[LAM] Recurring

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    L'essere che era molte cose venne avanti lungo la strada principale del Latifondo. Si trascinava a passi lenti, cauti. Sotto la neve, la via per l'Albero Casa gli sembrava infida, forse addirittura dissestata. Alzò lo sguardo sulla sommità della torre a forma di croce. Liberi Aegis Milites. Era questa la loro sede, doveva esserlo. Si era messo in marcia subito dopo la festa di fine anno, cercando di assimilare più informazioni possibili sulla gilda.
    Peccato che le avesse dimenticate tutte, quasi. Ricordava a malapena il nome della corporazione, e il motivo che lo spingeva a prendervi parte.
    Aveva una pessima memoria.

    Troppo tempo trascorso in marcia, troppa strada infame percorsa tra neve e vento. Le ginocchia gli cedevano, lance di dolore gli dilaniavano la schiena. Il vento gli faceva battere i denti. Trovare un riparo, un qualsiasi riparo..
    Eppure era arrivato.. Ancora un piccolo sforzo..
    I fiocchi di neve sembravano proiettili gelidi sul gracile corpo umano di cui aveva assunto le sembianze durante il ballo. Una pessima scelta, in termini pratici. Il nuovo corpo era contratto dal gelo, prossimo alla consunzione, all'assideramento. Chi l'avrebbe detto che lui, il Camaleonte, re del ballo nel Mastio di Laputa, sarebbe morto così? In quelle condizioni così misere? Crepare solo come un cane, in terra straniera, senza neanche qualcuno a cui raccontare della propria vita. senza nessuno a cui avrebbe potuto importare qualcosa.
    No!

    Il Camaleonte strinse i lembi della giacchetta viola che gli proteggeva la gola. Inutile, patetica difesa contro l'artigliare del vento. Eppure mancavano pochi passi alle porte dell'Albero Casa, le sue forze non potevano abbandonarlo proprio in quel momento. Non aveva neanche l'energia per trasformarsi in un essere più resistente, più forte. No, tutto ciò che riuscì a fare fu battere il pugnetto chiuso contro la porta, chiedendo quartiere. Con un filo di voce che probabilmente nessuno sarebbe riuscito ad ascoltare.

    Apritemi.
    Urlò, a pieni polmoni. O forse biascicò, troppo spossato dal freddo e dal cammino.
    Aiutatemi, vi prego!
    Non seppe se quelle invocazioni disperate riecheggiarono nella sua testa o nel paesaggio circostante.
    Seppe solo che in quel momento le gracili ginocchia fecero un sonoro crack, prima di piegare il suo corpo tremante in due e farlo crollare al suolo.


    well, non credo di dover aggiungere altro. Le sembianze del Camaleonte sono quelle del fine Ballo d'Inverno, ovvero piccolo ragazzino biondo in vesti eleganti (diciamo pure Serpico di berserk in versione baby và xD)
    passo la palla a dru!
     
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    "Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori ed i bambini".
    Dante Alighieri


    png

    Sala del Gran Maestro, Albero Casa, Latifondo.
    Presidio Errante, Endlos.

    Fuori era la tormenta, ed un vento gelido lambiva le terre spoglie del Latifondo, ricoprendo con un manto di neve i rami nudi degli alberi. In quei giorni, a Laputa, sembrava tutto fatto di cristallo, ed i riflessi di neve e ghiaccio nel cielo cristallino donava all'isola volante un tocco di fredda e solitaria eleganza, tipica delle terre del Nord. Era tutto magnifico, stupendo, tuttavia erano in molti, compreso il Gran Maestro del Liberis, a sapere che spesso il male si celava proprio dietro la bellezza. Oltre la purezza del colore era nascosto un freddo secco e pungente da spaccare le mani ed i piedi, e dietro il silenzio contemplativo v'era soltanto desolazione. Quel freddo era raro a Laputa, ed era bene che restasse tale, o l'isola volante sarebbe morta nel giro di pochi anni.

    Toc-toc

    Un suono leggero di nocche contro la porta lignea del suo ufficio destarono la donna dai suoi pensieri.

    -Avanti.

    Ad entrare fu un semplice soldato particolarmente diverso da quello che si sarebbe potuto aspettare, soprattutto dall'atteggiamento mostrato ad un suo superiore. Nessun capo chino, nessuna riverenza, solo un saluto militare, ed una voce agitata tuttavia priva di timori reverenziali.

    -Signora, abbiamo raccolto un bambino davanti all'entrata dell'Albero.

    Lei discostò lo sguardo smeraldino dai fogli di pergamena macchiati d'inchiostro.

    occcc

    -...un bambino?

    Non passò molto che lei stessa si levò dalla scrivania, lasciandosi condurre dove questo bambino era stato portato. Intanto, ovviamente, chiese altre informazioni al suo Aviatore. A quanto pareva aveva bussato alla loro porta, quindi non era lì per caso. Nessuno dei presenti, nemmeno i residenti a Laputa lo avevano mai visto, quindi poteva trattarsi di uno straniero e, come se non bastasse, se non fossero giunti soccorsi immediati sarebbe morto proprio dove era stato trovato, vittima della fame e del freddo.
    Ormai giunti alla soglia dell'infermeria, Drusilia sospirò, poi diede a tutti ordine di andarsene, e di lasciarla sola col piccolo.

    Infermeria, Albero Casa, Latifondo.
    Presidio Errante, Endlos.

    Una dama di bianco vestita varcò la soglia dell'infermeria, leggera come l'aria e docile come una brezza primaverile. Accanto al bambino steso sul lettino si sarebbe seduta, accomodandosi ad una poltroncina. Qualora lui l'avesse guardata, lei lo avrebbe ricambiato con un sorriso ed una dolce carezzina sulla guancia.

    -Ci hai fatto preoccupare molto, sai?

    Avrebbe infine detto, mentre la voce si tingeva di tinte calde,
    e dolce come il miele sarebbe parsa alle sue orecchie.



    Chiedo umilmente perdono per il ritardo çOç
    In ogni caso, se possibile, dato che non è stato specificato, preferirei che la giocata avvenga non prima del pomeriggio successivo alla festa.
     
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    Quello non era il paradiso. E lui non era morto.
    Chiuse gli occhi. Li riaprì. Lentamente, la vista tornava, gli oggetti assumevano forme e colori. riuscì a distinguere una piccola camera spartana, il letto morbido su cui era disteso, la porta che si apriva, lentamente, lasciando entrare qualcuno all'interno della stanza. Il Camaleonte comprese subito che si trattava di un raro esemplare di bellezza umana: lineamenti raffinati, bocca modellata, occhi intelligenti, capelli come una cascata di seta nera oltre le spalle.

    « Ci hai fatto preoccupare molto, sai?. »

    La donna misteriosa abbassò il capo e gli carezzò il volto, con un movimento leggero e grazioso, in segno d’approvazione, senza aggiungere altro. Il Camaleonte non rabbrividì al suo contatto, come si sarebbe aspettato. Il suo animo fu come preso da una commozione intensa e profonda, come se si immergesse in un bagno tiepido dopo aver a lungo camminato in una bufera di neve e nella morsa del gelo.

    Quelli che a suo parere erano un'immotivato affetto e una ingenua dolcezza lo avevano avvolto come una morbida vestaglia, lasciandogli dimenticare completamente cosa lo aveva condotto all'Albero Casa, arrivando quasi a rischiare la pelle. No, i suoi occhi erano persi nel sorriso di perle della donna e nei suoi occhi verde smeraldo, chiedendosi se mai sarebbe riuscito a ricopiare una bellezza simile.
    Se fosse appartenuto alla sua stessa razza, dovette ammetterlo, l'avrebbe scelta immediatamente come degna consorte. Ma il Camaleonte non provava affetto, né tanto meno amore, per nessuno che non fosse lui stesso. L'affascinante figura che aveva appena varcato la soglia lo interessava, lo intrigava come un misterioso ricordo d'infanzia.
    Un ricordo che non poteva appartenere al suo passato, ma che avrebbe potuto liberamente ricreare in futuro. Grazie ai suoi poteri.

    « Ho freddo. » Farfugliò, abbassando lo sguardo. L'aura che circondava la donna misteriosa gli aveva messo addosso una certa ansia, e tanto valeva fare affidamento sulla sua gentilezza per risolvere un discutibile che colpiva il suo stomaco da troppi giorni. « E fame, tanta fame. » continuò, mentre gli s'illuminava il visetto infantile.
    E le sue manine pallide cercarono quella della donna misteriosa, per stringersi con tenerezza intensa, per ripagarla della carezza di poco prima. E per supplicarla.

    « Infermiera...puoi..potresti portarmi qualcosa da mangiare.. » Forse era uno scherzo di luci, o forse no, ma i suoi occhi fissi in quelli della donna divennero improvvisamente lucidi. « ..per favooore? »


    Quello non era il paradiso. E lui non era morto.
    Non ancora.



     
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    Con immenso sollievo, vide il piccolo muoversi, ed improvvisamente quella infermeria divenuta fredda e tesa come il paesaggio inospitale al di fuori dell'Albero Casa parve riscaldarsi improvvisamente, tramutandosi in una cameretta accogliente e felice, occupata da un bambino ed una donna fatta d'Amore. Disse di aver freddo, il piccolo straniero, ed ella non potè fare altro che annuire docile con il capo. Altrettanto fece quando il fanciullo ammise di aver fame, ma quella volta le labbra rosse si sarebbero piegate in una smorfia di tristezza. Chi mai poteva essere così crudele da lasciarlo vagare per il Latifondo con quel tempo? Che razza di genitori disgraziati gli erano stati assegnati dalla sorte? E se... fosse scappato? Oppure era orfano? Più trascorreva il tempo, e più la Dama del Vento rifletteva sul possibile passato del piccolo, rendendosi conto che con quel tempo sarebbe stato alquanto difficile mandare in giro i suoi soldati per delle commissioni simili. Si, lo avrebbe tenuto in gilda fino all'arrivo di giornate più felici, dunque avrebbe messo tutti alla ricerca dei suoi genitori, a meno che non avesse recuperato informazioni dal bambino stesso, ovviamente. Sorrise ancora quando lui si lasciò coccolare, chiamandola "infermiera" e domandandole cibo. Sorrise perchè erano anni ed anni che nessuno la chiamava più in quel modo, più o meno da quando aveva lasciato l'Accademia ed il lavoro di assistente all'ambulatorio di Enju.

    -I soldati che ti hanno trovato si son già messi a lavoro.

    Lo avrebbe raccolto sorridente nel suo abbraccio, cingendolo in un manto d'Amore i cui orli altro non erano che le stesse braccia flessuose. Le labbra morbide, infine, sarebbero andate a posarsi leggere sulla sua fronte, come una farfalla su di un fiore.

    -A breve porteranno qualcosa.

    Dunque lo avrebbe cullato, e non molto tempo dopo sarebbe giunto un piattino di minestra dalla mensa, riaperta momentaneamente ed appositamente per il nuovo ospite, anticipato soltanto dal profumo e dai passi dei soldati. Non appena furono dentro, rivolsero alla donna un saluto militare, dunque lei avrebbe domandato loro di posare tutto su un tavolino a loro vicino, e di lasciarli soli. Infine, quando la stanza sarebbe tornata nel silenzio, lei avrebbe avvicinato a sè il tavolino, prendendo un cucchiaio di minestra e portandolo alla boccuccia del piccolo.

    -Come ti chiami, piccino?

     
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    « Come ti chiami, piccino? »

    Il Camaleonte riuscì a malapena a sentire le parole della donna gentile, intento com'era a divorare ogni cosa presente nella scodella con la stessa grazia di un bufalo afghano.
    La sua testa riemerse dal piatto solo pochi secondi dopo, il tempo di formulare una risposta abbastanza credibile. Non gli andava di mentire all'infermiera che gli aveva salvato la vita, procurato cibo, e dato un bacio sulla fronte. Ma d'altra parte, non poteva neanche dirle la verità. Gli umani a cui rivelava il suo segreto diventavano cattivi e alla fine lo cacciavano sempre via da loro. E in quella stanza comoda, di fronte a quella minestra calda e a quella umana così bella e gentile si trovava tanto bene. Non voleva che le cose cambiassero, no no.

    « RiGiaDD » Disse, parlando e masticando contemporaneamente. Gocce di minestrone si dispersero a raggiera tutto intorno, ma il Camaleonte non vi fece caso. Era impegnato a ricordare il nome usato alla festa del giorno prima. Richard..come continuava? Ah, certo. « RiGiaDD o'ShaGneudsCì »
    E solo allora si decise a mandare giù il boccone.

    Ah, come era stato felice a quella festa! Come si era divertito insieme alla ballerina di cui aveva già obliato il nome - iniziava con Tqualcosa, di questo era certo - e chi mai avrebbe immaginato che la sua condizione sociale sarebbe precipitata così in basso. Da re del ballo, a piccolo moccioso adottato da una donna misteriosa che, ci avrebbe giurato, aveva un'aspetto molto familiare. L'aveva già vista da qualche parte? E dove?
    Facendo appello a tutte le sue facoltà mentali, il Camaleonte scrutò la donna maledicendosi per la sua memoria così debole e corta. Aggrottò le ciglia, strinse forte le palpebre tanto da rischiare di mettere in imbarazzo la sua interlocutrice.

    « Tu! » esclamò d'un tratto, puntando l'indice contro la donna gentile e misteriosa che non era mai stata un'infermiera. Certo che l'aveva vista, ed era stato pochissimo tempo prima! Il nanetto verde che era anche signore del Mastio di Laputa aveva presentato lei, l'ufficiale del presidio durante quella stessa festa! Come aveva fatto a dimenticarsi di lei? « Tu sei la donna vestita di rosso al ballo! » Continuò, visibilmente stupito, con rivoli di minestra che scorrevano ai lati della bocca.
    Le labbra insozzate si contrassero, nell'ipotesi di un sorriso mellifluo. Un'espressione facciale alquanto ambigua, per un bambino.
    « Cercavo proprio te, Drulia Glanadonel. »

    E la sua brutta memoria, come al solito, pensò bene di tirargli l'ennesimo colpo basso.


     
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    Ascoltò le parole pronunciate dalla vocina del piccolo, tutto intento ad abbuffarsi di minestra, mentre un leggero campanello d'allarme sentito da lei soltanto la portava a storcere lievemente il naso. Quel nome aveva un che di profondamente sbagliato, lo sentiva, e non certo perchè le ricordava il simpatico elementale elettrico che andava in giro proclamandosi suo figlio, ma perchè aveva un retrogusto di bugia. Perchè quel bambino le mentiva? Forse era davvero scappato di casa, quindi cercava di rendersi irrintracciabile. Oppure chissà, magari era un orfano senza nome... sembrava troppo carino per poter mentire per altre ragioni.

    « Tu! »

    Esclamò il piccolo improvvisamente, facendola sobbalzare.

    « Tu sei la donna vestita di rosso al ballo! »

    Oltre al naso, questa volta Drusilia storse anche un sopracciglio, mentre con un fazzoletto iniziava a pulirgli la boccuccia sporca.

    « Cercavo proprio te, Drulia Glanadonel. »

    Lo fissò per qualche minuto, mentre gli smeraldi si stringevano in due fessure, misto di sospetto e perplessità. Un orfanello al ballo? No, non era possibile... ci voleva un invito. E lei non ricordava di inviti a bambini in particolare che non fossero accompagnati dai genitori. Ma soprattutto... perchè la cercava? Era forse il figlio di un mercante?

    -Beh, mi hai trovata!

    Esclamò sorridente, celando dietro il bel volto d'angelo tutti i suoi timori e sospetti.
    Gli diede un altro bacino sulla guancia, tirandolo su per prenderlo meglio fra le braccia e non farlo scivolare dalle gambe coperte dall'abito bianco.

    -Cosa posso fare per te, Richard?

    Cito una passiva utilizzata in questo post:

    →Veritas» Col termine verità si indicano una varietà di significati, che esprimono un senso di accordo con la realtà, e sono in genere collegati col concetto di onestà, buona fede e sincerità. Non c'è una definizione univoca su cui la maggior parte dei filosofi di professione e gli studiosi concordino, e varie teorie e punti di vista della verità continuano ad essere discussi. I principali argomenti di dibattito riguardano la definizione e l'identificazione della verità, e la questione se la verità sia qualcosa di soggettivo, relativo, oggettivo, o assoluto. Ma tralasciando i sofismi, sebbene sia difficile da identificare la verità in sè, è molto più semplice percepire cosa si allontana da essa: la bugia, gli inganni. Essendo devota ad Hesediel, Drusilia ha ricevuto da esso il dono di percepire ogni inganno, di andare oltre le menzogne.
    In termini di gdr, Drusilia sarà in grado di percepire tutte le bugie dette da personaggi giocanti o png che non usino tecniche specifiche o comunque fino a livello medio.
     
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    « Cosa posso fare per te, Richard? »
    Il Camaleonte si strinse nelle eleganti stoffe in cui era avvolto. La situazione era alquanto bizzarra;
    per la prima volta in vita sua provava una specie di nostalgia per un passato mai esistito, se non in qualche sperduto antro della sua fantasia. Lì, sul grembo di Drusilia, il freddo della tessitura dell'Albero Casa restava lontano, remoto. Chiuse lentamente gli occhi, velati dalla stanchezza, dalla tristezza. O dal memento.

    Puntò lo sguardo sul paesaggio fuori dalla finestra. La pietra appariva umida come il lastrico di una strada sotto una pioggia improvvisa.
    « La domanda giusta è: cosa posso fare io per te. » Esitò, prima di riportare lo sguardo su Drusilia, la donna più potente di quel palazzo. Incredibilmente diversa dai soliti uomini di potere, batava leggerle lo sguardo: non era né divorata dall'ambizione né deviata dai deliri di onnipotenza che affliggono la stirpe umana. No, quello sguardo era più simile a quello di...una madre?

    « Ehemm » tossì appena, schiarendosi la gola, per poi fare un gesto ampio con le braccia, ad indicare l'intera struttura che li circondava. « Per voi, volevo dire. Per voi..milites. »
    Esclamò, snudando un brillante sorriso.
    Far parte di quella gilda gli avrebbe fatto molto comodo, e viaggiare per il continente avendo le spalle coperte da qualcuno era un lusso a cui non poteva rinunciare. Senza tener conto che Drulia gli era andata subito a genio, e la cosa non era da poco. Adesso doveva assolutamente mostrarle chi fosse veramente, e di cosa fosse capace: chi mai avrebbe assoldato nel proprio esercito un cucciolo di umano?
    Le piantò l'indice sotto il naso, in preda ad un'improvvisa euforia. « Ammira cosa so fare, Drulia. » Sussurrò, ammiccando in segno di complicità.

    Il Camaleonte alzò un lembo della giacca, proteggendo il viso dalla curiosità della dama. Si percepì un bagliore verde dietro il tessuto, e nulla più, e mentre la tensione continuava a coagularsi, simile ad un sudario invisibile, qualcosa lì dietro mutava aspetto, forma.
    Lentamente, il Camaleonte riabbassò la stoffa.
    Ciò che emerse, non fu il puerile aspetto dietro il quale si era nascosto dalla fine del ballo sino a quel momento, bensì qualcosa d'altro. Lineamenti raffinati, bocca modellata, occhi intelligenti, capelli come una cascata di seta nera oltre le spalle.
    Una copia perfetta, una emulazione magistrale di quella rara forma di bellezza.
    Gli occhi verdi di Drusilia Galanodel erano fissi in quelli di Drusilia Galanodel.

    Fiero del proprio lavoro, si concesse un sorriso trionfale con le labbra di chi gli stava di fronte.

    v6kb4h
    « Allora, che te ne pare? »


    Esclamò, con un tono di voce squillante al quale doveva ancora abituarsi.
    Il resto del corpo - rimasto quello di un bambino - era tutto un fremito.


    Beh, non mi sembra il caso di citare l'attiva di trasformazione...in ogni caso, Drusilia si trova in braccio una mini-Drusilia. Spero non mi ammazzi il pg al prossimo turno é-è
     
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    -Inquietante.

    Fu la risposta più spontanea che le uscì fuori, senza nemmeno pensarci su.

    In effetti vedere qualcosa col corpo da infante e la sua faccia da donna aveva un che di alieno e raccapricciantea, tuttavia Drusilia non saltò all'indietro come era abbastanza ovvio accadesse in quella circostanza, nè lanciò urla come una pia donna innanzi a qualcosa di potenzialmente pericoloso. Prima di essere dama ed amministratrice, lei era innanzitutto un Ufficiale, Generale di un esercito e Gran Maestro di una gilda di paladini. Ne aveva viste abbastanza durante la sua lunga carriera, ed anche se quella scena aveva un che di decisamente nuovo, lei poteva comunque vantarsi di aver acquisito una generosa dose di sangue freddo in grado di non farla trasformare in una piccola preda impazzita per l'adrenalina. Le uniche sue reazioni furono soltanto un tipico quanto ovvio irrigidimento dei muscoli del corpo, forse per trattenere ciò che l'istinto le aveva suggerito di fare, ed un movimento rapido della bocca rossa, la cui piega fra le labbra andò a stendersi, mentre gli occhi si riducevano a fessure, scrutandolo intensamente.

    -Inquietante ma utile.

    Si ritrovò a continuare, mentre l'espressione facciale mutava ancora, questa volta interessata.

    -Chi o cosa sei davvero?

     
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  9. Ja¢k
     
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    « Chi o cosa sei davvero? »
    Nessuna traccia di paura, o esitazione, o incertezza nelle dure parole della vera Drusilia. No, quella donna aveva dentro sé una compresenza unica nel suo genere: lo spirito di un dominatore da una parte, quello di una nutrice dall'altra. Ma quale tra questi due avrebbe prevalso alla fine?
    Il Camaleonte non aveva una risposta, ma forse l'avrebbe trovata. Se era vero che avrebbe percorso la sua strada insieme ai Liberi Aeris Milites, presto avrebbe scoperto molte altre informazioni sulla dama del vento. E per la dama del vento.

    Schioccando le rosee labbra, la piccola Drusilia si accostò all'orecchio della Signora del presidio. « Nessuno. » Sibilò, come un rettile. « Nessuno sa chi né cosa sono. Nessuno sa che esisto, nessuno crede in me. » Continuò, con una insolita gravità nel tono di voce di Drusilia. Parole, memoria, cronaca. E che fosse il residuo di tutto questo, la sua coscienza, a sputar fuori quella confessione?

    « Ma posso diventare i tuoi occhi, perché tu non sia mai cieca tra gli uomini. »

    Strinse le palpebre. Filamenti di grinze mai esistite sul volto della vera Drusilia si formarono a lato degli occhi della sua piccola imitazione.

    « E posso diventare le tue orecchie, perché tu non sia mai sorda ai loro lamenti, alla loro ferocia, al loro odio. »

    Ormai era fatta.
    Sarebbe uscito da quella stanza onorato come membro dei Liberi Aeris Milites. O additato come un mostro, una aberrazione (cosa alla quale era sin troppo abituato).

    Seguì una stasi dura come il granito, dove il volto del Camaleonte parve un simulacro metallico coperto da una membrana a vaga imitazione della pelle di Drusilia.
    Poi i suoi muscoli facciali si contrassero nel dolce, innocente e spensierato sorriso di una fanciulla.

    « Ah, potrei avere dell'altra minestra? »

    Il Camaleonte distolse lo sguardo.
    Il piatto vuoto abbandonato sul letto gli sembrò - improvvisamente - essere la cosa più importante al mondo, in quel momento. Si leccò le labbra, famelico.

    « Quella di prima era a dir poco squisita! »





    Edited by Ja¢k - 23/1/2012, 22:43
     
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    Rimase ferma ed impassibile, una venere in marmo innanzi al sibilante sussurrare della voce della piccola copia di sè stessa all'orecchio. Si offriva per diventare i suoi occhi e le sue orecchie, ed in cambio chiedeva una minestra... ed in quelle parole avvertiva una sorta di... odio? No, forse diffidenza verso gli uomini. Forse qualche vecchia ferita. Per quanto la situazione non fosse particolarmente esplicita, complice la loro così breve conoscenza, Drusilia non si sentiva minacciata, tuttavia dovette ammettere a sè stessa che la parte razionale avrebbe prima o poi bussato alle porte della sua coscienza, domandandole la ragione per cui si sarebbe davvero dovuta fidare. Infondo era già stata tradita in passato, e non avrebbe mai detto che non sarebbe nuovamente accaduto, perchè anche solo pensarlo sarebbe stata un'eresia ad ogni forma di buon senso. Infondo, perchè avrebbe dovuto fidarsi di... chi era?

    Nessuno.
    Nessuno sa chi sono.
    Nessuno sa che esisto, nessuno crede in me.

    Beh, lei sapeva che esisteva, perchè infondo era sulle sue gambe. Agli altri due, poi, ci avrebbe pensato la conoscenza.
    Infondo anche lei doveva ammettere che se si presentava come ciò che realmente era, sarebbero stati in molti a dubitare del suo essere...

    -... e tu?

    Domandò senza nemmeno pensarci troppo.

    -Tu sai chi sei?

     
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  11. Ja¢k
     
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    « Chi o cosa sei davvero? »
    Lo aveva fissato in silenzio, con il gelo nelle iridi. La donna di potere aveva smesso di trattarlo con il rinfocolante calore di una madre, e questo gli recava un certo dispiacere. Ma era necessario. Era necessario rispondere alle domande. Doveva farlo, per lei.
    Di nuovo, lo sguardo del Camaleonte si fissò su qualche punto ignoto, perso oltre la finestra.

    Chi era?
    Era una strana creatura, tutto qui. Vagava sulla terra da quasi ottant'anni, credendo che da qualche parte, nel mondo, avrebbe incontrato un'altra creatura simile a lui, che da sempre e per sempre sarebbe stata solo sua. Come lo chiamavano gli umani? Amore? Affetto? Ebbene, ne voleva un po' anche lui, ne aveva diritto!
    Ogni tanto si rammaricava per l'ostinata tenacia con cui il fato si ostinava a farlo attendere, ma col tempo aveva appreso a considerare la cosa con più serenità. Quasi ogni giorno, da anni, il Camaleonte cambiava aspetto, diveniva qualcuno o qualcosa d'altro. Non aveva altro, per la sua futura anima gemella, che tante storie da raccontare. E gli piaceva pensare che quando si sarebbero incontrati lui le avrebbe raccontato tutte quelle storie, come una scatola piena di tante lettere, tante da formare la sua vita, e alla fine le avrebbe detto "Ti aspettavo".
    Lei avrebbe aperto quella scatola immaginaria, leggendo a una a una tutte quelle lettere, ascoltando tutte quelle storie, prendendosi tutti quegli anni, quei giorni, quegli istanti, che la creatura senza nome le aveva regalato prima ancora di conoscerla. E lo avrebbe amato per sempre.

    O forse, più semplicemente, avrebbe capovolto la scatola e attonita davanti a quella buffa nevicata di lettere, di storie impossibili, avrebbe sorriso al Camaleonte dicendo "Tu sei..
    « ..uno stupido. »
    Rispose, secco.
    Di colpo si sentiva nuovamente, stranamente in pace con sé stesso. Si, avrebbe incontrato quella creatura vagando per il continente con o senza l'aiuto dei Liberi aeris Milites, con o senza l'appoggio della Dama del Vento.
    Decise di affrontare Drusilia, di spezzare ogni traccia di timore o sospetto nel suo sguardo con l'ultima arma a sua disposizione. L'unica che temeva di utilizzare.
    La verità.

    « Chi sono potrebbe non essere la risposta. » Si grattò cautamente la rosea guancia, in modo istrionico. « Forse la risposta non esiste. Non ancora. »
    E la sua espressione facciale mutò ancora, questa volta interessata. Scrutò Drusilia con la stessa intensità con la quale lei lo scrutava. Volti simili - identici - che si studiavano ad una manciata di centimetri l'uno dall'altro. Un'immagine assurda, impossibile.
    « Questo ti turba? »



     
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    Attese paziente la risposta che sarebbe giunta dopo un lungo silenzio, ed in vero questa la sorprese non poco, essendosi preparata mentalmente ad un nome, vero o falso che fosse. Non si aspettava un insulto verso sè stesso. Il sopracciglio si incurvò ancora, mentre la Dama del Vento si ritrovò a reclinare la testa castana su di un lato con fare perplesso ed allo stesso tempo curioso. Perchè era lì? Perchè si stava offrendo a lei?

    « Chi sono potrebbe non essere la risposta. »

    E quale era, allora?

    « Forse la risposta non esiste. Non ancora. »

    ...
    No, quel discorso non aveva senso, e forse era ancora più delirante dell'idea di sè stessa che reggeva fra le braccia qualcosa dal corpo di bambino e dalla testa di donna adulta... con la propria faccia, oltretutto. Tutto ciò, dovette ammettere a sè stessa, avrebbe mandato in pappa il cervello di chiunque anche lontanamente sano di mente. Peccato che, contro ogni previsione del Camaleonte, la donna con cui stava discutendo proveniva da un luogo ben più strano di quanto potesse mai immaginare, semplicemente perchè intessuto della stessa materia di cui son fatti i sogni. In un certo senso, Drusilia era abituata alle stranezze.

    « Questo ti turba? »

    -No.

    Disse semplicemente con un'alzata di spalle.

    -Detto fra noi, quando creai il Liberis lo pensai come un esercito di volontari, dunque fosse per me ti farei entrare anche da subito... e poi è un dato di fatto che la tua abilità possa servirmi un giorno.

    Sorrise, accarezzando la testa della creatura.

    -Mi chiedevo soltanto cosa ti spingeva ad unirti fra le nostre fila, e che passato portavi dietro di te.
    Mi interessava saperlo per vedere se potevo fare qualcosa, tutto qui.


    Sospirò.

    -Come presto scoprirai, alcuni di noi sono il risultato di un lungo addestramento militare durato anni, ma molti altri sono naufraghi che attraverso di noi cercano di ottenere una rivalsa, ridare uno scopo alla loro esistenza o semplicemente proteggere qualcuno o qualcosa a loro caro. Siamo una famiglia, ed inquanto fratelli è nostro compito aiutarci l'un l'altro, sostenerci a vicenda, perchè qui su Endlos è una follia andare avanti completamente da soli, e sono solo in pochissimi a farcela. Gli altri perdono la vita, o peggio, sè stessi. E' un mondo crudele, questo.

    Gli occhi verdi lo scrutarono eloquenti, mentre un velo di tristezza dipingeva le iridi smeraldine di una tinta spenta.

    -E poi son dell'idea che nessuno merita di essere solo.

    Dunque lo strinse ancora, ed il suo abbraccio si fece nuovamente materno. Per quanto inquietante, anche quella creatura sarebbe divenuta sua figlia, qualora fosse entrata nell'Ordine dei cavaliere alati. E poi non aveva senso discriminarla perchè "diversa", soprattutto considerando quanto fossero variegate di razze, stirpi ed entità le sue bande guerriere.

    -Nessuno.

     
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    La donna di potere aveva ragione. era un'entità oscura, la mente umana, troppo facile preda dei demoni. Ma le idee promulgate dalla Dama del Vento, gli ideali che costituivano le fondamenta dei Liberi Aeris Milites, erano la risposta, dovevano esserla! L'Ordine era un faro, in grado di irradiare le ombre della solitudine, gli abissi della debolezza che affliggevano i singoli individui. Ed era quel faro che il Camaleonte doveva seguire, così che la sua luce indicasse la strada che doveva seguire per trovare quella creatura. In quel momento fu certo, estremamente certo di aver appena compiuto la scelta più giusta: Drulia, la donna in rosso, la Dama del Vento, l'infermiera o chiunque in quel momento lo stringesse tra le braccia, meritava la sua assoluta, completa fiducia.

    Il Camaleonte si lasciò stringere dal rinfocolante abbraccio di Drusilia, mentre una luce verde gli ammantava il cranio e, in pochi secondi, il viso tornava ad assumere i lineamenti del piccolo fanciullo che per il rotto di una cuffia era scampato alla bufera.
    non seppe perché, ma in quel momento c'era un vecchio soldato di Merovish nella sua memoria. L'uomo gli aveva raccontato di come a uno stupido ragazzino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, e lui, che aveva le mani di burro, l'avrebbe perduta di mano. Il punto era che il ragazzino stupido e solo non poteva perdersi né salvarsi, quasi non potesse avere intenzione.

    « Tu guida e io ti seguirò.
    E ti renderò lo stesso onore che tu oggi rendi a me, Drulia.
    »

    Sussurrò al suo orecchio, con fare deciso. Manco fosse un trionfo paladino al servizio della sua regina.
    Ma la cosa più strana, per uno come lui, era che credeva davvero in ciò che aveva appena detto.

    E se sino ad allora aveva parlato col cervello - evento di per sé raro - e col cuore - evento unico? - in quel momento il Camaleonte sentì che era il suo stomaco ad avere priorità assoluta, e che fosse riempito a dovere era cosa buona e giusta. Si scostò appena dall'abbraccio, quel tanto da snudare una rastrelliera di denti dritta in faccia a Drusilia. La sua versione di un sorriso.

    142d0s3
    « Adesso potrei avere un altro po' di quella minestra squisita,
    per favooore?
    »



    Chissà come si sarebbe comportata, la signora dell'ordine dei Cavalieri Alati, se avesse scoperto che il Camaleonte aveva quasi ottant'anni d'età sulle spalle.


     
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    La bella Drusilia sospirò con un sorriso mite dipinto sulle belle labbra rosse, dunque annuì, tirandolo a sè ed abbracciandolo di nuovo, lui che ora era tornato completamente bambino.

    -E va bene, sei dentro.

    Gli carezzò la testolina, prima di chiedere a voce alta un'altro piatto di minestra. Fuori dalla porta dell'infermeria si sentirono passi svelti sempre più lontani, probabilmente i soldati che lì erano rimasti in attesa di nuovi ordini del Gran Maestro.

    -Ti assegnerò alla Squadra Rossa, ed il tuo diretto superiore sarà il Comandante Jattur Shattur. Diventerai i nostri occhi e le nostre orecchie, e se sarai capace e devoto, otterrai onore, cibo, affetto, credito e finanziamenti per qualunque cosa tu voglia fare.

    Il patto era semplice e chiaro. Il Liberis offriva molto, ma in cambio voleva fedeltà.

    -Questo luogo è la tua casa, e fino a che sarai qui non dovrai mai preoccuparti di nulla.

    Dunque lo posò dolcemente sul lettino, coprendo il corpicino ancora freddo con una coperta in lana.

    -Prenditi il tempo che ti serve per riposare e farti forza. Non appena sarai pronto, vienimi a trovare al decimo piano.
    Lì ti assegnerò la tua prima missione.


    Un leggero bacio sulla guancia, poi si sarebbe levata dalla sedia e diretta sulla soglia della porta a pochi metri da loro, la stessa dove prima erano ben udibili rumori di passi concitati.

    -Ah, la minestra arriverà tra pochi minuti, e se avrai ancora fame ti basterà domandare.

    Infine, leggera come una brezza primaverile, si sarebbe mossa, oltrepassando la soglia e dileguandosi come aria di cui portava il nome.



     
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