[ LAM ] Little Wing

Aveva sempre avuto una certa predilezione per il cielo.
E non era soltanto per il suo passato da Aviatore Verde, né per le innumerevoli cavalcate fatte sul dorso del suo grifone Caska: era quel senso di libertà che, riempiendo ogni fibra del suo corpo, lo faceva sentire come il falco che, libero, va' per i cieli di Laputa. Senza catene, con lo sguardo di chi, dall'alto, tutto vede e giudica; non v'era forse cosa più bella che il volo, piacere che poteva condividere con ben pochi in tutta l'armata dei LAM.
Perché, ironico a dirsi, non tutti gli aviatori erano fatti per volare. Non tutti i Liberi Aeris Milites avevano la facoltà d'elevarsi verso il cielo blu.

E così se ne stava, il Falco, appollaiato su un ramo dell'Albero-Casa. Lo stridio dei grifoni nella voliera accompagnava il cantico del vento e del cielo. Era come se vedesse oltre l'azzurro e le nuvole, attendendo chissà cosa. Anzi, invero Grifis stava davvero aspettando l'arrivo di qualcuno. Un drago, per la precisione, con cui aveva avuto l'onore di combattere per una causa comune, causa che li aveva visti sconfitti ma forse più uniti di prima. E quell'unione, quest'oggi, il Falco avrebbe voluto rinsaldare ulteriormente, perché l'aiuto del Drago era per lui indispensabile. Non poteva esimersi dall'avere un così potente e valente compagno al suo fianco, per niente al mondo!

Il tempo passa, inesorabilmente.

Le creature che hanno la fortuna di fare poco più di una breve comparsa su questo mondo sognano l’eternità. Senza conoscere la reale maledizione dell’infinito.
Gli effimeri viventi possono conservare la loro coerenza, mentre le creature che invadono la sfera dell’imperituro cadono in una subdola forma di pazzia.

La mente invecchia, stagiona e marcisce. Il pensiero diviene irriconoscibile, lontano dalla logica comune. Associazioni libere di concetti e criptiche metafore permeavano la forma mentis del Drago. I suoi pensieri erano friabili e contradditori.

E la cosa peggiore era che avrebbe dovuto sopportarsi per sempre.
Fortunatamente era giunto sulla Terra e si era incarnato in un cucciolo d’uomo. La nuova nascita aveva quasi fatto tabula rasa della precedente logica irrazionale di Harium.

Ogni tanto gli capitava di pensare ancora in modo sconnesso, come se fosse un retaggio inevitabile.
L’eredità dei suoi miliardi di anni.

Stava pensando al fumo. Una labile cortina nera che si condensava nella forma di roccia.
E poi la pietra si scioglieva, facendo confluire i propri fluidi sotto terra e facendo nevicare nel deserto.
Sopra la duna, un arpione era infitto in un albero arrugginito.
E un falco bianco lo attendeva nel nido.

Aprì gli occhi, rimasti chiusi ad ammirare quel folle flusso di pensieri.
E la follia si tradusse nella realtà.
In cima all’albero-casa vide uno strano essere metallico. Mise a fuoco e capì che si trattava di Grifis.

Il Comandante lo stava attendendo, ne poteva essere sicuro.
Spiccò il volo e in pochi istanti raggiunse il ramo dove sostava il Falco.

Buongiorno.

Si limitò a dire, ancora un po’ frastornato dalle ramificazioni dei suoi pensieri.

Bengiunto, Harium. Sapevo che mi avresti notato.

Proferì il Falco, e mai la sua voce fu più autoritaria di quella volta: era come se ancor prima di poter officiare, avesse incarnato il proprio rango di Comandante già solo con la voce e col verbo. Quindi i suoi occhi cristallini si posarono sul Drago come a scrutarlo fino nell'animo, e brillarono per qualche attimo di una cieca fiducia. Aveva combattuto al fianco di quell'Aviatore, insieme avevano affrontato numerose minacce e tanti pericoli, e mai... mai nemmeno una volta l'aveva visto vacillare o trarsi in salvo. Era l'esempio di Aviatore che tutti avrebbero dovuto emulare, un'uomo certamente fidato su cui poter riporre massimo rispetto e stima.

Amico mio, è un onore saperti al mio fianco anche in quest'impresa. Non sono qui per tediarti con stupidi monologhi, o parole dette per fare colpo: sono qui per concedermi un breve volo sui tetti della città, ma in qualità di Comandante non mi è permesso farlo senza una scorta.
Vorrei che tu m'accompagnassi in questa breve passeggiata.

Quando la sua voce tacque, era abbastanza chiaro quanto di ciò che aveva appena detto fosse una richiesta e quant'altro fosse invece un ordine. E indubbiamente Harium non avrebbe potuto esimersi dal seguire il suo Comandante, eppure al tempo stesso l'invito sembrava quasi presupporre una possibilità per ritrarsi e tornare a fare i propri comodi. Che si celasse in quella richiesta una sorta di prova?
Chissà, la mente del Falco, come gli eterni manti di ghiaccio, sembrava imperscrutabile.

L’uomo con gli occhi di ghiaccio aveva anche un animo glaciale.

Harium l’aveva visto battersi per la giustizia e avventurarsi in molte missioni, eppure si era sempre chiesto cosa spingesse l’elfo a perseguire l’onestà. Sembrava che lo facesse più per il dovere che per reale volontà di rettitudine. Quell’atteggiamento marziale e sempre composto era imperscrutabile, così come i pensieri che albergavano nella mente del Falco.

Ma chi era lui per giudicare il Comandante? Lui era solo uno spirito dimenticato che perseguiva il Bene in cerca di redenzione, solo per l’egoistico scopo di lavarsi dal Male compiuto.
Probabilmente le motivazioni di Grifis erano molto più nobili del sue, forse il Comandante Bianco aveva qualcosa per cui combattere.

Harium invece che cosa aveva?
Solo molti miliardi di anni di vuoto, di vita non vissuta.

Puoi contare su di me, andiamo.

Rispose così alla richiesta di Grifis.
Si sarebbe innalzato nel cielo non appena il Falco avesse fatto lo stesso. Avrebbero volato in formazione, planando sopra i tetti di Laputa. Solo loro due, un Falco e un Drago, le bianche speranze di molti oppressi.

Forse le nuvole avrebbero inghiottito i suoi dubbi, avrebbero donato alla mente stanca del Drago un po’ di meritato oblio.

S'alzarono in volo.
Ecco il Drago, ed ecco il Falco. Ali dispiegate nel vento per volar sul mondo. Il vento fischiava fra i capelli biondo cenere del Comandante, che solerte e preciso indicava al compagno d'arme qualche fosse la direzione. Un breve tratto, seguito da qualche svolta: toccò case, stradine, viottoli; passò sotto i ponti, al di sopra delle persone, per mezzo delle baracche. Visitò la città come un angelo bianco, e qualche bimbo si soffermò con lo stupore in viso a indicare. "Il Falco, il Falco" dicevano: tutti lo conoscevano, sapendo ormai cosa egli avesse fatto per il benessere di quella città.

Avrebbe svirgolato così sui comignoli di Laputa, almeno per quanto ritenne necessario. Un'ispezione, forse? O solo una gradevole passeggiata? Chissà, cosa poteva mai passare per la mente del Falco... proprio lui, che tra un battito d'ali e l'altro, disse:

Non trovi che sia stupenda?
La città, dico. Io la trovo magnifica. Così... libera. Non c'è presidio che la tenga, non c'è cielo che la fermi. E' come il vento: va dove le pare e chi può dirle altrimenti? E' così dovrebbe essere la giustizia, cioè capace di fare ciò che le compete senza abbassarsi, senza piegarsi o peggio... senza trasformarsi.

Un'altro battito d'ali, e il Comandante fu su una palazzina. Harium avrebbe dovuto riconoscerla subito, in fondo era il luogo ove Anthea aveva perso tragicamente la vita. Una perdita che Grifis non aveva certo dimenticato. E sperava neppure il Drago.

A volte penso che il mio sogno attragga a sé altri sogni. Tanti, tanti piccoli sogni. C'è chi vuole la gloria, chi semplicemente ama seguirmi... E poi c'era Anthea, la cui unica colpa è stata aiutarmi a smascherare un'assassino che, invece, è ancora a piede libero. Che sia stato il mio sogno a travolgerla? Dimmi Harium, pensi che il mio sogno, come un tornado, possa spazzare via quelli degli altri... e con essi, anche le loro vite?

Aggiunse. Le sue domande prefiguravano già una risposta, ma ciò nonostante avrebbe chiesto comunque al Drago il suo parere: avrebbe fatto così, d'ora in avanti. A che pro avere al fianco un essere millenario, se non si accede alla sua infinita sapienza? Eppure, un Comandante deve prima o poi affidare a qualcuno anche le sue debolezze, affinché questi le custodisca e le nasconda agli altri. Momenti, quindi, che Grifis sembrava voler condividere solo con il dirimpettaio...

L’aria gentile fendeva le sue ali incorporee, la brezza rarefatta accarezzava il suo muso.

I due aviatori volarono affiancati, attraversando quartieri e sorvolando le strade. Il Comandante ammise il suo amore per Laputa, l’isola libera.
Il Drago rispose al Falco.

Laputa è una meraviglia, ma non t’inganni la libertà esteriore: le catene più opprimenti sono quelle intestine.

Harium fece un velato riferimento ai viticci che avvinghiavano il castello del cielo: il sodalizio dei mercanti in rivolta, il malcontento popolare e molti altri problemi.

Paradossalmente, Laputa era libera da tutto fuorché da se stessa.

Volarono ancora, perdendosi nel blu del cielo.
Harium stava per concedersi un attimo di distensione interiore, quando giunsero in prossimità di un palazzo.
Ma non era una palazzina qualunque: era quel condominio.

Il battito del cuore accelerò, sentì la tensione avvampare e tramutarsi in odio.
Perché lo aveva portato lì? Se il coltello continua a rigirarsi nella ferita, essa non potrà mai guarire. Si riaprirà ogni volta, sempre più dolorosa.

Sempre più sanguinolenta.

Grifis parlò del suo sogno, chiese consiglio al Drago.
L'Astro trattenne l’ira, la ricacciò nel luogo da cui proveniva. Rimase un agrodolce sapore di rancore, ma riuscì a rispondere serenamente al Falco.

Non è stato il tuo sogno a travolgerla. È stato un incubo, un orribile incubo di cui non ricordiamo nulla. Eppure lei è scomparsa, svanita come un miraggio nel deserto.

Spesso il risveglio elimina le tracce dei sogni, come un’onda di marea che cancella le orme sulla sabbia.

Anthea...

Non sono più in grado d'odiare.
Invidio te che puoi: ho dato il cuore per ottenere qualcosa, per raggiungere il mio sogno. Non posso compatire la scomparsa di Anthea, e non posso odiare chi l'ha uccisa. E' questa la risolutezza che ho scelto per me stesso, per tutti.

Disse, voltandosi per fissare il Drago dritto nei suoi occhi da rettile; per un'istante, il Falco sembrava qualcos'altro, forse più grande o solo semplicemente più autorevole. Ogni dubbio o incertezza spariva di fronte a quella sua sagoma, che baciata ora dal Sole, splendeva radiosa.

Le catene che stringono questa città, giuro che le spezzerò.
La libertà che appesantisce i cuori di chi è schiavo, io la renderà leggera. La speranza, che non debba mai morire, sarà ravvivata. Io avrò il mio castello, Harium. E questo castello è Laputa. Una Laputa lontana dagli omicidi, lontana dal male, lontana da chi la tiene segregata: una Laputa libera, da amare come io la amo.

Tacque poi, mentre l'eco delle sue parole si accompagnava in tono armonioso. Sorrise poi al Drago, e tornando solo dopo serio aggiunse...

Ti ho chiesto da amico un consiglio.
Ma ora da tuo Comandante io ti chiedo: sarai al mio fianco?
Sarai il mio scudo? Porterai per me il vessillo della giustizia? Potrò bearmi della tua compagnia, quando la mia spada finalmente sentenzierà il verdetto a coloro che, stolti e maligni, si ammassano nell'oscurità e tramano contro di noi, poiché è troppo radiosa la nostra luce che loro mal la sopportano? E quando la tua vita verrà messa a repentaglio, o ti sarà richiesto... sì dimmi, Harium, sacrificherai la tua vita perché il sogno comune di una giustizia perenne si avveri finalmente?

Avrebbe estratto la spada, supponendo che l'altro intuisse il suo gesto: era antica usanza, per i Re, benedire la nomina di un Cavaliere sfiorandone le spalle con la punta della propria lama. E così lui, qualora il Drago avesse risposto positivamente, avrebbe baciato con il freddo del metallo le sue scaglie verdi e immortali...

Ciò che è Incubo,
noi lo trasformeremo... in un sogno.

Il Comandante rivelò la sua forza (o la sua debolezza?): era incapace di provare sentimenti, la sua risolutezza era il risultato di un misterioso accordo.

Nel suo cuore non poteva attecchire nessuna emozione, così come niente può fiorire sulla superficie di un ghiacciaio. Una desolazione passionale, l’aridità del cuore.

Forse era proprio questa mancanza di vincoli che elevava la sua figura, rendendola maestosa e rispettabile.
Grifis esercitava un perenne fascino, le sue parole cadenzate sembravano sgorgare da una sorgente di Verità.

Invece Harium era una creatura fiaccata, maestosa nel corpo ma insignificante nello spirito.
Erano lontani i giorni della perfezione.

Il Drago rispose con tono velato, il suo pensiero era lontanamente sconsolato e smarrito, forse in qualche altro mondo.

Tu sai che sono disposto a combattere per la giustizia. Odio le prepotenze e sarò fedele all’ordine degli Aviatori. Tuttavia non posso votarmi completamente a questo: non sono disposto a morire per la giustizia di Laputa.
Ci sono alcune cose che devo fare, perciò è mio dovere rimanere in vita.

Fu come se il Drago avesse tirato fuori dal giuramento una parte di sé.
Chinò il capo mentre il Falco gli posava la spada sulle spalle, rimanendo in silenzio.

Sperò che Grifis potesse capire le sue ragioni, pur non conoscendole.

Eppure Anthea aveva perso la vita votandosi alla giustizia, proprio in quella palazzina…

Il Falco sorrise, e chi non avesse imparato a conoscerlo, sapendo della sua incapacità di provare emozioni, avrebbe pensato che il suo fosse un gesto di cortesia. Invece no. Anche se privato delle fondamenta di un vero sentimento, quel sorriso sbocciato sulle sue labbra valeva più di mille parole ed era più genuino che di tante manifestazioni espressive umane.
Perché capiva cosa animava il cuore del Drago, perché quelle stesse tempeste funeste s'animavano dentro di lui...
Così, finita l'investitura, rinfonderò la spada e gli tese la mano, come un buono e vecchio compagno di mille battaglie.

Mi è già sufficiente saperti al mio fianco, per cosa e come morire... Sarà il tuo sogno a deciderlo, così come il tuo destino.

Gli disse e, invitandolo a rialzarsi, gli avrebbe indicato l'Albero-Casa. Era venuto il momento di lasciarsi il passato alle spalle; un nuovo Sole brillava all'orizzonte, come una luce calda che abbracciava la città ricacciandone il male. E chissà, su per quelle bianche e soffici nuvole, Anthea sorrideva anche per loro.