ora si stavano muovendo verso la periferia. Lo schizzato con la pettinatura assurda guidava il gruppetto e sembrava sapesse dove andava. Non lo vide neppure una volta consultare una mappa o guardarsi attorno spaesato. Si lasciarono alle spalle carcasse di droni e di edifici, resti meccanici, resti tecnologici e ricordi dimenticati di quanti lì avevano vissuto.
    ____Quante storie — sussurrò, nella quiete del crepuscolo incipiente — quante storie avrebbero da raccontare queste strade, questi edifici se potessero parlare?
    ____Non molto tempo più tardi giunsero all'uscita. Damien non aprì più bocca dopo quella domanda che aveva rivolto più a se stesso che ai suoi accompagnatori. Aveva cose a cui pensare, ora. E tutte le piccole, grandi preoccupazioni che ci assillano ogni giorno.

    (qualche minuto più tardi)

    ____Giunsero in vista di Sequerus, dove il giovane li salutò cordialmente augurando loro buona fortuna, ed augurandosi anche che il misterioso committente li avesse già pagati, dato che lui non aveva in tasca nemmeno l'ombra di una moneta. Per quanto riguardava il sopracitato protettore, lui preferiva non conoscere la sua identità, non ancora. Qualcosa gli diceva - e raramente il suo sesto senso si sbagliava - che lo avrebbe scoperto assai presto, con tutte le conseguenze del caso.

    Chiudo qui la giocata. Ho alcuni progetti in ballo e sto mirando a ridurre le (poche) scene che mi vedono coinvolto. Ringraziandovi per la partecipazione, vi saluto e mi appresto a lasciare un meritato feedback. Enjoy. (:
     
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13 replies since 16/1/2012, 21:39   250 views
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