Exogenesis

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  1. Harium
     
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    JeW3w

    Una serie di banali coincidenze.
    L’incontro con un etereo ragazzo nel deserto.
    Un volo rilassante per le terre dell’Est, capaci d’infondere l’oppiacea tranquillità.

    Inaspettate furono le conseguenze: nessuno poteva immaginare che quel giovane appartenesse al mondo dei fatati. E chi mai avrebbe pensato che i sopravvissuti all’incontro con un fatato hanno maggiori probabilità di inoltrarsi per le terre di Arcadia?

    Non se ne accorse nemmeno quando tutto cambiò. Fu un placido transito – indolore come la perdita di coscienza – che lo condusse nelle nebbiose lande.
    La luce aranciata di un innaturale tramonto illuminò la sagoma di Harium. Quando il Drago rinvenne dal turbinio dei suoi pensieri, era già immerso nella dimensione delle Fate.
    Sgranò gli occhi macchiati di smeraldo, schioccò le fauci per lo stupore.

    Si sentiva strano, in un certo senso alterato.
    I visitatori di Arcadia non avvezzi alla magia rischiavano di sprofondare nella dolce pazzia: l’atmosfera stessa era pregna della trama arcana.
    Una creatura come l’Astro non rischiava la sanità mentale, però quella saturazione d’incanto gli provocò più di un capogiro.

    Decise di atterrare per sicurezza.
    Le zampe calcarono la soffice erba azzurrina che germogliava spontaneamente dalla roccia.
    Il suo campo visivo era occupato da nebbia, nuvole e aggregati di glassa. Qualche coppia di occhi (o forse erano tre?) faceva capolino attraverso la nebbia, incrociando rapidamente lo sguardo del sempre più confuso Drago.

    Era il sogno più vivido che avesse mai vissuto, ma non si sorprese.
    Ricordava vagamente altre dimensioni – visitate distrattamente eoni addietro – che presentavano una forte tendenza all’assurdo. Optò per l’unica scelta giudiziosa: doveva semplicemente accettare quel mondo così com’era, senza cercare di combatterlo con il raziocinio. Facendo diversamente, non ne sarebbe mai uscito.

    Non si trattava di abbandonarsi alla follia di Arcadia, ma semplicemente di assecondarla.
    Un fresco venticello trasportò il profumo di gelsomini e girasoli.

    Il Nunzio camminò lentamente per quei campi onirici, assaporando il luogo con tutti i sensi.
    Un Senso in particolare sembrava inebriato ed infatuato dal territorio: il suo occhio mentale, che garantiva le percezioni energetiche, era totalmente sbalestrato. Harium percepiva masse energetiche, flussi arcani e sprazzi di sortilegi.

    Ovunque.

    Era difficile pensare lucidamente: serviva la tenacia di un salmone nel risalire la corrente dal mare fino alle sorgenti.

    Il Drago intravide nella foschia una sagoma stazionaria. Avvicinandosi mise a fuoco una buffa creatura, grassottella e ricoperta di erbe.
    Il Crodh Mara brucava placidamente, l’impalcatura delle sue corna – poco sviluppata in quel giovane esemplare – era inclinata insieme al musetto.

    Rimase semplicemente rapito da quella così semplice – ma ammaliante – situazione.


     
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  2. Ðamnëd
     
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    igin

    Non era passato molto tempo dal suo arrivo in quel mondo nuovo e così soggetto a cambiamenti, la sua sete di conoscenza si era accesa e aveva ben presto soppresso il dolore che aveva provato nell'apprendere di essere un naufrago su di un piano a lui estraneo; quel mondo così misterioso e pittoresco era veramente una incredibile occasione per la smania di conoscenza quale era quella di Neceron, Endlos gli pareva una tavolozza piena di colori le cui infinite sfumature riuscivano sempre a sorprendere un esploratore, ovunque lui si dirigesse in quell'immensa vastità i suoi occhi erano sempre impegnati ad osservare le incredibili vette di una catena montuosa verdeggiante, le vaste lande erbose, i boschi pieni di vita e i piccoli insediamenti umani e non solo; dall'alto del cielo riusciva a scorgere qualsiasi cosa, per i primi periodi non osò scendere a guardare più da vicino e non osò nemmeno allontanarsi troppo da Laputa, la città in cui la sua presenza era stata permessa da una gentile dama, la dama che lo aveva accolto in quel mondo nuovo; mano a mano che la sua curiosità cresceva però, il drago iniziò a prendere più sicurezza volando sempre più lontano e scoprendo un mondo ancor più vasto di quel che si immaginava, più esplorava e più pensava di apprendere, più la consapevolezza della sua ignoranza di quelle terre cresceva.

    Si ritrovò immerso nella nebbia ancor prima di accorgersene, i suoi occhi ben presto furono offuscati da una fitta coltre umidiccia e spessa che gli gelava le ossa, quella situazione gli ricordava in modo alquanto sgradevole il momento in cui fu strappato dal Maelstrom dal suo mondo, per un attimo pensò che stesse succedendo un'altra volta ma, ben presto, la nebbia si diradò rivelando ai suoi occhi una delle più belle viste di cui aveva potuto godere in quel piano, una landa sospesa, come tanti piccoli frammenti si trovava dinanzi a lui, boschi, montagne e valli, tutti fluttuanti in mezzo a quella nebbia che non pareva volersene andare; nell'aria c'era anche qualche cosa che faceva formicolare ogni più singola fibra dell'essere di Neceron, non si trattava di un qualche cosa legato al clima, tutt'altro, pareva avere un origine molto più misterioso e profondo, era la stessa sensazione di quando i più saggi della sua specie lanciavano un incantesimo, l'aria che li circondava pareva pulsare di magia, dei residui che venivano assorbiti da qualsiasi cosa vi fosse nelle vicinanze e la stessa sensazione gliela stava trasmettendo quel luogo.
    Il drago scese in planata su di un largo spiazzo erboso facendo scappare dei piccoli uccellini e sentendo le forme di vita più piccole che lo circondavano scappare impaurite rifugiandosi ovunque potessero, il grosso animale si spostò camminando sulla soffice erba di quel prato guardandosi attorno e godendo appieno della meravigliosa vista che gli si prospettava dinanzi, non temeva di esseri perso, aveva un ottimo senso dell'orientamento e sapeva in che direzione si trovava Laputa anche se tutte quelle strane sensazioni lo scombussolavano un poco; dopo qualche minuto di esplorazione Neceron avvertì una evidente fitta allo stomaco, quella sensazione era inconfondibile, aveva disperato bisogno di cibo e, così, iniziò a guardarsi attorno in cerca di un animale abbastanza grande per poter saziare il suo vasto appetito. Si sollevò nuovamente in aria ispezionando la zona con il suo sguardo, passando di vallata in vallata e osservando anche le creature volanti ma non trovò nulla che lo attirò, quegli animali erano tutti piccoli e leggiadri, ne avrebbe dovuti cacciare molti per potersi saziare e, probabilmente, si sarebbe stancato molto prima correndogli dietro; dopo diversi minuti di ricerca però, finalmente, scorse un enorme animale, sempre più piccolo di lui ma comunque molto grande, fermo in un prato che pareva intento a brucare dell'erba; era uno stranissimo essere, che mai aveva visto in vita sua ma non pareva feroce e, soprattutto, non pareva affatto veloce o agile, una preda perfetta insomma. Il drago iniziò a dirigersi verso di lui tenendosi il più in alto possibile in modo da non allarmarlo e vi si portò sopra; dopo qualche secondo di attesa il grosso Druacth si lanciò in picchiata stringendo le ali e aprendole a soli pochi metri dal suolo, rallentando la sua discesa; l'animale sobbalzò sorpreso ma ormai era troppo tardi, Neceron era già su di lui, vi atterrò sopra con le grosse zampe posteriori ribaltandolo di lato e con rapidità sorprendente conficcò gli artigli lunghi e affilati della zampe anteriori nella morbida carne dell'animale che iniziò a dimenarsi tentando una fuga impossibile; la lotta durò poco e l'erba si macchiò ben presto di denso sangue, il pasto del drago era servito. Neceron si avventò sulla sua preda abbattuta con tale foga che non si accorse nemmeno dell'altra presenza vicina che aveva, probabilmente, assistito a tutta la scena, il drago affondò le fauci nella carne dell'animale e ne strappò un pezzo masticando rumorosamente anche le ossa che vi erano in mezzo per poi buttare giù il boccone e ripetere il procedimento, mentre rimaneva del tutto ignaro dell'altra presenza a pochi metri da lui.


    CITAZIONE
    Note→Nessuna.

     
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  3. Harium
     
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    La serena visione – come avviene per tutte le cose belle – finì ben presto.
    Un’ombra macchiò il fazzoletto di terra in cui Harium sostava.

    Inizialmente non ci badò molto, rimanendo rapito dal banchetto del cucciolo. Poi l’ombra calò al suolo, fragorosa in tutta la sua maestosità, perpetrando la catena alimentare stabilita da Madre Natura.

    La luce dell’irreale e statico tramonto delineò il profilo di un rettile imponente, tingendolo di tenui colori acquerellati.
    Il fiero pasto del rettile alato non provocò disgusto al Nunzio.

    L’inaspettato incontro stava scatenando reazioni primordiali molto più veementi del ribrezzo.

    La meraviglia iniziale fu ben presto sostituita da un ritorno alla ragione.
    O, per meglio dire, all’istinto.

    Infatti, la visione di quel discendente della sua stessa razza attivò comportamenti che Harium non attuava da molto. L’incontro con un altro drago era un momento di alta tensione, durante il quale venivano messe in atto complicate reazioni ormonali e le buone maniere cedevano il passo all’impulso naturale.

    Nonostante la tempra acquisita durante i miliardi di anni in esilio, la sua parte bestiale non si era ancora dissolta.

    Spalancò le ali eteree al massimo della loro capacità, sollevò fieramente il muso, levò il mantello e mostrò le sue fattezze draconiche.
    Gli artigli spalancati.
    Le fauci che borbottavano un cupo brontolio, producendo l’inconfondibile richiamo all’attenzione usato in quelle occasioni.
    Lo sguardo fisso.

    Aspettava semplicemente che l'altro ricambiasse.

    Malgrado l’Astro fosse molto più piccolo e tremendamente più vecchio della creatura appena incontrata, non si preoccupò di eventuali interpretazioni errate del suo saluto.
    Senza dubbio erano passati millenni, ma le tradizioni dei draghi erano incorruttibili.

    Quello era galateo per dragoni, anche se qualunque altro astante avrebbe giurato che si trattava di una provocazione.


     
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  4. Ðamnëd
     
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    igin

    Non appena Neceron si accorse dell'altro drago un moto istintivo, naturale scattò in lui, si spostò a coprire quasi per intero la sua preda, le fauci schioccarono aprendosi in modo da mostrare i suoi letali denti appuntiti e piccole lingue di fuoco risalirono dalla gola danzando dentro la sua bocca e svanendo in modo leggero e quasi impercettibile, un segno di avvertimento, il primo pensiero del drago era stato quello di proteggere il suo pasto da un eventuale aggressore e così aveva agito, il suo atteggiamento aggressivo ne era un chiaro segno; spalancò le ali in tutta la loro apertura con l'intento di mostrare le sue dimensioni non del tutto indifferenti, in quel preciso istante però si accorse delle dimensioni dell'altro drago e del suo aspetto alquanto bizzarro, Neceron si bloccò un attimo perplesso mentre gli istinti naturali venivano soppressi da una curiosità ancora più forte di quella che lo aveva spinto in quelle zone; quell'esemplare di drago aveva le dimensioni di un cucciolo eppure nei modi di atteggiarsi pareva un adulto, infatti un drago a lui inferiore di età non avrebbe mai osato affrontarlo in quel modo, al contrario il galateo imponeva che i saluti venissero offerti in modo gentile e garbato soprattutto se il proprio interlocutore stava mangiando in modo da non apparire una minaccia, naturalmente Neceron non aveva compreso che il comportamento dell'altro essere era in realtà un semplice saluto, d'altronde le dimensioni lo avevano tirato in inganno, aveva pensato istintivamente che si trattasse di un giovane impulsivo pronto a difendere il suo territorio con gli artigli e con i denti. Però le caratteristiche del suo aspetto non richiamavano nel Druacth alcuna razza della sua stirpe, non aveva mai visto esemplari simili in vita sua; il grosso drago si fece un poco più vicino chiudendo le fauci e iniziando ad osservarlo meglio, no, non era di certo un drago delle montagne e di certo non era un cucciolo nonostante le dimensioni non fossero affatto adeguate ad un Druacth adulto.
    ◣Chiedo perdono.◥
    Disse improvvisamente mettendosi seduto e richiudendo le grosse ali.
    ◣Mi scuso per la mia maleducata e inappropriata reazione ma non pensavo vi fossero altri Druacth in queste zone.◥
    Neceron allungò la testa verso di lui continuando a studiarlo per cercare di capire che razza di drago fosse.
    ◣Inoltre...◥
    Disse un po' incerto sulle migliori parole da utilizzare per non offendere il proprio interlocutore.
    ◣Le vostre dimensioni mi hanno... tratto in inganno, non per offendere ma vi avevo scambiato per un Anzi(*).◥
    Concluse chinando lievemente il capo in segno di scuse, aveva deciso di utilizzare la semplice lingua umana per comunicare in quanto, visto lo strano aspetto di quel drago, anche la sua lingua avrebbe potuto differire dal draconico che Neceron era abituato a parlare, mentre con un linguaggio elementare come quello umano non ci sarebbero dovuti essere problemi di comprensione ipotizzò; ad ogni modo rimase sulla difensiva, dopotutto non conosceva affatto la razza del proprio interlocutore, nonostante fosse un Druacth avrebbe potuto anche possedere un comportamento diverso dal suo e quindi si sarebbe potuto rivelare una minaccia nonostante Neceron non avesse fatto nulla per provocare una sua reazione negativa, oppure, le eventuali differenze di cultura e lingua tra i due avrebbero potuto scatenare una alquanto spiacevole incomprensione...


    CITAZIONE
    Note→(*)Anzi=Cucciolo o Bambino.

     
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  5. Harium
     
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    La reazione dell’altro puntò a proteggere il cibo, guadagnato con i propri artigli.
    Lo scambio di sguardi fece vibrare l’aria, l’atmosfera era appesantita dalla sola essenza delle due creature.
    L’altro rettile era possente, le sue fattezze erano affilate e frastagliate come le scogliere di Undarm.
    Effimere braci rilucevano nelle fauci del suo opponente, mentre le ali si distendevano come un sudario in grado di avvolgere il mondo.

    La voce gutturale dell’altro esemplare frantumò la stasi che si era generata.
    L’altro riprese una certa compostezza, ripiegando la membrana delle sue ali lungo il corpo.
    Cercò di giustificare il suo comportamento, esprimendosi nell’imperfetto e sopravvalutato linguaggio umano, ormai divenuto lingua franca per molte creature. Condì le sue scuse con un paio di espressioni estranee, che Harium non udiva da millenni.

    La lingua dei Draghi.

    Provò all’istante la sensazione di trovarsi a casa, pur non avendo mai avuto dimora.
    L’eterno errante, l’Esiliato, scoprì in quei suoni l’atmosfera di familiarità che gli era sempre stata negata.

    Riacquistò mansuetudine a sua volta e arrivò a sorridere.
    Le sue zanne d’avorio si mostrarono nella loro ordinata disposizione.
    Il sorriso era un retaggio delle tradizioni umane, non era un modo di esprimersi della sua specie.
    Eppure le abitudini apprese in ventitré felici anni di soggiorno sulla Terra riuscivano a soggiogare le consuetudini radicate in tredici miliardi (e tristi) anni di perdizione nel Cosmo.

    Era buffo: l’altro lo aveva scambiato per un Anzi, per un cucciolo, ignorando lo sconfinato numero di generazioni che separavano i due draghi.
    Eppure entrambi erano lì, al confine fra sogno e realtà, al di là dello spazio e del tempo.

    Non impensierirti, le sviste capitano a tutti.

    La sua voce profonda riempì il silenzio della nebbia. Si espresse con la stessa cordialità che un nonno avrebbe usato nei confronti del suo nipotino.

    Io sono Harium Querchetson.

    Quella parola sarebbe bastata per far capire all’altro la razza a cui apparteneva quel drago così esotico e arcaico, screziato di smeraldo e zaffiro.



    Querchetson = composto di Querchet e son. Nella lingua dei draghi, Querchet è l’uovo primordiale da cui si è generato l’intero Universo. I “figli dell’Uovo” sono i Draghi Cosmici delle Origini, creature leggendarie di cui si sono perse tutte le tracce, tranne il ricordo.
     
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  6. Ðamnëd
     
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    igin

    Quando il curioso drago sentì la lingua natia di ogni Druacth sorrise, un gesto che sorprese ancora di più Neceron, dopotutto il sorriso non era di certo un gesto usuale per un drago, in effetti non pensava nemmeno che fosse un gesto naturale per la sua razza, anzi da quel che aveva sempre pensato la conformazione del cranio e delle mandibole avrebbero dovuto impedire espressioni facciali complesse, i Druacth non si esprimevano in quel modo ma con gesti elementari, semplici, anche un semplice movimento di coda poteva indicare agitazione o felicità a seconda dei casi. Ad ogni modo il gesto non lo infastidì, anzi lo divertì per un certo verso, infatti quel drago richiamava in lui la parziale visione di un umano, era buffo ma vero, dalle sue dimensioni fin al suo modo di atteggiarsi gli ricordavano un misto tra le due razze, se avesse espresso questo pensiero ad uno degli anziani della sua terra natia era certo che lo avrebbero cacciato via in malo modo, dopotutto i Skethn're o i senza ali erano considerati una razza inferiore alla loro. Le sue parole lo rassicurarono, gli ricordò molto la sua casa, gli riportò alla mente uno degli anziani che lo rassicurava su di un suo errore o anche il suo stesso padre che lo perdonava anche dopo aver commesso un grave sbaglio, si sentì quasi stupido ad averlo scambiato per un cucciolo, nel suo modo di atteggiarsi di certo non c'era immaturità.
    E poi...
    Poi il drago pronunciò quella parola, una parola che Neceron non sentiva da tantissimo tempo, da uno o due secoli forse ma che, allo stesso tempo, era inconfondibile, non poteva dimenticarsi di una così grande leggenda: Querchetson, i draghi originari, figli dello stesso universo, coloro che iniziarono la stirpe dei draghi, gli Antichi. Ora il Druacth che si trovava davanti a lui aveva appena affermato di essere antico quanto l'universo, il superstite di una stirpe che, da miliardi di anni, si era estinta senza lasciare traccia se non qualche storiella popolare e alcuni disegni sulle mura di tempi in rovina; Neceron spalancò gli occhi per lo stupore, all'inizio pensò ad uno scherzo di pessimo gusto, però... quei colori e il suo aspetto così particolare non negavano di certo le sue origini astrali, forse era per quello che non era riuscito ad identificarlo in nessuna razza di Druacth da lui conosciuta, semplicemente perchè non conosceva i Querchetson.
    ◣Un... Antico ?◥
    Disse con voce ancora un poco incerta, dopotutto le dimensioni non richiamavano le antiche leggende, aveva sentito varie storie quando era ancora un piccolo soffia-fumo, si diceva che i draghi originari fossero talmente grandi da poter far tremare la terra solamente con uno starnuto, in particolare nel vecchio tempio sugli Ash Peak era presente una vecchia rappresentazione di un drago talmente grande da avvolgere un pianeta intero nelle sue ali, secondo il mito era il drago che aveva creato il suo mondo.
    ◣Incredibile.◥
    Nonostante le descrizioni non coincidessero perfettamente Neceron percepiva qualche cosa di strano in quel drago, qualche cosa di diverso da tutti gli altri Druacth, era fermamente convinto che non stesse mentendo, dopotutto che senso avrebbe avuto mentire su un simile fatto ?
    ◣Allora mi devo scusare doppiamente per l'offesa che vi ho inflitto, non pensavo esisteste ancora, secondo le leggende eravate tutti scomparsi.◥
    Anche se Neceron si trovava davanti ad un suo progenitore la cui età era incalcolabile il suo tono di certo non cambiò, dopotutto non doveva mostrarsi maleducato, ora che aveva scoperto la vera natura del drago doveva mantenere un comportamento formale con particolare attenzione, d'altronde non esisteva niente di più antico di un Querchetson se non l'universo stesso e poi quando gli sarebbe ricapitata l'occasione di parlare, faccia a faccia, con uno degli Antichi in persona ?


    CITAZIONE
    Note→Nessuna

     
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  7. Harium
     
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    La parola Antico recava in sé solo un frammento di ciò che era veramente Harium.
    Nel suo caso, antico era un eufemismo.
    La sua esistenza lambiva l’eternità.

    Nessun essere vivente dovrebbe durare più di qualche centinaio di anni.
    L’immortalità o la vita attraverso gli eoni conducono lentamente all’insania mentale.
    S’inizia a pensare con schemi mentali totalmente fuori controllo, si provano le vertigini ogni volta che si guarda allo smisurato passato, si arriva alla più profonda e completa stanchezza di vivere.

    L’Astro aveva trascorso la sua deprimente esistenza rinchiuso nell’infinità.
    Il cosmo freddo e sconfinato era la peggior prigione che si potesse concepire.
    Era un arcaico spirito a cui era stato negato il suicidio: con quali mani si sarebbe strangolato?
    Poté solo lasciarsi vivere, per una quantità impensabile di tempo.

    Nessuna offesa, nipotino.

    Le sue gentili parole risuonarono in un eco particolare, rimbalzando attraverso la nebbia irreale. Era bendisposto nei confronti di quel cucciolo perbene.

    Sai, neanche io pensavo di esistere ancora.

    Il Nunzio si concesse un po’ di umorismo per sdrammatizzare qualcosa che in realtà era un abisso di tristezza.
    La perdita di se stessi.

    Ma la vita c’insegna che molte verità si celano nelle leggende, in attesa di qualcuno che le riporti alla luce. Guardati intorno...

    La nebbia vorticante riluceva di particolari sfumature, talmente inconsuete che Harium non sarebbe riuscito ad assegnar loro un nome specifico.
    Voci aggraziate e stridii immondi provenivano dal cielo e dal suolo, mentre la stessa gravità sembrava essere approssimativa: Arcadia donava un’insensata leggerezza al fisico e alla mente, era qualcosa dal sapore così dolciastro da perdere il senno solo per ricercarlo.

    ...non ti sembra di trovarti nel bel mezzo di un territorio leggendario?

    Ma anche le lande mitologiche esigevano il rispetto.

    Tonfi ritmici tuonarono attraverso il terreno, annunciando l’arrivo di qualcosa di tremendamente grosso.
    L’aria si raffreddò di colpo, quell’angolo di mondo rimase sospeso.
    In stasi.
    In attesa.

    Poi l’uragano si mosse, il fasullo e pacifico occhio del ciclone si spostò per lambire altre terre.
    Per i due Draghi era giunto l’Inferno.

    56eU5

    Un latrato satanico travolse i due rettili alati, mentre dalla nebbia facevano capolino delle fauci impressionanti, sicuramente in grado di staccare a morsi una collina.

    Erano al cospetto del custode di Arcadia, l’essere incaricato di preservare l’equilibrio nella terra delle Fate.
    Lo chiamavano lo spiritello della foschia.
    Probabilmente chi lo aveva denominato così aveva intravisto solo una pustola di quel demonio.

    L’ossuto profilo della creatura era macchiato solo da un paio di fari giallastri, che stavano fissando con insistenza e rabbia il drago cacciatore e la carcassa ai suoi piedi.

    Il suolo si tappezzò di viscidi barbigli, che cercarono di avvolgere nelle loro spire venefiche i due Draghi.

    Sbranare quel Crodh Mara sarebbe stato l’ultimo errore dell’intruso.



    Ho voluto movimentare la faccenda. Rimane comunque qualcosa di molto libero e informale, non temere. :geez:
    Reagisci come meglio credi al tentativo di immobilizzazione di potenza media.
     
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6 replies since 2/6/2012, 14:54   147 views
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