[CSV] Origines

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    I passi svelti e discreti dei Monaci erano l'unica musica che Palanthas la grande potesse concedere ai viandanti bisognosi di conoscenza. Chi mai può ambire alla Sapienza se vive nel caos e si bagna di urla? L'apprendimento è si matura nel silenzio, dove tutte le forze penetrano nel libro e nella dottrina, e si diventa Saggi. Così, benché gli stranieri fossero molti, e per il Caso o per il Destino passavano fra le belle mura della Biblioteca, questi non avevano suoni d'intralcio, il loro spirito già di per sé avvinto dall'aura di zelo della costruzione. Solo le Corone avevano il diritto di usare parole che tutti potessero udire, e di conversare, poiché d loro scorreva Verità e Scienza, ed ogni loro discorso era degno d'essere appreso. Eppure le leggi erano meno ferree di quanto di credesse, perché tutti fra loro parlottavano, ma fino a quando nessuno ne veniva infastidito, per il tono o per l'argomento, i saggi lasciavano correre: tale era, infatti, uno dei poteri che Palanthas conferiva loro, di udire e vedere tutti gli avventori come se fossero lì accanto.

    Ora, in quel giorno così simile agli altri, il sole indorava la grande vetrata che s'affacciava sul giardino retrostante, collocata in cima alla rampa che, biforcandosi, conduceva al primo piano da destra e da sinistra. Così, tutti i libri e li scaffali sembravano preziosi come oro, e invero lo erano, sicché ciò che covavano nel profondo, il sole lo aveva portato in superficie. E in quel meriggio se ne stava anche lo Zero, Eru Elen Amarth che è detto Celebliant, l'Arcobaleno d'Argento delle terre ad Est: lentamente, era sceso dal piano superiore, dove aveva il proprio studio, e solcava con passi solenni il piano terra, in cerca di qualche volume che ivi si trovava; dagli scaffali bordati di Verde, colse un libro circa una pianta che tanto amava, e che in verità gli era cara, e qualcuno disse che gli fosse anche sacra: il bianco loto che, steso sulle sue grandi foglie, affonda le radici del profondo e galleggia sulle acque.

    Preso il libro, stava tornando nella propria stanza, quando decise di fermarsi a contemplare, per breve tempo, lo spettacolo del giardino visto attraverso la vetrata della rampa, la quale dominava, dalla sua altezza fra il piano terra e il primo piano, tutto il grande atrio della Biblioteca. Così, le spalle rivolte al distante ingresso, stava la figura del Celebliant, un'alta statua che si ergeva oltre lo scorrere del tempo, ammantata d'Argento nella tunica e nei capelli e negli occhi, e su quell'argento danzavano tutti i colori, alternandosi fra loro, maree di un oceano senza fine.

     
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  2. Ja¢k
     
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    Per un secondo lungo quanto il giorno del giudizio, il Camaleonte fu sul punto di porre le mani a coppa dinanzi alla bocca, e far tremare l'intera dannatissima biblioteca del Palanthas sotto un immane urlo di aiuto. Non che la sua vita fosse in pericolo o roba del genere: semplicemente, il senzanome era incappato in un guaio più o meno serio, a seconda delle interpretazioni, e aveva assolutamente bisogno che qualcuno accorresse in suo soccorso. Ma è meglio non correre troppo, e spiegare come tutto era iniziato.

    Era passato poco tempo da quando il Camaleonte aveva compiuto quella pericolosissima missione per conto della bella Drusilia e dei milites, proteggendo quel tesoro dai briganti che avevano assalito la loro carovana nel Fanedell. Alla fine il Camaleonte ne era uscito vivo -più o meno- e dopo un paio di chiacchiere con qualche bonario avventore dell'Est, era venuto a sapere che la risposta a molte delle sue domande poteva trovarsi in un sol luogo nell'intero continente di Endlos, e quel posto non era neanche troppo lontano dal Fanedell. Palanthas si chiamava, la Grande Biblioteca.

    Giunto in volo sotto le spoglie di un drago -o di un enorme serpente volante, secondo un paio di passanti- il Camaleonte era atterrato esattamente dinanzi alla mastodontica, elegante struttura della Biblioteca. A vederla da lassù, nel cielo, appariva come un piccolo gioiello incastonato tra le verdi terre dell'Est. A osservarla meglio, dall'interno, era un intricato groviglio di strade labirintiche, nel quale il Camaleonte, vagando tra scaffali, leggii, montagne di libri, volumi, mappe, carte, non ci mise molto a perdersi. Cioè, non avrebbe mai potuto immaginare qualcosa più grande dell'Albero Casa. dovette ricredersi.

    Il suo aspetto di giovane essere umano, di media statura e costituzione magrolina, capelli scompigliati e occhiali a fondo di bottiglia davanti a piccoli occhietti neri, era perfetto per sembrare agli occhi altrui un comune topo di biblioteca. Un topo di biblioteca che doveva assolutamente trovare una risposta al quesito più logico, più elementare che passasse per la mente di ogni essere umano.
    Chi, o meglio cosa era?
    un mutaforma, questo era certo. Un mutante che un tempo era un essere umano -o forse no?, era passato tanto di quel tempo..- una creatura benedetta dagli angeli in punto di morte -e se fosse stato un sogno?- un vagabondo senza residenza che aveva confidato i suoi segreti a due sole persone: Richard e Drusilia. Andato, il primo, abbandonato molto tempo prima al suo destino. Ma la dama del vento no, lei mai, ecco.

    Si inerpicò sopra uno degli scaffali, arrampicandosi tra le rilegature smussate dal tempo come uno scalatore provetto. I polpastrelli delle mani aderivano perfettamente alla superficie liscia -e polverosa, sisi- della struttura, permettendogli di non crollare giù a terra, né di scivolare. Il punto è che aveva bisogno di dare un'occhiata tra i volumi soprastanti, cercando con gli occhi la lettera M di mutaforma -nonostante ignorasse se l'ordine dei libri fosse alfabetico o per argomenti o per data di pubblicazione o per chissà cosa- e scostando con le mani un libro dopo l'altro, scavando in quella montagna di carta alla ricerca di quell'unica risposta.
    Ma aveva bisogno d'aiuto.
    Oh, se aveva bisogno d'aiuto.




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    ~ Basso 5% ~ Medio 10% ~ Alto 20% ~ Immenso 40% ~

    Energia residua: 100%
    Status Fisico: Illeso
    Status Psicologico: Ottimale

    Passive in uso

    NoOne_Dominio del mutaforma.
    Scopulae_Possibilità di adesione e spostamento su pareti lisce o soffitti & Salti potenziati
    Sensualism_Visione notturna & potenziamento olfattivo.

    Note: Niente, il pg sfrutta la sua passiva per arrampicarsi su uno scaffale, per raggiungere i piani alti cercando....beh, ciò che cerca :geez:

     
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    Fu come colpito al cuore da una freccia: qualcuno, egli Vide, s'arrampicava sopra gli scaffali, cercando libri. Forse Palanthas era un circo, dove i più abili sfoggiano le loro abilità d'acrobati? No, certamente. E dov'erano i Monaci, tenuti ad aiutare i viaggiatori? Ancora una volta, il Destino dovette immischiarsi in faccende che non gli competevano, giacché quel piccolo ometto frugava negli scaffali bordati di giallo, la bella Musica. Ma egli era una delle Corone, e al piacere, o la necessità, s'imponeva il Dovere di prestare soccorso, quando si fosse gli unici a poterlo concedere. Così, posò il volume sul Loto sopra il suo Fido Amarthrind, il Cerchio del Destino che sempre lo seguiva, e mentre questi , galleggiando andava a posarlo presso la sua scrivania nel suo studio, il Guardiano scese la rampa e voltò a destra, dove lo sventurato stava.

    -Questi scaffali non sono stati costruiti, per permettere ad altri di scalarli.-
    La voce atona e vuota si liberò, e fu come lo scoccare della Sorte
    -Ed è bene domandare aiuto, se si è in difficoltà.-

    Immobile, sentenzioso e altero stava la figura dello Zero, vestito di una tunica d'Argento come il colore di occhi e capelli, e decorato con lo scorrere di tutti i colori del mondo, in un ballo senza fine.

    -Che cosa cerchi che tanto ti fa penare? Ho Visto la tua ansia.-



    Abilità Passive

    Synchro
    Destinato a non godere di una particolare sfumatura di carattere, il Destino ha fatto sì che Amarth potesse provarle tutte, senza però poterne conservare alcuna: questa è l'origine di ciò che spesso egli chiama "Synchro"...
    Sia Amarth un'eterna voragine, entro al quale ogni emozione cadrà inesorabile. In un'area di 5 metri di raggio, ogni singola sensazione presente, sia questa di gaudio o ira, verrà percepita ed attirata dal Guardiano; una volte penetrate in lui, l'iridescenza che sempre lo contraddistingue cesserà, ed Eru Elen Amarth si tingerà del colore che ogni emozione rappresenta. Eppure, ben poco queste dimoreranno presso l'Eterno perché, pur percependole, e tingendosi fin quando queste non saranno cessate, egli non potrà trattenerle: al contrario, infatti, Synchro farà sì che ogni percezione venga elargita all'ambiente, inducendo chiunque si trovi nell'area di influenza a provare ciò che il Guardiano ha captato.

    Note

    1. Quest'abilità prescinde dal volere di Amarth, pertanto non sarà il Guardiano a percepire le sensazioni, bensì la stessa Synchro. Ciò significa che, essendo sempre attiva, se nel raggio di influenza non vi è alcuna creatura capace di provare emozioni, Synchro userà lo spirito dello Zero come fonte di energia, se così si può dire. Non Potendo egli provare alcunché, le sue vesti, i suoi capelli, i suoi occhi, sopracciglia ed arma risulteranno sempre ammantate di un'iridescenza, che si muoverà ondeggiando armonica per tutto il suo corpo.
    2. E' implicito dire che Amarth può fungere da rivelatore di presenze: se questi cambia colore, significa che c'è qualcuno nel raggio d'influenza di Synchro
    3. La potenza di canalizzazione di Synchro è tale da consentire al Guardiano di poter provare l'emozione intercettata
    4. Come ogni altra passiva, se una o più creature sono protette da abilità o tecniche, Synchro non riuscirà ad intercettarne le emozioni.
    5. Maggiore è il numero di emozioni assorbite in contemporanea, maggiore sarà il dolore mentale e lo stress provato dal Guardiano; nel caso poi, di un assorbimento eccessivo, ovvero di più di 10 emozioni questi, dopo vistosi effetti scenici quali tremolio e colori molto accesi sul corpo, sarà preda di atroci sofferenze, finanche svenendo.

    Cambiamento Cromatico
    TranquillitàPace, SerenitàDubbio, Sospetto, IncertezzaInvidiaGelosiaAmore, AffettoRabbiaFuria ciecaOdioPauraSofferenza, DoloreTristezzaPreoccupazione, Ansia
    AzzurroBiancoGialloVerdeArancioneRosaRossoNeroIndacoGrigioMarroneBlu scuroGiallo ocra

    Alcar Valaron, Gloria delle Potenze

    "...Ora avvenne che le Potenze di Arda, che pure erano consce della sorte del loro Maia Faerglir, volessero inviargli un dono, per sostenerlo nei momenti in cui ogni persino la luce della ragione e della verità non fosse risultata abbastanza brillante da trafiggere le tenebre del dubbio e del falso. Molto, infatti, l'Uno teneva a cuore lo spirito del garante e quando questi si dipartì da Ennor grande sofferenza gli pervenne, esulando, quell'evento, dall'antichissima musica degli Ainur; per volere di Eru Ilùvatar nuova forza crebbe nello Zero, ché il Destino lo permise, e ciò che nel cuore del Mondo si ammantava di menzogna avrebbe emesso un suono strisciante, che solo l'orecchio dell'Eterno avrebbe colto..."
    Ciò che le Potenze donarono ad Eru Elen Amarth, non è altro che la capacità di discernere il vero dal falso; infatti, in un area di 10 metri di raggio -di cui Amarth è il centro- ogni menzogna pronunciata da qualunque creatura produrrà, alle orecchie del Guardiano un sibilo, lo stesso emesso dai serpenti. Come ogni altra passiva, sulle creature protette da particolari abilità o tecniche, Alcar Valaron non sortisce alcun risultato.



    La Via del Destino

    "...Perché Erelamarth Celebliant è il Destino e marcia diritto, inflessibile, cieco e sordo ai richiami del Mondo..."
    L'Essenza numero Zero non è Fatta per chinarsi a false lusinghe o corrotti inviti: no, essa immune passa attraverso le voci del mondo, attraverso sussurri e tentazioni; ancor più dove vi sia l'imposizione; dove via sia intento di sedurre e traviare, egli non potrà essere sfiorato, il suo animo -partecipando al Destino del Tutto-, neutrale e troppo antico e forte affinché il suo equilibrio possa venire infranto.
    Amarth risulta immune alle malie o alle Aure, ovvero quelle passive o tecniche (di consumo Basso o Medio) che hanno effetto di instillare particolari sentimenti nelle persone, oppure indurli a credere alle parole che i possessori di tali poteri possano utilizzare o dire.

     
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  4. Ja¢k
     
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    C'era un uomo che parlava, sotto lo scaffale. Si rivolgeva a lui, il Camaleonte ne era abbastanza certo -in fondo erano i soli in quel corridoio polveroso- con un tono a metà tra l'affabile e l'accusatorio. Il senzanome si voltò di scatto, colto alla sprovvista. Vorticò su se stesso abbandonando la presa sullo scaffale, lo sguardo fisso su quella figura ipnotizzante: vesti grigie, capelli platinati, viso pallido. Un..
    « ..bi-bibliotecario? »
    Riuscì a borbottare, prima di rendersi conto che, per aver mollato la presa sullo scaffale e per la torsione impressa nel busto, il suo equilibrio già precario si perse in una inevitabile, goffa caduta verso terra.
    Il Camaleonte sgranò gli occhi, tese le mani verso il vuoto in cerca di qualche appiglio. Inutile, il mutaforma crollò di schiena contro il pavimento in un tonfo sordo. Un paio di libri lo accompagnarono, cascando sul suo corpo riverso a terra.
    « No-non mi sono fatto niente, eh. »
    Sbottò, tornando lentamente in piedi, la mente annebbiata dalla caduta. Raccolse da terra i libri caduti, nel tentativo di riacquistare un qualche briciolo di dignità agli occhi del suo interlocutore.
    « Ehm...chiedo scusa, signor bibliotecario » riuscì a dire, esitando. « ..il mio nome è Richard, vengo da Laputa. »
    Mentì, come al suo solito. Si grattò la nuca con aria nervosa, vagando con lo sguardo tra le montagne di libri che li circondavano.
    Lì, da qualche parte, c'era la risposta giusta.
    L'unica cosa importante era non fare la domanda sbagliata.
    « E si, ecco, ne avrei proprio bisogno. Di aiuto, dico. Informazioni, ad essere precisi. Sugli esseri che popolano Endlos, ad essere ancora più precisi, ecco. »
    Terminò, sfoggiando un sorriso impacciato e tirandosi su gli occhiali con l'indice.



    Edited by Ja¢k - 24/3/2012, 14:50
     
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    La saggia Vuotezza dello Zero s'incrinò, nello stupore di una rovinosa caduta che, aborrita, portò con sé preziosi libri. Allora gli occhi s'aprirono lesti, sgranati e impalliditi, all'atto osceno che il giovane stava perpetrando. Non parlò, non raccolse i volumi, non li toccò: come nuovi, puliti dalla polvere e dalla caduta, tornarono sullo scaffale, ora anch'esso mondato. Una statua glaciale, un tiranno che stia pronto a scaricare tutto il potere sullo schiavo impertinente, appariva ora il Guardiano, tanto più che quando quello continuò a parlare, dicendo il proprio nome, questo venne alle orecchie dell'Eterno quale un sibilo serpentino, e comprese essere falso. Non solo aveva creato confusione, non solo aveva permesso ai libri di rovinare in terra, ma ora pure mentiva. E però egli leggeva il suo cuore, e gli parve la menzogna non essere cattiva, né quello essere una bestia mascherata da agnello.

    -Osi mentire alla corte della Sapienza? Temi che il tuo nome venga sfruttato a mali progetti? Sii, sincero, o non chiamarti affatto, perché qui non vi sono spazi per le menzogne.-
    Proclamò, imperioso ma ancora calmo, come aspettasse più offese per irarsi
    -Ad ogni modo, io sono Eru Elen Amarth detto il Celebliant, e non un bibliotecario qualsiasi, bensì il capo della Gilda dei Saggi di Palanthas, i Custodi delle Sette Vie, le Corone della Conoscenza.-

    Nel silenzio della sua voce, che s'era spenta d'improvviso come un bagliore che duri un istante, lo Zero attese che quel ragazzo si rivelasse per davvero, o scusasse i suoi modo indelicati e falsi. Quando le colpe fossero state rimesse, allora l'Ultima Corona avrebbe potuto svolgere il suo ruolo di guida. Aveva imparato che, pure uno compisse oscenità dentro la Grande Biblioteca, forse il cuore non era meschino, e spesse volte il caso operava astuto; sicché prima di condannare, il Guardiano aveva cominciato ad ascoltare le giustificazioni sincere, e a soppesare le colpe secondo la natura del colpevole, non solo secondo la natura di queste.

     
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  6. Ja¢k
     
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    Il signor bibliotecario Celebliant non era un tipo da prendere alla leggera. Tutti quei nomi altisonanti e quei titoli pomposi con cui si fregiava. Si dava molte arie, il saggio-custode. E probabilmente ne aveva motivo.
    Il Camaleonte restò doppiamente impressionato: Eru aveva svelato così facilmente la solita menzogna che propinava agli esseri che incontrava durante i suoi viaggi, esseri di cui non poteva fidarsi mai, mai e poi mai. Ed Eru non l'aveva presa proprio bene, ecco. Il senzanome ne sapeva poco e nulla di saggi, di custodi e di sapere, ma non aveva intenzione d'offendere l'uomo grigio e austero che gli stava di fronte.
    « No, ecco, niente di tutto questo, signor Custode. »
    Farfugliò, abbassando lo sguardo.
    Non ne aveva alcun motivo, eppure si sentì in colpa.
    « Richard è il nome con cui mi chiamano un paio di persone, dunque volevo prenderlo un po' in prestito, ecco. Non intendevo offendervi, nono. »
    Il suo sguardo vagò sulle cataste di libri che li circondavano. Non riuscirono ad affrontare le schegge di duro e freddo metallo che aveva Celebliant. Quell'uomo, per quanto arrogante e antipatico, poteva trovare la risposta che il Camaleonte cercava da così tanto tempo. Forse. O cacciarlo a calci nel fondo schiena fuori dall'elegante biblioteca del Palanthas, assieme alla gilda dei saggi, ai custodi delle sette vie, alle corone della conoscenza e compagnia bella. Probabilmente.

    Represse a stento una smorfia immaginando tutto quel dolore. Forse era giunto il momento di dire la verità, benché non nutrisse la minima fiducia nella stirpe cui apparteneva il custode. Ma lui sembrava sapere il fatto suo, per lo meno.
    « Sono venuto in questo posto proprio per trovarlo, signor custode. "Vai nella Grande Biblioteca, Palanthas", mi hanno detto, "Non c'è domanda che non abbia una risposta, e non c'è risposta che non si trovi scritta su un libro", sisi. No, quest'ultima parte l'ho solo pensata io, credo. »
    Un attimo di stasi.
    Lo sguardo perplesso e distratto del Camaleonte era fisso sulla veste grigia dell'uomo grigio che gli stava di fronte. Si sentiva a disagio. Molto a disagio.
    « E alla fine eccomi qui. Per il nome, e tutto il resto. »
    Tutto il resto.
    Eru Elen Amarth avrebbe avuto un gran da fare, per far luce su tutto il resto.

     
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    Ecco che la scelta si dimostrò vera, e nel non dire, quello disse il giusto. Timido e garbato, ebbe colpa di poca eleganza, e di avere addosso una sfortuna. E lo Zero comprese, scacciò il pensiero di punire e di dire, e fu come una nebbia che si diradi mostrando un verde paesaggio dietro di essa; così l'Essenza svelò la sua freddezza Vuota, che non correva nessun sentiero che non fosse diritto e solitario, perché il Destino viaggia solo e guarda tutti, non li tocca mai.

    -Capisco.-
    Sentenziò, apatico ma placido.
    -Allora sarai Richard, finché il tuo nome non verrà trovato in queste mura. Hai detto bene, e ha pensato il Giusto: nulla esiste che qui non possa avere risposta, per i libri e per il potere dei Saggi.-

    L'Eterno si guardò intorno, volgendo lo sguardo alla vetrata in alto, sulla destra in cima alla scalinata, poi a sinistra verso l'ingresso: nessuno andava o veniva, ognuno così indaffarato nello studio non badava alla Corona, né al ragazzo: soli nella moltitudine. Guardò il ragazzo, e e aveva gli occhi della Sorte, che parevano leggere la carne e scrutare il tempo, scavando fino al profondo: occhi che sembrava leggessero l'animo senza bisogno di parole; ma pure le parole servivano, perché il Destino non opera senza che lo si richieda.

    -Eppure da qualche parte bisogna cominciare.-
    Parlò, dopo un silenzio che parve durato un secolo
    -Cosa sai di te stesso che si possa usare per trovare tutto il resto, come tu dici?-

     
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  8. Ja¢k
     
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    Il Camaleonte si guardò attorno con circospezione, quasi temesse che una frotta di occhi e di orecchie indiscrete si nascondessero negli anfratti della Grande Biblioteca, con il preciso intento di osservare e ascoltare i segreti della sua vita. Non che non fosse restio all'idea di narrare ad Eru Elen Amarth, sino a qualche minuto prima perfetto sconosciuto, sino a qualche istante prima severo inquisitore, quei segreti che solo Richard e Drusilia, tra mille migliaia di persone conosciute, potevano esser degni d'aver udito. Il problema principale era più di uno: si trattava di una lunga storia, che i più avrebbero potuto trovare noiosa. Si trattava di una triste storia, di quella che non ha alcun finale e che se lo ha non è piacevole, una specie di fiaba nera senza lieto fine. E si trattava di una storia senza inizio, perché le radici della sua storia affondavano in una lontana infanzia oramai dimenticata.
    Ma da qualche parte doveva pur cominciare, no?

    Decise di parlare, di scaricare quel peso immane dalle sue spalle, alla ricerca di un qualche senso, di qualcosa che lo potesse aiutare, effettivamente, a comprendere chi o cosa fosse. Chi o cosa lo avesse reso quel che era. Chi o cosa cercava così assiduamente, così disperatamente nelle terre di Endlos.
    Parlò, e quando iniziò a parlare ogni parte del suo corpo brillò, emanò una folgore lucente di un verde smeraldo, per un secondo, uno solo. E sotto gli occhi di Eru Elen Amarth non vi era più il ragazzo occhialuto di poco prima, bensì un piccolo, gracile bambino vestito di stracci. O meglio: il cadavere di un bambino. La prima cosa che il Camaleonte ricordasse d'aver visto, la prima in cui si era trasformato. Pelle priva di colore, emaciata, piccolo cranio disseccato, ossa estremamente in rilievo. Si trovava nel Daleli, all'epoca.

    « Questo è il primo corpo di cui ho assunto le fattezze. Prima di allora, non ricordo quale che fosse il mio aspetto. Dovevo essere un umano, un umano considerato deforme, credo, altrimenti non mi spiego perché mi chiamassero mostro e lanciassero tutte quelle pietre, ecco.
    Vivevo isolato senza che nessuno sapesse di me. Il ricordo più lontano che ho di quel periodo, circa settantacinqu'anni fa, è un cumulo di spazzatura dentro quella fossa, la mia fossa. Lì mangiavo gli avanzi di cibo in compagnia di larve e topi. Senza sapere chi ero e senza che nessuno me lo dicesse. Un problema non ancora risolto, temo.
    »

    Riprese fiato. Per la prima volta senza alcuna esitazione al cospetto dell'uomo grigio, come se non avesse fatto altro, nella sua vita, che raccontare quel passato maledetto. Se si stupì di se stesso, e della scioltezza della propria lingua, non lo diede a vedere. Raccontò il tutto con fare distaccato e neutro, come si trattasse di un simpatico aneddoto di vita.

    « Non so se alla fine sono morto, dentro quella buca. Non so se è stato un sogno o un delirio o se è accaduto davvero, ecco.. » La squillante voce infantile si interruppe un secondo, alla ricerca delle parole giuste. in fondo, si trovava nel Palanthas proprio per dare una risposta a quelle domande. Era logico apparire confusi, no? « C'è stata una enorme, accecante luce. Qualcosa era sceso nella mia fossa, qualcosa che mi ha dato i poteri che ho adesso, ma non so cosa, e ha parlato con la voce più bella che abbia mai sentito. » A quelle parole seguì un altro intenso, brillante sfavillare verdastro, e l'aspetto del Camaleonte tornò quello di un giovane ragazza occhialuto dentro un pastrano beige. « Ma chi ero, prima di allora? Come mi chiamavo? Cosa mi è accaduto, e perché a me, Eru? »
    Chiese, di getto.

    Era sul suo passato e sul suo presente che doveva far luce ad ogni costo.
    Il suo futuro...beh, aveva un paio di domandine anche su quello, ma forse aveva già parlato un po' troppo, e preferì non andare troppo di corsa. Che a pensarci bene, il cosiddetto custode della conoscenza poteva benissimo urlare di paura e darsela a gambe, lasciando il Camaleonte da solo con le sue domande. Come al solito, insomma.

    Tech utilizzata un paio di volte:
    ¤ NoOne del Mutante ~ Per animali come il camaleonte si parla di mimetismo criptico per indicare l’assunzione di forme, colori e comportamenti tali da rendere l’individuo simile all’ambiente circostante o a parti di esso, di mimetismo fanerico per indicare l’imitazione di un’altra specie. Tuttavia queste rimangono forma di cammuffamento, una patetica variazione delle cellule della pelle con l'ambiente circostante, con il solo scopo di nascondersi. Riguardo Nameless non si può parlare solo di Camaleontismo, bensì di completo Trasformismo.
    Allorchè egli lo desideri, e pensi intensamente ad un essere umano o ad un piccolo animale di cui possa rammentarne generalmente i lineamenti e le fattezze, è in grado in pochi secondi di mutare il proprio corpo sino a renderlo talmente simile al soggetto in questione da non farne rilevare mai alcuna differenza ad occhio umano tra i due. Qualora ne abbia reminiscenza, possono mutare non solo il corpo, ma anche il timbro vocale ed eventuali vestiti, dopo uno sfavillante brillio verdastro. Può presentarsi come un vecchio rugoso prossimo alla morte o come un guerriero possente e gagliardo, come un'affascinante e seducente fanciulla o come un innocente e tenero bambino o librarsi in aria con le ali di un angelo. In tutti i casi può anche miscelare le mutazioni a suo piacimento, mutando anche in qualcosa di completamente nuovo e originale, che pur possa presentarsi deforme. In tal modo una forma può presentare caratteristiche proprie di un'altra.
    Resta da specificare tuttavia che qualsiasi genere di ferita temporanea o permanente riportata in una determinata forma, sarà presente nella medesima intensità pure in un'altra. Difatti può mutare l'aspetto, ma la facoltà intellettiva, e di conseguenza la metodologia di combattimento, resta sempre unica e sola. Il mutamento di forma non può dilungarsi oltre i dieci secondi, ed è in grado di perdurare tutto il tempo necessario, secondo il libero arbitrio di Nameless. Ogni qual volta Nameless decida di mutare forma, ciò si realizzerà con un consumo energetico pari a Basso. La trasformazione rimarrà costante per il resto della giocata.
    [Abilità Passiva: Se lo desidera, il personaggio è in grado di iniziare ogni scena con un aspetto fisico completamente differente da quello precedente] & [Abilità Attiva a consumo Basso: il personaggio è in grado di mutare forma secondo secondo il proprio volere.]


    Edited by Ja¢k - 26/3/2012, 00:48
     
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    Senza parlare, ascoltò la triste vicenda di quella creatura, distaccato, come fosse una vuota notizia; ora, si badi, il Celebliant non ha Potere di generare emozioni, sicché egli non compatisce, né odia. Però, quando la colpa arriva al cuore del Destino, egli invero si dice sdegnato, ma cosa in realtà abbia nel cuore, non è dato saperlo. Orbene, giunse infine la richiesta di quello, accorata ed improvvisa: cosa poteva fare lo Zero? Doveva sì rivolgersi al Dono? Aveva visto la sua trasformazione, in un brillare verde, e guardava con gli stessi occhi Vuoti sia il bambino morto coperto di stracci, sia il ritorno all'ometto con gli occhiali. Un dono od una maledizione, che gli venne dato? Cambiare aspetto, senza sapere il proprio, essere sempre diversi finché passi il Mondo; forse qualcosa si poteva fare, qualcosa che avrebbe esatto un difficile rito, ma che ancora non era tempo s'avverasse.

    -E' una situazione certamente insolita, quella nella quale vivi ogni giorno. E tuttavia vi è la speranza di poter sanare la ferita che ti porti dentro.-
    Disse, versato nei suoi pensieri, non più superbo, ma sempre Vuoto
    -Dammi prova del tuo desiderio, dammi prova della tua voglia di Conoscenza, dimmi perché brami sapere; allora parlerò. Il mio potere è solo per chi lo merita, chiedere, purtroppo, non basta. Ma ho fiducia tu possa riceverlo.-

    Quello che all'Origine dei tempi si considerava un miracolo, nella terra di Endlos, per i tanti fiori che vi erano coltivati, s'era fatto una sciocca prassi; ma, per quanto gli fosse facile, in quel mondo, concedere la Conoscenza, pure questa aveva dei vincoli, e non poteva essere liberata senza una prova.

     
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  10. Ja¢k
     
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    Il Camaleonte ebbe un sorriso triste.
    Sanare quella ferita. Certo, facile parlare per il signor custode. Forse il Celebliant poteva rendergli una madre e un padre, una casa e un amico, una vita normale, in fondo, non chiedeva neanche troppo il Camaleonte. Gli sarebbe bastato vivere, vivere, solamente vivere. Anche se avesse dovuto fare un male cane, un male da morire, era vivere che voleva. Vivere come si deve. Gli sarebbe bastato quello.
    Mai dimenticare chi sei, gli disse un vecchio sbronzo durante una notte da bagordi passata in una lercia taverna di Merovish. Mai dimenticare chi sei, perché il mondo non lo dimenticherà. Questo gli aveva detto.
    Ma come poteva il Camaleonte dimenticare qualcosa che non aveva mai avuto il privilegio di sapere?

    « Quella luce, Celebliant.. » disse d'un tratto, spezzando la stasi silente che si era venuta a frapporre tra loro « ..ha trasformato chiunque ero, qualunque cosa ero, in una nuova forza, così che le mie origini mai potranno essere la mia debolezza. »
    Senza accorgersene, il Camaleonte aprì le braccia, fece un gesto ampio, teatrale.
    « Ne ha fatto una cangiante armatura, che non potrà mai essere usata contro di me. »
    La sua benedizione e la sua maledizione.
    E questa volta,
    finalmente,
    il Camaleonte riuscì a incastrare i suoi occhietti neri in quelli metallici di
    Eru Elen Amarth detto il Celebliant, capo della Gilda dei Saggi di Palanthas, i Custodi delle Sette Vie, le Corone della Conoscenza.
    « Ma se puoi vedere, se puoi scrutare oltre questa corazza variopinta, allora dimmi, cosa vedi? »
    Il Camaleonte era stato mondano, chimico, musicista, pittore, acrobata, attore, vigliacco, scroccone, volubile, vanesio, borghese, milionario, infante, cactus, giraffa, corvo, lacché, eroe, dongiovanni, signore, paesano, cassiere, schiavo, fauna e flora. in quei settantacinque fantastici anni era stato e poteva continuare ad essere ogni cosa e ogni uomo e ogni animale.
    Ma in quel momento aveva bisogno di sapere cosa si nascondesse dietro quella cangiante armatura. Gli sarebbe bastato un nome. Il suo vero nome.
    E tutto il resto.

    « Io voglio saperlo, Eru. Voglio saperlo con tutto il cuore. »




    Edited by Ja¢k - 25/3/2012, 16:41
     
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    Il Desiderio aveva percorso la buona strada. E così, dal tormento di quella creatura, lo Zero avrebbe tratto Conoscenza, per restituirla: egli non ha motivo di sapere e mantenere; alla domanda, questi risponde e dimentica, Conoscendo senza sapere.

    -E sia.-

    Disse, e l'aria si fermò. D'un colpo, il tempo parve quietarsi, e nemmeno gli avventori di Palanthas sospiravano: un silenzio divino soffocava il palazzo, attesa di un grande momento. Lo Zero alzò il braccio destro, come a voler prendere parola, e guardava il ragazzo ma non lo vedeva, perché i suoi occhi erano sulla vita di lui, e nel cuore la scorreva e Sapeva. L'iridescenza che danzava sulle grigie vesti si bloccò, e come fosse un fumo, da queste uscì e si mescolò all'aria, generando una cortina di nebbia d'ogni colore che circondava i due. Allora le vesti brillarono d'una luce antica, e sul petto ormai tutto d'Argento apparve il Simbolo del suo Ordine, che non può essere descritto. Così, ora stava una figura grigia e lucente, e tutti i colori attorno a custodirla. Quando parlò, fu la voce del Destino, profonda e davvero Vuota:

    -La Natura non diede giusta forma a te che ora sei davanti agli occhi della Sorte, e che porti il nome di uno che fu primo, cacciato dalla beatitudine per l'inganno di una serpe. Col male e col disprezzo, tuo padre ripagava la tua vita, e dai villaggi che ora sono rovina, egli migrò col seme suo, e tornò solo. Venne allora una donna che il tempo aveva consunto, e si fece balia di ciò che non era voluto, che era nato diverso, che era chiamato orrendo. Quando l'ora chiamò lei, ecco che le parole sposano i fatti, e vi sono dolore e morte. In ultimo venne la Luna con le sue due facce, e diede bene e male, e ciò che non voleva essere visto, non lo sarebbe più stato.

    Sia questa la parola del Destino per bocca di Eru Elen Amarth.
    -

    Così come i colori erano usciti dalle vesti e dai vuoti occhi e dai lucenti capelli, così questi si persero nell'aria, sfumando e scomparendo; e di nuovo, sul Celebliant, nuove tinte brillarono, e ripresero a danzare. Egli aveva parlato e detto, ma non ricordava né sapeva. E intanto, quello che andava pensando, forse poteva essere fatto, se il Destino avesse lasciato il ricordo della Parola.


    Energie: 100% - 20% = 80%

    Tecnica usata:

    Quarto Dono - Karma

    "Grandi Doni il Destino concesse al proprio Avatar, così che il Mondo penetrasse in lui e fosse trasformato, trascendendo se stesso ed il Tempo: il Quarto, e Ultimo, è il Karma, la causa del Destino. Né gesti, né parole sono il dominio del Karma, ché solo col pensiero e la volontà si manifesta per mezzo dell'Essenza; l'eterno spirito conosce, ed il suo animo supera il tempo e il luogo, e le parole saranno verità."

    Entrando in comunione con il Destino di tutto l'universo, l'Essenza riesce a scorgere causa ed effetti degli avvenimenti di una creatura. Il Destino Ultimo riguarda l'esito definitivo di una situazione o un evento nell’arco dell’intera vita di una creatura; ovviamente, è inutile affermare che un mortale finirà col morire: anche omettendo i dettagli, non si tratterebbe che del naturale scorrere delle cose.
    La visione di Amarth concerne piuttosto i pilastri di ogni creatura, ovvero le inevitabili evoluzioni a cui il passato ha condotto: l’utilizzo di questo potere renderà in grado di prevedere se chi vi si sottopone -volontariamente- si romperà una gamba. Il come, il quando, il dove e il perché non sarà però dato di sapere.
    La morte certa in una situazione non è prevedibile quando se ne chiede responso diretto, poiché non è Destino Ultimo: in pratica, è possibile sapere l'evoluzione finale, a patto che le cose non vengano modificate di proposito, con le proprie forze.
    Per le creature è diverso, e la morte può essere predetta solo per circostanze; si potrà dire “morirai alla fine di una battaglia in cui incontrerai conigli verdi”, ma la predizione non specificherà quando accadrà, il perché o il dove, né se sarà l'unica battaglia in cui il consultante vedrà conigli verdi...
    Insomma, le profezie appariranno sempre oscure, criptiche e misteriose, perché persino per Amarth il Destino non può essere totalmente conosciuto.

    Spiegazione: Utilizzabile esclusivamente in scene gdr previo accordo con il personaggio (e, conseguentemente, con l'utente), ed in Quest previa autorizzazione del QM.
    Estensione: Funziona solo con una creatura per volta, e non deve trovarsi a più di 5 metri dal Guardiano.
    Potenza: La forza del Karma è tale che al Guardiano è possibile sapere la causa primordiale, e/o il Destino ultimo, di una creatura o di una situazione. Nel caso del Destino, questo non può essere mutato.
    Durata: Istantanea | Consumo: Alto

     
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  12. Ja¢k
     
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    Quella era la parola del destino per bocca di Eru Elen Amarth.
    Una parola sin troppo enigmatica, per una creatura come il Camaleonte. Frasi enigmatiche, sentenze oscure, rivelazioni incomprensibili. Ma questo preferì tenerselo per sé, e non ne fece parola al saggio custode della Grande Biblioteca. Non che non avesse un assoluto bisogno di chiarimenti, tutt'altro.
    È che il Celebliant era stato così gentile e premuroso a svelargli il suo passato.
    Non avrebbe mai voluto offenderlo.
    Nono.

    Aggrottò la fronte, si portò l'indice alla bocca, sguardo perso verso l'alto. Il suo modo di fare ammenda a tutte le sue facoltà intellettuali per scandagliare a fondo il discorso del saggio.
    ..La natura non diede giusta forma..che era nato diverso, che era chiamato orrendo

    « Fui deforme. »

    Sentenziò, secco. Qualcosa che già sapeva, già immaginava. L'anello debole della catena, da tutti disprezzato e da tutti allontanato. Lo disse senza alcun riguardo nei confronti del suo interlocutore. Era più rivolto a se stesso che al buon Amarth.
    ..che porti il nome di uno che fu primo, cacciato dalla beatitudine per l'inganno di una serpe..
    Un nome.
    Un nome che non poteva ricordare da solo. Il nome. Gli attraversò la mente l'immagine di una donna che lo cullava, sussurrandogli quel nome con l'amore di una carezza. Il vero nome. Gli uscì fuori dalle labbra in un soffio.

    « Fui Adam. »

    ..In ultimo venne la Luna con le sue due facce, e diede bene e male..
    Il Camaleonte strinse gli occhi.
    Si concentrò come mai in vita sua aveva fatto. La luna, la luna, non un angelo ma una donna, dunque, una donna con due facce, due facce come la luna, luminosa e oscura, splendida e tenebrosa, la luna che gli diede bene e male.
    Il Camaleonte si sforzò di comprendere.
    Si costrinse a ignorare il martellante pulsare alla testa.
    Serrò i pugni sino a far sbiancare le nocche, sino ad affondare le unghie nella sua stessa carne.
    « Fui salvato..da cosa, Eru? » Sibilò, in modo quasi rettiliano. Reticoli di ragnatele scarlatte si erano formate attorno alle sue iridi, ora puntate verso Amarth. Contro Amarth.

    « Spiegami. »


     
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    Tanto il desiderio di lui, e il bisogno di Conoscere, che il Dono fu come una radianza che subito squarci la tenebra, e ciò che avrebbe impiegato gironi e settimane, e forse mesi, venne manifesto in pochi istanti. Orbene, come lo Zero s'avvide, solo una parte venne effettivamente recepita nota, poiché l'ultima cosa che il destino disse, ancora quella creatura ebbe modo di capirle, e le domandava:

    -Non so di chi tu stia parlando, Adam.-
    Scandì il nome di lui, come volendolo battezzare alla vita una seconda volta
    -Il mio potere è di dare Conoscenza, non di tenerla; ho detto e fatto, ma in me non è rimasto nulla del senso o del ricordo delle mie parole.-

    Disse, e per un attimo fece calare il silenzio perché, a suo modo, egli non desiderava che quello, chiesto con tanto ardore il Dono, ne tornasse a mani vuote, o piene solo in una. Qualcosa egli Poteva, invero, ma era assai rischioso, perché non venne mai fatta in quelle terre, né al modo che lo Zero andava pensando. E però, poiché vedeva, e sentiva, Adam essere vittima di un Destino crudele, proprio il Celebliant, che destino era, decise che sarebbe potuto giungere il tempo di sollevarlo dall'ignoranza, e presto parlò:

    -Vedi-
    Incominciò
    -Per il potere che possiedo, e che il mio Antico Ordine possiede, un dono ti può essere elargito, se lo domandi e te ne dimostri degno. Non ambisco a cambiare ciò che sei perché, pure mi fosse possibile, temo servirebbero forze troppo grandi, che ora non intendo mostrare.-
    Disse indifferente, come fosse una questione da poco
    -Tuttavia questo posso fare, perché il Destino lo concede Un corpo: il tuo corpo. Uno che sia fisso, una casa cui tornare quando ti spoglierai del velo di mutamento. Può esserti restituito quello di un tempo, o te ne può essere dato uno differente.-

    lapidario, freddo. Non una parafrasi, non un'accomodante conforto. La Verità di un potere Dimenticato, la concessione della Sorte. Non avrebbe cancellato il dono, ma vi avrebbe aggiunto il punto dal quale partire.

     
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  14. Ja¢k
     
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    Il piccolo cuore del Camaleonte era spezzato, diviso in due, tra l'afflizione e la speranza. Da una parte, una profonda amarezza ribolliva nel suo animo, un dolore senza volto e senza nome, così come senza volto e senza nome sarebbe rimasta la creatura che lo aveva salvato nel profondo di quella fossa scavata nel Daleli, nell'abisso di quella solitudine senza requie, donandogli gli straordinari poteri oltreumani di cui poteva vantarsi. Avrebbe voluto ringraziarla, ringraziarla di cuore e sciorinarle in ginocchio tutte le benedizioni che conosceva. E porle una sola, banale, unica e semplice domanda.
    Perché?
    Ma l'altra metà del suo cuore brillava di speranza e di meraviglia: il Celebliant, quel sant'uomo la cui saggezza trascendeva i limiti dell'umano, gli aveva promosso un pezzo, un frammento del suo passato, il più importante dopo il suo nome, quello vero. Amarth gli avrebbe reso il suo aspetto, il suo aspetto vero, quello originale, privo del potere mutante, privo della deformità naturale. Glielo aveva promesso così, senz'apparente motivo, forse mosso a pietà dalle meste origini del Camaleonte, forse perché anche in lui, nel punto più profondo del suo animo, risiedeva qualcosa di umano.
    E quel qualcosa gli avrebbe reso il suo corpo, la sua identità, il suo unico e vero involucro.

    « Io..ecco..io.. »

    Farfugliò, impietrito. Crollò in ginocchio il Camaleonte, capo chino. Represse a stento le lacrime che affioravano dai suoi occhi. Ma doveva mostrarsi uomo, doveva mostrarsi fermo e deciso. Il mio nome è Adam, ripeteva a se stesso, e Adam non piange, non piange, non piangerà più, non piangerà mai. Alla fine, riuscì a tirare indietro le lacrime. Quando alzò lo sguardo verso il Celebliant, il suo sottile sorriso, e i suoi occhi luccicanti e arrossati, dietro quei ridicoli occhiali a fondo di bottiglia, gli davano un'aria impacciata. Ma neanche questo riuscì a smussare la solennità con cui proferì quelle poche parole.

    « Te ne sarò eternamente grato, Celebliant. »

     
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    Così, il Destino avanzava incessante e quell'incontro che Adam chiamò Fortuito, venne invece a rivelarsi Scritto, poiché vi giunse, a benedirlo, il Celebliant stesso, che nel Mondo è Destino e Caso. Allora parlò, perché quello aveva la scelta compiuta, e comandò parole nuove, ed accolse la richiesta.

    -Così sia deciso.-
    E, di nuovo, l'aria fu silenzio e tremò; ma questa volta lo Zero alzò entrambe le mani, e s'abbatté il Giudizio.
    -Verrai fra Quattro Settimane alla terra di Geisine, dove la lava danza con la morte. Lì troverai una grotta imbrattata di sangue e cadaveri. Al crepuscolo, quando la tenebra è Signora, vi entrerai.
    Questo Eru Elen Amarth comanda, e a questo tu sarai Destinato.
    -

    Le braccia scivolarono lungo i fianchi, e come la Sorte portò seco l'atterrimento, così lo cancellò dai cuori, e Palanthas tornò a respirare; col Vuoto che aveva dentro, con la Giusta Neutralità rivolse le ultime parole a quel ragazzo:

    -Ora va', e vivi questo tempo come meglio credi, assapora la tua vita di adesso. Quando il Dono ti sarà stato dato, sarai chiamato diverso, perché l'Ordine dei Guardiani ti avrà concesso un privilegio unico.-

    E, come era venuto, nel silenzio della Conoscenza, così se ne andò il Numero Zero, senza parole e senza addii; salì le scale e voltò a destra, ed in cima andò diritto, chiudendo la Porta dietro di sé. passò l'Ingresso, e prima di sedere sul trono di Shea, contemplò dopo molto tempo, la distesa Vuota, la Fine di Endlos.

     
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