[Quest] The Golden Tree

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    E' un marea di voci e sussurri quella che si dipana da Merovish. Cresce, alimentata dal passaparola, e non vi è luogo dove rifugiarsi per sfuggirle. Qualcuno dice che siano piovuti dal cielo. Un altro, invece, afferma con assoluta certezza che individui misteriosi li abbiano distribuiti a gente fidata. A chi credere? Al bambino dagli occhi luccicanti od alla vecchia venditrice del banco di spezie? Ma soprattutto, vi è davvero una sola verità? Che lo vogliate o meno, il volantino giunge da voi. Sospinto dal vento, scambiato da mani polverose o semplicemente arrivato per caso.

    E quello che leggete è un carico non indifferente di promesse. Le più belle danzatrici mai viste. Ma non dicevano che erano quelle di Sequerus? No, aspetta, forse quelle che si esibiscono nelle notti di plenilunio a Fanedell. Una corona per il guerriero più forte. Ed il campione dell'Arena Nera? Non è abbastanza forte da esser definito il miglior guerriero? Pensa che mi avevano raccontato di tribù combattenti a Klemvor capaci di imprese sovrumane. Merci e tesori leggendari pronti per esser venduti o barattati. Oggetti migliori di quelli trattati dai mercanti di Laputa? Cose segrete, forse qualcosa trafugato dall'inaccessibile Najaza. Qualunque vostro desiderio potrà divenire realtà. Una frase un po' vaga, non credi? Ma proprio tutti-tutti?

    Sembra una di quelle pubblicità ingannevoli tipiche dei bazar: tante parole, ma vuote. E così, prima di voi, gente ha indagato. Perchè potrebbe essere l'affare di una vita o la più grande truffa mai creata. Incredibilmente gli esploratori sono tornati carichi di speranza; si parla di Serendip, una città sorta dove prima si trovavano solo qualche sasso ed un paio di colonne erose dalle sabbie. Si parla di una città inaccessibile, a meno che non si seguano le precise indicazioni scritte sul volantino.

    deserto-2

    Qualcosa c'è. Forse vale la pena tentare. Probabilmente avevate pensato questo mentre, armati di una bussola, seguivate le indicazioni riportate su quel dannato foglio di carta. Latitudine e longitudine sono quelle. Il sole è nel punto più alto dell'orizzonte proprio come era richiesto. Ricontrollate, forse per scrupolo, eppure non avete sbagliato nulla. Le istruzioni che avete seguito sono proprio quelle di chi parte da Merovish.

    Allora perchè siete nel bel mezzo dello Yuzrab?


    Il caldo vi secca la pelle e vi cuoce come l'arrosto nel giorno della festa. Ci si è messo anche quel fastidioso vento che vi sputa in faccia la sabbia. Nessun segno di calessi, dromedari o qualunque mezzo di trasporto vi possa condurre alla città. Forse tocca aspettare, ma non è certo incoraggiante che gli unici esseri viventi per miglia siate voi tre. Anche la pazienza ha un limite...


    Angolo del Master

    Benvenuti a questa simpatica quest. L'unico paletto che vi do è quello che siete partiti da Merovish e che ora vi trovate nel mezzo del deserto. Perché eravate a Merovish? Scegliete voi in base al vostro pg.

    Ora veniamo un po' al post che dovrete fare. Visto che si parte leggeri, avanzo una pretesa. Fatemi un post diviso in due parti nel modo seguente:

    La prima parte deve essere una breve scena per mostrarmi il vostro pg. Ho detto mostrare, non raccontare, mi raccomando. Che significa? Che se è un attaccabrighe mostratemi una scena in cui scatena una rissa per una cazzata. Se è uno senza scrupoli, fatemi vedere lui che tortura un bambino davanti al padre che non ha pagato il pizzo. Insomma mostratemi un po' il vostro pg non tramite le vostre parole (del narratore), ma tramite le sue azioni.

    La seconda parte dovrebbe trattare del suo arrivo nel deserto, ovvero il punto in cui inizia la quest vera e propria. Potete decidere di ignorarvi o di instaurare un dialogo. In fondo ci siete solo voi tre là.

    Detto questo solo una piccola considerazione per l'intera quest. Cercate di interagire con l'ambiente e con i png che vi metterò davanti. Proviamo ad evitare la sensazione di 'scenario di cartone in cui si muovono i pg'. Dal canto mio vi prometto che cercherò di cogliere ogni vostro spunto di gioco ed interazione per rendere la quest ancora più divertente. Pensate prima di tutto a cosa farebbe il pg in quella determinata situazione e fottetevene del resto. L'importante è divertirsi :*

    ----

    Per eventuali dubbi o richieste di proroghe sapete come contattarmi :*
    Tempo limite: 3 Giugno
    Musica: Red Moon Soundtrack - Arabic Desert



    Edited by Luxifer - 20/11/2012, 18:53
     
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  2. _MajinZ_
     
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    Dimitriy ormai seguiva quell’uomo da circa un’ora, ma ancora non era riuscito ad avere quelle informazioni che stava cercando di ottenere ormai da due giorni. Quello però sembrava un buon momento e il tizio adocchiato sembrava proprio fare al caso suo. Aveva appreso che doveva incontrarsi con una certa persona e doveva sentire cosa avessero da dirsi, perché quelle informazioni voleva averle anche lui.
    Il biondo si muoveva con fare circospetto, lasciando che la gran massa di gente coprisse la sua figura che di certo non passava inosservata. Poco distante, a una decina di metri, si trovava un uomo dalla pelle scura, sulla sessantina, che camminava in mezzo alla folla con fare circospetto, guardando spasmodicamente prima a destra e poi a sinistra. L’assassino però, con una strategia ormai collaudata, si muoveva dietro l’uomo in completo silenzio, tanto che neanche i suoi passi producevano alcun suono, mentre sfruttava ogni persona li presente per celarsi allo sguardo del tizio, il quale non lo doveva proprio vedere, altrimenti la missione sarebbe andata a rotoli.
    Appena qualche minuto dopo, il bersaglio voltò l’angolo e ovviamente il Russo lo seguì, non poteva permettersi che gli sfuggisse. Non appena il tizio si infilò nel vicolo, Dimitriy si mosse rapido e si appoggiò al mura dell’abitazione, sbirciando appena e attendendo che l’uomo fosse abbastanza distanza per poi seguirlo senza farsi notare e soprattutto sentire. Il tizio però era prudente, così il biondo dovette nascondersi dietro un cumulo di casse per evitare che lo sguardo del pedinato lo intercettasse.
    Il commerciante svoltò ancora una volta l’angolo e il naufrago fece come prima, sbirciando da dietro l’angolo e notando che il vecchio aprì una porta con un inferriata, incassata nel muro che divideva a metà il vicolo, ma per fortuna era solo una barriera e poteva passare tranquillamente dall’alto. Rapidamente il biondo si mosse e sfruttando un barile si diede lo slancio, atterrando con un equilibrio perfetto sulla sommità del muro, da cui vedeva il tizio camminare in direzione di un secondo uomo, appoggiato al muro. Lo sguardo di ghiaccio dell’assassino si formò su alcune sporgenze, come delle travi, che sporgevano dal muro, così decise di sfruttarle come punti di appoggio, saltando da uno all’altro come un gatto, spostandosi quindi in una posizione favorevole all’ascolto. Restò immobile, abbastanza in alto da non essere visto ma abbastanza vicino da sentire quel che i due avevano da dirsi, afferrando così quelle poche parole che gli servivano e che avrebbe riferito ai Capi Eversori. Successivamente il biondo sparì, senza lasciare nessuna traccia, nessun indizio che conducesse a lui. Insomma, in quel campo Dimitriy era proprio come un fantasma.



    Era da un po’ che quel volantino girava per Merovish, una città dove non essere un criminale era considerata una grave mancanza, quasi quando essere fin troppo onesti. Non seppe come se lo ritrovò tra le mani, ma Dimitriy lo lesse e fu abbastanza incuriosito da quelle parole scritte su quel pezzo di carta all’apparenza così anonimo e uguale a tutti gli altri della sua... specie. Aveva come un che di diverso che non riusciva a spiegare, però non aveva tempo per queste cose, lui. Almeno finché Ariste non lo contattò per recarsi in quel luogo seguendo le indicazioni li presenti, informazioni che portavano dritti in mezzo allo Yuzrab, un luogo che il biondo non amava poi così tanto.
    Così, insieme al Capo Eversore, il ragazzo si era spinto in quel forno naturale per farsi cucinare il cervello recarsi in quel luogo avvolto dal mistero. Faceva caldo, troppo caldo e neanche un leggero venticello soffiava, tutto era immoto e il disco solare la faceva da padrone. Inoltre l’assassino era vestito di nero e la cosa non aiutava proprio con quell’immenso calore, oltre al fatto che odiava con tutto se stesso il calore eccessivo. Eppure un russo si trovava nel bel mezzo del deserto, con il sole che friggeva la sua povera testa e lo faceva sudare benché cercasse in ogni modo di apparire stoico, distante anche dal caldo ma la cosa non era molto funzionale. Era proprio un bel controsenso quello, era scappato dal freddo a lui congeniale per finire dentro un forno, proprio una bella trovata.
    Siamo sicuri che ci sia qualcosa in quel punto? Io non ne sono molto convinto.
    Sbottò infine il naufrago mentre passo dopo passo avanzava in mezzo alla sabbia, cercando di ignorare il suo peggior nemico che era fisso sul nel cielo. Diede un’occhiata al suo volantino e le coordinate erano quelle, c’era poco da fare, però nel bel mezzo dello Yuzrab non c’era l’ombra di nessun fantomatico luogo pieno di ricchezze, donne o qualsiasi altra cosa. Non credeva molto a quelle cose, però decise di fidarsi ugualmente del greco e seguirlo in quel luogo. Le informazioni erano precise, eppure ancora non si vedeva nulla e al momento, almeno secondo il biondo, tutto quello era solo una perdita di tempo, però voleva comunque arrivare fino in fondo e capire se in mezzo al deserto ci fosse veramente qualcosa, in caso contrario, beh, sarebbero semplicemente tornati indietro.



    CITAZIONE
    Stato fisico: Ottimale, un po' accaldato
    Stato mentale: Concentrato ma anche curioso e scettico allo stesso tempo.
    Energia: 100%

    Abilità Passive:
    ₪ Vy ne mozhete vzyatʹ ~ Non puoi prendermi
    Addestrato fin da bambino a rendere ogni movimento sicuro e sorprendente, Dimitriy ha sviluppato un'agilità superiore al normale che un semplice essere umano non potrebbe mai neanche pensare di sfiorare, oltre a una velocità che esula dai limiti di un mortale. I movimenti complessi non sono più un ostacolo, spiccare balzi, salti e rocambolesche fughe diviene facile come respirare, inoltre l'equilibrio riceve un discreto miglioramento che permette al ragazzo di correre anche su superfici esigue o scivolose. Inoltre la rapidità eccezzionele lo rende capace di scatti improvvisi, i quali rendono il giovane quasi imprendibile ed è difficile scorgerne con esattezza i movimenti. Ogni singolo movimento diventa qualcosa di sicuro, rendendo facile schivare ad esempio colpi in arrivo o far perdere le proprie tracce in poco tempo, sfruttando percorsi preclusi a umani senza nessun allenamento specifico e percorrendo grandi distanze con facilità. Il biondo non ha bisogno della forza, gli basta solo colpire al momento giusto come un vero killer per poi sfuggire e senza lasciare nessuna traccia.
    [Power Up Agilità 50% - Velocità 50%]

    ₪ Vy ne slyshite ~ Non puoi sentirmi
    Il silenzio per un assassino è l'alleato numero uno su cui poter contare, seguire il bersaglio senza che esso se ne accorga, arrivare alle spalle e colpire senza dare neanche il tempo alla vittima di rendersi conto di quel che le succede intorno. L'allenamento speciale a cui Dimitriy si è sottoposto ha sviluppato anche questa fondamentale capacità per fare un lavoro come quello, infatti il giovane riesce a distribuire il peso così bene che i suoi passi sono diventati impercettibili ed è quasi impossibile riuscire a sentire qualche suono provenire da lui a meno che non sia lui stesso a volerlo. Anche durante la corsa il suo rumore non viene influenzato e sarà silenzioso proprio come un felino, a patto che tutto il suo equipaggiamento sia ben fissato e non abbia nulla che fa rumore, benché riesca a controllare il suo corpo ciò sarebbe più complicato nel caso ci fosse qualcosa che fa rumore senza il suo volere.
    [Il personaggio non produce nessun suono muovendosi]

    ₪ Krovozhadnostʹ ~ Sete di Sangue
    Durante il suo addestramento, Dimitry ha capito che non è sempre necessaria la forza bruta per colpire con efficacia il nemico, tempismo ed abilità possono produrre una seria lesione al posto di un graffietto da poco. Il biondo assassino sa questo concetto e lo sfrutta a modo suo, in uno stile creato da lui stesso dopo lunghi ed estenuanti allenamenti, fino a rendere tale capacità quasi innata, capace di rendere molto più infidi e letali i colpi che infligge; mirando con naturalezza agli angoli più fragili o debilitanti, come ad esempio un’arteria ed alterando le normali angolature dei colpi è in grado di causare danni solamente in apparenza minori. Colpendo l'avversario nel punto giusto, l'assassino riesce a causare traumi inattesi al sistema circolatorio; questo tende a causare una maggiore fuoriuscita di sangue dalle ferite così inferte, causando una minaccia concreta anche con il più stupido dei taglietti. Proprio come alcuni temibili malattie, infatti venire colpito in questo modo crea una maggiore difficoltà nel sopportare i successivi assalti; una debolezza che apre la via a minacce ben più pericolose, avvicinando di un passo la fine della vita del bersaglio.
    [La precisione dei colpi è tale da causare danni al sistema circolatorio nemico aumentandone così il sanguinamento.]

    Equipaggiamento:
    ₪ Banket Krovi ~ Banchetto di Sangue
    Si tratta di un'arma all'apparenza semplice che però nelle mani giuste diventa un temibile strumento di morte. Essa si compone di un bracciale che avvolge interamente l'avambraccio ed è composta di una lega di metallo abbastanza leggera così da non divenire un ingombro ma un semplice prolungamento del corpo. La parte finale dello strumento è un guanto di pelle con una placca metallica sul dorso della mano che ovviamente è unita al meccanismo presente nell'avambraccio, con annesso una piccola leva metallica che finisce nel palmo della mano. Nell'istante in cui il biondo eserciterà una certa pressione sulla leva, dal meccanismo presente sul polso fuoriusciranno tre lame di acciaio temprato curiosamente rossastre della lunghezza di circa venticinque centimetri appuntite ed affilate, pronte a colpire il nemico di turno. Un'arma facile da nascondere ma letale se usata nel modo giusto.

    Tecniche utilizzate:
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    In un comunissimo giorno nella Tana del Sud, uguale a tanti altri venuti prima ed a troppi futuri che ne verranno, Aristotelis passeggiava rilassato per le strade del Bazar, chiassose e polverose il tanto che bastava perché il greco potesse immergersi nei suoi pensieri senza distrarsi con quello che lo circondava.
    Spoglio della sua panoplia, che lasciò in uno dei molteplici nascondigli degli Eversori, l'oplite aveva deciso di regalarsi un giorno di ferie, da sfruttare senza progetti in mente: così, avvolto nel mantello nero, era ora intento a rimuginare su gravose questioni.

    Merovish sembra tornata quella di prima, eppure le conseguenze dell'attentato sono ancora tangibili.

    Giocherellando sovrappensiero con una mela presa a caso da una bancarella, Ariste ripensava agli ultimi eventi che avevano minato le fondamenta del potere della Capitale, lasciando ampi spazi alle nuove forze emergenti, tra cui figuravano anche gli Eversori.
    Sorrise divertito al ricordo di come tutto ebbe inizio pochi anni addietro, passando il frutto da una mano all'altra e facendolo roteare in aria mentre lo seguiva con uno sguardo intenso e distante.

    E pensare che stavo per morirci, in queste terre.

    Stavolta rise di gusto, attirando l'attenzione del fruttivendolo, che non gradì particolarmente il suo eccessivo tergiversare: l'oplite si scusò con un gesto della mano, estrasse una moneta di rame dal borsello di pelle nascosto sotto al mantello e la lanciò al mercante, che tornò accomodante e generoso nel gesticolare.
    Ora la mela era sua.

    Non tutto è facile come comprare una mela, Aristotelis.

    Commentò tra sé e sé il greco, storcendo la bocca sarcasticamente.
    La mela in questione, però, era di ben altra portata, e Ariste la stava osservando bene, tutt'intorno, sotto e sopra di lui; vi stava camminando sopra, soppesando ogni passo; la stava respirando, inalando a pieni polmoni l'aria, ritmicamente; la stava vivendo momento dopo momento, come in una sorta di trance momentanea.
    Chiuse gli occhi, rimanendo immobile per pochi istanti in mezzo alla folla e lasciandosi travolgere dal chiacchiericcio incessante.

    Un giorno, Aristotelis, tutto questo sarà degli Eversori.

    Un giorno, tutto questo sarà mio.

    Trasalì, sgranando le palpebre all'improvviso: doveva ancora abituarsi a pensieri del genere, così intrisi di ambizione.
    La scarica d'adrenalina gli aveva lasciato una piacevole sensazione in corpo, così decise di avviarsi verso la bacheca del Bazar, sempre fonte di sorprese interessanti e piena di bandi alla ricerca di mercenari, cacciatori di taglie e altri lavori poco raccomandabili altrove.

    Magari il Fato ha qualcosa in serbo per me, oggi.

    Affrettò l'andamento, spinto da quella speranzosa considerazione.
    Fortunatamente, dopo l'attacco degli Angeli a Merovish, non erano molti quelli che volevano davvero cimentarsi in qualche impresa con la promessa di congrue ricompense, e ad onor del vero nemmeno l'oplite aveva avuto modo di partire per qualche missione negli ultimi tempi, complice anche il dover organizzare le mosse future della faccia segreta della gilda, assieme a Bid'daum e Zimmer.
    Quando arrivò alla bacheca, tuttavia, non poté fare a meno di corrugare le sopracciglia: non vi era nessun annuncio.

    Mmh...

    Oggi non c'è niente, amico. A parte questo, s'intende.

    Una voce fin troppo familiare catturò la sua attenzione alle sue spalle, ed il greco si girò con molta calma.
    Un uomo alto e slanciato, non oltre i quarant'anni, dal volto affilato, capelli corti neri e sorriso beffardo, faceva svolazzare nell'aria un volantino ingiallito, cercando di stuzzicare l'interesse dell'oplite.

    Il resto era robaccia, l'ho già smistata ai novellini, ma questo... Questo è il piatto forte, caro mio.

    Ariste sbuffò, roteando gli occhi.
    Era uno dei suoi informatori, e non sapeva dire se questa fosse una fortuna o meno.
    Da un lato, era pur vero che Remì -questo il suo nome- gli aveva sempre passato lavori di notevole pregio; dall'altro, però, il suo era il prezzo più alto sulla piazza, e si trattava comunque di un figlio di buona donna.

    Parliamoci chiaro, vuoi, Remì? Quanto, questa volta?

    Lo smilzo ridacchio, furbescamente.

    Cinquanta, Ariste. Tutte d'oro, tutte ora.

    Stranamente, il greco non inveì, né cercò di contrattare sul prezzo. Si limitò a fissare negli occhi il suo informatore, che ricambiò lo sguardo senza smuoversi di un millimetro.
    Cinquanta monete d'oro non era una cifra irrisoria: molti a Merovish avrebbero ucciso anche solo per un quinto di quel valore.
    Ponderò a fondo, l'oplite, incrociando le braccia e lisciandosi la barba corta. Non c'era da essere troppo impulsivi, nonostante fosse andata sempre bene con Remì.
    Notando la sua indecisione, l'informatore punzecchiò nuovamente l'oplite.

    Ti vedo titubante, Eversore. Rasserenati però, perché stavolta non hai solo la mia parola, ma quella di molti altri curiosoni come te; e come se non bastasse, ho pure un nome: Serendip.

    Serendip. Qualche voce l'aveva sentita, nel mercato: una sorta di città utopistica, o qualcosa del genere, nello Yuzrab.

    Due indizi sono una coincidenza, tre sono una prova.

    Al greco mancava il terzo, ma la luce nei suoi occhi era abbastanza esplicativa.
    Prese il sacchetto di pelle dal mantello, e lo gettò nelle mani di Remì.

    Questo è molto più di quanto tu mi abbia mai chiesto. Se non sarà qualcosa di veramente remunerativo, verrò a cercarti. Sei avvisato.

    Mentre parlava, il suo interlocutore gli passò il foglietto, sotto forma di aeroplanino di carta.

    Bella mela, Ariste. Stammi bene!

    E se ne andò.
    Il greco lo guardò allontanarsi finché non sparì tra le bancarelle, con il pomo ancora stretto nel pugno.
    Avrebbe letto il volantino più tardi, lontano da occhi indiscreti: doveva trattarsi di qualcosa parecchio grosso.

    Serendip...

    Fissò distrattamente il frutto, con la mente impegnata in supposizioni d'ogni tipo.

    Già. Bella mela.

    Le diede un grande morso, facendone colare il succo sulla sua folta barba, e s'avviò sulla via del ritorno, pulendosi con l'avambraccio.
    Poco dopo, solo un torsolo sarebbe rimasto a testimonianza della sua presenza nel Bazar.

    ~

    Sotto il sole cocente del deserto, Aristotelis leggeva e rileggeva accigliato il foglio giallo, serrando i denti.
    Quando l'ennesima goccia di sudore gli scivolò sul naso, poi, non poté fare a meno di imprecare nella sua lingua, con una strana compostezza.

    Χέσμα.

    C'era una cosa che non riusciva a capire.

    Dove diamine è Serendip, per gli Dèi?

    Lui e Dimitriy, coinvolto nella missione il giorno stesso in cui era venuto in possesso del volantino, erano nel bel mezzo dello Yuzrab, sperduti in quell'oceano di sabbia ardente, con il sole che bruciava la loro pelle con un intensità superiore al normale, e quello che non tornava nei conti all'oplite era che, nonostante avessero seguito meticolosamente tutte le indicazioni riportate sul manifesto, della loro meta non v'era traccia alcuna.

    Che tu sia maledetto, Remì.

    Ignorò la domanda sarcastica del russo. Non poteva far altro che pensare d'esser stato gabbato nella maniera più semplice del mondo.
    Possibile mai?
    Scosse la testa: il fatto che anche il suo compagno Eversore avesse trovato lo stesso volantino era il terzo indizio -o forse più il secondo e mezzo- che gli mancava.

    Aspettiamo, Dimitriy, aspettiamo.

    Disse con una punta di nervosismo, incrociando le braccia al petto e sedendosi sul fagotto che portava con sé, contenente l'armatura nera e l'equipaggiamento tutto, fatta eccezione per la spada, saldamente ancorata al fianco sinistro.
    E sperò di non star avendo un'allucinazione quando intravide un'altra figura avvicinarsi dalla stessa direzione intrapresa dei due mercenari per raggiungere quel luogo.
    Non volle indagare oltre: si limitò a restare seduto, fissando attraverso la fessura del mantello quella forma ondeggiante farsi sempre più vicina.

    CITAZIONE
    Allenamento Militare
    Sin da piccolo, Aristotelis Skotos è stato cresciuto seguendo un ben mirato addestramento per lo sviluppo delle capacità fisiche e l'affinamento dei sensi.
    Grazie a ciò, l'oplite possiede forza e resistenza fuori dal comune, così come agilità e velocità molto superiori alla norma.
    Oltre ciò, anche i suoi riflessi e la sua mira hanno ottenuto un netto miglioramento, rendendolo capace di poter difendersi con rapidità disarmante e poter colpire con una precisione quasi ineluttabile.
    Tuttavia, l'allenamento non ha riguardato solo il corpo, ma anche lo spirito: infatti, dovendo aver a che fare con eventi psicologicamente minanti come guerre e battaglie, l'oplite ha sviluppato un pieno controllo delle sue emozioni, riuscendo a mantenere il sangue freddo e l'imperturbabilità nella quasi totalità delle situazioni.
    [Abilità Passive: +50% Forza, +50% Resistenza, +50% Agilità, +50% Velocità; +50% Riflessi, +25% Mira; Resistenza ad Influenze Psicologiche fino a livello Medio]

    Panoplia
    Ciò che rende unico ed inconfondibile Aristotelis è la sua armatura, la famosa "panoplia nera".
    Questa particolare veste di guerra, interamente creata in ferro assai pesante e resistente, è composta da un krànos che copre tutta la testa, la maggior parte del volto ed alcune porzioni del collo dell'oplite, con un pittoresco ed alto pennacchio dalla criniera nero-bluastra come la notte e abbellimenti geometrici dai colori caldi; da thórax e epibraxiōníos, ossia le parti della corazza, modellate sui muscoli del greco, con dei disegni sulle spalline e decorazioni dorate ad abbellire la già pregiatissima opera completamente nera; da epipēkhýon e knemis, bracciali e schinieri, anch'essi di forgiatura muscolare, posti protezione degli avambracci da polso a gomito e delle gambe da caviglia a ginocchio.
    Abbinate all'armatura non mancano lo xiphos, il dòry e l'hoplon, ovvero la spada, il giavellotto e lo scudo. Sono queste armi di inestimabile valore, sia monetario che affettivo che artistico, e ricalcano le caratteristiche delle altre parti della panoplia: la spada, che più della forma di uno xiphos ricorda quella di un makhaira, presenta una lama lunga 85 cm a doppio taglio, a costola ricurva, molto adatta a sferzate rapide e letali, anche se risulta ottima pure per affondi e colpi mirati a tranciare di netto nonché per parate contro altre armi bianche; il giavellotto, lungo 190 cm in totale con la sola punta di lancia lunga 20 cm, è molto ben bilanciato per permettere dei lanci molto lunghi ed ha un'alta capacità perforante che lo rende utile sia sulle lunghe che sulle medie distanze; lo scudo, di diametro di 90 cm, ha un disegno di una falce di luna argentata su uno sfondo nero come il resto dell'armatura, ha dei bordi di bronzo ed ha una forma particolare, in quanto all'altezza del diametro orizzontale vi sono due aperture che servono a permettere di difendere ed attaccare contemporaneamente.
    Fanno parte della panoplia anche le falde di cuoio che coprono le cosce e i deltoidi, anch'esse di colore nero, ed i calzari; quasi sempre Aristotelis indossa anche un mantello nero, con tasche interne per portare oggetti non troppo ingombranti.
    [Equipaggiamento: Armatura Completa; Spada; Giavellotto; Scudo]
    [x
    immagine di riferimento]


    Note: ho preso la libertà di dire che Ariste e Dimitriy siano arrivati sul luogo dell'incontro giusto un paio di minuti prima di Brifos, spero non sia un problema.
     
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    Nel tempio della conoscenza, la parola è argento... ma il silenzio è oro.

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    Il flebile bisbiglio della carta che scivola su altra carta, accompagnato di tanto in tanto da qualche basso e intermittente ronzio, era l’unico suono a ripetersi con costanza nell’aria immota e densa di polvere della volta sotterranea delle Cave del Sapere, dove il chiassoso vocio del Bazar era un eco distante e lontano al suo orecchio, presente quel tanto che bastava a renderlo un confortante segno di vita, ma non abbastanza forte da farne un elemento che potesse disturbare quella piacevole solitudine e distoglierlo dalla sua lettura.

    Delicato e discreto, il fruscio si distese di nuovo nell’aria, e come tutte le volte in cui la sequenza si riproponeva -apparentemente uguale a sé stessa-, gli occhi del lettore -grigi come nubi di tempesta- scivolarono riga dopo riga lungo la nuova pagina stampata in piccolo; mentre versava in quello stato di estraniata contemplazione, niente sembrava in grado di raggiungere quel gigante dalla curiosa criniera blu, sormontata da un corno aureo ancor più singolare... e non solo perché aveva trovato posto in cima ad una vera e propria montagna di volumi -disordinatamente disposti in pile alte almeno fino al secondo o terzo livello di balconate-, ma perché il suo volto inespressivo lo faceva rassomigliare più ad una statua che ad un essere vivente.

    Non staccò le iridi dalla facciata che aveva davanti neppure quando l’architettura maestosa di scale e ballatoi gli restituì l’eco di passi in avvicinamento, e andò avanti a leggere imperterrito anche quando a quella cadenza si sovrappose il berciare sguaiato e strascicato di due uomini; dal tanfo che si propagò, era facile intuire che si trattasse dei soliti ubriachi bighelloni che popolavano quel luogo per null’altro che il refrigerio offerto dalle spesse pareti, ma l’Unicorno si degnò di scollare lo sguardo dal romanzo solo quando apparve evidente che quei rumorosi avventori non fossero in transito.


    « ...coshì gnion mi hanno dato il... il... il lavoro al banco dei pegni perché... perché... »
    una risata sprezzante ed ebete interruppe la narrazione, seguita da un sorso dalla bottiglia
    « ...tu pensha: non so leggere! Ma a chi importa, dico jo...?! Siamo a Mero-Merovish...! »

    Li guardò a lungo fare discorsi privi di senso, sovente intercalati da immotivati scrosci di risa, e rimase ad osservarli con il distaccato interesse dell’accademico anche quando uno dei due -tra grugniti e pezzi di frasi sconclusionate- fece per abbassarsi le brache lerce e consunte.

    « Io gn... gnion varrei niente per loro pe-perché... gnnion ho shtudiato...? »
    biascicò con protervia il primo ubriaco
    « Io ci cago su sti’ libbri de’mmerda! »

    Con una grassa risata divertita l’altro lo imitò, ma entrambi fecero appena in tempo ad avvertire una lieve brezza sospingere le loro schiene -un venticello che non avevano la lucidità di trovare innaturale nel sottosuolo-, prima di ritrovarsi all’ombra di una sagoma alta e possente che torreggiava alle loro spalle: intontiti dall’alcol e sorpresi dalla manifestazione (pessima accoppiata, c’è da dirlo), tutto ciò che riuscirono a fare fu guardarsi smarriti per un attimo -l’uno alla ricerca di una risposta nel volto dell’altro- e poi arrischiarsi a sbirciare indietro.

    L’unica cosa che colsero fu l’espressione vitrea ed impassibile di due occhi grigi come l’acciaio; poi, la crepitante scintilla azzurrina che scaturì dagli indici puntati alle loro nuche li privò dei sensi, lasciandoli cascare a terra come sacchi di patate e strappando ancora qualche tremore alle loro membra, percorse dal basso voltaggio elettrico.

    Con la più pacata indifferenza, il Figlio della Tempesta lanciò ai due un’ultima occhiata, reclinò il capo, lasciò che un guizzo elettrico percorresse il corno dorato, e infine si mie seduto a gambe incrociate ai piedi della montagna di libri: recuperato il suo tomo dalla cintura -dove lo aveva riposto per non perderlo-, ricominciò la lettura da punto in cui l’aveva interrotta; non si accorse del calcio che, in uno spasmo, uno dei
    ningen finì col dare ad una catasta di volumi polverosi...

    L’inevitabile crollo sollevò una nube di polvere e carte volanti, ma mentre i volumi piovevano disordinatamente al suolo -di nuovo- il Raitei non sollevò gli occhi dalle righe stampate; fu un foglio a reclamare la sua attenzione, veleggiando con moti imprevedibili e spalmandosi sulla nuova pagina che aveva appena aperto, e fu con una scintilla di perplessità che luccicava in cima al suo corno, che Brifos si ritrovò a leggere
    quel volantino.

    png

    Mentre il sole allo zenit seguiva i suoi movimenti, le iridi grigie dondolarono di nuovo dalla bussola al volantino, per sincerarsi una volta di più del fatto che il loro proprietario si trovasse nel posto giusto; confermato che così era, il gigante reclinò il capo da una parte, e il suo corno crepitò una scintilla azzurrina, che disegnò sul volto ombreggiato dal cappuccio dei chiaroscuri netti come la sua ombra sul manto di sabbia sottostante.

    Per economizzare su tempi ed energie, l’Amal aveva optato per spostarsi in volo fino alla zona, e da lassù era apparso piuttosto evidente che non ci fosse alcuna città nei paraggi... tuttavia, la presenza di due umani -come lui a passeggio nello Yuzrab- lo aveva spinto a considerare la possibilità di atterrare su una duna e proseguire a piedi nella loro direzione, magari alla ricerca di qualche indizio o riscontro.

    Avvolto nell’abbraccio del suo liso mantello di lana, il Demone constatò che laggiù la temperatura non era certo più clemente che in aria; tuttavia, la proprietà omeotermica della stoffa scelta gli avrebbe permesso di mantenere valori stabili, e così -con passi ampi e misurati- non gli rimase da far altro che camminare: quando li ebbe raggiunti, rivolse loro una sola parola.


    « Serendip...? »



    Status Fisico: Buono
    Status Psicologico: Risoluto.
    Energie Residue: 110%

    Mantra: Grazie alla sua particolare genesi, il Raitei è sensibile alle alterazioni del campo magnetico emesso dalla massa dei corpi e dagli spostamenti d'aria attorno a lui; questo gli dona capacità di vedere a 360° -sia alla luce del giorno che nell’oscurità più profonda- e di captare gli spostamenti di qualsiasi cosa entro un raggio di 30 metri, individuando eventuali nemici nascosti (mimetizzati, sdoppiati et similia), riconoscendone l’esposizione all’elemento.
    Tale abilità sfrutta un livello superiore di percezione che viene anche chiamato “occhio interiore”: si vocifera che alcuni ciechi siano in grado di utilizzarlo in sostituzione della normale vista, e molti sostengono che in realtà le percezioni sono offuscate dall’inganno dei sensi, senza i quali sarebbe possibile oltrepassare senza difficoltà quelli che gli umani credono i loro limiti; questa consapevolezza rende più sensibili e difficilmente influenzabili da allucinazioni, suggestioni e concretizzazioni psichiche. [Vista Cieca + Difesa Illusoria + Difesa Psion]

    Levitazione: L'empatia esistente tra il Demone delle Tempeste e il vento -che per metà compone il suo essere- gli permette di galleggiare liberamente nell'aria e librarsi in volo senza il minimo sforzo ogni volta che lo desidera; sfruttando le correnti atmosferiche, può sollevarsi ad una distanza massima di 5 metri dal suolo. [Volo]

    Hado: Secondo la tradizione spirituale giapponese, ogni cosa possiede una forza vitale, un’energia dotata di proprietà speciali e potere di trasformazione; questa prende il nome di "Hado" -che tradotto letteralmente significa "movimento ondulatorio" o "vibrazione"-, e la credenza che sia con esso possibile far fronte alle difficoltà non è del tutto infondata.
    Brifos è uno degli Xolot, personificazione degli elementi che la Notte della Grande Tempesta gli diedero i natali, e un'eco di queste forze -da sempre rappresentazione del potere più selvaggio- ancora permane dentro di lui, conferendogli un supplemento di energia con cui fronteggiare le avversità. [+10% di Mana]

    Rianimazione: L’elettricità che scorre nel suo essere, come il sangue nelle vene, fa in modo che il Ratei non muoia mai: gli impulsi elettrici continuano ad alimentare l’encefalo, a mantenere attivo il circolo cardiaco e a preservare perfettamente reattive le funzioni motorie e i suoi riflessi. Può restare K.O. per qualche tempo, ma il Signore del Fulmine si riprenderà sempre, dopo la sconfitta. [Immortalità] (fuori dai combat.)


    Edited by Madhatter - 6/6/2012, 22:34
     
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    Qualcosa di sbagliato. E' questo quello che, esplicito o meno, sembra emergere dal cuore dei presenti. Dove sono i fasti promessi? Domanda legittima. Eppure, proprio mentre il Saggio marca i dubbi dei presenti, ecco giungere la risposta.

    Tonnellate di sabbia si alzano dalle dune sospinte da una forza invisibile, pronte per entrare negli occhi e nei polmoni degli avventurieri meno accorti. E quando tutto torna alla normalità e gli occhi possono riprendere la loro funzione, ecco che qualcosa di abbagliante sorge dove prima non vi era niente. La città dei sogni? No, di certo. Ciò che riflette la luce del sole non è altro che lamiera rivettata ed assemblata nella forma di spartane carrozze. Un treno metallico che corre su binari invisibili nel deserto e così lungo da riuscire ad intravedere a malapena l'inizio e la fine. Piccoli oblò si affacciano verso l'esterno, forse più simili a quelli delle navi; paragone non troppo fuori luogo visto che non sembra esserci il fumo tipico delle locomotive a carbone. Chissà come si muove quel coso. Neanche il tempo per dare un'occhiata più approfondita che una porta – a compartimento stagno – scatta verso l'interno ed una figura si erge tra voi ed il prodigio tecnologico.

    bigliettaio

    Ben oltre il metro e novanta, il longilineo bigliettaio – si, quella è la divisa tipica di chi fa il suo mestiere – vi scruta per qualche istante con le sue iridi rosse. La carnagione sembra in tema con il posto, ma i capelli bianchi non sono certo un segno dell'età che avanza. «Biglietti, prego.» esordisce con un tono monocorde. Panico. Quali biglietti? A fugare sul nascere ogni dubbio, indica uno dei vostri volantini. A quanto pare non servivano solo per indicare la posizione e fare pubblicità.

    Una volta consegnati i biglietti, si fa da parte e vi lascia entrare. Se l'esterno vi era sembrato spartano, l'interno non può che soddisfare i gusti più raffinati. Una leggera melodia di archi e violini vi accompagna nel vagone, interrotta solo per un istante dal gracchiare di una voce metallica – forse un'altoparlante –, che annuncia Serendip come prossima fermata. Gli interni sono confortevoli e spaziosi, con posti a sedere più simili a grossi divanetti in pelle rossa che alle scomode seggiole dei treni. Una lunga fila di poltrone intervallate da tavolinetti in legno occupa l'intero lato destro, mentre il sinistro è dedicati a carrelli in argento contenenti dolci e bevande che, non si sa per quale miracolo, non si sono capovolti a seguito alla brusca frenata. Mentre il bigliettaio vi abbandona, scomparendo in un altro vagone attraverso l'ennesima porta a tenuta stagna, potete constatare che non siete da soli. Certo, non una folla, ma evidentemente qualche altro pazzo che sta giocando a dadi con la fortuna vi vuole fare compagnia.

    collage

    Una coppia, forse fratello e sorella, condividono lo stesso colore di capelli – un violaceo tendente al porpora – e vestiti arabici dai colori intensi. La ragazza non sembra avervi notato, intenta com'è dal cercare di capire qualcosa sbirciando dall'oblò, mentre il compagno vi scruta sulla difensiva dietro le lenti dei suoi occhiali. Forse non siete una minaccia, ma sicuramente non rientrate nell'ordinario.

    Una seconda coppia, questa volta meno omogenea, occupa un'altra poltrona. Il ragazzo, dai capelli rossastri e vestito con un completo elegante, vi concede solo uno sguardo per poi tornare a leggere ad alta voce le pagine del grosso libro che tiene in mano. Dai mozziconi di parole pare una fiaba. La bambina – perchè difficilmente avrà superato i dodici anni – sembra interamente presa dal suo oratore, aggrappandosi a lui come si fa ad una madre ed annuendo in risposta alle sue parole. Sarà anche bambina, ma dai vestiti che assomigliano più a veli e dal modo con cui muove i fianchi, non sembra poi così innocente.

    Niente a che vedere, però, con la donna poco più dietro, che di coperto ha solo le spalle. Forse una prostituta od una danzatrice. O più presumibilmente entrambe le cose. Al vostro ingresso ammicca e muove il corpo, in modo da evidenziare ancora di più il prosperoso seno. Qualunque suo gesto non sembra per nulla casuale – dall'aggiustarsi i lunghi capelli neri a trovare una posizione più comoda per sedersi -, come se studiasse ogni mossa per attrarre quanti più clienti possibili. Una strategia che però non sembra funzionare con l'ultimo dei passeggeri, impegnato in un sonno sfacciato proprio a poca distanza dalla tentazione fatta donna. Dei sei è quello con abiti meno ricercati – un po' di lino e stoffa grezza -, ma anche l'unico con un coltello bene in vista appeso alla cintura.


    Angolo del Master

    Sbam. Wall of Text. Liberi di dialogare con chi vi pare (tra di voi e/o con i tizi presenti) o fare ciò che vi aggrada (non potete comunque lasciare la carrozza in quanto tutto sigillato).

    Da questo post reintroduciamo l'esperimento della precedente quest. Ovvero, per tagliare un po' i tempi, se dovete dialogare lo si fa su msn/mp. Cerco di spiegarmi meglio:

    Volete dialogare tra voi? Vi sentite tramite msn o mp e vi scambiate le battute di dialogo, dopodichè nel vostro post le riporterete (il testo esattamente quello ricevuto, i fronzoli intorno come più vi aggrada).

    Volete dialogare con uno dei png? Mi sentite, possibilmente su msn, e facciamo un botta e risposta. Dopodichè come sopra (riportate esattamente il dialogo, etc etc).

    Non ho messo apposta alcun limite di tempo visto che vi possono essere problemi logistici che causano ritardo. Ovviamente questo non significa che non vedrò vostri post per un mese lol

    ----

    Per eventuali dubbi o richieste di proroghe sapete come contattarmi :*
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  6. _MajinZ_
     
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    Purtroppo aspettare non sembrava un’idea molto brillante, visto che all’orizzonte ancora non si vedeva nulla se non sabbia su sabbia. Dimitriy passò una mano guantata sulla fronte catturando così alcune gocce di sudore che gli colavano sul volto, imprecando a denti stretti contro il suo implacabile nemico. Perché diamine non aveva preso quella veste col cappuccio? Al diavolo alla sua testardaggine, il sole mica poteva combatterlo con il suo essere un freddo ghiacciolo.
    A quanto pareva, però, non erano i soli ad incamminarsi in un luogo così inospitale come lo Yuzrab, infatti il biondo notò ben presto una figura alta e slanciata muoversi nella stessa direzione che percorrevano lui e Ariste. Una volta che quella figura si fece più vicina, l’assassino notò il suo crine bluastro e il corno che spuntava dalla sua fronte. Quel tizio di umano aveva solo l’apparenza. Comunque quel volantino poteva essere capitato anche tra le sue mani, visto che non poteva essere un caso la sua presenza in quello stesso punto di quel deserto infernale. La cosa più importante erano le sue intenzioni e per fortuna non sembrava avere intenzioni bellicose.
    Anzi, fece una domanda che mandò via ogni dubbio: il gigante era li per lo stesso motivo che aveva fatto attraversare il deserto a un russo e un greco, quasi fosse l’inizio di una barzelletta. Il naufrago annuì semplicemente, mentre lo sguardo glaciale scrutava quella figura, come faceva ogni singola volta con qualsiasi persona interagisse con lui.
    Comunque non c’era molto tempo per le presentazioni, visto che i granelli di sabbia presero quasi vita alzando un polverone. Il Lampo prontamente si coprì il viso con il braccio, ma purtroppo qualche frammento sabbioso si infilò in essi, così come attraversò il naso e finì nella bocca del ragazzo. Che diamine, solo una tempesta di sabbia ci mancava! Quell’evento però ebbe breve durata e una volta che gli occhi arrossati e umidi tornarono alla loro normale funzione, davanti agli occhi del giovane si trovava qualcosa che in quel luogo non era certo di casa.
    Che diamine...
    Non era la fantomatica Serendip, però. Dal nulla infatti era sbucato un... treno, molto simile a quelli che attraversavano la Russia e teatro di una delle più importanti missioni dell’Organizatsiya. Ma quella era un’altra storia. Quell’immenso veicolo viaggiava su rotaie invisibili e il suo metallo brillava sotto la luce di quella stella implacabile, la cui luce probabilmente filtrava in quegli stretti oblò, più simili a quelli presenti sulle navi che i classici finestrini di un treno, appunto.
    Il tempo di osservare ogni singolo dettaglio delle carrozze, che una porta a tenuta stagna si aprì, proprio nell’ultima carrozza, mostrando quello che sembrava un vero e proprio controllore, con tanto di divisa bluastra e un cappello. Insomma, nulla sembrava essere lasciato al caso. Dimitriy ricambiò lo sguardo di quelle rosse iridi con le sue di ghiaccio, ascoltando quindi le due semplici parole pronunciate da quel tizio.
    «Biglietti, prego.»
    Per un attimo il Russo sgranò gli occhi. Da quel che ne sapeva a Merovish non c’erano delle biglietterie che vendevano i piccoli rettangoli di carta che davano il diritto di viaggiare. Si voltò per un attimo in direzione degli altri due, per poi riportare gli occhi sul tizio proprio nel momento in cui indicò uno dei volantini... Che sembrava fungessero anche da biglietti. Il sicario tirò fuori il suo dalla tasca del giaccone, dandogli un ultimo sguardo prima di muoversi.
    Occhi e orecchie ben aperti. Presta attenzione ad ogni minima cosa.
    La voce dell’oplite giunse alle sue orecchie qualche istante prima di dirigersi verso il treno. Il suo Capo aveva ragione, non si poteva sapere cosa ci sarebbe stato dentro quel convoglio e quindi era fondamentale restare allerta.
    Certo.
    Rispose il naufrago, lasciando che Ariste si muovesse per primo, seguendolo quindi in direzione del treno e dopo aver consegnato i biglietti al tizio, il ragazzo poté finalmente vedere chi o cosa si trovasse all’interno della carrozza.
    Il viaggio per Serendip non sembrava essere qualcosa di poi così esclusivo, visto che dentro quella carrozza si trovavano altre sei persone, particolari a loro modo. I primi a saltare all’occhio furono una coppia di quelli che erano presumibilmente fratelli, una ragazza e un ragazzo dai capelli violacei tendenti al porpora. Lei guardava fuori dall’oblò forse per capire dove si trovasse, mentre l’altro scrutava con uno sguardo molto simile da quello che a volte assumeva il biondo, proprio in situazioni come quella. Dai loro abiti, comunque, facevano pensare a qualcosa legato all’Arabia o qualcosa del genere.
    La seconda coppia invece era più variegata rispetto all’altra, formata da un tizio con i capelli rossicci che leggeva un libro a voce alta, una favola probabilmente, mentre accanto a lui, aggrappata al suo braccio si trovava una bimba che annuiva alle sue parole. Anche se di bimba aveva molto poco, visti gli abiti e i movimenti che faceva. Poco più in la si trovava una persona che l’innocenza l’aveva persa da un bel po’ e lo si poteva constatare con un semplice sguardo. Quella donna formosa indossava delle vesti abbastanza succinte, mostrando il suo essere una ballerina e qualcos’altro, magari. Far ballonzolare la mercanzia però non ebbe poi così effetto sul biondo, il quale si limitò ad ignorarla mentre osservava l’ultimo tizio li presente. Vestito con abiti più normali, dormiva beatamente proprio accanto a quel gran pezzo di gnocca quella provocante donna. Ben in vista era il suo pugnale, appeso alla cintura. Era l’unico a mostrare armi, in quel momento e forse era una cosa da tenere d’occhio quella.
    E probabilmente anche il Greco era della stessa idea, visto che si rivolse nuovamente al killer proprio come faceva un soldato di alto rango con il suo subordinato.
    Vedo se riesco a scoprire qualcosa, controlla quello che dorme.
    Proprio in quell’istante una voce metallica, proveniente dall’altoparlante, giunse presto alle orecchie dell’assassino, essa indicava che la prossima fermata sarebbe stata Serendip, quindi alla fine erano capitati nel luogo giusto. Così il Russo dopo aver annuito alle parole di Ariste, si mosse scegliendo una delle poltroncine più vicine ma non troppo al tizio dormiente, così da tenerlo d’occhio visto che la prudenza non era mai troppa. Incrociò quindi le braccia e socchiuse gli occhi.
    Non amava socializzare, anzi, preferiva restare in disparte a pensare e riflettere, piuttosto che intrattenere relazioni sociali. Se nessuno lo interpellava, sarebbe rimasto in silenzio, in attesa che l’insieme di carrozze ripartisse. Chissà che sarebbe successo una volta che il treno si fosse fermato in quella fantastica città, quella era la descrizione che il volantino faceva di Serendip.



    CITAZIONE
    Stato fisico: Ottimale
    Stato mentale: Attento e pronto a reagire in caso di pericolo.
    Energia: 100%

    Abilità Passive:
    ₪ Vy ne mozhete vzyatʹ ~ Non puoi prendermi
    [Power Up Agilità 50% - Velocità 50%]

    ₪ Vy ne slyshite ~ Non puoi sentirmi
    [Il personaggio non produce nessun suono muovendosi]

    ₪ Krovozhadnostʹ ~ Sete di Sangue
    [La precisione dei colpi è tale da causare danni al sistema circolatorio nemico aumentandone così il sanguinamento.]

    Equipaggiamento:
    ₪ Banket Krovi ~ Banchetto di Sangue
    Si tratta di un'arma all'apparenza semplice che però nelle mani giuste diventa un temibile strumento di morte. Essa si compone di un bracciale che avvolge interamente l'avambraccio ed è composta di una lega di metallo abbastanza leggera così da non divenire un ingombro ma un semplice prolungamento del corpo. La parte finale dello strumento è un guanto di pelle con una placca metallica sul dorso della mano che ovviamente è unita al meccanismo presente nell'avambraccio, con annesso una piccola leva metallica che finisce nel palmo della mano. Nell'istante in cui il biondo eserciterà una certa pressione sulla leva, dal meccanismo presente sul polso fuoriusciranno tre lame di acciaio temprato curiosamente rossastre della lunghezza di circa venticinque centimetri appuntite ed affilate, pronte a colpire il nemico di turno. Un'arma facile da nascondere ma letale se usata nel modo giusto.

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    Serendip.
    confermò la voce asciutta e seria di uno dei due uomini, squadrandolo

    « Capisco. »

    Non mi sembri di queste parti.
    commentò ancora l’altro, senza sorridere, ma con garbo
    Mi sbaglio?

    Nel rilanciare il discorso con un’ulteriore domanda, l’uomo -completamente avvolto da un mantello nero- si alzò dal voluminoso fagotto su cui si era soffermato a sedersi nell’attesa, e un movimento sotto la stoffa all’altezza del torace suggerì il fatto che avesse incrociato le braccia; il Demone delle Tempesto si limitò a fissarlo in volto con occhi vitrei e grigi come le nubi di tempesta, constatando che -invece- per fare una simile osservazione, il suo interlocutore dovesse proprio appartenere alla Tana: del resto, ne aveva tutto l'aspetto.
    Così infagottato nella cappa, aveva l'aria di uno di quei beduini di cui aveva letto in un libro.


    « La mia casa è ad Est. »
    replicò neutro, non comprendendo perché gli occhi del greco si fossero sbarrati

    Ad Est, eh?
    chiese infatti quello, testimoniando una certa sorpresa
    La fama di Serendip è arrivata fino alle terre di Istvàn?

    « Ero in zona per motivi di studio. »
    replicò l'Amal, reclinando un poco la testa da una parte
    « Ho trovato il volantino nella vostra biblioteca. »

    Per studio?
    rimarcò ironico l’uomo del Sud, sorridendo e arretrando un poco il capo
    Deve piacerti molto studiare, per venire fin qui.

    Il Demone delle Tempeste ebbe appena tempo di muovere un cenno di assenso col capo, che immediatamente il deserto stesso parve scuotersi in un cenno che il Raitei non seppe identificare come di approvazione o di diniego: un forza invisibile e misteriosa -perché il Mantra gli diceva che, no, quello non era vento- sollevò intere dune di sabbia in una grande nube; prontamente, il Saggio chiuse gli occhi e nascose bocca e naso in una falda del mantello, e quando i suoi sensi rilevarono terminata la perturbazione, le iridi bigie si posarono nuovamente sul paesaggio... trovandovi qualcosa di diverso.

    L’attenzione del suo sguardo fu attratta immediatamente dal luccichio con cui i raggi cocenti del sole facevano avvampare il metallo di quell’oggetto grande come una piccola abitazione, e con un guizzo elettrico del corno aureo, il gigante vi riconobbe una delle grandi macchine di locomozione -adibita al trasporto collettivo- che aveva già visto e studiato in uno dei suoi libri; con la solita aria assente, Brifos trasse il suo taccuino da sotto la mantella e avanzò verso uno dei vagoni, prendendo qualche appunto scritto su quel suo viaggio.

    Assorto nel vergare le sue annotazioni con la penna ad inchiostro incorporato che aveva costruito insieme ad Arthur, si accorse del controllore solo quando se lo ritrovò a pochi centimetri di distanza, intento a sbarrargli il passo: abbassando il libriccino, l’altezza notevole del giovanotto dai capelli albini e gli occhi rossi gli permise -cosa rara- di guardarlo in viso senza dover chinare il capo; dopo un prolungato attimo di silenzio, arrivò anche la frase di rito.


    «Biglietti, prego.»

    La Corona di Regalia reclinò un poco il capo da una parte -con aria interrogativa-, ma il gesto chiarificatore dell’inserviente, che indicava chiaramente il volantino, gli risparmiò di chiedere spiegazioni; ubbidiente come un bambino -con cui aveva spesso rassomiglianza nei modi- porse il pezzo di carta al bigliettaio e una volta che questi si fu fatto da parte, si mosse per accedere alla vettura: l’interno aveva molto di che dargli a scrivere nel suo quaderno di viaggio, irretendo il suo sguardo indecifrabile in una trappola di gradevoli accostamenti cromatici, arredi armoniosi, virtuosismi culinari pari a quelli di Kalia, e... un campionario di umanità dall’aria interessante.
    Anche se sembravano tutti ningen.

    Lasciò spaziare lo sguardo grigio in giro per l’ambiente, e prese mentalmente nota dei presenti: oltre ai due signori saliti insieme a lui c’erano un giovane addormentato ad uno dei tavolini, una donna abbigliata come le danzatrici esotiche che aveva letto essere in voga nel Sud e nell’Ovest, un paio di viaggiatori dagli abiti sgargianti i cui capelli violacei e tratti fisiognomici facevano ipotizzare una corrispondenza genetica, e un’altra coppia; tra i presenti, furono proprio questi ad attirare maggiormente il suo interesse.

    Perché una ragazzina smaliziata e vestita di veli ancheggiava in maniera ambigua, aggrappata al braccio di un ragazzo già maturo ed elegantemente vestito come chi ha tanto denaro da potersi permettere di comprare una schiava-bambina...? Invero, no: quello non lo aveva ancora notato; la ragione tuttavia, è presto detta:
    loro avevano un libro. E lo stavano leggendo.

    « ...e così la ragazza si avvicinò al cesto,
    timorosa ed allo stesso tempo curiosa di cosa contenesse. »

    andava narrando il giovanotto, a voce che fosse udibile per la sua accompagnatrice

    « E poi...? E poi...? »
    cinguettò la piccola accompagnatrice, evidentemente presa dal racconto

    Cogliendo una pausa dell’oratore, e portando la mano al cappuccio del mantello per abbassarlo e liberare il capo blu elettrico, il Raitei si diresse nella loro direzione a passo tranquillo; si fermò in piedi al loro tavolo, e -torreggiando su di loro dall’alto dei suoi due metri di statura- guardò in basso verso di loro.

    « Aprì lentamente il coperch... »

    Scrutando l'avanzata del gigante, il giovane dai capelli fulvi smise di leggere quando lo vide arrivare molto vicino, e quell’interruzione parve insospettire la ragazzina che era con lui; la piccola si volse d’istinto per guardare quello che il suo accompagnatore stava fissando, e quando si ritrovò due metri di Demone -con tanto di corno- a fissarla dall’alto, il risultato fu dei più prevedibili: lanciò un breve gridolino spaventato, per poi aggrappandosi ancora più saldamente all’altro.

    « Come si intitola la storia...? »
    incurante della reazione, Brifos si rivolse ad entrambi con voce neutra

    « E' spaventoso, John. proteggimi... »
    pigolò la bimba, avvinghiandosi ancora più stretta al suo compagno di viaggio

    « Sono desolato, ma non credo di conoscervi a tal punto da saltare i consueti convenevoli. »
    replicò il rosso, sorridendo alla sua protetta con l’aria di chi è padrone della situazione
    « John White. Con chi ho il piacere di parlare? »

    Mentre cercava di richiamare alla mente le regole circa il come fare conversazione, che la Luna gli aveva con fatica insegnato in passato, il demone reclinò il testone cornuto da una parte e sbattè le palpebre una singola volta: il trucco -rammentava- era dare una risposta, e poi fare una domanda.

    « Il mio nome è Brifos, Corona dei Saggi di Palanthas, ad Est di Endlos. »
    presentò, modulando la voce profonda in un timbro pacato
    « Piacere di conoscerla. »
    si ricordò di aggiungere, prima di riportare l’attenzione sul suo tentativo di prima
    « Come si intitola quella storia? »

    Sembrava uno di quei bambini capaci di ripeterti la stessa domanda all’infinito,
    fino al momento in cui non avessero ricevuto una risposta soddisfacente:
    insistente.

    « Suona come una carica importante,
    ma immagino che su questo treno ci siano molti personaggi illustri. »

    il giovanetto chiuse il libro, infilando un segnalibro tra le pagine
    « E' così importante per voi? Se lo è, allora sarebbe un peccato
    rivelarlo senza un guadagno, non trovate? »

    mentre la piccola gli faceva una linguaccia, il ragazzo allargò il suo sorriso
    « Est, est. Bel posto, mi hanno detto. Clima temperato, verdi campi. Ecco, si, un ottimo luogo per un complesso edilizio. Se siete così importante sarà una passeggiata concedermi degli accordi vantaggiosi per sfruttare qualche buon ettaro di terreno, no? »

    « Sono desolato... »
    rispose il gigante, riproponendo la costruzione che l'altro aveva impiegato solo poco prima
    « ...ma non credo di conoscervi a tal punto da potervi promettere una cosa simile. »
    bene, la risposta era andata; ora gli serviva una domanda per rilanciare il dialogo
    « Posso sedermi qui? »

    « Ah, che peccato. »
    dal tono sembrava realmente dispiaciuta, sebbene la mimica non lo desse a vedere
    « Beh, ma per quello c'è sempre tempo, no? »

    Con la mano destra indicò i sedili di fronte a lui, concedendo al nuovo arrivato la possibilità di prendere posto insieme a loro... una cosa che, ovviamente, la bambina non parve apprezzare: mentre si raggomitolava contro il suo protettore, sembra sempre più simile ad un gatto, tanto che ormai -nello squadrarlo con diffidenza- aveva anche inarcato la schiena, e sembrava che da un momento all’altro si sarebbe messa a soffiare minacciosamente come uno di quei piccoli mammiferi simili a piumini da cipria; lanciò un'occhiata alla bambina, reclinò il capo da una parte, e il corno aureo fu percorso da una crepitante scintilla azzurrina.

    « Suvvia, Blanche: è un ospite... »
    la rimproverò l’uomo di nome John, e quella si acquietò all’istante
    « Gradite dei pasticcini o del tè? »

    Ed ecco che il meccanismo di quel gioco sociale ricominciava:
    Domanda – Risposta – Domanda.

    « Ho letto in un libro che per conoscere bene qualcuno
    serve il tempo per consumare insieme sette sacchi di sale. »

    commentò, accomodandosi sul divanetto con connaturata ed inconsapevole eleganza
    « Apprezzo il thè, grazie. »
    di nuovo il momento della domanda, e forse non era il caso di chiedere ancora del libro
    « Andate a Serendip? »

    « Poetico, ma preferirei non trovarmi costretto a mangiare sacchi di sale.
    Preferisco le cose dolci. »

    replicò l’altro, travisando il senso del proverbio; la bambina, però, lo trovò divertente
    « E tè sia, allora. »

    Mr. White mosse appena una mano, ed una tazza di tè iniziò a fluttuare dal vassoio alla sua destra per poi poggiarsi sul tavolinetto senza versare una sola goccia; poi, fu il turno di un piattino con una fetta di torta alla vaniglia, stavolta destinata alle piccole mani della bambina, che prontamente -quasi si trattasse di una sua precisa mansione- ne tagliò un primo pezzetto con i rebbi della forchetta e cominciò ad imboccare l’imprenditore edile.

    « Direi di si, ma era facile da capire. Questo treno va solo a Serendip. »
    riprese John, tornando in argomento
    « Si dice che si possa trovare di tutto. Non sarebbe saggio lasciarsi sfuggire questa possibilità. »
    di nuovo si fermò, e parve riflettere per un attimo su qualcosa
    « Lei mi è simpatico. Facciamo così. Le offro il titolo della storia ed anche il libro in cambio delle medesime richieste. Che dice, le va bene? »

    « Non ho potere di disporre su ciò che non mi appartiene. »
    il Raitei reclinò la testa da una parte, replicando con voce pacata
    « Però potrei accompagnarla dall'Alfiere per chiederglielo,
    se è così importante costruire ad Est. »


    « Mi hanno detto che è una bella donna... »
    fu il primo commento del fulvo, parole che gli costarono un’occhiataccia della bimba
    « ...ma dubito si lasci convincere così facilmente, o quantomeno dubito di avere qualcosa che le interessi... al contrario vostro. E' un peccato, avevo con me anche la penna. Però... »

     
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    Quando lo sconosciuto fu abbastanza vicino, Ariste alzò lo sguardo, senza scomodarsi dalla sua sedia improvvisata.
    Si trattava di un uomo molto alto, avvolto in un mantello di lana, dallo sguardo freddo. Trattenne un sorriso: quel terzo avventuriero aveva un corno in fronte abbastanza vistoso, e l'oplite non poteva fare a meno di pensare a Bid'daum.
    Il cornuto rivolse una sola parola, ai due mercenari.
    Serendip...?
    Quella era la conferma che il greco stava aspettando. Non erano menzogne, quelle raccontategli da Remì.
    Si limitò a squadrare il nuovo arrivato, rispondendo senza mutare espressione.
    Serendip.
    E non doveva essere un tipo di troppe parole quel gigante, poiché si limitò a controbattere con un semplice e spento: Capisco.
    L'oplite continuò a guardarlo, alzando un sopracciglio.
    Non che fosse obbligatorio conversare, ma non gli piacevano i silenzi imbarazzanti, specie in mezzo al deserto, così si alzò dal fagotto, battendosi il mantello per togliere un po' di sabbia.
    Non mi sembri di queste parti. Disse, incrociando le braccia. Sebbene fosse visibile solo il volto del suo interlocutore, questi non aveva tratti da presidio del Sud. In realtà, gli ricordava di più le terre del Nord, ma forse questa impressione era colpa dei suoi capelli blu.
    Mi sbaglio?
    Non si sbagliava.
    La mia casa è ad Est.
    Rispose l'altro, ed Ariste non poté fare a meno di sgranare gli occhi, sorpreso.
    Ad Est, eh? La fama di Serendip è arrivata fino alle terre di Istvàn?
    Ero in zona per motivi di studio. Ho trovato il volantino nella vostra biblioteca.
    A quelle parole, l'oplite non poté fare a meno di sorridere.
    Per studio? Deve piacerti molto studiare, per venire fin qui.
    E devi anche avere la sicurezza e i mezzi giusti, per farlo.
    Constatò, prima a voce e poi per pensieri.
    L'altro ebbe appena il tempo di fare un accenno col capo che, all'improvviso, un'enorme nube di sabbia s'alzò, investendo i tre presenti. Ariste fece appena in tempo a voltare le spalle a quell'ondata incandescente, evitando che i granelli investissero il suo volto.
    Ma che diamine...
    Quando poté rigirarsi, si tolse il cappuccio, grattandosi la testa e riducendo la bocca ad una fessura.
    Davanti a loro vi era un enorme treno, impossibilmente lungo: non aveva mai visto una cosa del genere, né tanto meno ne aveva sentito parlare.
    Prima che potesse dire qualsiasi altra cosa, un altro tizio molto alto apparì da uno sportellone, chiedendo i biglietti.
    Biglietti?
    In risposta alla sorpresa del greco, quello che era il bigliettaio di quel treno indicò i volantini, chiarendo ogni dubbio.
    L'oplite si rassettò, sistemando il mantello nero ed avvicinandosi a Dimitriy, mettendogli una mano sulla spalla e parlandogli all'orecchio.
    Occhi e orecchie ben aperti. Presta attenzione ad ogni minima cosa.
    Consegnarono i volantini, ed entrarono.
    Alla vista degli interni del mezzo, Aristotelis storse la bocca e corrugò le sopracciglia: sfoggio di sfarzo inutile. Riprese un'espressione più seria solo quando venne annunciata Serendip come prossima tappa.
    Fortunatamente, non vi erano solo cianfrusaglie costose, in quel treno; in quel vagone vi erano altri passeggeri, tutti a modo loro interessanti.
    L'attenzione del greco, tuttavia, si rivolse all'uomo che dormiva, poiché gli sembrò l'unico ad avere tratti di guerriero; di conseguenza, non poté fare a meno di notare anche la provocante donna seduta al suo fianco, vestita -se così si può dire- quel tanto che bastava per far girare la testa ai meno controllati. Come se non bastasse, la seminuda era intenta in un continuo ammiccare a destra e a manca.
    Ariste sorrise, e si rivolse nuovamente al Russo.
    Vedo se riesco a scoprire qualcosa, controlla quello che dorme.
    Detto questo, si diresse verso la poltrona di fronte alla strana coppia.
    E' libero, madame?
    Chiese, sorridendo sornione.
    La donna -una meretrice?- rispose con tono suadente.
    E' sempre libero per degli uomini prestanti come voi... Sapete, mi sentivo tanto sola. -Sì, è una meretrice-Anche voi siete diretto a Serendip? Evidentemente è il destino ad averci fatto incontrare...
    Mentre la sua interlocutrice parlava, il greco prese posto, con un fremito che gli percorse le orecchie a quella parola.
    Il Destino, eh? rimarcò, fissando la donna negli occhi.
    Chissà, forse il Fato ha veramente qualcosa in serbo per me, oggi...
    Disse, incrociando le dita delle mani e appoggiando i gomiti sul tavolino frapposto tra loro due.
    Serendip, proprio lei. Anche voi siete stata attratta dal suo mistero, signorina?
    Tutti siamo attratti dal mistero. Fa parte della nostra natura. Anche se una città sconosciuta potrebbe rivelarsi pericolosa per una povera fanciulla indifesa come me.
    Indifesa, come no...
    Ah, se solo avessi un uomo valente al mio fianco per difendermi dai malintenzionati... ammiccò, con un gesto delle mani atto ad evidenziare il suo seno.
    Ariste, tuttavia, non tentennò, né spostò lo sguardo, limitandosi a ghignare.
    Oh, sono sicuro che troverà un guerriero pronto a scortarla, non v'è dubbio...
    Poi, come colto da una rivelazione, si appoggiò allo schienale, alzando una mano.
    Che maleducato, non mi sono presentato! Il mio nome è Aristotelis, madame. Disse porgendo la destra.
    Posso sapere il suo, signorina?
    A quella domanda, la meretrice si sporse in avanti, e il greco respirò a pieni polmoni il profumo di rosa che emanava.
    Jumana rispose, in un sussurro. Dalle mie parti vuol dire 'Perla d'argento'.
    Anziché dargli la mano, Jumana iniziò a percorrere il braccio dell'oplite con il suo indice. Ariste spostò la sua attenzione su quel gesto.
    Pensate sia appropriato?
    Penso che il nome non renda abbastanza giustizia.
    Fu l'unico commento.
    E cosa spera di trovare una perla come lei a Serendip?
    Continuava a salire con il dito, la donna, e ad avvicinarsi sempre di più.
    Una donna spera sempre di trovare qualcosa... Forse qualcosa a Serendip.
    Ormai era quasi a contatto con il greco.
    O forse l'ha già trovato qui.
    All'improvviso, si allontanò di scatto, appoggiandosi a sua volta allo schienale.
    Non trovate faccia caldo? E' un peccato che vi nascondiate sotto quel mantello.
    Non c'era che dire, cercava in tutti i modi di pescare la sua preda. Questa volta, però, le era andata abbastanza male.
    Oh, ormai sono abituato a queste temperature. E' con voi, l'uomo alla vostra sinistra?
    Disse incrociando le braccia.
    Chi? Il cretino che dorme? Assolutamente no. Mentre voi? E' strano vedere un uomo così bello senza alcuna donna al suo fianco. Avete lasciato a casa la vostra promessa sposa?
    Touché. L'oplite stava iniziando a farsi un'idea sul carattere di Jumana, ridendo alle prime parole.
    Non penso che porterei una promessa sposa nello Yuzrab, in cerca di una città che promette miracoli.
    Rispose, tornando serio.
    Mi sembra saggio. Anche perchè sapete cosa si dice. "Ciò che accade nello Yuzrab, resta nello Yuzrab"...
    A quel detto -e all'ennesimo ammiccare, fu Ariste a fare il finto ingenuo, giusto per cambiare.
    Ho visto tante cose accadere, nello Yuzrab... Contrabbandi, rapimenti, omicidi...
    Si grattò la barba, pensieroso, guardando fuori dall'oblò.
    Non vedo cos'altro potrebbe succedermi di nuovo.
    Stupire è una delle qualità che una donna dovrebbe avere. Controbatté Jumana, rovistando nel suo borsello ed estraendo una moneta d'argento.
    Seguì un piccolo numero d'illusionismo: la donna mise la moneta sulla lingua, ingoiandola e facendo notare all'oplite che non v'era nulla nella sua bocca; dopo, portò l'indice sulle labbra, ed ecco che la moneta era di nuovo lì, sulla lingua.
    Ariste le concesse un piccolo applauso.
    Oh! Complimenti!
    Rovistò sotto al mantello, prendendo a sua volta un obolo d'oro e facendolo roteare tra le dita.
    Voi donne siete sicuramente forzieri pieni di segreti...
    Dopo quelle parole, serrò la moneta nel pungo, stringendola in una stretta di ferro.
    E noi uomini ogni volta dobbiamo aprirli.
    Un paio di istanti seguirono, in silenzio, finché non riaprì la mano lasciando cadere la moneta, piegata e sbilenca.
    Con un gesto fulmineo, Jumana afferrò l'obolo.
    Mi sembra giusto. E' pur sempre uno scrigno.
    Altra moneta, altra magia: stavolta la passò nell'altro pugno, mostrandola di nuovo integra.
    Se vuoi ammirare la perla devi pur sempre aprire la conchiglia. Alluse, appropriandosi dell'obolo.
    Lo considero un anticipo?
    L'oplite non si scompose, sorridendo e fissandola con gli occhi ridotti a due fessure.
    Lo consideri un regalo.
    Sussurrò a sua volta, sporgendosi leggermente in avanti.
    Qui non c'è niente da fare, purtroppo...
    Senza tradire emozioni, si alzò dalla poltroncina, inchinandosi lievemente per congedarsi.
    E' stato un indubbio piacere parlare con voi, Jumena. Tuttavia, vorrei chiedervi un favore, se non è di troppo disturbo.
    Si trattenne dal ridere, immaginando un'eventuale reazione alle sue prossime parole.
    Chi sarei per rifiutare un favore ad un uomo così bello, forte e generoso.
    Lei mi lusinga...
    Commentò a mezza voce, divertito.
    Gradirei che lei dicesse a questo... cretino, quando si sveglierà... e indicò l'uomo al suo fianco, che mi piacerebbe scambiare quattro parole con lui.
    Jumana sbuffò, alzando le mani in aria.
    Non sono mica, l...

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    E' nuovamente la voce metallica dell'altoparlante a farsi viva, questa volta troncando le conversazioni. Siamo giunti alla stazione di arrivo: Serendip. Si prega i viaggiatori di recarsi all'uscita senza spingere.

    Già arrivati? Eppure gli esploratori non avevano preannunciato un viaggio breve. E poi, quando ha frenato il treno? La ragazza dai capelli viola tenta invano di scorgere qualcosa da uno degli oblò, trattenuta solo dalla presa del fratello. Il vetro è appannato dalla condensa. La situazione inizia a farsi sospetta. Una delle porte dei vagoni si apre ed il controllore si dirige senza fiatare verso l'ingresso da cui siete saliti. Lo spalanca di scatto e poi si mette di lato, invitandovi con un eloquente gesto a scendere.

    E così, uno ad uno, uscite dal mezzo di locomozione e mettete il primo piede su Serendip. La prima cosa che notate è indubbiamente il fresco umido che si appiccica ai vestiti. Fresco nel deserto? Umidità, poi. Uno sguardo intorno e finalmente capite il perché. Enormi alberi ed intricati viticci si avvolgono alle case e cercano di allungarsi verso l'alto per raggiungere il sole. Il risultato è una fitta rete vegetale che dona freschezza ed un'ombra ben gradita per il clima usualmente torrido del Presidio Sud. La condensa sulle foglie e sui rami scivola giù come piccoli torrenti, raccolti in fontane o lasciati sprofondare attraverso larghi fori nella pavimentazione. Come quella roba possa crescere in mezzo al deserto è pura magia. Potete scorgere in lontananza l'agglomerato urbano fagocitato dal verde che si estende per leghe ed una strana costruzione, incrocio tra una torre ed un obelisco, che le sovrasta. La seconda cosa che notate è il colore del cielo: tendente al rosso. Non siamo ancora precisamente al tramonto, ma è pomeriggio inoltrato. Eppure potete giurare che il viaggio sia durato solo pochi minuti.

    up-5

    La terza ed ultima cosa è ciò che avete di fronte a voi. Altri passeggeri sono scesi insieme a voi dagli altri vagoni per ritrovarsi un vero e proprio cordone umano ad accoglierli. Centinaia di donne (o forse uomini), vestite con una lunga tunica bianca - simile ad un burqa – che non mostra neanche un centimetro di pelle, si trovano tra voi e la città. Ognuna tiene tra le mani – guantate di bianco – una bacinella dorata ricolma d'acqua ed un asciugamano di lino.

    A compiere un passo in avanti sono solo alcune di queste donne, riconoscibili dalle altre per un albero dorato ricamato sul petto. «La notte si avvicina...» Qualcuno si guarda intorno spaesato, convinto che sia l'amico ad avergli tirato un brutto scherzo. La voce vi è appena giunta direttamente nella vostra mente. «...ma ogni luogo della città sarà per voi accessibile ad ogni ora. Pensate ad un luogo che volete visitare ed io vi indicherò come raggiungerlo. Ma prima...» Questa volta sono le altre donne a fare un passo in avanti con le bacinelle. Potete giurare che siano dello stesso numero dei presenti. «...vi chiedo di seguire le tradizioni e di lavarvi le mani prima di incamminarvi. Prego affinché i vostri sogni possano qui realizzarsi.»

    «Benvenuti a Serendip.»


    Angolo del Master

    Questa volta ho provato un altro tipo di masteraggio. Come avrete notato (credo) le descrizioni sono state ridotto all'osso, evitandovi così di ripetere le stesse cose che riporto nei post. Insomma, le direttive sono quelle che ho scritto, per il resto lasciate spaziare la fantasia. Avete carta bianca. Volete descrivere reggie dorate? Ok. Sequoie giganti? Perfetto. E così via.

    Per quanto riguarda il post comunicate mentalmente alla tizia il luogo che desiderate visitare e nel mio prossimo post vi farò arrivare lì. Riguarda a 'che luogo' non preoccupatevi. Pensate a quello che vorrebbe visitare il pg; ci sarà :*

    ----

    Per eventuali dubbi o richieste di proroghe sapete come contattarmi :*
    Tempo limite: 14 Giugno

     
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    "Siamo giunti alla stazione di arrivo: Serendip. Si prega i viaggiatori di recarsi all'uscita senza spingere."

    Nuovamente, la voce metallica si fece sentire all'interno del treno.
    Siamo... Arrivati?
    Ariste s'affrettò verso uno degli oblò, ma questi erano appannati. Non si poteva vedere nulla di ciò che vi era all'esterno.
    L'oplite non si curò più dei passeggeri, e si diresse subito verso Dimitriy, fissando un punto indefinito davanti a lui.
    Com'è possibile? Non sono passati nemmeno dieci minuti... Non avremmo dovuto vedere la città all'orizzonte, dal punto in cui ci trovavamo?
    I dubbi erano tanti, e risposte non ce n'erano.
    Ariste sembrò tornare alla realtà solo quando il portellone venne aperto, e nemmeno notò il fatto che non vi fu nessuna luce da fuori ad illuminare l'interno della carrozza.
    Andiamo.
    Disse al russo, dandogli un colpetto di mano sulla spalla. Così, scesero da quel treno enigmatico.
    Mh?
    Appena messo piede sulla terra di Serendip, l'Eversore non poté fare a meno di accigliarsi, socchiudendo la bocca.
    Sentì come una leggera patina posarsi sul suo volto, fresca e bagnaticcia.
    Umidità qui? Ma che cos
    Non concluse il pensiero, perché gli bastò alzare lo sguardo da terra per notare una vegetazione irrealmente sviluppata per una città nello Yuzrab: c'era di tutto, da piante d'abbellimento alle semplici rampicanti, dai fiori che emanavano mille profumi agli alberi da frutto.
    Tutti i palazzi sembravano essere avvolti da quel verde lussureggiante -lo era senza dubbio per gli standard delle terre del Sud, almeno- e l'ombra offriva un piacevole senso di frescura che da tanto tempo il greco non provava; inoltre, il sole era pure basso all'orizzonte, nonostante quando fossero partiti era all'apice della sua traiettoria.
    Tuttavia, l'attenzione dell'oplite era fissata sul maestoso monumento in lontananza -quanto era grande, quella città?- che sovrastava ogni cosa.
    Sembrava essere qualcosa di importante, forse un luogo religioso o sede dei detentori del potere. Non poteva ancora dirlo.
    Serendip...
    Le sorprese non erano finite lì, in realtà, poiché di fronte ai passeggeri scesi dal treno si stagliavano un centinaio di figure nascoste sotto dei burqa, ognuna delle quali con una bacinella ed un asciugamano.
    Alcune di questi individui -con dei ricami dorati di alberi sulle vesti- avanzarono.

    «La notte si avvicina...»


    Cosa...
    «...ma ogni luogo della città sarà per voi accessibile ad ogni ora. Pensate ad un luogo che volete visitare ed io vi indicherò come raggiungerlo. Ma prima...»
    Poteva giurare che la prima frase l'avesse sentita nascere in mezzo ai suoi pensieri. Guardò Dimitriy, con gli occhi spalancati, cercando conferma della sua percezione.
    Era stata una voce di donna, uguale all'altra che tutti poterono sentire normalmente. Eppure, guardandosi intorno, Ariste capì che molti erano sorpresi quanto lui di ciò che era successo.
    «...vi chiedo di seguire le tradizioni e di lavarvi le mani prima di incamminarvi. Prego affinché i vostri sogni possano qui realizzarsi.»
    Le altre donne -sempre se di donne si trattava- s'avvicinarono, porgendo bacinelle e asciugamani.
    Il greco guardò con occhi torvi la figura davanti a sé, per poi alzare le larghe falde del mantello e immergere le mani nell'acqua, dopo aver poggiato a terra il fagotto.
    Era capitato senz'altro in una città quantomeno enigmatica. Fortunatamente, all'oplite era sempre piaciuto dover affrontare situazioni così particolari, e non riuscì a trattenere un sorriso al pensiero di chissà quali cose lo aspettavano, a Serendip.
    Finì di lavare le mani, e riprese il suo ingombrante bagaglio.
    «Benvenuti a Serendip.»
    Grazie.
    Stava per incamminarsi verso la donna che aveva detto loro che li avrebbe indirizzati dove desiderassero, quando riapparve Jumana, più ancheggiante che mai.
    Se vuoi trovarmi sarò in qualche posto dove si beve e si balla. Ma ti consiglio di non tardare troppo, perchè non sei l'unico uomo a Serendip ed il mondo è sempre pieno di cacciatori...di tesori.
    La guardò allontanarsi con un lieve sorriso, senza dire niente,
    Poi commentò senza che potesse sentirlo, con un ghigno.
    E il mondo è sempre pieno di tesori.
    Si girò verso il compagno Eversore, richiamandolo a sé con un gesto della mano.
    A questo punto ci separiamo, Dimitriy. Io penso che cercherò una biblioteca.
    Riferì al russo, guardandosi attorno.
    Più cose riesci a scoprire, meglio è.
    Fissò l'assassino negli occhi per un paio di secondi.
    Due sguardi gelidi s'incontrarono per quei pochi istanti, così simili all'apparenza, ma immensamente diversi nella sostanza.
    E non commettere errori, Eversore.
    Si congedò in quel modo, con tono risoluto. Se c'era una cosa che prima aveva imparato nelle battaglie per difendere la sua Grecia, e poi aveva padroneggiato dopo essere entrato negli Eversori, questa era l'esser sempre pronti ad ogni evenienza. Per questo, innanzitutto, decise ch'era tempo di indossare la panoplia.
    Così, col fagotto sulle spalle, pensò a dove voler andare, guardando la donna con la tunica ricamata.
    Gradirei mi diciate dove possa cambiarmi, e dove possa trovare una buona biblioteca.

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    Dimitriy non ebbe neanche modo di sedersi comodamente sulla poltrona, che la voce metallica tornò a farsi sentire, annunciando l’arrivo del convoglio a Serendip. Il giovane non si scompose troppo, però era abbastanza strano che il treno si fosse già fermato dopo essere appena ripartito. Almeno dalle sue parti treni così veloci non ne esistevano, purtroppo.
    Il ragazzo tirò su la testa, provando così ad osservare fuori dagli oblò, ma visto che erano completamente appannati non si poteva osservare fuori. All’improvviso una delle porte del vagone si aprì e da essa ne uscì il controllore dai bianchi capelli, il quale dopo aver attraversato lo scompartimento raggiunse la porta da cui erano entrati, spalancandola. In quel momento il greco si avvicinò al biondo, il quale subito si alzò dalla sua poltrona, affiancandosi così al suo superiore.
    Senza fiatare lo seguì verso l’esterno, restando abbastanza sorpreso da quel che si trovava fuori da essa. Il clima infatti non era secco e torrido come ci si poteva aspettare da una zona come lo Yuzrab, infatti la prima cosa che l’assassino notò fu una cosa che in quel deserto mancava: l’umidità. Essa come un velo si appiccicò al suo viso, segno che la vegetazione li era molto rigogliosa, quasi opprimente. Infatti voltandosi il naufragò notò una grande varietà di alberi, piante e fiori di ogni tipo, il verde si arrampicava sulle case e le avvolgeva come una seconda pelle, senza lasciare nulla allo scoperto. L’ombra era sicuramente piacevole anche in un clima tropicale come quello, cosa abbastanza rara visto il luogo in cui, in teoria, dovevano trovarsi. Però erano capitate delle cose abbastanza strane da quando aveva lasciato Merovish, motivo per cui il russo non ci fece poi così caso.
    La prima cosa che saltò ai suoi occhi gelidi, infatti, fu l’immensa costruzione che si ergeva in lontananza. Si trattava di un’immensa torre che si innalzava verso il cielo ormai rossastro, più simile ad un obelisco che una costruzione abitabile, tanto era massiccio. Solo in quel momento il ragazzo si accorse veramente del cielo, il quale recava i segni del tramonto, anche se avevano viaggiato solo per pochi minuti.
    Altra cosa interessante fu lo scoprire che altre persone scesero dall’immenso treno, mentre poco lontano dal veicolo si trovavano delle donne, ma forse anche uomini, vestiti con una veste lunga che copriva anche il viso, proprio come un burqa. Essi tenevano tra le mani una bacinella con dell’acqua dentro, oltre ad un asciugamano di lino bianco. Alcune donne con un albero dorato ricamato sulla tunica fecero un passo avanti e in quel momento il biondo udì qualcosa.
    «La notte si avvicina...»
    D’istinto si volto verso il suo collega, osservandolo con la fronte corrugata e come lui anche l’oplite era sorpreso a sua volta. Visto che non era stato lui a parlare, allora chi poteva essere? La domanda ebbe subito una risposta: quelle parole giungevano dritte alla loro mente. Sembrava una cosa assurta, però quella voce femminile non la percepiva con l’udito ma si infilavano dritte nei suoi pensieri. Ci mise un po’ a capirlo, quel fatto era abbastanza... Strano.
    «...ma ogni luogo della città sarà per voi accessibile ad ogni ora. Pensate ad un luogo che volete visitare ed io vi indicherò come raggiungerlo. Ma prima...»
    Le parole continuavano a giungere alla mente del russo, mentre davanti a lui le donne con la bacinella fecero un passo avanti, affiancandosi così alle tizie con l’albero dorato.
    «...vi chiedo di seguire le tradizioni e di lavarvi le mani prima di incamminarvi. Prego affinché i vostri sogni possano qui realizzarsi.»
    Era una richiesta abbastanza assurda, ma senza fiatare il ragazzo si levò i guanti bianchi che ripose in tasca, immergendo quindi le mani nell’acqua fredda, senza abbassare mai lo sguardo da quella figura, era sempre sospettoso l’assassino.
    «Benvenuti a Serendip.»
    Una volta lavate le mani e asciugate con l’asciugamano, il giovane indossò nuovamente i suoi guanti, annuendo con la testa in segno di ringraziamento. Era un poso davvero insolito quello, enigmatico come pochi e la cosa intrigava il killer.
    Comunque Dimitriy si voltò verso il suo compagno, ascoltandole le sue parole. Non era di certo un problema dividersi, così avrebbero raccolto maggiori informazioni su quel particolare posto e il sicario aveva già in mente cosa fare.
    Agirò alla vecchia maniera, il mercato è un ottimo luogo per raccogliere informazioni.
    Annuì dopo aver scambiato le ultime parole con Ariste, non c’era neanche bisogno di avvertirlo, lui era uno che li errori non li commetteva mai. Ricambiò quello sguardo freddo con il suo, uguale solo all’apparenza, per congedarsi quindi da lui e iniziare a esplorare.
    Puntò quindi gli occhi azzurri in direzione della tizia nascosta dalla veste, provando poi a concentrarsi e “parlare” con la sua mente in direzione di quella figura. Non l’aveva mai fatto, però provò ugualmente a comunicare senza dare troppo nell’occhio.
    Vorrei raggiungere il mercato. Qual è la via più breve?
    Attese quindi una risposta prima di muoversi, sapeva che se si voleva conoscere qualche informazione su un luogo nuovo era quello di raggiungere una zona dove si ritrovavano più persone. E quale luogo era migliore di un mercato per farlo?



    CITAZIONE
    Stato fisico: Ottimale
    Stato mentale: Incuriosito
    Energia: 100%

    Abilità Passive:
    ₪ Vy ne mozhete vzyatʹ ~ Non puoi prendermi
    [Power Up Agilità 50% - Velocità 50%]

    ₪ Vy ne slyshite ~ Non puoi sentirmi
    [Il personaggio non produce nessun suono muovendosi]

    ₪ Krovozhadnostʹ ~ Sete di Sangue
    [La precisione dei colpi è tale da causare danni al sistema circolatorio nemico aumentandone così il sanguinamento.]

    Equipaggiamento:
    ₪ Banket Krovi ~ Banchetto di Sangue
    Si tratta di un'arma all'apparenza semplice che però nelle mani giuste diventa un temibile strumento di morte. Essa si compone di un bracciale che avvolge interamente l'avambraccio ed è composta di una lega di metallo abbastanza leggera così da non divenire un ingombro ma un semplice prolungamento del corpo. La parte finale dello strumento è un guanto di pelle con una placca metallica sul dorso della mano che ovviamente è unita al meccanismo presente nell'avambraccio, con annesso una piccola leva metallica che finisce nel palmo della mano. Nell'istante in cui il biondo eserciterà una certa pressione sulla leva, dal meccanismo presente sul polso fuoriusciranno tre lame di acciaio temprato curiosamente rossastre della lunghezza di circa venticinque centimetri appuntite ed affilate, pronte a colpire il nemico di turno. Un'arma facile da nascondere ma letale se usata nel modo giusto.

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    L’annuncio dell’altoparlante si impose al di sopra di ogni conversazione, coprendo le voci dei partecipanti e rivendicando con prepotenza l’attenzione dei passeggeri: in un tempo curiosamente breve, la loro meta -unica cosa che forse li accomunava tutti- era stata raggiunta. Erano a Serendip.
    Come suggerito dalla comunicazione radio, il gigante si alzò lentamente dal tavolinetto dove aveva solo poc’anzi preso posto, e si preparò a defluire verso l’uscita insieme agli altri quando la voce del Signor White lo richiamò indietro.

    « Starò qui qualche giorno, comunque. Se hai intenzione di accettare lo scambio... »
    lo avvisò il fulvo, porgendogli un cartoncino rigido lucido
    « ...tieni questo. Basterà pensare al mio nome e verrai materializzato accanto a me.
    Ci conto. »


    Il gigante lo fissò dall’alto per un istante, poi gli rivolse un cenno del capo e accettò il biglietto da visita; poi, con l’incedere lento e solenne che gli era proprio, calpestò il tappeto rosso che portava al portello di ingresso, superando il controllore che vi sostava in attesa.

    Non appena ebbe superato la soglia, l’abbraccio dell’aria fresca lo sorprese, strappando una scintilla incuriosita al corno dorato; quando lasciò le iridi bigie libere di spaziare per l’ambiente circostante, reclinò la testa blu da una parte e le sopracciglia gli si aggrottarono in uno dei suoi rarissimi esercizi di mimica facciale: intorno a loro, sotto un cielo scarlatto -inusuale anche per il tramonto-, si trovava il singolare risultato di un modello urbanistico sprofondato nella natura.

    Per quanto una simile vegetazione potesse sembrare di per sé speciale nelle terre del meridione, avrebbe dovuto far meno scalpore per lui, abituato al clima e ai verdi paesaggi dell’Est... ma la verità era che quello spettacolo fu stupefacente anche per lui: quasi a delimitare il perimetro dell’area cittadina gli occhi bigi contarono cinque snelle guglie lucenti di pietra bianca, che si levavano verso l’alto superando le chiome degli alberi colossali, le cui chiome intrecciate ricreavano una tettoia naturale di foglie attraverso cui la luce del sole si rifletteva in chiari riverberi sulle venature d’argento delle architetture.

    Era come se gli edifici arricchissero la natura anziché dissimularla: case e botteghe erano intagliate nella pietra e nel legno, coronate di edere, fiori e altri viticci rampicanti, e alte e slanciate come pioppi, che si slanciavano in impossibili spirali sulle strade lastricate di quarzo opaco eppure lucente; al centro, una grande torre d’oro brunito rifletteva il sole, e sembrava prender vita nel gioco dei riflessi che restituiva... permeando ogni cosa di una bellezza antica e ormai sconosciuta e dimenticata nelle terre del Sud.


    « La notte si avvicina... »
    una voce di donna risuonò nella sua mente, ridestando l’attenzione del Demone
    « ...ma ogni luogo della città sarà per voi accessibile ad ogni ora. »

    Alla ricerca di una possibile padrona di quelle parole -difficile da trovarsi, data l’origine disincarnata del suono-, Brifos si guardò intorno, e -senza meraviglia- constatò che anche dalle altre carrozze del treno erano sbarcati diversi visitatori; quando si accorse della piccola folla in vesti bianche che li attendeva come un comitato di benvenuto, si diresse in quella direzione, dove delle -forse- signore (ricordava quell’abbigliamento come la tipica moda delle donne delle sabbie) stavano in attesa, chi reggendo dei catini d’oro pieni d’acqua cristallina, chi degli asciugamani; alcune di esse -con il ricamo di un albero d’oro sulla tunica- avevano fatto un passo in avanti.

    « Pensate ad un luogo che volete visitare ed io vi indicherò come raggiungerlo. Ma prima...»
    le donne armate di bacinelle mossero un passo avanti dalla loro fila
    « ...vi chiedo di seguire le tradizioni e di lavarvi le mani prima di incamminarvi. »

    Tra coloro che spezzarono gli indugi per eseguire il rituale di accoglienza, gli occhi grigi del demone riconobbero l’uomo incontrato nel deserto con cui aveva conversato prima di salire sul treno, ma -visti gli scambi in cui lo vide impegnarsi prima con una donna e poi col suo compagno di viaggio- preferì non aggiungere altro quando lo superò diretto ad una delle bacinelle.

    « Prego affinché i vostri sogni possano qui realizzarsi. Benvenuti a Serendip.»

    Il Raitei ricambiò il saluto proveniente da dietro il velo con un’occhiata incuriosita, e mentre le iridi color delle nubi si incatenavano a quelle misteriose della sua interlocutrice, immerse le mani grandi nell’acqua profumata su cui galleggiavano petali di rose del deserto, una scintilla azzurrina crepitò in cima al corno aureo; poi, si asciugò con il morbido panno di lino e con voce quieta ed incolore espresse il suo desiderio.

    « Vorrei visitare l’Obelisco. »

     
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    Non è una semplice indicazione quella che compare nella vostra mente, bensì una vera e propria mappa dettagliata – con tanto di svolte ad ogni angolo - per districarsi nel complesso reticolato urbano. Tre destinazione ben precise e qualche parola di scusa, rivolte ad Aristotelis, per l'impossibilità di cambiarsi d'abito nell'immediato. Sembra infatti che solo a sera inoltrata verranno comunicate agli ospiti le stanze presso cui alloggiare.

    Ha inizio così il vostro cammino, rigorosamente a piedi nelle piccoli e grandi vie di Serendip. In realtà il viaggio vi sembra breve, eppure guardando in alto potete notare come il sole sia ormai quasi del tutto sceso. Uno scherzo ottico oppure ore di cammino? Se potevate avere qualche dubbio sull'attività locale una volta giunta la sera, la folla vi smentisce in pieno. Anzi, pare esserci ancora più gente che nelle ore diurne.

    Serendip, Mercato {Dimitriy}

    Il mercato è un coacervo di colori, suoni ed odori da far venire il capogiro. C'è chi dice che i mercati di Merovish siano i più affollati e caotici. Beh, quelle persone si sbagliano. Se nei lunghi cunicoli sotterranei della città l'assembramento delle bancarelle è dovuto alla mancanza di spazio, qui l'intera piazza è sommersa di bancarelle al punto da rendere difficile il passaggio dei 'turisti'. Mercanti da ogni angolo di Endlos – e forse anche oltre – tentano di vendere le loro merci appigliandosi ai futuri acquirenti ed urlando i loro prezzi. Tessuti, gioielli, spezie e qualunque cosa la mente umana possa concepire.

    Ti destreggi alla meno peggio nella speranza di ottenere qualcosa che compensi il sudore e la fatica per sopravvivere in quel trambusto. E' però quel 'qualcosa' a trovare te. Qualcuno ti finisce addosso per pura casualità mentre scarti a sinistra per evitare una vecchia signora, bloccatasi improvvisamente per ammirare alcuni anelli d'argento.

    aria-3Qualcuno che riconosci una volta che alza la testa per incrociare il tuo sguardo. Impossibile non collegare quei capelli viola ed i vestiti colorati.

    «Ah! Siete il signore del treno!» ti urla in faccia indicandoti senza ritegno. Sembra abbastanza infantile nei modi. Ti sorride e saltella sul posto, estraendo dalla borsa a tracolla una collanina d'argento per poi tenerla all'altezza del collo. «Beh? Come mi sta? Basim mi dice sempre che sto bene con tutto...su dammi un parere!» Ti si spinge contro, quasi a volerti impedire di proseguire. In lontananza non puoi non notare il suddetto Basim farsi largo tra la folla nel tentativo di raggiungerla.

    Serendip, Biblioteca {Aristotelis}

    La biblioteca ti si pone davanti in tutta la sua teatralità. L'edificio di base doveva essere una torre, ma ormai la fusione con una sequoia gigante li ha resi inscindibili uno dall'altro. L'armonia tra legno e pietra è talmente perfetta da chiedersi se siano stati plasmati insieme da qualcuno in grado di controllare i flussi naturali. L'interno è, invece, completamente in muratura. Grosse finestre con vetri colorati proiettano la luce all'interno delle sale circolari disposte su più piani e dal pavimento composto da ampi lastroni. Una grossa scala a spirale collega i vari piani, di un numero apparentemente indefinito. Non vi sono banconi, ma più inservienti – vestiti nello stesso modo di quelli che vi hanno accolti – girano nella struttura, evidentemente rispondendo alle domande degli ospiti.

    E' proprio vicino all'ingresso che l'occhio ti cade su due figure già viste sul treno ed ora intente a scegliere alcuni libri da uno scaffale. Una è l'uomo in completo che aveva discusso con il gigante, l'altra la giovane ragazza che sedeva con lui. Forse vuoi scambiare qualche parola, forse no, ma è il mercante a rompere ogni indugio per primo ed a farsi avanti. Anche perché, diciamocelo, sei uno che si nota.

    «Buon pomeriggio...o forse dovrei dire buona sera.» esordisce con un sorriso ed una mano tesa a stringere la tua. «John White, commerciante ed imprenditore. Con chi ho il piacere di parlare?» Mentre aspetta una tua risposta è la bambina ad intromettersi. La vedi portarsi entrambe le mani sulla pancia, da cui esce un suono decisamente universale. «Ho fame~» supplica, per poi aggrapparsi alle vesti del mercante.
    aria-3

    Serendip, Obelisco {Brifos}

    L'obelisco; edificio senz'altro misterioso. Cosa si nasconde all'interno? Templi? Sale private? Inestimabili tesori? Oltre gli ampi portoni in ferro battuto vieni travolto dal vociare continuo dei presenti. Una taverna. O almeno su questo piano. Addobbata con enormi tappeti e morbidi cuscini, il luogo di ristoro sembra già colmo di eroi e visitatori. Gente di ogni presidio: dagli abiti orientali del Presidio Ovest alle folte pellicce – che creano non pochi problemi ai loro proprietari – del Presidio Nord. C'è un po' un misto di tutto: da chi vuol semplicemente bere in compagnia a chi cerca un altro genere di compagnia.

    In tutta quella folla noti due volti conosciuti. Il primo è quello della donna dall'ampia scollatura, scorta a malapena dietro una barricata di uomini con la bava alla bocca. Sembra intenta in qualche genere di danza sensuale dagli ampi movimenti di bacino, cosa che riscuote un discreto successo. Altri fischi di apprezzamento si aggiungono quando esegue una perfetta spaccata verticale.

    aria-3Il secondo è quello dell'uomo che sul treno si stava schiacciando un pisolino. Da quanto si sbraccia e si muove sembra essersi ripreso pienamente. E' lui ad attirare il resto degli spettatori, intento a raccontare una storia su qualcosa che a naso ti sembrano spiriti dell'oriente. E' un tipo che sembra cavarsela egregiamente, modulando il tono della voce a seconda dell'enfasi che vuole dare ed accompagnandolo a gesti e movenze per conferire drammaticità al tutto. Sempre più persone si voltano a guardarlo e le uniche occhiatacce che riceve sono quelle dell'oste, che preferirebbe più gente intenta a bere che a fissare il cantastorie. L'uomo sembra accorgersene e chiede una pausa per ordinare un bel boccale di birra, invitando i presenti a fare altrettanto. L'oste si rasserena e gli scappa anche un applauso. L'avevo già detto che il tipo se la sa cavare bene?


    Angolo del Master

    Completa libertà, basta non essere autoconclusivi con i png.

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    Per eventuali dubbi o richieste di proroghe sapete come contattarmi :*
    Tempo limite: 18 Giugno

     
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  14. _MajinZ_
     
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    Dimitriy aveva sempre pensato che il mercato di Merovish fosse una delle cose più affollate che avesse mai visto, eppure quello di Serendip non aveva nulla a che vedere con la sua controparte della tana.
    Le bancarelle erano ovunque, per nulla ammassate a causa del poco spazio, visto che l’enormità di quel luogo rendeva lo spazio pressoché infinito. C’era così tanta gente che il passaggio era reso abbastanza difficoltoso, tra le urla e gli schiamazzi dei mercanti che richiamavano le persone alle proprie bancarelle, per vendere loro merci di ogni tipo. Si passava dalle vesti ai gioielli, per poi continuare con spezie di ogni genere che riempivano l’aria con il loro aroma. La lista era semplicemente infinita, così come la difficoltà per il Russo di muoversi la in mezzo.
    Una cosa era certa, se voleva confondersi con la folla quello era il luogo più adatto, ma in quel modo anche trovare informazioni diveniva complicato, tra urla e schiamazzi. A differenza della Tana, non si vedevano quei loschi figuri che contornavano il mercato di quel luogo malfamato, essi erano sempre informati su tutto, su qualsiasi cosa accadesse in città. Ma purtroppo in quella nuova città, l’assassino non aveva molti punti di riferimento e l’unica cosa che poteva fare era aguzzare lo sguardo, così come l’udito mentre cercava di schivare le persone che si muovevano nei due sensi di marcia. Sembrava una strada affollata all’ora di punta, solo che li vi erano persone e non automobili.
    Il biondo continuava ad avanzare alla ricerca di qualcosa che nemmeno lui sapeva, schivando persone distratte, come la vecchia signora che attirata da una bancarella di gioielli si era fermata di colpo, solo grazie ai suoi riflessi il giovane aveva evitato uno scontro. In quel momento però succede il contrario, visto che fu qualcuno a finire addosso a lui, distratto da quel fatto appena accaduto. Si fece appena indietro a causa dell’urto, portando quindi lo sguardo su quella figura che riconobbe subito.
    Il Russo ne riconobbe i capelli di quello strano colore, oltre ai vestiti sgargianti che indossava. Era la ragazza incontrata sul rapido treno, che cercava di guardare spasmodicamente fuori dall’oblò, tenuta a bada da un ragazzo che doveva essere suo fratello, vista la somiglianza. La stessa cosa avvenne negli occhi della fanciulla, la quale riconobbe subito l’assassino, sottolineando qualcosa con le urla, una cosa che il ragazzo mal sopportava. Sembrava una bambina felice, infatti prese a saltellare sul posto presa dall’eccitazione, tirando fuori dalla borsa una collanina in argento lavorato e mostrandola al naufrago posizionandola all’altezza del collo. Voleva sapere come gli stava.
    Il killer la osservò per qualche istante, inclinando la testa di lato mentre lei si faceva più invadente spingendolo, come per impedirgli di fuggire via. Per quanto odiasse il contatto fisico, Dimitriy non aveva modo di scostarsi visto che lei continuava a spingerlo indietro. Era finito in una vera e propria trappola, dalla quale non poteva uscire a meno che non avesse risposto a quella semplice domanda.
    Ti sta bene.
    Rispose atono, senza dimostrare un vero e proprio apprezzamento. La sua voce era rimasta piatta e probabilmente la ragazzina ne sarebbe rimasta abbastanza delusa, ma purtroppo Dimitriy in quel momento aveva altro a cui pensare. Per fortuna scorse in lontananza il fantomatico Basim, il quale cercava di farsi largo tra la folla per raggiungere la sorella. Decise comunque di aspettarlo, così da scaricare quel petulante fardello al parente in arrivo. Che diamine, capitavano tutte a lui, non poteva starsene tranquillo che i contrattempi lo assalivano, anche se in genere non strillavano così tanto.



    CITAZIONE
    Stato fisico: Ottimale
    Stato mentale: Abbastanza seccato
    Energia: 100%

    Abilità Passive:
    ₪ Vy ne mozhete vzyatʹ ~ Non puoi prendermi
    [Power Up Agilità 50% - Velocità 50%]

    ₪ Vy ne slyshite ~ Non puoi sentirmi
    [Il personaggio non produce nessun suono muovendosi]

    ₪ Krovozhadnostʹ ~ Sete di Sangue
    [La precisione dei colpi è tale da causare danni al sistema circolatorio nemico aumentandone così il sanguinamento.]

    Equipaggiamento:
    ₪ Banket Krovi ~ Banchetto di Sangue
    Si tratta di un'arma all'apparenza semplice che però nelle mani giuste diventa un temibile strumento di morte. Essa si compone di un bracciale che avvolge interamente l'avambraccio ed è composta di una lega di metallo abbastanza leggera così da non divenire un ingombro ma un semplice prolungamento del corpo. La parte finale dello strumento è un guanto di pelle con una placca metallica sul dorso della mano che ovviamente è unita al meccanismo presente nell'avambraccio, con annesso una piccola leva metallica che finisce nel palmo della mano. Nell'istante in cui il biondo eserciterà una certa pressione sulla leva, dal meccanismo presente sul polso fuoriusciranno tre lame di acciaio temprato curiosamente rossastre della lunghezza di circa venticinque centimetri appuntite ed affilate, pronte a colpire il nemico di turno. Un'arma facile da nascondere ma letale se usata nel modo giusto.

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    Viaggiatore dei Mondi

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    Niente da fare: Ariste doveva camminare per Serendip senza armatura, al momento.
    Fece spallucce, in fondo non era nulla di grave. Significava soltanto continuare a portare il fagotto sulle spalle.
    S'avviò, così, per le strade di quella città dalle infinite sorprese.
    Le indicazioni nella sua mente non potevano essere più precise, perché d'altronde era una mappa quella che stava visualizzando nei suoi pensieri, come fosse stampata nella sua memoria: si sarebbe potuto smarrire soltanto volendolo, e di certo non lo voleva.
    Così, facendosi strada nella folla sempre crescente man mano che la sera calava -con insolita fretta, l'oplite giunse infine dinanzi alla sua meta, e non poté trattenersi dall'osservare con gli occhi spalancati la maestosità e la complessa bellezza della struttura: una torre intrecciata ad una sequoia gigante.
    Più ci rifletteva, meno capiva: com'era possibile che non ne avesse sentito parlare prima, di Serendip? Era qualcosa di troppo mastodontico per passare inosservata, e a giudicare dalla marea di gente che si trovava lì doveva pure essere abbastanza conosciuta.
    Non comprendeva, ed era per questo che s'era recato alla biblioteca, sperando di riuscire a scoprire qualcosa di più attraverso i libri.
    Una volta entrato, poté contemplare anche l'interno di quella torre: credeva di trovarsi in un altro mondo.
    La struttura era impeccabile e vi erano così tanti piani che il greco non riusciva nemmeno a immaginare quanti libri potessero trovarsi lì dentro. Trovare qualcosa che soddisfacesse la sua curiosità si sarebbe rivelato un lavoro assai faticoso.
    A distrarlo da quei pensieri, però, fu il notare due figure familiari, intraviste non molto tempo prima quella giornata; a dire il vero, si trattava di due passeggeri del treno: la coppia che leggeva.
    L'oplite inarcò un sopracciglio quando vide che l'uomo del duo s'avvicinò a lui.
    «Buon pomeriggio...o forse dovrei dire buona sera.»
    Esordì porgendo una mano, che il greco strinse tranquillamente -senza eccedere nella forza.
    Buonasera.
    Rispose con un leggero sorriso, di cortesia.
    «John White, commerciante ed imprenditore. Con chi ho il piacere di parlare?»
    Un tipo socievole, pensò sarcasticamente l'Eversore, squadrando con interesse i due... Fratelli? Amanti? Non lo sapeva ancora.
    Giusto un istante prima che aprisse bocca, il greco venne anticipato dalla ragazzina, che lamentò una fame presto confermata dal brontolio considerevole emesso dal suo stomaco.
    L'oplite si lasciò scappare una piccola risata, per poi tornare a rivolgersi al tal John White.
    Aristotelis Skotos. Sono un soldato di ventura.
    "Soldato di ventura" era un termine che non utilizzava quasi mai, in vero. Di solito si presentava sempre come un mercenario, eppure quella volta decise di nobilitare lievemente la sua occupazione di facciata.
    Il piacere è mio.
    Disse, chinando leggermente il capo.
    John White, un mercante; quell'incontro poteva nascondere benefici per entrambi gli interlocutori, ma Ariste decise di non giungere immediatamente a discussioni d'interesse. D'altronde, si erano appena incontrati: un po' di preamboli erano necessari.
    A cosa devo l'onore della sua attenzione, signor White?
    Domandò, con tono sveglio.
    Siete forse interessato a cosa contiene il mio bagaglio? In questo caso temo di dovervi deludere, perché non contiene merci preziose o di valore alcuno.
    Aggiunse ironicamente, sorridendo più naturalmente, stavolta, e battendo una mano sul fagotto.
    Parlare era qualcosa che amava particolarmente, tuttavia bisognava sempre accertarsi dei motivi per i quali uno sconosciuto ti approcciava con così tanta platealità e sicurezza.

    CITAZIONE
    Allenamento Militare
    [Abilità Passive: +50% Forza, +50% Resistenza, +50% Agilità, +50% Velocità; +50% Riflessi, +25% Mira; Resistenza ad Influenze Psicologiche fino a livello Medio]

    Panoplia

    [Equipaggiamento: Armatura Completa; Spada; Giavellotto; Scudo]
    [x
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