[CC] Un mesto rapporto

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    Mago guerriero, amante dei gufi e signore della piromanzia.

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    Gli avvenimenti si erano conclusi in quella parte di Endlos, ma purtroppo sapeva meglio di molti altri che la questione non era affatto chiusa e molti erano in punti lasciati in sospeso. Le creature infernali tennero fede alla propria parola e si dileguarono, tornando all'inferno dal quale provenivano e i mercenari chiamati in causa preferirono allontanarsi tutti dal teatro di quegli eventi, troppo sconvolgenti per poter pensare a riscuotere una qualsiasi ricompensa.
    E non biasimava nessuno per quella condotta. Sapeva anche che probabilmente non avrebbe rivisto nessuno di loro al momento di completare l'opera e chiudere il cerchio attorno alla parte più pericolosa che ancora non era stata risolta in quei meandri, ma in fondo sarebbe stato meglio: affrotnare un Demone Interiore non era un'esperienza facile e difficilmente la si sarebbe voluta ripetere. Lui sapeva di doverlo fare oppure quella catastrofica serie di degenerazioni si sarebbe potuta ripresentare in qualsiasi momento!
    Ma al momento aveva un'altra questione da affrontare e chiudere e per farlo, abbandonò le pendici dei Monti Shea alla volta di Istvàn, alla ricerca di chi avrebbe potuto aiutarlo. Altrimenti, temeva che non sarebbe stata una bella alba quella che doveva ancora sorgere sulla cittadina.

    Nonostante la giornata lunga ed intensa si fosse conclusa con una mezza carneficina a notte fonda, non si fermò un istante a riposare: avrebbe avuto tempo e modo per farlo una volta che avesse portato all'attenzione della Dama Azzurra quella situazione, finché ancora era "calda" e si faceva in tempo ad intervenire e a modificare il corso di quello che era successo. Purtroppo la demoniessa non sarebbe stata così facile da rintracciare e sapeva che avrebbe dovuto metterci abbastanza tempo per rinvenirne di nuovo le tracce, nonostante una pista gli fosse stata data e la situazione più urgente era quella che doveva andare ad affrontare.
    Il resto della notte, almeno, si rivelò priva di eventi rilevanti e gli occorse tutta per arrivare finalmente, di primo mattino, alle soglie dell'Innerlyn fisicamente stanco, ma mentalmente ancora abbastanza lucido.
    Percorse senza troppi indugi e meno ostacoli ancora la città che si stava ancora svegliando, ignara della tragedia occorsa lontano, ai confini del Presidio, felice e beata del suo esseree del nuovo giorno che avrebbero potuto vivere...
    *Buon per loro che ci riescono.* si disse, ricordando amaramente che lui nel suo mondo aveva lottato praticamente tutta la vita perché gli altri fossero al riparo dai demoni e dalla guerra... e per decenni così era stato, salvo poi perdere tutto con l'Onda di Luce Siderale.
    Erano da poco passate le prime ore del mattino quando finalmente riuscì a varcare i cancelli del Maniero di Lordaeron, chiedendo udienza urgente con la Dama Azzurra. Dopo essersi presentato, non disse altro, lasciando intendere che la questione fosse piuttosto impellente ed improcrastinabile... e le sue condizioni ne avrebbero potuto rendere testimonianza.
     
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    Su indicazione dei tuoi più giovani colleghi di guardia, ti lasci alle spalle il giardino esterno, attraversi il cortile interno -quieto e silenzioso, vista l’ora-, e superi le monumentali doppie porte di ingresso che introducono al corpo vero e proprio del maniero; non sei solito frequentare la dimora della Dama, ma ci sei stato quel tanto che basta a ricordare la strada per la Sala delle Udienze, dove la sai solitamente trovarsi: percorri l’ampio corridoio fiancheggiato da armature -sull’attenti come soldati sempre vigili-, passi sotto l’arco dove le doppie porte sono spalancate in un muto gesto di accoglienza, e ti addentri nell’ampissima sala circolare.

    jpgLa stanza monumentale è immersa nell’atmosfera soffusa e quasi sacrale delle prime luci del mattino, e man mano che ti avvicini cominci a scorgere i contorni dello scranno di legno intarsiato a ridosso della parete opposta, che si erge sopra il piccolo podio composto da tre gradini di marmo.
    ...e colei che sei giunto a cercare è lì, seduta compostamente sul semplice scranno: i lunghi capelli di un azzurro pallido le si riversano come rivoli di sorgente oltre le spalle esili, incorniciando il volto eburneo -dai lineamenti belli e nobili-, e sono così chiari da sembrare quasi ialini quando i raggi di sole li colpiscono.

    Ha il capo leggermente reclinato in avanti -contro una spalla-, e il suo respiro è leggero come la carezza di una piuma sulla pelle; pare assopita, eppure anche così sembra continuare ad esercitare attorno a sé quell’influenza benevola, confortante e rassicurante, che da sveglia promana dalla sua figura e spinge ad abbandonarsi naufraghi nell’oceano blu dei suoi occhi, che abbraccia e cattura come la risacca.

    « Mh...? »
    mormora appena, staccando lentamente le spalle dallo schienale
    « Masahiro... sei tu? »

    Quando pochi metri vi separano, le sue lunghe e folte ciglia nere tremolano impercettibilmente,
    e il sipario delle palpebre solleva uno spiraglio sulle iridi di zaffiro.

     
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    Non era un frequentatore abituale di quel maniero, ma anche senza il supporto di una guida riuscì a trovare la Sala delle Udienze, luogo dove molto probabilmente avrebbe trovato chi era venuto a cercare. E difatti la trovò lì. Forse anche se fosse stata la prima volta avrebbe trovato quella sala, sebbene con un tempo molto diverso: nella sua vita passata, la frequentazione dei palazzi era stata anche troppo frequente e non sempre piacevole. Quell'occasione purtroppo rischiava di replicare una brutta esperienza che aveva avuto nel suo mondo, anche se ancora non poteva dirlo con certezza, né se si fosse verificata un'eventuale inversione delle parti. Tuttavia non ci pensò in quel momento, non solo per l'irrilevanza della questione.
    La Dama Azzurra si trovava dall'altro capo della sala, assisa su uno scranno intarsiato relativaente semplice per la sua collocazione e per la carica che la signora di quel luogo ricopriva. Avvicinandosi utleriormente, il vecchio shinobi si accorse anche che la dama, splendida come sempre e forse anche di più in quel momento, si era addormentata sullo stesso scranno, probabilmente dopo aver trascorso la notte a parlare o a sistemare qualche altra questione di governo in sospeso che non aveva potuto o voluto rimandare. Lo capiva bene e apprezzava quel lato della sua signora: in quello erano molto più simili di quanto non si potesse sospettare.
    Decise quindi di avvicinarsi e di aspettare in piedi fino a che non si fosse svegliata: la sua tempra elfica gli avrebbe permesso di sopportare simile attesa e forse avrebbe anche potuto approfittarne per riposarsi, in un certo senso, ma la sua attesa si rivelò breve: in qualche modo, Lady Kalia si riscosse e lo riconobbe senza neppure aprire gli occhi. Quella percezione lo sorprese, ma non lo diede a vedere: in fondo sapeva bene che la dama era una sacerdotessa dalle doti magiche molto potenti e che non avesse qualche facoltà di percezione sarebbe stato quantomeno strano.
    Aspettò ancora i pochi istanti che le furono necessari per aprire gli occhi e quindi rispose: "Sì mia signora, sono io. Mi dispiace di aver turbato il vostro sonno, soprattutto perché il motivo della mia visita potrebbe non piacervi, ma non potevo demandare questo incontro ad un altro momento o ad un semplice rapporto scritto: quanto è accaduto fino a ieri verso i confini delle vostre terre non poteva essere taciuto oltre."
    Aspettò che la Dama Azzurra fosse ben sveglia e consapevole di quanto ebbe da dirgli prima di proseguire il suo racconto.
     
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    Quando -nel dormiveglia- aveva percepito l’aura del Mezzelfo entrare nel suo castello, l’Alfiere aveva già intuito che quella non sarebbe stata una visita di piacere: dopotutto, al pari di Sylvanas, il Ranger non si presentava mai al suo cospetto a meno che non ve ne fosse necessità per qualche seria e incresciosa faccenda... e quella volta non fece eccezione.

    "Sì mia signora, sono io. Mi dispiace di aver turbato il vostro sonno... "
    la voce del Ninja suonò stanca, un dettaglio che destò le preoccupazioni della donna
    "...soprattutto perché il motivo della mia visita potrebbe non piacervi, ma non potevo demandare questo incontro ad un altro momento o ad un semplice rapporto scritto: quanto è accaduto fino a ieri verso i confini delle vostre terre non poteva essere taciuto oltre."

    Cercando mantenere la calma e di confinare dietro una parvenza di serena imperturbabilità le angosce che lambivano il suo cuore in una morsa gelida come il vento del Nord, la Dama Azzurra si sollevò con grazia dal suo scranno, mostrando un sorriso mesto ma dolce al suo luogotenente e scendendo lentamente i pochi gradini del suo seggio per avvicinarglisi.

    « Sei gentile, Masahiro, ma non devi crucciarti: ho imparato da tempoche le cose -specie quelle meno piacevoli- sono solite accadere, che lo si voglia o meno... »

    Fermandosi di fronte al guerriero, la voce dolce e musicale della donna articolò quella risposta con una certa malinconia: come sempre, il Cavaliere la superava in altezza, ma la Signora della Valle non ebbe esitazione nel puntare lo sguardo di zaffiro dritto nel suo, e -in un gesto tenero e materno- sollevò piano la diafana mano destra per portarla al volto dell’uomo e lasciar scivolare le dita affusolate sulla sua guancia in una carezza.

    jpg
    « Qualsiasi cosa avrai da riportarmi, io l’ascolterò fino in fondo. »
    promise, prima di prenderlo sottobraccio per condurlo alle poltroncine per gli ospiti
    « Prima, però, esigo che tu ti sieda e ti riposi un po’... »

    Per quanto il destino lo costringesse nel ruolo di latore di cattive notizie, la donna sapeva essere in Masahiro uno spirito buono e -in fondo- gentile, a dispetto delle asperità che le avversità avevano scavato nel suo cuore per temprarlo... rendendolo un uomo quanto lei dedito alla salvaguardia dei semplici ma preziosi tesori custoditi nell’Est. E in quanto dell’Est unica sovrana, era suo dovere proteggere quella terra, e aver cura di quanti si prodigavano a difenderla.

    Dopo averlo fatto accomodare e avergli servito una tazza di thè,
    la Dama Azzurra prese posto sulla seggiola di fronte a lui,
    e con la mente densa di oscuri presagi si preparò a prestare udienza.

     
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    La Dama Azzurra sembrò serena al uo risveglio, ma la vedeva sempre in quel modo. Lui sapeva fin troppo bene quanto la serenità non fosse tipica dei capi e aveva ben sperimentato l'esatto contrario, ma se lui non avva mai finto di manifestare quello che non provava, nulla poteva escludere che invece così fosse per lei: in fondo solo lui e pochi altri venivano a turbare la Dama Azzurra con notizie tutt'altro che allegre e forse lei poteva godere della pace e della serenità che c'rano nel resto del suo regno. O almeno così sperava per lei.
    La sua signora comunque, una volta ridestatasi del tutto, non sdegnò di scendere le scale, venirgli incontro e mostrargli un gesto di tenerezza che ben poche persone avevano avuto nella sua vita, tutte comunque molto importanti finché erano state vive nel suo mondo. E si affrettò a scacciare subito il pensiero che gli era venuto in mente, mentre non respingeva quel gesto da parte di Lady Kalia, un pensiero piutosto funesto e nel quale temeva per la sua sorte per il suo solo essersi avicinata a lui e avergli mostrato qualcosa che non fosse un rapporto d'affari o di mero interesse.
    Quando la donna gli ordinò gentilemnte di prendersi un momento di riposo fu tentato di rifiutare, ma la già vista solerzia dei suoi servitori nel preparare un posto e del thé non gliene lasciarono il tempo e così, gioco forza, fu costretto a prendersi una pausa dalla sua premura. Non appena si sedette, sentì la tensione dei muscoli allentarsi come non gli succedeva da diverse ore: era evidente che, nonsotante l'allenamento e la tempra naturale, il suo corpo ormai vecchio avrebbe retto simili ritmi per abitudine e per necessità, ma non più come prima dell'Onda di Luce Siderale. Quel maledetto incantesimo aveva creato davvero troppi danni, oltre ad essere la causa ultima della sua apparizione in Endlos.
    Una volta che ebbe bevuto il thé offertogli dalla sua signora, sfruttando la fascia oscura per non togliersi la maschera, appoggiò la tazza da dove l'aveva presa e disse: "Vi ringrazio. Ne avevo bisogno."
    Trasse un respiro profondo, segno che ormai era pronto per incominciare il suo rapporto.
    "Come vi dicevo, vicino ai vostri confini settentrionali si sono svolti diversi fatti uno più strano dell'altro, culminati negli eventi di ieri. Nello specifico, i fatti si sono svolti nei pressi di Rockmore, una cittadina commerciale di confine alle pendici dei Monti Shea. Gli eventi che hanno attirato la mia attenzione sembravano già piuttosto inconsueti e gravi, ovvero apparizioni ripetute di Segugi Infernali, ma quello non era che un segnale: conosco quelle bestie e so per esperienza che la loro comparsa può essere dovuta solo ad evocazioni oppure alla verificazione di eventi particolarmente gravi... e purtroppo, non c'era nessun evocatore a Rockmore" concluse lo shinobi per rendere chiaramente alla sua ascoltatrice un'idea della gravità della situazione e di quanto ancora non aveva detto.
    "Per questo" continuò poco dopo "Mi sono permesso di mandare una richiesta d'aiuto anonima, offrendo anche una ricompensa che avrei pagato di persona se me l'avessero chiesta, come invece non è successo. A questa hanno risposto in molti, ma in troppi sono rrimasti troppo sconvolti per arrivare fino in fondo... e non biasimo nessuno per questo" soggiunse abbassando lo sguardo e scuotendo il capo.
    Non proseguì, incerto se lasciare spazio a qualche commento da parte della Dama Azzurra o se invece riversare tutto quello che aveva da dirle in una volta sola...
     
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    "Vi ringrazio. Ne avevo bisogno."

    Quell’unico commento da parte dello Shinobi fu per la Dama il flebile segnale che il guerriero di confine avesse gradito il suo tentativo di metterlo -per quel poco che in quelle circostanze poteva-
    a suo agio; poi, venne tempo per i convenevoli di lasciar quella mensa, e Masahiro -sempre noto per il suo pragmatismo spartano- cominciò ad esporle i tratti di quella questione spinosa che -Kalia lo percepiva senza neppure ancora conoscerla- non avrebbe potuto aspettare di più.


    "Come vi dicevo, vicino ai vostri confini settentrionali si sono svolti diversi fatti uno più strano dell'altro, culminati negli eventi di ieri. Nello specifico, i fatti si sono svolti nei pressi di Rockmore, una cittadina commerciale di confine alle pendici dei Monti Shea..."

    L’unico sentimento che la donna lasciò trasparire all’esterno fu la perplessità descritta dall’inarcarsi di un fine sopracciglio; dentro di lei, tuttavia, il sasso scagliato oltre la superficie produsse più di qualche semplice increspatura, perché aveva già in passato avuto a che fare -e a che ridire- con i governanti di quella cittadella arroccata tra le montagne, i cui modi di fare -egoismi ed individualismi che tentavano di spacciare per autonomia- avevano rischiato più di una volta di indispettire seriamente Lord Aeon e il Consiglio Centrale di Rivenore.

    "Gli eventi che hanno attirato la mia attenzione sembravano già piuttosto inconsueti e gravi, ovvero apparizioni ripetute di Segugi Infernali, ma quello non era che un segnale: conosco quelle bestie e so per esperienza che la loro comparsa può essere dovuta solo ad evocazioni oppure alla verificazione di eventi particolarmente gravi... e purtroppo, non c'era nessun evocatore a Rockmore"

    Interdetta, la Signora dell’Est rimase salda al suo posto -come era suo dovere ed abitudine fare- , ma la sua quieta fermezza non era una maschera atta a trarre in inganno, perché lo specchio limpido e dolce dei suoi begli occhi di zaffiro non recava menzogna, e ben trasmetteva il dispiacere e la preoccupazione che il sottinteso di quell’ultimo asseto aveva inciso nel suo cuore.

    "Per questo mi sono permesso di mandare una richiesta d'aiuto anonima, offrendo anche una ricompensa che avrei pagato di persona se me l'avessero chiesta, come invece non è successo. A questa hanno risposto in molti, ma in troppi sono rimasti troppo sconvolti per arrivare fino in fondo... e non biasimo nessuno per questo"

    E -a quell’ultima rivelazione- una e una soltanto fu la domanda che si affacciò alla mente dell’Alfiere, espandendosi nello spazio dei pensieri fino a saturarlo con la sua sola e ossessiva presenza: che cosa era accaduto di così terribile da richiamare una muta di Hellhound e mettere in fuga avventurieri che fanno di orrori e pericoli il loro pane quotidiano?

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    « Masahiro... »
    la voce di Kalia, dolce e sottile come quella di un usignolo, ebbe una sola richiesta
    « ...raccontami ogni cosa. »

     
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    Man mano che le prime avvisaglie del suo racconto procedevano e si insinuavano nella coscienza della sua ascoltatrice, la Dama Azzurra si fece sempre meno serena: dapprima fu qualcosa di lieve, di piccolo, di difficilmente percepibile se non allo sguardo più attento, ma quando accennò al fatto che troppi erano stati sconvolti dagli eventi, il turbamento della donna fu fin troppo evidente, anche se ancora trattenuto.
    In poche parole, lei chiese allo shinobi di raccontarle tutto quello che era successo, anche se forse neppure lei sapeva se andare fino in fondo a quella vicenda com'era anche suo dovere oppure evitare di farlo. E lo stesso vecchio mezz'elfo non era del tutto sicuro di cosa dovesse fare, ma alla fine obbedì. Cercò di non darlo a vedere, ma il fatto di aver turbato in quel modo la sacerdotessa già solo con le prime avvisaglie di quella vera e propria tempesta non gli fu indifferente... e se ne dispiacque molto. Tuttavia sapeva fin troppo bene quanto simili eventi fossero dolori necessari.
    "Come volete, mia signora. Ma non abbiate timore di interrompermi, se la mia narrazione sarà poco chiara o vi turberà troppo per proseguire."
    Lasciò trascorrere qualche istante, quindi continuò: "Dei tanti che si sono presentati, alla fine solo sei hanno accettato di andare ad indagare sulla base di quel poco che avevo scoperto e ho ulteriormente suddiviso il gruppo di volontari, indirizzandone una prima metà verso la città e altri luoghi limitrofi dove si erano verificati strani fenomeni o dove si trovavano alcuni abitanti "notabili" di Rockmore. La seconda metà, composta da tre negromanti, l'ho condotta di persona all'imboco di una strana caverna di difficile accesso e molto sotto il livello della città, dove una volta era comunque stato avvistato uno dei Segugi Infernali. Non so bene cosa sia successo loro, anche se mi sono fatto un'idea, perché le mie attività si sono concentrate più attivamente sulla città, per ore e ore. Con me c'era anche il Precettore, oltre ad altri due mercenari, e lui ha assistito ad una scena molto spiacevole: un tentativo di sopprimere una donna che faceva troppe domande riguardo alla scomparsa di sua figlia."
    Si fermò un istante a raccogliere le idee, prima di continuare: "Purtroppo in città c'era qualcosa di molto strano, che praticamente chiunque avrebbe potuto notare: nella città la popolazione più giovane era completamente assente e non si poteva trovare nei luoghi dove era più lecito aspettarsi di trovarla: non a scuola, non nei campi o nelle botteghe, neppure alle locande. Ho girato in incognito praticamente tutta la città e non un solo minorenne era in circolazione... e neppure giovani che arrivassero fino ai venti o venticinque anni. Nulla. Nessuna traccia. L'unica presente era al cimitero interno alla città, ma si è tolta la vita prima che potessi anche solo avvicinarmi a lei. Non è stato piacevole da scoprire e purtroppo non posso più restituire la vita: ho perso quel potere quando il mio mondo è stato distrutto."
    Sospirò, ma impedì ai ricordi più remoti di prendere il sopravvento, mantenendo viva l'attenzione su quelli più vividi e recenti. "Più tardi mi è capitato di ascoltare altre conversazioni e di raccogliere altri tasselli piuttosto strani ed inquietanti: alcuni mesi prima, la cittadina è stata colpita da una strana epidemia di cui nessuno riusciva a capire niente e contro la quale non sembrava esserci alcuna cura. Un quarto della popolazione è morta in quell'occasione e più della rimanente metà era stata contagiata, senza che l'Alchimista locale o il chierico riuscissero a trovare alcun rimedio, anche solo per alleviare le sofferenze dei malati. Una situazione tragica, che ha comprensibilmente indebolito lo spirito della città in praticamente il suo complesso. Ma ad un certo punto, è comparso un uomo, un cosiddetto sacerdote di una nuova "divinità", che con una sacra processione e qualche rito non meglio identificato, è riuscito a far sparire l'epidemia. Ascoltando la giovane alchimista, il Precettore ha sospettato giustamente che l'epidemia poteva essere stata indotta da questa stessa pseudo-divinità, che si faceva chiamare la Vera Madre..." soggiunse caricando quel nome con un certo disprezzo. "Ad ogni buon conto, il nuovo sacerdote ha soppiantato il chierico locale, il quale è sparito poco dopo, e ha preso possesso del laboratorio dell'alchimista, riadattandolo come una sorta tempio e tacciando di eresia la giovane precedente inquilina di quel posto, rassegnata a morire da un momento all'altro. Per fortuna non è successo, ma è uno dei troppo pochi danni che siamo riusciti ad evitare."
    Riprese fiato e concesse un po' di tempo affinché la Dama Azzurra potesse ssorbire e trattenere tutta quella spiegazione. "Tutto il primo gruppo si è poi disperso nelle aree intorno a Rockmore, ma non sono riuscito a seguire i loro sviluppi, perché ho percepito una tremenda energia magica agitarsi sotto il monte dove sorge la città. Mi sono addentrato quindi nella caverna, seguendo i miei sensi e quella scia di potere tremenda, che conoscevo fin troppo bene, sperando di sbagliarmi. Ma alla fine ho trovato i necromanti che avevo lasciato ore prima e una seconda setta di adoratori di un demone..."
    Si alzò improvvisamente e si avvicinò alla finestra più vicina, osservando l'esterno e in particolare il cielo. Quel tasto era piuttosto delicato e per molti versi anche doloroso. Senza voltarsi, aggiunse con un tono che cercava di rimanere neutro "Di questo devo chiedervi perdono, Lady Kalia... perché... la presenza di quel demone in Endlos... è colpa mia."
     
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    "Come volete, mia signora. Ma non abbiate timore di interrompermi, se la mia narrazione sarà poco chiara o vi turberà troppo per proseguire."

    Le raccomandazione del ranger vibravano del suo timoroso scrupolo all’idea di turbarla, e per restando in cuor suo grata a Masahiro per quella premura, Kalia sapeva che non avrebbe potuto in alcun modo esimersi dall’arrivare fino in fondo a quella faccenda: era l’Alfiere di quelle terre, ed era un suo preciso dovere abbracciarne le realtà... anche le più spiacevoli; tuttavia, la Dama annuì con un gesto leggero per rassicurarlo, e dopo qualche istante di silente raccoglimento, la storia cominciò.

    "Dei tanti che si sono presentati, alla fine solo sei hanno accettato di andare ad indagare sulla base di quel poco che avevo scoperto e ho ulteriormente suddiviso il gruppo di volontari, indirizzandone una prima metà verso la città e altri luoghi limitrofi dove si erano verificati strani fenomeni o dove si trovavano alcuni abitanti "notabili" di Rockmore. La seconda metà, composta da tre negromanti, l'ho condotta di persona all'imbocco di una strana caverna di difficile accesso e molto sotto il livello della città, dove una volta era comunque stato avvistato uno dei Segugi Infernali. "

    Un lieve cenno di assenso del capo della donna fece danzare attorno al pallido volto eburneo le lunghe ciocche di capelli cerulei, estrinsecando tanto il fatto che stesse prestando la massima attenzione quanto quello che stesse silenziosamente approvando il modo con cui il mezz’elfo aveva optato di condurre l’indagine.

    "Non so bene cosa sia successo loro, anche se mi sono fatto un'idea, perché le mie attività si sono concentrate più attivamente sulla città, per ore e ore. Con me c'era anche il Precettore, oltre ad altri due mercenari, e lui ha assistito ad una scena molto spiacevole: un tentativo di sopprimere una donna che faceva troppe domande riguardo alla scomparsa di sua figlia."

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    « . . . »

    "Purtroppo in città c'era qualcosa di molto strano, che praticamente chiunque avrebbe potuto notare: nella città la popolazione più giovane era completamente assente e non si poteva trovare nei luoghi dove era più lecito aspettarsi di trovarla: non a scuola, non nei campi o nelle botteghe, neppure alle locande. Ho girato in incognito praticamente tutta la città e non un solo minorenne era in circolazione... e neppure giovani che arrivassero fino ai venti o venticinque anni. "

    Il cuore della fanciulla celeste saltò un battito, ma non un suono si levò dalle labbra rosse e ben disegnate per osare interromperlo: certo, era decisamente indicativo il fatto che si fosse perpetrato un tentativo di omicidio ai danni di una madre affranta e disperata con totale incuranza per la presenza di testimoni... e assai male le faceva presagire la notizia che non vi fosse traccia di giovani e bambini; tuttavia, ciò che ora le premeva e ascoltare il resto: per le domande ci sarebbe stato spazio più tardi.

    "Nulla. Nessuna traccia. L'unica presente era al cimitero interno alla città, ma si è tolta la vita prima che potessi anche solo avvicinarmi a lei. Non è stato piacevole da scoprire e purtroppo non posso più restituire la vita: ho perso quel potere quando il mio mondo è stato distrutto."

    Cercando di mostrarsi ferma, la Dama dell’Est non vacillò nell’apprendere anche quella terribile notizia, e nel tentativo di arrecare un po’ di conforto al tormento che covava sotto la cenere nello spirito del ninja posò gentilmente le dita diafane, tiepide e delicate sul braccio del Cavaliere, e con uno sguardo grave lo invitò a proseguire.

    "Più tardi mi è capitato di ascoltare altre conversazioni e di raccogliere altri tasselli piuttosto strani ed inquietanti: alcuni mesi prima, la cittadina è stata colpita da una strana epidemia di cui nessuno riusciva a capire niente e contro la quale non sembrava esserci alcuna cura. Un quarto della popolazione è morta in quell'occasione e più della rimanente metà era stata contagiata, senza che l'Alchimista locale o il chierico riuscissero a trovare alcun rimedio, anche solo per alleviare le sofferenze dei malati. Una situazione tragica, che ha comprensibilmente indebolito lo spirito della città in praticamente il suo complesso."

    Un leggero sussulto le fece tremare la mano, più che per il raccapriccio, anche a causa del dispiacere... e di un irrazionale senso di colpa che le fece sanguinare il cuore: in quanto Guaritrice e Protettrice di quelle terre, come aveva potuto lasciare che una cosa del genere si verificasse senza che lei ne venisse a conoscenza in qualche modo e si muovesse per porvi rimedio?
    Trattenendo tra le palpebre un velo lucido di liquida tristezza, fece per ritrarre la mano.


    "Ma ad un certo punto, è comparso un uomo, un cosiddetto sacerdote di una nuova "divinità", che con una sacra processione e qualche rito non meglio identificato, è riuscito a far sparire l'epidemia. Ascoltando la giovane alchimista, il Precettore ha sospettato giustamente che l'epidemia poteva essere stata indotta da questa stessa pseudo-divinità, che si faceva chiamare la Vera Madre... "
    proseguì Masahiro, ed era chiaro dal tono quanto si sentisse coinvolto anche lui
    "Ad ogni buon conto, il nuovo sacerdote ha soppiantato il chierico locale, il quale è sparito poco dopo, e ha preso possesso del laboratorio dell'alchimista, riadattandolo come una sorta tempio e tacciando di eresia la giovane precedente inquilina di quel posto, rassegnata a morire da un momento all'altro. Per fortuna non è successo, ma è uno dei troppo pochi danni che siamo riusciti ad evitare."

    Era una buona notizia quella di una vita sfuggita alle grinfie di un’ingiusta morte, ma la Dama Azzurra non trovò la forza di rallegrarsene: la sua preoccupazione, in parte derivante dall’essere ancora all’oscuro delle condizioni attuali in cui quella cittadella versava, le avviluppavano ancora l’animo nella morsa spinosa di rovi neri come la disperazione.

    "Tutto il primo gruppo si è poi disperso nelle aree intorno a Rockmore, ma non sono riuscito a seguire i loro sviluppi, perché ho percepito una tremenda energia magica agitarsi sotto il monte dove sorge la città. Mi sono addentrato quindi nella caverna, seguendo i miei sensi e quella scia di potere tremenda, che conoscevo fin troppo bene, sperando di sbagliarmi. Ma alla fine ho trovato i necromanti che avevo lasciato ore prima e una seconda setta di adoratori di un demone..."

    D’un tratto, il Gufo si alzò dal seggio che aveva occupato davanti a lei, e -come in cerca di evasione per il suo spirito inquieto- si avvicinò ad una delle alte finestre slanciate che tagliavano la sala circolare con lame di luce; più lentamente, lasciando che le lunghe gonne frusciassero lievi attorno alle sue caviglie sottili, la donna si sollevò a sua volta dalla seggiola e lo raggiunse, lasciando indietro il tavolino e rimanendo alle sue spalle.

    "Di questo devo chiedervi perdono, Lady Kalia... perché..."
    confessò l’esploratore, contenendo la voce in un tono neutro
    "...la presenza di quel demone in Endlos... è colpa mia."
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    Lentamente e in silenzio le braccia flessuose della sovrana allacciarono debolmente la vita del ricognitore, e il suo volto bianco e perfetto, come avorio scolpito con minuzia dalla mano degli angeli, si nascose contro la schiena a cui stava stringendosi; le sue parole, appena un bisbiglio... gentile come lo sciabordare delle onde sulla battigia di una spiaggia solitaria.

    «Non credo ci sia qualcosa da perdonare, Masahiro... »
    cercò di rincuorarlo con voce dolce
    « Sono sicura che hai fatto tutto quanto era nelle tue possibilità e anche quanto non lo era per evitare che le cose degenerassero... »
    col cuore pesante, sollevò il capo ma non sciolse l’abbraccio
    « ...ma dimmi, ti prego:
    come sta ora la gente di Rockmore? »

     
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    Si aspettava una sorpresa ai limiti dello shock all'apprendere che una delle cause remote di quella spiacevole situazione fosse colpa di Masahiro stesso, si era aspettato quasi persino dello sdegno o dell'incredulità, ma non quello che effettivamente avvenne: la Dama Azzurra si alzò dalla sua posizione e si avvicinò, fino ad abbracciarlo gentilmente in vita e stringersi a lui, mormorando gentili parole di conforto. La donna era anzi sicura che i suoi sforzi fossero stati per il meglio ed in effetti non aveva torto, ma tutta quella comprensione... da quanti anni non ne vedeva più anche solo la metà della stessa quantità mostrata da Lady Kalia? Anche troppi.
    Poi la sua signora chiese con una certa apprensione quale fosse stato il destino delle genti di Rockmore, sentendo che la sua testa veniva rialzata verso la nuca del vecchio esploratore oscuro.
    *Così preoccupata per gli altri e per la loro sorte... in questo assomiglia molto a Dalia* gli venne spontaneo pensare con quello che, senza la maschera, sarebbe apparso come un mesto sorriso carico di tristi e agrodolci ricordi.
    Lo shinobi quindi non sciolse l'abbraccio, ma accarezzò le mani della sovrana, prima di voltarsi con agile delicatezza, in modo da fronteggiarla e cercare di confortarla a propria volta, almeno con la notizia che aveva chiesto.
    "La gente di Rockmore ha sostenuto una durissima prova, ma ora quella gente fisicamente sta bene" disse con voce pacata e tranquilla, guardandola dritto negli occhi azzurri e cercando di far trasparire sicurezza e fermezza dai suoi occhi verdi. "Tuttavia non a tutti credo che sarà consentito restare e se non sarete chiamata voi a giudicare, lo farà la gente che a Rockmore si è opposta alle sette demoniache."
    Non cercò di sciogliere l'abbraccio della Dama, ma non fece neppure nulla per conservarlo, in quanto avrebbe dovuto spiegarle molte cose ancora... e forse avrebbe avuto ancora bisogno di quelle braccia.
    "Per rendervi edotta di tutti i motivi, dovrò prima di tutto partire da ciò che mi riguarda più da vicino, dal demone che ho involontariamente trasferito in Endlos." Il suo sguardo si oscurò all'improvviso mentre la sua mente ripercorreva ancora una volta quella storia. "Accadde tutto oltre settant'anni fa, nel mio mondo, quando ancora ero abbastanza giovane. Il mondo dove sono nato era già attraversato da una guerra contro i demoni che durava già da almeno mezzo secolo prima della mia nascita. La stirpe dei demoni era molto eterogenea ed era complessivamente più numerosa e più forte di tutte le altre razze, ma era anche la meno coesa di tutte e semplicemente era per il proprio numero che potevano continuare ad esistere e a sostenere la propria guerra, oltre ad impedirci di purificare il mondo dalla loro malvagità così devastata e devastante. Ed erano costantemente in lotta per il comando supremo e se non si uccidevano tra loro alle spalle, i pochi comandanti supremi noti perivano dopo pochi mesi e si rigettava i demoni nel loro stesso caos. Tuttavia non tutti erano rivolti alla conquista di un simile potere "temporale" e quelli erano i più pericolosi, benché estremamente rari, perché riuscivano a trovare il modo e la pace per sviluppare poteri abbastanza grandi da mettere intere nazioni in pericolo semplicemente da soli. Questo era anche Ab Dinagh Zì, detto il Tiranno il Demone-Cuore."
    Non riuscì a proseguire per qualche istante. Quando ritrovò le forze, la sua voce era in qualche modo diversa: "Quel mostro... era stato in grado di creare delle lame talmente potenti e terrificanti che potevano essere usate una volta sola, ma con esiti a dir poco devastanti. Una di quelle lame era stata destinata a me e se sono ancora vivo... purtroppo non lo devo a me stesso..." Abbassò il capo e chiuse gli occhi, ancora abbattuto dopo tante decadi dal dolore di quegli eventi. "La... Nariko... la mia donna, la mia compagna di clan e di vita, si frappose fra me e il colpo di cui neppure mi ero accorto... Fallendo il suo scopo di distruggermi e non avendo altre lame con sé, il mostro si ritirò, lasciandoci soli. E mentre cercai di soccorrerla, io non potei fare nulla... nulla... solo vederla morire, terrorizzata e in qualche modo consapevole che la sua stessa anima si stava distruggendo alla stessa velocità con cui il suo cuore perdeva battiti!"

    Cercò di calmarsi, ma sapeva che non era del tutto possibile in presenza di qualcun'altro e soprattutto non a quel punto. "Io... rimasi impietrito e sconvolto di fronte alla verità. All'epoca non ero un sacerdote di alto rango, ma avevo già acquisito la capacità di invertire completamente il corso della morte, com’eravamo soliti dire, sebbene a condizioni molto stringenti. E quindi mi resi conto dopo i miei falliti tentativi di cura... che non c'era alcun modo per resuscitarla: la ferita non guariva e non sarebbe mai guarita, perché non c'era nessun'anima che potesse tornare indietro! Quella consapevolezza mi distrusse e mi fece sprofondare nel dolore più totale" confessò lo shinobi. "Per noi non era sempre possibile restituire la vita e alle volte erano la natura o il destino stesso ad impedirci di riportare indietro le anime dei nostri cari e in quel caso la gente traeva conforto dal fatto che dopo la morte, le anime defunte si sarebbero potute ricongiungere nei Regni della Morte. Ma per Nariko…" soggiunse tornando a guardare direttamente la Dama Azzurra "non sarebbe mai stato così: Ab Dinagh Zì aveva distrutto la sua anima, nel tentativo di distruggere me. Aveva distrutto il conforto ultimo che spingeva il mio ordine sacro ed il mio clan ninja a continuare a lottare. Ma paradossalmente fu quella seconda consapevolezza che fece in modo di far subentrare di nuovo in me la furia e l'odio della vendetta. Sentimenti che pensavo di essermi lasciato alle spalle dopo aver ottenuto la vendetta sul demone che aveva massacrato la mia famiglia e che pensavo non avrei più riprovato con la stessa intensità..."
    Sospirò prima di riprendere: "Ab Dinagh Zì aveva voluto annichilire non solo me, ma anche una delle fondamenta spirituali e morali e ottenne solo l’effetto di spingerci tutti a combattere ancora più intensamente ed accanitamente contro quel maledetto infame. E la mia esperienza passata mi aveva reso abbastanza saggio e lucido da andare a cercare aiuto e consiglio da chi sapevo che avrebbe potuto sostenermi… e ottenni una delle forze più convinte ad estirpare quel male per sempre!"
    Il suo sguardo si fece duro al pensiero di ciò che avvenne in seguito: "La battaglia fu estremamente intensa e nessuno si tirò indietro, benché li avessi avvertiti di ciò che sarebbe potuto succedere se le lame maledette di Ab Dinagh Zì li avessero colpiti… Vi risparmierò le fasi salienti di quello scontro, ma purtroppo il demone non fu l’unica vittima di quella battaglia, benché io avessi fatto da esca e bersaglio principale per le offensive del nostro comune nemico. E quello che arrivammo a scoprire a nostre spese fu che il demone era anche divenuto troppo grande e potente per essere veramente abbattuto, neppure con le lame da lui stesso create e che gli impiantai personalmente più volte nel suo grosso corpo maledetto… Così dovemmo fare ricorso a qualcosa cui non pensavamo di dover utilizzare: io e i membri dell’ordine sacro superstiti coalizzammo le nostre energie e lanciammo un terribile incantesimo sacro chiamato Exorcitio Fragma…"
    Il vecchio ninja ebbe quasi un brivido dopo aver pronunciato quel nome e a buona ragione: difficilmente la Dama Azzurra avrebbe potuto conoscere quell’incantesimo, i suoi effetti e le sue implicazioni a lungo termine. L’utilizzo di quell’incanto fu una risorsa disperata. "Colpito dall’immensa forza riunita di quindici sacerdoti, il corpo del nostro nemico si scompose in tantissimi cuori, che sarebbero dovuti rinascere un giorno in altrettante, sigillando e purificando così tutto il male che era stato Ab Dinagh Zì. Ma contrariamente alle aspettative, il male sopravvisse anche a quell’attacco e la vicinanza dei cuori stava riuscendo ad annullare, seppure troppo lentamente, l’effetto dell’Exorcitio Fragma. Così venne fatto ricorso ad un secondo espediente: il Gran Maestro del Clan Oboro aprì un portale verso il Maelstrom e vi scagliò tutte le parti del Demone-Cuore nella tempesta dimensionale, nella speranza che quella forza a noi pressoché sconosciuta fosse stata sufficiente a disperdere i cuori nelle dimensioni più disparate e a permettere all’incantesimo di funzionare appieno. Non pensammo purtroppo di tenere nella nostra dimensione alcuni dei cuori del mostro… forse, se l’avessimo fatto, Ab Dinagh Zì non si sarebbe mai risvegliato e la sua setta non sarebbe mai nata a Rockmore. Invece, neppure il Maelstrom sembra essere stato in grado di separarli e in qualche modo i cuori del mostro sono finiti tutti nella stessa città, pur a distanza di qualche anno gli uni dagli altri, secondo gli effetti dell’Exorcitio Fragma… tutti tranne uno, che rimase corrotto e che raccoglieva in sé tutta l’essenza senziente di Ab Dinagh Zì."

    Fece una pausa, logica e di riflessione, pensando a cosa fosse meglio raccontare e soprattutto come, oltre a lasciare alla Dama Azzurra il tempo di assimilare tutta la spiegazione storica dello shinobi e le sue ultime conclusioni.
    "Così, a oltre settant’anni di distanza, il mostro non si è reincarnato completamente per qualche ragione che continuo a non comprendere e la sua essenza, raccoltasi in quel cuore scampato, ha deciso di ritornare in vita e cercare di ricostruirsi per annullare gli effetti dell’Exorcitio Fragma. Quello che sto per dirvi è la ricostruzione che sono riuscito a fare, ma non posso fornirvene la certezza assoluta, solo quello che posso dedurre, pur con sufficiente certezza" la avvertì preventivamente. "Per riuscire nel suo intento, Ab Dinagh Zì è riuscito a spacciarsi per una nuova divinità un anno fa e con false promesse di potenza e gloria, oltre che di aiuto contro la Vera Madre apparsa di recente, ha riunito attorno a sé dei ciechi adoratori, indirizzando sempre più la setta al reclutamento anche forzato delle famiglie dove percepiva la reincarnazione delle proprie parti… ed in qualche modo ha convinto il suo “alto sacerdote” a celebrare sacrifici umani dei figli dei membri della setta, per estrarne i cuori e fare in modo di riuscire a riassimilarli a sé. Per fortuna, Ab Dinagh Zì non era ancora riuscito nel suo intento e i necromanti sono riusciti a fermare il culto prima del compimento dell’ultimo rito e a sconfiggere il Demone-Cuore, ancora incompleto ed in gran parte indebolito dal permanente potere dell’Exocritio Fragma. Quando la barriera magica sotto Rockmore è improvvisamente crollata, ho riconosciuto subito la forza della mia antica magia e sono arrivato a combattimento concluso. Tuttavia restava ancora una cosa da fare, qualcosa che senza l’Exorcitio Fragma ancora attivo non sarei mai riuscito a compiere: pur avendo perso i miei poteri sacerdotali con la perdita del mio mondo, sono riuscito ancora una volta a manipolare la forza sacra dell’incantesimo e a concentrarla per spezzare i legami del cuore senziente con le altre parti. Così ho finalmente distrutto la parte senziente e malvagia del Demone-Cuore e permesso il ritorno alla vita degli innocenti che aveva fatto immolare nel suo tentativo di tornare in vita. Tremo al pensiero di ciò che sarebbe potuto succedere ad Endlos se Ab Dinagh Zì fosse veramente resuscitato…"
    Per fortuna, sembrò aggiungere implicitamente, non era successo e potevano essere lì a parlarne. Tacque per il momento la circostanza che l’ultimo cuore fosse stato casualmente portato fra le fila della Vera Madre, perché quel fatto non costituiva affatto una sicurezza riguardo alla mancata resurrezione del demone. "Non posso dire di averlo davvero ucciso, ma a oltre settant’anni di distanza, ho permesso all’Exorcitio Fragma di completare il suo corso: ora i giovani che portano in sé le parti di uno miei vecchi nemici non dovranno più temere per se stessi, perché i loro cuori ora sono comuni cuori umani. E per fortuna, non sembrano avere afferrato la verità che si cela dietro alle loro vite… prego perché continui ad essere così."
    Lasciò ancora un po’ di tempo prima di dare la sua conclusione: "Di quella setta poi, non dobbiamo più preoccuparci: il demone non c’è più e così la causa ultima della loro follia. I crimini che hanno compiuto in nome di Ab Dinagh Zì, però, non saranno né perdonati, né dimenticati tanto presto… e non saprei come giudicarli…" Qualcosa nel suo tono, però, avrebbe forse lasciato intende quanto in realtà Masahiro avesse le idee ben chiare in proposito, ma avesse deciso di tenerle per sé, probabilmente per rispetto dell’autorità della Dama Azzurra.
    "Purtroppo però, questo non basta ancora a spiegare tutti gli avvenimenti di Rockmore e la presenza del male di Ab Dinagh Zì non era che uno dei motivi delle apparizioni dei Segugi Infernali…" Tuttavia avrebbe continuato solo se Kalia Djibrielle se la fosse sentita di ascoltare il resto di quella storia.
     
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    Il Gufo accettò il tentativo della sua sovrana di arrecargli conforto con un gesto misurato ma affettuoso, e quando parlò, la sua replica giunse già più pacata e rasserenata dallo sconforto che lo aveva così inconsuetamente ghermito pochi attimi prima.

    "La gente di Rockmore ha sostenuto una durissima prova, ma ora fisicamente sta bene"
    asserì, rigirandosi agilmente nell’abbraccio per fronteggiarla
    "Tuttavia non a tutti credo che sarà consentito restare e se non sarete chiamata voi a giudicare, lo farà la gente che a Rockmore si è opposta alle sette demoniache."

    Sostenendo con le iridi di zaffiro lo sguardo verde dello shinobi, la fanciulla si lasciò sfuggire un teso e malfermo sospiro, e annuì; non sapeva ancora bene quali provvedimenti sarebbe stato meglio adottare per intervenire sul territorio, ma -pur ripromettendosi di interpellare il consiglio del ninja in merito alla questione- preferì posticipare quel nodo ad un secondo momento.

    In quel frangente -il suo cuore poteva sentirlo- era Masahiro ad avere bisogno di attenzione, di sostegno... di un orecchio amico che prestasse ascolto alla confessione che scavava dentro di lui una via d’uscita, e non volle interromperlo; così, Kalia rimase in attesa che il racconto cominciasse.


    "Per rendervi edotta di tutti i motivi, dovrò prima di tutto partire da ciò che mi riguarda più da vicino, dal demone che ho involontariamente trasferito in Endlos."

    Seguendo in silenzio le immagini che la memoria dipingeva con fiumi di vivide parole, la donna ripercorse al fianco del Ranger le fasi di quel suo travagliato racconto: apprese per sua bocca del mondo assediato in una lunga guerra contro i demoni... e comprese quanto già questo fosse stato difficile e doloroso, avendo ella stessa vissuto la sua infanzia negata nelle ultime fasi dell’analogo conflitto che aveva devastato la sua terra natia.

    "Questo era anche Ab Dinagh Zì, detto il Tiranno il Demone-Cuore."

    Nel pronunciare quel nome, Masahiro parve sopraffatto da amari pensieri e atroci ricordi, e mentre la voce gli veniva meno per un istante, la Dama gli strinse istintivamente la mano, cercando di infondergli un po’ di calore e trasmettergli il suo appoggio; quando la narrazione riprese, il tumulto nell’animo dello shinobi era una pressione quasi palpabile nell’aria... e presto le fu chiaro il motivo, perché quello che il mezz’elfo aveva perduto doveva aver scavato una voragine così profonda da risucchiare nel baratro quasi ogni cosa di lui.

    Anche lei aveva perduto molto nella sua vita: quando aveva solo sei anni, gli orchi asservitisi ai demoni della Legione Infuocata avevano attentato alla vita sua e del suo fratellino ancora in fasce, e se erano riusciti a salvarsi e fuggire, fu solo per il sacrificio della loro madre,
    assassinata e dissacrata sotto i suoi impotenti occhi di bambina atterrita...

    Quando la guerra si era conclusa e i Portali erano stati richiusi al prezzo di molte vite, appena adolescente aveva dovuto assolvere il suo dovere di principessa e abbandonare la sua nazione -semidistrutta e prostrata- per rinsaldare le alleanze dei regni degli uomini, e avuto uno sposo; per sua fortuna -nonostante il divario di età- era stata promessa ad un cavaliere onorevole, Lord del paese vicino, e aveva sofferto quando lo aveva perso in un agguato di quelle creature ancora rimaste a piede libero...

    Kalia sapeva di non poter comprendere fino in fondo il dolore subito dal ninja per la sua perdita, perché non aveva mai sperimentato lo stesso sentimento che l’aveva unito alla Nariko... e tuttavia, nel tentativo di immaginarlo, il cuore le si strinse con uno spasmo doloroso mentre il ricordo di Jason -la disperazione di come era stato non sapere se fosse vivo o morto, e il pensiero di come sarebbe stato vederlo morire davanti ai suoi occhi senza poter fare nulla- la colpiva con una forza tale da annebbiarle la vista con un velo lucido di lacrime.


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    Solo una perla iridescente discese solitaria dai suoi occhi di zaffiro, segnando una scia argentea sulla guancia delicata della donna... ma non un gemito né un singulto vennero fuori dalle sue labbra, né ella vacillò in alcun altro modo, perché suo dovere era restare salda e presente -come faro nella notte- mentre lo spirito del suo protetto navigava per più oscuri flutti.

    Ascoltò il resto della storia: dello sconforto e della riscossa, del furente riaccendersi della fiamma della motivazione che lo spingeva combattere e della grande battaglia finale, del terribile incantesimo per l’ultima resa dei conti
    -comunque insufficiente ad avere ragione del demone- e dell’aprirsi di un passaggio per il Maelstrom... ed ecco il punto nodale: ecco, dunque, come quella creatura demoniaca che tanto tormentava Masahiro era giunta su Endlos. Era quella creatura la ragione per cui le genti di Rockmore avevano dovuto patire così tante orribili sofferenze.

    "Non posso dire di averlo davvero ucciso, ma a oltre settant’anni di distanza, ho permesso all’Exorcitio Fragma di completare il suo corso: ora i giovani che portano in sé le parti di uno miei vecchi nemici non dovranno più temere per se stessi, perché i loro cuori ora sono comuni cuori umani. E per fortuna, non sembrano avere afferrato la verità che si cela dietro alle loro vite… prego perché continui ad essere così."

    jpgFu probabilmente a causa delle tante -brutte- notizie ricevute, che d’un tratto Kalia sentì cominciare a girarle un po’ la testa, ma nemmeno così si mosse per retrocedere o abbandonare la sua posizione: la pelle nivea del suo candido viso doveva essere ancor più impallidita, ma questo non intaccò la sua determinazione. Avrebbe ascoltato fino alla fine.

    "Di quella setta poi, non dobbiamo più preoccuparci: il demone non c’è più e così la causa ultima della loro follia. I crimini che hanno compiuto in nome di Ab Dinagh Zì, però, non saranno né perdonati, né dimenticati tanto presto… e non saprei come giudicarli…"
    concluse il ninja con un tono grave e piuttosto eloquente
    "Purtroppo però, questo non basta ancora a spiegare tutti gli avvenimenti di Rockmore e la presenza del male di Ab Dinagh Zì non era che uno dei motivi delle apparizioni dei Segugi Infernali…"

    Quell’ultima asserzione la sorprese ancora di più: gli avvenimenti narrati erano oscuri, nefasti e terribili... eppure, lo shinobi aveva appena affermato che quello non fosse stato che la punta dell’iceberg; cercando di ignorare il senso di vuoto che le allargava una voragine dentro, la Dama Azzurra si umettò un poco le labbra ora secche e si impose di dominarsi.

    « Un tuo consiglio sui provvedimenti da prendere per Rockmore sarebbe illuminante... »
    esordì la fanciulla celeste con voce calma e misurata, guardandolo negli occhi
    « ...tuttavia, ora ho bisogno di sapere: credi che ci sia dell’altro laggiù? »

     
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    Era stato concentrato su di sé e sul proprio passato fino a quando Nariko e io suo ricordo erano stati implicati. E sebbene potesse dirsi di essere stato debole ad aver pensato di nuovo ad una delle sue più grandi perdite, quel pensiero non gli sfiorò neanche l'anticamera del cervello: in fondo Masahiro aveva pianto quella donna per un lustro intero, temendo di dimenticarla e di perdere così ogni minima parte di lei. Così non era avvenuto e neanche durante il suo matrimonio con Dalia aveva dimenticato la kunoichi che aveva sostituito Sakura nel suo cuore... ed era finito per piangere l'elfa divenuta sua moglie per molti più anni, insieme ai loro bambini mai nati.
    A ben pensarci, la morte aveva preso tutto da quel suo araldo, al contempo adoratore e sacerdote di una divinità nettamente contraria all'idea stessa della morte e dei morti... eppure, nel momento fatale, era stato strappato alla morte e al conforto che dopo di essa il suo ordine predicava esistere. E la responsabile di quello strappo era davanti ai suoi occhi, pronta ad ascoltarlo e a sostenerlo e negli occhi della quale vide empatia e comprensione: probabilmente anch'essa, nella sua vita, doveva aver subito qualcosa di quantomeno analogo alle sue sofferenze, tanto che quel racconto era riuscito a strapparle addirittura una lacrima e a farla vistosamente impallidire prima che potesse riprendersi abbastanza da parlare di nuovo.
    E ancora una volta, la Dama espresse la sua preoccupazione per la gente di Rockmore e per il male che l'aveva colpita... l'ultimo di cui ancora non sapeva nulla, forse banale in confronto al ritorno scongiurato del demone, ma ben peggiore del culto di Ab Dinagh Zì per proporzioni e conseguenze reali.
    Il Gufo Reale si preoccupò di fronte a quei sintomi e cercò di essere vagamente confortante, senza tuttavia riuscirci per davvero: "Ora non c'è altro male laggiù: me ne sono assicurato di persona e non c'è pericolo per ora. Tuttavia i suoi germi sono ancora presenti e sussiste il pericolo che da essi scaturiscano nuovi pericoli, se quello che li ha posti nella comunità non riuscirà a tornare." Tuttavia lo shinobi dovette insistere su un punto e in un certo senso ricambiare le gentilezze della Dama Azzurra: "Prima di proseguire però, mia signora, credo sia meglio se ci sediamo e ci concediamo un'altra tazza di thé"

    Avrebbe aspettato che lei avesse accondisceso e ripreso almeno un po' di colore e di forze prima di proseguire. Quanto aveva ancora da dire e avrebbe probabilmente tolto qualche battito e tutto il colorito della sua pelle e forse anche dei capelli... e a rifletterci, solo le sue annose esperienze in fatto di demoni gli avevano permesso di riemergere da quell'inferno in terra.
    "Quando siamo usciti dal vero e proprio sistema di catacombe dove si era installato Ab Dinagh Zì con il suo culto, il sole era quasi completamente tramontato. Tuttavia, la conta di coloro che erano rimasti si è rivelata piuttosto... penosa: solo io ed uno dei necromanti infatti eravamo rimasti lì, intenzionati ad andare fino in fondo, perché sapevo che la Vera Madre non era stata ancora scoperta e debellata e quanto avevo saputo su tale setta era sufficiente a spiegare l'apparizione dei Segugi Infernali, ma nessun’altro era tornato: il Precettore ha lasciato una lettera in cui spiegava che lui e gli altri mercenari avevano avuto uno scontro con il culto della Vera Madre e ne erano usciti in condizioni tali da non permettere loro di proseguire le indagini. Al loro posto, sono arrivati altri mercenari ritardatari rispetto alla richiesta della mattina stessa. Dopo aver esposto loro a grandi linee la situazione, abbiamo visto una fila di lumi allontanarsi nottetempo dalla città, alla volta delle poco distanti miniere abbandonate. Ho lasciato che il gruppo seguisse i cultisti, mentre io mi sono assicurato che le giovani vittime di Ab Dinagh Zì potessero tornare a casa... o in ciò che ne rimaneva, dal momento che non c'è casa senza famiglia e le loro sono... se non morte, sono perdute nelle loro colpe."
    Lasciò intendere alla Dama Azzurra che quello sarebbe stato uno dei problemi da affrontare e che non sarebbe stato né facile né breve da fronteggiare.
    Dopo qualche momento di pausa, il vecchio shinobi riprese il suo racconto: "Quando ho raggiunto di nuovo il gruppo, l'ho trovato bloccato di fronte all'ingresso di quella che doveva essere una miniera abbandonata, ma che era sigillata da una struttura runica: quella era un'implicita conferma che qualcosa non andava e che quella fosse la base dell'ordine, ma era anche un pericolo per via degli effetti, che avrebbero messo a repentaglio ogni tentativo di entrare di sorpresa nella base del culto ed intervenire senza mettere in pericolo anche le loro vittime. In quel momento è successa una cosa che nessuno si aspettava, ma che non mi sorprese più di tanto: la bestia che tormentava Rockmore ci è apparsa davanti… o per meglio dire, le bestie: tutto il branco di Segugi Infernali, guidati da un Levriero Infernale, una creatura più imponente e più pericolosa dei semplici Segugi perché più intelligente e capace di comprendere e parlare lingue come la nostra. Il Levriero Infernale aveva capito che eravamo arrivati al punto di rintracciare l’altra fonte del male dopo aver distrutto Ab Dinagh Zì… quello che non mi aspettavo era che il Levriero i questione fosse Krip’pa Tùl, una creatura che avevo già incontrato decadi fa sempre nel mio mondo."
    Decise di attendere ancora prima di proseguire, in modo che la Dama Azzurra potesse assorbire e smaltire la sorpresa per quel risvolto davvero insolito ed imprevisto: in fondo quale sacerdote poteva conoscere una creatura infernale e non scacciarla all’istante? La spiegazione era ancora una volta molto complessa e richiedeva un’altrettanto ampia spiegazione, che però in quel momento non era rilevante, così come non lo era stata per coloro che avevano preso parte a quell’impresa.
    Quando fu il momento, proseguì: "Grazie a Krip’pa Tùl siamo riusciti a rendere inoffensiva la struttura runica e ci siamo divisi per esplorare i vari cunicoli della miniera riadattata a sede del culto della Vera Madre: una parte di noi ha scoperto un’attività di sfruttamento minerario delle vittime più giovani, impiegate per estrarre metallo da un filone tutt’altro che esaurito… mentre io e altri due abbiamo preso con noi alcuni Segugi e abbiamo scoperto qualcosa che non avrei mai pensato di vedere in tutta la mia vita… Ne ho visti di orrori e di gente al di là della redenzione… ma una cosa del genere mai." Era un’ammissione di colpa quella che stava per fare… ma come poteva sconvolgerla ancora fino a quel punto? Abbassò lo sguardo e poggiò le braccia sulle ginocchia prima di continuare: "Quando ho visto uno spettacolo del genere… non sono riuscito a trattenermi e tutti gli aguzzini lì presenti sono finiti all’inferno. Una caverna piena di bambini tartassati, torturati, abusati fino a non riuscire più a pensare o addirittura a desiderare la violenza di cui avevano lo stesso una grande paura…"
    Si fermò. Decise di non raccontare altri particolari di troppo per una scena decisamente indescrivibile… troppo indescrivibile per non scadere nell’orrore più cupo e sconvolgente.
    "Da lì, siamo proseguiti sempre più all’interno del culto, trovando fucine, laboratori di magia, cucine che preparavano cose che preferisco solo sospettare" anche se in realtà aveva capito perfettamente che laggiù si consumava carne umana "Fino a quando non siamo arrivati di fronte ad una sala dov’erano riuniti tutti gli altri membri del culto. La visione del rito orgiastico, dopo gli altri orrori, ha spinto altri a scappare e siamo rimasti in tre con i Segugi Infernali. Lì però abbiamo scoperto che cos’era la Vera Madre: in realtà altro non è se non quello che nel mio mondo chiamiamo Demone Interiore, una tanto rara quanto pericolosa razza ibrida di demoni, dotata forti poteri psichici. Quel che è peggio, è che si tratta di Denèvra ed è la figlia del padrone di Krip’pa Tùl e in quanto tale, non si può uccidere, a meno di voler scatenare il signore di quell’inferno…"
    Masahiro lasciò intendere che la prospettiva sarebbe stata spiacevole quasi quanto la resurrezione di Ab Dinagh Zì.
    "Purtroppo Denèvra sembrava consapevole di questo fattore e ne ha approfittato per gettarci addosso un’illusione e fuggire, lasciando i suoi membri come carne da macello. Per fortuna, avevo un accordo con Krip’pa Tùl e così sono stati individuati e uccisi solo gli individui che non potevano essere redenti. Gli altri sono sopravvissuti, ma il male che hanno compiuto è grande, pur avendolo compiuto come gregari, e le tentazioni potrebbero renderli capaci di compiere altre nefandezze. Tutto questo è avvenuto non più tardi di questa notte e io sono tornato adesso per riferirvi di ciò che ha colpito la città e l’entità delle disgrazie di Rockmore. Il pericolo è scampato, ma purtroppo i suoi germogli sono ancora lì. Mi dispiace dovervi caricare di questo fardello, ma un intervento ritengo che sia necessario ed urgente."
    Non si espresse ancora, non in merito ad eventuali soluzioni: prima voleva essere sicuro che la sua signora avesse ben compreso la portata di tutte le situazioni giunte per sua bocca alla sua attenzione e, se ne avesse avuto bisogno, avrebbe chiarito qualsiasi punto rimasto oscuro. Poi, sempre se lo avesse voluto, le avrebbe fornito qualsiasi consiglio sui modi per lui migliori di affrontare le conseguenze di quei mesi e soprattutto della notte appena trascorsa.
     
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    "Ora non c'è altro male laggiù: me ne sono assicurato di persona e non c'è più pericolo.
    Tuttavia i suoi germi sono ancora presenti e sussiste il pericolo che da essi scaturiscano nuovi pericoli...
    "
    cercò di confortarla il Gufo, senza però dimenticare l’incerta realtà
    "...se quello che li ha posti nella comunità non riuscirà a tornare. Prima di proseguire però, mia signora, credo sia meglio se ci sediamo e ci concediamo un'altra tazza di thé"

    Accondiscese a quella proposta con un incerto cenno di assenso col capo -che fece danzare le ciocche cerulee attorno al suo viso niveo-, e appena ebbe scortato nuovamente il ninja al tavolino tenendolo per mano, si lasciò scivolare sulla poltroncina imbottita di velluto con la leggerezza di una piuma in balia di venti avversi... Tuttavia, quando servì il thè all’esploratore, la sua mano fu ferma e i suoi gesti eleganti, disinvolti e composti: essere sopraffatta dai sentimenti era -ancora una volta- un lusso che non poteva permettersi. Tanto meno quando le situazioni si facevano più gravi.

    jpgMentre la bevanda colmava lentamente la fine ceramica -decorata con motivi floreali- con un gorgoglio basso e lieve, la Dama ascoltò in silenzio il resto della storia: la scomparsa degli avventurieri reclutati -forse rimasti troppo scossi dagli eventi-, la minaccia della Vera Madre ancora desta nel sottosuolo della regione, la lettera del Precettore... -
    riempita la tazza, la porse in silenzio a Masahiro- ...l’arrivo di inaspettati rinforzi in ritardo, la nuova spedizione nelle miniere abbandonate, e -soprattutto, e con maggior dispiacere- del destino di tanti giovani rimasti orfani e senza famiglia. Le sarebbe piaciuto accoglierli a Miséricorde...
    Eppure, più che su quelle povere anime, la narrazione andava ora focalizzandosi su una questione altrettanto importante: prestando ascolto, Kalia apprese della miniera, sigillata da un sigillo magico la cui presenza comprovava l’operato della setta, del manifestarsi al gruppo della “Bestia di Rockmore”, e delle rivelazioni ricevute per bocca del leader di quella muta di cani infernali.
    Un Levriero Infernale, che il ninja aveva già conosciuto nel suo mondo natale.

    "Grazie a Krip’pa Tùl siamo riusciti a rendere inoffensiva la struttura runica e ci siamo divisi per esplorare i vari cunicoli della miniera riadattata a sede del culto della Vera Madre: una parte di noi ha scoperto un’attività di sfruttamento minerario delle vittime più giovani, impiegate per estrarre metallo da un filone tutt’altro che esaurito... "
    rivelò con voce grave il Ranger, prima di preannunciare brutture ancora maggiori
    "...mentre io e altri due abbiamo preso con noi alcuni Segugi e abbiamo scoperto qualcosa che non avrei mai pensato di vedere in tutta la mia vita… Ne ho visti di orrori e di gente al di là della redenzione… ma una cosa del genere mai."

    Sotto lo specchio blu dei suoi begli occhi di zaffiro,
    la Dama vide il suo interlocutore assumere una postura più chiusa e riflessiva.


    "Quando ho visto uno spettacolo del genere… non sono riuscito a trattenermi e tutti gli aguzzini lì presenti sono finiti all’inferno. Una caverna piena di bambini tartassati, torturati, abusati fino a non riuscire più a pensare o addirittura a desiderare la violenza di cui avevano lo stesso una grande paura…"

    Quella notizia le spezzò il respiro, e per trattenere il colpo di maglio che le fece vibrare il cuore fin quasi ad un punto di rottura, si costrinse nascondere le iridi blu -specchio della sua anima- dietro il sipario di palpebre bordate di lunghe ciglia, mentre un brivido di raccapriccio le strappava uno spasmo: che i bambini subissero un tale livello di violenza era qualcosa in grado di ucciderla dentro... e il racconto proseguiva.

    "Fino a quando non siamo arrivati di fronte ad una sala dov’erano riuniti tutti gli altri membri del culto. La visione del rito orgiastico, dopo gli altri orrori, ha spinto altri a scappare e siamo rimasti in tre con i Segugi Infernali. Lì però abbiamo scoperto che cos’era la Vera Madre…"

    Ascoltò ogni informazione reperita in merito all’identità della creatura, della sua fuga ignominiosa dal tempio sotterraneo, e dell’accordo tra l’Esploratore ed il Levriero... e ancora una volta il suo spirito fu scosso - stavolta, dall’indignazione.

    "Tutto questo è avvenuto non più tardi di questa notte e io sono tornato adesso per riferirvi di ciò che ha colpito la città e l’entità delle disgrazie di Rockmore. Il pericolo è scampato, ma purtroppo i suoi germogli sono ancora lì. Mi dispiace dovervi caricare di questo fardello, ma un intervento ritengo che sia necessario ed urgente."

    « Allora dimmi, Masahiro... »
    cercò di non vacillare, soffermando gli occhi lucidi e blu in quelli del ninja
    « ...cosa è meglio fare per quelle genti? »

     
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    Mago guerriero, amante dei gufi e signore della piromanzia.

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    Alcuni dicono dal cimitero, altri dal cielo notturno... Decidete voi da dove vengo.

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    Per fortuna la Dama Azzurra accettò il suo invito e, servendo essa stessa il proprio thé con mano insperabilmente salda, riuscì a riprendere un po' del proprio colorito naturale e delle proprie forze. Altrimenti dubitava che, nonostante tutta la forza d'animo che aveva manifestato fino a quel momento, Lady Kalia potesse reggere anche alla parte peggiore del rapporto del vecchio esploratore oscuro. E in parte ne ebbe la conferma osservando le reazioni che la sua signora ebbe mentre descriveva gli orrori di cui era stato testimone: aveva tenuto per sé molti dei dettagli peggiori e già quei pochi che diede furono sufficienti a scuotere la sua ascoltatrice fin nelle fondamenta del suo animo. Non poteva di certo biasimarla ed era anzi rimasta fin troppo cosciente e contenuta nella sua reazione. Al suo posto, solo la sua lunga esperinza con i Demoni gli avrebbe permesso di ascoltare quello stesso racconto senza cedere.
    Quando infine terminò e le demandò il compito di decidere cosa fare per la popolazione colpita da simili estreme afflizioni, lei tornò a rivolgersi allo shinobi, chiedendogli che cosa sarebbe stato opportuno fare. Quella mossa lo lusingò in un certo senso: molto probabilmente Kalia Djibrielle aveva dentro di sé molte altre domande su di lui e sul suo passato, suscitate se non altro dalla sua conoscenza con Krip'pa Tùl e sui rapporti che non aveva completamente spiegato, ma in qualche modo riuscì ad anteporre a se stessa le proprie responsabilità e il gravoso compito che l'attendeva a Rockmore.
    Comprendeva fin troppo bene il carico di dolore e di responsabilità che quel ruolo comportava, lo stesso fardello di cui anch'egli era stato caricato nel suo mondo per volontà altrui e di cui si era liberato nel modo peggiore possibile: con l'Onda di Luce Siderale che si abbatteva sul suo mondo senza che lui potesse fare niente per impedire l'Apocalisse di Luce.
    Quindi Masahiro, che vide l'insita fragilità contingente dovuta alla tempesta che lui stesso aveva purtroppo abbattuto sulla sensiblità di lei, rispose alla domanda della Dama Azzurra: "Sono necessari purtroppo molteplici interventi perrisolvere molteplici problemi. Primariamente però, tutti gli interventi dovranno incominciare come forma di aiuto: la città ha subito troppe volte troppo ravvicinate tra loro le imposizioni di volontà altrui, anche se si trattava di subdole entità sovrumane. Una nuova imposizione d'autorità finirebbe purtroppo per essere prima sgradita e poi avversata dalla popolazione locale, in particolare quella che in un modo o nell'altro non è arrivata a gravitare attorno ad una delle due sette. In secondo luogo, ritengo sia meglio lasciare che sia la città ad individuare e punire autonomamente le condotte dei propri concittadini ed inviare piuttosto diversi agenti per rendere efficaci gli sforzi di giustizia delle autorità indebolite dagli eventi e altri esclusivamente dedicati per iniziare a sostenere la città nella riparazione dei danni soprattutto morali inferti da Ab Dinagh Zì e da Denevra e dalle rispettive sette. In terzo luogo, ci sono alcuni giovani che se non sono già rimasti orfani, lo saranno per via delle punizioni che non tarderanno ad arrivare e di cui la città non credo riuscirà a farsi carico... e altri che, dopo gli eventi recenti, non vorranno restare in nessun caso: aprire loro le porte di Misericorde e magari di qualche altro luogo di Istvàn dove potranno sentirsi accolti e dove potranno essere curati per superare i traumi che hanno tristemente subito è un atto che terrei in ampia considerazione... così come la stessa possibilità di offrire a Rockmore la possibilità di accogliere le giovani vittime che la città si renderà presto conto di non poter curare. Il contraccolpo sarà molto duro per la città e prevedere diversi anni di necessari interventi individualizzati non solo sulla città, ma anche e soprattutto sulle vittime è una previsione che posso ritenere... ottimistica." L'ultima parola venne pronunciata però con un tono che denotava quanto lo shinobi non riteneva molto plausibile quella stessa previsione o quantomeno non condividesse intimamente la sua stessa conclusione.
    Masahiro quindi sospirò e si alzò. "Tutto questo, però, dovrà essere fatto in mia assenza: Denevra è purtroppo sfuggita, ma ha lasciato dietro di sé una flebile traccia che mi condurrà sulle pendici più alte, se non addirittura in cim ai Monti Shea. E visto quello che è successo, stavolta non chiederò l'aiuto di nessuno: ho già lasciato che troppi animi venissero sconvolti e non permetterò che accada ancora."
    Quindi il vecchio esploratore cominciò ad allontanarsi, ma dopo pochi passi si voltò di tre quarti e disse ancora: "Mi dispiace di aver sconvolto anche il vostro animo, mia signora... e vi ringrazio per avermi ascoltato." L'implicito riferimento era a ciò che la Dama Azzurra aveva fatto nel restargli vicino mentre le spiegava come avesse fatto Ab Dinagh Zì a finire in Endlos e nel suo Presidio, senza giudicarlo, ma anzi cercando di confortarlo, pur rimanendone coinvolta a propria volta.
    Quindi il vecchio shinobi ricominciò a percorrere la via solitaria che l'avrebbe riportato lontano da lì e fin quasi ai confini dell'Est. Ma Denevra era in un certo senso una sua responsabilità e non poteva permettere che continuasse a fare del male al mondo... anche a costo di attirare su di sé l'ira di Belzùr.
     
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    Le parole del Ninja confermarono ciò che in cuor suo la Dama già temeva: per una cittadina indipendentista al limite del ribelle come era sempre stata Rockmore, un suo intervento diretto avrebbe facilmente portato soltanto ulteriore tensione... e sicuramente sarebbe stato vano fargli notare a cosa li aveva condotti la loro sciocca ed insensata avversione all’autorità dell’Alfiere, perché chi ancora ne deteneva il controllo politico era quel tipo di gente che per orgoglio sarebbe stata capace di sacrificare ancora e ancora di nuovo i propri concittadini a tormenti finanche peggiori di quelli appena subiti.

    La cosa più saggia, Kalia convenne col suggerimento di Masahiro, sarebbe stato inviare aiuti sottoforma di generi di prima necessità e di personale qualificato all’assistenza dei civili: un lavoro senz’altro più adatto alle Vesti Blu di Palanthas -ai medici, ai cerusici, ai chierici e ai guaritori della Via di Obeah- piuttosto che ai Falchi di Fanedell o alle Spade di Taldor; anche lasciare delegata alla cittadina stessa ogni libertà in merito alla valutazione della colpa e della sua punizione era la via più giusta, magari affiancando loro un supervisore che si facesse garante di equità nella loro giustizia...


    Ma a chi affidare un tale compito?
    Lo sguardo di zaffiro della signora si posò pensoso sul suo interlocutore: se il mezz’elfo non si fosse voluto -comprensibilmente, dopo quell’esperienza- o potuto dare disponibile all’incarico, con ogni probabilità la scelta sarebbe ricaduta su Lancelot della Guardia Indaco: fidato come amico, e devoto come servitore del bene del Presidio, egli era anche originario della regione di Shea... un elemento che avrebbe senz’altro aiutato a renderlo meno inviso alla popolazione locale.
    Nessuno meglio di lui avrebbe potuto caldeggiare ai cittadini la possibilità di accettare l’accoglienza di Istvàn e convincerli anche solo a considerare l’idea di una nuova vita nella capitale.


    "Tutto questo, però, dovrà essere fatto in mia assenza: Denevra è purtroppo sfuggita, ma ha lasciato dietro di sé una flebile traccia che mi condurrà sulle pendici più alte, se non in cima ai Monti Shea."
    avvisò l’Esploratore, già preparandosi a concludere l’argomento e a congedarsi
    "E visto quello che è successo, stavolta non chiederò l'aiuto di nessuno:
    ho già lasciato che troppi animi venissero sconvolti e non permetterò che accada ancora.
    "
    fece per voltarsi e allontanarsi di pochi, ma passi esitò e -fermatosi- si guardò indietro
    "Mi dispiace di aver sconvolto anche il vostro animo, mia signora...
    E vi ringrazio per avermi ascoltato.
    "

    Quelle ultime parole la colsero un po’ di sorpresa, così la donna si limitò a reclinare un poco la testolina cerulea da una parte -facendo danzare attorno al volto le sottili ciocche azzurre- e ad incurvare un poco le belle labbra -rosse e ben disegnate- in un pallido sorriso.

    « Quando ne avrai bisogno, mi troverai qui... »

    E non ci fu bisogno di aggiungere altre parole, perché l’eco di quegli occhi -danzante sul rintocco impercettibile di quei passi che si allontanavano- celava in sé la silenziosa forza dell’assenso.

     
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